Il Mosaico n. 35

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1 Il Mosaico n. 35 are appassionare tutti alla vita politica e sociale della città e alla vera partecipazione dovrebbe essere uno dei compiti prioritari dei partiti e delle amministrazioni pubbliche. Non succede: i giovani, ad esempio, vivono una vita separata e distante. Perfino persone interessate e cittadini attivi lamentano il di- stacco fra le speranze e gli sforzi di tanti singoli e l’ap- parato dei vertici e di “quelli che contano”. Riportiamo nelle prime pagine tre testimonianze dirette di questo malessere come introduzione al dossier che presenta alcune idee prioritarie per Bologna che i cinque* can- didati alle primarie del PD ci hanno cortesemente invia- to su nostra richiesta. Ma proprio la cronistoria degli eventi e delle decisioni e non-decisioni che hanno por- tato alle primarie, a “queste primarie”, ci consente anche di capire come mai non si riallaccino i legami fra cittadini e partiti e non ci sia entusiasmo e partecipa- zione. È il rischio che stiamo correndo. Ebbene, dall’inizio. La parola “primarie” viene adottata come un totem dal Partito Democratico nazionale, senza distinguerne prioritariamente l’uso fra “competizione vera” e “investitura” e senza definirne le regole e gli scopi adattabili ai contesti. A Bologna, non avendo il PD il coraggio di affermare (come vuole in realtà) che se il Sindaco si candida per un secondo mandato (come dichiara) non si fanno primarie, se ne proclama il lancio per una futura “investitura”. Ne consegue che è bene che esi- sta nominalmente un competitor, ma non deve distur- bare e deve remare da solo, senza l’aiuto del partito che lo ignora/ostacola e crea regole bizantine, tanto è già deciso chi avrà l’investitura. All’improvviso, fuori tempo massimo, il Sindaco rinuncia e apre alle primarie, a queste bislacche pri- marie, praterie inesplorate e senza confini prefissati. Come chiesto dal Sindaco (a quale titolo?) solerti pom- pieri cercano di richiudere al volo la bottiglia - ora aperta - con un “sigillo di qualità”. Ma la schiuma ora- mai esce inarrestabile e inonda comune e provincia. Le regole, fatte per uno, scricchiolano per tutti. Si abborracciano e si rimasticano da un giorno all’altro estensioni e confusi ritocchi. Dal vortice tempestoso escono qua candidati veri, altri là vengono fatti preci- pitosamente ritirare, altri invocati, mentre il regolamen- to ondeggia e si deforma seguendo una spinta o un rinculo. Unico punto fermo: la data, 14 dicembre 2008 e l’altero iter fissato nel PD. Quale progetto per Bologna? Quali program- mi alternativi? Quale coalizione possibile per governa- re? Quale tempo per ricominciare insieme ai cittadini tutti un rinnovato percorso comune? Quale apertura a candidati donne o uomini nuovi? Niente vale più a ragionare. Il solco è scolpito, inesorabile e ottuso. In un clima autistico si procede nel buio dell’avventura. Però, cinque candidati ci sono. Siamo incontentabili? Forse. Fastidiose zanzari- ne: certamente. Ma non vogliamo rinunciare alla spe- ranza che si possa fare di più, molto di più. Aprile, Maggio Giugno sono lontani, vogliamo aprire le finestre del cuore e della città e riprovare insie- me a sognare, progettare, programmare, discutere per la Bologna di domani e del futuro? Sciogliamo le vele! In mare aperto. Non è mai troppo tardi per recuperare unità ed entusiasmo, senza i quali si perde e, con noi, perderebbe la città. La redazione * Al momento della chiusura del giornale. In questo numero: In questo numero: Politica per protesta/politica per passione, dalla parte dei giovani: Eleonora Sensi a p. 2 Voci dal Partito Democratico: Speranza e rabbia, Foresti, e Primarie per volare alto, Bellotti a p. 3 DOSSIER: La parola ai candidati. Cevenini, Delbono, Forlani, Merola e Pasquino indicano le priorità per Bologna da p. 4 a p. 8 Cattolici democratici, come e perché, Piergiorgio Maiardi a p. 9 Un election day che ricorderemo, Pierluigi Giacomoni presenta Barack Obama alle p. 10 e 11 Federalismo fiscale, qualche passo avanti, Roberto Lipparini alle p. 12 e 13 Alcune “criticità” del sistema giudiziario italiano, Marco Calandrino alle p. 13 e 14 Precarietà e mondo della ricerca, una testimonianza di Vittorio Morandi alle p. 14 e 15 Sciogliamo le vele! INVERNO 2008 NUMERO 35 F

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Inverno 2008

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1Il Mosaico n. 35

are appassionare tutti alla vita politica e socialedella città e alla vera partecipazione dovrebbeessere uno dei compiti prioritari dei partiti e delle

amministrazioni pubbliche. Non succede: i giovani, adesempio, vivono una vita separata e distante. Perfinopersone interessate e cittadini attivi lamentano il di-stacco fra le speranze e gli sforzi di tanti singoli e l’ap-parato dei vertici e di “quelli che contano”. Riportiamonelle prime pagine tre testimonianze dirette di questomalessere come introduzione al dossier che presentaalcune idee prioritarie per Bologna che i cinque* can-didati alle primarie del PD ci hanno cortesemente invia-to su nostra richiesta. Ma proprio la cronistoria deglieventi e delle decisioni e non-decisioni che hanno por-tato alle primarie, a “queste primarie”, ci consenteanche di capire comemai non si riallaccino i legami fracittadini e partiti e non ci sia entusiasmo e partecipa-zione. È il rischio che stiamo correndo.

Ebbene, dall’inizio. La parola “primarie” vieneadottata come un totem dal Partito Democratico

nazionale, senza distinguerne prioritariamente l’uso fra“competizione vera” e “investitura” e senza definirne leregole e gli scopi adattabili ai contesti.

A Bologna, non avendo il PD il coraggio diaffermare (come vuole in realtà) che se il Sindaco sicandida per un secondo mandato (come dichiara)non si fanno primarie, se ne proclama il lancio per unafutura “investitura”. Ne consegue che è bene che esi-sta nominalmente un competitor, ma non deve distur-bare e deve remare da solo, senza l’aiuto del partitoche lo ignora/ostacola e crea regole bizantine, tanto ègià deciso chi avrà l’investitura.

All’improvviso, fuori tempo massimo, il Sindacorinuncia e apre alle primarie, a queste bislacche pri-marie, praterie inesplorate e senza confini prefissati.Come chiesto dal Sindaco (a quale titolo?) solerti pom-pieri cercano di richiudere al volo la bottiglia - oraaperta - con un “sigillo di qualità”. Ma la schiuma ora-mai esce inarrestabile e inonda comune e provincia.Le regole, fatte per uno, scricchiolano per tutti. Siabborracciano e si rimasticano da un giorno all’altroestensioni e confusi ritocchi. Dal vortice tempestosoescono qua candidati veri, altri là vengono fatti preci-pitosamente ritirare, altri invocati, mentre il regolamen-to ondeggia e si deforma seguendo una spinta o unrinculo. Unico punto fermo: la data, 14 dicembre 2008e l’altero iter fissato nel PD.

Quale progetto per Bologna? Quali program-mi alternativi? Quale coalizione possibile per governa-re? Quale tempo per ricominciare insieme ai cittadinitutti un rinnovato percorso comune? Quale apertura acandidati donne o uomini nuovi? Niente vale più aragionare. Il solco è scolpito, inesorabile e ottuso. In unclima autistico si procede nel buio dell’avventura.Però, cinque candidati ci sono.

Siamo incontentabili? Forse. Fastidiose zanzari-ne: certamente. Ma non vogliamo rinunciare alla spe-ranza che si possa fare di più, molto di più.

Aprile, Maggio Giugno sono lontani, vogliamoaprire le finestre del cuore e della città e riprovare insie-me a sognare, progettare, programmare, discutere perla Bologna di domani e del futuro? Sciogliamo le vele!In mare aperto. Non è mai troppo tardi per recuperareunità ed entusiasmo, senza i quali si perde e, con noi,perderebbe la città.

La redazione

* Al momento della chiusura del giornale.

In questo numero:In questo numero:

Politica per protesta/politica per passione, dalla partedei giovani: Eleonora Sensi a p. 2

Voci dal Partito Democratico: Speranza e rabbia,Foresti, e Primarie per volare alto, Bellotti a p. 3

DOSSIER: La parola ai candidati. Cevenini, Delbono,Forlani, Merola e Pasquino indicano le priorità perBologna da p. 4 a p. 8

Cattolici democratici, come e perché, PiergiorgioMaiardi a p. 9

Un election day che ricorderemo, Pierluigi Giacomonipresenta Barack Obama alle p. 10 e 11

Federalismo fiscale, qualche passo avanti, RobertoLipparini alle p. 12 e 13

Alcune “criticità” del sistema giudiziario italiano, MarcoCalandrino alle p. 13 e 14

Precarietà e mondo della ricerca, una testimonianza diVittorio Morandi alle p. 14 e 15

Sciogliamo le vele!

INVERNO 2008 NUMERO 35

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2 Il Mosaico n. 35

crivere alcune riflessioni sui gio-vani e sul nostro rapporto con lapolitica non è mai stato tanto

sentito e appropriato come in questimesi. Le riforme della scuola e dell’u-niversità hanno da sempre mobilitatonoi ragazzi, spronandoci a far sentirela nostra voce e avvicinandoci allapolitica, e anche stavolta abbiamovoglia di sentirci protagonisti nellaprotesta.

Tra tutte le modifiche al siste-ma scolastico fatte negli ultimi anni,la riforma Gelmini è sicuramente lapeggiore, ma, in fondo, con questodecreto ormai approvato, il Ministrodella Pubblica Istruzione qualcosa dibuono l’ha fatto: ha accorciato ledistanze tra la vita quotidiana deigiovani e quel grande e misteriosoambito che è la politica. Le manife-stazioni di questi giorni hanno dimo-strato proprio questo: la partecipa-zione al bene comune, alla “buonasalute” del Paese, non è qualcosa diestraneo a noi, che non ci riguarda,perché, tanto, se ne occupano ilgoverno e i parlamentari. Quando lapolitica, infatti, entra in modo pro-rompente nella vita di tutti i giorni,allora ci rendiamo conto che siamonoi che la facciamo, che possiamocostruire il nostro futuro attraverso imezzi che possediamo e che essanon è un fiume che scorre paralleloa noi.

Il problema, però, rimane:finché non succede qualcosa disignificativo, che riguarda da vicinociascuno di noi e che, soprattutto, cipenalizza, ecco che regna la passivi-tà, il disinteresse, la delega ai pianialti.

Passione e politica

Quando noi ragazzi ciappassioniamo, a uno sport, allamusica, a un libro, a una persona, cimettiamo completamente in gioco,lasciamo che siano l’istinto e le emo-zioni a guidare le nostre azioni,facendolo anche con una certacontinuità. Perché con la politica

questo non succede? Perché cimobilitiamo solo in seguito a evidentimanipolazioni del nostro “potere”,con manifestazioni di grande impat-to e, a volte, anche troppo violente,mentre, fino a quel momento, non cirendiamo conto che lo studio, la cul-tura, la partecipazione, il voto sono ilnostro potere?

Semplicemente perché lapolitica non ci appassiona e ciò nonaccade, perché essa non si occupadi noi, non si interessa a noi. Per inte-resse intendo quella cura, quellacompassione (nel senso etimologico,com-passione, sentire insieme) cheDon Milani ha espresso così bene colsuo I care. Spesso i governi degli statieuropei e mondiali focalizzano la loroattenzione e le loro risorse sulle pro-blematiche economico-finanziarie emettono in secondo piano ambiticome la scuola, l’università e le politi-che giovanili perché non danno pro-fitto in termini di denaro. Nessuno,però, ha mai capito che, se non siparte dal basso, dalla radice dellasocietà, niente migliorerà, anche incampo economico. Infatti, se all’in-terno di un’azienda non ci sono per-sone competenti, formate, educatesecondo i valori etici condivisi, quel-l’azienda non darà i risultati aspettatie questo influirà sulla produttivitàintera del Paese.

Alla base di tutto, c’è l’edu-cazione, la formazione di personesignificative: se lo Stato o qualsiasialtra istituzione pubblica non si rendeconto dell’enorme ruolo educativo aloro assegnato e non fa di tutto perdare qualità e importanza agli stru-menti che servono per svilupparlo, èinutile continuare a lamentarsi, comefanno i media, dei cattivi comporta-menti dei giovani, della recessioneeconomica o della scarsa parteci-pazione dei cittadini.

Il rischiodella superficialità

La massiccia mobilitazione dipiazza di questi giorni ha con sé,

però, il rischio di affrontare superfi-cialmente i temi per cui ci si batte,perché sono momenti importanti diaggregazione per un giovane: viverela politica di “massa”, colpiti piùdagli slogan che dalla complessitàdelle situazioni, ci porta ad esserefacilmente condizionabili.

Bisogna, quindi, che noiragazzi impariamo ad interessarci delmondo che ci circonda, dalle picco-le alle grandi cose, solo così possia-mo renderci conto che la politicanon è lontana da noi! E l’unico modoche lo Stato ha per indicarci la stra-da giusta è investire mente, cuore,tempo e, perché no?, soldi, nellascuola, dall’asilo all’università, per-ché la qualità dell’insegnamentonon sia mai messa in discussione eperché possano formarsi personecapaci di pensiero critico, testimonidi scelte solide e che sappiano rico-noscere ciò che è giusto per tutti daquello che conviene per se stessi.

La proposta scout educa iragazzi e le ragazze ad essere citta-dini attivi attraverso l’assunzione per-sonale e comunitaria delle responsa-bilità che la realtà ci presenta. L’edu-cazione politica si realizza non soloattraverso la presa di coscienza, marichiede, nel rispetto delle età deiragazzi e del livello di maturazionedel gruppo, un impegno concretodella comunità, svolto con spirito cri-tico ed attento a formulare proposteper la prevenzione e la soluzione deiproblemi. […] La scelta di azione poli-tica è impegno irrinunciabile che ciqualifica in quanto cittadini, inseriti inun contesto sociale che richiede unapartecipazione attiva e responsabilealla gestione del bene comune.[...]Ci impegniamo ad educare aldiscernimento e alla scelta, perchéuna coscienza formata è capace diautentica libertà.

[dal Patto Associativodell’ AGESCI , 2000]

Eleonora Sensi

Si parla sempre e tanto di disaffezione dei giovani verso la politica: è proprio vero?Oppure la disaffezione è verso quella politica che troppo spesso semplicemente “non li tratta”

e non riesce a coinvolgere la loro passione e la loro vita.Eleonora, studentessa di 24 anni, ci invita ad una utile riflessione.

IIII ggggiiiioooovvvvaaaannnniiii eeee llllaaaa ppppoooollll iiii tttt iiiiccccaaaa::::tutto parte dal basso

S

3Il Mosaico n. 35

e grandi democrazie vengono governate da partitiche hanno almeno il 30% dell’elettorato. In Italia, nelcentrosinistra, in questo momento storico, l’unico

modo per avere un tale strumento era mettere assiemeDS e Margherita in un unico partito.

Insieme a quei partiti si voleva attrarre altro: suquesto si è fallito. In Emilia Romagna gli iscritti al PD chenon lo erano dei partiti precedenti sono il 12%.

Io mi sono avvicinato al PD perché ho pensatoche si apriva una finestra temporale nella quale si potevaimpostare un modo nuovo di fare politica. Questa finestraeffettivamente si è aperta, attorno alle primarie del 2007,ma si è oramai chiusa. La classe dirigente del PD è prati-camente la stessa dei partiti di provenienza, sia a livellonazionale che locale. Non è uscito un singolo leader nuo-vo. I segretari provinciali sono praticamente tutti “ex”.

Ora, davanti a questi fatti, la domanda è: c’e’speranza? La mia risposta è un netto si. E la mia rabbia sirivolge più verso a chi sta fuori e avrebbe i mezzi per cam-biare la politica che a chi sta dentro e si arrocca.

La politica è molte cose, tra cui la semplice ediretta lotta per il potere politico. A volte questa vieneconsiderato il male oscuro della politica italiana. Io pensoinvece che il male oscuro sia la retorica con cui la lotta

per il potere politico viene tenuta nasco-sta dai politici ai cittadini; per poi straripa-re in lotte di tipo personale ridicole.

Chi sta fuori e avrebbe le competen-ze per cambiare la politica ha una responsabilitàdiretta in ciò che succede. Se capisse come met-tersi assieme e come incidere, sarebbe una mareacapace di buttare giù gli argini che l’attuale classe diri-gente erige. E’ chiaro che la ragione per cui ne sta fuori èil costo in termini di tempo ed energie per lottare contrometodi, contenuti e persone verso l’innovazione. Ma que-sto costo è simile (anche se meno intenso) al costo di chiin URSS non diceva nulla contro il comunismo (anchequando ormai era in netta minoranza tra i cittadini) o chiin Sicilia non dice nulla contro la Mafia. Ci sono dei rischi enessuno vuole mai rimanere con il cerino in mano.

Il PD può essere riformato solo da chi oggi non ènel PD: i cittadini che hanno competenze, buonsenso evoglia di migliorare il mondo. Essendo un partito politico enon una azienda di capitali, per lanciare un’OPA sul PDbasta essere in tanti e determinati a entrare e cambiare lecose. Ogni occasione per fare questo è buona. Ora cisaranno le primarie, poi le europee e le amministrative. Gliiscritti e gli elettori del PD (vecchi e nuovi) possono farsigovernare dall’attuale classe dirigente oppure governareloro il partito.

Dopo la seconda guerra mondiale tutti avevanotoccato in maniera diretta e dolorosa a cosa poteva por-tare affidarsi ad altri per la gestione del potere politico.Allora la gente si interessava, votava e si sentiva diretta-mente coinvolta per il proprio futuro. Oggi il cinismo, lateoria della formica inutile (cosa vuoi che conti io) ci statogliendo il futuro. Solo l’impegno diretto dei cittadini, inuna grande forza di centrosinistra, può permettere a que-sto paese di uscire dalla crisi in cui siamo

Luca Foresti

Questo Partito Democratico è un fallimento? C’è spe-ranza che non lo sia in futuro? Chi può contribuire a rifor-marlo davvero? Chi sta “alla finestra e aspetta e giudi-ca” ha torto: questo è il parere di Luca Foresti, giovane ebrillante imprenditore che spende parte del proprio tem-po e delle proprie energie per un vero rinnovamento.

PPPPeeeerrrrcccchhhhèèèè eeee ccccoooommmmeeee PD

L

n molti sento una preoccupazione che giudico figlia diantichi retaggi e di ormai obsolete liturgie partitiche.Lamentiamo la scarsa partecipazione dei cittadini alla

vita politica ma temiamo gli strumenti di libera consulta-zione e competizione; rivendichiamo la novità della fasecostitutiva del PD ma siamo nostalgici delle vecchie dina-miche partitiche.

Io chiedo al PD di vivere ciò che proclama e diessere ciò che desidera.

Chiedo al nostro partito di superare gli schemati-smi e le logiche passate.

Chiedo di essere un partito veramente nuovo nel-le persone, nelle modalità di conduzione e di scelta, nellapartecipazione libera e democratica.

Le primarie non sono una possibile opzione, sonouna necessità e una grande opportunità.

Le primarie sono lo strumento che ha saputocoinvolgere milioni di italiani nell’atto costitutivo del parti-to nazionale e devono essere l’occasione di rilancio delnostro partito nella nostra città.

Le primarie sono un’occasione di confronto, dipartecipazione, di proposta, di scambio, di scelta libera,di democrazia vissuta.

Le primarie non devono diventare il terreno discontro e di lacerazione di un partito che non è ancorastato capace di attrarre e di radicarsi perché – e questoè il mio parere – incapace di apparire per quello chedovrebbe essere, ovvero uno strumento nuovo e rinnova-to, erede della vincente tradizione di alta sintesi culturalee politica dell’Ulivo prodiano.

Partendo dalle grandi sfide della globalizzazione,della multiculturalità, dello sviluppo sostenibile delle risor-se, dello sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili, del-la promozione della pace, della giustizia, della libertà, del-l’incontro fra impresa, ricerca e laboriosità, Bologna devetornare ad essere protagonista in Italia e in Europa di unanuova idea di comunità e di un innovativo modello disocialità. Per questa sfida Bologna ha la tradizione storicae culturale, ha le potenzialità umane, ha la necessariaintraprendenza, ha l’innata tendenza alla mutualità e allasolidarietà.

Per questo progetto complessivo, un progettocapace di ridisegnare e proiettare la nostra città moltooltre gli attuali confini comunali e nel tempo in un arco dialmeno 20/30 anni, Bologna ha anche bisogno di un par-tito grande, nuovo, capace di attrarre nuove persone,nuove energie, nuove disponibilità, nuove intelligenze.E’ per questo che ritengo che il PD non debba aver pau-ra di rischiare, di buttarsi in avventure nuove.Sciogliamo le vele, dunque, e che vinca il migliore, il piùsincero, il più preparato, l’uomo più capace di alte sintesie di progettualità innovativa. Lasciamo ad altri gli infingi-menti, i piccoli tatticismi, i sotterfugi…Bologna deve poter volare alto e ognuno di noi deveavere la possibilità di dare il proprio contributo.

Federico Bellotti

Questa riflessione a cuore aperto sulle primarie del PDriteniamo possa essere la migliore presentazione

per il dossier sulle candidature

PPPPrrrr iiiimmmmaaaarrrr iiiieeee!!!! Dunquesciogliamo le vele

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Il Mosaico n. 354

Idee per Bologna: Maurizio CEVENINI

arissimi, sfrutto lo spazio assegnato per una pre-messa che ritengo doverosa rispetto al quesitoche ci ponete. Non riprendo le motivazioni della

mia candidatura certamente atipiche come il mioapproccio al programma del candidato. I tanti cheparteciperanno alle primarie, iscritti al PD o solo eletto-ri e cittadini, che non hanno scelto “a priori” il propriocandidato, ma che hanno dichiarato “sceglierò dopoaver sentito i programmi…”, forse non troveranno gran-di motivazioni per votarmi.

Ritengo che sarebbe sbagliato, a mio avviso riduttivo econtroproducente, che da parte nostra vi fossero posi-zioni radicalmente divergenti su temi strategici (metrò,civis, regolazione degli accessi, per fare solo esempi diviabilità e infrastrutture) in quanto l’elaborazione delprogramma dovrà tenere conto degli indirizzi del 2004che nessuno di noi ha sconfessato in questi anni, del-l’elaborazione del partito (conferenza di programma diluglio), dell’apporto dei singoli candidati.

Le occasioni di incontro già svolte, tralascio lo spiace-vole inconveniente con “La rete unirsi”, hanno dimo-strato che, fatte alcune eccezioni, la maggior parte dinoi hanno capito che cercare di smarcarsi con propo-ste di radicale differenziazione dall’amministrazioneoltre che sbagliate creerebbero difficoltà serie nellafase, quella importante di elaborazione di programmae rapporto con alleati, partiti o associazioni che siano.

Fatta la premessa indico tre punti, non necessariamen-te prioritari, che il nostro candidato non dovrebbe per-dere di vista.

BOLOGNA PARTECIPASotto questo titolo inserisco il legame forte con una par-te di città che vive di luce propria e avrebbe l’esigen-za di trovare un rafforzato rapporto con il Sindaco e ingenerale con l’Amministrazione. Visto che sono statosegnalato come “candidato debole” sul fronte pro-

grammatico cerco di mettere a disposizione dei “can-didati forti” le mie modeste esperienze di relazione. Unodei miei punti “deboli”, la celebrazione di matrimoni miha permesso di incontrare nel corso di anni uno spac-cato ampio della società bolognese; la raccolta di die-ci volumi di frasi scritte dagli sposi, depurate dall’emo-zione del momento, segnalano un orgoglio e un amo-re verso la città straordinari. In quei libri si racchiudonoesperienze di inclusione sociale (25% di matrimoni misti)che vanno oltre le fredde statistiche. Basti pensare allarete vasta di volontariato, che non fa notizia sui giorna-li, i luoghi che per supponenza la politica giudica mino-ri sono un patrimonio spendibile.Le grandi città sono cambiate, profondamente cam-biate, e non vi è dubbio ma la percezione d’insicurez-za è data anche dall’incapacità di valorizzare le posi-tività.

BOLOGNA CITTA’ EUROPEA DELLA SICUREZZA SOCIALEIn questo settore il prossimo sindaco ha il compitoarduo di difendere il consolidato sistema di servizi socia-li avanzati messi a disposizione della popolazione inquesti anni. La nostra “rete” rappresenta ancora unmodello osservato a livello europeo e le risorse messe adisposizione da regione, provincia e comune, nondevono arretrare; sotto questo profilo vedo favorevol-mente l’impegno dei privati in carenza di disponibilitàpubbliche, sotto il rigido controllo sulle procedure; in unrecente dibattito sul welfare è stata rispolverata la defi-nizione di “sicurezza sociale” essa racchiude l’incontrovirtuoso della sicurezza legata all’ attenuazione del di-sagio sociale che deve essere un riferimento costantedi una Bologna democratica.

BOLOGNA CULTURA ENOGASTRONOMIA SPORTNon parlo delle infrastrutture in quanto credo che permetrò, civis, people mover, potenziamento del servizioferroviario metropolitano sarebbe difficile arretrarerispetto a scelte strategiche già effettuate e comun-que condizionate, in parte, dai finanziamenti. Standoalle certezze occorre concentrarsi sull’opportunitàofferta con l’alta velocità che lega a Bologna Milano e

IIIIddddeeeeeeee

BBBBI nodi irrisolti da affrontare nella definizionedel programma per il prossimo mandato sonomolti e diversificati, ma alcuni hanno unapriorità più elevata e devono essere affrontatitramite proposte concrete, chiare e realizzabi-li con risorse adeguate e in tempi ravvicinati.Abbiamo chiesto ai cinque candidati in corsa

per le primarie del PD di indicare tre temi cheritengono debbano essere affrontati, illustran-do a grandi linee le proprie idee al riguardo.In particolare li abbiamo invitati a mettere inevidenza quegli aspetti che pensano essereprioritari indipendentemente da chi ammini-strerà la nostra città.

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DDDD

Chiuso in redazione il 17 novembre 2008

Firenze in tempi rapidissimi. Occorre pensare da subitoalle grandi potenzialità anche per la nostra città deri-vate dall’expò 2015 e inserire Bologna nel progetto conun rilancio della città della cultura, dell’enogastrono-mia, dello sport. Sul primo punto il nuovo palazzo D’Ac-cursio, Mambo, e il museo a cielo aperto delle nostrepiazze (apprezzo l’idea che Ascom e altre associazionisi proponga di intervenire con iniziative concrete)devono essere valorizzate studiando con il concorsodei privati un rilancio, in parte avviato, del turismo inter-no ed internazionale. A questo si lega il recupero dellacultura enogastronomia delle nostre terre, esteso inproiezione metropolitani alle città della provincia. IlBologna calcio, con il nuovo stadio, Basket City e i mil-le altri sport che formano una rete vivace di coinvolgi-mento giovanile sono un altro anello della catena che,se sfruttato, può produrre risultati.

Questi sono alcuni spunti di getto che metto a disposi-zione, assieme ai cento fogli di appunti che i cittadinimi hanno consegnato in questi giorni e che sarannoposti al vaglio del candidato e dei suoi stretti collabo-ratori dopo il 15 dicembre, a dimostrazione che Bolo-gna è viva e vuole resistere al declino.

Idee per Bologna: Flavio DELBONO

arei presuntuoso se pensassi di aver già chiaro edefinito l’intero programma di governo per unacittà complessa come Bologna. Ancora prima dei

contenuti credo sia importante esplicitare il metodo dilavoro con il quale un candidato intende costruire ilproprio programma. Per quanto mi riguarda sono con-vinto che il programma debba essere prima di tutto ilprodotto di una lunga fase di ascolto nei confronti deicittadini per avere una rappresentazione completa deiproblemi e successivamente di un ampio confrontocon esperti dei vari temi e nuovamente con i cittadiniper definire le soluzioni. Da qualche parte però questoconfronto deve partire. Senza voler semplificare ecces-sivamente credo dunque che l’invito de “Il Mosaico”ad indicare tre temi prioritari possa rappresentare unbuon punto di partenza.

La prima parola chiave è “Sicurezze”, declinata non acaso al plurale. In tutti i sondaggi di opinione la sicurez-za e il degrado vengono regolarmente individuati daibolognesi come il problema più rilevante da affrontare.Si tratta di un tema che Cofferati ha avuto il merito diportare alla ribalta politica anche nazionale. Oggi pos-siamo raccogliere i frutti del lavoro svolto da Cofferati:recentemente, infatti, il Governo ha approvato il cosìdetto Decreto Sicurezza, che assegna nuovi poteri aiSindaci in materia di lotta al degrado, alla prostituzio-ne, al bivacco, etc. Dobbiamo lavorare in questa dire-zione, consapevoli però che questi nuovi poteri vannousati con il buon senso del padre di famiglia. Non bastainfatti un’ordinanza per restituire ai cittadini certe zonedella città. Occorre un’azione sinergica condotta dalComune, in accordo con i cittadini, le associazioni pre-senti sul territorio, le forze economiche (a partire daicommercianti), gli studenti, le altre istituzioni (come l’U-niversità). Il potere di ordinanza è l’ultimo strumento dautilizzare una volta che tutti i tentativi di mediazione, adesempio fra residenti, commercianti e studenti, si sianoesauriti. Il tema delle sicurezze non può però limitarsi alla lotta al

degrado e alla criminalità. La sensazione è che anchein una città come Bologna la paura sia un sentimentosempre più diffuso e multiforme: paura per la crisi eco-nomica, paura per il proprio lavoro, paura di non esse-re in grado di garantire ai propri figli un’educazionedegna di questo nome, paura di non essere in grado diassicurare ai propri anziani genitori l’assistenza di cuihanno bisogno. Su queste paure il Comune è tutt’altroche onnipotente, ma deve fare la propria parte. Certoil Comune non può sconfiggere la crisi economica, maalmeno può non appesantire il bilancio delle famigliecercando di tenere ferme le tariffe dei servizi pubblicilocali; il Comune non può bloccare la scellerata Rifor-ma Gelmini sulla scuola, ma può incrementare la retedei servizi rivolti all’infanzia e agli anziani collaborandoin maniera sempre più intensa con il privato-sociale,l’associazionismo, il volontariato; il Comune non puòincidere sulla politica nazionale sull’immigrazione, mapuò nel suo piccolo lavorare perché gli immigrati rego-lari siano sempre più integrati all’interno della comuni-tà bolognese sotto ogni profilo (lavoro, casa, educa-zione, etc.).

La seconda parola chiave è “Sviluppo”, il che concre-tamente significa far tornare Bologna attrattiva per gliinvestimenti. Investimenti pubblici prima di tutto. Leinfrastrutture per il trasporto pubblico sono infatti sem-pre più necessarie e urgenti per evitare il collasso dellamobilità e i conseguenti costi ambientali ed economi-ci. Tali opere devono essere condivise insieme a tutte leistituzioni locali (Comune, Provincia e Regione) e aglischieramenti politici (centrodestra e centrosinistra): soloun quadro infrastrutturale condiviso a livello istituziona-le e politico può essere credibile e quindi accedere aifinanziamenti statali necessari. Le infrastrutture per il tra-sporto pubblico appartengono a tutti i cittadini bolo-gnesi e non solo ad una parte. In questa prospettiva hogià avuto modo di proporre al centrodestra di sotto-scrivere, prima delle elezioni, un Patto che garantisca ibolognesi che chiunque vinca entrambi gli schiera-menti si adopereranno per trovare i finanziamenti erealizzare le infrastrutture concordate. Si tratta di unapproccio che deve guardare a Bologna in un’otticametropolitana e non solo al territorio comunale o, peg-gio, alla cerchia delle mura: Passante Nord, Servizio Fer-roviario Metropolitano e Grande Stazione sono fra letessere più rilevanti di questo mosaico metropolitano.

La terza parola chiave, infine, è “Sapere”. Viviamo inun’epoca in cui il sapere immateriale è molto piùimportante dei beni materiali per il successo di un terri-torio. In questo scenario competitivo, Bologna può gio-care un asset fondamentale: la più antica Universitàdel mondo. Università significa essenzialmente ricercascientifica da un lato e cultura dall’altro. Entrambi i set-tori sono in forte difficoltà a causa della crisi economi-ca internazionale e dei tagli indiscriminati del GovernoBerlusconi. Occorre dunque condividere le priorità econcentrare le risorse per evitare che vadano dispersigli effetti positivi che ricerca e cultura hanno sulla cre-scita economica e civile di una comunità. Con la con-sapevolezza che investire in Sapere significa essenzial-mente investire in persone in carne e ossa, ovvero atti-rare sul territorio bolognesi le intelligenze più vivaci,offrendo loro una prospettiva di vita.

Su queste tre parole chiave, ringraziando “Il Mosaico”per l’ospitalità, chiedo a tutti i bolognesi di contribuirecon idee e suggerimenti attraverso il sitowww.flaviodelbono.it

5Il Mosaico n. 35

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Idee per Bologna: Andrea FORLANI

enso che il punto da cui il futuro sindaco di Bolo-gna dovrà partire sia quello di impostare e realiz-zare in tempi brevi una profonda riforma della

macchina politica ed amministrativa.

Le modalità di decisione, i sistemi di coinvolgimento, lepratiche di applicazione sono in piena e definitivaobsolescenza: qui sta il cuore di tutti i problemi perchénon si può parlare credibilmente di innovazione se nonsi è capaci di modernizzare anzitutto sé stessi.A Bologna esistono competenze, conoscenze e volon-tà ampie e diffuse in campo economico, tecnico,sociale e culturale: l’Amministrazione ha bisogno diesse e con esse si deve confrontare.Non è più tempo di tavoli legati alle contingenze, dirapporti estemporanei, di trattative formali, di ascoltoconvenzionale: è il momento di scelte nuove e corag-giose tali da avvicinare il governo della città alle risorsepresenti nella comunità.

Occorre riformare le regole di ascolto e di partecipa-zione affinché tali pratiche non siano graziose conces-sioni o mere finzioni ma diventino parte indispensabiledell’iter che deve condurre all’assunzione di decisioni.

Occorre riformare il sistema di decentramento politicoaffinché il momento e il potere deliberativo siano i piùvicini possibile al problema che si intende affrontare oall’opportunità che si vuole cogliere.

Occorre riformare la macchina burocratica affinchéessa diventi il braccio operativo rapido, competente etrasparente delle scelte e delle finalità condivise.

Larga parte di tali obiettivi era contenuta nel Program-ma del mandato amministrativo 2004-2009: per varimotivi, di tutto ciò si è fatto e si è impostato solo un pic-colo pezzo, tutto ciò deve rappresentare il primo impe-gno per il futuro sindaco.Tale riforma deve poi inquadrarsi in un quadro strategi-co nuovo: quello della città metropolitana.I ritardi, le incertezze e le titubanze non possono e nondebbono impedire di ragionare in tale ottica e di com-piere i passi verso tale direzione che a normativa vigen-te possono essere compiuti.

Un’occasione importante si è già, purtroppo, persa:quella di modificare i Quartieri in ottica di Municipi e diprocedere ad un contestuale riassetto territoriale deglistessi, interventi che, come dimostra l’esperienza prati-ca di molte città italiane (Roma, Napoli, Genova)potevano essere compiuti con semplici modifiche sta-tutarie.Ciò è grave perché comporterà, di fatto, la perdita diun mandato amministrativo: vediamo di non compierealtri e ancor più dannosi errori.

In tal senso la mia preoccupazione verte sul versantedelle infrastrutture, in particolare a quelle dedicate altrasporto pubblico.Se la città metropolitana è la dimensione che l’ammi-nistratore del futuro deve considerare, trovo allarman-te il concentrarsi su opere che con tale dimensionehanno poco a che fare, trascurando o mettendo insecondo piano il sistema di trasporto fatto su misura peressa.

In sostanza, ritengo che occorrerebbe dare massimapriorità al Sistema Ferroviario Metropolitano, sistemaprincipe per collegare i futuri poli della Bologna da unmilione di abitanti, convogliando su di esso energie,idee e, soprattutto, finanziamenti per farlo funzionare adovere.

Per ciò che riguarda la Metrotramvia, oltre che sul suoprezzo (abnorme) e sui finanziamenti che eventual-mente potranno giungere dal Governo centrale,occorre meditare seriamente sull’utilità dell’opera in sé,sulla sua funzionalità e sul rapporti costi/benefici, aven-do il coraggio di ammettere che il progetto è daabbandonare per seguire una soluzione diversa.

Non è illuminato né particolarmente saggio proseguiresu una strada solo perché così si è deciso, ignorandonuove ed ulteriori considerazioni: l’esempio del Civisdovrebbe insegnare a tutti che, in alcuni casi, benamministrare significa anche prevedere le conseguen-ze negative che una formale coerenza può provocare.Gli strumenti per un cambio di rotta drastico e signifi-cativo sono a disposizione: basta guardarsi attorno.Bisogna avere l’umiltà di vedere che cosa altrove, inItalia e in Europa, hanno fatto per risolvere alcuni deiproblemi che ancora noi non abbiamo risolto ed imita-re; bisogna avere il coraggio di assumere le miglioripratiche sui vari temi ed applicarle coerentemente allanostra realtà.Per farlo bisogna mettere al lavoro energie nuove, for-ze fresche, menti capaci di uscire da schemi prefissatie giudicati inevitabili: un ricambio non tanto e non sologenerazionale ma, soprattutto, di concezione dellagestione della cosa pubblica.

Questi i punti di partenza: innovazione, dimensionemetropolitana interna, proiezione all’esterno.Il resto, le politiche concrete da attuare, le risposte pra-tiche da fornire ai problemi strutturali e alle questionicontingenti deriveranno dalla nuova impostazione chela futura amministrazione sarà in grado di dare a séstessa e, di conseguenza, alla città.Ed è su questa sfida, non su stanche alchimie strategi-che di brevissimo respiro, che andranno formate lealleanze politiche, distinguendo fra coloro che sonodavvero disponibili a guardare avanti mettendo in dis-cussione certezze date per acquisite e coloro che sonofermi (ancorché, formalmente, da sponde opposte) suposizioni di conservazione.

6 Il Mosaico n. 35

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7Il Mosaico n. 35

Idee per Bologna: Virginio MEROLA

n ottobre ho scelto di candidarmi alle primarie delPartito Democratico per la carica di Sindaco di Bolo-gna con una motivazione molto forte: cambiare la

nostra città e assicurarle un futuro.

In questo mandato, come Assessore all’Urbanistica ealla Casa, ritengo di avere gettato le basi per cambia-re in meglio Bologna, attraverso l’approvazione delnuovo Piano strutturale che delineerà lo sviluppo citta-dino per i prossimi venti anni. Ho promosso una rigorosapolitica per la Casa, con un’attenzione non scontataper le fasce sociali più deboli. In tempi di calo dram-matico del potere d’acquisto di salari e pensioni, lepolitiche della nostra Amministrazione hanno puntatoalla salvaguardia dei servizi alla persona e al rafforza-mento del sistema di welfare.

Ho pensato di essere la persona giusta per Bolognaproprio perché conosco bene le tante cose cheabbiamo realizzato; soprattutto perché queste cono-scenze mi rendono consapevole più di ogni altro delleinnovazioni e delle correzioni da apportare nel governodella città nei prossimi anni, a partire dal fatto che lapartecipazione diventi metodo e sostanza nell’interomodo di essere del Comune nel rapporto con i cittadi-ni e le cittadine.

Al centro della mia campagna elettorale ho messoalcuni grandi obiettivi, sotto lo slogan di “Bologna cam-bia faccia”. Ne riporto tre che considero un patrimoniocomune.

Primo obbiettivo: Bologna cambia con i giovani. Lanostra città deve tornare ad essere una città desidera-bile, verso la quale le nuove generazioni possano nutri-re la voglia di costruirsi un futuro. Purtroppo, sento chemolti ragazzi e ragazze sognano di vivere altrove. Moltitalenti, se ne hanno la possibilità, scelgono di trasferirsiall’estero, amareggiati per le condizioni dell’Italia edelusi da Bologna. Questa tendenza si deve invertire.Nell’economia della conoscenza Città e Universitàdevono tornare a parlarsi in modo concreto e nuoviprogetti strategici devono essere messi in campo. Perquesto ho avanzato una serie di proposte a livello Urba-nistico. Ad esempio, il decentramento delle facoltàumanistiche presso l’area militare Staveco; il Parco del-la Creatività giovanile presso il Parco Nord, al fiancodel futuro Tecnopolo della ricerca e dell’innovazionepresso la ex Manifattura Tabacchi, a due passi dallaFiera e a un chilomentro da porta Mascarella; la realiz-zazione di duemila nuovi alloggi in affitto così comeprevisto al PSC approvato. Inoltre, ho promesso di for-mare una giunta composta in prevalenza da assessoriunder 40, scelti per merito e competenza. Non bastaaffermare “largo ai giovani”, dobbiamo lasciare a lorola possibilità di rappresentare interessi che altrimenti

continuerebbero a rimanere muti. Loro, più di altri, pos-sono pensare al futuro.

Secondo obbiettivo: Bologna cambia con uno svilupposostenibile. Penso a una città ad energia pulita. In que-sto mandato abbiamo scommesso sulla “cura del fer-ro” e sulla “cura del verde”. Ora, occorre realizzaredavvero un sistema ferroviario metropolitano efficiente.Per questo motivo, la Regione Emilia Romagna deveprevedere le risorse necessarie per mettere in funzioneil servizio SFM. Le “città rinnovabili” sono una via per-corribile puntando sull’applicazione dei principi d’effi-cienza energetica e le energie rinnovabili. I cambia-menti sono possibili: la riduzione delle emissioni di car-bonio è, per quanto difficile, tecnicamente ed econo-micamente realizzabile. Pertanto la politica energeticava indirizzata prioritariamente verso la riduzione deiconsumi, che per più del 50 per cento sono costituiti dasprechi e usi inefficienti.

Terzo obbiettivo: Bologna cambia con nuovi dirittisociali e civili. La nostra è una “città dei generi, dellegenerazioni e delle genti”. Voglio evidenziare l’impor-tanza di politiche di welfare attente alle donne, allediverse fasce generazionali (in particolare adolescenti,giovani e anziani) e a agli immigrati. Penso ad welfareattivo che spinga a prendersi cura in prima linea di sestessi e degli altri, traendo spunto dalle iniziative chegià funzionano in città e diffondendo le buone prati-che. In questo mandato mi sono speso molto per lepolitiche abitative, intese come utili strumenti di welfa-re. Per il futuro vorrei proporre anche interventi di co-housing e intervenire per la creazione di spazi peranziani.

Infine, penso che Bologna abbia bisogno di vivere inmodo nuovo la contemporaneità, in tanti campi. Il piùimportante è certamente quello sociale. La nostra èuna comunità multiculturale, nella quale sono cresciu-te e continueranno a crescete nuove generazioni diorigine straniera. Ai giovani immigrati di prima e secon-da generazione dobbiamo garantire pari opportunitàe diritti, affinché essi siano possano esercitare ai pienoil loro ruolo di cittadini. Il protagonismo dei giovaniimmigrati caratterizzerà sempre di più il profilo di Bolo-gna, città dell’incontro e del dialogo, dell’innovazionee del sapere. Per questo motivo dobbiamo coinvolge-re le comunità immigrate nel governo della città.

Per questi obiettivi ritengo sia importante avere unconfronto ampio per mettere a punto un programmadi governo forte e adeguato alle sfide che abbiamodi fronte. Ho la serenità e la fiducia necessarie per dir-vi che mi impegnerò per rendere concreta la speran-za di un futuro migliore per la nostra bella città. Vin-cendo le elezioni nella primavera del prossimo annolo dimostreremo anche negli anni a venire. Lo faremoinsieme, perché cambiare si può e da ora si cambiadavvero.

I

8 Il Mosaico n. 35

Idee per Bologna: Gianfranco PASQUINO

ualsiasi discorso non retorico e fumoso sulle prio-rità che il prossimo governo della città di Bolo-gna dovrà definire, studiare e affrontare richie-

de tre importanti premesse.

Anzitutto, il sindaco non deve presentarsi in manierademagogica come colui che sa tutto e risolve tutto, maneppure, in maniera persino più demagogica, comecolui che “ascolta”. Deve, invece, essere consapevoleche ci sono persone e associazioni in città che hannocompetenze specifiche e conoscenze precise chesono disposte a mettere a disposizione del “loro” sinda-co. Dunque, il sindaco deve volere e sapere ascoltare,ma deve anche volere e sapere sollecitare, interloqui-re e decidere spiegando accuratamente le motivazio-ni delle sue decisioni. Se, inoltre, avrà anche predispo-sto, come sarebbe opportuno, luoghi di effettiva par-tecipazione, giungerà meglio preparato alla decisioneche avrà, poi, anche maggiori probabilità di essereattuata con il coinvolgimento delle associazioni e deicittadini. Di conseguenza, la prima priorità assolutaconsiste nell’individuare le modalità di partecipazioneincisiva dei cittadini bolognesi, di tutti coloro che lovorranno, quando lo vorranno, intervenendo sia sulloStatuto comunale sia sulle prassi dei quartieri.

Seconda premessa: su moltissime tematiche il sindacoavrà sicuramente espresso durante la campagna elet-torale le sue motivate preferenze a grandi linee, avràsuggerito direttive alquanto generali, avrà dato indica-zioni di massima, la maggior parte delle quali inserite inuno snello programma di governo. Dopodiché un buonsindaco si sarà attorniato e dotato di ottimi assessori,non soltanto competenti, leali e rappresentativi di unpluralismo politico e culturale, ma anche capaci dicontraddirlo, di suggerire alternative, di indicare comeattuare le politiche prescelte. Dal confronto fra sindacoe giunta, fra sindaco e consiglio comunale, fra sindacoe opinione pubblica partecipante emergeranno ledecisioni delle quali, alla fine, sarà il sindaco a portarela responsabilità.

Infine, una città, qualsiasi città, ma in modo specialeBologna che, nonostante profondi cambiamenti avve-nuti nell’ultimo quindicennio circa, mantiene un tessutourbano di attività e di persone piuttosto vivace e anco-ra alquanto compatto, deve essere governata, ascol-tata e guidato come un “sistema”. Questo significache, in pratica, nessuno politica e nessuna priorità pos-sono venire formulate e attuate senza tenere conto delloro impatto su altre politiche e altre attività. Agire inmaniera frammentata, per obiettivi singoli, emergenzeo no, non è soltanto un errore. Finisce anche per pro-durre contraccolpi negativi su tutte le politiche. Pertan-to, è indispensabile che il sindaco formuli e perseguauna visione alta di Bologna per il prossimo decennio.

Esaurite le tre premesse, a mio modo di vedere, asso-lutamente decisive, vengo alle tre tematiche che con-sidero prioritarie.

La prima ha bisogno di poca elaborazione. Infatti, aBologna sappiamo tutti che cosa significa partecipa-re: non starsene seduti ad applaudire, ma farsi sentire,promuovere idee, scegliere consapevolmente, moti-vatamente, responsabilmente fra le alternative. Neiquartieri e in comune, anche attraverso apposite rifor-me dello Statuto verranno predisposti gli strumentimigliori per consentire e facilitare una partecipazioneincisiva della cittadinanza.

La seconda priorità è sicuramente costituita dal traffi-co, dalle circolazione delle merci e delle persone. Inuna città piccola, con grande afflusso quotidiano dipersone che vengono a lavorare, studiare, frequenta-re le ferie, la possibilità di muoversi in maniera sempli-ce e rapida è certamente una richiesta prioritaria dasoddisfare. Senza pensare a soluzioni troppo astruse,troppo costose e troppo improbabili, bisogna scorag-giare il traffico dei privati sia mettendo più vigili sullestrade, come deterrenza e prevenzione, sia offrendoservizi pubblici di grande efficienza sia, infine, consen-tendo allo stesso personale viaggiante, ai conducentidi autobus, di sanzionare coloro che intralciano il traf-fico (parcheggi in doppia fila, in curva, svolte vietate ecosì via).

La terza priorità è la sicurezza personale dei cittadini,persino sotto forma di percezione di insicurezza. Que-gli stessi vigili presenti sul territorio, ovviamente numeri-camente rafforzati, per coprire un più ampio arco del-la giornata e per fare fronte ai fenomeni di devianza(a cominciare dallo spaccio di droga) offrono l’inizio diuna soluzione. Come per il traffico, anche la sicurezzaè un problema di controllo effettivo, esteso, costantedel territorio. Anche in questi casi la partecipazione è,al tempo stesso, un modo per affrontare meglio, consolidarietà e con civiltà, il controllo democratico delterritorio grazie al contributo dei cittadini e delle asso-ciazioni.

Naturalmente, ciascuna misura riformista, anche lamigliore, può rivelare inconvenienti. Un buon sindaco ebravi assessori si impegneranno per accogliere le cri-tiche e le controproposte dei cittadini e delle associa-zioni e, in quanto riformisti, sapranno periodicamente,tanto frequentemente quanto necessario, intervenirein maniera flessibile a porre rimedio a qualsiasi incon-venienti. Il buon governo si conquista e si mantienenon soltanto quando i governanti insegnano, ovverospiegano ai cittadini che cosa fanno, perché lo fanno,con quali vantaggi e a quali costi, ma imparano. E unbuon sindaco è l’autorità alla quale spetta rappresen-tare politicamente, ma anche con affetto, le aspira-zioni e le preferenze del maggior numero di cittadini elo spirito di Bologna. Proprio quello che mi impegneròa fare.

Q

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9Il Mosaico n. 35

associazione“Agire Politi-camente” hauno Statuto

che la costituiscecome coordina-mento “di” (non“dei”) cattolicidemocratici finaliz-zato a promuovereuna cittadinanzaattiva dei cristianied a coordinarel’impegno di quanti,nell’esercizio dellacarità culturale epolitica, intendonoispirarsi alla tradizio-ne ideale e storicadel cattolicesimodemocratico.

Questa èuna premessaimportante: il cattoli-cesimo democratico è inteso comeuna ispirazione ideale e non comemovimento o parte politica. Si trattadi una ispirazione che ha dato origi-ne, in talune fasi storiche, a formazio-ni politiche che hanno giocato unruolo importante nella vita politicadel nostro paese – Partito Popolare,Democrazia Cristiana – ma checomunque, in ogni stagione storica,deve caratterizzare una presenzasignificativa dei cattolici nella vitapubblica. Una presenza che non tie-ne tanto alla rivendicazione di rico-noscimenti o alla difesa della identitàdi una parte che si contrappone allealtre parti, ma che si fa carico, piut-tosto, delle situazioni sociali e vive lapolitica come esercizio di carità ricor-dando le immagini evangeliche delsale che sala, della lampada che illu-mina e che, quindi, esige una condi-visione piena della realtà di tutti (è ilmistero dell’incarnazione), non ladistinzione e la separazione.

Due tendenze diverse

Da qui nascono le diversitànell’approccio alla politica da partedei cattolici: c’è una tendenza allaprevalente affermazione della “veri-tà” e di principi (“non negoziabili”),che inevitabilmente si contrappon-gono ad affermazioni che sono con-trarie in modo preconcetto, e cheinterpreta e vive la politica prevalen-temente come testimonianza; c’èuna tendenza alla difesa prevalente,se non esclusiva, di alcuni interessi,anche nobili ed alti, di una parte(scuola cattolica, opere….) e chequindi utilizza la politica come stru-mento per questo fine; e c’è chi con-sidera prevalente l’esigenza che i cri-stiani siano immersi nel mondo, impe-

gnati in un processo di trasformazio-ne nel senso indicato dal vangelo,considerando meno importante lavisibilità e la distinzione. Quest’ultimoapproccio esalta il ruolo di ogni cre-dente che mette in gioco la propriapersona: di fatto Agire Politicamenteè il riferimento di una rete ampia edaperta in ambito nazionale che vuo-le alimentare e sostenere questa pre-senza.

Ecco perché Agire Politica-mente ha visto positivamente il pro-getto del Partito Democratico che,anziché assumere una ideologia, siprefigge di far convivere diverse cul-ture ed ispirazioni per un’unica pro-posta politica: questo presuppone lapossibilità e la capacità di costruiresintesi, non compromessi, che fac-ciano fare a tutti un passo avanti neldefinire le regole per la vita comune.

E questa è anche la ragioneper cui Agire Politicamente conside-ra primaria l’esigenza di una buonademocrazia partecipativa: al PartitoDemocratico, prima di un riconosci-mento e di una maggiore visibilità, icattolici presenti nel partito debbonochiedere il massimo di democrazia,di partecipazione e di laicità, cherappresentano le condizioni indi-spensabili per una loro presenzaeffettiva e incisiva, nella misura in cuii cattolici siano capaci di esprimerla.

Alcuni aspetti critici

Nell’attuale situazione que-sto approccio alla vita sociale e poli-tica fa ritenere emergenti, fra gli altri,alcuni aspetti critici su cui, peraltro,non appare sempre evidente l’atten-zione dei cattolici:

La qualità della democrazia.E’ in pericolo l’equilibrio e l’indipen-

denza dei poteri:l’accentramentodel potere nell’e-secutivo che con-sidera il legislativouna propriadipendenza, conc o m p o n e n t i“assunti” come inun’azienda ecomandati all’ap-provazione delledeliberazioni del-l’esecutivo; la sot-trazione di alcunecariche dello Sta-to alla giurisdizio-ne della magistra-tura e la tendenzaa rendere questameno autonomaed indipendentee, quindi, menogarante nei con-

fronti della collettività. La crisi finanziaria che rende

evidente il distacco dall’economiareale a vantaggio di chi può traffica-re e speculare sul valore di beni e dititoli ed a danno di chi vive quotidia-namente del reddito del propriolavoro o della propria pensione.

La difficoltà ad affrontare edare soluzione alle problematicheche riguardano la vita dei singoli edella collettività: nascita, morte, vivi-bilità dell’ambiente.

La tendenza al prevalere dilogiche che contraddicono l’ugua-glianza, una equa distribuzione deibeni e la giustizia sociale (e qui staanche la questione della scuola pub-blica e dell’Università che dovrebbe-ro garantire uguali opportunità disapere a tutti).

Si tratta di tendenze, tutte,che disattendono, di fatto, i principidella nostra Costituzione.

Su queste emergenze i cat-tolici devono avere senz’altro qual-cosa da dire, qualcosa che non sideve necessariamente distinguereda ciò che pensano e dicono altrima che non può essere in funzionedel consenso di altri. Il Paese ha sen-za alcun dubbio bisogno di incontra-re i cattolici e la loro Chiesa su que-sta lunghezza d’onda: è l’insegna-mento di Pietro Scoppola, di AchilleArdigò, di Leopoldo Elia, solo percitare gli ultimi amici che ci hannolasciato.

Pier Giorgio Maiardi

per conoscerci megliowww.cattolicidemocratici.it

per [email protected]

L’ AAAAggggiiii rrrreeeepoliticamente

Abbiamo chiesto a Pier Giorgio Maiardi, referente per Bologna dell’Associazione,

di illustrarci “chi è”, “che cosa si propone” e “che cosa fa”

10 Il Mosaico n. 35

el 1963, durante la presidenzaKennedy, Martin Luther King,profeta della non violenza e

dei diritti civili dei neri, pronunciò leseguenti famose parole, duranteun’altrettanto celebre marcia suWashington: «Io ho un sogno, che ungiorno questa nazione si leverà inpiedi e vivrà fino in fondo il senso del-le sue convinzioni: noi riteniamo chetutti gli uomini siano creati uguali. Ioho un sogno, che un giorno i figli dicoloro che un tempo furono schiavie i figli di coloro che un tempo pos-sedettero schiavi, sapranno sedereinsieme al tavolo della fratellanza. Ioho un sogno, che i miei quattro figlipiccoli vivranno un giorno in unanazione nella quale non saranno giu-dicati per il colore della loro pelle,ma per le qualità del loro carattere.Ho un sogno, oggi! È questa la nostrasperanza. Questa è la fede con laquale io mi avvio verso il Sud».

Quando Obama nacque il 4agosto 1961 ad Honolulu, Hawaii, inmolti Stati americani vigeva ancorala segregazione tra bianchi e neri:vivevano nei ghetti; era loro impeditofrequentare liberamente scuole, uni-versità, alberghi, bar, panchine neigiardini pubblici; era un reato avereun partner bianco; subivano violenzecontinue dagl'incappucciati del KuKlux Klan, con la connivenza delleautorità e l'indulgenza dei giudici.

Pochi anni prima, nel '55, aMontgomery, Tennessee, Rosa Parksaveva dovuto cedere un posto sul-l'autobus ad un bianco. Conseguen-za: i neri, su indicazione di Martin L.King, per un anno andarono a lavo-rare a piedi, pur di non avallare lapolitica discriminatoria delle autoritàmunicipali.

Così, un giorno, poteronosedersi sui bus dove volevano.

Obama: chi è

Oggi, 2008, un afro-ameri-cano, votato anche da moltissimibianchi, ottiene la carica politicapiù importante del suo Paese ediventa uno degli uomini più potentidella terra.

Barack H. Obama Jr. era finoad oggi un influente senatore federa-le per lo Stato dell'Illinois. Eletto nel2004 si è caratterizzato come uno dei

pochi avversari dell'intervento statuni-tense in Iraq. Pur essendo di colore,non discende, però, da una famigliadi ex schiavi del Sud: sua madre, AnnDunham, originaria del Kansas, loebbe da Barack Obama Sr., studentekeniano che poi si separò dallamoglie e morì nel suo Paese d'origineper un incidente stradale. Sua madresi risposò con Lolo Soetoro, un suo col-lega indonesiano. Di conseguenza,Barack si trasferì a Giakarta per alcu-ni anni, prima di tornare ad Honolulu,dove completò la sua formazione dibase.

Sul padre, che incontrò solouna volta e di cui seppe qualcosadalla madre, scrive: «Il fatto che miopadre non fosse come le persone afianco a me – nero come la pece,mentre mia madre era bianca comeil latte – non mi turbò minimamente».Tuttavia, adolescente disorientato,fece uso di marijuana e cocaina per,come racconta lui stesso nel suo libroautobiografico «I sogni di mio padre»:«Togliermi dalla testa la domanda suchi fossi».

Dopo aver frequentato l'Oc-cidental College, si trasferì allaColumbia University dove si laureò in

scienze politiche con una specializza-zione in relazioni internazionali. Suc-cessivamente, si laureò in giurispru-denza ad Harvard. Divenuto avvoca-to, s'impegnò a Chicago, Illinois, affin-ché un numero crescente di neri siregistrassero negli elenchi elettorali.

Nel 1992 procurò nella stessacittà, col proprio impegno, 100.000voti a Bill Clinton, collaborando allasua campagna elettorale e l'annodopo lavorò a fianco di Carol Mose-ley Braun, la prima donna di colore adiventare senatrice a Washington.Nel '96 divenne Senatore statale del-l'Illinois e nel 2004, col 70% dei voti,approdò al campidoglio di Washing-ton. S'impegnò, soprattutto, nel cam-po della sanità, dell'immigrazioneclandestina, delle armi di distruzionedi massa e nel 2007 propose una leg-ge, non approvata, per la fissazionedi una data per il ritiro delle forzeamericane in Iraq. Fin dal suo ingres-so al Senato degli Stati Uniti fu indica-to da molti come possibile candidatodemocratico alla Casa Bianca per il2008, poiché in questa circostanzaentrambi i partiti avrebbero dovutodesignare nuovi leader, dato che erachiaro che sia Bush che Cheney non

Cittadini del mondo: USA

UUUUSSSSAAAA 2222000000008888un’altra storia è possibile

N

COME SI ELEGGE ILPRESIDENTE DEGLI USA

In base alla Costituzione (art. 2, sez. 1ed Emendamenti. XI, XIII e XXIII)l'elezione presidenziale avviene inquesto modo:

L'ELECTION DAYIl primo martedì di novembre degli annibisestili, i cittadini iscritti nei registri elet-torali dei 50 Stati, più il District of Colum-bia, eleggono i rispettivi rappresentantinel Collegio dei Grandi Elettori. Questisono inclusi nelle liste presentate daidiversi candidati presidenziali, democ-ratico, repubblicano, indipendente... Ilnumero dei Grandi Elettori è fissato dal1960 in 538, ossia la somma tra i 435deputati, i 100 senatori e i 3 rappresen-tanti di Washington D. C.Nella maggior parte dei casi, la listache ottiene in ogni Stato la maggioran-za relativa dei voti popolari si acca-parra tutti i Grandi Elettori in palio; ge-neralmente i Grandi Elettori sono vinco-lati a votare per il candidato per cuison stati presentati alle elezioni.

Contestualmente, gli elettori rinnovanoil potere legislativo: un terzo del Senatoe tutta la Camera dei Rappresentanti;la stessa cosa avviene a metà delmandato presidenziale: in quel caso siparla di Midterm elections. Oltre a ciò sitengono numerose elezioni e referen-dum statali e locali.

L'ELECTORAL COLLEGE DAYIl terzo lunedì di dicembre, i grandi elet-tori si riuniscono nella capitale del pro-prio Stato e votano: se nessun can-didato alla presidenza e alla vice presi-denza ottiene la maggioranza assoluta,spetta al Congresso scegliere gl'inquilinidella Casa Bianca: la Camera nominail Presidente, il Senato, il Vice.

L'INAUGURATION DAYA mezzogiorno, ora di Washington, del20 gennaio dell'anno seguente alleelezioni, Presidente e Vice giurano nellemani del Chief Justice della CorteSuprema, ponendo la mano destra sul-la Bibbia.Il Presidente, eletto per quattro anni, èrieleggibile per due mandati consecu-tivi.

11Il Mosaico n. 35

si sarebbero presentati. Il 10 febbraio2007 annunciò la sua intenzione dicorrere per la nomination democrati-ca alle imminenti presidenziali.

Dopo una durissima batta-glia con la Senatrice di New York Hil-lary R. Clinton, il 3 giugno scorso haottenuto il numero di delegati suffi-ciente per essere scelto come candi-dato dell'Asinello alla contesa del 4novembre.

Il nuovo Presidente eletto è: ilprimo senatore a vincere dopo John

F. Kennedy (1960); il primo uomo poli-tico proveniente da uno stato setten-trionale, sempre dai tempi di Ken-nedy; il primo afro-americano a giun-gere alla Presidenza degli stati Uniti; ilprimo a ottenere oltre 65 milioni di votipopolari, riuscendo a mobilitare moltielettori: gli osservatori hanno notatoche, proprio dalle elezioni del 1960,non si registrava una così alta affluen-za alle urne, oltre 122 milioni di votan-ti. E', inoltre, uno dei candidati allaCasa Bianca che ha raccolto più fon-di nel corso della sua campagna, siadurante le elezioni primarie e i cau-cus, sia nel rush finale contro JohnMcCain. Sua moglie Michelle è la pri-ma First Lady di colore della storiaamericana.

Una vittoria sontuosa:perché?

Barack Obama ha ottenutooltre 65 milioni di voti, pari al 52,6%,distanziando il suo avversario, il sena-tore repubblicano dell'Arizona JohnMcCain, di oltre 8 milioni, pari al46,2%; si è aggiudicato 365 voti elet-torali, contro 173 del suo avversario.Allo stesso tempo, al Senato, rinnova-to per un terzo, i Dems hanno ora 57seggi, i Reps 40, gl'indipendenti 2:rimane da attribuire un seggio; allaCamera dei Rappresentanti, rinnova-ta interamente, su 429 seggi assegna-ti, l'Asinello ne ha 255, l'Elefantino 174.

In questo modo il nuovo Pre-sidente potrà contare fino al gennaio2011 su una maggioranza parlamen-tare tendenzialmente favorevole alleproprie iniziative legislative. Era dal1992 che un presidente democraticonon poteva contare, in partenza, suuna situazione così favorevole. Sivedrà se tali circostanze metterannole ali alla realizzazione di una partedelle promesse fatte dal vincitore,durante la lunga e dispendiosa cam-pagna elettorale.

Oltre al fatto di essere unuomo nuovo della politica america-na, Obama ha sicuramente benefi-ciato di tre fattori fondamentali: 1.L'impopolarità dell'amministrazioneBush che ha impegnato nei suoi ottoanni somme rilevanti per le guerre enon ha mosso un dito per affrontare idiversi fronti di crisi interna: impoveri-mento delle classi medie, dei neri edelle altre minoranze; crescente dis-uguaglianza tra pochi ricchi e moltipoveri; disastro dei servizi sociali. 2. Lagrave crisi economica determinatadall'esplosione della bolla immobilia-re con milioni di persone a spasso sen-za una casa. 3. Il desiderio di moltiamericani, soprattutto giovani, didare una svolta politica al Paese.

Adesso le difficoltà

Il settore in cui il Presidenteeletto pare più inesperto è la politicaestera che assorbe molte energiedelle amministrazioni americane: perquesto ha scelto il senatore JoeBiden, del Delaware, come Vice Pre-sidente. Questi è un politico di lungocorso ed ha grande esperienza inter-nazionale.

I fronti su cui la Casa Biancasarà impegnata sono i soliti: il MedioOriente, l'Iraq, con la promessa d'unritiro, l'Afghanistan, la Russia, l'emer-gere delle nuove potenze economi-che, Brasile, India, Cina. Soprattutto,ci si attende che abbia fine la politicadell'unilateralismo e delle guerre pre-ventive che, tra l'altro, hanno inghiot-tito ingenti somme e spalancato ilbaratro del più pauroso debito pub-blico della storia statunitense.

Anche se Obama ha detto«Vi avverto che non sono nato in unamangiatoia», tanti, non solo in Ameri-ca, si aspettano dalla sua amministra-zione molti cambiamenti e le sfideche ha davanti a sé sono di enormiproporzioni. Fra gli altri, ne andrebbe-ro citati almeno tre: l'avvio di unaseria politica per combattere il riscal-damento globale del pianeta, ridu-cendo le emissioni di CO2 e la ratificadel protocollo di Kyoto; il varo di pro-grammi per ridurre la dipendenza delPaese dagl'idrocarburi e promuoverele energie rinnovabili; un nuovo slan-cio della ricerca sulle cellule stamina-li, bloccata da Bush, su istigazionedella destra religiosa antiabortista.Anche la lotta contro il terrorismodovrebbe seguire nuovi percorsi conla chiusura del lager di Guantanamoe l'avvio di contatti con l'Iran.

Indipendentemente dal giu-dizio che in futuro si darà del suogoverno, la sua elezione è comun-que un fatto che imprime una traiet-toria nuova alla storia degli Stati Uniti:c'è da attendersi che in futuro, anchei prossimi Presidenti non saranno piùdegli WASP, ma che le varie minoran-ze che compongono il melting potamericano recitino un ruolo semprepiù significativo. Questo può essereanche un utile esempio per la vec-chia Europa, dove non mancanorigurgiti reazionari e xenofobi.

Pier Luigi Giacomoni

IN LIBRERIAPer leggere di e su Barack Obama initaliano ecco due siti interessanti:http://libreriarizzoli.corriere.ithttp://www.unilibro.it

USA 2004 e 2008Per avere un'idea dei mutamenti politi-ci avvenuti il 4 novembre scorso, puòesser utile confrontare la situazione del2008 con quella del 2004.Ci si accorgerà che alcuni Stati, con unnumero consistente di grandi elettori,sono passati dal campo repubblicanoal democratico. Ecco una tabellariepilogativa.

Elezioni presidenziali USA 2008 per ogni statofra parentesi l’attribuzione nel 2004

Alabama (Bush) McCain 9 Alaska (Bush) McCain 3 Arizona (Bush) McCain 10 Arkansas (Bush) McCain 6 California (Kerry) Obama 55 Colorado (Bush) Obama 9 Connecticut (Kerry) Obama 7 Delaware (Kerry) Obama 3 D.C. (Kerry) Obama 3 Florida (Bush) Obama 27 Georgia (Bush) McCain 15 Hawaii (Kerry) Obama 4 Idaho (Bush) McCain 4 Illinois (Kerry) Obama 21 Indiana (Bush) Obama 11 Iowa (Bush) Obama 7 Kansas (Bush) McCain 6 Kentucky (Bush) McCain 8 Louisiana (Bush) McCain 9 Maine (Kerry) Obama 4* Maryland (Kerry) Obama 10 Massachussetts (Kerry) Obama 12 Michigan (Kerry) Obama 17 Minnesota (Kerry) Obama 10 Mississippi (Bush) McCain 6 Missouri (Bush) McCain 11 Montana (Bush) McCain 3 Nebraska (Bush) McCain 5* Nevada (Bush) Obama 5 New Hampshire (Kerry) Obama 4 New Jersey (Kerry) Obama 15 New Mexico (Bush) Obama 5 New York (Kerry) Obama 31 North Carolina (Bush) Obama 15 North Dakota (Bush) McCain 3 Ohio (Bush) Obama 20 Oklahoma (Bush) McCain 7 Oregon (Kerry) Obama 7 Pennsylvania (Kerry) Obama 21 Rhode Island (Kerry) Obama 4 South Carolina (Bush) McCain 8 South Dakota (Bush) McCain 3 Tennessee (Bush) McCain 11 Texas (Bush) McCain 34 Utah (Bush) McCain 5 Vermont (Kerry) Obama 3 Virginia (Bush) Obama 13 Washington (Kerry) Obama 11 West Virginia (Bush) McCain 5 Wisconsin (Kerry) Obama 10 Wyoming (Bush) McCain 3

* assegnati col sistema proporzionale

12 Il Mosaico n. 35

attuale testo dell’art. 119 cost.è il risultato della riforma intro-dotta dall’art. 5 della legge

costituzionale 18.10.2001 n. 3, a tut-t’oggi rimasta largamente inattuata(l’ultimo tentativo esperito è statoquello del Governo Prodi, con il pro-getto di un codice della autonomielocali). Nessuna meraviglia d’altron-de che la norma costituzionale nonabbia sin qui ricevuto alcuna organi-ca attuazione per i delicatissimi“nodi” da affrontare; basti pensare,per esempio, al gigantesco proble-ma rappresentato dalla perequazio-ne finanziaria tra regioni del nord eregioni del sud, oppure ai numerosiaspetti problematici che caratteriz-zano i rapporti tra regioni ed entilocali; in entrambi i casi ci si pone difronte a questioni che nessun organi-co intervento normativo in materia diautonomia finanziaria degli enti terri-toriali può in alcun modo eludere.

Due le principali novitàrispetto al testo originario che la leg-ge costituzionale del 2001 ha posto:anzitutto, l’autonomia finanziaria, ori-ginariamente prevista solo per leregioni, è stata riconosciuta anche acomuni, province e città metropoli-tane; in secondo luogo è stata previ-sta l’istituzione di un fondo perequati-vo per i territori con minore capacitàfinanziaria per abitante, per integra-re le altre risorse finanziarie e cosìgarantire il finanziamento delle fun-zioni pubbliche conferite. La manca-ta attuazione della norma, sollecita-ta più volte dalla stessa Corte Costi-tuzionale, ha però sin qui di fattoimpedito anche la compiuta realiz-zazione dello stesso nuovo decentra-mento amministrativo configuratoall’art. 118 della costituzione, e sulquale il disegno di legge governativoora all’esame del Parlamento tace.

Autonomia finanziaria per tutti

gli enti locali

L’estensione dell’autonomiafinanziaria a comuni, province e cittàmetropolitane (queste ultime benlungi dall’essere istituite; ed il fattostesso della loro assimilazione nonsolo alle regioni, ma agli stessi comu-ni, lascia in verità perplessi), pur se inparte già connaturata all’autonomiapolitica dei medesimi enti, è stata

introdotta dal legislatore del 2001anche in funzione di contrappesoall’importanza finanziaria che un’e-voluzione in senso federalista delloStato avrebbe inevitabilmente con-ferito alle regioni. E tale quadro costi-tuzionale il disegno di legge in mate-ria di federalismo fiscale non ha inte-so modificare, sforzandosi anzi didare contenuti all’autonomia finan-ziaria a tutti riconosciuta.

Sulla base dell’art. 5 del dise-gno di legge in esame, le regioni dis-porranno, oltre che di tributi propriderivati, cioè di tributi istituiti e disci-plinati con legge dello Stato ma congettito destinato alle stesse regioni edi aliquote riservate alle regioni edapplicate alle basi imponibili dei tri-buti erariali, anche di tributi propri,istituiti perciò dalle regioni con pro-prie leggi in relazione a presuppostinon già assoggettati ad imposizioneerariale. Si deve riconoscere che itimori di incremento del prelievofiscale complessivo, al di là di impe-gni solenni assunti nella stessa legge,non sono affatto infondati.

Più limitata l’autonomia rico-nosciuta agli enti locali, che possonocomunque disporre oltre che di tribu-ti propri, individuati con legge delloStato anche mediante l’attribuzionedi tributi o parti di tributi già erarialioppure in sostituzione o trasformazio-ne di tributi già esistenti; anche di tri-buti propri individuati con legge

regionali con specificazione degliambiti di autonomia riconosciuti.

Comuni ed altri enti localinon possono istituire propri tributi;possono nei limiti della legge stataleo regionale che li ha istituiti, modifi-care le aliquote, oppure introdurreagevolazioni. Sia ai comuni che alleprovince viene però riconosciuta lafacoltà di istituire tasse di scopo, perla realizzazione di un’opera pubbli-ca, oppure il finanziamento di unevento particolare.

Spesa storica e fondoperequativo

Uno degli obiettivi della rifor-ma sui quali la comunicazione delgoverno ha parecchio insistito èquello di perseguire una maggiorrazionalità nella distribuzione dellerisorse mediante l’adozione del crite-rio del costo standard delle prestazio-ni erogate, in luogo di quello sin quiprevalentemente seguito della spesastorica; la spesa storica non riflette-rebbe però solo i reali fabbisogni sod-disfatti dai beni e servizi erogati daivari livelli amministrativi, ma coprireb-be anche “vere e proprie inefficien-ze”; di qui l’intenzione di rapportarele risorse distribuite a parametri stan-dard di spesa (ovviamente tutti dacostruire) tendenzialmente coinci-denti con i costi obiettivi del soddi-sfacimento dei fabbisogni reputativalidi su tutto il territorio nazionale.

Non tutte le funzioni ammini-strative saranno però perequate sullabase dei costi standard. Ciò dovràcomunque avvenire per istruzione,sanità ed assistenza, limitatamente airispettivi livelli essenziali delle presta-zioni (in sigla LEP); per i trasporti pub-blici locali, pur con alcune differenzenel meccanismo di perequazione(oltre che ai costi standard, si dovràtener conto della garanzia di un livel-lo adeguato del servizio su tutto il ter-ritorio nazionale), infine per le funzio-ni fondamentali degli enti locali(comma 2° lett. m) e p) dell’art. 117cost.). Per tutte le altre funzioni ammi-nistrative è naturalmente previstauna perequazione finanziaria da par-te dello Stato, ma più circoscritta,perché rapportata alla sola capaci-tà fiscale dei territori, con conse-guente, inevitabile, maggiore diffe-renziazione territoriale.

IIII llll ffffeeeeddddeeeerrrraaaallll iiii ssssmmmmoooo ffff iiii ssssccccaaaalllleeee realtà e chimera

L’ Il Consiglio dei Ministri nella sedu-ta dello scorso 3 ottobre ha nuo-vamente approvato il disegno dilegge “Attuazione dell’art. 119della Costituzione: delega al

governo in materia di federalismofiscale”, recependo le osservazio-ni della Conferenza Unificata cheè la sede congiunta della Confe-renza Stato–Regioni e della Con-ferenza Stato, Città ed Autono-mie Locali. Il testo licenziato

accoglie perciò un primo accor-do politico tra i soggetti istituzio-nali ai quali il provvedimento sirivolge. Con l’aiuto del nostroesperto cerchiamo di capire

qualcosa di più …

13Il Mosaico n. 35

Funzioni fondamentalidegli enti locali

Si osservi al riguardo comeproprio per le funzioni amministrativedegli enti locali (comuni, province ecittà metropolitane) si porrà il delica-to problema di individuare quali fun-zioni siano “fondamentali” e qualinon lo siano; al riguardo la Costituzio-ne, all’art. 117 comma 2° lett. p) rin-via per la risposta al legislatore stata-le, ma tale risposta non è sino adoggi pervenuta. All’art. 18 è stabilitoche in via transitoria, e cioè sino allaindividuazione legislativa delle funzio-ni fondamentali, il fabbisogno vengafinanziato considerando le funzionidell’ente finanziato, all’80 per centocome fondamentali ed il 20% comenon fondamentali.

Invero neppure per le regioniil legislatore ha mai espressamenteindividuato in termini generali le fun-

zioni fondamentali; istruzione, sanitàed assistenza vengono però esplici-tamente richiamate nel testo in esa-me tra quelle per le quali l’art. 117comma 2° lett. m) cost. rimette allaStato la determinazione esclusiva deilivelli essenziali delle prestazioni, dagarantirsi su tutto il territorio nazionaleperché implicanti l’esercizio di fon-damentali diritti civili e sociali. Il finan-ziamento di tali settori dovrà comun-que essere garantito dalle regioni,oltre che con risorse proprie, median-te perequazione garantita dallo Sta-to sulla base dei costi standard delleprestazioni.

Il disegno di legge sostanzial-mente prevede sia una riduzione delprelievo erariale, sia l’esercizio di unapiù ampia autonomia tributaria daparte degli enti territoriali; l’effettofinale sul saldo netto della pressionefiscale è comunque incerto. Sul risul-tato finale certamente influirà la con-trazione delle risorse conseguente ai

trasferimenti dello Stato rapportatialla capacità finanziaria dei territori,cioè ai trasferimenti relativi alle fun-zioni non fondamentali; se le minoririsorse indurranno le amministrazioniad intervenire, eliminandole, sullespese improduttive e sulle inefficien-ze oppure indurranno le amministra-zioni ad utilizzare gli strumenti messi aloro disposizione dalle nuove norme,per compensare con aumenti dipressione fiscale i minori trasferimenti,resta tutto da vedere.

Come in termini di spesapubblica resta da vedere se verràfatta osservare la prescrizione piùvolte ribadita in merito all’effettivotrasferimento del personale e dellealtre risorse in relazione ai trasferi-menti di funzioni amministrative previ-sti dall’art. 118 cost., ma restati sin quisulla carta per la mancata attuazio-ne dell’art. 119.

Roberto Lipparini

iorni fa incontrai sull’autobusun noto avvocato penalista escambiando con lui due

parole mi chiese: “Ma da voi (nelcampo del diritto civile, ndr) i proces-si si fanno?”.

Io, che fino a quel giorno milamentavo per la durata delle causecivili, capii che i procedimenti penaliforse presentavano qualche proble-ma in più...

Ecco: alla redazione de “ilMosaico”, che mi ha chiesto di indi-care tre priorità della giustizia in Italia,risponderei che la prima priorità ècertamente quella di ridurre la dura-ta delle cause, che per quantoriguarda il diritto penale significapoter arrivare a una sentenza primache la prescrizione renda inutile pro-cedere.

Durata delle cause

Vorrei evidenziare come ladurata sia fondamentale: quandouna persona ha una controversia in

atto, e pur con valide ragioni, giuridi-camente fondate, si sente dire dalsuo avvocato “bene, possiamo inizia-re una causa, ma tenga presenteche fra primo e secondo grado edeventuale giudizio in Cassazione,possono passare anche 15 anni”, ilpiù delle volte rimane incredula eprova un grande senso di impotenza.

C’è chi chiede giustizia per-ché ha contratto l’epatite o l’aids peraver assunto un emoderivato di unacasa farmaceutica, c’è chi vuolechiarire chi sia il proprietario di un sot-totetto, chi ha subito un infortunio sullavoro che non gli è stato riconosciu-to, chi ha una lite condominiale perl’installazione di un ascensore, oppu-re chi vive una separazione dalconiuge tormentata e combattuta, epotrei continuare: possiamo immagi-nare come rimanere in attesa di unadecisione, di una sentenza, per annipuò vanificare la decisione stessa (ache cosa serve un risarcimento, nelprimo caso che facevo, se nel frat-tempo il danneggiato è deceduto?).

A ciò si collega, nel dirittopenale, il discorso della certezza dellapena: se chi si è macchiato di un rea-to sa che fra attenuanti, prescrizioni,indulti e quant’altro, non sconteràalcuna pena, quale è la funzione, chedovrebbe essere di deterrenza e dirieducazione, della pena stessa?

Norme chiaree univoche

Un secondo grave proble-ma, che indico come ulteriore priori-tà da risolvere, è rappresentato daun sistema legislativo che non produ-ce norme chiare e univoche, ma chelascia spazio a mille interpretazioni, acui corrispondono diversi e spessocontrastanti orientamenti giurispru-denziali.

Così capita che la stessaidentica questione posta davanti adue giudici dello stesso tribunaleabbia due esiti diametralmenteopposti: è questa forse la certezzadel diritto?

Abbiamo chiesto all’avvocato Marco Calandrino del Foro di Bologna dievidenziarci quali sono, a suo parere, le tre priorità della giustizia in Italia.

Senza pretesa di essere esaustivi, ma solo con l’intento di offrire uno spaccato dei problemi e delle possibili soluzioni da parte

di chi “batte” quotidianamente aule e cancellerie dei tribunali.

QQQQuuuuaaaalllleeee ggggiiiiuuuusssstttt iiiizzzziiiiaaaa????

G

14 Il Mosaico n. 35

Viviamo e operiamo in unordinamento “schizofrenico” conmigliaia di leggi, spesso in contrastofra loro, e di difficile comprensione: sipensi al sistema tributario e al succe-dersi di norme, a cui spesso si dàvalore retroattivo.

Ma anche sul piano applica-tivo non sempre si coglie uno sforzo adare orientamenti univoci, ma pre-vale talvolta il desiderio di differen-ziarsi: è vero che nel nostro ordina-mento il precedente giurisprudenzia-le non è vincolante (come invece ènei paesi di Common Law), però nonè comprensibile, per esempio, che idanni psico-fisici vengano risarciticon criteri diversi; così se uno ha unincidente stradale e subisce un dan-no, sarà risarcito con importi diversi aseconda dei tribunali.

Ha senso tutto ciò?

Situazione delle carceri

Anche se non è la mia mate-ria, segnalo una terza problematica:la situazione delle carceri, luoghi che-lungi dal rieducare per un reinseri-mento nella società- spesso abban-donano il detenuto a una condizionedi isolamento e frustrazione, che dicerto non lo aiuterà una volta scon-tata la pena.

Quali rimedi?

La “ricetta” è fatta di tantiingredienti: io ritengo che sia neces-saria una riforma coraggiosa e radi-cale, poiché singoli interventi, maga-ri slegati o contraddittori, servirebbe-ro a poco.

In poche righe mi limito a deicenni: riorganizzazione degli ufficigiudiziari (con accorpamenti signifi-cativi di sedi), un’informatizzazione“spinta”, riforme dei diritti processualiche, nel rispetto delle garanzie costi-tuzionali, sappiano imprimere ai pro-cedimenti dei tempi ragionevoli(considerando anche limitazioni aldiritto di impugnazione, e norme chemodifichino la competenza dei variUffici), una completa rivisitazione delsistema delle fonti del diritto, per por-re un freno all’attuale “babele” dinorme, ed anche una migliore orga-nizzazione delle “risorse umane” cheoperano nel mondo della giustizia.

Sono solo cenni generici, loso, ma non è questa la sede perentrare nello specifico: mi sta a cuo-re far capire che la situazione è dav-vero sull’orlo del collasso, della para-lisi, e che una giustizia che non ècapace di rendere giustizia in tempiragionevoli diventa ingiustizia, rischiadi scivolare in anarchia.

L’art. 111 della Costituzioneci ricorda come “la giurisdizione siattua mediante il giusto processoregolato dalla legge” ed evidenziacome “la legge ne assicura la ragio-nevole durata”: è un obiettivo che,mai come oggi, appare utopia; nona caso il XXIX Congresso NazionaleForense che si è tenuto a Bologna direcente (novembre 2008) si intitola:“Accesso alla giustizia: garanziaeffettiva o utopia?”.

Nel Preambolo del CodiceDeontologico di noi avvocati c’èscritto che “l’avvocato esercita lapropria attività in piena libertà, auto-nomia ed indipendenza, per tutelarei diritti e gli interessi della persona...”:ecco, dobbiamo impegnarci tuttiper una giustizia che serva a tutelarei diritti della persona, e che quindi sifondi sul riconoscimento del valoredella persona umana.

Solo un Paese in cui vi sianoun giusto processo, un sistema giudi-ziario che garantisca a tutti l’accessoalla giustizia (anche sotto il profilo deicosti), e la certezza del diritto potràgarantire davvero una convivenzacivile e il vero affermarsi del principiodi legalità, a base del nostro ordina-mento.

Marco Calandrino

i presento: 37 anni, fisico,nel senso della laurea, unpo’ di vicissitudini e storie

personali da raccontare, come pertutti … ma soprattutto RICERCATOREPRECARIO. Precario e Ricercatore …oppure Ricercatore e Precario … duetermini che, in qualunque ordine li sivoglia mettere, sono già da soli diffici-li da spiegare e raccontare.

Di precariato si parla tanto,tantissimo - forse troppo - da moltotempo. Si parla di lavoro precariocome di una condizione inevitabile,di flessibilità come di una necessitàed allo stesso tempo una ormai irri-nunciabile qualità per sopravviverenel mondo del lavoro. Qualsiasi lavo-

ro. Di ricerca si parla da sempre

troppo poco invece, e per quel pocospesso in modo improprio, o comun-que parziale. Non è chiaro cosa signi-fichi fare ricerca, non è chiaro perchésia importante fare ricerca e difende-re gli spazi vitali della ricerca. Non lo èper l’opinione pubblica, ma moltospesso sembra non esserlo del tuttonemmeno per gli addetti ai lavori, aldi là dell’aspetto economico del sin-golo progetto da onorare o del con-testo chiuso del singolo problemascientifico.

In questo scenario racconta-re chi è e cosa fa un Ricercatore Pre-cario diventa una sorta di percorso

ad ostacoli tra luoghi comuni, sempli-ficazioni eccessive figlie di slogan eparole d’ordine poco ascoltate epoco argomentate, ed evidenti man-canze di informazioni. Il più delle voltestrumentali, ma molto spesso, ed èdecisamente più drammatico, assolu-tamente reali.

Bisogna riconoscere che l’im-pianto generale delle norme su Uni-versità e Ricerca che il presentegoverno sta applicando e definendo(dalla legge 133/08 – il “Decreto Bru-netta” – al Decreto Legge 180/08appena varato, passando per l’arti-colo 37-quater del DDL 1441 – l’“ammazza - precari”), sta avendol’indubbio merito di portare un po’ piùspesso sulle pagine dei giornali ed intelevisione le problematiche del mon-do della ricerca. Ma in questo modoanche le difficoltà e le carenze citatein precedenza, la mancanza di unaposizione realmente elaborata e con-divisa, risultano ancora più evidenti. Ilballetto delle cifre che spesso si leg-gono sui giornali, sul numero dei pre-cari presenti negli Enti Pubblici diRicerca e nelle Università, o sulla por-tata effettiva sui tagli ai finanziamentio al personale (precario) delle normeapprovate o in via di approvazione,ne sono una dimostrazione.

Solo in cerca di un posto garantito per tutti e comunque, o in cerca di un mondo nuovo e migliore per tutta la ricerca? Dove a tutti siano

offerte “pari occasioni” e dove “formazione, programmazione, valutazione,selezione, trasparenza” siano le parole chiave che governino

gli enti e gli istituti di ricerca.

UUUUnnnnaaaa vvvviiii ttttaaaada ricercatore precario...

M

15Il Mosaico n. 35

In qualche modo si tornaquindi al punto di partenza, e cioè chiè e come si fa a definire un Precariodella Ricerca ?

Il mondo ideale

Prima di tutto credo sianecessario distinguere tra il “mondoreale”, e un “mondo ideale” e virtuo-so. In un mondo ideale e virtuoso ilsistema della Ricerca Pubblicadovrebbe poggiare su solide base diprogrammazione, non solo economi-ca – cosa evidentemente essenziale– ma anche e soprattutto in termini dirisorse umane. Perché a tutti gli effettiquella della ricerca è una attività cheforse come nessun’altra ha nellacomponente umana un suo elemen-to assolutamente fondamentale edinsostituibile.

Su questa base, in un mondoideale, si dovrebbe immaginare ecostruire una sorta di percorso forma-tivo - lavorativo, che dovrebbe averecome punto di partenza la laurea ecome punto di arrivo l’inserimento deigiovani ricercatori nelle attività e nel-le strutture degli Enti e delle Università.Un percorso che partisse dalla forma-zione vera e propria per virare pro-gressivamente verso la collaborazio-ne alle attività di ricerca, sino allamaturità ed all’autonomia nell’impo-stare ed affrontare progetti e proble-matiche. In un mondo ideale, in que-sto percorso virtuoso le diverse formecontrattuali – e i relativi diversi tratta-menti economici, e le tutele associa-te – corrisponderebbero effettiva-mente ai diversi momenti della forma-zione e della maturazione professio-nale.

In questo mondo ideale nonci dovrebbe essere a priori posto pertutti, ma possibilità ed occasioni pertutti – che è poi il significato cheavrebbe il termine “programmazio-ne”. I criteri che governerebbero l’in-gresso nel mondo del lavoro di ricer-ca sarebbero la meritocrazia e lavalutazione – ma questosarebbe scontato in quantoarticoli, pubblicazioni inter-nazionali, progetti, contratti,tutto quello che rappresen-ta il risultato del lavoro diricerca, sono naturalmentee costantemente valutati –ma anche e soprattutto laresponsabilità, tanto dei gio-vani “aspiranti” ricercatori,quanto, e forse più, dei tito-lari di progetti e contratti,responsabili quindi sia dellaqualità della ricerca prodot-ta che della formazione edelle qualità dei giovaniprecari.

Il mondo reale

I Precari della Ricerca nonvivono però in questo mondo ideale.Nel loro “mondo reale” – che in tuttaonestà è il risultato di politiche miopi oassenti di decenni, e non solo dell’a-zione del presente Governo - la pro-grammazione, soprattutto per il per-sonale, non c’è. Di più, in particolarenegli Enti di Ricerca, negli ultimi ottoanni c’è stato un totale blocco delturn-over e delle assunzioni, cioè nonè stato possibile assumere nessunnuovo ricercatore nemmeno a frontedei numerosi pensionamenti. A que-sto blocco totale all’ingresso di nuovegenerazioni di ricercatori, si è affian-cata una continua e progressiva ridu-zione dei finanziamenti pubblici allaricerca pubblica, sino al di sotto delminimo necessario alla sopravviven-za, il che ha portato, nella stragrandemaggioranza dei casi, gli Enti a potercontinuare le attività solo attraversouna sempre migliore capacità diacquisire fondi esterni, con progettiEuropei o contratti esterni.

Eppure nel mondo reale si ècontinuato a fare ricerca, buonaricerca, come testimoniato dallacapacità stessa di sopravvivereappena citata, dai riscontri interna-zionali in termini di progetti, collabora-zioni, pubblicazioni, nonostante tuttoquesto. E in questo scenario, decinedi migliaia di persone hanno conti-nuato – da precari – a lavorare, acontribuire alla qualità di questa ricer-ca, a formarsi. In tutti i modi possibili.Destreggiandosi tra le carenze di fon-di, le lungaggini burocratiche, le piùdisparate forme contrattuali. In que-sto mondo reale i precari, soprattuttoi precari, non hanno mai avuto pauradi venire valutati, non hanno mai avu-to paura di parlare di meritocrazia.Perché è proprio attraverso la valuta-zione e la qualità della ricerca chesono stati capaci di imparare e difare, hanno contribuito in modo sem-pre più strutturale e significativo alla

sopravvivenza del sistema stesso delleRicerca Pubblica, diventandone unadelle strutture portanti. E di loro stessi.Senza avere mai una reale occasio-ne di entrare, di uscendo dalladimensione del precariato. In questomondo reale, quasi mai, le valutazio-ni, il merito e le competenze acquisi-te, sono state l’elemento reale sulquale sono stati incentrati l’inserimen-to negli organici ed i riconoscimentitanto formali – come ad esempio lestesse forme contrattuali con mag-giori o minori tutele - che economici.

Il risultato è un modo realecompletamente caotico, che richie-de quindi non una irreggimentazionebrutale in regole e meccanismi “vir-tuali” calati dall’alto – come si sta pro-vando a fare in questo momento - néuna trattazione astratta e di principio,ma un’azione d’urgenza, che partadalla conoscenza dettagliata dellarealtà stessa, per poter risolvere pro-blemi e situazioni ormai patologiche,e liberare il campo per una realeriscrittura delle regole.

Un mondo in fermento

È sotto gli occhi di tutti che ilmondo della ricerca è in fermento.Un fermento che parte soprattuttodal basso, ma che non è limitato soloalla componente precaria o legatosolo ad una dimensione prettamenterivendicativa. E forse non è azzardatodire che già dalle notizie che quasiogni giorno si possono leggere suigiornali questo fermento stia lenta-mente mettendo qualche granellonegli ingranaggi dell’attuale sistema,stia poco a poco riuscendo a fareaffiorare alcune delle sue macrosco-piche contraddizioni. E con esse ladirezione diametralmente e dolosa-mente sbagliata che l’attuale Gover-no sta intraprendendo.

Da Ricercatore Precario, daaspirante Ricercatore Non-Precario,vorrei non dimenticare la distanzache ci separa dal mondo ideale, e

sperare che si possa da oraimpostare finalmente unreale processo di riforma ditutto il sistema della Ricercae della Formazione di que-sto paese. Quello che è ingioco non è solo il futurodei precari della ricerca.

Vittorio Morandi per PRECAREA

Assemblea Permanente dei Lavoratori CNR-INAFdell’Area della Ricerca

di Bologna

www.laricercacalpestata.it

Addioa Vittorio Foa

Vittorio Foa, l’ultimo esponente di quel-la grande tradizione del Partito d’azione (riformista libertaria e liberale),purtroppo sempre minoritaria in Italia,stretta in quello che sembra essere ilcarattere dell’italianità tra moderatismo conservatore falsamenteliberale e massimalismo.

Se nella sinistra italiana le idee dei fratelliRosselli, di Calamandrei, Parri, Bobbio (che considerava i comu-nisti compagni di strada, ma che pole-mizzava con asprezza con Togliatti e lasua teoria marxista dello stato, in nomedi quella liberale), fossero state egemo-ni, Berlusconi sarebbe ancora a costrui-re palazzine.

E noi forse saremmo più felici, ma sonosolo se.

La terra ti sia lieve Vittorio.

Gianni Sollazzo

Il Mosaico n. 3516

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Associazione «Il Mosaico»Via Venturoli 45, 40138 Bologna

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Reg. Tribunale di Bolognan. 6346 del 21/09/1994

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Questo numero è stato chiusoin redazione il 17 novembre 2008

Hanno collaborato

Anna AlberigoFederico BellottiLaura Biagetti

Marco CalandrinoMaurizio CeveniniFlavio DelbonoAndrea ForlaniLuca Foresti

Sandro FrabettiGiancarlo FunaioliFlavio Fusi PecciSandra Fustini

Pierluigi GiacomoniRoberto LippariniPiergiorgio Maiardi

Cristina MalviMassimo MartelliVirginio MerolaVittorio Morandi

Gianfranco PasquinoEleonora SensiGianni Sollazzo

4:45

Ho capito

che dovevo arrivare fin quiper guardare indietro e tornare

a vederel’inizio del discorso.Non l’ho scritto io

ma è come se lo fosse:cominciai con qualche virgola

e puntini,ogni tanto qualche punto esclamativo...

andavo avanti a scriverecon mano di formica e occhi di locusta,

senza neanche neppure ipotizzarenella testa

la fine della pagina,ricordo soltanto che dissi:

“Se arriva volterò”,ma era un foglio solo.

Massimo Martelli novembre 2008

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