Il mistero dell'Isola di Pasqua

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Anno 2099. Gli archeologi, che operano sull'Isola di Pasqua da parecchi anni, cercano di svelare il mistero, un oggetto sacro che gli indigeni isolani identificano con questo termine ed intendono nascondere al resto del mondo. Ora la CIA ha spinto i possessori dell'isola, i cileni, a cedere questo possedimento oltremare agli Stati Uniti perché intende mettere in atto un piano molto losco e oscuro. Per quale motivo la nazione più potente del globo è così interessata ad un'isola così piccola ed insignificante? Intanto si intravede anche una svolta nelle indagini degli archeologi, che sembrano essere ormai sulla pista giusta per scoprire il mistero dell'Isola di Pasqua ma la loro avventura sarà lunga e tortuosa, piena di insidie.

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MARCO DI CAPRIO

IL MISTERO DELLISOLA DI PASQUA

ISBN 978-1-84799-301-4 Copyright 2007 by Marco Di Caprio Foto in copertina di Ian Parker Edizioni Lulu www.lulu.com

NOTA DELLAUTORE

Moltissimi argomenti trattati in questo volume sono frutto della mia fantasia: i complotti degli agenti segreti e la ricerca archeologica condotta dai protagonisti non rappresentano alcun riferimento alla realt. Infatti, il mistero dellIsola di Pasqua non mai esistito, n ritengo che esister. In ogni caso, tengo a precisare che gli excursus storici e le teorie avanzate dagli studiosi sul passato di Rapa Nui sono reali e, in questo romanzo, sono descritti in modo preciso ed accurato. Allo stesso modo, appartengono alla realt la natura fisica dellisola ed i siti archeologici. Personaggi ed altri luoghi citati sono mia invenzione e hanno lo scopo di conferire veridicit di narrazione. Qualsiasi analogia con luoghi e persone, vive o scomparse, puramente casuale. Gli abitanti indigeni di Rapa Nui, inoltre, non sono ostili nei confronti degli stranieri; al contrario, convivono tranquillamente con i ricercatori di altre nazionalit e molti di loro sono anche archeologi.

ISOLA DI PASQUA RAPA NUI

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Prologo

Le tenebre pi profonde avvolgevano quella terra cos brulla e desolata. Percorrere cento metri o dieci chilometri pareva la stessa cosa: si stagliavano davanti solo rocce e detriti ma nientaltro. Un labirinto senza via duscita. Mitch Freedendall continuava a camminare. Un vento gelido soffiava allimpazzata sopra il suo viso e alzava un alone di polvere che offuscava la visuale. Rivolse unocchiata alla sua torcia al neon e imprec. Quellaggeggio, che aveva emanato una magnifica luce bianca fino a poco prima, si era danneggiato: gli era scivolato di mano per sbaglio ed era caduto su un cumulo di ciottoli. Mitch si ferm ansimante, si asciug il sudore sulla fronte e prese a fissare pensoso il terreno davanti a lui: cera una leggera discesa e uno strano luccichio spiccava in mezzo ad alcuni sassi. Luomo agguant la pala dal suo zainetto e la poggi in quel punto che aveva richiamato la sua attenzione. Uno stridio lo fece trasalire. Comprese che si trattava di uno spigolo metallico di bronzo e cominci a scavargli intorno con cautela mentre la sua espressione mutava rapidamente. Mitch trov un cofanetto intarsiato in legno. Alcuni strani disegni e simboli spiccavano sul coperchio ma non ci fece tanto caso: moriva dalla voglia di vedere il contenuto. Forz la serratura che bloccava lapertura con un colpo secco di ascia e finalmente la sua curiosit struggente fu soddisfatta. Mitch rimase a fissare linterno del cofanetto sentendo il cuore battergli allimpazzata per lo stupore: riusciva a stento a credere ai suoi occhi. Aveva trovato qualcosa di troppo prezioso: mai avrebbe immaginato di trovarsi in una situazione simile. Frug nella tasca dei pantaloni, agguant la sua radio, selezion la frequenza e prov a chiamare: i suoi compagni dovevano essere nei dintorni. Una donna rispose con voce squillante. Mitch spieg ci che gli era accaduto nei minimi dettagli

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con aria fin troppo emozionata e forn le sue coordinate esatte, che stava leggendo su un localizzatore satellitare tascabile. Poi tronc la comunicazione e aspett che gli amici si facessero vivi. Non dovette attendere molto perch ben presto vide due sagome profilarsi sul terreno nelloscurit della notte: un uomo ed una donna lo raggiunsero correndo. La gioia era incontenibile: quella pareva proprio la serata pi bella della loro vita. Purtroppo sarebbe stata solo unillusione: stava per accadere qualcosa di troppo inquietante. Mitch mut atteggiamento poco dopo e fiss davanti a s con aria sospetta: aveva una strana impressione. Alcuni scalpiccii si sentivano sempre pi insistenti. I tre amici chiusero il cofanetto e lo presero: listinto li invitava a scappare ma dove? Rischiavano di perdersi lo stesso, malgrado avessero strumenti cos precisi di localizzazione. Deglutirono e trattennero il respiro ormai rassegnati: un terrore mortale si stagliava sul loro viso. Una ventina di soldati armati sbucarono da una fitta nebbia di polvere con aria minacciosa per circondarli: erano armati di mitragliatrice e li puntavano con estrema attenzione. Uno di questi si fece avanti, forse un ufficiale, e fece un cenno con la mano. I soldati presero ad avvicinarsi lentamente sempre di pi ai tre amici. Avevano il dito ben saldo sul grilletto ed erano pronti a premere. Mitch strinse istintivamente il cofanetto sotto il braccio. Ecco il pi valido motivo per uccidere.

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1 Rapa Nui: la grande roccia

Era unisola dellOceano Pacifico, possedimento cileno dal 1888: Pasqua, nota anche con il nome polinesiano Rapa Nui (grande roccia letteralmente), rappresentava uno dei posti pi isolati e misteriosi del mondo. Sullisolotto (162.5 Kmq), erano presenti tre vulcani e alcuni rilievi il pi alto, con i suoi 510 metri, era il Cerro Terevaka , zone completamente selvagge ed anche costruzioni umane. Tra queste spiccava senzaltro un aeroporto nella piccola localit di Mataveri. Le edificazioni che rendevano lisola unica al mondo erano i moai, imponenti statue di tufo alte decine di metri; queste raffiguravano probabilmente un primo piano dei progenitori degli indigeni polinesiani locali, noti con il nome di Rapanui o, pi semplicemente, pasquensi. I nativi, allepoca della venuta degli occidentali, erano pacifici ed ospitali nei confronti degli altri. Latteggiamento autoritario degli stranieri e la loro brama degli antichi tesori locali aveva reso gli indigeni molto ostili e pericolosi nel corso del XXI secolo. Questi ultimi avevano approvato che loro terra fosse un possedimento cileno solo dopo aver ricevuto alcune importanti garanzie dal governatorato. I dominatori sudamericani avrebbero evitato di imporre troppe leggi ai nativi, riconosciuto lautorit del loro re e concesso loro di vivere in comunit appartate nei villaggi isolani. Hanga Roa era il capoluogo e sede del governatorato cileno, ma non erano meno importanti i centri di Mataveri, Vaihu e Anakena. Malgrado tutti questi accorgimenti per evitare inutili spargimenti di sangue, i cileni si ritrovavano spesso a dover combattere gli indigeni riportando ingenti perdite; i pasquensi, infatti, possedevano illegalmente un esercito molto competitivo ed erano abilissimi

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guerrieri. Ormai quella nazione del Sud-America non riusciva pi a trarre nessun beneficio dallIsola di Pasqua: Rapa Nui non portava alcun vantaggio di tipo economico e politico; anzi rappresentava soltanto un grande costo dovuto al mantenimento degli archeologi che vivevano l. Questi tentavano incessantemente di ricostruire la storia pasquense, avvolta ancora completamente nel mistero gli studiosi, infatti, avanzavano soltanto una serie di supposizioni senza prove certe, basandosi su racconti tramandati oralmente dai nativi per secoli. Gli unici documenti erano stati trovati nel XX secolo: una serie di tavolette scritte con alcuni strani geroglifici: i cosiddetti caratteri in rongo-rongo, non ancora decifrati. La scrittura era un lusso di pochi e soltanto i sacerdoti avevano messo nero su bianco qualcosa nellantica storia degli isolani. Gli archeologi, oltre a tante leggende, erano venuti a conoscenza dellesistenza di un oggetto sconosciuto, di cui avevano sentito parlare dai nativi, che i sacerdoti indigeni conoscevano bene, intendevano nascondere agli altri ed identificavano con la parola mistero. La curiosit degli archeologi cresceva ogni giorno di pi ed era resa nota anche dai mass media: oramai tutti sognavano di scoprire questo fantomatico mistero dellIsola di Pasqua.

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2 La cessione

Era il 3 gennaio dellanno 2099. Il presidente cileno, in seguito a tante mediazioni con i suoi collaboratori al governo, si decise finalmente ad avviare la trattativa di cessione di Pasqua e ad andare in Parlamento per far votare i deputati in merito alla questione. La notizia fece immediatamente il giro del globo ed arriv anche a Washington; Jeffery McNamara, un diplomatico statunitense di spicco affiliato in gran segreto alla CIA e braccio destro del presidente degli Stati Uniti, laccolse con entusiasmo, notando la ghiotta opportunit di far diventare lisola finalmente un possedimento americano. Quella serata, il leader dello stato sudamericano, dopo tante discussioni poco civili, era uscito dallaula del Parlamento in anticipo con espressione molto stanca ma soddisfatta. Ora stava bevendo un bicchiere di tequila seduto dietro alla scrivania del suo ufficio per festeggiare il suo trionfo: ce laveva fatta Pasqua non sarebbe stata pi cilena. Quellisola era diventata un affare troppo scottante per la sua amministrazione, perci non poteva assolutamente ignorare le tante pressioni degli americani. Gli agenti della CIA gli avevano dato il preavviso due giorni prima: Il leader cileno, uomo di buonsenso, naturalmente capiva benissimo limportanza del messaggio: se non fosse riuscito a trovare il bandolo della matassa, non solo lavrebbero rimosso dal suo posto, ma sarebbe stato processato addirittura dal tribunale internazionale per crimini contro lumanit.

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Ora il presidente sudamericano era un uomo libero: avendo svolto il suo dovere, nessun agente segreto lavrebbe potuto pi toccare, n si sarebbe permesso di importunarlo. In ogni caso, il leader cileno continuava a sudare freddo ed a tremare dallo spavento: unora prima, era entrato in Parlamento con molta preoccupazione ed aveva cominciato a raccontare le solite verit per cui sarebbe stato bene vendere lisola; alcuni deputati dellopposizione, per, avevano accennato alla posizione di prestigio in cui si trova il Cile grazie allIsola di Pasqua: da quando il mistero era diventato il pi grande enigma del millennio, superando addirittura quello del Graal, il governo riceveva ancora pi incentivi dallUnesco e da varie enti turistiche. Altri onorevoli, daltro canto, avevano visto la possibile cessione come una vergognosa resa del Cile con i pasquensi, che da qualche tempo infuriavano con sommosse popolari, o come un rifiuto immorale di tutelare la comunit archeologica. Il presidente cileno, tuttavia, aveva sfruttato le sue capacit oratorie per trovare un buon pretesto; infatti, aveva cercato in tutti i modi di far capire ai suoi che la vendita era indispensabile per incassare soldi necessari a ridurre il debito pubblico ed a commissionare opere di sociale utilit. Dopo aver fatto questo tipo di discorso, poi, aveva fatto procedere il parlamento con la votazione elettronica; quando aveva notato che era stato votato a favore della cessione, aveva trattenuto lacrime di gioia. Adesso il leader cileno non riusciva ancora a crederci si asciug il sudore sulla fronte, bevve un sorso del suo tequila e pens: Il grosso del lavoro compiuto! Ora lasta la seconda ed ultima missione, semplice e marginale devo soltanto supervisionare la compravendita, affinch le cose vadano per il meglio. Non voglio essere seccato di nuovo dagli americani. Il presidente cileno doveva cedere lisola alla nazione che avrebbe offerto pi soldi in una sorta di asta entro la fine della settimana; ogni potenziale acquirente poteva presentare unofferta solamente una volta, che doveva essere superiore ai cento milioni di dollari. In ogni caso, nessuno sembrava davvero interessato ad acquistare Rapa Nui. Il giorno dopo, soltanto gli Stati Uniti e la Cina presentarono unofferta. Il colosso asiatico aveva agito per prima: era disposto a pagare ben ottocentomila milioni di dollari. Paradossalmente i cinesi non intendevano davvero acquistare lisola, ma soltanto alzare il

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prezzo perch volevano far sborsare agli americani tanti soldi per un triangolo di terra che non significava niente per loro. Essi, grazie allintervento di alcuni abili spie, avevano saputo che McNamara avrebbe comprato Pasqua a una cifra esorbitante. Il governatore Jeffery McNamara aveva, poi, presentato una superofferta di cinque miliardi verso sera, che gli avrebbe assicurato certamente la vittoria anche su future oblazioni da parte di altri eventuali interessati. Il leader cileno, a fine giornata, decise di chiudere la compravendita in netto anticipo e, durante una conferenza stampa, dichiar che gli Stati Uniti erano i nuovi proprietari dellIsola di Pasqua. McNamara, nel momento dellannuncio, era nel suo ufficio a Washington incollato davanti ad un monitor in compagnia di un suo grande amico, il colonnello Henry Wilkins. Non riusc a trattenere la sua esultanza: era davvero al settimo cielo. asser McNamara, a dir poco entusiasta domand lamico colonnello rispose McNamara con aria ben disposta Niente sapeva il colonnello Wilkins in merito alle vere intenzioni di McNamara: in realt, oltre al diplomatico, soltanto alcuni uomini dei servizi segreti erano a conoscenza del misfatto. chiese di nuovo Wilkins. annu McNamara lo mise in guardia Wilkins tuon McNamara

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gli spieg il colonnello trasal McNamara linterruppe Henry Wilkins raccont Jeffery McNamara McNamara ed il suo amico lasciarono lufficio scortati da alcune guardie del corpo, presero posto in una limousine e, in breve tempo, si ritrovarono nellaeroporto. L presero un jet militare e puntarono dritti verso Pasqua. Erano accompagnati dal generale John Blackwell e quattrocento soldati americani, che dovevano essere impiegati soltanto come guarnigione permanente di Rapa Nui. Altri duemila militi avrebbero dovuto raggiungere lisola il giorno dopo: sarebbero stati una difesa ulteriore dai bellicosi indigeni. La notizia della vendita dei cileni arriv anche a Pasqua, la quale era avvolta da una grandissima afa: difatti, dato che era il 5 gennaio, lestate era gi cominciata da tempo nellemisfero australe. Il reggente cileno ed altri esponenti del governo di Santiago camminavano per le strade del capoluogo Hanga Roa con le valigie in mano. Tutti loro pensavano con rabbia ai loro anni sprecati a guidare unisola del tutto ingovernabile ed a tentare di sedare le rivolte dei nativi; rimpiangevano di non aver speso quel tempo in tutto altro modo. Ora, per fortuna, stavano per tornare in patria: ben presto lIsola di Pasqua avrebbe rappresentato solo un ricordo sbiadito per loro. I cileni raggiunsero laeroporto di Mataveri in venti minuti e rimasero ad aspettare il loro aereo, che era in netto ritardo.

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Unora dopo, videro che il diplomatico americano McNamara ed i suoi collaboratori stavano scendendo dal loro imponente jet militare, li salutarono augurandogli di riuscire a tenere a bada gli indigeni e si diressero verso il padiglione di imbarco, dove il loro volo era pronto a partire. McNamara usc dallaeroporto con i suoi e fece una risatina di scherno rivolta ai cileni, che reputava incapaci in ambito militare. Il generale John Blackwell, intanto, condusse tutti al parcheggio, dove erano sostate una cinquantina di jeep, e sal sulla sua con il diplomatico e Wilkins; si mise al posto di guida ed intim a tutti gli altri soldati di seguirlo fino alla vicina Hanga Roa. Durante il breve tragitto, il colonnello Wilkins, uomo di buonsenso, accenn alleventualit di collocare una stazione di polizia nel capoluogo isolano al posto di una caserma piena di soldati. Il generale Blackwell, invece, subito ribad limportanza dei militari come difensori dei cittadini su un triangolo di terra cos insicuro e brulicante di indigeni bellicosi. Mentre erano intenti a discutere su cose simili, i tre si ritrovarono a percorrere la strada principale del capoluogo, ai bordi della quale erano radunati centinaia di pasquensi festanti. Gli indigeni stranamente parevano ritenere i nuovi dominatori migliori dei cileni e inneggiavano il nome del diplomatico McNamara con grande ammirazione. Questi si decise a far fermare le jeep, scese con i suoi collaboratori ed i soldati, salut la folla, che and ad accalcarsi attorno a lui, e mormor una mezza parola. Alcuni indigeni vestiti molto eleganti, credendo che McNamara avesse preso il loro popolo in simpatia, si avvicinarono a lui. dissero con molto calore in Rapanui, la lingua di ceppo polinesiano parlata dai pasquensi. Il diplomatico non cap una parola e lanci unocchiata stupita ad un interprete, che era tra i soldati. Luomo gli si avvicin, tradusse senza indugio il messaggio ed aggrott la fronte quasi intimorito: come previsto, il diplomatico and su tutte le furie. trasal McNamara Linterprete, senza perdere tempo, rifer tutto ai pasquensi. Questi mutarono espressione: da solari e sorridenti, i loro visi diventarono tetri e pieni dodio; anche il loro comportamento cambi allistante: se prima volevano abbracciare McNamara, ora avevano intenzione di scannarlo. Difatti, cominciarono ad alzare i pugni in aria e ad urlare. Il traduttore, alquanto intimorito, non esit, allora, a proferire sottovoce, rivolgendosi a McNamara: Intanto, i soldati impugnarono saldamente le loro mitragliatrici ed intervennero su alcuni polinesiani che stavano per mettere le mani addosso al diplomatico, adoperando, per, le loro armi solo come randelli. McNamara, dopo che fu soddisfatto dellintervento dei suoi, fece un discorso in inglese abbastanza corto e conciso, in cui spieg ai polinesiani le sue regole di convivenza pacifica. Il governo americano avrebbe permesso loro di avere monarca e leggi a parte, a patto che avessero lasciato tutti il capoluogo Hanga Roa entro il giorno dopo. I pasquensi dovevano trasferire, inoltre, la residenza reale in un villaggio quasi del tutto abbandonato chiamato Rongo, che era situato nei pressi di Punta Cook. Infatti in quel posto cera un palazzo, costruito molti secoli addietro dai pasquensi ed adibito proprio ad ospitare un re.

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3 Il tesoro

Le decisioni di McNamara fecero presto il giro dellisola e naturalmente giunsero anche al palazzo reale del monarca pasquense Hotukau; questi, furioso, aspett che facesse sera per uscire fuori al suo balcone e tenere un discorso al popolo radunato nello spiazzo principale di Hanga Roa, proprio di fronte alla sua residenza. Il monarca parl con grande sdegno dellarroganza di McNamara, della sua volont di sottomettere gli indigeni e dei molteplici inganni di cui era capace. Tuttavia, il re Hotukau ordin ai suoi, anche se a malincuore, di accettare le condizioni soltanto perch vantaggiose; infatti, la lontananza dellautorit regia da Hanga Roa, sede del governatorato statunitense, permetteva alla leadership polinesiana di preparare una sommossa contro i dominatori lontana da occhi indiscreti. Come previsto, i pasquensi di Hanga Roa si trasferirono, lafosa mattina dopo, senza indugio nel villaggio abbandonato di Punta Cook, dove abitava una piccola comunit pasquense. Nello stesso tempo, gli americani presero possesso del vecchio palazzo del governatorato cileno, che era lunica sede adatta ad ospitare il governo isolano secondo McNamara. Oramai stava per ricominciare la solita routine sullisola, ma mancava ancora un governatore, che sarebbe dovuto essere scelto da tutti i cittadini dellisola tramite libere elezioni. Tuttavia, il diplomatico americano non sembrava tanto essere daccordo: per attuare il suo piano segreto con tranquillit, avrebbe dovuto collocare qualcuno di suo gradimento al potere. Voleva un uomo poco liberale che non avrebbe messo in discussione i suoi comportamenti e si sarebbe limitato soltanto ad approvare tutte le sue scelte in merito a Pasqua senza fare troppe domande. McNamara pensava che un uomo con

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tali requisiti fosse senzaltro il generale John Blackwell. Questi, infatti, amava la guerra pi di chiunque altro e non chiedeva altro che una politica aggressiva nei confronti degli stranieri. Con un governatore del genere, McNamara avrebbe potuto compiere spedizioni punitive contro gli indigeni quando sarebbe stato pi opportuno. Purtroppo, non aveva tanta fiducia nei militari e temeva che il generale potesse sfuggire al suo controllo; McNamara decise di optare per una soluzione alternativa: si sarebbe candidato proprio lui come governatore. Lidea non gli dispiaceva affatto, anzi lo entusiasmava molto: il diplomatico avrebbe goduto di una posizione di prestigio sullisola ed avrebbe controllato che il suo piano fosse sviluppato nel migliore dei modi. Lostacolo che gli pareva insormontabile era un altro: come essere certo di salire al potere. Se non si fossero tenute le elezioni, il diplomatico sarebbe apparso ai tanti archeologi isolani come un uomo dai poteri dittatoriali; nonostante tutto, McNamara trov lo stesso il modo di giustificare le sue mosse. La mattina successiva, il 6 gennaio, si proclam governatore di Rapa Nui e, durante una conferenza stampa, spieg ad alcuni giornalisti di unemittente polinesiana che egli era un funzionario con poteri speciali: sarebbe rimasto in carica, fino a quando non fosse cessato il pericolo di tumulti da parte degli indigeni. Dopo che ebbe finito di parlare alla stampa, il nuovo governatore, cercando di godersi qualche ora di relax, and anche al mare; al suo ritorno, verso le sei del pomeriggio, vide che nel suo ufficio era seduta una persona dallaria molto contenta davanti alla sua scrivania. Questi era il californiano Mitch Freedendall, sovrintendente agli scavi sullIsola di Pasqua e capo degli archeologi. Il governatore lo guard con aria interrogativa, prese posto di fronte a lui e gli chiese quale fosse il motivo della visita. esord Freedendall

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Gli occhi di McNamara silluminarono di colpo. replic il governatore Mitch Freedendall annu. lo interruppe bruscamente McNamara irritato Quella sera stessa, Mitch Freedendall invit i tanti archeologi ad esplorare le zone circostanti alle alture dellisola, proprio come suggeriva liscrizione. Il gruppo pi esiguo si diresse verso il vulcano Rano Kau, situato nella zona meridionale di Rapa Nui, sotto la guida di Mario Caruso, un giovane americano molto promettente di ventiquattro anni. Questi, dopo che fu arrivato in prossimit del vulcano Rano Kau, cap di essersi isolato dai suoi compagni per sbaglio; nonostante tutto, non si ferm e imbocc una viuzza sterrata sul pendio del vulcano, che portava dritto sulla sua sommit. Dopo che ebbe percorso circa cinquecento metri, il giovane not che un contingente di guerrieri pasquensi armati di fucili gli sbarrava la strada; in un primo momento, Mario pens di fare dietrofront, ma, quando si accorse che gli indigeni lavevano gi visto, dovette avvicinarsi a loro fingendo di non essere intimorito dallincontro. chiese uno degli armigeri con aria alquanto amichevole. Mario, che parlava un pasquense molto stentato, disse in inglese con tutta franchezza: fece un altro polinesiano

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Larcheologo comprese di non poter rivelare lo scopo della sua missione: i pasquensi non avrebbero approvato la sua causa di certo; tir un sospiro profondo ed invent una scusa: Il pasquense rispose con aria pensierosa: Proprio in quel mentre, incominci a piovere: le guardie corsero immediatamente verso la valle per andarsi a riparare ed intimarono a Mario di seguirle. Lamericano tallon i pasquensi per un tratto a passo lento; quando si rese conto di averli distanziati, torn indietro e riprese a percorrere lo sterrato che conduceva in cima al vulcano. Ben presto la pioggia divent un grosso temporale con venti forti, lampi e tuoni. Larcheologo, oramai tutto inzuppato, faticava a proseguire a causa delle correnti, che erano diventate troppo violente. Dopo aver camminato per qualche altro metro con grande spasmo, Mario si ferm un attimo per riposare e cercare un posto al coperto; fiss un punto a terra, not un oggetto metallico che sporgeva dal suolo, tir fuori dal suo zainetto una pala e prese a scavare con grande curiosit. Trov un forziere rudimentale con delle scritte e dei segni raffigurati sul coperchio, forz la serratura e lapr: era proprio il tesoro dei pasquensi. Mario era al settimo cielo: si trattava del primo colpo grosso della sua carriera; ora era un vero problema portarlo via. Larcheologo poteva trasportare il pesante cofano solo facendolo strisciare a terra; in questo frangente, dopo la sua discesa a valle, avrebbe avuto poche possibilit di sottrarsi con agilit dal campo visivo delle guardie pasquensi, sicuramente appostate nei dintorni al riparo dalla pioggia. Mario, dopo aver meditato a lungo sui pro e contro, decise di rischiare; si volt e percorse la viuzza dirupata in discesa, favorito dal vento fortissimo che ora spirava alle sue spalle. Giunse a valle e ud un grande silenzio non sapeva se ritenerlo buono o cattivo segno: i nemici potevano anche essere nellombra. In ogni caso, il giovane strisci lungo una fila di moai con molta cautela, finch,

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accidentalmente, non inciamp su una delle piattaforme, detta dai pasquensi ahu, adibita ad ospitare un paio di moai. Un armigero indigeno, ben riparato alle spalle della statua, si dest di soprassalto e prese a guardare attorno con aria pensosa. Mario, intanto, era in preda al panico e alla disperazione: il suo cuore cominci ad accelerare i battiti, le sue mani presero a tremare come foglie al vento e il suo volto divent di fuoco. Difatti, se il pasquense lavesse trovato con il tesoro, non avrebbe esitato ad eliminarlo. Per fortuna, la sentinella assonnata rivolse unocchiata fuggente davanti a s e torn a rannicchiarsi. Lamericano ebbe finalmente via libera e continu a serpeggiare lungo i moai; quando si rese conto di essere arrivato al confine del villaggio, tir un sospiro di sollievo: era cos riuscito a soffiare via il tesoro ai pasquensi, unimpresa ardua proprio da raccontare a tutti. Gli altri membri della spedizione erano a pochi metri da Mario in una caverna-riparo; vedendolo col forziere, andarono tutti incontro a fargli festa, caricarono insieme il tesoro su una delle jeep con lintenzione di portarlo a Hanga Roa il giorno dopo e tornarono al riparo con leroe dellimpresa. Alle prime luci dellalba, gli archeologi fecero rientro nel capoluogo con i loro fuoristrada; McNamara, che stava passeggiando per le stradine sterrate di Hanga Roa, appena not i ragazzi con il tesoro, li ferm. Fatic a trattenere un grandissimo urlo di gioia e fece i suoi complimenti alla comitiva con aria entusiasta. disse il governatore fece uno degli studiosi McNamara si avvicin al capo della spedizione e gli disse con grande ammirazione: Quello stesso pomeriggio, Mario Caruso fu convocato al palazzo del governatorato da alcuni esponenti del ministero americano della ricerca; l ricevette, con suo grande stupore, una medaglia ed un assegno di ventimila dollari. Finalmente era stato ripagato, dopo

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tanto arduo lavoro sullIsola di Pasqua, con la scoperta di un bene dal valore inestimabile. Il governatore McNamara partecip alla cerimonia di premiazione di Mario e si compliment pi volte con lo studioso; gli chiese, inoltre, di essere informato pi spesso su scoperte e ritrovamenti di importanza storica che riguardavano lisola. Larcheologo americano rimase sorpreso da simili richieste: gli pareva strano che un uomo cos importante si interessasse del suo lavoro; tuttavia promise a McNamara che avrebbe fatto il possibile per metterlo al corrente su tutto.

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4 Una scoperta interessante

La mattina seguente dellotto gennaio, larcheologo Mario Caruso si svegli alle otto, prese la sua jeep scappottata, parcheggiata fuori casa, e sincammin verso la spiaggia di Punta Espolon; il giovane doveva incontrare alcuni colleghi ed esplorare i fondali marini in quella zona insieme a loro, munito della sua tuta da sub. Mario arriv a destinazione in breve tempo, parcheggi la jeep dietro ad un moai, imbocc la discesa a mare e prese a fissare il paesaggio, che da sopra era stupendo: da lass, si notava una piccola insenatura lungo la costa con della sabbia bianchissima ed un mare limpidissimo. Caruso scese sul litorale deserto e not che tutti i colleghi ancora dovevano arrivare; solamente il sovrintendente a quella spedizione archeologica era gi l. Si trattava di Jerry Davis, un suo coetaneo assai noto a livello internazionale e suo amico di infanzia, che stava aspettando seduto allombra di una palma. asser in tono scherzoso Jerry inve Mario ironico, sedendosi accanto a lui I due amici rimasero in silenzio per qualche minuto: erano assorti a fissare le acque delloceano, dal quale proveniva una forte brezza che batteva sui loro volti.

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proruppe Jerry ribatt laltro con tono deciso Gli archeologi avevano deciso di programmare questa spedizione perch erano intenzionati a scoprire qualche indizio interessante che li potesse condurre sulle tracce del grande mistero. Tutti loro, infatti, ritenevano che le acque di Punta Espolon potessero contenere molti reperti interessanti; gi diverse volte, furono rivenute piccole statuette e suppellettili incisi da iscrizioni varie. asser Jerry disse Mario Mario asser che questa descrizione era stata esagerata di certo; egli ipotizz che i pasquensi, molti secoli addietro, avessero estratto materiali preziosi in abbondanza sullisola da un sottosuolo pi ricco e raccolto il superfluo nel forziere da lui scoperto, che rappresentava il frutto della fatica degli avi e, magari, il mistero poteva essere una gemma molto preziosa, nascosta sotto qualche antica rovina o incastonata in una scultura megalitica. rise Jerry

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ribad Mario con aria decisa Finalmente i colleghi che Mario e Jerry aspettavano scesero sulla spiaggia, si avvicinarono ai due e li salutarono con molto calore. Gli archeologi, senza indugiare troppo, indossarono la tuta da sub, entrarono nelle acque trasparenti delloceano e si spostarono al largo; dopo che ebbero raggiunto una profondit accettabile, effettuarono limmersione ed attivarono lOcean defender, un apparecchio che emanava un campo elettromagnetico capace di allontanare squali od animali marini simili. Gli archeologi perlustrarono la zona circostante a Punta Espolon per ben quattro ore respirando lossigeno puro delle loro bombole assai capienti. Erano ormai molto stanchi e sfiduciati, sul punto di lasciar perdere. Fortunatamente unarcheologa francese vide uno spigolo metallico spuntare dal fondo del mare. La studiosa europea si avvicin allo strano oggetto, rimosse il terriccio che lo circondava, trov un cofanetto con grande stupore, lo prese e torn a riva con i colleghi, ancora pi sorpresi di lei. Mario, dopo che ebbe osservato a lungo con gli altri i segni incisi nel ferro della cassetta, perse la pazienza, lapr e not che al suo interno trovava posto una sottile tavoletta di pietra contenente simboli incomprensibili. Rimase sorpreso ed alquanto confuso: aveva notato quella scrittura nella Polinesia Francese, perci non poteva certo attribuirsi ai pasquensi. I colleghi sbirciarono il contenuto della tavoletta, cercarono di decifrare qualche simbolo e persero la pazienza: nessuno era in grado di comprendere una sillaba. Mario ricord di un glottologo canadese, esperto anche in archeologia, di nome Patrick Ford con cui aveva effettuato alcune importanti ricerche in passato: sicuramente si trattava delluomo giusto in materia di decifrazioni. Dopo che Mario ebbe messo i colleghi al corrente delle sue intenzioni, Jerry Davis ordin a tutti di tornare al centro archeologico con lui: la soluzione optata dallamico era davvero ottima anche lui, d'altronde, conosceva Patrick Ford per la sua grande abilit a decifrare qualsiasi tipo di scrittura polinesiana a parte lincomprensibile rongo-rongo , che fosse stata arcaica o settecentesca.

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Quando gli studiosi furono arrivati nel capoluogo a bordo dei loro fuoristrada, Mario, Jerry ed altri quattro archeologi tra i pi influenti entrarono nelledificio, si diressero verso lo studio del glottologo e, dopo averlo messo al corrente della loro strana scoperta, gli porsero il cofanetto aperto con aria ansiosa. assicur Patrick fiducioso annu Jerry con fare amichevole, dando una pacca sulla spalla al suo interlocutore mormor il canadese, poggiando il cofanetto sulla sua scrivania Gli archeologi salutarono il glottologo, lasciandolo alle prese con i suoi geroglifici, ed andarono a pranzare insieme, soddisfatti del loro operato; per Mario quel giorno pass davvero in fretta. Il giovane, dopo che ebbe mangiato, and al mare con Jerry e con alcuni colleghi, nonch carissimi amici, per fare una nuotata e vi rimase per tutto il resto della giornata; infatti, imbocc la strada del ritorno soltanto verso mezzanotte.

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5 Una strana missiva

La jeep di Mario rugg, mentre il conducente si dirigeva verso il capoluogo. Le strade erano tutte sterrate e nessuna via era asfaltata sullisola; rari erano, inoltre, i lampioni, che potevano illuminare con la loro tenue luce al neon soltanto la strada principale di Hanga Roa. Essendo a disposizione tracciati cos miseri, diveniva indispensabile luso dei fuoristrada, che daltronde erano molto costosi a quellepoca. Luso dellaeromobile era, inoltre, molto limitato, perch lisola era troppo piccola e non offriva adeguati spiazzi datterraggio; questa ultima invenzione tecnologica, progettata per la prima volta nel 2051 da ingegneri cinesi, consisteva in una vera e propria macchina, con forme pi bizzarre di quelle terrestri, fatta apposta per volare e percorrere grandi distanze. Le sue caratteristiche peculiari consistevano chiaramente nella mancanza di ruote e di un motore a scoppio: queste aeromobili, alimentate con energia elettrica, rimanevano sospese a mezzaria grazie ad un congegno solidissimo a raggi gamma incastonato nella parte inferiore della macchina, il quale annullava la forza di gravit terrestre e potevano salire a qualsiasi quota. Mario si ritrov ben presto ad entrare nel capoluogo, quando ud il cellulare squillare. Lo studioso non perse tempo ad accostare di fronte al vicino centro archeologico ed a rispondere: era Patrick, che diceva di essere finalmente riuscito a tradurre la tavoletta. Mario non stava nella pelle sentiva che avrebbe saputo qualcosa di importante. Lo scopritore del tesoro entr immediatamente nelledificio, attravers il corridoio dellatrio, sal una rampa di scale, buss alla porta dello studio del glottologo ed entr con aria entusiasta. La stanza era rettangolare ed abbastanza grande: guardandola dalluscio, si poteva notare subito un divano in

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prossimit dellingresso sulla parete di sinistra. Poco pi in l, spiccava una larga finestra, mentre una scrivania trovava posto in fondo alla sala; dietro a questa, cera una libreria. Mario vide, inoltre, un imponente televisore, prodotto di alta tecnologia, alla sua destra dirimpetto al divano. Patrick, che era seduto dietro alla scrivania, linvit entusiasta a sedere davanti a lui e gli rifer che aveva fatto un ottimo lavoro di traduzione, migliore di quanto sperava. Apr il computer portatile che aveva riposto poco prima in un angolo dello scrittoio, tolse la modalit stand-by e lo gir dal lato dellamico. Lamericano, rabbrividendo quasi dallemozione, lavvicin a s e lesse con aria molto attenta e appassionata. Caro collega, il vecchio tesoro di Hotu Matua una reliquia molto preziosa ed importante, forse la pi illustre di tutte ma pur sempre un oggetto terreno, per niente divino. Prima che il mistero fosse piombato tra le nostre mani, non eravamo sicuri che avessimo il favore dei nostri antenati, ma ora siamo certi che i nostri custodi ci proteggono e ci guardano, sia dallalto che dal basso. Il tesoro passato in secondo piano, come molte delle antiche reliquie. Purtroppo siamo stati troppo imprudenti e poco scaltri, abbiamo affrontato una certa guerra con eccessiva leggerezza ed abbiamo pagato tutto questo a caro prezzo, oltre a deludere le divinit. Ora quei maledetti hanno massacrato i nostri amici ed i nostri cari ed abbattuto molti moai; dimmi, sono degni di possedere il mistero? Ebbene io li punir ho gi restituito lantico valore e splendore al vecchio tesoro, che ora ospita, grazie alla mia opera, un pezzo di mistero. Mario guard meglio il documento word per vedere se ci fosse scritto dellaltro, mosse lindice sul pad, diede unultima occhiata e si rivolse a Patrick con aria confusa. asser il canadese Patrick ci tenne a dare la sua interpretazione: innanzitutto, Hotu Matua era il primo re indigeno. Secondo la tradizione, dopo aver sognato una striscia di terra stupenda in mezzo alloceano, lasci un arcipelago con la sua famiglia e prese il largo in canoa; molti mesi dopo, attracc su una terra in cui riconobbe quella che aveva

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immaginato: lIsola di Pasqua. Gli storici tendevano a vedere un fondo di verit in questa leggenda: forse, attorno al 400 d.C., mentre a Roma crollava limpero doccidente, veramente una serie di popoli lasciarono le isole Marchesi per dirigersi ad est. Magari queste genti avevano bisogno di nuove terre da coltivare o perso una guerra; in ogni caso, raggiunsero Rapa Nui, portando semi di banano e polli. Patrick si sofferm sulla cultura dei pasquensi: i custodi menzionati nel brano erano i loro avi, guerrieri morti in tempi antichi. I nativi attribuivano unimportanza vitale al culto degli antenati, proprio come facevano le popolazioni germaniche e i vichinghi. Mario spieg che i cosiddetti custodi guardavano anche dal basso, perch i pasquensi credevano che i moai racchiudessero il mana, lo spirito degli avi che vegliava sui villaggi e sulle persone. Lamericano si sofferm anche sulla guerra ben evidenziata nella tavoletta: sicuramente si trattava del famigerato conflitto tra le due fazioni storicamente rivali dellisola i lunghi e i corti orecchi. I primi dominavano sui secondi e, secondo alcune ipotesi, erano aristocratici e sacerdoti, i custodi delle antiche tradizioni e i commissionari dei moai; infatti, costringevano i loro schiavi, i corti orecchi, a scolpire le statue nella cava del Rano Raraku ed a trasportarle, servendosi probabilmente di tronchi, su alcune piattaforme di pietra, gli ahu appunto. Leccessiva deforestazione e la sovrappopolazione rese il terreno perlopi improduttivo, cosa che fece insorgere i corti orecchi: i poveri schiavi dovevano faticare per spostare sculture di migliaia di tonnellate e, poi, vedersi negare il pane proprio per quella causa. Attorno al XVII secolo, i costruttori insorsero con violenza, catturarono gli aristocratici e, poich non avevano nulla da mangiare, si cibarono della loro carne. Secondo unaltra versione, i lunghi orecchi, stanchi delle proteste, progettarono di catturare gli schiavi e divorarli per umiliarli; il piano, per, fall e i brutali aristocratici finirono per essere vittime del loro stesso disegno. Patrick, sentita la storia di Mario, tenne a precisare che, secondo altre fonti, gli esploratori del XVIII secolo Roggeveen, Cook e La Perouse avevano trovato, durante i loro viaggi, ancora un terreno fertile e capace di dare molti frutti col minimo sforzo. continu a spiegare Patrick asser Mario Patrick si sofferm sullultima parte, la pi importante di tutta liscrizione: cosa voleva dire pezzo di mistero? Sicuramente era molto difficoltoso immaginare una parte di una cosa ignota. Mario, ipotizzando loggetto tanto cercato come una gemma preziosa, spieg che poteva esserci un piccolo frammento luccicante nel forziere. Rivolse le sue attenzioni anche alla tipologia testuale: qualcuno aveva scritto una lettera informale ad un amico, forse un parente stretto, in cui teneva ad informargli delle sue azioni. Mancavano i saluti e, cosa pi importante, la firma, elementi che avrebbero potuto illuminare gli archeologi. Patrick precis di non aver tralasciato neanche un geroglifico della tavoletta, la prese in mano con aria confusa e cominci a ragionare ad alta voce sulluso della scrittura: perch lanonimo aveva usato la lingua delle isole Marchesi? Ancora meglio, i pasquensi, che, secondo le ipotesi degli studiosi, non avevano avuto nessun contatto con altri popoli da quando erano sbarcati a Rapa Nui, come facevano a sapere la lingua delle isole Marchesi? Mario batt un pugno sul tavolo con molta veemenza. url con aria confusa e alquanto esacerbata ribatt Patrick con aria contenta sospir Mario sollevato Proprio in quel momento, il comandante in capo dellesercito pasquense, Rong Kohau, era alle falde del Rano Kau: il pasquense

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aveva appena saputo da alcuni armigeri che il tesoro non era pi al proprio posto e pensato anche a chi dare la colpa. Sal in groppa al suo cavallo e part verso Rongo; portava con s una grossa lanterna, che gli illuminava il percorso in quella notte alquanto cupa. Dopo aver fatto un breve tragitto costiero, lindigeno giunse alla residenza reale di Hotukau, entr nella sala del trono senza farsi annunciare dalle guardie e not che il re era seduto sulla sua poltrona con aria assonnata. esclam il comandante Kohau A queste parole, il re Hotukau trasal: si discolp il comandante constat Hotukau Il re Hotukau scosse il capo e fece una smorfia di rabbia. Non riusciva a credere che gli statunitensi avessero trovato un modo cos semplice per tenere a bada il suo impeto bellicoso; purtroppo dovette ammettere che era accaduto. asser il monarca ribad il comandante Kohau con aria diabolica Hotukau accolse lidea con entusiasmo ed asser che aveva pienamente fiducia nellaltro; era certo che tutto si sarebbe risolto in breve tempo.

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6 Incontri cruciali

La jeep di Mario e Patrick romb nella notte, quando i due coraggiosi archeologi erano giunti finalmente a destinazione: il vulcano Katiki era spento gi da tantissimi secoli, ma la sua imponente mole lasciava sempre trasparire un qualcosa di inquietante. I due parcheggiarono sulla piccola spiaggia che stava davanti allaltura, scesero dalla jeep con molto entusiasmo, diedero unocchiata alle onde, appena percettibili, di un mare calmissimo; questo ultimo particolare pareva dare loro un certo senso di tranquillit. Avanzarono verso il vulcano, imboccarono una mulattiera che conduceva dritto in cima al vulcano e si fermarono a met strada. L, in una caverna scolpita nella roccia del pendio, abitava il vecchio saggio pasquense Ariki. Il polinesiano, che era sdraiato sulla nuda roccia allingresso del suo riparo, guardava le stelle con molta passione: aveva ormai raggiunto una sofisticata conoscenza dellastronomia. Ariki abbass per un secondo lo sguardo, vide i due uomini davanti a s, riconobbe il canadese e li invit a sedere vicino a lui. Patrick accenn un inchino in segno di rispetto, mentre Mario ringrazi in un Rapanui molto stentato. domand incuriosito il saggio ridacchi il canadese in lingua pasquense davvero impeccabile Tir un foglio di stampante dalla tasca dei pantaloni, su cui era annotato il testo originale della tavoletta, lo porse ad Ariki e chiese di poter far luce su quel testo poco chiaro. Il saggio ridacchi e parl di una storia molto

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inquietante e altrettanto appassionante. Al termine della guerra tra corti e lunghi orecchi, alcuni sacerdoti della fazione aristocratica si salvarono fuggendo nei luoghi pi nascosti dellisola, abitando perlopi caverne, o prendendo il largo in mare. Uno di questi rest a Rapa Nui, continuando a comunicare con altri colleghi: pagava semplicemente alcuni contadini, affinch portassero le sue missive agli altri colleghi nascosti sullisola. Era solito scrivere con la lingua delle isole Marchesi, poich i nemici e le persone umili la ignoravano del tutto; gli aristocratici eruditi riuscivano a scrivere in quel modo, poich conservavano vecchi codici scritti allepoca della grande migrazione di Hotu Matua. Il vecchio sacerdote, mal sopportando di vedere il fantomatico mistero tra le mani dei corti orecchi, decise di agire: loggetto sacro doveva lasciare quelle mani ignobili. Tuttavia non tutti erano degni, a suo parere, di possederlo al posto dei suoi nemici. Semin, cos, per tutta lisola una serie di indizi sotto forma di indovinelli, che chiamava pezzi di mistero paragonandoli quasi ai tasselli di un puzzle: ognuno di questi, se risolto, porterebbe ad un altro finch non si arriverebbe finalmente a scoprire dov nascosto il grande mistero. Il sacerdote contrassegn i suoi indizi con il disegno di una foglia di toromiro, una pianta ormai estinta che metteva le radici a Rapa Nui. Con questa trovata, firm gli indovinelli, che non potevano magari essere confusi in alcun modo con quelli di altri colleghi. La caccia al mistero partiva proprio dal tesoro, in cui ci sarebbe dovuto essere lindizio di partenza soltanto i pi scaltri e intelligenti potevano decifrare ed arrivare alla soluzione finale, che valeva proprio il sogno di una vita per gli archeologi. esclam Mario con grande gioia sospir Patrick annu Ariki Il canadese si alz da terra, seguito dallaltro collega, ringrazi e salut calorosamente il saggio, asserendo che si era fatto abbastanza

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tardi. Gli archeologi imboccarono la strada del ritorno con ladrenalina alle stelle, sognando nuove scoperte e riconoscimenti a livello mondiale, e tornarono sulla spiaggia. Si trovarono di fronte soltanto sabbia bagnata e vischiosa, ma nientaltro. Unonda anomala, effettivamente, aveva spazzato la spiaggia e trascinato chiss dove la jeep, mentre erano al colloquio col vecchio. I due rimasero di stucco: ora si poteva fare soltanto affidamento sui propri piedi per tornare nel capoluogo. Mario guard la luna piena e disse che la tenue luce del cielo bastava per illuminare il loro tragitto. Patrick fece un cenno di disapprovazione, frug nelle tasche, carp una torcia e spieg allaltro che cerano due modi per tornare a Hanga Roa; la prima soluzione era seguire i lunghi sentieri sterrati dellentroterra mentre la seconda prevedeva camminare lungo la costa, tragitto pi breve di certo. Mario opt per la seconda, malgrado sapesse che bisognava attraversare un piccolo boschetto che costeggiava la stretta spiaggia; questo, composto perlopi da palme, partiva ad ovest del Katiki per finire in prossimit di Ahu Tongariki, sito archeologico di notevole importanza. Era uno dei pochi sullisola e si era formato nel corso del XXI secolo per via delle opere di rimboschimento dei botanici sul territorio brullo di Rapa Nui. Mario e Patrick camminarono a passo svelto e si ritrovarono nella quiete del boschetto in breve tempo: il rumore delle onde del mare in sottofondo li tranquillizz e gli fece quasi dimenticare di dover fare tanta strada a piedi. Il silenzio fu disturbato ben presto da alcune voci sibilanti, che parevano provenire da molto vicino. I due archeologi si mossero con cautela e videro alcune ombre profilarsi sul terreno illuminato dalla luna; al livello delle mani, sporgevano alcune protuberanze dalle sagome, particolare che inquiet Patrick. Questi spense la torcia di colpo, si nascose istintivamente dietro ad una palma tirando Mario verso di s per un briaccio. Aveva fiutato il pericolo nellaria: pochi istanti dopo, vide sbucare cinque persone armate di revolver. Si trattava di tre donne e due uomini che vestivano una mimetica nera. Una di loro si volt verso la palma degli archeologi, guard attentamente puntando la pistola e, per fortuna, non scorse nulla di strano. imprec lei alquanto irritata

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ribatt uno dei due uomini, riponendo larma spieg unaltra delle tre donne con aria incupita intervenne la terza, facendo ruotare il revolver attorno allindice con impazienza I cinque presero a sghignazzare, si sdraiarono a terra gli uni vicini agli altri, presero alcune birre dagli zainetti e brindarono al successo della loro importante missione. Dopo che furono abbastanza sbronzi, si diedero alla pazza gioia: si spruzzarono il resto della bevanda tra di loro, cantarono e strepitarono come degli ossessi. Luomo pi giovane della compagnia, chino su una delle amiche, prese a baciarla sulla bocca e sul collo con passione. Gli archeologi compresero che era il momento giusto per tagliare la corda, strisciarono lungo alcune palme molto distanti, convinti di non poter essere notati, e uscirono dalla boscaglia in breve tempo. Si fermarono davanti ai moai di Ahu Tongariki, riflettendo su ci che avevano visto; che facevano l quei tipi sinistri? Perch contavano di eliminare delle canaglie? Forse erano semplici killer che avevano un conto in sospeso con due persone: magari speravano di potersi vendicare. Eppure indossavano una mimetica e parlavano di conseguenze devastanti alla societ nel caso che fosse fallita la loro missione. Non potevano certo agire per conto loro. Ci doveva essere sicuramente qualcosa di losco e oscuro in questo complotto un motivo molto pi grande di Mario e Patrick, che riflettevano senza potersi dare una risposta. I due, assai irritati, decisero di lasciarsi alle spalle simili interrogativi. Carpirono la torcia e ripresero a camminare, sotto il cielo di unisola tanto meravigliosa quanto velata e misteriosa. I due archeologi non si sentivano pi le gambe a furia di camminare; guardarono i moai in prossimit del mare e compresero che erano ormai alle porte di Hanga Roa. Lorologio segnava le quattro e

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mezza anti-meridiane: erano volati fino a l con lansia di tornare al centro archeologico. Attraversarono una piana con passo pi lento ed imboccarono finalmente il sentiero sterrato che portava al capoluogo: gi vedevano profilarsi alcuni edifici allorizzonte. La solita quiete che regnava durante le notti pasquensi pareva essere turbata da un qualcosa di molto inquietante. Nellaria si fiutava quasi un senso di angoscia e sgomento; alcune urla lontane sembravano arrivare allorecchio dei due archeologi. Questi si lanciarono unocchiata interrogativa, accelerarono landatura con aria preoccupata e raggiunsero finalmente il corso del capoluogo. Una folla riluttante affollava stranamente la strada; molti imprecavano, altri stavano accogliendo le autorit: una manciata di poliziotti federali americani. Mario domand ad un tale cosa fosse accaduto e si sent rispondere che cera stato un incidente ad una persona pi avanti nientaltro. Evidentemente le forze dellordine non facevano passare nessuno. I due archeologi avvistarono finalmente una calca disposta in semicerchio attorno ad un ferito grave e si resero conto che erano tutti colleghi. Si fecero spazio con forza e, dopo mille tentativi, videro qualcosa che era meglio non vedere. Jerry Davis era a terra in un mare di sangue con ferite gravi alladdome e alla faccia: qualcuno gli aveva sparato. Mario, in lacrime, si accovacci accanto al suo amico. mormor lui con la voce rotta dal pianto ribatt Jerry con voce roca, quasi soffocata Mario rimase sorpreso e alquanto impressionato dalle parole dellamico. domand lui rispose Jerry con un filo di voce, dimenandosi quasi dai terribili spasmi Queste furono le ultime parole di uno degli archeologi pi illustri, che aveva dato lanima per lIsola di Pasqua e per scoprire i suoi misteri. Ormai la sua passione e le sue speranze erano finite nella tomba con lui. Jerry Davis batt violentemente il capo e si spense con gli occhi serrati e levati al cielo rischiarato stava per sorgere

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lalba di un nuovo giorno, di cui lui non avrebbe pi fatto parte. Mario rimase a fissarlo e prese a strepitare dal dolore: un urlo prolungato per quel collega, nonch grande amico di vita. Provenivano entrambi dalla stessa citt ed avevano frequentato il liceo insieme ad Anaheim, un quartiere di Los Angeles. Ora nessuno pi gli avrebbe restituito la persona con cui marinava la scuola o andava dietro alle ragazze. Sarebbe stato ancora pi doloroso dover riferire della sua morte alla fidanzata di Jerry, che non aveva mai approvato la sua scelta di andare su quellisola sperduta nellOceano Pacifico. La polizia intervenne sul luogo del delitto ed intim a Mario di lasciare il posto. Patrick, vedendo che lamico non ne voleva sapere di andare, lo trascin via. I due si avviarono insieme verso il centro archeologico con aria da funerale: il canadese si interrog sul motivo di una morte assurda, mentre Mario non disse una parola. Poco vicino, la luce dellufficio di McNamara al palazzo del governatorato era accesa, malgrado fosse molto presto. Il diplomatico sedeva dietro alla sua scrivania e discuteva vivamente con qualcuno che gli stava dirimpetto. Questi era il Mitch Freedendall, il sovrintendente agli scavi sullIsola di Pasqua e capo degli archeologi. sospir luomo asser McNamara Il governatore giustificava la morte di quella persona scomoda, che avrebbe potuto nuocere ai suoi grandi progetti, con crudelt e con soddisfazione. Forse riteneva lomicidio da lui ordito come un sacrificio indispensabile per i suoi sogni di grandezza daltronde, come lui affermava spesso, il fine giustifica i mezzi. Eppure quello non era neanche lunico delitto previsto: McNamara asser che altre due canaglie conoscevano informazioni scottanti, ma presto le loro bocche sarebbero state cucite per sempre. Freedendall sent un forte rimorso: desiderava davvero scomparire per quello che aveva combinato. Quella notte, uno dei suoi archeologi pi promettenti gli

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aveva arrecato molto fastidio e non gli aveva dato alcuna possibilit di essere messo in guardia sulle conseguenze. Freedendall aveva consultato il governatore per un semplice consiglio ora avrebbe preferito non averlo mai fatto. McNamara linterruppe nei suoi ragionamenti asserendo di essere molto stanco: voleva riposare un poco. Il giorno dopo avrebbe dovuto lavorare parecchio perch era necessario sbrigare con urgenza alcune faccende a livello amministrativo. sospir il governatore con fare diabolico Freedendall si alz dal suo posto sbadigliando, ammicc e usc dalla stanza mormorando una mezza parola con aria da funerale.

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7 Un pezzo di mistero

Patrick vide la luce del sole pomeridiano che traspariva dalle tende del suo studio: era sdraiato mezzo intontito sul divano. Quando era tornato al centro, si era steso per riflettere sulle nuove ricerche con aria assopita e aveva progressivamente chiuso occhio. Si alz e guard lorologio: erano le due e mezza. Ricord di aver preso il forziere del tesoro dal deposito in cui si trovavano tutti i reperti archeologici, and dietro alla scrivania e lo trov a terra affianco alla sedia. Patrick aveva intenzione di condurre da solo le ricerche del primo indizio del sacerdote pasquense: Mario era abbastanza gi di morale o almeno cos pareva lultima volta che laveva visto. Pos il forziere sulla scrivania, agguant una lente di ingrandimento tra i suoi attrezzi ed esplor con locchio la superficie esterna del reperto. Rimase per un quarto dora a scrutare, finch non adocchi alcuni simboli che parevano condurlo ad una buona pista: alcuni omini incisi sul retro indicanti un punto preciso del forziere. Patrick lo volt e vide che i segnali si perdevano sul fondo del baule: che poteva significare? Non aveva neanche la minima idea di cosa fosse lindizio, quindi non sapeva cosa cercare. Sfior con le dita la superficie metallica, gli parve di sentire il vuoto sotto e picchi pi violentemente, comprendendo di non aver sbagliato mossa. Forse era arrivato alla soluzione. Patrick carp un martello di gomma, batt contro il metallo e not che si era staccato con molta facilit: il baule aveva un doppio fondo allesterno. Riusc ad intravedere tra la polvere una tavoletta di pietra ben conservata, lestrasse dal forziere e si rese conto che era rimasta l per pi di cinquecento anni. Patrick soffi con forza sullasse rocciosa: i simboli erano ben visibili. Not

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in basso a destra anche lincisione rudimentale di una foglia: questa, senza ombra di dubbio, si poteva identificare con il toromiro. Il primo indizio della caccia al mistero era venuto finalmente alla luce. Il canadese era davvero entusiasta. Guard meglio i simboli e comprese che erano tipici della lingua delle isole Marchesi: la prova lampante che aveva scritto il vecchio sacerdote. Se si fosse trattato di rongo-rongo, la scrittura antica dei pasquensi, sicuramente la tavoletta sarebbe rimasta avvolta nel mistero. Da secoli, glottologi e studiosi tentavano di decrittare un centinaio di tavolette nel vero e proprio linguaggio dei sacerdoti Rapa Nui, ma mai nessuno era riuscito nellimpresa. Alcuni ipotizzavano che la parola rongo significasse pace e ritenevano gli scritti trattati di non belligeranza tra corti e lunghi orecchi. Altri credevano che fossero formule per rituali magici e molti ancora pensavano ad annali e monografie rudimentali di storia pasquense. I simboli di quella lingua perduta rappresentavano un esemplare molto raro di scrittura primitiva; infatti presentavano molte somiglianze con i segni ritrovati a Moenjio-Daro, nella valle del fiume Indo. Decrittare il rongo-rongo sarebbe stata una vittoria per i glottologi e un aiuto per comprendere meglio le tradizioni di popoli cos lontani dalla nostra cultura. Patrick esamin, ancora una volta, i geroglifici con la lente di ingrandimento, annu e cominci a tradurre, supportato dal suo computer portatile, con lentusiasmo alle stelle. Non fu un lavoro molto facile, ma verso le sette e mezza di sera il canadese poteva ritenersi soddisfatto del suo operato; era stato disturbato soltanto due volte, quando un collega era venuto a prendere il forziere del tesoro per portarlo nel magazzino: i seccatori di sempre. In quel mentre, il comandante pasquense Rong Kohau era con un gruppo di quattro suoi armigeri sul corso principale di Hanga Roa; la squadra camminava di soppiatto riparata dietro alcuni moai: tutti parevano disarmati, ma, in realt, portavano dei coltelli ben affilati e pistole calibro nove nelle tasche delle loro casacche. La banda era giunta nel villaggio proibito ai nativi per portare a termine la missione approvata dal re nella massima segretezza e non aveva alcuna intenzione di deludere le aspettative. I cinque pasquensi strisciarono, mimetizzandosi tra lerba, raggiunsero in breve il retro del centro archeologico e si appostarono dietro ad un muro

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abbastanza alto. Il capoluogo si era alquanto svuotato: molti soldati americani erano rimpatriati, lasciando solo poco meno di mille unit a presidiare lisola, e con loro parecchi delegati del ministero degli esteri. Solo il colonnello Wilkins e il generale Blackwell erano rimasti per combattere in caso di necessit. Ora McNamara avrebbe diretto tutto lui sullisola come meglio riteneva opportuno. Kohau scrut lingresso sul retro del centro archeologico, guard attentamente la zona e comprese che era il momento buono: corse verso la porta con i suoi ed entr. La squadra si mosse di soppiatto e attravers un corridoio con cautela. Il capo della banda adocchi alcune indicazioni sulla parete, not che il deposito dei reperti era al piano di sopra e invit gli altri a fare qualche altro passo in avanti. I cinque armigeri salirono le scale, udirono alcune voci in lontananza, aprirono la prima porta che si trovarono davanti ed entrarono in una sala buia; appannarono luscio, notarono tramite uno spiraglio che stavano passando due archeologi e attesero un po. Quando si sentirono al sicuro, furono in procinto di lasciare quel posto. Kohau si appoggi al muro, mentre i suoi aprivano la porta, e attiv per sbaglio linterruttore della luce; i cinque videro una sala abbastanza grande con parecchie librerie e senza alcuna finestra: la sala dei reperti era quella. Al centro, si poteva ammirare una lunga scrivania rettangolare, su cui erano riposte alcune mappe ed un forziere, quello del tesoro tanto cercato. I pasquensi sinchinarono davanti a quelloggetto cos prezioso e uno di loro lafferr ridendo: pensavano di averla fatta in barba a McNamara e a tutti gli archeologi. Kohau si fece passare in mano il baule, sent al contatto che il fondo era spaccato, diede unocchiata e inorrid: il pezzo di mistero, come tutti i pasquensi lo chiamavano, era andato. Il generale indigeno sent i suoi nervi a pezzi, serr i pugni e lasci cadere al suolo il forziere con uno scatto improvviso. Il rumore provocato dallurto rimbomb e allarm gli archeologi vicini alla sala. La banda comprese di dover tagliare la corda; i cinque aprirono leggermente la porta, sentirono il rumore ancora lontano di alcuni passi e si affrettarono a serpeggiare fuori il magazzino. Se avessero sceso subito le scale, qualcuno avrebbe potuto avvistarli. Kohau vide una parete sporgente a sinistra, in fondo al corridoio, che faceva al caso loro: gli avrebbe permesso di ripararsi l dietro se fosse sopraggiunto qualcuno. I pasquensi seguirono le disposizioni del

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loro comandante; quattro archeologi, poco dopo, corsero a vedere cosa fosse successo ed entrarono nella sala del reperto, dando lopportunit ai fuggiaschi di scappare. I cinque scesero le scale con cautela e si avviarono alluscio sul retro delledificio; proprio in quel mentre, udirono le urla alle loro spalle di alcuni archeologi che li avevano avvistati. Poco importava ormai. I pasquensi uscirono in strada e scapparono verso Rongo con la coda tra le gambe: gli statunitensi avevano scoperto lindizio e avrebbero pagato a caro prezzo la loro curiosit. Patrick era ancora nel suo studio e stava bevendo un goccio di tequila, che aveva preso dal mobiletto dei liquori vicino alla finestra: aveva appena corretto alcune cose della sua traduzione, che ora si poteva definire davvero ultimata. Era contento di ci che aveva scoperto e non vedeva lora di dire tutto a Mario. Poco prima, aveva sentito il volume dello stereo al massimo provenire dalla stanza accanto, in cui alloggiava proprio lo scopritore del tesoro; forse la musica poteva infastidirlo, ma a Patrick piaceva molto Billie Jean, uno dei pi grandi successi di Michael Jackson. Proprio questo cantante di enorme successo era il preferito di Mario, malgrado fosse vissuto molto tempo prima. Ora tutto taceva. Il canadese sapeva che il suo vicino usava la musica per rilassarsi o per farsi confortare: almeno Patrick auspicava che lamico si fosse fatto una ragione della perdita di Jerry. Pens fosse il momento buono per andare da Mario, prese il suo computer portatile e, proprio mentre stava lasciando la stanza, sent qualcuno bussare alla sua porta. And ad aprire: era proprio il suo vicino di stanza, che si era sciacquato la faccia, sistemato i capelli e messo il dopobarba, pronto a tornare in gioco. Patrick invit Mario a sedere davanti alla scrivania. domand il canadese sorrise laltro, che non riusciva ad essere triste per troppo tempo Patrick se ne rallegr e gli raccont tutto della sua ardua impresa di traduzione. Spieg che il testo tradotto non indicava esplicitamente il luogo in cui trovare il secondo indizio della caccia, ma faceva comprendere tutto in modo chiaro. Raccont anche di come era

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riuscito a trovare la tavoletta, che non era sicuramente bene in vista, e si ritenne soddisfatto di non aver sprecato troppo tempo a cercare. Mario, entusiasmatosi a vista docchio, chiese di poter vedere immediatamente la traduzione; lamico pos il computer portatile sulla scrivania, apr un documento word e lesse scandendo bene le parole. E cominciata la caccia al mistero; viandante inesperto ed incosciente, lascia immediatamente il gioco se non cosa per te! Devi trovare un altro pezzo sul monte sacro laddove la grande caldera spenta e gli scalpellini tagliuzzavano di gran lena, finch non si sono ribellati. Ahim, mai uscirai da quel luogo, a meno che non scruti sotto il gigante incompiuto, dove la grazia degli dei mai si offuscher. Viandante, mai uscirai dalle acque tempestose lavorando solo di pala potr solo aiutarti la foglia dellalbero sacro, che avvisterai quando sarai arrivato finalmente a vedere la sponda. Mario rimase un po in silenzio, gir il portatile verso di s e rilesse frettolosamente le poche righe. Lindizio si riferiva ad uno dei rilievi presenti sullisola con un aggettivo insolito: mai nessun archeologo aveva pensato ad uno sacro per i pasquensi. A Patrick ne vennero in mente molti simili: lOlimpo, il massiccio dellUluru chiamato pi comunemente Ayers Rock , il Tibet e il monte Athos. La descrizione si faceva pi chiara in seguito, quando specificava la natura del luogo: una cava di pietra, in cui gli scalpellini prelevavano e lavoravano con impegno e con accuratezza. Queste righe avevano fatto trasalire i due archeologi: non vi erano margini di errore ormai il posto descritto era sicuramente il Raro Raraku, un vulcano spento. Qui i corti orecchi estraevano tonnellate di pietra con arnesi rudimentali, costruivano, sorvegliati a vista dai loro dominatori e frustati se necessario, i famosissimi moai e li innalzavano con tronchi di legname e funi. Da l gli schiavi trascinavano con quelle stesse corde le sculture, che pesavano tonnellate, fino ai siti di adorazione solitamente posti allingresso dei villaggi. Questa non era certo lunica teoria sul trasporto dei moai: alcuni sostenevano che sulle antiche strade veniva posto un tappeto fatto con rulli di legno in modo da far scivolare facilmente la statua distesa. Altri credevano che una scultura venisse addirittura costruita a pezzi e,

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poi, assemblata sul posto: questa tesi sembra che possa essere smentita facilmente, poich sono stati trovati solo grandi moai nella cava del Rano Raraku. Tuttavia nessuna ipotesi poteva essere esclusa del tutto in mancanza di prove lampanti. La descrizione parlava di una ribellione degli scalpellini: allepoca della guerra civile sullisola, i costruttori si unirono probabilmente al resto della loro gente per battere i lunghi orecchi. Volevano protestare contro labbattimento degli alberi, operazione che impoveriva il suolo e negava loro il pane; inoltre, erano senzaltro ansiosi di dare una lezione ai loro oppressori, che li costringevano a fatiche sovrumane. Guardando il sito del Raro Raraku, il tempo sembrava essersi fermato del tutto: si poteva notare che gli strumenti in pietra erano vicino ad alcuni moai incompiuti proprio come li avevano lasciati gli scalpellini allepoca delle rivolte. Alcuni ricercatori credevano che gli scultori avessero abbandonato allimprovviso i lavori per insorgere; invece, altri pensavano che questi avessero lasciato gradualmente i lavori, poich il legno per trasportare i moai diminuiva man mano fino a cessare del tutto: la rivolta sarebbe scoppiata solo in un secondo momento. Le ultime righe della tavoletta erano incentrate sullimpossibilit di trovare un misero indizio in un campo di ricerche cos ampio; quindi, il sacerdote consigliava di cercare sotto un qualcosa di incredibilmente maestoso: sicuramente, secondo i due archeologi, si doveva trattare del moai gigante alto diciotto metri, il pi grande mai trovato a Rapa Nui e rimasto incompiuto nella cava. Mario spieg che lautore usufruiva naturalmente di una metafora, quando parlava delle acque tempestose, per indicare la fase concitante di una ricerca cos importante. Il sacerdote consigliava di non lavorare solo di pala, che pareva un incitamento ad usare anche la testa nelle situazioni pi difficili: evidentemente limpresa non sarebbe stata facile neanche con lultima precisazione. Patrick, mormorando i due righi finali, diede la sua interpretazione; soltanto dopo aver visto la foglia dellalbero sacro sicuramente il toromiro incisa su una tavoletta, i cercatori potevano dichiarare di aver trovato finalmente il secondo indizio senza margine di errore. comment Mario al settimo cielo

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sospir Patrick, sprofondando nella sua sedia Il canadese disse che era necessario organizzare unequipe, mettere insieme un gruppo di colleghi con cui poter iniziare la caccia: pi gente si ha al seguito e maggiore la probabilit di successo. Mario approv la scelta di Patrick, assicurandogli di avere gi in mente chi assumere nella compagnia. Il canadese ribatt spiegandogli che non potevano organizzare la spedizione da soli. Malgrado gli archeologi avessero molta libert sullisola, erano sempre dipendenti statali ed obbligati a scavare dove indicavano i superiori. Patrick e Mario dovevano mettere al corrente Freedendall delle nuove scoperte sul mistero ed indurlo ad appoggiare la loro spedizione al Rano Raraku. Magari potevano suggerire al sovrintendente i nomi dei colleghi con cui lavorare, ma, per il resto, non potevano fare nientaltro. comment Patrick rise Mario I due archeologi videro che erano quasi le nove, ora di cena, e sincamminarono verso un bar vicino tra una risata e laltra.

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8 Progetti pi o meno leciti

La luce tenue dello studio di Mitch Freedendall era ancora accesa alluna e mezza della notte; il capo degli archeologi era chino tra le sue carte con sguardo abbastanza accanito. Aveva una penna nella mano destra appoggiata su un foglio: non scriveva una sola parola da circa venti minuti. Unora e mezza prima aveva ricevuto la visita di Mario e Patrick, che gli avevano raccontato tutto. Mitch era rimasto molto sorpreso e aveva seguito attentamente le loro parole, senza mai interromperli. Era felicissimo. Quando aveva sentito parlare della loro spedizione, era parso ancor pi entusiasta: aveva assicurato che era pronto a sborsare i soldi per le ricerche anche di tasca sua. Mitch aveva fatto subito i conti per il budget, che, tolti i compensi agli archeologi, non rappresentava, per niente, una spesa proibitiva. Mario e Patrick avevano aggiunto che avrebbero condotto le ricerche anche senza vedere il becco di un quattrino. Mitch li aveva rassicurati e non si era perso in chiacchiere: aveva stilato una lista degli archeologi per lequipe di ricerca e scartato vari nomi. Alla fine, aveva preferito affiancare a Mario ed a Patrick solo due archeologhe, le pi abili a suo parere, piuttosto che tante altre persone inesperte. Le donne scelte erano la ventiquattrenne australiana Alicia Bresciano, molto acuta ed erudita, e la bella ventottenne cubana di colore Mercedes Ramirez, amante dellavventura. Inoltre non solo la spedizione era molto gradita ad alcune losche persone che conosceva Mitch, ma era anche un ottimo modo che aveva il capo degli archeologi per togliersi di torno le due dipendenti pi curiose e sveglie, che avrebbero potuto arrecargli molto fastidio. Lequipe prometteva molto bene con un organico del genere e dava la sicurezza a Mario e Patrick di portare dietro due

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colleghe appassionate e desiderose di scoprire quanto loro. Mitch ora sedeva su quella sedia con aria alquanto inquieta: era indeciso sul da farsi. Pos di scatto la penna, estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni e compose un numero con fare inquieto. Il palazzo reale di Rongo era davvero cupo quella notte come non mai: soltanto un piccolo lampione illuminava lingresso. Ancora una volta, il re pasquense Hotukau era nella sala del trono con il comandante Kohau; questi, che era arrivato al suo cospetto circa tre ore prima, aveva riferito tutti i particolari della sua missione e parlato a lungo su una lezione da dare agli americani. esclam il monarca, seduto sul suo trono spieg Kohau Hotukau rimase a pensare per un minuto: la soluzione del generale era troppo avventata; combattere contro una delle pi grandi potenze mondiali sarebbe stato complicato e vincere sarebbe stato un sogno al limite dellimpossibile. Il monarca sbadigli e, quando fu sul punto di lasciar perdere, sent quasi bisbigliare una voce nella mente. Nonostante tutto, era un ottimo piano: i soldati americani non erano tanti e le sue truppe erano soverchianti; anzi valeva la pena tentare una soluzione ancora pi azzardata di quella di Kohau, il pericolo faceva parte delle azioni militari daltra parte. trasal Hotukau Mai nessun re aveva azzardato dire una cosa simile o pensare lontanamente di attaccare battaglia con cos poche garanzie, almeno

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da quando i corti orecchi avevano battuto i loro oppressori. Kohau rimase in silenzio, cerc di balbettare una mezza parola, ma poi si ferm: perch obiettare? La proposta gli piaceva eccome: i militari sognano sempre di condurre unoperazione cos insolita e gloriosa allo stesso tempo. Il gusto di mettersi alla prova era palpabile per Kohau. Questi manifest il suo entusiasmo, estrasse una cartina rudimentale dellisola dalla tasca e spieg cosa aveva in mente. Un esercito imponente di tremila pasquensi, circa la met delle forze armate dei nativi, si sarebbe radunato a Rongo. Da l il generale li avrebbe divisi in tre grossi gruppi: uno si sarebbe mosso verso Cabo Norte ed avrebbe tentato di occupare Anakena; un altro avrebbe raggiunto Punta Angamos attraverso lentroterra e, da quel posto, sarebbe partito verso il Rano Raraku e Vaihu per ripulire anche la costa meridionale dai nemici. Il terzo gruppo, capeggiato da Kohau in persona, avrebbe affrontato la battaglia pi difficile: si sarebbe infiltrato a Hanga Roa e mosso fino a Cabo Sur, se fosse riuscito nellintento. comment soddisfatto il re Kohau annu, ripose la cartina e salut dicendo di andare a riposare in vista del grande giorno dei preparativi. Hotukau approv e rimase unaltra mezzoretta sul trono: si addorment l.

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9 Una pista interessante

La compagnia dei quattro cercatori del secondo pezzo di mistero era riunita fuori al centro archeologico alle sette di un mattino molto luminoso. Mario e Patrick, che avevano dormito ben poco, avevano avuto modo nelle due ore precedenti di conoscere meglio le due colleghe, che raramente si erano aggregate con loro agli scavi. Ora Mario stava parlando affabilmente con laustraliana Alicia Bresciano. Lamericano laveva vista poche volte, ma ora che se lera trovata di fronte constat che era ancora pi bella da vicino: era molto alta, aveva un fisico perfetto, i capelli castano chiaro che tendevano quasi al biondo, gli occhi azzurri ed un naso abbastanza piccolo e grazioso. Alicia lavorava quasi sempre con la sua amica inseparabile, Mercedes Ramirez: queste portava capelli castani lunghi e ricci, era scura, abbastanza robusta ma di una bellezza impressionate, tipicamente latino-americana. asser Alicia rise Mario Patrick interruppe la discussione dicendo che era ora di partire. I cercatori indossarono gli zainetti e partirono con una jeep a quattro posti in direzione del Rano Raraku: finalmente lavventura cominciava sul serio. Lamericano era al posto di guida e stava accelerando sperando di raggiungere la meta prima possibile, il canadese era al suo fianco, Alicia e Mercedes sedevano sul sedile posteriore e discutevano a bassa voce. La jeep attravers Hanga Roa e procedette lungo una piana erbosa, disseminata di qualche moai raro. Alicia fece alcune domande sulle nuove scoperte a Mario e si

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mostr decisa a trovare questo indizio. Mercedes si godeva laria fresca che tirava: non sarebbe mai voluta scendere da quella vettura. Imprec e domand perch la spedizione era stata fissata alle prime luci dellalba. La sua amica rispose che Freedendall aveva deciso: non si poteva obiettare sulle decisioni del capo. La jeep super finalmente il villaggio costiero di Vaihu, da cui si profilava lombra minacciosa di alcuni moai molto alti, attravers un sentiero sterrato immerso nel verde in breve tempo e giunse finalmente in prossimit del Rano Raraku. Mario ferm il fuoristrada abbastanza lontano dal vulcano e scese con gli altri passeggeri. I quattro avevano optato per proseguire a piedi, perch pi avanti la piana cominciava ad essere ostacolata dalle statue. Patrick si volt e osserv che la riva del mare, frastagliata e volta a formare uninsenatura, era davvero poco distante; proprio vicino alle acque, sorgeva il complesso di Ahu Tongariki, una serie di moai posti su ununica piattaforma. Il vulcano era nellentroterra, invece: si trattava di un rilievo abbastanza basso, con due vette; la prima ospitava la caldera, luogo in cui trovava posto la cava, ed era un po pi alta della seconda. Le cime erano separate da un leggerissimo pendio nella parte centrale. Gli archeologi finalmente si mossero e giunsero sul versante del vulcano, disseminato di moai senza piattaforma che guardavano stranamente verso il mare. Secondo alcune ipotesi, quelle sculture stazionavano l da secoli in attesa di essere trasportate, poich la cava era gi piena: questo spiegherebbe anche perch non avessero la piattaforma sotto o un pukau, un copricapo. Questi, fatti solitamente di terracotta, erano intagliati a Puna Pau, vicino il sito di Ahu Akivi, pressappoco al centro dellisola, ed erano posati sui moai dopo il loro trasferimento al sito prestabilito. Alcune sculture del Rano Raraku, nel corso del XXI secolo, erano state trasferite nei luoghi di culto, mentre ad altre gli archeologi avevano aggiunto gli occhi. Gli studiosi, molti decenni prima, avevano scoperto che originariamente i moai li possedevano, perci era sembrato loro giusto abbellirli aggiungendo questo particolare della faccia. I pasquensi scolpivano la forma degli occhi nel corallo e vi disegnavano sopra una pupilla con grande cura; con questi, le statue sembravano vive. Gli occidentali, dopo questa grande scoperta, riuscirono a comprendere finalmente perch i nativi chiamavano

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Rapa Nui anche col nome Mata ki te rangi, gli occhi del cielo. La parola era una metafora che stava ad indicare linsieme delle anime, racchiuse nelle statue, dei mitici antenati che vegliavano sul loro popolo dallaldil tramite quegli occhi di corallo. I quattro archeologi salirono lungo il versante del Rano Raraku con grande fatica: si aiutarono con alcuni bastoni di legno ansimando sempre pi insistentemente. Molti passi dopo, riuscirono a vedere la cima e la caldera del vulcano: era molto ampia e ricoperta da erba, spezzata qua e l dal terriccio rosso, e caratterizzata da un pendio abbastanza dolce. Qualche cavallo selvaggio scorazzava libero sul prato. Il posto di nascita dei moai e la cava di pietra erano proprio nella caldera, il luogo indicato dallindizio. Sotto i piedi degli archeologi, nella zona di massima depressione, trovava posto un piccolo laghetto: era lideale per rinfrescarsi quando faceva troppo caldo ed anche per i cavalli, che andavano ad abbeverarsi. Una volta, quel luogo era la pi grande riserva idrica, insieme a quella del Rano Kau, che i pasquensi avevano a disposizione in un luogo arido e secco come lIsola di Pasqua. I quattro corsero lungo il pendio della caldera e scesero verso la cava: magari dopo, durante le ore pi calde della giornata, avrebbero approfittato del laghetto a pochi passi. Notarono subito una serie di nicchie scavate, in cui erano conservati dei moai imponenti e quasi finiti, alcuni arnesi di pietra e tante sculture incompiute poggiate sul suolo, coricate o erette; una, che colp Alicia in particolar modo, raffigurava soltanto la faccia fino al setto nasale, mentre unaltra era senza il torso. Gli archeologi ragionarono sul da farsi; Patrick indic due grossi moai, poggiati sul suolo vicino una zona in cui il pendio sembrava particolarmente eroso dal lavoro degli scalpellini che estraevano la pietra. Uno di quelli era lunghissimo da far paura ed era la statua pi imponente di tutta lisola, cui Mario e Patrick avevano pensato subito; molto spesso era soprannominata gigante incompiuto dagli archeologi, il che faceva presagire che il sacerdote descrivesse quello anzi, sicuramente il pasquense alludeva a quel moai. Ora era davvero difficoltoso riuscire a scrutare sotto il colosso: era necessario smuoverlo almeno di un centimetro. Mario, sicuro della forza fisica oltre che mentale del gruppo, sugger di agganciare alcune funi molto robuste che aveva nel suo zainetto agli spigoli della statua; facendo cos, i quattro avrebbero potuto trascinarla.

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esclam Alicia, rivolgendosi al collega asser Mario sugger Mercedes La cubana pens di cospargere la scultura di qualche sostanza untuosa, in modo che fosse possibile farla scivolare con facilit dal posto in cui era ferma da secoli. Patrick fren il suo ragionamento: unazione del genere avrebbe danneggiato come minimo il monumento. Mercedes ribatt che era molto pi importante trovare il mistero che conservare un moai, poich ne esistevano migliaia di copie pressappoco uguali sparse per tutta lisola. intervenne Alicia Patrick e Mario concordarono, asserendo che dovevano trovare un modo per agire senza rovinare in alcun modo il gigante. Alicia pens al terreno circostante e sent che le era venuta unidea geniale. Laustraliana sugger che era possibile vedere sotto il moai scavando una grande fossa in sua prossimit; in seguito, era necessario scavare un piccolo traforo, che passava sotto la scultura. Facendo cos, avrebbero realizzato il loro scopo. Mario si compliment con Alicia per il piano banale ma brillante ed efficace, oltre a pensare perch non gli fosse venuta in mente prima unidea simile. Gli archeologi agguantarono pale e picconi e cominciarono a scavare. A mezzogiorno stavano ancora battendo sul terreno con estrema cautela: non dovevano assolutamente danneggiare la statua e questo richiedeva la massima attenzione. Una fossa abbastanza larga era stata scavata proprio accanto al moai, mentre il foro che si stagliava al di sotto della statua era stretto e piccolo, ma abbastanza buono per vedere se ci fosse stato qualche indizio. I quattro presero delle torce, scesero nella buca, illuminarono la parte interessata e vi infilarono anche le pale per cercare di sentire qualcosa di duro: il nulla pi totale. Forse il cofanetto era un po pi in alto del traforo o, magari, dovevano semplicemente allargare il corridoio di terra

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sotto il moai. Patrick, convintissimo che gli indizi erano corretti, incroci le dita e diede queste disposizioni: la tavoletta non poteva sbagliare. Gli archeologi picchiarono con il piccone contro le pareti del piccolo traforo sotto il moai e, molti colpi dopo, riuscirono a farne una mini-galleria, in cui due persone entravano a malapena se rimanevano accovacciate o stavano carponi. Le due donne si immisero al suo interno e presero a colpire sopra la volta della galleria, che ormai giungeva quasi a contatto il moai gigante in superficie; Mario e Patrick, invece, uscirono fuori dalla buca per fornire loro indicazioni. Mercedes, a furia di picchiare dalla galleria verso la superficie, fece crollare una parte dello strato di terriccio che la divideva dal terreno, provocando uno smottamento. Il moai gigante cadde di fianco allinterno della buca, alzando una notevole quantit di terriccio e travolgendo la cubana ed laustraliana. I due archeologi rimasti fuori da quel disastro rimasero letteralmente di stucco urlando. Si sentirono le grida di paura delle due sventurate, poi il nulla. Mario e Patrick si gettarono immediatamente nella buca, videro che lingresso al traforo da sottoterra era sbarrato da alcuni ammassi di terra nera, li rimossero e diedero unocchiata alle colleghe: Alicia era privi di sensi, mentre Mercedes aveva il volto sporco di sangue e sussurrava qualcosa. Lamericano e il canadese tirarono fuori le colleghe dalla galleria, prestarono soccorso alla cubana ferita e cercarono di vedere se laustraliana era ancora viva. Mario, chino su Alicia con aria sconvolta, le mise due dita sulla gola, constat che respirava poco e rimase quasi di stucco. Patrick prese la cassetta del pronto soccorso dal suo zainetto per medicare Mercedes. Mentre tagliava un po di nastro adesivo, vide lamericano impalato davanti Alicia e lesort a fare qualcosa con aria furiosa se non voleva vederla morta: magari la respirazione bocca a bocca. Mario avvicin le labbra a quelle dellaustraliana e sent un improvviso senso di tenerezza nei confronti di quella donna, che conosceva appena e gi sentiva cos vicina a lui non solo fisicamente. Le sfior il viso e i capelli con delicatezza, finch non vide che stava accennando a riprendersi. Mario le disinfett e fasci due tagli abbastanza profondi su un braccio e su una gamba, poi sent Alicia mormorare alcune parole. Laustraliana ringrazi vivamente lamico e disse, toccandosi la fronte, di avere un terribile mal di testa; lo statunitense

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spieg che, per fortuna, il moai era caduto in modo da provocare pochi danni. Se fosse crollato sul dorso, avrebbe sicuramente schiacciato chiunque vi fosse stato sotto col suo peso. Alicia, seppur dolorante, si rialz, sfior la guancia di Mario con le labbra e vide attorno a s che Mercedes stava bene, malgrado queste faticasse ancora a riprendersi. Patrick si avvicin allamico americano. asser il canadese indignato spieg Mario con ironia Lo statunitense and a fare una passeggiata sulle sponde del laghetto da solo, mentre il canadese badava ai feriti; una foglia di toromiro sotto un gigante incompiuto nella caldera in cui gli scalpellini tagliuzzavano. Mario si chiedeva dove avevano sbagliato lui e Patrick. Il posto sicuramente era esatto: non esisteva unaltra cava di pietra come quella descritta dalla tavoletta egli era sicuro pi della morte che fosse il Rano Raraku. Il gigante dava ora tantissimi problemi: eppure la soluzione dellenigma era a portata di mano, Mario lo sentiva. Era uno stato di grande meditazione, come mai era accaduto in vita sua.

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10 La febbre dellattesa

Rongo pareva davvero un porto di mare alle quattro di quel pomeriggio rovente: migliaia di guerrieri si erano riversati con la massima segretezza nel villaggio. Kohau stava dando loro disposizioni davanti al palazzo reale, dove molti uomini erano gi stati raggruppati per missione. Aveva gi scelto i luogotenenti delle due spedizioni cui non poteva partecipare: Takapu Matari avrebbe guidato i suoi mille verso il nord, mentre Anakivi Atamu si sarebbe mosso ad est. Ora, mentre assisteva agli ultimi preparativi, rifletteva su una buona strategia per occupare il capoluogo: non si trattava di una missione molto facile, ma il generale indigeno aveva intenzione di portarla a termine con qualunque mezzo. Kohau escluse una minima possibilit di fuggire: nel caso i pasquensi si fossero trovati in seria difficolt, preferiva continuare a lottare e morire insieme ai suoi con dignit piuttosto che darsi alla fuga. I soldati conoscevano bene questa presa di posizione, ma non obiettavano: nelle loro vene sgorgava il sangue dei loro antenati, che avevano sempre combattuto a testa alta per la patria ed essi erano pronti ad emularli, perch Rapa Nui potesse vedere una nuova alba. Volevano ammirare un giorno in cui tutti i pasquensi fossero stati liberi da ogni giogo straniero. Il comandante Atamu si avvicin al suo superiore Kohau e chiese a che ora era prevista la partenza. Il generale rispose che preferiva aspettare limbrunire, perch il buio era larma in pi al fine dei loro tremila guerrieri. Si sistem cos sotto una pianta vicina, una delle poche, e attese con le braccia conserte; guard i suoi soldati esercitarsi con le loro armi mentre sparavano ad alcuni bersagli

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sparsi nel campo vicino e chiuse progressivamente gli occhi. Si sarebbe destato quando sarebbe stato il momento di partire.

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11 Soluzione agognata

Gli archeologi erano ancora sul Raro Raraku, ma questa volta non stavano lavorando di gruppo: camminavano liberamente per la caldera in cerca di una soluzione allindovinello del sacerdote, che evidentemente non indicava il posto tanto sperato. Mario passeggiava nervosamente sulle sponde del laghetto con Alicia, dopo aver dato unulteriore occhiata al moai pi grande. Stava letteralmente impazzendo: possibile che il pezzo di mistero giacesse sotto un gigante incompiuto? Molto probabilmente s, ma la frase doveva possedere sicuramente un doppio senso per dare precise indicazioni: che voleva intendere lautore di quellenigma? A cosa poteva mai riferirsi quella parola tanto oscura? Mario ricord che il sacerdote aveva raccomandato di usare ragione oltre agli strumenti di scavo: doveva spremersi le meningi e trarre a suo vantaggio tutti gli elementi che potevano aiutarlo nel ragionamento. Aveva ristretto il campo alla caldera del Rano Raraku, perci il gigante doveva essere da qualche parte l vicino. Pochi oggetti trovavano posto nella caldera del vulcano: le nicchie nellerba non potevano nascondere un qualcosa di enorme, le statue ormai erano gi state ispezionate da cima a fondo e rimaneva il laghetto del cratere. Mario aveva gi scrutato bene le sue acque abbastanza trasparenti, ma era sicuro di non aver notato niente di particolare: solamente qualche blocco di pietra ed un fondo roccioso e brullo. No, era convinto che il laghetto non possedeva minimamente i requisiti per incuriosirlo pi di tanto; il suo sesto senso gli diceva di guardare in superficie. Si volt di scatto, guard tutta la caldera con unottima visuale e fu sicuro di non notare nulla che gli era sfuggito precedentemente forse con un po di delusione; magari, se fosse