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16 Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica La Commissione Scenario clinico Raffaele è un simpatico ragazzo di 9 anni, frequenta la scuola elementare. Non è che sia molto... conten- to (come direbbe Edoardo Bennato) all’arrivo della primavera. Infatti soffre di rinite allergica stagionale (persistente moderata-grave), i genitori arrivano nel mio studio per la scorta degli immancabili farmaci antistaminici e steroidi inalatori nasali. L’altro giorno ho ricevuto la visita di un informatore farmaceutico che mi ha illustrato la possibilità di usa- re gli anti-leucotrienici, in particolare il montelukast, nella seasonal allergic rhinitis. Me ne ha decantato l’ef- ficacia e la potenza e mi ha proposto di “cominciare a farmi una certa esperienza in qualche caso di SAR al po- sto dei soliti farmaci”. Mi ha detto proprio così. Questi farmaci costano un po’ e quindi, perché ciò sia compensato e farmi cambiare la mia solita prescrizio- ne “stagionale”, mi piacerebbe che potessero ridurre i sintomi della rinite di Raffaele (sia diurni che nottur- ni) diciamo del 50% rispetto alla terapia solita, forse è però pretendere un po’ troppo. Allora, mi acconten- terei di sapere intanto se il montelukast è veramen- te efficace (più del placebo insomma) e, se sì, se lo è tanto da poter costituire una alternativa, anche solo temporanea, ai due classici farmaci che qualche ef- fetto avverso ogni tanto potrebbero darlo. Affron- to quindi le fatiche di un Critically Appraiced Topic (CAT), chiedendo aiuto agli amici della Commissione Rinocongiuntivite, cominciamo proprio dal … Quesito Clinico Strutturato (PICI) 1. In bambini affetti da rinite allergica stagionale o perenne (Popolazione) la somministrazione di an- tagonisti dei leucotrieni (Intervento) rispetto alla terapia con antistaminici o steroidi nasali (Con- fronto), migliora la sintomatologia soggettiva (In- dicatore di esito) ? 2. Ovvero in bambini con rinite allergica stagiona- le (Popolazione) l’aggiunta dei farmaci antileu- cotrienici ai farmaci antistaminici (Intervento), ri- spetto all’uso dei soli farmaci antistaminici e/o dei soli steroidi nasali (Confronto), migliora la sinto- matologia soggettiva (Indicatore di esito)? Poche informazioni di fondo Il trattamento della rinite allergica si avvale, accanto a misure atte a ridurre l’esposizione allergene (qualora possibile), di presidi farmacologici. Questi sono rap- presentati fondamentalmente dai farmaci: anti-istaminici che antagonizzano gli effetti del- l'istamina mediante un'azione di tipo competiti- vo e reversibile a livello dei recettori H1; corticosteroidi topici nasali che, grazie alla loro at- tività antinfiammatoria, hanno la capacità di sop- primere simultaneamente a più livelli la flogosi al- lergica; anti-leucotrienici, che antagonizzano l’ azione dei leucotrieni, mediatori endogeni dell' infiamma- zione e giocano un ruolo importante nelle malat- tie allergiche delle vie respiratorie stimolando la broncocostrizione, la produzione di muco, l'ede- ma delle mucose, l'infiltrazione da parte degli eo- sinofili e delle cellule dendritiche. I leucotrieni giocano un ruolo importante nell'ostruzione na- sale, mentre la loro influenza sulla rinorrea è mol- to modesta e quella sul prurito e sulla starnutazio- ne quasi nulla. Il montelukast per i pazienti >12 anni è disponibile in compresse da 10 mg , nei bambini dai 6 ai 12 an- ni è presente sotto forma di compresse da 4 e 5 mg masticabili. L'utilizzo di tale farmaco è stato esteso a Il montelukast nel trattamento della rinite allergica Un Critically Appraiced Topic (CAT) A cura della Commissione Rinocongiuntivite Coordinatore: Giuseppe Pingitore Componenti: Sergio Arrigoni, Gabriele Di Lorenzo, Gian Luigi Marseglia, Neri Pucci, Giovanni Simeone, Anna Maria Zicari

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Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica

La Commissione

Scenario clinico

Raffaele è un simpatico ragazzo di 9 anni, frequenta la scuola elementare. Non è che sia molto... conten-to (come direbbe Edoardo Bennato) all’arrivo della primavera. Infatti soffre di rinite allergica stagionale (persistente moderata-grave), i genitori arrivano nel mio studio per la scorta degli immancabili farmaci antistaminici e steroidi inalatori nasali.L’altro giorno ho ricevuto la visita di un informatore farmaceutico che mi ha illustrato la possibilità di usa-re gli anti-leucotrienici, in particolare il montelukast, nella seasonal allergic rhinitis. Me ne ha decantato l’ef-ficacia e la potenza e mi ha proposto di “cominciare a farmi una certa esperienza in qualche caso di SAR al po-sto dei soliti farmaci”. Mi ha detto proprio così. Questi farmaci costano un po’ e quindi, perché ciò sia compensato e farmi cambiare la mia solita prescrizio-ne “stagionale”, mi piacerebbe che potessero ridurre i sintomi della rinite di Raffaele (sia diurni che nottur-ni) diciamo del 50% rispetto alla terapia solita, forse è però pretendere un po’ troppo. Allora, mi acconten-terei di sapere intanto se il montelukast è veramen-te efficace (più del placebo insomma) e, se sì, se lo è tanto da poter costituire una alternativa, anche solo temporanea, ai due classici farmaci che qualche ef-fetto avverso ogni tanto potrebbero darlo. Affron-to quindi le fatiche di un Critically Appraiced Topic (CAT), chiedendo aiuto agli amici della Commissione Rinocongiuntivite, cominciamo proprio dal …

Quesito Clinico Strutturato (PICI)

1. In bambini affetti da rinite allergica stagionale o perenne (Popolazione) la somministrazione di an-tagonisti dei leucotrieni (Intervento) rispetto alla terapia con antistaminici o steroidi nasali (Con-

fronto), migliora la sintomatologia soggettiva (In-dicatore di esito) ?

2. Ovvero in bambini con rinite allergica stagiona-le (Popolazione) l’aggiunta dei farmaci antileu-cotrienici ai farmaci antistaminici (Intervento), ri-spetto all’uso dei soli farmaci antistaminici e/o dei soli steroidi nasali (Confronto), migliora la sinto-matologia soggettiva (Indicatore di esito)?

Poche informazioni di fondo

Il trattamento della rinite allergica si avvale, accanto a misure atte a ridurre l’esposizione allergene (qualora possibile), di presidi farmacologici. Questi sono rap-presentati fondamentalmente dai farmaci: • anti-istaminici che antagonizzano gli effetti del-

l'istamina mediante un'azione di tipo competiti-vo e reversibile a livello dei recettori H1;

• corticosteroidi topici nasali che, grazie alla loro at-tività antinfiammatoria, hanno la capacità di sop-primere simultaneamente a più livelli la flogosi al-lergica;

• anti-leucotrienici, che antagonizzano l’ azione dei leucotrieni, mediatori endogeni dell' infiamma-zione e giocano un ruolo importante nelle malat-tie allergiche delle vie respiratorie stimolando la broncocostrizione, la produzione di muco, l'ede-ma delle mucose, l'infiltrazione da parte degli eo-sinofili e delle cellule dendritiche. I leucotrieni giocano un ruolo importante nell'ostruzione na-sale, mentre la loro influenza sulla rinorrea è mol-to modesta e quella sul prurito e sulla starnutazio-ne quasi nulla.

Il montelukast per i pazienti >12 anni è disponibile in compresse da 10 mg , nei bambini dai 6 ai 12 an-ni è presente sotto forma di compresse da 4 e 5 mg masticabili. L'utilizzo di tale farmaco è stato esteso a

Il montelukast nel trattamento della rinite allergica

Un Critically Appraiced Topic (CAT)

A cura della Commissione RinocongiuntiviteCoordinatore: Giuseppe Pingitore

Componenti: Sergio Arrigoni, Gabriele Di Lorenzo, Gian Luigi Marseglia, Neri Pucci, Giovanni Simeone, Anna Maria Zicari

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bambini dai 6 mesi di vita ed è disponibile in bustine granulate da 4 mg. In Italia, secondo la recente revi-sione della scheda tecnica del montelukast, tale far-maco (con nota 82) è approvato per la terapia della rinite allergica stagionale solo in soggetti > di 15 anni con asma concomitante, per la quale vi è indicazione all'uso dell'anti-leucotrienico. In effetti, non è esatta-mente il caso di Raffaele, ma la nostra curiosità ha la meglio, andiamo avanti.

Strategia di Ricerca

Cerchiamo prima delle sintesi di evidenze, sono co-mode, diamo un’ occhiata al database della Cochra-ne Library ma non vi sono, alla data della nostra ricer-ca (18 Luglio 2007), revisioni sistematiche (RS) sull’ar-gomento. Ci rivolgiamo allora alla banca dati Medline, usando Pubmed Real Time, una simpatica utility messa a punto dal Coordinatore della nostra Commissione: riesco a reperire 75 citazioni, la stringa completa della ricerca la allego alla fine dell’ articolo), giudico perti-

nenti per la mia ricerca 3 RS e 4 studi primari 1-7. Li sin-tetizziamo di seguito.

Wilson et al., Am J Med 2004 1

L’ esito primario di questa RS è stato quello di valuta-re i sintomi nasali (daytime nasal syntoms) attraverso un punteggio, calcolato dal paziente giornalmente, che teneva conto della presenza di rinorrea, starnuta-zioni, prurito e ostruzione nasale. Il punteggio veniva espresso come percentuale del punteggio massimo, più elevato era il punteggio registrato, peggiore era il controllo dei sintomi. L’ esito secondario riguardava la qualità di vita misurata attraverso il questionarrio Standard rhinoconjuntivitis quality of life (RQLQ), che prende in considerazione 7 parametri riguardanti eventuali disturbi del sonno, la presenza o l’ assenza di sintomi nasali e/o oculari, lo svolgimento più o me-no regolari delle normali attività quotidiane. Esami-niamo attraverso l’uso di una tabella riassuntiva (Ta-bella I) i risultati di questa RS.

Tab. I.Autore, data Popolazione e InterventoWilson AM et al.,2004

La revisione sistematica comprende 11 Studi Clinici Randomizzati (SCR) per un totale di 4.210 pazienti, non è descritta una popolazione pediatrica. Vengono comparati gli anti-leucotrienici (10 studi con il montelukast, 1 studio piccolo con lo zafirlukast) vs. placebo o vs. antistaminici e steroidi nasali. La durata della terapia oscilla tra 2 settimane e 50 giorni.

Esiti Risultatiprimario: punteggio che valuta i sintomi nasali diurni e/o notturni;secondario: score ottenuto da un questionario standard

Antileucotrieni (aLT) vs. placebo:Migliorano i sintomi nasali del 5% (Intervallo di Confidenza, IC, 95% = 3-7%) rispetto al placebo, molti studi hanno uno score di Jadad basso. Nei riguardi dello score realizzato nel RQLQ miglio-rano la qualità della vita di 0,3 U rispetto al placebo senza poter vedere in dettaglio quale sinto-mo sia in realtà migliorato.

aLT vs. steroidi nasaliVi sono 4 studi nei quali gli steroidi nasali migliorano i sintomi nasali del 12% in più rispetto agli aLT. Gli studi sono comunque eterogenei come metodologia e hanno valutato quattro differenti molecole con potenza differente. Nessuno degli studi ha valutato la qualità della vita.

aLT + antistaminici vs. steroidi nasaliLa terapia associata (antiLT +antistaminico) riduce i sintomi della rinite del 3-4% in più rispetto all’uso del solo aLT o del solo antistamico (3 SCR). Tale differenza tuttavia non appare significati-va riguardo al punteggio che valuta la qualità della vita. Non sono rilevabili differenze significa-tive tra l’uso di uno steroide nasale da solo vs. la terapia combinata aLT più antistaminico orale per ciò che riguarda i sintomi nasali

Note• 4 degli otto studi che valutano il montelukast vs. un placebo sono sponsorizzati dalle aziende farmaceutiche e tali studi comprendono ben il

90% del campione della popolazione in studio• Tutti gli studi riguardano pazienti con rinite allergica stagionale, pertanto le conclusioni potrebbero non essere applicabili ai pazienti con

rinite allergica perenne.

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Rodrigo et al., Ann Allergy Asthma Immunol 2006 2

La RS comprende SCR pubblicati entro il 2005, la po-polazione era composta da giovani dai 15 anni in su con rinite allergica stagionale (SAR). L’ esito primario considerato è stato la sintomatologia nasale sia diur-na che notturna, i sintomi oculari, e la qualita della vita. Gli esiti secondari sono stati rappresentati dalla registrazione dal flusso nasale inspiratorio e dalla ri-nomanometria. I trattamenti duravano dalle 2 alle 4 settimane. I ri-sultati della RS di Rodrigo et al sono riassunti nella Tabella II.

Grainger et al., Clin Otolaryngol 2006 3

Gli Autori, nei criteri di inclusione della loro RS, affer-mano di voler prendere in considerazione solo stu-di che siano in lingua inglese, vengono esclusi stu-di pertinenti l’età pediatrica e studi che confrontino il montelukast con farmaci non usati in Gran Breta-gna. I risultati finali, in ogni caso, non sono dissimili da quanto emerso nelle RS precedenti.

Gli studi primari

Nella Tabella III abbiamo sintetizzato gli studi primari 4-7, pubblicati negli ultimi 3 anni, che abbiano valutato l’uti-

Tab. II.Autore, data PopolazioneRodrigo G et al., 2006 Pazienti di età >18 anni con SAR per un totale di 6.260 persone.

La RS comprende 17 SCR: 16 studi hanno valutano il montelukast al dosaggio 10 mg e uno lo zafirlukast 20 mg. Gli aLT vengono valutati vs. placebo o verso antistaminici e steroidi nasali. La durata del trattamento è di 2-4 settimane.

Esiti Risultatiprimario: sintomi nasali sia diurni che notturnisecondario: misurazione del flusso nasale in-spiratorio e della rinomanometria

aLT vs. placebo8 SCR valutano gli ALT vs. placebo. I risultati sono i seguenti: gli aLT riducono signifi-cativamente i sintomi diurni e notturni e i sintomi oculari, e producono un migliora-mento maggiore rispetto al placebo nello punteggio relativo alla valutazione della qualità di vita

aLT vs. antistaminici6 SCR valutano questo confronto: 5 usano loratadina e 1 cetirizina come antistami-nico. Non si evidenzia alcuna differenza nei sintomi nasali diurni, notturni e oculari e nel punteggio relativo alla valutazione della qualità di vita aLT vs. steroidi nasali3 SCR disponibili, solo due però riportano i punteggi per i sintomi giornalieri e not-turni nasali. Gli steroidi nasali (fluticasone) riducono in misura maggiore i sintomi nasali notturni e diurni rispetto agli aLT

aLT + antistaminici vs. antistaminici da soli5 SCR hanno valutato questo confronto. Due studi hanno valutato montelukast + lo-ratadina vs loratadina, 1 studio montelukast + loratadina vs. fexofenadina, e 1 mon-telukast + cetirizina vs. cetirizina da sola. Le informazioni sono insufficienti per valu-tare i sintomi nasali e la qualità della vita. La terapia associata produce un migliora-mento dei sintomi oculari rispetto alla monoterapia.

aLT + antistaminici vs. steroidi nasali Viene riportata una migliore riduzione dei sintomi di congestione nasale da parte degli steroidi. Non vi sono informazioni sufficienti per altre valutazioni come l’uso degli antileucotrieni orali + antistaminici vs. steroidi nasali + antistaminici orali.

Punti di debolezza • 10 SCR con Jadad score ≤ 3 (segno di qualità metodologica non sufficiente)• non vi è una popolazione pediatrica • tutti gli studi riguardano pazienti con SAR

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lizzo del montelukast nella cura della RA in età pediatri-ca e che non siano già stati inclusi in nessuna delle RS finora analizzate.

Risoluzione dello Scenario

Ci sa tanto che anche quest’anno Raffaele dovra’ sop-portare la “solita prescrizione” di farmaci antistamini-ci per os e steroidi nasali. Le evidenze scientifiche fi-no ad ora esaminate, seppure con alcuni limiti meto-dologici, confortano questa decisione. E ci sono an-che altre considerazioni, per esempio riguardo i costi e la rimborsabilità. Il montelukast compresse da 5 mg

costa 46 euro per un mese di terapia, la prescrizio-ne con nota 82 è a carico del SSN solo per soggetti > di 15 anni con SAR e asma concomitante, pertan-to la famiglia di Raffaele lo dovrebbe pagare di tasca propria. Una confezione di antistaminico da 10 mg, 20 compresse costa un po’ più di 9 euro, prescrivibi-le con nota 89. Una confezione di steroide nasale da 60 dosi costa 15 euro, non rimborsabili però dal SSN. Quello che ci risulta strano, in questa ricerca, è come mai una classe di farmaci (gli steroidi somministrati per via nasale) di provata efficacia nella SAR, alla luce delle diverse RS finora prodotte, non venga ritenuta rimborsabile dal nostro SSN, mistero. Raffele in fin dei

Tab. III.Autore, data Popolazione e Intervento Outcome RisultatiHsieh JC, 2004 60 pazienti tra 6 e 12 anni con

rinite allergica perenneIntervento: montelukast 5 mg vs. cetirizina 10 mg vs. placebo per 12 settimane

Valutazione dei sintomi mediante punteggio per la qualità della vita, inol-tre picco espiratorio na-sale e conta eosinofili nel muco

La cetirizina migliora la rinorrea, la con-gestione nasale, gli starnuti più del montelukast (p <0,01); entrambi i far-maci riducono gli eosinofili nasali ed il picco espiratorio nasale

Chen ST, 2006 60 bambini tra 2 e 6 anni con ri-nite allergica perenne

Valutazione di un punteg-gio per la qualità della vi-ta e dei sintomi, conteg-gio di eosinofili circolanti, degli eosinofili nel muco nasale e delle resistenza delle vie aeree

Entrambi i farmaci sono attivi nel ridur-re, le resistenze delle vie nasali e gli eo-sinofili. Sul prurito nasale è più efficace la ceti-rizina. Sulla qualità del sono notturno il montelukast è più efficace dell’anti-staminico

Keskin, 2006 50 bambini con rinite allergica stagionale e sensibilizzazione a pollini.Intervento: montelukast 5 mg + loratadina 10 mg vs. placebo

Valutazione della reazio-ne infiammatoria dopo test di provocazione nasa-le con allergene a 15 mi-nuti e a 4 ore

La combinazione migliora significativa-mente i sintomi nasali (p = 0,004) duran-te la prima ora e gli starnuti (p = 0,012) a 15 minuti rispetto al gruppo placebo. Successivamente il montelukast (p = 0,017) e l’associazione causano minore ostruzione nasale a 4 ore (p = 0,011) e l’associazione riduce il sintomo starnu-ti a 6 h (p = 0,015).

Razi C, 2006 57 bambini di età compresa tra 7 e 14 anni con SAR.SCR in doppio cieco a gruppi paralleli.Dopo una settimana di run-in viene effettuata una terapia di 2 settimane con montelukast 5 mg die o placebo.

Valutare il ruolo del mon-telukast sui sintomi, sul li-vello dell’eNO, sulla conta degli eosinofili periferici nei bambini con SAR, du-rante la stagione pollinica

Dopo il ciclo terapeutico si osserva un miglioramento dei sintomi nasali diur-ni, composti (diurni e notturni) e dei sintomi oculari maggiore del braccio “montelukast” ( p < 0,001) Sempre nel braccio attivo si osserva una diminuzione della conta degli eo-sinofili, mentre non vi è alcun effetto sui livelli dell’eNO.

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conti è un ragazzo diligente, i farmaci li prende senza tante storie e non ha avuto finora effetti collaterali di rilievo, vedremo in futuro.

Clinical Bottom Lines

• Esistono evidenze che dimostrano che l’ aLT nella terapia della SAR è più efficace del placebo

• Non sono riportati effetti avversi significativi negli SCR considerati per terapie di durata tra le 2 e le 6 settimane

• Non esistono evidenze che dimostrino un effetto superiore degli aLT nei riguardi degli antistamini-ci per il miglioramento dei sintomi della SAR

• L'uso concomitante di aLT e antistaminico miglio-ra il punteggio dei sintomi allergici nasali rispetto al placebo (Number Needed to Treat, NNT=3)

• L'uso degli aLT associati ad antistaminici non mi-gliora il punteggio dei sintomi della rinite, rispet-to all' uso separato dei singoli farmaci

• Gli steroidi nasali permettono di ottenere un maggiore beneficio nei riguardi della sintomato-logia rinitica (composite nasal symptoms scores) sia diurna che notturna rispetto all'uso degli aLT

Stringa di ricerca Pubmed(allergic[All Fields] AND (“rhinitis”[MeSH Terms] OR rhinitis[Text Word])) AND (“montelukast”[Substance Name] OR montelukast[Text Word]) OR ((“leukotrienes”[TIAB] NOT Medline[SB]) OR leukotrienes”[MeSH Terms] OR leukotriene[Text Word])) AND (“2002/06/28”[PDat] : “2007/06/26”[PDat] AND humans”[MeSH Terms] AND (“infant”[MeSH Terms] OR “child”[MeSH Terms] OR “adolescent”[MeSH Terms]))

Bibliografia

1 Wilson AM, O’Byrne PM, Parameswaran K. Leukotriene re-ceptor antagonists for allergic rhinitis: a systematic review and meta-analysis. Am J Med 2004; 116: 338-44.

2 Rodrigo GJ, Yanez A. The role of antileukotriene therapy in seasonal allergic rhinitis: a systematic review of ran-domized trials. Ann Allergy Asthma Immunol 2006; 96: 779-86.

3 Grainger J, Drake-Lee A. Montelukast in allergic rhinitis: a systematic review and meta-analysis. Clin Otolaryngol 2006; 31: 360-7.

4 Hsieh JC, Lue HL, Lai DS, Sun HL, Lin YH. Comparison of cetirizine and montelukast for treating childhood pe-

rennial allergic rhinitis. Pediatr Asthma Allergy Immunol 2004; 17: 59-69.

5 Chen ST, Lu KH, Sun HL, Chang WT, Lue KH, Chou MC. Randomized placebo-controlled trial comparing monte-lukast and cetirizine for treating perennial allergic rhinitis in children aged 2-6 yr. Pediatr Allergy Immunol 2006; 17:49-54.

6 Keskin O, Alyamac E, Tuncer A, Dogan C, Adalioglu G, Sekerel BE. Do the leukotriene receptor antagonists work in children with grass pollen-induced allergic rhinitis? Pediatr Allergy Immunol. 2006; 17: 259-68.

7 Razi C, Bakirtas A, Harmanci K, Turktas I, Erbas D. Effect of montelukast on symptoms and exhaled nitric oxide levels in 7- to 14-year-old children with seasonal allergic rhinitis. Ann Allergy Asthma Immunol 2006; 97: 767-74.

Caprarola da Palazzo Farnese - Stefano Miceli Sopo Palazzo Farnese da Caprarola - Stefano Miceli Sopo

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Il quesito che dà il titolo, apparentemente banale e dalla risposta scontata, aveva suscitato un vivace scambio di opinioni tra gli iscritti alla mailing list del-l’ApPAL (www.apalweb.it). Tra le risposte arrivate ve ne sottoponiamo alcune:1. Per la sua maggiore rapidità di azione, il cortisone

spray impiega giorni prima di essere efficace.2. Perché il cortisone spray è a carico del paziente e

sui sintomi “istaminici” l’antistaminico è efficace.3. Se prevale la componente ostruttiva adopero il

cortisone spray e se prevalgono le componenti ir-ritativi e secretiva l’antistaminico;

4. Non adopero gli antistaminici nella terapia della rinite allergica, il cortisone spray è più efficace.

5. Li associo a volte, se il prurito è dominante, non adopero l’antistaminico da solo.

6. Li associo sempre.7. Adopero l’antistaminico se è presente anche con-

giuntivite.8. Riservo gli steroidi ai casi più severi.9. Adopero l’antistaminico in caso di sintomi rari e

saltuari, salvo che in caso di ipersensibilità a que-sto farmaco.

La domanda, come dicevamo, può sembrare bana-le, ma tra le righe sottintende delle sottili valutazioni che tenteremo di approfondire, cominciando da una classica pietra miliare. Gli autorevoli esperti che han-no approntato le Linee Guida ARIA (Allergic Rinithis and its Impact on Asthma), nel 2006 hanno partorito un dettagliato update sul trattamento farmacologi-co 1, chi meglio di loro? In questo documento vengo-no elencate le proprietà ideali che antistaminici orali e steroidi topici nasali dovrebbero possedere. L’anti-staminico ideale dovrebbe, fra l’altro, “possedere ra-pida insorgenza d’azione, per dare immediati ed evi-denti benefici clinici e permetterne l’uso anche al bi-

sogno”. Lo steroide topico ideale dovrebbe, fra l’altro, “essere valutato in ulteriori studi per essere proposto in un impiego al bisogno”.Va bene… questo per il futuro. Ma le evidenze scien-tifiche su cui basare la nostra scelta oggi?Scopriamo che nelle conclusioni i livelli di evidenza si riferiscono ancora a rinite stagionale e perenne, con qualche indicazione, per estensione, alla persistente, di intermittente non si parla (Tab. I). Gli autori ci la-sciano dunque senza risposta, auspicando la messa in opera di nuovi lavori utilizzando la nuova classifi-cazione ARIA (che contempla, appunto, la suddivisio-ne in intermittente e persistente, e per ciascuna del-le due, in lieve, moderata e grave). Non ci perdiamo d’animo e cerchiamo di costruire un Critically Apprai-ced Topic (CAT).

Scenario clinico

Lorenzo ha dieci anni, è un bel bambino che frequen-ta con diligenza la quinta primaria (la nostra vecchia scuola elementare). Dopo 6 anni di odiate lezioni di nuoto ha chiesto quest’anno di iscriversi ad un corso di calcetto, ed è stato accontentato. Già da 2 anni sof-fre di rinite allergica primaverile, con sintomi che van-no e vengono, senza dargli troppi problemi. Dopo in-sistenze il papà pediatra gli ha fatto in studio i prick test ed è comparso un bel pomfo per le graminacee. Giocando a calcetto nei tornei di aprile e maggio ha iniziato ad avere crisi di starnuti con naso chiuso e la mamma per qualche giorno gli ha dato il “solito” an-tistaminico. Facendo il tifo a bordo campo ha saputo dalla mamma di Federico (il portiere), che lui, con gli stessi sintomi, fa gli spruzzi nel naso e riesce a parare meravigliosamente, senza il fazzoletto in mano. Tor-

Perché devo adoperare un antistaminico per via orale invece che

uno spray nasale al cortisone nella rinite allergica intermittente lieve?

A cura della Commissione RinocongiuntiviteCoordinatore: Giuseppe Pingitore

Componenti: Sergio Arrigoni, Gabriele Di Lorenzo, Gian Luigi Marseglia, Neri Pucci, Giovanni Simeone, Anna Maria Zicari

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nata a casa la mamma di Lorenzo chiede al marito se non sia il caso di provare a fare così anche con il pro-prio campioncino.

Quesito Strutturato

Popolazione: nei bambini con rinite allergica intermit-tente lieve.Intervento: l’uso di uno steroide nasale.Confronto: verso un antistaminico orale.Indicatore di esito: riduce la sintomatologia soggetti-va ed oggettiva e migliora la qualità di vita in maniera più rapida ed efficace?

Informazioni di base necessarie

1. Secondo la nuova classificazione elaborata dalle Linee Guida ARIA 2, si parla di rinite intermittente quando i sintomi persistono per meno di 4 gior-ni alla settimana o per meno di 4 settimane. Nella sua forma lieve il sonno è conservato, non vi è al-cuna limitazione nelle attività quotidiane, né nel-la normale attività lavorativa e scolastica; inoltre i sintomi non sono fastidiosi.

2. È documentato che gli antistaminici posseggono una rapida insorgenza d’azione, contrastando la risposta precoce, caratterizzata da rinorrea, starnu-tazione e prurito.

3. Inoltre, alcuni antistaminici di seconda generazio-ne (cetirizina, levocetirizina, loratadina, deslorata-dina) possono inibire i mediatori della flogosi, riu-

scendo a controllare anche l’ostruzione nasale 3.4. Gli steroidi nasali sono attivi dopo 7-8 ore dalla

prima somministrazione, esplicando il massimo effetto dopo 24-48 ore, agendo soprattutto sulla fase tardiva, caratterizzata prevalentemente dal-l’afflusso di eosinofili e dalla congestione 1.

5. Le più recenti Linee Guida ARIA raccomandano l’uso dell’antistaminico orale nella rinite lieve in-termittente. Solo nella forma moderata-grave vie-ne indicato l’utilizzo dello steroide nasale.

Nella Tabella I è illustrato l’utilizzo dei vari farmaci nella terapia della rinite allergica stagionale o peren-ne, sia nell’adulto sia nell’età pediatrica, con accanto la forza della raccomandazione.

Strategia di ricerca

Cerchiamo dapprima su fonti di letteratura seconda-ria (sintesi di evidenze) e ci rivolgiamo a Clinical Evi-dence e alla Cochrane Library, siamo fortunati. Su Cli-nical Evidence vi è una revisione 4 che in parte potreb-be rispondere al nostro quesito. Nel capitolo “Steroi-di nasali vs. antistaminici orali”, l’argomento che a noi interessa, gli Autori esaminano una revisione siste-matica (RS) con metanalisi pubblicata nel 1998 5 (la esamineremo in dettaglio più avanti) che riporta co-me dato fondamentale una maggiore efficacia degli steroidi nasali per quanto riguarda l’ostruzione nasa-le, la rinorrea, il prurito, pur a fronte di una certa diso-mogeneità degli studi inclusi. Sulla Cochrane Library, inserendo nel campo di ricer-

Tab. I. Forza della raccomandazione per l’utilizzo dei farmaci indirizzati al trattamento della rinite allergica (modi-ficata da Bousquet et al. 1).

Categorie di farmaci Rinite stagionale Rinite perenne Rinite persistente†

Adulti Bambini Adulti Bambini

Antistaminici H1 orali A A A A A

Antistaminici H1 intranasali A A A A B*

Steroidi intranasali A A A A B*

Cromoni intranasali A*** A*** A*** A***

Antileucotrienici A A B**

Anticorpi monoclonali Anti-IgE A A A A B*

B*: per trasferimento dagli studi sulla rinite allergica perenne di durata ≥ a 4 settimane, studi che adoperino la nuova classificazione devono però essere effettuati per confermare questa indicazione.B**: per trasferimento dagli studi sulla rinite allergica stagionale di durata ≥ a 4 settimane, studi che adoperino la nuova classificazione devono però essere effettuati per confermare questa indicazione.A***: la maggioranza degli studi è di piccolo numerosità campionaria.† Adolescenti e adulti.

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ca “allergic rhinitis” troviamo una recentissima RS 6. La RS prende (stranamente) in considerazione solamen-te 3 studi clinici per un totale di 79 bambini, le misure

di esito sono l’efficacia terapeutica dei farmaci analiz-zati (nello specifico beclometasone e flunisolide) ed i loro effetti collaterali. Gli Autori, pur riconoscendo

Tab. II. Caratteristiche e risultati della RS di Weiner et al. 5.Popolazione e intervento

RS con metanalisi comprendente 16 RCT (studi randomizzati controllati, 14 in persone con SAR (rinite al-lergica stagionale), 2 con PAR (rinite allergica perenne). Popolazione studiata = 2267 soggetti, età media 32 anni (range 12-75). Antistaminici orali (desclorfeniramina, terfenadina, astemizolo, loratadina, cetirizi-na) vs. steroidi nasali (beclometasone, budesonide, fluticasone, triamcinolone).

Esiti Efficacia degli steroidi nasali vs. antistaminici orali sui sintomi nasali, oculari e sulla resistenza nasale ove mi-surata. Le misure di esito sono espresse come odds e ne viene calcolato l’IC (intervallo di confidenza).

Risultati Gli steroidi danno luogo ad un miglioramento maggiore rispetto agli antistaminici orali sulla ostruzione nasale (14 RCT [inclusi 2 RCT in PAR]; SMD -0.63, 95% IC -0.73 to -0.53), la rinorrea (14 RCT [inclusi 2 RCT in PAR]; SMD: -0.5, 95% CI -0.6 to -0.4), gli starnuti (14 RCT [inclusi 2 RCT in PAR]; SMD -0.49, 95% CI -0.59 to -0.39).Per ciò che riguarda il prurito nasale vi è una eterogeneicità statistica significativa tra gli RCT inclusi (11 RCTs [inclusi 2 RCTs in PAR]; SMD -0.38, 95% IC -0.49 to -0.21). Lo sgocciolamento retronasale (2 RCTs; SMD -0.24, 95% IC -0.42 to -0.06), e i sintomi nasali complessivi vengono valutati solo in 9 RCTs; (SMD -0.42, 95% IC: -0.53 to -0.32).2 RCT hanno riportato risultati sulla valutazione globale sul peggioramento dei sintomi: Odds ratio (OR): 0.26, 95% IC: 0.08 to 0.80.Non vengono trovate differenze significative per i sintomi oculari (11 RCTs [inclusi 2 RCTs in PAR]; SMD -0.043, 95% IC -0.16 to +0.07)

Punti di debolezza

Non vengono riportati i risultati in maniera separata tra SAR e PAR.

I revisori riportano che alcuni risultati eterogenei esplicitati nella loro RS sarebbero occorsi a causa di diffe-renti metodi di score clinici riportati negli studi presi in considerazione e da come sono stati riportati gli ou-tcome primari, per esempio sull’intera durata della terapia oppure su periodi di tempo (1-2 settimane).

Tab. III. Caratteristiche e risultati dello studio di Kaszuba et al. 7.Popolazione ed intervento

Studio in aperto, randomizzato, parallelo su 88 pazienti di età oltre i 18 anni, con SAR da ambrosia. 44 sono stati trattati con fluticasone propionato 100 µg e 44 con loratadina 10 mg. La terapia è stata som-ministrata al bisogno per 4 settimane, durante il periodo dell’ambrosia (non più di una volta al giorno).

Esiti Primario: punteggio sulla qualità di vita ottenuto da un questionario validato (RQLQ di Juniper).

Secondario: diario dei sintomi (punteggio totale e scorporato), quantificazione eosinofili ed ECP (protei-na cationica degli eosinofili) nei campioni di lavaggio nasale raccolti al tempo 0-14-28 gg.

Risultati I trattati con fluticasone hanno riportano al secondo e terzo rilevamento un significativo e superiore miglioramento nello punteggio sulla qualità di vita, con specifico riferimento ai vari 7 punti (sonno, sin-tomi non nasali e non oculari, emozionali, problemi quotidiani, sintomi nasali, sintomi oculari, normali attività) (p < 0,05).

Il diario dei sintomi totali segnala un miglioramento significativo nei trattati con fluticasone già dopo 5 giorni, rispetto ai trattati con antistaminici (p = 0,005).

I trattati con fluticasone presentano una riduzione significativa degli eosinofili nasali fra la prima e la ter-za visita(p = 0,001), come anche di ECP, mentre i trattati con loratadina ne presentano un aumento.

Gli esclusi dall’analisi finale dei dati sono stati contenuti, 2 nei trattati con fluticasone e 2 nei trattati con loratadina.

Punti di debolezza per quanto ci riguarda

Studio in aperto, casistica non pediatrica.

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un’efficacia terapeutica ai farmaci, concludono che sono necessarie ulteriori valutazioni e che la scelta di usarli “deve essere guidata dall’esperienza del medi-co e dalle esigenze del paziente”, in pieno stile EBM (Evidence-Based Medicine)!Ma Lorenzo ci chiede: “E quindi cosa devo fare?” Che gli steroidi nasali funzionavano bene lo sapevamo già; ma a noi interessa il confronto con gli antistami-nici orali in una situazione particolare (rinite intermit-tente lieve). Passiamo pertanto ad interrogare Pub-med lanciandoci alla ricerca di studi, primari o secon-dari, che possano rispondere in maniera più stringen-te al nostro quesito. Per farlo utilizziamo la seguente stringa: “rhinitis, allergic, seasonal”[Mesh] AND (“hista-mine H1 antagonists”[Mesh] OR intranasal corticoste-roids [tw]) con limiti “all child” e “last 5”. Otteniamo co-sì facendo 107 titoli. Dalla lettura degli abstract e am-pliando la ricerca mediante l’utilizzo dello strumento related articles, selezioniamo alla fine 2 articoli 5-7 che utilizzeremo per rispondere al quesito iniziale: uno è la RS 5 di cui abbiamo già letto su Clinical Eviden-ce 4, l’altro uno studio primario, entrambi riguardano adulti, li abbiamo riassunti nelle Tabelle II e III. Quindi studi proprio pertinenti e riguardanti i bambini non ne abbiamo trovati. Ma queste sono le migliori evi-denze scientifiche reperibili al momento e al riguar-do, e per prendere la nostra decisione clinica su di es-se ci baseremo (anche), come suggerisce l’EBM.

Riassunto dei risultati

- Gli steroidi nasali determinano un miglioramento maggiore riguardo all’ostruzione nasale, la rinor-rea e gli starnuti.

- Sui sintomi oculari non ci sono differenze signifi-cative tra streroidi nasali e antistaminici orali.

- Gli steroidi nasali determinano anche rapido mi-

glioramento nei parametri testati per la qualità di vita.

- Gli steroidi nasali determinano miglioramento di dati di laboratorio (riduzione di eosinofili nasali ed ECP – proteina cationica degli eosinofili).

A fronte di questi risultati gli Autori propongono una revisione del posizionamento degli steroidi nasali, caldeggiando il loro uso come farmaco di prima scel-ta nella rinite stagionale al bisogno. In realtà la let-teratura, proprio per la mancanza di studi sviluppati sulle nuove classificazioni, non sembra ancora in gra-do di dare risposte basate sull’evidenza, tali da scio-gliere in modo convincente il nostro quesito. La pro-posta andrà sempre valutata paziente per paziente, considerando alcune variabili, quali il costo, l’età del soggetto e la adesione all’uso degli erogatori nasali, l’eventuale cortisonofobia e la presenza di altre pa-tologie allergiche concomitanti. Infatti, nei sogget-ti che soffrono anche d’asma, il rischio di sviluppare una crisi è meno probabile nei pazienti che assumo-no steroidi nasali 7.

Risoluzione dello scenario

Lorenzo l’unica “aria” che conosce è quella che tenta di respirare (preferibilmente bene e dal naso) quan-do si trova di fronte al portiere avversario. Cosa po-tremmo consigliare al suo papà, nonché nostro col-lega? Sicuramente i dati della maggior efficacia dello steroide andrebbero confermati in lavori con una po-polazione selezionata, affetta da rinite allergica inter-mittente, magari anche lieve. Per cui, pur non senten-doci di dare una indicazione univoca e precisa, po-tremmo comunque far provare a Lorenzo lo steroide nasale per un periodo breve, anche consci del buon profilo sicurezza ed efficacia ed alla luce dei dati sep-pur parziali trovati nella nostra ricerca.

Bibliografia

1 Bousquet J, van Cauwenberge P, Aït Khaled N, Bachert C, Baena-Cagnani CE, Bouchard J, et al. Pharmacologic and anti-IgE treatment of allergic rhinitis ARIA update (in collaboration with GA2LEN). Allergy 2006;61:1086-96.

2 Bousquet J, Van Cauwenberge P, Khaltaev N. Allergic rhinitis and its impact on asthma. J Allergy Clin Immunol 2001;108 (Suppl. 5):S147-S334.

3 Simons FE. Advances in H1-antihistamines. N Engl J Med 2004;351:2207-17.

4 Sheikh A et al. Seasonal allergic rhinitis in adolescent and adult. Clinical Evidence, September 2005 http://clinica-levidence.bmj.com/ceweb/index.jsp.

5 Weiner JM, Abramson MJ, Puy RM. Intranasal corticos-teroids versus oral H1 receptor antagonists in allergic rhinitis:systematic review of randomised controlled trials. BMJ 1998;317:1624-9.

6 Al Sayyad JJ, Fedorowicz Z, Alhashimi D, Jamal A. Topical nasal steroids for intermittent and persistent allergic rhin-itis in children. Cochrane Database 2007;1:CD003163.

7 Kaszuba SM, Baroody FM, Tineo M, Haney L. Superiority of an intranasal corticosteroid compared with an oral an-tihistamine in the as-needed treatment of seasonal aller-gic rhinitis. Arch Intern Med 2001;161:2581-7.

8 Adams RJ. Intranasal steroids and risk of emergency de-partment visits of asthma. JACI 2002;109:636-42.

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La diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) secondaria ad allergia alle proteine del latte vaccino (APLV) è poco agevole e si basa prevalente-mente su dati clinici. Infatti, i meccanismi attraverso cui le proteine del latte vaccino (PLV) inducono ano-malie della motilità gastroesofagea sono ancora po-co definiti 1. Elemento centrale della diagnosi è l’os-servazione di un chiaro miglioramento clinico duran-te una rigorosa dieta di esclusione priva di PLV, se-guito da un marcato peggioramento clinico alla loro reintroduzione.

Percorso diagnostico

Gli elementi di sospetto per una MRGE da APLV so-no riassunti nella Tabella I. Il percorso diagnostico

nel bambino con sospetta MRGE secondaria ad APLV prevede la valutazione di: - anamnesi, tesa a valutare: familiarità allergica, i

rapporti temporali tra insorgenza della sintoma-tologia ed assunzione delle PLV, la sintomatologia clinica [per identificare la reale presenza di MRGE ed escludere altre possibili eziologie di MRGE se-condaria (infezioni, patologie metaboliche, di-sturbi neurologici)];

- esame obiettivo, per cercare eventuali altri segni clinici concomitanti di allergia (es. dermatite ato-pica);

- risposta alla terapia farmacologica e/o alla dieta di esclusione.

Terapia farmacologica e/o dieta di esclusione

Per i soggetti senza un evidente sospetto di APLV (non storia familiare, non altri segni clinici suggestivi di allergia, negatività dei test allergologici), una volta posta la diagnosi di MRGE, oltre alle raccomandazio-ni comportamentali (per es.: favorire la postura anti-reflusso ed evitare posture con pressioni extra-addo-minali), si prescrive generalmente una terapia farma-cologia per almeno 14 giorni (ranitidina, 5-10 mg/kg/die suddivisi in 2 dosi; od omeprazolo 1-3 mg/kg/die in monosomministrazione). In mancanza di una chia-ra risposta clinica ed in assenza di indizi di altre for-me di MRGE secondaria è legittimo sospettare la pre-senza di una allergia alimentare alla base della sinto-matologia ed eventualmente proporre una dieta di esclusione senza PLV.

Come faccio a stabilire con ragionevole certezza che una malattia da reflusso

gastroesofageo dipende da una allergia alle proteine del latte vaccino?

A cura della Commissione Diagnostica ImmunoallergologicaCoordinatore: Alberto Martelli

Membri: Claudia Alessandri, Roberto Berni Canani, Franco Borghesan, Paolo Matricardi, Paolo Pigatto, Lamberto Reggiani

Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona

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Nel bambino con forte sospetto di APLV (familiari-tà positiva; presenza di altri sintomi suggestivi co-me diarrea, rettorragia, stipsi ostinata, scarsa cre-scita, dermatite atopica, etc.) per confermare il so-spetto diagnostico può essere raccomandata (an-che prima di un eventuale tentativo farmacologico con inibitori dell’acidità gastrica) una dieta di esclu-sione priva di PLV. In caso di allattamento artificia-le, si utilizza un idrolisato spinto (eHF) 2. In caso di esclusivo allattamento al seno, si deve proporre al-la nutrice una dieta rigorosamente priva di PLV 2. È sempre utile concordare attentamente con i genito-ri i parametri di valutazione dell’efficacia della dieta di esclusione, utilizzando un diario giornaliero det-tagliato del comportamento del lattante. Se non si osservano miglioramenti consistenti del quadro cli-nico, si esclude la diagnosi di APLV. Se, al contrario, si verificano miglioramenti significativi occorre pro-grammare il Test di Provocazione Orale (TPO) per ottenere la conferma diagnostica.

TPO

Verrà effettuato in aperto, oppure in cieco nel ca-so che il piccolo sia ospedalizzato. Certamente, se il TPO risulta positivo, è possibile porre la diagnosi. Ma qual’è il limite oltre il quale possiamo etichet-tare come sicuramente positivo un TPO che orien-ti per una MRGE secondaria a APLV? Non esiste né un valore numerico limite in uno punteggio clini-co globale, né un numero di episodi di rigurgito o vomito, nè modificazioni comportamentali rilevabi-li su scale appropriate, oltre le quali il TPO possa es-sere considerato sicuramente positivo. È sempre e solo l’esperienza del pediatra nel gestire e valutare tali situazioni a consentirgli una sintesi diagnostica che nei casi dubbi rimane meritevole di conferme anche con l’esecuzione di un nuovo TPO, possibil-mente in cieco, se il primo è stato eseguito in aper-to. Poiché l’osservazione pre-TPO è condotta duran-

te 2-4 settimane di dieta priva di PLV, anche la fase post-TPO sarà della stessa durata per poter meglio comparare, anche come durata, il pre- e il post.È importante sottolineare che né altri esami aller-gologici nè la diagnostica strumentale sono utili nel percorso diagnostico per poter distinguere una MR-GE primitiva da una MRGE secondaria ad APLV. In-fatti, come già accennato, i meccanismi fisiopatolo-gici della MRGE secondaria ad APLV non sono anco-ra del tutto chiariti.

Altre indagini diagnostiche

Non essendo generalmente in causa reazioni im-munoglobuline E (IgE)-mediate, non vanno esegui-te né la ricerca delle IgE sieriche specifiche per le PLV, né i prick test cutanei per PLV e per le loro fra-zioni. Alcuni studi hanno suggerito meccanismi le-gati a reazioni allergiche non-IgE mediate. Sarebbe quindi promettente l’impiego dell’Atopy Patch Test (APT) con latte fresco 3 4, ma i risultati sono ancora preliminari e richiedono nuove conferme. In ogni caso, quindi, non bisognerà mai proporre una die-ta di esclusione o una diagnosi di MRGE secondaria a APLV solo sulla base della positività di questi test allergologici. L’ecografia non può che evidenziare quanto già si osserva clinicamente, cioè i reflussi gastro esofagei. Quindi ha scarso valore diagnostico anche in virtù del breve tempo di osservazione.Il tracciato della pHmetria è poco utile per poter di-stinguere una MRGE primitiva da una forma secon-daria ad APLV 5. L’eosinofilia della mucosa del tratto gastroesofa-geo non è patognomonica di MRGE secondaria ad APLV 6. Può essere utile invece l’esame immunoisto-chimico della biopsia esofagea per la ricerca di altri parametri (presenza di eotassina, infiltrato di linfo-citi T). Tale esame, eseguito in corso di esofagoga-stroscopia, permette di distinguere la MRGE secon-

Tab. I. Criteri di sospetto per la diagnosi di MRGE secondaria ad APLV.• Familiarità allergica

• Rapporti temporali tra insorgenza della sintomatologia ed assunzione delle PLV

• Esclusione di altre possibili cause di MRGE secondaria

• Concomitanti segni di allergie (es.: alvo diarroico, rettorragia, stipsi ostinata, scarsa crescita, dermatite atopica)

• Inefficacia della terapia farmacologia

• Efficacia della dieta di esclusione con eHF

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daria ad APLV (eosinofilia assente o < 20 eosinofili per campo) dalla esofagite eosinofila (> 20 eosinofili per campo). Quest’ultima patologia può infatti pre-sentarsi, specie nei bambini più piccoli, con un qua-

dro clinico molto simile ad una MRGE 7. La metodica immunoistochimica per il dosaggio dell’eotassina è appannaggio però di pochissimi centri e quindi, al momento, di fatto non realizzabile di routine.

Bibliografia

1 Heine RG. Gastroesophageal reflux disease, colic and constipation in infants with food allergy. Curr Opin Aller-gy Clin Immunol 2006;6:220-5.

2 Garzi A, Messina M, Frati F, Carfagna L, Zagordo L, Bel-castro M, et al. An extensively hydrolysed cow’s milk for-mula improves clinical symptoms of gastroesophageal re-flux and reduces the gastric emptying time in infants. Al-lergol Immunopathol (Madr) 2002;30:36-41.

3 De Boissieu D Waguet JC, Dupont C. The atopy patch test for detection of cow’s milk allergy with digestive symptoms. J Pediatr 2003;142:203-5.

4 Berni Canani R, Ruotolo S, Auricchio L, Caldore M, Por-caro F, Manguso F, et al. Diagnostic accuracy of the atopy patch test in children with food allergy-related gastroin-

testinal symptoms. Allergy 2007;62:738-43.5 Nielsen RG, Bindslev-Jensen C, Kruse-Andersen S, Hus-

by S. Severe gastroesophageal reflux disease and cow milk hypersensitivity in infants and children: disease as-sociation and evaluation of a new challenge procedure. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2004;39:383-91.

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7 Butt AM, Murch SH, Ng CL, Kitching P, Montgomery SM, Phillips AD, et al. Upregulated eotaxin expression and T cell infiltration in the basal and papillary epithelium in cows’ milk associated reflux oesophagitis. Arch Dis Child 2002;87:124-30.

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Il Test di Provocazione Orale alimentare nel bambino con pregressa anafilassi

Premessa

L’esigenza di rispondere alle seguenti domande nasce dalla necessità comune a molti pediatri di dover ese-guire, nel tempo, il Test di Provocazione Orale (TPO) con alimenti a bambini che hanno presentato una pre-cedente anafilassi dopo l’assunzione di un alimento. È proprio un nostro dovere domandarci se quell’alimen-to, eliminato da tempo dalla dieta, può essere reintro-dotto perché la storia naturale dell’allergia alimentare tende alla tolleranza in tempi più o meno lunghi nei diversi alimenti. Ma nell’esecuzione di questi TPO de-vono essere attuate modalità particolari? Pur in mezzo alle difficoltà di una letteratura davvero carente sull’ar-gomento, cercheranno di rispondere a queste doman-de, in maniera congiunta, i componenti di 2 commis-sioni della SIAIP: la Commissione dell’Allergia alimen-tare, dell’Anafilassi e della Dermatite atopica e la Com-missione di Diagnostica Immunoallergologica.

L’approccio che ha guidato le Commissioni è stato quello, da un lato, di cautelare il più possibile il bam-bino nel corso di un test ipoteticamente pericoloso e dall’altro di non sconfinare in indicazioni troppo arti-colate che renderebbero difficilmente realizzabile o impraticabile il TPO. Mettetevi tranquilli e prendetevi un po’ di tempo, una volta tanto. Leggete le risposte (date in forma breve e in forma estesa), stavolta non con il fucile spianato, ma con la giusta benevolenza per un argomento dav-vero ostico. Mentre leggete le risposte potete pensa-re alla frase “Se tu verrai a trovarmi, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad es-sere felice”, la scrisse Antoine De Saint-Exupéry ne Il Piccolo Principe, nel 1943.

GrazieMauro Calvani e Alberto Martelli

Documento congiunto della

Commissione Allergia alimentare, Anafilassi, Dermatite atopica Coordinatore: Mauro Calvani; Membri: Marcello Bergamini, Irene Berti, Salvatore Bragò, Luigi Calzone, Iride Dello Iacono,

Roberto Lisi

Commissione Diagnostica Immunoallergologica Coordinatore: Alberto Martelli; Membri: Claudia Alessandri, Roberto Berni Canani, Franco Borghesan, Paolo Matricardi,

Paolo Pigatto, Lamberto Reggiani

Quali sono i bambini che hanno presentato un episodio di anafilassi e che dovrebbero essere sottoposti a un TPO?

Risposta breve- Quelli per i quali l’alimento offendente non è sta-

to identificato tramite la raccolta della storia e l’esecuzione di test allergometrici;

- quelli per i quali si intende valutare l’eventuale ac-quisizione della tolleranza.

Risposta estesaNel caso di anafilassi da cibo riferita nell’anamnesi, il TPO andrebbe eseguito solo nelle seguenti due cir-costanze:1. Qualora non sia certa l’identificazione dell’alimento

offendente attraverso il racconto anamnestico e/o: a. quando le prove allergiche verso l’alimento

sospettato, eseguite correttamente e in più occasioni, risultino negative. In questi casi è necessario riconsiderare la diagnosi di anafi-lassi o pensare ad una anafilassi idiopatica o da altre cause;

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b. quando le prove allergiche risultino positive per più alimenti di comune uso (ad es. latte, e uovo e grano). Talvolta infatti la reazione gra-ve si verifica subito dopo che il bambino ha consumato più alimenti o più ingredienti nel-lo stesso momento.

Il TPO invece non dovrebbe essere eseguito nel caso di anafilassi immediatamente successiva all’ingestio-ne di un solo alimento confermato da sensibilizzazio-ne allo stesso in vivo e/o in vitro. L’identificazione del-l’alimento implicato nella reazione anafilattica è uti-le ad evitare inutili restrizioni dietetiche e limitazioni nello stile di vita 1. Inoltre, se non è possibile, per vari motivi, individuare l’alimento responsabile, i TPO per il ventaglio di alimenti, comunque sospetti, possono risultare salvavita o comunque utili ad evitare diete troppo estese 2. Nella pratica clinica non è infrequen-te riscontare situazioni particolari, come il caso del bambino che abbia manifestato anafilassi dopo aver assunto due alimenti contemporaneamente e verso i quali dimostri sensibilizzazione in vivo e/o in vitro (es. latte e grano assunti con la pastina col formaggino) e l’anamnesi alimentare non consenta di comprende-re quale dei due alimenti possa essere responsabile dell’episodio di anafilassi. Cosa fare? Una soluzione potrebbe essere quella di tenere il bambino a dieta rigorosa per entrambi gli alimenti e non eseguire su-bito il TPO, a causa della recente anafilassi, ma di pro-grammarlo, dopo 6-12 mesi, prima con uno, poi con l’altro alimento. Viceversa, non articolando corretta-mente un programma diagnostico, si rischia anche di etichettare come allergici bambini che in realtà non lo sono “medicalizzando” inutilmente situazioni che non lo richiedono, anche con l’indicazione all’adre-nalina autoiniettiva. Poiché l’anafilassi da alimenti, come tutte le esperienze a rischio di vita, porta ad un profondo coinvolgimento psicologico, anche dei genitori di un bambino affetto, come dimostrato nel caso dell’allergia alle arachidi 3, bisognerà assicurar-si che la diagnosi di anafilassi sia dettagliatamente comprovata. Quando si parla di anafilassi, pertanto, si deve far riferimento all’ultima classificazione del-l’anafilassi dove vengono annoverate, in questo ter-mine, le manifestazioni cliniche più severe 4.

2. Nella valutazione dell’acquisizione della tolle-ranza nei bambini che, dopo congruo periodo di tempo dalla pregressa anafilassi, potrebbero non presentare più la loro grave reattività a quel cibo. Il TPO potrebbe includere anche il test da sforzo se l’esercizio fisico dovesse risultare un meccani-smo favorente 5.

Quali criteri, clinici e di laboratorio, possiamo utilizzare per stabilire se un bambino, con pregressa anafilassi da alimenti, può essere sottoposto ad un nuovo Test di Provocazione Orale per saggiare l’eventuale tolleranza?

Risposta breve- Importanza del cibo nella dieta;- eventuale reintroduzione erronea o voluta, senza

reazione avversa conseguente, di piccole dosi di quell’alimento.

Risposta estesaAttualmente, non esistono criteri di laboratorio cer-ti che possano aiutarci per stabilire i tempi per un nuovo TPO. Sebbene la dimensione del pomfo evo-cato dal prick test e il valore assoluto del livello delle immunoglobuline E (IgE) sieriche specifiche possa-no sempre più correlare, attraverso il loro incremen-to, alla reazione positiva del TPO, nessun valore può essere predittivo della severità della reazione 6. Re-centemente un’osservazione del gruppo di Eigen-mann ha mostrato, analizzando i dati di 51 TPO ese-guiti con uovo cotto o crudo, una chiara correlazio-ne fra il livello sierico di IgE specifiche per le protei-ne dell’uovo e severità della reazione clinica conclu-dendo che il titolo di IgE specifiche per l’uovo può aiutare a predire il rischio di una reazione severa al momento dell’introduzione dell’uovo 7. Non veniva-no osservate significative differenze statistiche fra i bambini che avevano eseguito il TPO con l’uovo cotto o crudo.Da vari autori sono stati studiati i punti di cut-off per le IgE sieriche specifiche e per prick test in relazione a singoli alimenti e alla probabilità che risulti positivo il TPO per quell’alimento 8-12, ma non sono stati stabiliti tali valori per il bambino con pregressa anafilassi e sul-la predittività di un nuovo analogo episodio. Di quanto dovrebbe ridursi il pomfo evocato dal pri-ck test o il il valore assoluto del livello delle IgE sie-riche specifiche relativi ad uno specifico alimento per suggerirci, dopo una pregressa anafilassi, la ri-petizione di un TPO? Al momento pare impossibile rispondere. Si potrà rispondere a questa domanda solo dopo la verifica attraverso studi clinici metodo-logicamente validi condotti su vaste popolazioni di età diverse con alimenti differenti. Occorre ricorda-re inoltre che l’anafilassi assai raramente può verifi-carsi in bambini con IgE specifiche (cutanee o sie-riche) negative per quell’alimento e, viceversa, IgE specifiche positive (cutanee o sieriche) spesso pos-

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sono osservarsi in bambini asintomatici che tollera-no perfettamente l’alimento 13. È lecito pensare, an-che se mancano dati specifici in letteratura, che va-lori in incremento di IgE specifiche (cutanee o sieri-che), rispetto a quelli concomitanti alla precedente anafilassi, suggeriscano di evitare l’esecuzione di un TPO. In altre parole i valori di IgE specifiche (cutanee o sieriche) sono considerati utili, in questo caso, più per non fare che per fare il TPO. Hill et al. ipotizzano che una naturale diminuzione delle IgE circolanti, ma non di quelle adese ai mastociti, in chi è a dieta di eliminazione, possa rendere spiegazione di quei casi che hanno basse IgE specifiche ma che reagi-scono comunque al TPO e che abitualmente non vengono annoverati tra i più a rischio 14. Altre osservazioni suggeriscono che la sensibilizzazio-ne ad epitopi lineari anziché conformazionali, possa essere responsabile della persistenza dell’allergia 15-17 e come, ad esempio, le IgE dirette contro epitopi li-neari dell’ovomucoide possano predire la persistenza dell’allergia all’uovo15. Inoltre il riconoscimento di più epitopi sull’allergene può determinare la persistenza del fenomeno, indipendentemente dalla quantità di IgE specifiche dirette verso l’estratto allergenico 18. Anche la severità della reazione clinica almeno per alcuni alimenti, come le arachidi, potrebbe essere in parte predetta dall’eterogeneità degli epitopi aller-genici coinvolti nella reazione IgE mediata 19.In conclusione si può eseguire un TPO, a distanza dal precedente episodio anafilattico, pur in presenza di valori elevati di IgE o di diametro del pomfo superio-re ai cut-off, per non rischiare di innescare un iter di prosecuzione dietetica per anni, solo in considerazio-ne della persistenza di questi dati.Chiaramente venire a conoscenza della spontanea o involontaria assunzione di piccole quantità dell’ali-mento senza aver riportato reazioni importanti costi-tuisce un criterio per stabilire che il bambino può es-sere sottoposto ad un TPO.

Dopo quanto tempo da un episodio di anafilassi è lecito ritestare il bambino TPO?

Risposta breveDopo 1 anno e in considerazione dell’età del bambi-no e del tipo di alimento.

Risposta estesaBenché non esistano dati certi in merito, c’è unifor-mità di consensi nel ritenere che si possa ripetere un TPO dopo 12 mesi da un precedente TPO positivo,

soprattutto nel caso si tratti di bambini allergici ad alimenti fondamentali nella dieta (latte, grano, uovo) e ciò indipendentemente se abbiano reagito a pic-cole, medie o grandi quantità dell’alimento in causa. Il TPO va ripetuto, anche questa volta, senza troppo prolungare i tempi.L’acquisizione della tolleranza verso un allergene alimentare è condizionata da diversi fattori, prin-cipalmente dal tipo di alimento e dall’età, per que-sto devono essere considerati anche il tipo di ali-mento e l’impatto che lo stesso ha nella dieta del bambino. Ad esempio le proteine del latte, dell’uo-vo e del grano non possono essere considerate, co-me valenza nutrizionale, al pari delle proteine del kiwi o dell’anacardio. In poche parole, il bambino cresce sicuramente bene senza la frutta secca ma non si può permettere che rimanga privato delle proteine “nobili” senza giustificazione. Pertanto sa-rà più serrata la “caccia alla tolleranza” per latte, uo-vo e grano proponendo di ritestare annualmente, educando la famiglia ad evitare il più possibile er-rori, tra un TPO e l’altro a causa del rischio enorme che si affronta.La valutazione di eventuali ingestioni accidentali, an-che in tracce e sconosciute, in assenza di sintomi, po-trebbe costituire un valido motivo per una proposta di TPO, come pure il riscontro di IgE specifiche (cu-tanee o sieriche) negative per quell’alimento, con-sentono di testare immediatamente l’alimento indi-ce con TPO.Nel caso in cui si sia verificata una nuova reazione di anafilassi o comunque allergica a seguito di contatto voluto od accidentale con l’allergene, i dodici mesi di attesa per poter riproporre il TPO scatteranno dalla data del nuovo episodio di anafilassi.

In quale ambiente e in quali condizioni un bambino con pregressa anafilassi dovrebbe essere sottoposto a un TPO?

Risposta breve- In ambiente ospedaliero;- con posizionamento di agocannula;- con farmaci a disposizione;- con pronta reperibilità del rianimatore.

Risposta estesaPoiché è opportuno, giustamente, cautelarsi in tali circostanze, è indispensabile eseguire il TPO in am-biente ospedaliero attrezzato con possibilità di inter-vento rapido del rianimatore e in regime di ricovero ospedaliero 20-22.

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Infatti la Simmons ha osservato, nella sua casistica, che le successive reazioni di anafilassi, almeno per quanto concerne la frutta secca, come le arachidi e le noci, comportano, nelle recidive, una maggiore per-centuale di reazioni severe e di conseguenza un uso più frequente di adrenalina con l’autoiniettore (Fig. 1) 23. Questo si nota sia nel secondo episodio rispet-to al primo sia nel terzo rispetto al secondo. Ovvia-mente questa osservazione fa riferimento ad una ca-sistica con reazioni di anafilassi verificatisi nella real life e non indotte da procedure diagnostiche, come il TPO, dove la somministrazione dell’alimento avviene in maniera differente e più graduale, interrompendo le successive somministrazioni ai primi segni clinici significativi di reattività. Se il Day Hospital (DH) è correttamente attrezzato (farmaci, apparecchio per misurazione della pressio-ne arteriosa con differenti bracciali a seconda della diversa età, aspiratori, lettino con possibilità di postu-ra in Trendelemburg, ossigeno umidificato, saturime-tro, nebulizzatore o distanziatore per aerosolterapia, ecc) non ci sono preclusioni all’esecuzione in tale se-de a meno che non ci sia, in virtù degli aspetti strut-turali del DH, troppa promiscuità con gli altri bambini che afferiscono al servizio in quella mattinata. Un’ipo-tetica reazione grave al TPO deve essere gestita in un ambiente molto ben equipaggiato ma comunque riservato. Al bambino dovrebbe essere preliminar-mente posta una agocannula per infusione endove-nosa, è una cautela indispensabile a fronte di un di-sagio per il piccolo, davvero contenuto. Non ci sono ragionevoli motivi per non farlo. Inoltre in un gruppo di 204 bambini con dermatite atopica, e non con ana-filassi, che erano stati sottoposti a 349 TPO alimenta-

ri, Reibel et al. 24, osservando tale casistica retrospet-tivamente, evidenziarono una reazione clinica positi-va in 178 casi (51%). Di questi ben 120 bambini (67%) ebbero bisogno di un intervento terapeutico. In 78 casi (65%) fu sufficiente la terapia orale mentre in 42 casi (35%) fu necessaria la terapia parenterale. In ba-se alla stretta correlazione (90%) osservata, in que-sta casistica, fra i livelli di IgE specifiche e la necessi-tà dell’intervento terapeutico gli Autori suggeriscono di preparare un accesso venoso, prima del TPO, nei bambini con IgE specifiche per latte e grano maggio-ri di 17,50 kU/l (CAP classe 4) e con IgE specifiche per l’uovo maggiori di 3,50 kU/l (CAP classe 3). In merito alla scelta del tipo di TPO da utilizzare (aper-to o in doppio cieco verso placebo, Double Blind Place-bo Controlled Food Challenge – DBPCFC), poiché si trat-ta di reazioni IgE mediate con chiara espressività cli-nica, non servono di norma le procedure per il TPO in cieco, un TPO in aperto è sufficiente nella quasi totali-tà dei casi. In rari casi, se il ragazzo è grande e per tanti anni è cresciuto con la fobia di assumere quell’alimen-to, si può pensare a un DBPCFC. Non tutti sono d’ac-cordo su questa linea. Ad esempio, nei practice para-meters, Liebermanmn et al. affermano che il TPO, in ca-so di sospetta anafilassi da alimento, andrebbe svolto comunque in cieco, singolo o doppio che sia 25. Se ci sono dubbi interpretativi la cecità nella procedura aiu-ta a limitare i possibili errori. In questo caso, per il ma-scheramento del verum, occorre fare attenzione al tipo di placebo prescelto che potrebbe modificare il tipo di reazione allergica 29. Attenzione andrà posta anche al rischio di DBPCFC con placebo positivi 27. Il TPO nei casi di pregressa anafilassi andrebbe sempre condotto con l’alimento fresco. Infatti i preparati lio-filizzati, rispetto all’alimento fresco, possono determi-nare una difficile interpretazione dei tempi di rottura della capsula e del successivo assorbimento intestina-le. Ciò potrebbe comportare un troppo breve tempo di attesa per la dose successiva nel caso in cui si verifi-chi, successivamente, una reazione anafilattica. Per quanto invece concerne l’assistenza rianimatoria durante la procedura del TPO, è indubbiamente una grave limitazione pretendere la presenza del medico rianimatore durante il test. Lo specialista deve però sa-pere che in quel momento si sta svolgendo, in pedia-tria, una procedura potenzialmente a rischio e non de-ve essere impegnato nel turno di sala operatoria per-ché si deve mantenere prontamente disponibile. Pur-troppo nella realtà territoriale italiana, nel momento in cui si esegue un TPO, la pronta disponibilità del ria-nimatore avviene solo in 75 Ospedali su 268 (pari al 27,9%) 28. Non sappiamo, nel sottogruppo di bambini che esegue il TPO per pregressa anafilassi, quale sia la

Fig. 1. Incremento percentuale di reazioni severe ed uso di adrenalina nel corso di successive reazioni di anafilassi per frutta secca.

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percentuale di pronta disponibilità del rianimatore ma è probabile che il dato non si discosti molto dal pre-cedente. Per tale motivo è importante che il pediatra sappia quali farmaci e presidi debba tenere a dispo-sizione per un immediato impiego. Se si verifica una nuova reazione di anafilassi, durante un TPO, è meglio ospedalizzare il bambino in virtù dell’anafilassi bifasi-ca 29. In studi pediatrici il 6% dei casi di anafilassi è pro-gredita in una reazione bifasica 30 31. Anche se non sono stati stabiliti protocolli specifici sul-la durata del periodo di osservazione una recente po-sition paper suggerisce di tenere in osservazione per 6-8 ore i bambini con segni o sintomi respiratori, e per almeno 24 h, in terapia intensiva, i bambini che hanno presentato anafilassi con ipotensione arteriosa 4.Le stesse precauzioni da adottare nel caso di pregres-sa anafilassi alimentare andrebbero attuate nel caso di una sospetta Food Protein-Induced Enterocolitis Syndro-me (FPIES) o enterocolite allergica cibo-indotta, carat-terizzata dall’esordio precoce, spesso prima dei 9 me-si di vita, dalla negatività della ricerca delle IgE speci-fiche, dalla sintomatologia solo gastrointestinale con vomito e diarrea dopo esposizione all’alimento in-criminato, drastico miglioramento con la sospensio-ne dell’alimento responsabile, e ripresa dei segni ga-strointestinali al TPO con l’alimento offendente 32 33. Riassumendo, il TPO per testare un bambino con pre-gressa anafilassi, dovrebbe essere sempre condotto in ambiente ospedaliero, sempre con l’alimento fre-sco e nella maggior parte dei casi in aperto, con po-sizionamento preliminare dell’agocannula, e con la pronta disponibilità di un rianimatore.

Quali farmaci devono essere tenuti a portata di mano in caso di reazione di tipo anafilattico?

Risposta breve- Adrenalina;- antistaminici; - cortisonici.

Risposta estesaLa prima cosa da fare è assicurarsi che nella sala me-dica sia già predisposto il necessario dei farmaci (con i quantitativi individualizzati al peso del bambino, già pronti nella siringa) e di attrezzature per far fronte a una eventuale emergenza. L’altro aspetto importante, in caso di episodio di anafilassi, è riconoscerlo perché il rapido trattamento è cruciale. Dopo aver assicurato l’ABC, devono essere somministrati 0,01 ml/kg di una soluzione acquosa di adrenalina 1:1000 (dose max 0,5

mg = 0,5 ml) per via intramuscolare profonda, preferi-bilmente nel muscolo vasto laterale della coscia 34. Per fare questa iniezione, il bambino andrebbe steso supi-no sollevandogli le gambe in posizione antishock, al-lo scopo di ridistribuire la massa circolante e favorire la perfusione degli organi vitali. Se non vi è dispnea è meglio porre il bambino nella posizione di Trendelen-burg. Tenere sollevato o in posizione eretta il piccolo potrebbe diminuire il ritorno venoso e causare un ar-resto cardiaco 35. Inoltre poiché a causa dell’ipossia ce-rebrale può verificarsi una variazione nel livello neuro-logico di attività ed obnubilamento del sensorio con ipotetica perdita di coscienza, è importante mantene-re tale posizione per ovviare all’ipotetico inconvenien-te del trauma cranico da caduta. In seconda battuta utilizzare antistaminici per via e.v. (ad es. clorfenamina maleato), infondere soluzioni saline isotoniche (fisio-logica) alla dose di 20-30 ml/kg nel bambino nella pri-ma ora e, dopo aver rivalutato la pervietà delle vie ae-ree, somministrare ossigeno, eventualmente con can-nula di Mayo, alla dose di 6-8 l/min, specie se la sinto-matologia si protrae o se la saturimetria lo suggerisce. L’adrenalina, sempre per via i.m., è ripetibile, se non si osserva efficacia, dopo 5-10 minuti. Devono essere somministrati anche broncodilatatori short-acting, ad es. salbutamolo, se compare broncostruzione e corti-costeroidi, es. idrocortisone o metilprednisone. Questi farmaci hanno minore rapidità di azione ed efficacia rispetto all’adrenalina, ma sono indicati come inter-vento di supporto aggiuntivo. La loro somministrazio-ne è finalizzata a ottenere un effetto adiuvante in caso di persistenza dei sintomi. In caso di edema laringeo con stridore e difficoltà respiratoria si può associare la somministrazione di adrenalina per via aerosolica 4.

Da quale dose iniziale di alimento è lecito partire nel TPO di un bambino con pregressa anafilassi?

Risposta breveDalla dose minima, specifica per alimento, come sug-gerito dall’anamnesi e dalla letteratura.

Risposta estesaNon è possibile stabilire la stessa dose iniziale per tut-ti gli alimenti, ma la dose iniziale deve essere stabili-ta alimento per alimento. Nel TPO tradizionale, non eseguito in bambini con pregressa anafilassi, la dose iniziale deve essere suggerita dall’anamnesi e dai da-ti della letteratura 36. Ovviamente tali dosi iniziali non dovrebbero mai essere superate in virtù del maggior rischio del bambino con pregressa anafilassi.

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Tab. I. Dosi iniziali dei principali alimenti da utilizzare nei TPO. Alimento DoseArachide 0,1 mg

Latte vaccino 0,1 ml

Uovo 1 mg

Merluzzo 5 mg

Grano 100 mg

Soia 1 mg

Gamberetto 5 mg

Nocciola 0,1 mg

Il test labiale, eseguito ponendo un goccia dell’ali-mento, diluito o non, nel cercine gengivale inferiore e non sul labbro inferiore, è un buon sistema per inizia-re un TPO, benché non ci siano dimostrazioni di una sua predittività. Attenzione però, perché, una sicura positività (ovvero il manifestarsi di una reazione clini-ca evidente), dopo la somministrazione di una dose così bassa, suggerisce l’opportunità, quando si ripe-terà nel tempo il TPO, di progredire più lentamente e con dosi più basse. Ad esempio per il latte vaccino può essere seguita la seguente modalità, per prepa-rare la prima dose, diluendo un goccia di latte vacci-no in acqua con diluizione 1:100 e proponendo una goccia della soluzione 37. Di contro una negatività cli-nica dopo la prima dose labiale non deve indurre una falsa sensazione di sicurezza ma mantenere invariate tutte le norme di sicurezza.Il motivo per cui Spergel et al. hanno osservato su 69 bambini che afferivano al loro centro per anafi-lassi da alimento solo 22 reazioni di anafilassi al TPO di controllo verte sul fatto che, almeno in una buona percentuale dei casi, il TPO veniva interrotto ai primi segni clinici prima che si verificasse l’anafilassi 38. In una casistica di bambini portatori di dermatite ato-pica ma non di anafilassi, con allergia a latte e uovo, attraverso la realizzazione di 52 TPO, è stato suggeri-to un modello per TPO a basse dosi, per latte e uovo, ma occorreranno nuove osservazioni per sapere se questo modello possa essere traslabile in casistiche di bambini con anafilassi 39.

Quale intervallo di tempo è raccomandato fra una dose e l’altra nel corso di un TPO con pregressa anafilassi?

Risposta breve- 20 minuti.

Risposta estesaNon esistono studi comparativi che documentino una diversa risposta immune tra la somministrazione a 10, 15, 30 o 60 minuti. Anche su questo argomento si scontrano le 2 esigenze diverse: da un lato quella di cautelare il piccolo da reazioni severe, proponendo intervalli più lunghi fra una somministrazione e l’al-tra, dall’altro quella di non rendere troppo prolunga-to il TPO. Poiché però il piccolo è in ambiente ospeda-liero e stiamo valutando, per lui, una cosa importante davvero, crediamo che l’intervallo fra una sommini-strazione e l’altra non debba essere inferiore a 20 mi-nuti. Così facendo dieci dosi crescenti vengono som-ministrate in complessive 3 ore e questo sembra più che ragionevole sia se il bambino è ricoverato in re-parto sia se è in DH

Con TPO negativo eseguito per verificare avvenuta tolleranza dopo pregressa anafilassi, possiamo dare l’indicazione di reintrodurre l’alimento a casa senza altre precauzioni?

Risposta breve- No.

Risposta estesaAnche in tale circostanza qualche cautela è raccoman-data. Non esistono lavori, nei bambini con anafilassi alimentare, che abbiano studiato, comparativamen-te, la reattività nei confronti di una dose di alimen-to proposta in maniera refratta in 3 o 5 ore rispetto a quello che può essere il comportamento del sistema immunitario se la dose è assunta in un breve interval-lo di tempo, di norma pochi minuti, come quando, nella vita di tutti i giorni, si consuma una tazza di lat-te vaccino o un uovo. La raccomandazione, ove pos-sibile da un punto di vista organizzativo, è quella di riproporre, nella giornata successiva al classico TPO, un nuovo test dove l’alimento, ovviamente in aper-to, venga riproposto in un tempo molto breve, pochi minuti, con le identiche modalità di quanto potrebbe succedere a domicilio, proprio perché, non esistendo lavori che abbiano studiato comparativamente tale situazione, dobbiamo mettere in opera ogni provve-dimento per tutelare il bambino con pregressa anafi-lassi specialmente in situazioni di particolare ansietà della famiglia, in cui è consigliabile dare la possibili-tà al bambino di ritornare in ospedale e completare il tutto in una seconda seduta di DH. Il TPO dovrebbe essere ripetuto, anche se negativo, nel caso ci si ac-

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corgesse di averlo eseguito mentre il bambino assu-meva farmaci anti-allergici, che potrebbero aver ma-scherato o ridotto la possibile reazione allergica.

Se un bambino con pregressa anafilassi presenta, ad un TPO eseguito per saggiare la tolleranza, una reazione allergica, ad esempio solo orticaria diffusa, senza anafilassi, siamo autorizzati a sospendere la precedente indicazione all’adrenalina autoiniettabile?

Risposta breve- No.

Risposta estesaNo. Non esistono dati di letteratura o “prove” che ci assicurino al 100% che ad una nuova reintroduzio-ne dell’allergene la reazione possa essere la stessa, soprattutto nel singolo bambino e magari in condi-zioni diverse (infezioni, attività fisica, assunzione di farmaci, etc.). Saremmo stati autorizzati a sospende-re l’adrenalina solo se il bambino, nel corso del TPO, avesse assunto, senza reazione, tutte le dosi e se l’in-troduzione dell’alimento, il giorno dopo e in unica dose, non avesse evocato reazioni.

Se un bambino ha presentato una pregressa anafilassi da alimenti come ci comportiamo nei confronti degli allergeni alimentari cutinegativi o

cutipositivi ipoteticamente cross-reattivi con l’alimento incriminato?

Risposta breve- L’alimento cutinegativo può somministrato a do-

micilio;- l’alimento cutipositivo deve essere testato con

TPO se non è mai stato assunto di recente;- l’alimento cutipositivo può essere lasciato nella

dieta se è stato già assunto di recente senza rea-zione.

In caso di cutinegatività l’alimento, ipoteticamente cross-reattivo, può essere somministrato a domici-lio senza particolari precauzioni. Non è previsto in questo caso un TPO ospedaliero. In caso di cutipositività ci si comporterà come per gli altri alimenti cutipositivi. Se già introdotti nella dieta senza reattività clinica devono essere mantenuti nella dieta, perché non avrebbe senso eliminare dalla die-ta un alimento perfettamente tollerato, benché cuti-positivo. Nel caso in cui l’alimento cutipositivo non sia stato ancora introdotto nella dieta si dovrà eseguire la stessa procedura utilizzata nel TPO per l’alimento coin-volto nell’anafilassi. Infatti il sistema immunitario del bambino non reagisce ad alimenti ma ad epitopi aller-genici posti su proteine allergeniche. Il riconoscimen-to degli epitopi, da parte dell’allergico è individuale e non riconducibile a dati statistici. Non esistono anco-ra mezzi diagnostici applicabili alla routine che ci per-mettano di distinguere chi reagirà tra coloro che sono cutipositivi. La cutipositività è legata al riconoscimen-to di una omologia di sequenza tra molecole simili, la cross reattività clinica al riconoscimento di un determi-nato numero e tipo di valenze allergeniche che il sin-golo bambino “vede” sull’allergene.

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39 Devenney I, Norrman G, Oldaeus G, Stromberg L, Fal-th-Magnusson K. A new model for low-dose food challen-ge in children with allergy to milk or egg. Acta Paediatr 2006;95:1133-9.

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Introduzione

La terapia delle allergie alimentari è ben codificata, e consiste nel consigliare di evitare la assunzione del-l’alimento allergizzante, quindi una dieta rigorosa, e in caso di precedenti reazioni anafilattiche, racco-mandare l’impiego della adrenalina auto-iniettabile.Più di recente tuttavia il dogma che la dieta rigoro-sa sia l’unico modo possibile per favorire lo sviluppo della tolleranza, oltre che per prevenire ulteriori rea-zioni allergiche, è stato messo in dubbio da alcune osservazioni 1, ma anche dal riscontro di una più fre-quente recidiva della allergia alle arachidi nei sogget-ti che ne interrompevano la assunzione dopo aver re-cuperato la tolleranza, rispetto a quelli che continua-vano ad assumerle più regolarmente 2. Come a sug-gerire quindi che non la dieta, bensì la continua som-ministrazione di un alimento potesse favorire lo svi-luppo o il mantenimento della tolleranza. Di qui un supporto a quanti sostengono la possibilità di prati-care una terapia desensibilizzante orale ai bambini con allergia alimentare, proposta e praticata già cir-ca 20 anni fa da Mc Ewen 3 e oggetto di rinnovato in-teresse e dibattito in letteratura. Negli ultimi anni in particolare sono stati pubblicati diversi studi sull’ar-gomento, la gran parte tuttavia di bassa qualità, poi-ché viziati da bias metodologici (diagnosi di allergia posta in modo incerto, assenza di randomizzazione, assenza di gruppi di controllo, casistiche piccole, etc.) nei quali la desensibilizzazione orale si è dimostra-ta efficace in percentuali molto variabili (tra il 37% e l’83%) 4 5. Allo stesso modo molto differente è stata la frequenza di effetti collaterali descritti, oscillante tra il 12,5% e il 100% 5 6. In tutti i casi comunque le rea-

zioni sono state controllate agevolmente dalla tera-pia antiallergica. Non è chiaro quindi quale sia la effettiva efficacia del-la terapia desensibilizzante orale, né quale la migliore strategia per praticarla 7.

Obiettivi dello studio

Obiettivo primario dello studio è valutare l’efficacia e la tollerabilità della desensibilizzazione orale con lat-te vaccino fresco, in bambini con allergia alle protei-ne del latte vaccino (APLV) Ig (immunoglobulina) E mediata, in un periodo di tempo della durata di sei mesi, mediante induzione della tolleranza attraverso 2 diversi protocolli:a) partendo da dosi estremamente basse e con in-

crementi quotidiani progressivi, fino alla ingestio-ne di una dose di 150 ml o comunque alla dose massima tollerata;

b) partendo da dosi basse, con incrementi progres-sivi raggiungere la dose di 1 ml di latte che viene tenuto in bocca per due minuti e poi sputato.

I risultati dei due gruppi saranno paragonati a quel-li di un gruppo di controllo che rimarrà a dieta senza latte nello stesso periodo di tempo.L’efficacia sarà valutata determinando:a) la tolleranza totale per il latte, ovvero la percen-

tuale di bambini che sono in grado di completare lo studio ingerendo la quantità massima prevista di latte, e che mantengono la tolleranza, verificata con un test in doppio cieco contro placebo, dopo un mese di sospensione del latte dalla dieta;

b) la tolleranza parziale, ovvero la percentuale di

Studio prospettico sulla desensibilizzazione orale

per il latte vaccino

A cura della Commissione Allergia alimentare, Anafilassi, Dermatite atopica Coordinatore: Mauro Calvani

Membri: Marcello Bergamini, Irene Berti, Salvatore Bragò, Luigi Calzone, Iride Dello Iacono, Roberto Lisi

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bambini che sono in grado di completare lo stu-dio ingerendo una quantità di latte inferiore alla quantità massima prevista di latte, ma comunque superiore a 30 ml, e che mantengono la tolleran-za per la stessa quantità, verificata con un test in doppio cieco contro placebo, dopo un mese di sospensione del latte dalla dieta;

c) in coloro che non raggiungono la tolleranza ver-rà verificato un eventuale aumento della dose mi-nima in grado di provocare la comparsa di sinto-mi al Test di Provocazione Orale (TPO) in doppio cieco (Double Blind Placebo Controlled Food Chal-lenge – DBPCFC) eseguito all’arruolamento ed alla conclusione dello studio;

d) il verificarsi di eventuali reazioni insorte in segui-to alla inavvertita assunzione dell’alimento nella dieta dei soggetti appartenenti ai tre gruppi.

La tollerabilità sarà valutata sulla base della presenza o meno di sintomi durante gli incrementi della dose nei due gruppi di pazienti sottoposti a desensibiliz-zazione orale. Obiettivo secondario sarà valutare se i trattamenti de-sensibilizzanti sono in grado di condizionare una ri-duzione del diametro del pomfo verso le diverse pro-teine del latte vaccino e/o una variazione nel livello delle IgE sieriche specifiche (IgEs).

Popolazione

È previsto l’arruolamento di un minimo di 60 bam-bini, 20 per gruppo. Il campione è stato calcolato se-condo le seguenti assunzioni:- guarigione del 10% nei trattati a dieta senza pro-

teine del latte vaccino;- guarigione attesa del 50% nei trattati con desen-

sibilizzazione per il latte vaccino;- potenza dello studio 80%;- errore di prima specie 5%.Date queste assunzioni si ottiene un campione di 17 unità per gruppo che vengono aumentate ad almeno 20 per gruppo per tenere conto dei possibili drop outs.

Inizio dello studio

È previsto dal 1 gennaio 2008.

Disegno dello studio

Si tratta di uno studio prospettico, randomizzato, multicentrico.

Lo studio dovrà essere sottoposto e approvato dai Co-mitati Etici dei centri partecipanti (Allegato 1) e i geni-tori del bambino arruolato firmeranno il consenso in-formato all’arruolamento nello studio (Allegato 2).

Criteri di inclusione nello studio

Verranno arruolati pazienti di età compresa tra 5 e 18 anni, affetti da APLV IgE mediata, a dieta priva di pro-teine del latte vaccino da almeno 12 mesi, giunti al-l’osservazione nei vari centri partecipanti allo studio. In tutti la diagnosi di APLV verrà confermata, prima dell’ inizio della desensibilizzazione orale, attraverso DBPCFC (Allegato 3). Per eseguire tale test sarà ne-cessario acquisire il consenso informato (Allegato 4).

Protocollo dello studio

I pazienti in cui la APLV verrà confermata saranno randomizzati, dopo aver ottenuto il consenso infor-mato, in tre gruppi: a) ai bambini afferenti al primo gruppo (Protocol-

lo n. 1) verranno somministrate dosi lentamente crescenti di latte vaccino per os, fino a raggiunge-re la dose di 150 ml (Tab. I). Questo gruppo conti-nuerà ad assumere il latte vaccino per cinque me-si, quindi riprenderà la dieta per un mese e poi ri-peterà un DBPCFC;

b) ai bambini afferenti al secondo gruppo (Protocol-lo n. 2) verranno somministrate dosi lentamente crescenti di latte vaccino, trattenuto in bocca per due minuti e poi sputato, partendo da 0,1 ml (2 gocce) ed aumentando, progressivamente la do-se di 0,1 ml ogni 2 settimane fino alla dose di 1 ml (Tab. II). Questo secondo gruppo continuerà ogni mattina e per altri cinque mesi a trattenere in boc-ca per 2 minuti 1 ml di latte vaccino per poi spu-tarlo, quindi sospenderà per 1 mese e poi ripeterà un DBPCFC;

c) i bambini afferenti al terzo gruppo continueranno la dieta priva di proteine del latte vaccino per 12 mesi ed al termine ripeteranno un DBPCFC.

I pazienti arruolati in entrambi i gruppi di trattamen-to attivo riceveranno in osservazione, in ospedale (è consigliato il regime di day hospital), le prime tre som-ministrazioni di latte all’ inizio dello studio, mentre le rimanenti somministrazioni verranno effettuate a do-micilio. Il trattamento verrà iniziato a partire dal gior-no successivo a quello in cui si è concluso il secondo accesso per DBPCFC (e comunque entro 15 giorni dal

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DBPCFC) e sono previsti controlli mensili. A tutti i pa-zienti arruolati nello studio verranno fornite istruzio-ni scritte circa la modalità di trattamento di eventua-li reazioni anafilattiche. In particolare si prescriverà adrenalina autoiniettabile e si istruirà adeguatamen-te la famiglia e/o il paziente stesso circa il trattamen-to di una reazione allergica e di una anafilassi. Si con-siglierà inoltre, durante il periodo dello studio:- di tenere in osservazione il bambino per almeno 2

ore dopo la somministrazione dell’alimento;- di evitare la attività sportiva, bagni caldi o la inge-

stione di altri cibi freddi per almeno sei ore dopo la somministrazione dell’alimento;

- di registrare eventuali reazioni insorte in seguito alla inavvertita assunzione di alimenti contenenti proteine del latte vaccino;

- nel gruppo che esegue la desensibilizzazione ora-le con ingestione dell’alimento, di diluire il lat-te in 50 ml di placebo, ad esempio il suo abitua-le latte sostitutivo del latte vaccino o un succo di frutta alla banana o alla pera e di non informare il bambino circa gli aumenti della dose, sì da evita-re possibili reazioni psicologiche. Analogamente, anche i pazienti appartenenti al secondo gruppo, ossia coloro che non ingeriscono l’alimento ma lo trattengono in bocca per 2 minuti, dovranno di-luire il latte vaccino con 1 ml placebo;

- di compilare un diario clinico, registrando ogni sintomo insorto nelle ore successive alla ingestio-ne dell’ alimento;

- di somministrare, in caso di reazioni allergiche lie-vi (rinite, congiuntivite, nausea, fugaci dolori ad-dominali, vomito, prurito del cavo orale o prurito e orticaria localizzata del volto o generalizzata), in cui manchi una sostanziale difficoltà respiratoria o un interessamento cardiovascolare, che non si risolvano spontaneamente nel giro di 20 minuti, loratadina, alla dose di 5 mg nei bambini di peso < 30 kg ed alla dose di 10 mg nei bambini di peso > 30 kg. In tal caso, il giorno successivo, sarà som-ministrata nuovamente in ospedale la dose che ha preceduto quella che ha causato la reazione clinicamente evidente ed il protocollo riprenderà da quel momento;

- nel caso invece di reazioni più lievi o dubbie, che non richiedano la somministrazione di farmaci, o si realizzino in concomitanza di eventi infettivi o manifestazioni allergiche respiratorie, sarà con-sentito procedere con l’aumento della dose di lat-te, rallentando la progressione e concordando la procedura con l’investigatore responsabile;

- in caso di reazioni più intense (prurito e orticaria generalizzata, angioedema, raucedine o difficoltà

respiratoria, vomito o dolori addominali, ipoten-sione o shock) si somministrerà subito adrenalina 1:1000 alla dose di 0,01 ml/kg (fino alla dose max di 0,5 ml) (o adrenalina autoiniettabile nelle dosi adeguate qualora la reazione si verifichi a domici-lio) per via intramuscolare profonda e loratadina, alla dose di 5 mg nei bambini di peso < 30 kg ed alla dose di 10 mg nei bambini di peso > 30 kg e, se necessario betametasone, alla dose di 0,1 mg/kg e β2-stimolante per via aerosolica; se si verifica-no tali circostanze il paziente interromperà la par-tecipazione allo studio e il caso verrà conteggiato come insuccesso.

Metodologia di randomizzazione

I bambini saranno assegnati ad uno dei tre gruppi di trattamento secondo una sequenza stabilita pre-cedentemente. Per garantire il rispetto della rando-mizzazione, la assegnazione ad uno dei tre gruppi di trattamento sarà stabilita di volta in volta da un inve-stigatore “centralizzato” non partecipante all’arruola-mento. Per garantire inoltre una omogenea distribu-zione dei trattamenti all’interno di ogni centro verrà effettuata una randomizzazione a blocchi per singo-lo centro.

Criteri di esclusione dallo studio

- Pazienti di età inferiore ai 5 anni;- pazienti che abbiano presentato al TPO una ana-

filassi moderata o grave come recentemente defi-nita dalla European Academy of Allergy and Clinical Immunology (EAACI) (Tab. III) dopo la ingestione di una quantità di latte ≤ 0,3 ml.

Dosaggio delle IgE specifiche

Tutti i bambini verranno sottoposti 3 volte al dosag-gio delle IgEs (ImmunoCap Phadia) nei confronti del-la lattalbumina, caseina, beta-lattoglobulina e a pri-ck test (Lofarma) nei confronti del latte intero e delle tre proteine del latte (lattalbumina, caseina, beta-lat-toglobulina). Tali dosaggi verranno eseguiti all’arruo-lamento nello studio, alla fine del trattamento attivo dopo 6 mesi, e in occasione del TPO, dopo un mese di dieta, alla fine dello studio. Infine, negli stessi tem-pi verranno prelevati e conservati 3 ml di siero a -20 °C per effettuare il dosaggio delle molecole allergeni-che con microarray (test ISAC).

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Metodologia di esecuzione del prick test

Sulla superficie volare dell’avambraccio verranno eseguiti prick test con latte vaccino fresco intero, ed estratti commerciali, di caseina, di beta-lattoglobu-lina e di lattoalbumina (Azienda Lofarma). Verrà uti-lizzata una lancetta metallica con punta da 1 mm e si avrà cura di sostituire la lancetta ad ogni prick. In ogni caso, per la metodologia da utilizzare per l’ese-cuzione del prick test saranno seguite le indicazioni internazionali note. Le reazioni verranno lette dopo 15 minuti, ed il prick verrà considerato positivo se il diametro medio (media della somma dei due diame-tri ortogonali) del pomfo sarà di almeno 3 mm supe-riore a quello della soluzione di controllo negativo. Come controllo positivo si userà istamina (10 mg/ml) con lettura a 10 minuti. Come controllo negativo sarà adoperata la soluzione diluente gli allergeni.

Allegato 1 (Richiesta per il Comitato Etico)

Spett. Dott. ……… (il nome del Responsabile del Co-mitato Etico della struttura di appartenenza)

Noi sottoscritti ……… (i nomi dei medici che condur-ranno la sperimentazione e qualifica), chiediamo al Co-mitato Etico della ………, l’autorizzazione a condurre una sperimentazione terapeutica in bambini affetti da allergia alle proteine del latte vaccino Ige mediata.Si tratta di uno studio prospettico, multicentrico, pro-posto dalla Commissione Allergia alimentare, Anafi-lassi e Dermatite atopica della Società Italiana di Al-lergologia ed Immunologia pediatrica, cui noi vor-remmo partecipare in qualità di centro allergologico pediatrico. La sperimentazione consiste in una “de-sensibilizzazione orale con latte vaccino” in bambini di età superiore ai 5 anni .In caso di allergia alimentare IgE mediata le Linee Gui-da ufficiali prevedono l’esclusione dell’alimento dalla dieta, fino alla dimostrazione della acquisita tolleran-za. La storia naturale delle allergie alimentari infatti mostra che con il passare degli anni una percentuale sempre maggiore di bambini posti a dieta tollera il lat-te vaccino. Tuttavia dall’età di 5 anni tale percentuale diminuisce e le probabilità di tollerare il latte si ridu-cono, mentre i bambini sono sempre più a rischio di sviluppare reazioni allergiche, talora gravi, per la fre-quente eventualità di assumere inavvertitamente il latte, contenuto spesso in tracce in altri alimenti. La desensibilizzazione orale per alimenti si contrappo-ne a tale approccio tradizionale, ed è stata già speri-

mentata, sia in campo nazionale che internazionale 1-7, con risultati incoraggianti per la discreta possibilità di raggiungere una tolleranza almeno parziale per il lat-te (50-70%), con una bassa evenienza di reazioni aller-giche gravi, peraltro variabile nei diversi protocolli im-piegati. Tuttavia gli studi pubblicati fino a oggi hanno una scarsa qualità metodologica, essendo case report, o eseguiti senza gruppi di controllo, fatta eccezione per un unico studio clinico randomizzato 4. Anche le metodologie proposte sono state diverse: alcuni studi prevedevano la somministrazione orale del latte a do-si crescenti fino a raggiungere in un tempo più o me-no lungo una quantità consistente (circa 200 ml). Altri invece, studiavano la possibilità di raggiungere la tol-leranza attraverso la ripetuta somministrazione di pic-cole dosi (1 ml) di latte che veniva trattenuto in bocca solo per qualche minuto, e poi sputato.Lo studio multicentrico proposto dalla Società Italiana di Allergologia ed Immunologia pediatrica è il primo randomizzato e controllato, che si propone di valutare la possibilità di acquisire la tolleranza nei confronti del latte vaccino, in bambini di età superiore ai 5 anni, con entrambe le modalità finora sperimentate.Esso prevede di confrontare un gruppo che esegue la desensibilizzazione orale con dosi progressivamente crescenti di latte vaccino, un secondo gruppo che ef-fettua la somministrazione di piccole dosi, trattenute in bocca e poi sputate ed un terzo gruppo, di control-lo, che continua a mantenere la dieta.Scopo principale di questo studio è valutare se tale nuo-vo approccio terapeutico sia in grado di far raggiungere una tolleranza nei confronti del latte vaccino in un tem-po più rapido di quello che occorre naturalmente. Poiché alcuni studi hanno messo in dubbio la persisten-za dei risultati della desensibilizzazione nel tempo, so-prattutto se il paziente non dovesse più assumere il lat-te nella dieta, nello studio è inclusa una seconda fase che prevede la sospensione della somministrazione del latte per un mese e un secondo test di provocazione orale per testare la persistenza della tolleranza.Si allega il Protocollo, così come elaborato dalla Com-missione Allergia alimentare, Anafilassi e Dermatite atopica della Società Italiana di Allergologica ed Im-munologia pediatrica.I pazienti, arruolati dai vari centri che aderiscono al-lo studio, verranno continuamente monitorati, sia in regime di day hospital, che ambulatoriale e gli spe-rimentatori daranno una disponibilità telefonica 24 ore su 24. La sperimentazione dura, in media, sei me-si per ogni paziente.I genitori saranno adeguatamente informati del fatto che si tratta di una terapia ancora sperimentale e firme-ranno un modulo di consenso informato (Allegato 2).

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Le prospettive di un risultato positivo sembrano es-sere notevoli e pertanto chiediamo l’autorizzazione a procedere nella sperimentazione.

Con osservanza Data………

Allegato 2Consenso informato alla partecipazione allo studio sulla terapia desensibilizzante orale

La terapia della allergia alimentare consiste nella com-pleta esclusione dell’alimento dalla dieta del bambi-no. Tuttavia, in casi selezionati per la persistenza del-la sintomatologia, considerato che con il passare del tempo aumenta anche la possibilità di una involonta-ria assunzione dell’alimento, che potrebbe esporre il bambino al rischio di una inaspettata reazione allergi-ca grave, è stato proposto di effettuare un tentativo di terapia desensibilizzante. Questa terapia consiste nel somministrare l’alimento allergizzante in dosi progres-sivamente crescenti, molto lentamente e comincian-do con dosi molto basse. Il tutto avendo a disposizione tutti i consigli e i farmaci utili per sedare l’insorgenza di una possibile reazione allergica o anafilattica. Negli studi fino ad ora effettuati le percentuali di successo, ovvero di raggiungimento della tolleranza dell’alimen-to, oscillano tra il 45 e l’83% nei diversi studi. Questo studio, che interessa diversi tra i principali centri di allergologia pediatrica in Italia, si propone di valutare l’efficacia e la sicurezza di due diversi proto-colli di desensibilizzante orale, paragonandone l’esi-to con il continuare la dieta senza proteine del latte vaccino. A tal fine per evitare i fenomeni, anche invo-lontari, di suggestione, per confermare la diagnosi di allergia al latte sarà utilizzata la metodica del test di provocazione in doppio cieco contro placebo: il bam-bino verrà sottoposto a 2 test di provocazione, di cui solo uno solo conterrà, all’insaputa sia del medico che del bambino, il latte vaccino. Se il test risulterà positivo, e Lei accetterà di partecipare allo studio, il bambino verrà assegnato in modo del tutto casua-le (mediante lista di randomizzazione) ad uno dei tre trattamenti previsti dallo studio: a) desensibilizzazione orale partendo con dosi bas-

sissime e aumentando gradualmente, nel perio-do di 6 mesi, fino alla dose di 150 ml al giorno, o alla dose massima tollerata, poi continuando per altri 5 mesi;

b) desensibilizzazione orale partendo con dosi bas-sissime e aumentando gradualmente, nel perio-

do di 1 mesi, fino alla dose di 1 ml al giorno, e poi continuando per altri 5 mesi;

c) dieta senza proteine del latte vaccino per 12 mesi.Alla fine di detto periodo in tutti i bambini verrà effet-tuato di nuovo un test di provocazione in doppio cie-co contro placebo, dopo 1 mese di sospensione del latte dalla dieta, per verificare lo sviluppo effettivo della tolleranza verso il latte. Questo perché gli studi effettuati fino ad ora hanno messo in evidenza che in molti bambini la tolleranza che si sviluppa verso il lat-te è comunque dipendente dalla assunzione del lat-te: ovvero è anche possibile che dopo un periodo di sospensione del latte vaccino dalla dieta, possano di nuovo verificarsi reazioni allergiche al latte. Sarà, ovviamente, rispettata la legge sulla privacy, pertanto tutti i dati saranno utilizzati a fine scientifico in maniera aggregata, in altre parole non sarà possi-bile risalire al singolo paziente. Infine Lei potrà ritirarsi in qualunque momento dallo studio, senza che ciò influisca sulla migliore assisten-za e terapie che continueranno ad essere assicurate a suo figlio.Io sottoscritto genitore, avente la patria potestà del minore:…………, essendo stato esaurientemente e chiaramente informato dal Dr.………su: princìpi, modalità d’esecuzione. scopi e possibili effetti inde-siderati, anche possibilmente gravi, della terapia de-sensibilizzante orale

Acconsento- a che mio/a figlio/a si sottoponga a tale prova,

conscio che da parte del Dr. ………viene messa in atto ogni misura prudenziale.

DataFirma del Genitore/Tutore

Firma del Medico

Allegato 3Modalità di esecuzione del test di provocazione in doppio cieco contro placebo

Il DBPCFC può essere eseguito, secondo il documen-to dell’EAACI (Allergy 2004) modificato, come sotto descritto. I pasti verranno preparati secondo le se-guenti indicazioni: - verum = 1/2 latte vaccino (senza lattosio ) + 1/2

miscela aminoacidi + 1 gr di aroma di banana;- placebo = miscela di aminoacidi + 1 gr di aroma

di banana.Il pasto viene fornito in una siringa opaca o in un con-tenitore ricoperto da un foglio metallico. Il TPO viene

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interrotto se compaiono reazioni immediate di sicu-ra positività clinica: rinite (secrezione nasale con star-nuti ripetuti), congiuntivite (iperemia congiuntivale con fastidio oculare), broncostruzione (tosse, sibili, difficoltà respiratoria), vomito, orticaria (diversi ele-menti eritematopomfoidi non nelle sede di possibile contatto con l’alimento), angioedema, indipenden-temente dall’intensità e lo si considera positivo. Ese-guito il primo TPO con verum o placebo, nelle 48 ore che seguono il bambino prosegue la dieta di elimina-zione. Dopo 48 ore dalla prima provocazione e prima della seconda prova viene rivalutato l’esame obiet-tivo. Al termine dei test può essere aperta la busta chiusa con la randomizzazione, lasciata dal personale deputato alla preparazione degli alimenti da testare.Le dosi da somministrare sono 7, per ogni TPO, di ve-rum e placebo, somministrate, ogni 20 minuti: 0,1 ml (2 gocce), 0.3 ml (6 gocce), 1 ml (20 gocce), 3 ml, 10 ml, 30 ml, 100 ml.

Allegato 4Consenso informato per test di provocazione alimentare

Data…………………

Io sottoscritto/a ………………… padre/madre del paziente ………………… ricoverato presso l’ Ospe-dale ………………… dichiaro di essere stato/a infor-mato/a dal Dott. ………………… dei rischi che mio/a figlio/a corre a seguito della esposizione all’alimen-to fino ad oggi escluso dalla dieta.Ho ben compreso che l’alimento sarà somministrato a mio figlio/a in dosi progressivamente crescenti, in modo nascosto in altri alimenti. Sono consapevole, inoltre, che tale test di provoca-zione rappresenti il modo più attendibile per porre con certezza la diagnosi di allergia alimentare, come riconosciuto dalle varie Società di Allergologia ed Im-munologia nazionali ed internazionali, ma anche del fatto che tale test non sia del tutto privo di rischi, po-tendo causare reazioni anafilattiche anche gravi, solo eccezionalmente fatali. Avendo, pertanto, chiaramen-te compreso quanto sopra, acconsento alla sommini-strazione dell’alimento in oggetto, essendo stato ras-sicurato dal Dott. ……………………………………. che il test sarà sospeso allorquando compariranno sintomi chiaramente collegati alla somministrazione dell’alimento e che ogni misura prudenziale sarà pre-sa per far fronte ad eventuali reazioni, anche gravi. In fede Il genitore Il Medico

Tab. I. Protocollo n. 1.1°-6° giorno: 1 goccia + placebo fino a 50 ml 7°-12° giorno: 2 gocce + placebo fino a 50 ml13°-18° giorno: 3 gocce + placebo fino a 50 ml19°-24° giorno: 4 gocce + placebo fino a 50 ml25°-30° giorno: 5 gocce + placebo fino a 50 ml31°-35° giorno: 6 gocce + placebo fino a 50 ml36°-40° giorno 7 gocce + placebo fino a 50 ml41°-45° giorno: 8 gocce + placebo fino a 50 ml46°-50° giorno: 10 gocce + placebo fino a 50 ml51°-55° giorno: 12 gocce + placebo fino a 50 ml56°-60° giorno: 14 gocce + placebo fino a 50 ml61°-64° giorno: 1 ml + placebo fino a 50 ml65°-68° giorno: 1,5 ml + placebo fino a 50 ml69°-72° giorno: 2 ml + placebo fino a 50 ml73°-76° giorno: 3 ml + placebo fino a 50 ml77°-80° giorno: 4 ml + placebo fino a 50 ml81°-84° giorno: 5 ml + placebo fino a 50 ml85°-88° giorno: 6 ml + placebo fino a 50 ml89°-92° giorno: 7 ml + placebo fino a 50 ml93°-95° giorno: 9 ml + placebo fino a 50 ml96°-98° giorno: 11 ml + placebo fino a 50 ml99°-101°giorno: 13 ml + placebo fino a 50 ml102°-104° giorno:15 ml + placebo fino a 50 ml105°-107° giorno: 18 ml + placebo fino a 50 ml108°-110° giorno: 21 ml + placebo fino a 50 ml111°-113° giorno: 24 ml + placebo fino a 50 ml114°-116° giorno: 28 ml + placebo fino a 50 ml117°-119° giorno: 32 ml + placebo fino a 50 ml120°-122° giorno: 36 ml + placebo fino a 50 ml123°-125° giorno: 41 ml + placebo fino a 50 ml126°-128° giorno: 46 ml + placebo fino a 50 ml129°-131° giorno: 51 ml 132°-134° giorno: 56 ml135°-137° giorno: 62 ml138°-140° giorno: 68 ml141°-143° giorno: 74 ml144°-146° giorno: 80 ml147°-149° giorno: 86 ml150°-152° giorno: 92 ml153°-155° giorno: 98 ml156°-158 giorno: 104 ml159°-161° giorno: 110 ml162°-164° giorno: 116 ml165°-167° giorno: 122 ml168°-170° giorno: 129 ml171°-173° giorno: 136 ml174°-176° giorno: 143 ml177°-179° giorno: 150 ml

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Tab. II. Protocollo n. 2.1°-15° giorno: 0,1 ml pari a 2 gocce + placebo fino a 1 ml

16°-30° giorno: 0,2 ml “ a 4 gocce + placebo fino a 1 ml

31°-45° giorno: 0,3 ml “ a 6 gocce + placebo fino a 1 ml

46°-60° giorno: 0,4 ml “ a 8 gocce + placebo fino a 1 ml

61°-75° giorno: 0,5 ml “ a 10 gocce + placebo fino a 1 ml

76°-90° giorno: 0,6 ml “ a 12 gocce + placebo fino a 1 ml

91°-105° giorno: 0,7 ml “ a 14 gocce + placebo fino a 1 ml

106°-120° giorno: 0,8 ml “ a 16 gocce + placebo fino a 1 ml

122°-135° giorno: 0,9 ml “ a 18 gocce + placebo fino a 1 ml

136°-180° giorno:1 ml “ a 20 gocce

Tab. III. Gradi di severità della reazione anafilattica (da Muraro et al. 8).

Grado Cute Gastrointestinale Respiratorio Cardiovascolare Neurologico1 lieve Improvviso pru-

rito degli occhi e del naso, pruri-to generalizzato, flushing, orticaria, angioedema

Prurito o pizzicore orale, lieve edema delle labbra, nausea o vomito, lievi dolori addominali

Congestione nasa-le e/o starnuti, rinor-rea, prurito della go-la, gonfiore della gola, lieve wheezing

Tachicardia (aumen-to di > 15 battiti/min)

Variazioni del livello di attivi-tà più ansia

2 moderata Come sopra Come sopra, dolori crampiformi addo-minali, diarrea, vo-mito ricorrente

Come sopra raucedi-ne, tosse abbaiante, difficoltà alla degluti-zione, stridore, disp-nea, wheezing mode-rato

Come sopra Lieve stordi-mento, sensa-zione di morte imminente

3 grave Come sopra Come sopra, perdi-ta di controllo degli sfinteri

Come sopra, cianosi o saturazione di O2 < 92% arresto respira-torio

Ipotensione e/o col-lasso disritmia, gra-ve bradicardia e/o arresto cardiaco

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Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona

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Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica

Introduzione

La dermatite atopica (DA) è la più comune malattia in-fiammatoria cronica della cute, descritta con una pre-valenza del 10-20% dei casi nell’età pediatrica 1. È una malattia a decorso cronico-recidivante, intensamen-te pruriginosa. Per contrastare il prurito vengono fre-quentemente prescritti gli antistaminici, e tuttavia la letteratura in proposito è discordante. Nelle stesse più recenti Linee Guida o Consensus sull’argomento le rac-comandazioni non sono uniformi. Ad esempio le Linee Guida Prodigy inseriscono gli antistaminici tra i tratta-menti della DA con valore non provato e sull’argomen-to dicono che “gli antistaminici sedativi sono prescritti per favorire il sonno e ridurre il trattamento: comunque gli studi hanno fallito nel dimostrare un chiaro effetto sul prurito o sul trattamento globale dell’eczema” 2. La Position Paper redatta dall’European Task Force on Ato-pic Dermatitis afferma che “le evidenze a sostegno del-l’efficacia degli antistaminici sistemici nel ridurre il pru-rito sono ancora insufficienti, ma alcuni pazienti sem-brano giovarsene” 3. Le Linee Guida di Hanifin a propo-sito degli antistaminici dicono che “ci sono poche evi-denze che gli antistaminici sedativi e non sedativi sia-no efficaci nell’alleviare il prurito o sintomi orticarioidi nei bambini con DA. Per i bambini con significativo di-sturbo del sonno dovuto al prurito, al dermografismo allergico, alla rinocongiuntivite allergica, gli antistami-nici sedativi potrebbero essere utili. Molti dei pazienti con DA hanno anche rinocongiuntivite allergica, orti-caria e dermografismo e quindi l’uso di un antistami-nico potrebbe essere utile 4. Le Linee Guida di Leung, redatte secondo i livelli di evidenza, affermano “Alcuni pazienti possono giovarsi dell’uso di antistaminici per alleviare il prurito associato alla DA (livello di evidenza

C)” 5. La Consensus sudafricana riporta che “gli studi Evi-dence Based sulla efficacia degli antistaminici orali nel trattamento della dermatite atopica hanno dato risul-tati contrastanti e il loro valore è spesso discusso. Gli antistaminici sedativi di prima generazione vengono tradizionalmente prescritti per il trattamento del pru-rito e per ottenere sedazione. Anche se possono essere di beneficio in alcuni pazienti, la loro efficacia è breve a causa della tachifilassi; per tale motivo possono essere richieste dosi maggiori e quindi vi è una controindica-zione alla terapia a lungo termine. Potrebbero essere utili come terapia aggiuntiva durante le riacutizzazioni, in specie per l’effetto sedativo e ansiolitico. Dato che il prurito peggiora di notte, gli antistaminici sedativi po-trebbero essere usati alla sera” 6.

Scopo della revisione

Lo scopo di questa revisione sistematica è quello di valutare l’esistenza di prove scientifiche dell’efficacia degli antistaminici anti-H1 nella terapia della DA in età pediatrica.

Strategie di ricerca delle prove di efficacia

Abbiamo condotto il processo di ricerca delle prove di efficacia selezionandole in modo gerarchico, se-condo il principio di saturazione teoretica 7 8: siamo pertanto partiti dalla ricerca delle fonti di livello supe-riore (Revisioni Sistematiche – RS) su: Clinical Eviden-ce, Cochrane Library, Database of Abstracts of Reviews of Effects (DARE), database Health Technology Asses-

Efficacia degli antistaminici anti-H1 nella terapia della dermatite atopica

in età pediatrica. Una revisione sistematica

A cura della Commissione Allergia alimentare, Anafilassi, Dermatite atopica Coordinatore: Mauro Calvani

Membri: Marcello Bergamini, Irene Berti, Salvatore Bragò, Luigi Calzone, Iride Dello Iacono, Roberto Lisi

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sment (HTA), passando infine alle principali banche dati di studi biomedici (PubMed ed Embase). Questo tipo di strategia consente di interrompere la selezio-ne dei lavori al livello di evidenza più elevato, laddo-ve si sia identificata una prova di efficacia rilevante. Abbiamo consultato il registro meta-Register of Con-trolled Trials (mRCT) alla ricerca di eventuali studi in corso, il cui scopo coincidesse con il nostro quesito.Sia nella valutazione critica delle fonti secondarie che nella successiva ricerca delle fonti primarie, abbiamo dato esclusiva priorità, trattandosi di un quesito di intervento, agli studi randomizzati controllati (SCR), con la possibile inclusione, fra questi, anche di studi a popolazione mista, pediatrica e non.Non essendo a tutt’oggi conosciuto un unico gold standard terapeutico, né per il trattamento globale della DA, né per quello del prurito ad essa associato, abbiamo optato per l’esclusione degli studi di con-fronto fra due o più antistaminici o fra dosaggi diver-si di uno stesso antistaminico in assenza di confronto con un placebo. Negli studi con modello “cross-over” abbiamo tenuto conto del possibile effetto di trascinamento del trat-tamento eseguito nel primo periodo sui risultati regi-strati nel secondo periodo. I termini usati nella ricerca delle sintesi di eviden-za sono stati quelli, più generici, di “antihistamines”, “atopic dermatitis”, “atopic eczema”, “pruritus” e “itch”.Nella ricerca delle fonti primarie su MedLine, relativa-mente agli antistaminici, abbiamo utilizzato soltan-to i termini inclusivi (Medical Subject Headings – Me-SH), dopo aver attentamente controllato che il nome di ogni singolo principio attivo fosse effettivamente contenuto in essi. Per quanto riguarda invece Emba-se, non abbiamo potuto fare altrettanto avendo ri-scontrato gravi incongruenze fra i risultati della ricer-ca eseguita attraverso i termini inclusivi di quel data-base (Emtreeterms) e quelli della ricerca attraverso i singoli nomi farmacologici; abbiamo pertanto prefe-rito affidarci solo a questi ultimi.Le fonti di evidenza terziarie (Linee Guida sulla DA) non sono state considerate.

Risultati della ricerca

A. Attraverso la strategia di ricerca delle fonti secon-darie (le revisioni sistematiche) abbiamo selezionato:1. un protocollo Cochrane dal titolo “Antihistamines

for atopic eczema” 9, indicizzato e attivo dal 1999, ma non ancora concluso;

2. una revisione dello stesso anno 10: si tratta di una revisione dedicata ai soli antistaminici di II gene-

razione, assolutamente non sistematica, priva di una qualsivoglia descrizione della strategia di re-perimento delle fonti. Il paragrafo dedicato alla DA riporta l’efficacia proveniente da un totale di 7 studi, solo 4 dei quali erano SCR; di questi, due erano lavori pediatrici 11 12;

3. una revisione sistematica, ancora del 1999, sull’ef-ficacia degli antistaminici nel trattamento del pru-rito in corso di DA 13. La metodologia di ricerca pre-vedeva soltanto la Cochrane Library, Best Evidence e MedLine; gli Autori selezionano 16 studi clinici, fra i quali compaiono anche alcuni studi non rando-mizzati. Gli studi clinici comprendenti popolazione pediatrica sono sette 13-17; due di questi 11 12 erano già contenuti nella review precedente;

4. una RS da Health Technology Assessment 18, prodot-ta dallo stesso gruppo di autori del citato protocol-lo Cochrane citato, che seleziona 21 lavori. La me-todologia di ricerca bibliografica risulta altamente esaustiva, i criteri adottati per l’inclusione/esclu-sione dall’analisi dei lavori selezionati sono molto chiari; a differenza della RS di Klein et al., nella qua-le era il prurito l’unico outcome di interesse per la ri-cerca in letteratura, qui vengono considerati perti-nenti tutti gli outcomes relativi alla DA (sia i sintomi soggettivi, come il prurito e la perdita del sonno, sia i segni oggettivabili, rappresentati dalle multi-formi lesioni dermatologiche della malattia, come eritema, escoriazioni, secchezza, lichenificazione, etc.). È per questi motivi che Hoare et al. individua-no altri sei trials 19-24. Essi peraltro non selezionano il lavoro di Yoshida, probabilmente perché non lo ritengono randomizzato.

B. Da qui in avanti la nostra ricerca bibliografica si è trasferita allo studio delle fonti primarie (gli SCR), dal 1999 ad oggi, in considerazione dell’elevato livello delle prove ottenute attraverso la RS di Hoare et al.1. MedLine via PubMed: <[Histamine H1 Antago-

nists, Non-Sedating (MeSH) OR Histamine H1 An-tagonists (MeSH)] AND [dermatitis, atopic (MeSH) OR eczema, atopic (Text word)]>.

Limits: Publication Date from 1999 to 2007, Rand-omized Controlled Trial, All Child.

Questa strategia ha ottenuto come risultato sei lavo-ri, di cui cinque pertinenti 25-29.

2. Embase (Advanced search): <atopic dermatitis (Emtreeterm)>

Limits: Publication Date from 1999 to 2007, Rand-omized Controlled Trial, 0-18 anni.

Nota: abbiamo preferito adottare questa strate-gia di ricerca particolarmente generica, anche se

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sicuramente esaustiva, a causa della mancata cor-rispondenza fra i rilevamenti ottenuti con il termi-ne generico “histamines H1 receptor antagonists” e quelli ottenuti con i nomi dei singoli principi attivi.

Questa strategia ha ottenuto 217 rilevamenti di cui uno soltanto è nuovo e pertinente 30.

Sono stati così individuati 19 articoli che abbiamo poi sottoposto al vaglio dei criteri di selezione riportati nella parte introduttiva di questo lavoro. Le caratteristiche dei lavori esclusi (14) e di quelli in-clusi (5) nella nostra analisi finale sono esposte nelle Tabelle I, IIa e IIb.

Tab. I. Caratteristiche dei 14 lavori pediatrici esclusi dall’analisi finale di efficacia in questa RS, e principali motiva-zioni per l’esclusione.Klein 1980 18

20 pazienti di 2-16 anni Mancanza di controllo con placebo

Disegno: SCR in parallelo

Confronto: idrossizina vs. ciproeptadina

Esito: severità prurito

Fould 1981 16

21 pazienti di 14-29 anni

Disegno: SCR modello cross-over, multiplo Mancanza di controllo con placebo

Confronto: cimetidina vs. antiH1 sedativo e vs. cimetidina + antiH1

Esito: severità prurito

Frosch 1984 15

18 pazienti di 14-43 anni

Disegno: SCR modello cross-over, multiplo

Confronto: cimetidina + clorfeniramina vs. clorfeniramina e vs. placebo Mancanza di confronto tra clorfeniramina e placebo

Esito: severità prurito

Simons 1984 23

12 pazienti di 1-14 anni

Disegno: SCR modello cross-over Mancanza di controllo con placebo

Confronto: fra due diversi dosaggi di idrossizina

Esito: severità prurito

Ishibashi 1989 21

168 pazienti di 1-15 anni

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo

Confronto: fra 3 diversi dosaggi di azelastina

Esito: severità di segni/sintomi di eczema

Ishibashi 1989 22

179 pazienti di 6 anni e oltre

Disegno: SCR in parallelo

Confronto: fra due dosaggi di azelastina e un dosaggio di chetotifene Mancanza di controllo con placebo

Esito: severità di segni/sintomi di eczema

Yoshida 1989 12

284 pazienti di 9-11 anni

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo

Confronto: clemastina vs. chetotifene

Esito: severità di segni/sintomi di eczema

Zuluaga de Cadena 1989 24

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52 pazienti di 2-6 anni

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo

Confronto: idrossizina vs. terfenadina vs. astemizolo

Esito: severità di segni/sintomi di eczema

Hamada 1996 20

64 pazienti di oltre 7 anni

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo

Confronto: terfenadina + alclometasone vs. betametasone

Esito: severità prurito

Simons 1999

817 pazienti di 12-24 mesi

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di dati di efficacia (tali dati verranno ri-portati in Diepgen 2002 25)

Confronto: cetirizina vs. placebo

Esito: effetti avversi

Patel 1997 22

118 pazienti di 12-65 anni

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo

Confronto: terfenadina vs. cetirizina

Esito: severità globale della malattia e sonnolenza

Nakagawa 2006 30

190 pazienti di 7-15 anni

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo

Confronto: fexofenadina vs. chetotifene

Esito: severità prurito

Simons 2007 28

510 pazienti di 12-24 mesi

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di dati di efficacia

Confronto: levocetirizina vs. placebo

Esito: effetti avversi

Simons 2007 29

510 pazienti di 12-24 mesi

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di dati di efficacia

Confronto: levocetirizina vs. placebo

Esito: incidenza di orticaria

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Tab.

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Commenti finali

La letteratura pediatrica riguardante l’argomento “te-rapia della DA con antistaminici” è sorprendentemen-te scarsa, limitatamente agli studi clinici randomizzati. Lo è ancor di più se si considerano gli SCR nei quali sia-no contemporaneamente presenti il confronto con il placebo e i dati di efficacia. Infatti, solo i risultati prove-nienti da studi con tali prerogative possono costituire prove robuste dell’efficacia (o dell’inefficacia) di un far-maco, quando per una determinata patologia non esi-ste ancora un gold standard terapeutico. Come già det-to nell’introduzione, le importanti e recenti Linee Gui-da sulla DA offrono in realtà debolissime raccomanda-zioni per l’uso degli antiH1, in particolare nel controllo del prurito durante le riacutizzazioni (flares) e con spe-ciale riguardo agli antiH1 di prima generazione, dotati di effetto sedativo e ipnotico. La nostra revisione sottolinea come tutto ciò, per l’età pediatrica, si basi su uno scarso supporto scientifico.La qualità metodologica dei 19 studi pediatrici che ab-biamo selezionato è globalmente mediocre. La validi-tà interna di questi studi è pertanto piuttosto bassa, ma tende a migliorare nei lavori prodotti più recentemente.Come è possibile verificare analizzando le Tabelle IIa e IIB relative ai 5 studi inclusi nella nostra analisi di ef-ficacia, in tre lavori su 5 la somministrazione di un an-tistaminico sembra avere una certa efficacia, in due non sembra avere effetti superiori al placebo. Tutta-via i due lavori (Diepgen 2002 25 e Kawashima 2003 27) che presentano le migliori caratteristiche metodologi-che (qualità e descrizione della randomizzazione, del mascheramento delle liste, della cecità e numerosità campionaria elevata) hanno riportato il maggior nu-mero di risultati favorevoli all’uso degli antiH1. In que-sti studi l’efficacia appare evidente sia sui segni della malattia (peggioramento della dermatite, riduzione utilizzo creme steroidee, etc.) che sul sintomo “pruri-to”. Nello studio di Diepgen il prurito è integrato nello Scoring System, pertanto l’effetto sul singolo sintomo non è distinguibile. Nello studio di Kawashima invece vi è un miglioramento del prurito significativamente maggiore nel gruppo trattato con fexofenadina. Tale differenza è riscontrabile già dopo 24 ore di trattamen-to e si protrae per tutta la durata dello studio. L’entità di questa differenza appare però modesta (al termine dello studio è circa 1/16 del massimo miglioramento possibile) e, d’altra parte anche il miglioramento del-lo score medio del prurito ottenuto con l’applicazione della semplice crema steroidea, seppure di bassa po-tenza (idrocortisone butirrato allo 0,1%), non era entu-siasmante, essendo di circa 0,5 punti vs. circa 0,8 pun-ti ottenuti dalla terapia crema steroidea+antistamini-

co, in una scala che aveva come massimo possibile 10 punti. Nel terzo studio a favore, quello di La Rosa, l’ef-ficacia del trattamento sul prurito è significativamen-te presente solo in alcune settimane dello studio. È da notare tuttavia che si tratta di studi effettuati con an-tistaminici differenti, di seconda generazione, su po-polazioni differenti, di cui una pediatrica solo in parte, con obiettivi profondamente diversi e con outcomes, primari e secondari, altrettanto diversi. È perciò impos-sibile effettuare un qualsivoglia accorpamento dei dati per eventuali metanalisi. L’importanza dei risultati favorevoli agli antiH1 nei la-vori di La Rosa, Diepgen e Kawashima, appare discre-ta (NNT = tra 6 e 11) anche se questi lavori presentano debolezze che limitano l’applicabilità esterna di det-ti risultati. Il lavoro italiano di La Rosa sulla cetirizina è stato eseguito su un piccolo campione di pazienti, tant’è vero che viene definito dagli stessi autori come uno studio preliminare. Il lavoro di Diepgen riporta i dati di efficacia del classico studio ETAC nel quale la cetirizina era stata somministrata per un periodo di un anno e mezzo; i vantaggi dimostrati dallo studio de-vono pertanto essere commisurati con l’impatto che una terapia cronica può avere sia sul bambino che sul-la sua famiglia. Il lavoro di Kawashima sulla fexofenadi-na infine, individuato solo grazie alla strategia di ricer-ca da noi adottata comprendente l’intera popolazione pediatrica fino a 18 anni, presenta risultati interessanti ma la loro applicabilità a fasce di bambini più piccoli è difficilmente pensabile, anche a causa della limitazio-ne di utilizzo, in scheda tecnica, sotto i 12 anni. D’altra parte i lavori che negano l’efficacia degli antiH1 hanno una qualità metodologica ancora inferiore. Il la-voro di Berth-Jones aveva un disegno cross-over con so-li tre giorni di wash out che può aver mascherato l’effet-to del farmaco, arruolava casistica solo in parte pedia-trica, utilizzava un antistaminico non più in commercio. Lo studio di Munday invece arruolava prevalentemente bambini con dermatite atopica lieve, con prurito mini-mo o nullo, ed è difficile immaginare che in tale popola-zione l’effetto antiprurito dell’antistaminico potesse ri-sultare significativamente superiore al placebo. L’ipotesi, sostenuta dai risultati degli studi sopra cita-ti, che alcuni antistaminici siano efficaci nel bambino su alcuni outcomes, andrebbe pertanto verificata con larghi studi prospettici comparativi, su molecole scelte e su pazienti pediatrici con ben definite severità della malattia, pazienti nei quali si sia provveduto a separare gli indicatori soggettivi (prurito, disturbo della qualità del sonno e della qualità di vita, irritabilità) da quelli oggettivi (estensione e gravità dell’eczema), sia al mo-mento dell’inclusione dei pazienti nella sperimenta-zione, sia durante il rilevamento delle variazioni di tali

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Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica

indicatori di malattia durante il corso della sperimen-tazione stessa. In conclusione, sulla base della letteratura pediatrica esistente pensiamo di poter concludere che:a) gli antistaminici orali non dovrebbero costituire

il principale presidio terapeutico della dermatite atopica;

b) laddove il prurito e la dermatite siano scarsamen-te controllati da una corretta terapia antinfiamma-toria locale, può essere presa in considerazione dal medico l’eventuale aggiunta di un antistaminico per via orale, non necessariamente sedativo.

Qualche ulteriore riflessione

La DA è una malattia infiammatoria della cute, a decor-so cronico recidivante, pruriginosa. Il prurito è presen-te sin dalla prima descrizione della malattia nel 1884, il prurigo di Hebra 31, o nelle successiva nel 1892, il pru-rigo di Besnier 32. Scompare nella definizione di ecze-ma atopico, proposta da Wise e Sulzberger nel 1933, che misero l’accento sulla frequente associazione tra la dermatite e le altre malattie allergiche, quali la rini-te e l’asma 33, che è tuttora attuale e sinonimo di der-matite atopica nelle recenti definizioni della American Academy of Dermatology 34 o della European Academy of Allergy and Clinical Immunology 35. Il prurito è universalmente riconosciuto essere il sinto-mo fondamentale nella malattia, in assenza del qua-le la diagnosi non può essere posta. E tuttavia il moti-vo della sua presenza nei bambini con DA, così come i meccanismi attraverso cui si verifica sono conosciuti solo in parte.L’istamina è il mediatore del prurito più importante nelle reazioni allergiche IgE dipendenti 36. È stato di-mostrato che il rilascio di istamina durante la reazio-ne allergica può determinare un transitorio aumento del prurito nei soggetti con DA, che a sua volta indu-ce il trattamento e quindi la comparsa di eczema 37. E tuttavia è certo che un ruolo altrettanto importante viene svolto da altre sostanze come neurotrasmetti-tori, proteinasi, citochine, eicosanoidi, leucotrieni, etc. (Tab. III) 38. In particolare i mediatori della flogosi aller-gica sembrerebbero avere un ruolo, come suggerito dal fatto che gli inibitori topici della calcineurina, che inibiscono il rilascio di numerose citochine [quali la in-terluchina (IL)-2, IL-3, IL-4, IL-5, GM-CSF, e il tumor ne-crosis factor (TNF)-α] riducono la intensità del prurito nei soggetti affetti da DA 39.Inoltre alcuni Autori 40 hanno suggerito che i sogget-ti con DA abbiano una erronea percezione dello sti-molo meccanico, che avvertono come prurito inve-

ce che come tocco, e hanno messo in evidenza come nei soggetti con DA in seguito all’insorgere del prurito si verifica anche nella cute circostante una aumenta-ta tendenza ad avvertire come pruriginosi altri stimoli meccanici lievi, un fenomeno denominato “alloknesi”. E questa anomalia attribuita ad una alterazione del-la trasmissione neurogena trova conferme sia a livel-lo periferico che a livello centrale. A livello periferico è stata descritta la presenza di fibre nervose iperplasti-che con assoni ingranditi 41, forse per l’aumentato ri-lascio di nerve growth factor da parte dei cheratinoci-ti 42, ma anche un possibile squilibrio tra fibre sensoria-li (aumentate) e fibre nervose adrenergiche autonomi-che (ridotte) 43. A livello centrale è segnalata una dimi-nuita attività dei nervi sensoriali nel comunicare il pru-rito al sistema nervoso centrale 44. E d’altra parte altri studi hanno dimostrato come talora anche lo stimolo doloroso possa essere avvertito come pruriginoso nei soggetti con DA 45.In conclusione, considerando che nella DA i meccani-smi che determinano il prurito sono molteplici e com-plessi, sia immunologici 46 che non immunologici, si può comprendere meglio la modesta e incostante (nei diversi studi) efficacia terapeutica degli antistaminici.

Il Marco Aurelio ai Musei Capitolini - Stefano Miceli Sopo

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Tab. III. Mediatori del prurito e meccanismi proposti nella DA (modificata da Stander et al. 38).

Mediatori Prurito MeccanismoNeurotrasmettitori

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+ Liberatore di istamina, aumenta la IL-8

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- Somatostatina + Sconosciuto

- Neurotensina + Liberatore di istamina

- Endorfine + Modulatore centrale e periferico del prurito, istamino indipendente

- Encefaline + Modulatore centrale e periferico del prurito, istamino indipendente

- Morfina + Modulatore centrale e periferico del prurito, istamino indipendente

Istamina ± Legame diretto ai recettori del prurito, infiammazione neurogena

Proteinasi

- Triptasi + Attiva il recettore attivato dalle proteinasi

- Chimasi + Sconosciuto

- Papaina + Sconosciuto

Citochine

- Il-2 + Possibile rilascio di vari mediatori

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Interferon gamma Allevia il prurito Sconosciuto

Neurotrofina-4 + Sconosciuto

Eosinofili + Rilascio di mediatori come il PAF (Platelet Activating Factor) e i leucotrie-ni, liberazione di istamina?

Basofili -

Eicosanoidi-prostaglandine ± Potenzia il prurito indotto da istamina, serotonina, papaina, abbassa la soglia del prurito

Leucotrieni + Sconosciuto

Platelet-activating factor + Liberazione

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34 Wise F, Sulzberger MB. Editorial remarks. In: Yearbook of dermatology, syphilology. Chicago: Yearbook Medical Publishers 1933, pp. 31-70.

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39 Stander S, Steinhoff M. Pathophysiology of pruritus in atop-ic dermatitis: an overview. Exp dermatol 2002;11:12-24.

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43 Albers KM, Wright DE, Davis BM. Overexpression of nerve growth factor in epidermis of transgenic mice caus-es hypertrophy of peripheral nerve system. J Neurosci 1994:14:1422-32.

44 Tobin D, Nabarro G, de la Faille HB, van Vloten WA, van der Putte SCJ, Schuurman HJ. Increased number of im-munoreactive nerve fibers in atopic dermatitis. J Allergy Clin Immunol 1992:90:613-22.

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47 Beltrani VS. Suggestion regarding a more appropriate un-derstanding atopic dermatitis Curr Opinion All Clin Im-munol 2005;5:413-8.

Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona

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Il Ministero della Salute redige ogni anno una nuo-va Circolare per la strategia preventiva dell’influenza stagionale. Il documento rappresenta un riferimento per tutti i professionisti che offrono la vaccinazione antinfluenzale, sia per le modalità di scelta dei pro-dotti vaccinali, che per le categorie oggetto della strategia, che per le modalità di somministrazione. Molto si discute su questa vaccinazione alla luce de-gli studi disponibili e della difficoltà di poter contare su un corpo di conoscenze solido a causa delle muta-zioni stagionali del virus e delle conseguenti modifi-cazioni del vaccino disponibile.Il ruolo delle Società Scientifiche dovrebbe esse-re quello di dare supporto alle autorità governative nella messa a punto delle azioni di prevenzione. Con questo spirito la Commissione Vaccini della SIAIP ha analizzato la Circolare sulla prevenzione dell’influen-za per la stagione 2007-2008 per quello che riguarda le indicazioni di interesse pediatrico.

Le categorie a rischio

Molte delle raccomandazioni per la vaccinazione in-fluenzale, nazionali e internazionali, definiscono una serie di categorie di pazienti che come principio do-vrebbero avere una maggiore probabilità di svilup-pare l’influenza o le sue complicazioni rispetto alla popolazione generale. Si tratta per lo più di pazienti con malattie croniche nei quali lo stato di equilibrio della patologia di base può essere compromesso dal-l’influenza. Purtroppo non sono disponibili evidenze incontrovertibili circa il maggiore rischio che alcuni di questi pazienti corrono in caso di malattia influen-zale e sarebbe opportuno raccogliere maggiori dati per mirare alle categorie che possono trarre il mag-gior beneficio dalla vaccinazione.Per contro, nel nostro Paese e in molti altri, la coper-

tura vaccinale che viene raggiunta nelle categorie a rischio è generalmente scarsa. Nella circolare per la vaccinazione 2007-2008 la vaccinazione è raccoman-data ad una serie di pazienti con patologie di inte-resse pediatrico la cui definizione merita alcuni com-menti ed una esemplificazione allo scopo di chiarire ulteriormente le indicazioni.

Malattie croniche a carico dell’apparato respiratorio (inclusa l’asma, la displasia broncopolmonare, la fibrosi cistica)La indicazione relativa all’asma è probabilmente troppo generica. Se si pensa che nell’età evolutiva al-meno un bambino su cinque ha avuto i sintomi del-l’asma bronchiale, magari per una sola volta limitata-mente ai primi anni di vita, l’allargamento dell’indica-zione sembra veramente eccessivo. Sarebbe oppor-tuno che nella definizione di questa categoria fossero precisati il requisito di presenza attuale della malattia e una eventuale soglia di gravità. Nella Circolare della scorsa stagione la vaccinazione, ad esempio, veniva raccomandata solo ai pazienti con asma severo. Sa-rebbe importante che nelle prossime circolari venis-se data nuovamente una definizione all’asma bron-chiale e fossero chiarite le caratteristiche dei bambini asmatici che richiedono la vaccinazione (in accordo alle classificazioni internazionali). Chiari i riferimenti alla displasia broncopolmonare, una malattia cronica del polmone dovuta alla prema-turità e legata ad una lesione polmonare in lattanti che hanno richiesto una ventilazione meccanica, e al-la fibrosi cistica. È necessario, però, sottolineare che, nonostante la raccomandazione per la vaccinazione dei pazienti con fibrosi cistica sia presente in tutto il mondo, una revisione sistematica della letteratura condotta dalla Cochrane Collaboration non è riuscita a dimostrare il beneficio della vaccinazione influen-zale in questi pazienti.

Commenti alla Circolare Ministeriale sulla prevenzione ed il controllo

dell’influenza

A cura della Commissione Vaccini Coordinatore: Alberto E. Tozzi

Membri: Chiara Azzari, Giorgio Bartolozzi, Susanna Esposito, Gaetano Maria Fara, Milena Lo Giudice

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Malattie dell’apparato cardio-circolatorio, comprese le cardiopatie congenite o acquisite Anche in questo caso, la definizione di cardiopatia congenita o acquisita è troppo generica. Sarebbe uti-le disporre di un elenco delle cardiopatie che richie-dono la prevenzione dell’influenza, sulla base di da-ti che dimostrino la gravità della malattia e l’efficacia della vaccinazione nelle singole categorie. È logico pensare che un soggetto cardiopatico che si ammala di influenza possa andare incontro a uno scompen-so cardiaco ma è altrettanto ovvio che questo rischio dipende strettamente dal fatto che la cardiopatia sia emodinamicamente significativa.

Diabete mellito e altre malattie metabolicheLa raccomandazione per la vaccinazione dei pazien-ti con diabete tipo 1 è classicamente disattesa. Non c’è, infatti, la percezione che l’influenza possa com-promettere l’equilibrio metabolico della malattia. D’altra parte, con i nuovi sistemi di rilascio dell’insuli-na, le glicemie di questi pazienti sono molto più con-trollate di quanto avveniva anni fa, anche in corso di processi infettivi acuti, e poche sono le dimostrazioni che associano il paziente diabetico a un aumentato rischio di complicanze in corso di influenza. La pre-senza di una raccomandazione ministeriale impone, tuttavia, uno standard. D’altra parte, purtroppo non è infrequente registrare l’opposizione alla vaccinazio-ne in questi pazienti in alcuni Servizi, a fronte dell’in-coraggiamento da parte del proprio pediatra. Si sot-tolinea al riguardo che non esiste alcun rischio a vac-cinare i pazienti diabetici.Per quanto riguarda le altre malattie metaboliche, sa-rebbe importante ancora una volta avere un elenco dettagliato delle condizioni che sono associate a un aumentato rischio di complicanze in corso di influen-za. Anche in questo caso è logico pensare che siano i pazienti con malattie metaboliche poco controllabili con la dieta e con i farmaci quelli che possono trarre i maggiori benefici dalla vaccinazione.

Malattie renali con insufficienza renaleÈ ovviamente necessario ricordare che questa racco-mandazione include anche i pazienti che sono sotto-posti ad emodialisi e quelli in terapia immunosopres-siva ad alte dosi.

Malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatieIn questo gruppo di patologie vanno inclusi i trapian-ti di midollo osseo, le leucemie e i linfomi. Relativa-mente ai pazienti con leucemie o linfomi, sarebbero utili precisazioni su quando somministrare il vaccino in rapporto alle diverse fasi dei cicli di chemioterapia

e alla gravità della neutropenia allo scopo di garanti-re la massima efficacia possibile.

TumoriCome per le malattie degli organi emopoietici, sa-rebbero utili precisazioni su quando somministrare il vaccino in rapporto alle diverse fasi dei cicli di che-mioterapia e alla gravità della neutropenia da esso indotta.

Malattie congenite e acquisite che comportino caren-te produzione di anticorpi, immunosoppressione in-dotta da farmaci o HIVIn questo item rientrano le immunodeficienze primi-tive di diversa gravità (come l’agammaglobulinemia X-recessiva, l’immunodeficienza comune variabile, l’immunodeficienza con iper-IgM, il difetto selettivo di IgA; le immunodeficienza combinate come le im-munodeficienze combinate gravi, la SCID; le sindro-mi o malattie associate ad immunodeficienza come la sindrome di Di George, l’atassia-telangectasia e la sindrome di Wiskott-Aldrich). Certamente, è presu-mibile che nei pazienti con immunodeficienze primi-tive e in quelli con immunosoppressione indotta da farmaci la risposta immunitaria alla vaccinazione sia inferiore a quella che si osserva nei soggetti immu-nocompetenti. Per questo sarebbero necessarie pre-cisazioni sul tipo di vaccino da utilizzare (ad esempio, con adiuvanti). Per quanto riguarda, invece, i dati dei pazienti con in-fezione da HIV, numerosi sono i dati che dimostrano l’immunogenicità, la sicurezza, la tollerabilità e l’effi-cacia della vaccinazione, la quale non determina al-cun effetto negativo sulla situazione immuno-virolo-gica dei pazienti.

Malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinaliIn realtà, questa categoria viene indicata in modo specifico soltanto nelle raccomandazioni italiane. Di fatto, il rischio di complicanze da influenza in que-sti pazienti è legato alla situazione di immunodefi-cienza indotta dalla malattia di base e dai farmaci assunti per controllarla. Quindi, questi stessi pazien-ti rientrano nella categoria di quelli con immunode-ficienze.

Patologie per le quali siano programmati importanti interventi chirurgiciÈ necessario ricordare che un imminente intervento chirurgico è un’indicazione alla vaccinazione influen-zale ma, soprattutto, che la recente vaccinazione in-fluenzale non controindica l’intervento.

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Patologie associate a un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie (es. malattie neuromuscolari)Questo item era presente anche nella Circolare della scorsa stagione con una diversa descrizione (Bambini affetti da patologie neurologiche e neu-romuscolari) con una indicazione forse più facil-mente comprensibile per il pediatra. D’altra par-te, la definizione di “bambini affetti da patologie neurologiche” è estremamente ampia e quella di “bambini con malattie neuromuscolari” risulta per contro troppo restrittiva. Un elenco delle patolo-gie neurologiche pediatriche che si associano a un aumentato rischio di complicanze da influenza po-trebbe essere utile.

Individui di qualunque età ricoverati presso strutture per lungodegentiQuesta raccomandazione andrebbe estesa anche ai bambini che vivono in comunità come le ca-se famiglia, gli orfanotrofi e i collegi nelle quali il rischio di contagio e di epidemie è sicuramen-te elevato.

Familiari e contatti di soggetti ad alto rischioQuesta categoria dovrebbe includere anche tutti i contatti stretti dei bambini di età inferiore a 6 mesi, in quanto la vaccinazione non può essere effettuata prima di questa età.

Cosa si può fare

Per migliorare la copertura vaccinale nelle catego-rie a rischio in età pediatrica, nelle scorse stagioni la SIAIP ha prodotto un indirizzario composto da cir-ca 1000 recapiti relativi a centri specialistici per la cura di malattie croniche in età pediatrica, associa-zioni scientifiche e associazioni di familiari. A questi indirizzi, prima la SIAIP, poi il Ministero della Salute, hanno inviato una lettera per ricordare l’importan-za della vaccinazione prima dell’inizio della stagio-ne influenzale.È necessario mettere in atto strategie integrate per raggiungere elevate coperture vaccinali anche nelle categorie a rischio, ma la chiarezza delle definizioni per quanto riguarda le categorie a rischio è impor-tante. È noto che per la stessa vaccinazione, infatti, una chiara definizione della popolazione target co-me quella degli anziani > 64 anni e l’adozione di stra-tegie che coinvolgono direttamente la medicina del territorio sono state in grado di ottenere coperture vaccinali dell’ordine del 70%.

La vaccinazione del pediatra

È noto che tra le categorie per le quali la vaccinazione influenzale è raccomandata è incluso il personale sani-tario. Il principio sulla base del quale viene fornita que-sta indicazione è che il professionista della salute for-nisce un servizio di prima necessità e per questo è im-portante limitare le assenze dovute a malattia proprio nel periodo in cui vi è maggiore richiesta di assistenza da parte della popolazione. Inoltre, i medici e il perso-nale infermieristico sono a contatto costante nelle co-munità dove esercitano la loro attività lavorativa con pazienti vulnerabili che possono sviluppare complica-zioni a causa dell’influenza. A fronte della raccoman-dazione di vaccinare il personale sanitario, tuttavia, le coperture vaccinali che si osservano in questa catego-ria sono tutt’altro che elevate. La percezione dell’in-fluenza è spesso quella di una malattia banale, oppure si pensa di essere scarsamente suscettibili all’infezio-ne virale. I numeri dicono, invece, che questo segmen-to della strategia preventiva è importante e richiede massima attenzione nella sua applicazione.

Dosaggio e modalità di somministrazione

Come è noto, i vaccini autorizzati per l’uso in età pe-diatrica sono quelli split, a subunità o adiuvati con vi-rosomi. Interessanti sono i recenti dati ottenuti nei primi anni di vita con il vaccino adiuvato con MF59 ma al momento questo prodotto è approvato per l’uso solo nell’anziano. Come al solito, nel bambino di età compresa tra 6 e 36 mesi va somministrata o la formulazione pediatrica o mezza dose del vaccino per adulti (0,25 ml invece che 0,50 ml). Se pur in al-cuni Paesi europei dall’età di 3 anni, anche in bam-bini mai vaccinati in precedenza contro l’influenza, è prevista un’unica dose di vaccino, in Italia, come negli Stati Uniti, sono tuttora previste due dosi nei bambi-ni di età inferiore a 9 anni vaccinati per la prima volta. Questo perché solo una parte minore della popola-zione pediatrica di età inferiore a 3 anni risulta essere stata infettata dai virus influenzali e nei soggetti nai-ve dei primi anni di vita è stato dimostrato che i tas-si di sieroconversione e sieroprotezione con un’unica dose di vaccino sono inferiori e meno persistenti nel tempo rispetto a quelli ottimali.

Misure di prevenzione alternative

Non tutti hanno notato che nel documento mini-steriale di questa stagione esiste una forte enfasi

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sul ruolo delle misure alternative alla vaccinazione e dimostratamente efficaci nella prevenzione del-l’influenza. È importante, infatti, che misure pre-ventive diverse siano tra loro integrate per ottene-re il massimo impatto sulla popolazione. È neces-sario sottolineare che le misure igieniche standard come il lavaggio delle mani, l’igiene respiratoria, l’isolamento volontario dalle comunità in caso di malattia e l’uso di mascherine da parte delle perso-ne con sintomatologie influenzali abbiano un im-patto anche su altre infezioni trasmesse per via re-spiratoria che si riscontrano comunemente duran-te la stagione invernale. Tali raccomandazioni van-no sottolineate in particolare modo al pediatra che può fare di questa azioni preventive un importan-te strumento di salute nel proprio ambulatorio e in ambiente ospedaliero.

Herd immunity

Per l’influenza, come per le altre malattie trasmes-se da persona a persona, è verosimile che un inter-vento vaccinale efficace in un largo segmento della popolazione possa ridurre la circolazione del virus e, quindi, indurre una protezione indiretta nel resto della popolazione. A questo proposito esistono al-cuni studi che suggeriscono un possibile effetto in questa direzione e alcuni ricercatori hanno suggeri-to che la vaccinazione della popolazione pediatrica potrebbe avere un impatto superiore a quello della strategia vaccinale rivolta alle popolazioni a rischio. Purtroppo le prove a sostegno di questa ipotesi so-no ancora limitate ed è necessario che maggiori in-formazioni vengano raccolte a questo riguardo. È auspicabile che vengano condotti nel futuro studi

di grandi dimensioni in grado di definire il potenzia-le di una simile strategia.

Il futuro

Nessuno può prevedere come sarà la prossima epi-demia di influenza e quante infezioni riusciremo a prevenire attraverso la vaccinazione. Sappiamo, pe-rò, che a breve anche nel nostro Paese sarà disponibi-le un vaccino vivo attenuato contro l’influenza in pre-parazione spray nasale. Questo vaccino ha dimostra-to una migliore efficacia rispetto ai vaccini inattivati e potrebbe incidere maggiormente sull’epidemiologia dell’influenza.Rimangono da sciogliere in modo definitivo i dubbi sulla tollerabilità dei vaccini vivi attenuati specie in relazione alla possibilità di innescare una crisi asmati-ca nei bambini più piccoli. È importante, tuttavia, che si faccia un maggiore sforzo per raccogliere informa-zioni più precise sull’epidemiologia dell’influenza nel nostro Paese e in altri Paesi europei. L’Italia, come ab-biamo più volte sostenuto, ha una carta da giocare che è rappresentata dal potenziale di rete della pe-diatria di famiglia. È opportuno che si passi dalla rac-colta di dati aggregati (come avviene tuttora per la sorveglianza dell’influenza) alla raccolta di dati indi-viduali e che questi vengano correlati alle informa-zioni virologiche. L’analisi dei dati per gruppi di età più attinenti alle possibili strategie vaccinali potreb-be fornire informazioni solide per orientare la vacci-nazione, specie in età pediatrica. Ma il nostro Paese e la nostra pediatria possono scommettere su obiet-tivi anche più ambiziosi come la realizzazione di stu-di sperimentali attraverso la pediatria del territorio e con l’integrazione della sanità pubblica.

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Il difetto selettivo di immunoglobuline A (IgAD) è la più frequente immunodeficienza primitiva, pur varian-do la sua frequenza a seconda delle popolazioni consi-derate. La prevalenza è di circa 1:500 tra i Caucasici. Operativamente, si definisce IgAD la condizione ca-ratterizzata da livelli sierici di Ig A inferiori a 5 mg/dl con livelli sierici di IgG e IgM normali e senza altera-zioni dell’immunità cellulo-mediata. Si definisce:1. deficit assoluto, la presenza di livelli di IgA < 5

mg/dl;2. deficit parziale, la presenza di livelli di IgA > 5 mg/

dl, ma inferiori di almeno due deviazioni standard rispetto ai livelli normali per l’età (Tab. I).

I livelli sierici delle altre classi di immunoglobuline so-no normali. Nel 20% dei casi si riscontrano bassi livel-li di IgG2 e di IgG4. Normale è la risposta anticorpale agli stimoli antigenici. I B linfociti sono presenti in nu-mero normale, tuttavia non sono in grado di differen-ziarsi in plasmacellule secernenti IgA. Numero, distri-

buzione in sottopopolazioni e funzionalità in vivo e in vitro dei T linfociti circolanti sono normali.

Funzione delle IgA

Le IgA rappresentano quantitativamente la secon-da immunoglobulina circolante e la più abbondan-te presente nelle secrezioni. Mentre le IgA presenti nelle secrezioni vengono sintetizzate da plasmacel-lule sottomucose, quelle sieriche sono sintetizzate da plasmacellule del midollo osseo. Delle due sottoclas-si di IgA, le IgA1 prevalgono nel siero (più dell’80%) mentre IgA1 e IgA2 contribuiscono in eguale misura alla composizione delle IgA secretorie. Le IgA sono i principali costituenti delle secrezioni esocrine e rap-presentano la principale classe di anticorpi prodot-ti dalle plasmacellule delle vie respiratorie, del trat-to gastrointestinale e delle vie genitourinarie. Gli an-tigeni esogeni a livello della mucosa di questi orga-

Difetto selettivo di Immunoglobuline A

A cura della Commissione di ImmunologiaCoordinatrice: Annarosa Soresina

Membri: Salvo Accomando, Patrizia Bertolini, Rosi Delle Piane, Metello Jacobini, Silvana Martino, Baldo Martire

Tab. I. Valori normali di immunoglobuline sieriche in rapporto all’età (da Ugazio et al. 1995).

Età IgG (mg/dl) IgA (mg/dl) IgM (mg/dl)Cordone ombelicale 1112 (862-1434) Non dosabili 9 (5-14)

1-3 mesi 468 (231-947) 24 (8-74) 74 (26-210)

4-6 mesi 434 (222-846) 20 (6-60) 62 (28-39)

7-12 mesi 569 (351-919) 29 (10-85) 89 (38-204)

13-24 mesi 801 (264-1509) 54 (17-178) 128 (48-337)

2-3 anni 889 (462-1710) 68 (27-173) 126 (62-257)

4-5 anni 1117 (528-1959) 98 (37-257) 119 (49-292)

6-8 anni 1164 (633-1016) 113 (41-315) 121 (56-261)

9-11 anni 1164 (707-1919) 127 (60-270) 129 (61-276)

12-16 anni 1105 (604-1909) 136 (61-301) 132 (59-297)

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ni stimolano la secrezione di IgA, che impediscono l’adesione dei patogeni stessi e quindi la loro pene-trazione. Neutralizzano inoltre l’infettività locale e si-stemica di virus come il poliovirus, i virus parainfluen-zali, il citomegalovirus e il virus respiratorio sinciziale; inibiscono anche l’assorbimento di vari antigeni ali-mentari; attivano la via alternativa del complemen-to e sono capaci di attivare il sistema macrofagico. Le IgA sono anche i principali anticorpi del colostro e del latte materno.

Patogenesi e basi genetiche

Il IgAD è nella maggior parte dei casi sporadico. Tut-tavia, sono state descritte famiglie in cui era dimo-strabile una trasmissione autosomico-recessiva o au-tosomico-dominante del difetto. Inoltre il IgAD può manifestarsi come complicanza, sebbene rara, di in-fezioni intrauterine come rosolia, citomegalovirus, toxoplasmosi. Anche farmaci come la fenilidantoina, il valproato di sodio, la penicillamina, il captopril e i sali d’oro, possono causare IgAD.Numerosi autori hanno descritto un’associazione tra il IgAD ed alcuni alleli del sistema di HLA (Human Leu-cocyte Antigen). Ad esempio è stata osservata una maggiore frequenza dell’allele B8 nei soggetti con diabete mellito e deficit di IgA così come di alleli A1 e B8 in soggetti con IgAD e malattie autoimmuni. Inol-tre, lo studio dell’HLA ha rivelato una forte associazio-ne con gli stessi alleli e con alcuni aplotipi estesi con cui è associata l’immunodeficienza comune variabile (CVID). Molti elementi accomunano queste due im-munodeficienze: il IgAD si accompagna frequente-mente a deficit di sottoclassi IgG; in molte famiglie le due immunodeficienze si associano; in entrambe è in gioco un blocco maturativo dei B linfociti. Recenti studi hanno evidenziato che il locus HLA DQ/DR è il maggiore determinante ereditario che predispone al IgAD e alla CVID. Al contrario, alcuni aplotipi sembra-no essere “protettivi” rispetto al rischio di sviluppare il IgAD. Ancora recentemente, sono stati identificati alcuni pazienti con IgAD e con CVID che presentano mutazioni del gene TACI: la mutazione compromette la completa maturazione delle cellule B, impedendo alle cellule B di passare dalla produzione di IgM alla produzione di altre famiglie di Ig specifiche.

Clinica

Molti soggetti sono asintomatici e vengono diagno-sticati casualmente nel corso di esami di routine. Tut-

tavia, alcuni soffrono di numerose infezioni respira-torie, di problemi gastrointestinali o di altre patolo-gie, come è elencato nella Tabella II. Infatti, le infe-zioni sinupolmonari ricorrenti sono la patologia più frequente associata al IgAD. È appunto il ripetersi di queste infezioni che porta alla misurazione delle im-munoglobuline sieriche e alla diagnosi di IgAD. Mol-te infezioni sono causate da agenti batterici minori o, in assenza di una diagnosi eziologica esatta, da nu-merosi agenti virali. Spesso si associano problemi allergici: congiuntivi-te, rinite, orticaria, eczema, allergia alimentare ed asma, che possono decorrere in modo resistente al-la terapia. Maggiore è pure la frequenza di proble-mi gastrointestinali: giardiasi, celiachia e malattia infiammatoria intestinale, epatite cronica, cirrosi bi-liare ed anemia perniciosa. La giardiasi può essere resistente alla terapia classica. Anche l’intolleranza al lattosio sembra essere più frequente. La celiachia è circa 20 volte più frequente che nella popolazione generale, ma la prognosi dopo adeguata dieta priva di glutine è la stessa per i pazienti sia con che senza IgAD. È importante ricordare che nei soggetti con IgAD per definizione gli anticorpi IgA anti-transglu-taminasi e anti-endomisio sono negativi e quindi, in tutti i casi con storia clinica suggestiva per celiachia può essere utile la determinazione di anticorpi IgG anti-transglutaminasi e per la diagnosi di certezza deve essere consigliata l’esecuzione di biopsia inte-stinale. Numerose sono le malattie autoimmuni as-sociate: artrite reumatoide giovanile, lupus eritema-toso sistemico (LES), ma anche malattie endocrine, vitiligine, anemia emolitica, porpora trombocitope-nica idiopatica (PTI) e malattie neurologiche. Nel sie-ro è frequente il riscontro di autoanticorpi: anticorpi anti-nucleo, anticorpi contro tireoglobulina, globu-li rossi, cellule pancreatiche, cardiolipina, collagene. Un numero notevole di soggetti con IgAD presenta anticorpi anti-IgA. Infine, si possono associare con maggiore frequenza i seguenti tumori: carcinoma, in particolare l’adenocarcinoma dello stomaco, e il linfoma, usualmente a cellule B. Spesso i linfomi so-no extranodali e coinvolgono il digiuno. Altri tumori possono essere il tumore ovarico, il linfosarcoma, il melanoma e il timoma.

Prognosi

Alcuni pazienti con IgAD sono predisposti a sviluppa-re immunodeficienze più severe come CVID (in circa il 5% dei casi), che si presenta con il diminuire della produzione di IgG e IgM ed un difetto parziale di im-

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munità cellulomediata: proprio per evidenziare tale condizione è consigliato monitorare nel tempo i li-velli delle immunoglobuline sieriche. In pochi casi, il IgAD può sottendere patologie molto severe come l’atassia teleangectasia: al momento quindi della dia-gnosi di IgAD, soprattutto in bambini piccoli, sotto i 2 anni di età che hanno da poco cominciato a cam-minare e che quindi possono non aver manifestato segni neurologici di atassia, è importante eseguire il dosaggio della α-fetoproteina.La prognosi del IgAD è in genere molto buona, purchè vengano adottate misure efficienti soprat-tutto per la prevenzione delle infezioni polmonari ricorrenti. La prognosi dipende anche dal tipo di difetto: i deficit completi sono in genere irreversi-bili, mentre nei deficit parziali le IgA sieriche ritor-nano a livelli normali nel 50% dei casi entro 4 anni dalla diagnosi.

Trattamento

Non esiste una terapia specifica per i pazienti sin-tomatici con IgAD. In particolare, per i bambini con infezioni respiratorie ricorrenti, il trattamento va commisurato alla gravità del quadro clinico. A tut-

ti i soggetti è da consigliare l’esecuzione oltre che del normale calendario vaccinale anche delle vac-cinazioni anti-Pneumococco, anti-Haemophilus in-fluentiae, anti-Meningococco e del vaccino antin-fluenzale.Nel IgAD non è indicata la terapia con immuno-globuline per via endovenosa (IVIG). In letteratura (Quartier, Cunningham-Rundles) è suggerito l’utiliz-zo di IVIG per i rari casi di soggetti con IgAD associa-to a deficit di IgG2 o a difettiva risposta anticorpale che presentano infezioni gravi e ricorrenti. In questi casi, le infusioni di IVIG, come la somministrazione di qualunque emoderivato, vanno iniziate soltanto dopo aver misurato il titolo degli anticorpi sierici an-ti-IgA e sotto stretta sorveglianza medica, preferen-do i preparati a basso contenuto di IgA. Anche in ca-so di emotrasfusioni è opportuno trasfondere ema-zie lavate oppure sangue intero da donatori con de-ficit di IgA. L’incidenza attuale delle reazioni anti-IgA mediate durante le trasfusioni di sangue è stimata a 1,3 x milione di unità di sangue trasfuso. Le IVIG contengono vari titoli di IgA, ma preparati IgA de-pleti sono facilmente disponibili e sono usualmente ben tollerati, anche in pazienti con alti titoli di anti-corpi anti-IgA.In pratica, la prognosi e la terapia del IgAD si identifi-

Tab. II. Numero e percentuale di pazienti con patologie associate nel difetto selettivo di IgA.

Consensus Conference Gruppo Immunologia e Allergologia Pediatrica 1990 (modificata)

Cunningham- Rundles 2004 (modificata)

Numero totale di pazienti 258 127

Infezioni ricorrenti 123 (48%) 63 (50%)

Patologie allergiche 39 (15%) 16 (13%)

Patologie autoimmuni 32 (12%) 34 (28%)

LES 2 3

Diabete 13 2

Vitiligo 4

Artrite reumatoide giovanile 5 4

Tiroidite 2 3

Celiachia 8

PIT 4 7

Anemia emolitica 3 5

Kawasaky 1

Patologie gastrointestinali 4 (3%)

Patologie tumorali 3 (1%) 9 (7%)

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cano con quella della patologia eventualmente asso-ciata. Per i bambini con IgAD e infezioni respiratorie ricorrenti e gravi, va presa in considerazione la fisio-chinesiterapia respiratoria nonché una pronta e ap-propriata antibioticoterapia; la profilassi antibiotica continuativa può essere indicata nei casi più sinto-matici. Il malassorbimento deve essere monitorato con esami delle feci per la ricerca della Giardia e, se la clinica lo suggerisce, con indagini strumentali come l’esofagogastroduodenoscopia per escludere la celia-chia. La terapia specifica per ogni patologia associa-ta deve essere pianificata come di norma, in quanto le malattie autoimmuni, le neoplasie e le enteropatie rispondono al trattamento come nei soggetti senza deficit immunitari associati.Invece, per quanto riguarda le malattie allergiche, so-prattutto l’asma che può essere particolarmente resi-stente alla terapia, la prognosi può essere meno favo-revole che nei soggetti senza deficit associati. Questo sembra essere spiegato dal fatto che la suscettibili-tà a sviluppare infezioni aggrava la condizione di in-fiammazione tipica dell’asma.

Indicazioni per la pratica

Sulla base di quanto noto e di quanto qui riassunto brevemente, il comportamento suggerito nella pra-tica quotidiana è il seguente. Alla diagnosi è oppor-tuno effettuare alcuni accertamenti consigliati per l’inquadramento completo del deficit di IgA: esame emocromocitometrico completo, dosaggio delle im-munoglobuline sieriche, delle sottopopolazioni lin-focitarie (CD3, CD4, CD8, CD19), dell’α-fetoproteina (se il bambino ha meno di due anni di età), degli Ab (IgG) anti-transglutaminasi. In seguito, si consiglia di controllare nei soggetti asintomatici gli Ab (IgG) anti-transglutaminasi una volta ogni 1-2 anni. La determi-nazione delle immunoglobuline sieriche non ha uti-lità pratica nei soggetti asintomatici mentre andrà ri-petuta più o meno frequentemente, in base all’anda-mento del quadro clinico ed a giudizio del pediatra nei bambini sintomatici. In base all’andamento clini-co individuare la comparsa di problemi di autoimmu-nità, allergici o tumorali con gli accertamenti specifici caso per caso e provvedimenti terapeutici specifici.

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