IL MIO CONTROLLO ANNUALE/SEMESTRALE - Thiene (VI) OSSIDATIVO... · percentuale di globuli rossi in...

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1 IL MIO CONTROLLO ANNUALE/SEMESTRALE PICCOLA GUIDA PRATICA

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IL MIO CONTROLLO

ANNUALE/SEMESTRALE

PICCOLA GUIDA PRATICA

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Che cosa è bene controllare annualmente e se

possibile semestralmente per assicurarci di

essere in salute e per agire tempestivamente nel

caso fossero segnalati dei problemi?

Innanzitutto si consiglia di effettuare un controllo sui valori

ematochimici delle analisi del sangue, delle urine e delle feci

in generale. Questo controllo generale deve contenere

l’esame dell’EMOCROMO COMPLETO che fornisce detta-

gliate informazioni sui globuli rossi, globuli bianchi e pia-

strine.

I GLOBULI ROSSI (RBC) sono importanti perché trasportano

ossigeno ai tessuti. L’ossigeno è legato ad un pigmento

chiamato “emoglobina”, che è contenuto all’interno dei glo-

buli rossi. L’emoglobina (Hb) trasporta l’ossigeno dai pol-

moni ai tessuti e a livello dei tessuti si carica di CO2 per

trasportarla ai polmoni, dove volatilizza (attività di smalti-

mento di prodotti di rifiuto). L’ematocrito (Ht) rappresenta la

percentuale di globuli rossi in relazione al volume totale di

sangue.

GLOBULI BIANCHI sono cellule importanti nell’ambito

dell’attività immunitaria e hanno un importante ruolo

nelle infezioni. Queste cellule sono delle unità mobili che

fanno parte del “sistema di combattimento” contro le infe-

zioni del corpo umano. I globuli bianchi (GB) viaggiano at-

traverso il sangue e arrivano nelle zone dove è presente

un’infezione e debellano i batteri responsabili della stessa.

LE PIASTRINE hanno il compito principale di fermare il san-

guinamento formando un tappo emostatico

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Che cosa si può capire con l’emocromo?

In base ai parametri forniti dagli eritrociti (serie rossa) si può

capire se si è in uno stato chiamato di “anemia”.

Quando si è anemici l’emocromo segnalerà la diminuzione,

al di sotto dei valori di riferimento, non solo dei globuli rossi

ma, ancora più importante, dell’emoglobina (Hb) e

dell’ematocrito (Ht).

Non è infrequente osservare la diminuzione di questi valori

nelle donne in età fertile (importanti perdite ematiche dovute

a mestruazioni abbondanti).

Soggettivamente quando i valori di Hb e Ht sono patologici,

si avranno segni di affaticamento e stanchezza, e, nelle con-

dizioni più gravi, capogiro, respiro frequente, palpitazioni

cardiache, ronzii auricolari, senso di pesantezza alla testa. In

questi casi è opportuno contattare il Medico curante in

quanto si renderanno necessarie indagini più approfondite

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per individuare le cause dell’anemia che, di per se, non è

una malattia, ma è un sintomo, la spia di una condizione

che può essere più o meno grave o la condizione di malattia,

sempre più o meno grave, geneticamente trasmessa (talas-

semie).

Vi possono essere anche casi in cui i globuli rossi e i para-

metri correlati, Hb e Ht, sono aumentati

(GR>6.000.000/mm3, Hb>17 g/dL, Ht>50%). In questo

caso si parlerà di “Poliglobulia”. Questa condizione può es-

sere dovuta o ad una causa primitiva (emopatie), o secon-

daria, generalmente, a patologie cardiologiche o polmonari

con insufficienza respiratoria.

I globuli bianchi possono, in condizioni patologiche o tran-

sitorie, aumentare o diminuire.

In ambedue i casi è opportuno contattare il Medico curante

per la valutazione clinica del dato.

Con il termine “leucocitosi” si intende l’“aumento dei globuli

bianchi”.

Con il termine “leucopenia” si intende la “diminuzione dei

globuli bianchi”.

L’ aumento assoluto dei granulociti neutrofili (neutrofilia) può

presentarsi, per esempio, principalmente in corso di infe-

zioni di tipo batterico.

L’aumento assoluto dei linfociti (linfocitosi) può presentarsi

in corso di infezioni, per esempio, di tipo virale. Nell’anziano

il dato se è costante nel tempo può essere la manifestazione

di un’emopatia.

L’aumento assoluto degli eosinofili (eosinofilia) è general-

mente presente in corso di condizioni di ipersensibilità (al-

lergie), come pure l’aumento dei basofili (basofilia).

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L’aumento assoluto dei monociti (monocitosi) può general-

mente presentarsi in corso di infezioni o intolleranze farma-

cologiche o in caso di malattie ematologiche.

Le condizioni più importanti di leucopenia possono essere

quelle riferite alla diminuzione dei granulociti neutrofili (neu-

tropenie).

Questa condizione può essere generalmente consequen-

ziale alla presenza di malattie che causano immunodepres-

sione, o dovuta all’assunzione, per motivi terapeutici, di far-

maci che causano la diminuzione dei neutrofili.

Questa condizione caratterizza soggetti che sono ad alto ri-

schio per infezioni ricorrenti, principalmente quando il nu-

mero dei neutrofili è inferiore o uguale a 500/mm3, riferito

come valore assoluto.

In ogni caso le condizioni di leucocitosi e di leucopenia vanno

discusse con il Medico curante e inquadrate sempre nell’am-

bito della situazione clinica del paziente e alla luce di ulteriori

indagini di laboratorio e/o per immagini. Questo perché sia

i casi di leucocitosi, sia quelli di leucopenia, possono essere

la spia di importanti malattie ematologiche che devono es-

sere diagnosticate tempestivamente.

Cosa succede quando non abbiamo un giusto numero di piastrine?

Se la condizione è riferita alla diminuzione del numero di

piastrine, si parlerà di “piastrinopenia” o “trombocitopenia”.

Questo è uno dei casi più frequenti e, a seconda di quanto

è basso il numero delle piastrine, si possono verificare pro-

blemi legati al processo di formazione del tappo emostatico

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che ha la funzione di fermare qualsiasi tipo di emorragia le-

gata principalmente a lesione vasale. I segni più importanti

possono essere:

• Petecchie (puntini rossi presenti sulla cute che hanno più

o meno la grandezza di una capocchia di spillo);

• Perdita di sangue dalle cavità nasali (epistassi);

• Prolungato sanguinamento dopo un taglio;

• Feci di colore scuro o striate di sangue;

• Urine di colore marrone o rosso;

• Aumento delle perdite ematiche vaginali.

La diminuzione del numero delle piastrine generalmente può

essere causata da farmaci. In questo caso molte possono

essere le sostanze che causano trombocitopenia. Se vi è

l’insorgenza di segni sopra elencati e numero di piastrine

basso in concomitanza con assunzione di farmaci, è op-

portuno contattare il medico curante per avere la certezza

che il farmaco è causa della condizione patologica.

In diversi casi, principalmente nei bambini, la trombocito-

penia può essere transitoria, per esempio in caso di infe-

zione virale. Nelle persone anziane può presentarsi senza

causare generalmente importanti problemi emorragici.

Condizione opposta alla diminuzione delle piastrine è l’au-

mento. In questo caso si parlerà di “trombocitosi” o “piastri-

nosi”, con valori delle piastrine che sono superiori a

600.000/mm3 e possono arrivare anche a valori superiori o

uguali ad 1.000.000/mm3. Anche questa è una condizione

che dovrà essere valutata. Generalmente in caso di impor-

tante infezione si può avere un significativo aumento che è

transitorio (trombocitosi reattive).

Vi possono essere importanti malattie ematologiche che

causano l’aumento persistente delle piastrine con valori

molto alti

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(≥ 1.000.000/mm3).

Se i pazienti con trombocitopenia possono manifestare pro-

blemi di sanguinamento, i pazienti con trombocitosi persi-

stente, dovuta ad importanti malattie ematologiche primi-

tive, possono essere a rischio per trombosi arteriose.

Ogni situazione di trombocitopenia o di trombocitosi deve

essere indagata dal Medico curante con esami più specifici

e valutata alla luce delle condizioni cliniche.

Per vedere se vis non delle infezioni in corso si esegue

l’esame della VES.

VES è una sigla che indica la "velocità di eritrosedimenta-

zione". E' una analisi di laboratorio che calcola il tempo che

impiega la parte solida del sangue (soprattutto, i globuli

rossi) a separarsi da quella liquida (il plasma). Il sangue,

infatti, è un sistema in continua evoluzione, composto da

una parte liquida, chiamata plasma in cui sono presenti nu-

merose sostanze, come gli enzimi, i minerali, gli ormoni, gli

zuccheri, le vitamine, le proteine, eccetera, utili per il meta-

bolismo dell'organismo, e da una parte cellulare solida, o

corpuscolata costituita dai globuli rossi o eritrociti, dai glo-

buli bianchi o leucociti e dalle piastrine. Per 1 ora si valuta

in quanto tempo la parte corpuscolata del sangue precipita

all'interno di una provetta graduata in millimetri.

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Perché si esegue?

E' un esame che viene prescritto perché offre un orienta-

mento al medico rivelando la presenza di una infezione o di

una infiammazione nell'organismo anche se non è molto

preciso e non è l'unico (è meglio affiancarlo all'analisi della

Proteina C-reattiva e delle Mucoproteine nei casi dubbi).

Generalmente viene consigliata quando la persona tende ad

ammalarsi spesso a causa di un abbassamento delle difese

naturali dell'organismo o soffre di stati infiammatori come la

bronchite, la faringite, l'otite, eccetera, che tendono a ripe-

tersi. La velocità con cui avviene la separazione tra la parte

corpuscolata del sangue e il plasma, in una provetta posta

verticalmente, varia da persona a persona e cioè varia sia in

rapporto alla concentrazione nel plasma di determinate pro-

teine (per esempio, le mucoproteine, le gammaglobuline,

eccetera), sia con il numero dei globuli rossi. Questa varia-

zione non è precisa e, quindi, il medico non può pronunciare

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una diagnosi, ma può sospettare la presenza di una infiam-

mazione nell'organismo.

Cosa significa

La VES può considerarsi normale quando il suo valore

oscilla tra 0 e 20 millimetri. Secondo un indice, chiamato

indice di Katz, 7 è il valore che può essere definito media-

mente normale della VES.

1. Se la VES è molto alta, con valori di molto superiori

al valore massimo, può essere determinata da uno

stato infiammatorio come l'artrite reumatoide (ma-

lattia infiammatoria acuta che colpisce le aticola-

zioni), da una epatopatia (sofferenza del fegato),

da una insufficienza renale, da un trauma e via di-

cendo, fino a far sospettare la presenza di un tu-

more quando il valore è superiore a 100 millimetri

dopo 1 ora.

2. Se la VES è mediamente alta, con valori vicini o

poco più alti di 20 millimetri in 1 ora, vi può essere

uno stato di gravidanza oppure una infezione cau-

sata da batteri come, per esempio, la faringite o

una anemia.

3. Se la VES è piuttosto bassa, vicina allo 0, la causa

può essere una allergia o una eccessiva presenza di

globuli rossi nel sangue o uno stato di disidratazione

dell'organismo.

Dopo aver valutato i risultati della VES, il medico può orien-

tarsi meglio e consigliare altre indagini di approfondimento.

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GLICEMIA

La glicemia è la concentrazione di zucchero (glucosio) pre-

sente nel sangue.

Nelle persone non diabetiche la glicemia a digiuno è in ge-

nere tra i 60 e i 99 mg/dl. Dopo i pasti tale intervallo può

arrivare fino a 130-150 mg/dl, a seconda della quantità di

carboidrati (zuccheri) assunta con la dieta. In condizioni di

digiuno, indipendentemente dalla durata del digiuno stesso,

la glicemia di una persona non diabetica non scende mai al

di sotto dei 55-60 mg/dl così come, per quanto abbondanti

siano i pasti, la glicemia non arriva mai a superare i 140

mg/dl. In genere si ha un valore medio di riferimento di 90

mg/100 ml (5mM).

In una persona a rischio (familiarità, età > 50 anni, obesità,

ipertrigliceridemia e/o ipercolesterolemia, ridotta tolleranza

a glucosio, etc) è utile eseguire un test da carico di glucosio

che è un valido strumento per una diagnosi precoce di dia-

bete; in caso prediabete (alterata glicemia a digiuno e/o ri-

dotta tolleranza al glucosio), il medico richiederà un con-

trollo periodico della glicemia, perché esiste un rischio di

sviluppo futuro di diabete.

L’alterata glicemia a digiuno (IFG dall’acronimo Impaired

Fasting Glycaemia) non va confusa con l’alterata tolleranza

al glucosio (IGT), anche se le due condizioni possono essere

associate.

L’alterata glicemia a digiuno si accompagna a insulinoresi-

stenza e a un aumento del rischio cardiovascolare; può

evolvere in diabete di tipo 2 conclamato, con un rischio del

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50% che tale progressione si manifesti nei 10 anni succes-

sivi alla diagnosi. Se la glicemia è indicativa di diabete con-

clamato, il medico stabilirà insieme un piano d’intervento

personalizzato che comprenda una modificazione della

dieta, l’inserimento di una regolare attività fisica e un’even-

tuale terapia con farmaci, sulla base del tipo di diabete.

Per un diabetico, uno degli obiettivi più importanti è mante-

nere la glicemia il più possibile all’interno dell’intervallo di

normalità durante l’intera giornata. Mantenere quanto più

costante possibile la glicemia è importante per assicurare il

normale apporto energetico al cervello che – a differenza

degli altri organi e dei muscoli – non è capace di immagaz-

zinare riserve di glucosio. Il glucosio presente nel sangue

rappresenta quindi l’unica fonte utilizzabile che deve sempre

essere disponibile.

Altro controllo importante in un check-up generale è L’AS-

SETTO LIPIDICO: che comprende il colesterolo totale, il co-

lesterolo HDL (colesterolo buono), il colesterolo LDL (cat-

tivo) e i trigliceridi.

Il colesterolo è indispensabile al buon funzionamento

dell'organismo, in quantità moderata e sotto forma di cole-

sterolo 'buono'. In eccesso, il colesterolo 'cattivo' può pro-

vocare delle malattie cardiovascolari gravi.

Il colesterolo, che cos'è?

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Il colesterolo è un grasso indispensabile per la vita delle

cellule. Assicura in particolar modo la stabilità della parete

cellulare ed è utilizzato dall'organismo per produrre

numerose sostanze: la vitamina D, gli ormoni, ecc... Il

colesterolo circola nel sangue per essere distribuito alle

diverse cellule e agli organi che lo utilizzano.

Da dove viene il colesterolo? Il colesterolo ha due fonti principali:

una metà viene fabbricata dal fegato.

l'altra metà proviene dall'intestino: 1/3 proveniente

dall'alimentazione e 2/3 dalla bile.

Il colesterolo dell'alimentazione si trova in grande quantità

nei grassi di origine animale (carne rossa, burro, formaggio,

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salumi, panna), nel tuorlo d'uovo e nelle frattaglie (cervello,

rognone, fegato).

Perché si parla di colesterolo buono e di colesterolo cattivo?

Esistono due forme di colesterolo che circolano nel sangue:

il colesterolo LDL, dannoso per la salute e il colesterolo HDL

che è benefico per la salute.

L'LDL è il colesterolo che va dal fegato alle cellule. Quando

è in eccesso, si deposita sulla parete delle arterie. Qui forma

placche chiamate ateromi, che possono alterare, e perfino

impedire il flusso del sangue.

Il colesterolo HDL è il colesterolo che va dalle cellule al

fegato per essere degradato. Passando lungo la parete delle

arterie, distacca il colesterolo depositato e impedisce la

formazione di ateromi. Più il suo valore ematico è elevato,

più è benefico.

Ho troppo colesterolo. E' grave? L'eccesso di colesterolo nel sangue (in particolare l'LDL)

può ostruire le arterie. Agisce a lungo in silenzio, senza

manifestarsi, e può provocare improvvisamente una crisi

cardiaca (infarto del miocardio), un ictus (accidente

cerebrovascolare) o un'arteriopatia degli arti inferiori.

Come trattare il mio eccesso di colesterolo? Il primo trattamento consiste nel limitare il consumo di

alimenti che contengono colesterolo. Se il livello di

colesterolo LDL non diminuisce sufficientemente nonostante

l'alimentazione controllata, Le verrà prescritto un farmaco

che limita la sintesi del colesterolo nel fegato e/o il suo

assorbimento intestinale.

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Perché regolare il mio livello di colesterolo?

L’eccesso di colesterolo nel sangue, se non trattato,

causa gravi complicanze. Ostruisce le arterie, in par-

ticolare quelle che nutrono il cuore e che irrorano il

cervello, i reni e le gambe.

L’eccesso di colesterolo può derivare da cause di-

verse. La causa principale è l'alimentazione. I rischio

di soffrire di colesterolo alto aumenta quando si con-

sumano troppi grassi di origine animale: frattaglie,

affettati, carne, latte, uova, burro. Un consumo re-

golare di alcool e il sovrappeso sono spesso asso-

ciati all'eccesso di colesterolo.

Quando devo eseguire il dosaggio del colesterolo?

Questo dipende da più elementi: l'età, gli antecedenti

familiari, alcuni fattori di rischio (fumo, alcool, abitudini di

vita...).

Si consiglia un primo dosaggio all'inizio della vita adulta, tra

i 18 e i 30 anni.

Sebbene possa essere sufficiente il dosaggio del colesterolo

totale, per avere un'idea precisa, generalmente si effettua

un assetto lipidico che include anche un dosaggio dei

trigliceridi, del colesterolo HDL («colesterolo buono»), e del

colesterolo LDL («colesterolo cattivo»).

Questi risultati non vanno interpretati da soli. I rischi

cardiovascolari, infatti, non dipendono solo dal colesterolo.

Si dovranno considerare i diversi fattori di rischio per

determinare la frequenza del dosaggio e per decidere sulla

necessità di un eventuale trattamento anticolesterolo.

La situazione è quindi diversa a seconda che si soffra solo

di colesterolo alto o che vi sia un'associazione, per

esempio, di diabete e antecedenti familiari.

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L'ereditarietà ha un peso? Il rischio è nettamente più significativo quando uno dei

genitori della persona soffre di colesterolo alto.

I farmaci che assumo possono aumentare il mio livello di colesterolo?

Alcuni farmaci, tra cui la pillola anticoncezionale, possono

contribuire ad aumentare il colesterolo.

Un'alimentazione molto calorica, un eccesso di peso, il

consumo di alcool e il fumo, l'assunzione della pillola

anticoncezionale, l'esistenza di problemi di colesterolo in

famiglia sono fattori che dovrebbero indurla a misurare il Suo

livello di colesterolo.

Il controllo delle TRANSAMINASI (GOT – GPT) è indispensa-

bile per monitorare il funzionamento del nostro fegato, però

possono anche indicare lo stato di salute del cuore e

dell’apparato scheletrico. In particolare Le transaminasi

sono enzimi presenti nelle cellule di molti organi. Un loro alto

valore nel sangue può essere espressione di un danno cel-

lulare. GOT sta per glutammico-ossalacetico-transaminasi

e viene anche definita AST aspartico. Transaminasi, GPT sta

per glutammico-piruvico-transaminasi e viene anche defi-

nita ALT alanina transaminasi. Sono molto presenti nel fe-

gato e nel tessuto muscolare cardiaco. Le GOT sono più

presenti nel cuore e nell’apparato scheletrico, le GPT nel fe-

gato.

TRANSAMINASI GOT o AST

Enzima molto importante, si chiama "transaminasi gluta-

mico-ossalacetico" che in sigla si definisce GOT oppure

AST (aspartato transferasi). È presente nel fegato e viene

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analizzato per studiare le condizioni di questo organo, ma

anche per valutare eventuali lesioni del muscolo cardiaco

oppure alterazioni di quei muscoli che coordinano i movi-

menti dello scheletro.

Valori normali oscillano fino a 40-45 U/l negli adulti e fino

a 80 U/l nei bambini

Valori superiori a quelli ritenuti normali possono essere de-

terminati da alcolismo, da asma, da cirrosi epatica, da di-

strofia muscolare, da epatite, da gotta, da infarto del mio-

cardio, da interventi chirurgici, da leptospirosi, da ittero

ostruttivo, da metastasi epatiche, da mononucleosi, da

pancreatite.

Valori inferiori a quelli considerati normali possono essere

determinati da diabete, da dialisi, da gravidanza.

TRANSAMINASI GPT o ALT

Enzima molto importante presente nel fegato. Si chiama

"transaminasi glutamico piruvica", in sigla GPT oppure ALT

(alanino amino transferasi); le transaminasi GPT danno la

esatta valutazione della gravità dell’alterazione del fegato.

Valori normali dovrebbero essere compresi tra 10 e 40 U/l

per gli uomini e tra 5 e 35 U/l per le donne.

Valori superiori a quelli considerati normali possono essere

determinati da cirrosi epatica, da uso di contraccettivi, da

distrofia muscolare, da emolisi, da epatiti, da ittero ostrut-

tivo, da metastasi epatiche, da mononucleosi, da obesità,

da pancreatite, da scompenso circolatorio, da traumi.

Altri esami che completano il controllano la funzionalità

epatica sono:

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YGT

La gamma-glutamil-transpeptidasi è un enzima (ossia una

proteina che interviene in reazioni chimiche) che è presente

a livello cellulare soprattutto nel fegato. Un aumento nel

sangue di tale valore può indicare un danno epatico cellulare

per lo più da sostanze tossiche. Tipico il caso di epatopatie

da assunzione eccessiva di alcol o farmaci. Può aumentare

anche in caso di ostruzione biliare o peggio di carcinoma

epatico.

La BILIRUBINA

La bilirubina è il prodotto della degradazione del’emoglobina

che avviene per lo più a livello epatico. Possiamo rilevare

due frazioni della bilirubina: coniugata o diretta (post-epa-

tica) e non coniugata od indiretta (pre-epatica). Normal-

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mente la bilirubina circolante è in maggior misura non co-

niugata in quanto questa viene captata dal fegato, coniu-

gata e subito escreta con la bile. Un aumento di bilirubina può avvenire in due casi: se c’è

maggiore produzione o c’è un danno epatico. Il primo caso

è quello dell’aumentata emolisi: i globuli rossi per qualche

motivo vengono degradati più velocemente ed il fegato pro-

duce più bilirubina dall’emoglobina derivante l’emolisi. Il se-

condo caso può avere molte cause tra cui il danno cellulare

epatico (tossine, virus…) o la sindrome di Gilbert, dovuta ad

un difetto dell’enzima che capta nel fegato la bilirubina non

coniugata. Qualora si osservi un aumento della bilirubina

coniugata o diretta (post-epatica) bisogna orientarsi verso

un problema di flusso biliare (che ricordiamo deriva dalla

bilirubina non coniugata successivamente captata dal fe-

gato). Tale fenomeno potrebbe far pensare a problemi

meccanici nel complesso sistema di canalicoli biliari di

ostruzione (es: carcinoma, colestasi gravidica, parassi-

tosi…).

LA FOSFATASI ALCALINA

La fosfatasi alcalina (definita con la sigla ALP derivante da

alkaline phosphatase) è un enzima appartenente alla fami-

glia delle fosfatasi, in grado di rimuovere un gruppo fosfato,

da una molecola mediante una reazione che si chiama di

defosforizazione. H auna struttura dimerica e viene chiamata

alcalina poiché lavora in un ambiente in cui il pH è superiore

a 7. Si trova nelle membrane citoplastiche di moltissime cel-

lule del nostro organismo in particolare in grandi quantità:

sugli osteoplasti cellule dell’osso; sugli epatociti cellule del

fegato, nelle cellule intestinali a livello dell’intestino tenue in

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misura minore, nelle cellule dei tubuli renali, nelle cellule che

formano la placenta.

La funzione fisiologica specifica della fosfatasi alcalina non

è stata ancora ben chiarita ma l’ipotesi più accreditata è che

questo enzima sia il maggiore responsabile della calcifica-

zione ossea. La fosfatasi alcalina è alta per valori che su-

perano i 170 UI/L. Un suo aumento è spesso indice di ma-

lattie ossee o epatiche. Tuttavia vi sono alcune condizione

fisiologiche in cui si può riscontrare un aumento della fosfa-

tasi alcalina: patologie epatiche, in caso di malattie del fe-

gato correlate alla formazionee all’escrezione della bile,

come per esempio l’ostruzione biliare, colestasi, la cirrosi

biliare, le epatopatie in generale, le epatiti, si riscontra un

aumento, che va da lieve a severo, in base alla gravità della

patologia, della fosfatasi alcalina.

Solitamente si associa anche un aumento di transaminasi,

bilirubina e ygt; patologie ossee, in particolare che riguar-

dano le ossa come l’artrosi, l’artrite deformante, l’osteosar-

coma, l’osteomielite, il rachitismo e l’osteomalacia, cioè la

mancanza di vitamina D, si riscontra un aumento dei valori

della fosfatasi alcalina dovuto all’aumentato ricambio cellu-

lare osseo; malattia di Paget, il morbo di Paget è una pato-

logia che colpisce le ossa, ed è una malattia metabolica che

causa ossa deformi e crescita non normale del tessuto os-

seo facendo sì che queste siano più grandi ma anche meno

resistenti e dure e quindi più predisposte al rischio di fratture;

leucemie, timori del sangue come la leucemia mieloide cro-

nica o il mieloma possono portare al rialzo della fosfatasi

alcalina, in particolare della frazione leucocitaria; patologie

infettive, alcune patologie infettive come la mononucleosi,

provocano un rialzo dei livelli della fosfatasi alcalina ( pro-

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babilmente provocati dall’epatomegalia causata dalla ma-

lattia) e a questo si associano sintomi come febbre e l’in-

grossamento di linfonodi; tumori e metastasi, metastasi os-

see, tumori epatici, testicolari, ovarici, renali e ossei, por-

tano ad un aumento della fosfatasi alcalina causa della

continua proliferazione cellulare; problemi pancreatici, tu-

mori al pancreas o infiammazioni, acute come la pancrea-

tite, possono portare ad un aumento dei livelli della fosfatasi

alcalina, probabilmente per il coinvolgimento dei dotti biliari

comuni, ma non sono ancora chiare le cause effettive; pa-

tologie renali, aumenti di fosfatasi alcalinasi riscontrano an-

che in patologie renali che determinano la necrosi delle cel-

lule renali e quindi la liberazione nel sangue degli enzimi in

esse contenuti; tiroidi e paratiroidi, patologie che coinvol-

gono la tiroide, come ipertiroidismo, o le paratiroidi, come

iperparatiroidismo, provocano un aumento dei livelli di fo-

sfatasi alcalina, perché aumentano il turnover cellulare, in

particolare quello osseo.

Cause non patologiche che fanno aumentare il livello di fo-

sfatasi alcalina: in alcuni casi il livello di fosfatasi alcalina è

da ricondursi a cause non patologiche ma a semplici circo-

stanze fisiologiche e a fattori che ne determinano l’aumento

come, per esempio, l’utilizzo di alcuni farmaci. Tra le cause

non patologiche abbiamo: Età, nei bambini in crescita e ne-

gli adolescenti, si riscontrano alti valori di fosfatasi alcalina

dovuti all’accrescimento del livello osseo. Anche negli an-

ziani si riscontra un rialzo dei valori di fosfatasi alcalina seb-

bene non se ne conosca ancora il motivo; gravidanza, si ha

un fisiologico aumento della fosfatasi alcalina specialmente

nel corso del primo e del secondo trimestre, tanto che al

terzo trimestre i valori, rispetto ad una donna non incinta

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risultano raddoppiati. Questo aumento è normale e fisiolo-

gico, è legato alla crescita del feto, e i valori tendono a tor-

nare nella norma circa una ventina di giorni dopo il parto;

menopausa, in menopausa l’aumento dei valori della fosfa-

tasi alcalina è legato all’osteoporosi che è spesso presente

in questo periodo. L’osteoporosi determina delle modifiche

a livello dell’osso e questo causa un aumento dell’enzima;

fratture ossee, in caso di frattura ossea si ha un rialzo della

fosfatasi alcalina dovuta all’azione degli osteoblasti che agi-

scono per ricostruire il tessuto osseo danneggiato; farmaci,

alcuni farmaci possono formare l’aumento della fosfatasi

alcalina. Tra questi benzodiazepine, ACE – inibitori, salici-

lati, interferone, e antinfiammatori non steroidei; alimenta-

zione, una dieta particolarmente ricca di grassi ad esempio

il consumo di molti formaggi grassi, può portare l’aumento

dei valori della fosfatasi alcaline, dovuto probabilmente al

affaticamento epatico, poiché per digerire un pasto ricco di

grassi il fegato deve produrre una maggior quantità di bile.

Se invece la fosfatasi alcalina è bassa riferendoci alla fosfa-

tasi alcalina totale) ovvero quando siamo al di sotto dei va-

lori di riferimento, cioè quando si riscontra un valore inferiore

a 30 UI/L per la donna, 45 UI/L per l’uomo, ciò non deve

destare particolari preoccupazioni se non vi sono altri sin-

tomi presenti e se tutti gli altri valori sono a posto. Tuttavia

ci sono delle patologie che possono provocare una diminu-

zione di questo enzima, anche se nella maggior parte dei

casi non sono a tutt'oggi ben chiari i meccanismi con cui le

patologie determinano la diminuzione di questo enzima. Tra

queste patologie vi può essere: anemia, in casi di anemia

perniciosa (mancato assorbimento della vitamina B12) o di

22

altre anemie gravi, si può avere tra i sintomi anche l’abbas-

samento della fosfatasi alcalina serica; malnutrizione, ca-

renze nutritive importanti di ferro e di vitamine. Una dieta

povera potrebbe essere una causa di fosfatasi alcalina

bassa nei bambini, dove invece il valore di questo enzima è

molto alto; ipotiroidismo, al contrario dell’ipertiroidismo che

determina un aumento della fosfatasi alcalina, l’ipotiroidi-

smo, cioè il ridotto funzionamento della tiroide ne può ab-

bassare i valori sierici; celiachia, nel morbo celiaco i villi in-

testinali vengono distrutti, a causa dell’intolleranza al glutine.

Questo causa anche un abbassamento dei livelli di fosfatasi

alcalina, che causa anche una difficoltà nel rendere meno

tossico il lipopolisaccaride batterico e quindi provoca ulte-

riori danni all’intestino.

Gli esami, invece che controllano il funzionamento renale

sono:

23

LA CREATININA

La Creatinina è prodotta dalla degradazione della Creatina,

una proteina che l’organismo umano utilizza per produrre

l’energia di cui ha bisogno per svolgere al meglio tutte le

attività quotidiane. I reni, successivamente, si occupano

dello smaltimento della Creatinina tramite l’espulsione delle

urine: per tale ragione i valori di Creatinina presenti nel nostro

corpo ci aiutano a comprendere se il rene funziona bene o

meno.

Dove troviamo la Creatinina?

Questa molecola si trova nella parte liquida del sangue e le

sue quantità sono stabili perché dipendono dalla massa

muscolare del soggetto interessato. La Creatinina viene

trasportata dal sangue fino ai reni, dove subisce un

processo di filtraggio e viene, poi, espulsa attraverso le

urine. Quando i reni funzionano alla perfezione, i livelli di

Creatinina nel siero sono stabili. I livelli normali di Creatinina

nel sangue sono tra 0,6 e 1,2 mg/dl negli uomini adulti e tra

0,5 e 1,1 mg/dl nelle donne adulte. Le cose cambiano

quando i reni non lavorano come dovrebbero.

Le cause di una Creatinina troppo alta possono essere

diverse.

Le più comuni sono: insufficienza renale, patologie a carico

dei reni, azotemia, pressione alta, diabete mellito,

assunzione di alcuni tipi di farmaci, dieta iperproteica.

Creatinina bassa: quali sono le cause?

24

Le cause più comuni dei valori di Creatinina più bassi della

norma sono: diminuzione della massa muscolare in

relazione a patologie specifiche (come la distrofia

muscolare ma anche il semplice invecchiamento),

gravidanza in corso, patologie a carico del fegato (come

l’insufficienza epatica o la cirrosi epatica), patologie a carico

dei reni, infezioni, neoplasie, blocco delle vie urinarie,

insufficienza cardiaca, sindrome da inappropriata

secrezione dell’ormone antidiuretico.

L’AZOTEMIA

L' azotemia è la misura dell'azoto totale proteico presente

nel sangue sotto forma di urea, creatinina, aminoacidi ed

acido urico. L'azotemia riflette però principalmente il

contenuto di urea nel sangue che è presente in maggiore

concentrazione rispetto ad altre sostanze azotate. Per uno

studio più completo della funzionalità renale la azotemia

dovrebbe essere accompagnata dalla richiesta della

creatininemia.

Cosa vuol dire azotemia alta e quali sono i valori normali.

Quando le nostre analisi del sangue riportano valori più alti

del normale di azotemia vuol dire semplicemente che i nostri

reni non stanno compiendo a dovere il loro lavoro, non

stanno rivestendo efficacemente il ruolo che la fisiologia del

corpo umano ha previsto.

L’ azoto non proteico, quello, cioè, non derivante da

proteine, viene fisiologicamente espulso attraverso i reni per

il tramite dell’urea. Se, quindi, il valore di concentrazione nel

sangue di questo azoto è più alto rispetto ai valori, allora

diventa necessario andare a scoprirne le cause.

25

I valori considerati normali di azoto non proteico presente

nel sangue sono dai 22 mg/dl ai 46 mg/dl. Se la

concentrazione di azoto non proteico presente nel nostro

sangue supera i 46 mg/dl allora parliamo di azotemia alta.

Naturalmente sono valori indicativi che possono presentare

differenze tra, ad esempio, adulti e bambini come anche tra

maschi e femmine. Va considerato, tra l’altro, che nelle

persone anziane valori di azoto non proteico presenti nel

sangue un po’ più alti possono ancora venire considerati

normali, mentre, a parità d’ età, nelle donne questi valori

sono mediamente un po’ più bassi rispetto a quelli degli

uomini.

Parallelamente all’ azotemia, anche la creatininemia è un

parametro utilizzato per conoscere lo stato d’ efficienza dei

reni.

I sintomi

I sintomi dell’azotemia alta sono tutti legati a doppio filo all’

insufficienza renale dalla quale questi parametri discendono. La sintomatologia è molto chiara e netta ed è evidenziata

da vomito dimagrimento molto sensibile, pallore, debolezza

ed astenia. Ma anche accelerazione del battito cardiaco,

pressione alta e tremore vanno a peggiorare il quadro del

paziente.

Le cause

L’ azotemia alta può essere provocata da tutte quelle pato-

logie a loro volta causa di insufficienza renale. Anche con-

cause o cause comunque esterne al nostro organismo pos-

sono provocarla (ad esempio particolari diete). Di seguito

26

uno schematico quanto esaustivo elenco di cause possibili

per l’ azotemia alta: Vasculopatia cerebrale, Glomerulone-

frite, Farmaci cortisonici, tetraciclina e diuretici, Ostruzione

uretrale o del collo della vescica, Pielonefrite, Psicosi con-

fusionale, Sindrome di Conn, Shock, TBC renale, Traumi,

Tumore cerebrale, Gotta, Insufficienza cardiaca, Leptospi-

rosi, Alimentazione iperproteica, Cirrosi epatica, Collageno-

patie, Diabete mellito, Digiuno, Disidratazione, Ipercalce-

mia, Ipercorticosurrenalismo, Iperidratazione, Ipertensione

maligna, Ipertiroidismo, Ipopotassiemia, Emolisi gravi,

Emorragie gastrointestinali, Epilessia, Leucosi, Mieloma

multiplo, Malattie infettive, Neoplasia renale, Necrosi corti-

cale o tubulare, Nefrangiosclerosi.

Il controllo della sideremia (ferro) è importante per verificare

la concentrazione di ferro nel sangue. Se i valori della side-

remia si alterano causando una condizione di sideremia alta

o bassa, il paziente va incontro a delle patologie anche

molto gravi. Il valore della sideremia va monitorato quando

i valori dell’emoglobina e dell’ematocrito sono anomali, il

test infatti può determinare le cause di un’eventuale anemia.

Quali sono le cause dell’alterazione dei valori della sideremia?

Quando i valori della sideremia si discostano da quelli relativi

alla condizione normale di una persona sana si parla di

sideremia alta o sideremia bassa. La sideremia alta può

essere causata da: anemia aplastica, anemia

megaloblastica, anemia emolitica, ematocromatosi, epatite

Le cause della sideremia bassa possono essere:

malnutrizione, dieta vegetariana, dieta ferrea, celiachia,

diarrea, alcolismo, alterazioni gastro-intestinali, abuso di

27

lassativi, emorragie croniche, aumentato utilizzo di ferro a

livello midollare

Quali sono i sintomi legati alle alterazioni della sideremia?

Valori alti o bassi della sideremia possono portare a

condizioni in alcuni casi anche gravi. I sintomi della

sideremia alta includono:, aumento della glicemia, dei

trigliceridi e delle transaminasi del fegato, disturbi dei surreni

e della tiroide, ingrossamento del fegato e della milza,

stanchezza, ansia, disturbi dell’umore, tachicardia, aritmia,

insufficienza cardiaca, angina pectoris, carnagione scura,

caduta dei capelli

La sideremia alta può, inoltre, causare problemi a livello

sessuale. Infatti nella donna il ciclo mestruale può diventare

irregolare o assente e si possono verificare condizioni di

sterilità. Nell’uomo una conseguenza può essere

rappresentata dall’impotenza.

I sintomi della sideremia bassa possono, invece, essere:

frequenza respiratoria aumentata, tachicardia, mal di testa,

vertigini, sonnolenza, difficoltà di concentrazione, pallore

della pelle e delle mucose, lingua liscia e ulcerata,

appiattimento della mucosa dello stomaco e dell’intestino,

unghie fragili, caduta di capelli, picacismo.

L’ LDH ci indica invece se esiste un danno cellulare o

tissutale. Esso è un enzima presente nei tessuti ma solo una

minima parte è presente a livello ematico. Quando si ha un

danno o una distruzione cellulare, vi è rilascio di LDH nel

torrente circolatorio, che provoca un innalzamento della sua

concentrazione, quindi LDH alto; non si può utilizzare per

determinare quale tipo di cellule siano danneggiate.

28

Quando si ha un danno o una distruzione cellulare, vi è

rilascio di LDH nel torrente circolatorio, che provoca un

innalzamento della sua concentrazione, quindi LDH alto; non

si può utilizzare per determinare quale tipo di cellule siano

danneggiate.

L’LDH viene occasionalmente prescritto per monitorare il

danno causato da un trauma muscolare o per evidenziare

un’anemia emolitica. L’LDH e gli isoenzimi possono essere

prescritti assieme a CPK e CK-MB, quando un paziente

abbia sintomatologia correlabile ad un attacco cardiaco, ma

questo succede sempre più raramente, oggi si preferisce

utilizzare la troponina e CK e CK-MB.

Quando si può avere un LDH alto?

LDH alto e variazioni del rapporto tra i vari isoenzimi indica

di solito alcuni tipi di danno tissutale. Il livello di LDH

aumenta con l’inizio della distruzione cellulare, raggiunge il

picco dopo un lasso di tempo, quindi comincia a scendere.

Nel caso dell’attacco cardiaco, il livello di LDH totale

aumenta entro 24-48 ore, raggiunge il picco in 2-3 giorni,

e torna a livelli di normalità entro 10-14 giorni.

LDH alto si può avere con le seguenti patologie: distrofia

muscolare, anemia emolitica, malattie epatiche, malattie

renali, problemi cerebrovascolari, pancreatite, infarto

intestinale e polmonare, anemia perniciosa, mononucleosi

infettiva, alcuni tipi di cancro, uso di alcuni farmaci.

Alcune condizioni croniche o ingravescenti, come alcuni

farmaci, possono far persistere valori di LDH alto. Livelli

bassi o normali di LDH non indicano particolari problemi.

29

Alcune volte bassi livelli si possono vedere in pazienti che

fanno largo uso di acido ascorbico, cioè la vitamina C.

Alcune cause possono dare un valore di LDH alto quali

l’esercizio fisico sostenuto, l’emolisi e la conta piastrinica

aumentata.

Il controllo del CPK permette di escludere che si sia in

presenza di particolari malattie o problemi di salute,

vediamo quali.

Valori alti di CPK nel sangue, un enzima che si trova

soprattutto nel tessuto muscolare scheletrico e cardiaco,

oltre che nel tessuto cerebrale, possono indicare la presenza

di patologie a carico di diversi organi. I valori di CPK vengono

rilevati con dei normali esami del sangue, prima dei quali è

bene rimanere a digiuno: non bisognerebbe infatti mangiare

nelle 10-12 ore precedenti al prelievo di sangue.

Il CPK alto può essere rilevato in presenza di angina di

Prinzmetal, atrofia muscolare neurogena, dermatomiosite,

distrofia muscolare, embolia polmonare, infarto cardiaco,

infarto cerebrale, ipertermia maligna, ipotiroidismo, malattie

infettive, miocardite, polimiosite, Sindrome di Reye.

Il CPK alto è presente anche in pazienti che soffrono di

convulsioni, che hanno avuto la febbre o che hanno subito

dei traumi o delle ustioni, senza dimenticare che può

manifestarsi dopo dell'esercizio fisico molto intenso o nelle

persone alcolizzate. Valori più alti si riscontrano anche dopo

delle iniezioni intramuscolari o dopo essere stati sottoposti

a intervento chirurgico.

I valori di CPK presenti nel sangue, inoltre, possono far

capire al medico quali sono gli eventuali danni cardiaci e

30

muscolari di cui soffre il paziente dopo un evento che li ha

messi a dura prova.

Ma quali sono i valori di riferimento per il CPK? Solitamente

è considerato nella norma un valore compreso tra 10 e 200

UI/l.

Il controllo degli elettroliti: SODIO, POTASSIO, CLORO.

Gli elettroliti presenti nei liquidi biologici sono rappresentati

da quelle sostanze inorganiche, di norma sali, presenti nei

liquidi biologici in forma dissociata come ioni positivi (ca-

tioni), principalmente sodio, potassio, calcio e magnesio, e

ioni negativi (anioni) principalmente cloruri, bicarbonati e fo-

sfati.

31

La funzione principale degli elettroliti plasmatici risiede nella

regolazione di importanti processi fisiologici tra cui

ricordiamo: il mantenimento dell’equilibrio osmotico; il

mantenimento dell’idratazione e della distribuzione

dell’acqua nei vari compartimenti dell’organismo; il

mantenimento dell’elettroneutralità e la stabilizzazione del

pH dell’organismo; la regolazione dell’equilibrio acido-base

dell’organismo; effetti sull’eccitabilità delle membrane delle

cellule nervose; funzioni di attivatori e/o cofattori in diverse

reazioni enzimatiche. IL SODIO è il principale catione presente

nei liquidi extracellulari e riveste un ruolo fondamentale nel

mantenere la quota idrica dell’organismo. Il fabbisogno

alimentare giornaliero è di circa 4-6 g ed il suo contenuto

nell’organismo viene regolato fondamentalmente a livello

renale, grazie all’azione di una serie di ormoni di cui il più

importante è l’aldosterone, a sua volta sotto il controllo del

sistema renina-angiotensina. In ultima analisi, la ritenzione

di sodio a livello renale viene regolata, attraverso i sistemi

descritti, dal volume plasmatico. Una diminuzione del sodio

(iponatriemia) può essere dovuta ad un eccesso di acqua

senza un concomitante incremento del sodio, o a

deplezione sodica. L’iponatriemia si manifesta clinicamente

in maniera sfumata con confusione mentale e letargia, e la

sintomatologia è tanto più grave quanto più rapida è la

discesa dei livelli di sodio; per livelli di sodio al di sotto dei

115 meq/l può manifestarsi ipereccitabilità neuro-

muscolare, stupor, convulsioni e coma che può condurre

rapidamente al decesso.

Al contrario, un aumento del sodio (ipernatriemia), general-

mente è il riflesso di una deplezione idrica non accompa-

32

gnata da corrispondente diminuzione di sodio, o, più rara-

mente di un sovraccarico di sodio. Il sintomo principale

dell’ipernatriemia è la presenza di sete. I segni clinici

dell’eccesso di sodio sono dovuti alla disidratazione delle

cellule cerebrali che conduce ad un’alterazione delle funzioni

cerebrali, si hanno infatti, stato confusionale, ipereccitabilità

neuro-muscolare, convulsioni e coma.

Il POTASSIO è il principale catione presente nei liquidi

intracellulari, mentre solo piccole quantità sono rilevabili nel

plasma. Le riserve dell’organismo sono piuttosto scarse e,

quindi, questo catione può andare soggetto a deplezione in

maniera molto rapida. Il potassio risulta importante non solo

ai fini del mantenimento dell’osmolalità intracellulare, ma

anche perché riveste importanti funzioni metaboliche, è

infatti coinvolto come cofattore in diversi processi

enzimatici, ma soprattutto ha un ruolo importante

nell’eccitabilità delle cellule nervose e nella trasmissione

degli impulsi nervosi. In particolare, il potassio presenta un

ruolo diretto sul ritmo e sulla contrattilità cardiaca, di

conseguenza, anche piccole variazioni nella sua

concentrazione possono avere notevole influenza sull’attività

del miocardio.

Le variazioni delle concentrazioni plasmatiche del potassio

in genere hanno un’origine multicausale: una diminuzione

del potassio (ipokaliemia) di solito è originata da una

deplezione del catione che può derivare da una perdita da

parte dell’organismo per vomito, diarrea, iperattività

surrenalica (iperaldosteronismo da terapia corticosteroidea

o da altre sindromi metaboliche quale ad esempio il morbo

di Cushing e l’iperinsulinemia). Anche una ridotta assunzione

di potassio con la dieta può condurre ad un’ipopotassiemia,

33

così come un’errata ridistribuzione del catione tra

compartimento intra- ed extracellulare oppure un’eccessiva

perdita dello stesso per via renale e/o intestinale come può

accadere anche con l’uso di particolari farmaci lassativi o

diuretici.

Clinicamente l’ipokaliemia si manifesta con sintomi nervosi,

muscolari e cardiaci (debolezza, tetania ed alterazioni

elettrocardiografiche) e con disturbi a livello digestivo

(nausea, vomito, anoressia) e renale (poliuria).

Una iperkaliemia, al contrario, viene ad instaurarsi quando

l’accumulo di potassio nei liquidi intracellulari è maggiore

della sua eliminazione, ciò è causato nella maggior parte

dei casi da un’insufficienza renale che porta ad una sua

diminuita escrezione urinaria o a situazioni in cui si verificano

massive distruzioni cellulari, come nel caso di grandi ustioni,

crisi emolitiche o trattamenti chemioterapici antitumorali.

Altre cause rilevanti nel determinare una iperkaliemia

possono essere un eccesso nella somministrazione del

catione in casi di terapia con dosaggi eccessivi o una ridotta

secrezione per calo degli scambi sodio-potassio o per

ipoaldosteronismo (come morbo di Addison).

Gli effetti clinici di una iperkaliemia sono prevalentemente a

carico del miocardio e comprendono alterazioni

elettrocardiografiche e bradicardia che può procedere fino

ad asistolia e conseguente arresto cardiaco. Altri effetti

tossici del potassio si verificano a carico del muscolo

scheletrico e si presentano con debolezza muscolare che

può evolvere fino alla paralisi flaccida. IL CLORO sono i

principali anioni presenti nel compartimento extracellulare

dell’organismo, circa il 70% del cloro totale dell’organismo

34

si trova in questa sede. Il fabbisogno giornaliero è in genere

assicurato attraverso l’introduzione alimentare di cloruro di

sodio, mentre la sua eliminazione avviene principalmente

per via renale attraverso le urine e, in piccola parte,

attraverso il sudore. La principale funzione dei cloruri è

quella di assicurare l’elettroneutralità, accompagnando lo

ione sodio negli spostamenti attraverso le membrane

cellulari. Il cloro svolge, inoltre, un’importante funzione a

livello gastrico, dove attraverso la secrezione di acido

cloridrico nello stomaco contribuisce alle funzioni digestive,

oltre ad agire come attivatore di diversi enzimi.

In generale le alterazioni dei cloruri plasmatici sono conte-

stuali a quelle del sodio anche se esistono rilevanti eccezioni

come l’ipocloremia da perdita di succo gastrico e l’iperclo-

remia non associata a ipernatriemia in alcuni disturbi

dell’equilibrio acido-base e dopo terapie con elevati quan-

titativi di soluzione fisiologica e di ammonio cloruro.

Il CALCIO è il minerale di gran lunga più abbondante

nell’organismo umano, in un individuo di 70 Kg di peso,

infatti, è contenuto circa 1 Kg di calcio. Il suo metabolismo

è strettamente correlato a quello dei fosfati. Quasi tutto il

calcio presente nell’organismo così come circa l’80% dei

fosfati, si trova localizzato nel tessuto osseo, come fosfato

di calcio inorganico, il quale oltre a rivestire una funzione

meccanica, è sottoposto ad una notevole attività metabolica

sotto controllo ormonale, in conseguenza della quale vi è un

continuo riassorbimento e deposito di sali di calcio, quindi

in ultima analisi il tessuto osseo funge da serbatoio di calcio

e contribuisce all’omeostasi del calcio e dei fosfati nei fluidi

biologici.

35

Nel plasma, in cui la concentrazione di calcio viene mante-

nuta entro limiti piuttosto ristretti, il calcio si trova per circa

la metà legata alle proteine in forma non diffusibile, mentre

la parte rimanente è quasi tutta in forma di calcio ionizzato

(Ca++), con un 5-10% residuo di calcio complessato con

citrati e fosfati.

La frazione ionizzata del calcio è quella che riveste la mag-

giore importanza dal punto di vista funzionale, è infatti que-

sta la frazione responsabile degli effetti eccitatori neuro-

muscolari, nonché dei meccanismi di regolazione delle varie

frazioni del calcio regolati attraverso la produzione del pa-

ratormone.

Il calcio svolge numerose azioni metaboliche nell’organi-

smo, è infatti implicato nella mineralizzazione delle ossa, nei

processi della cascata coagulativa e nei fenomeni di ecci-

tabilità neuro-muscolare. A livello intracellulare, inoltre, il

calcio risulta implicato nell’attivazione neuronale, nella con-

trazione muscolare, nel controllo della secrezione e

dell’azione di ormoni e fattori di crescita e nella regolazione

della trascrizione genica e delle attività metaboliche cellulari.

Un’ipercalcemia può presentarsi con i classici sintomi quali

stanchezza, nausea e vomito, sete e poliuria, costipazione

intestinale e disturbi psichici con confusione mentale e de-

lirio che può progredire fino al coma per valori di calcemia

molto elevati. La conseguenza maggiormente pericolosa di

un’ipercalcemia prolungata nel tempo si può avere a carico

del rene con insufficienza renale reversibile che progredisce

fino a divenire irreversibile a causa del deposito di fosfati di

calcio a livello tubulare con danno strutturale renale. L’iper-

calcemia grave è anche associata con alterazioni elettro-

cardiografiche che possono manifestarsi con la presenza di

aritmie cardiache. Alterazioni della calcemia con valori oltre

36

una certa soglia possono condurre rapidamente ad insuffi-

cienza renale e shock che può evolvere fino al decesso.

L’ipocalcemia è di frequente asintomatica, le manifestazioni

cliniche che possono presentarsi sono perlopiù legate alle

alterazioni di potenziale elettrico della membrana neuromu-

scolare, si può avere quindi la presenza di crampi muscolari

che in casi di severa ipocalcemia (con valori < 7 mg/dl) può

evolvere in tetania con spasmo laringeo e convulsioni gene-

ralizzate. L’ipocalcemia grave può anche causare alterazioni

elettrocardiografiche che possono condurre da aritmie fino

al blocco cardicao. Nell’ipocalcemia cronica è possibile os-

servare cute secca con aspetto a scaglie, unghie fragili e

capelli ispessiti, inoltre, si può avere un’alterazione del me-

tabolismo dei tessuti oculari che può condurre allo sviluppo

di cataratta.

Il FOSFORO Nell’organismo adulto sono contenuti in media

circa 600-650 grammi di fosfato, di cui almeno l’80% è

localizzato nel tessuto osseo, di contro la frazione

plasmatica dei fosfati è piuttosto ridotta ma, ciononostante,

esplica diverse funzione biologiche di notevole rilevanza.

Il fosforo, come estere fosforico di diversi composti organici

entra in diverse tappe del metabolismo degli zuccheri, è

fondamentale nei processi cellulari di immagazzinamento,

trasferimento e liberazione di energia, è un costituente fon-

damentale degli acidi nucleici (DNA ed RNA) ed entra nella

composizione dei fosfolipidi di membrana, indispensabili

nella composizione delle membrane delle cellule.

Di contro i fosfati inorganici, presenti nel plasma e quindi

dosabili dal punto di vista analitico, giocano un ruolo fon-

damentale, insieme al calcio, nel metabolismo del tessuto

37

osseo, essi contribuiscono inoltre al mantenimento

dell’equilibrio acido-base e, quindi, del pH del sangue e ri-

sultano importanti nei processi di eliminazione degli ioni H+

per via urinaria, attraverso l’eliminazione di radicali fosfato.

Un’iperfosfatemia si presenta perlopiù in maniera asintoma-

tica, anche se calcificazioni a carico dei tessuti molli si ve-

rificano nei pazienti affetti da insufficienza renale con valori

plasmatici di calcio e fosforo che si mantengono elevati per

lungo tempo.

Anche l’ipofosfatemia solitamente decorre in maniera asin-

tomatica, in ogni caso un’ipofosfatemia cronica grave può

determinare anoressia, debolezza muscolare, osteomalacia

che può evolvere fino a rabdomiolisi, anemia emolitica, di-

fetti di funzionalità piastrinica e nei casi estremi encefalo-

patia, coma e morte.

LA VITAMINA D

Il termine di vitamina D indica un gruppo di 5 diverse mole-

cole liposolubili (D1, D2, D3, D4 e D5) di cui le più impor-

tanti sono l’ergocalciferolo (D2) di origine vegetale ed il co-

lecalciferolo (D3) di origine animale.

I quantitativi di vitamina D presenti negli alimenti sono molto

ridotti ma essa può anche essere sintetizzata a livello cuta-

neo partendo da un derivato del colesterolo il 7-deidroco-

lesterolo; affinché ciò avvenga è necessaria l’esposizione

alla luce solare, il che spiega come mai una delle malattie

legate al deficit di vitamina D come il rachitismo fosse pre-

valente in zone con basso irradiamento solare.

38

Si tratta comunque di provitamine prive di effetti in quanto

debbono subire due modificazioni chimiche; la prima av-

viene a livello epatico mentre la seconda avviene a livello

renale ed è causata dal Paratormone (PTH). Solo a questo

punto avremo la forma attiva della vitamina D detta 1,25

diidrossivitamina D.

L’azione della vitamina D tende ad elevare i livelli ematici di

calcio tramite l’aumento del suo riassorbimento renale

e l’aumento dell’assorbimento intestinale, in conseguenza di

ciò si avrà una corretta mineralizzazione dell’osso ed un nor-

male accrescimento corporeo.

La vitamina D si comporta come un ormone, per altro la sua

struttura ricorda molto quella degli ormoni steroidei, ed agi-

sce all’interno del sistema Paratormone (PTH) – Calcitonina

in modo sinergico con il PTH con conseguente omeostasi

del sistema calcio – fosforo.

E’ da notare che in condizioni di ipocalcemia la vitamina D

viceversa induce riassorbimento dell’osso in quanto, come

detto, il suo scopo principale è elevare i valori ematici di

questo elettrolita.

Affinché vi sia una patologia da ipovitaminosi D è necessaria

sia una insufficienza esposizione al sole che un deficit ali-

mentare anche se sono presenti delle forme di rachitismo

familiare per deficit enzimatici legati al cromosoma X.

Le due principali malattie sono il rachitismo nel bambino e

l’osteomalacia nell’adulto in cui si osserva un deficit di cal-

cificazione delle ossa con ipertrofia cartilaginea.

Gli alimenti contengono poca vitamina D e la sua produzione

endogena, derivante dalla luce solare è fondamentale, co-

munque essa è maggiormente rappresentata in alcuni pesci

39

(salmone, pesce azzurro, tonno), in alcuni formaggi, nelle

uova e nel fegato, tra i vegetali è sono da segnalare i funghi.

Notoriamente il maggior quantitativo di vitamina d è pre-

sente nell’olio di fegato di merluzzo che però difficilmente

viene usato come alimento.

Il quadro di intossicazione da vitamina D è alquanto raro e

sostanzialmente sempre secondario ad un eccesso di as-

sunzione di prodotti farmaceutici, i sintomi sono l’astenia, la

nausea e la diarrea. Se sussiste anche una ipercalcemia

avremo anche i sintomi correlati ad essa.

Il controllo della tiroide avviene come prima indagine di base

con l’esame del TSH.

Il TSH o ormone tireostimolante viene prodotto dall'ipofisi e

regola la secrezione degli ormoni tiroidei. Il TSH (thyroid sti-

mulating hormone) favorisce l'assorbimento dello iodio

(componente fondamentale degli ormoni della tiroide) da

parte delle ghiandole e in particolare la produzione degli or-

moni tiroidei, T3 e T4. Per questo motivo è molto importante

tenere sempre sotto controllo i valori di questo ormone.

Tale ormone, dunque, agisce sulla tiroide, condizionandone

la funzionalità.

Quali sono i normali valori del TSH?

I normali valori del TSH sono di 0,5-5,0 µU/ml. I valori del

TSH possono essere più elevati in gravidanza, se colpiti da

patologie tumorali o durante una terapia con

estroprogestinici.

40

Quali sono le principali cause di alterazione dei valori del

TSH?

Un aumento dei valori del TSH può essere causato da:

cretinismo; gravidanza; neoplasie maligne; ipotiroidismo

primario; tiroide di Hashimoto.

Una diminuzione di tali valori si può verificare, invece, per

effetto di: ipertiroidismo primitivo; ipotiroidismo secondario

o terziario; disfunzioni dell'ipofisi.

L’ESAME COMPLETO DELLE URINE

L’esame delle urine è un test chimico-fisico e microscopico

che si esegue su un campione di urina.

41

A cosa serve l’esame delle urine?

L’esame delle urine è un comune test di screening per

eventuali patologie a carico dell’apparato urinario, consente

inoltre di verificare la funzionalità renale. Il test è diviso in tre

parti: esame fisico (che analizza colore e aspetto delle

urine), esame chimico (che rivela le eventuali sostanze

presenti nelle urine e la loro quantità) ed esame

microscopico del sedimento urinario (che rileva detriti di tipo

cellulare e non). In genere meritano un approfondimento la

presenza di proteine, di sangue o di globuli bianchi.

Sono previste norme di preparazione?

Non sono necessarie particolari norme di preparazione,

occorre dotarsi di un contenitore sterile per la raccolta delle

urine.

SANGUE OCCULTO FECALE

L’esame del sangue occulto sulle feci si esegue per

monitorare i tumori al colon retto. Tali tumori infatti si

sviluppano molto lentamente a partire da piccole

formazioni benigne, chiamate polipi o adenomi che

possono sanguinare molti anni prima della comparsa

di tali disturbi. All’inizio questo sangue non si vede a

occhio nudo, ma può essere rilevato da un esame

chiamato appunto sangue occulto nelle feci che

consente di rilevare lesioni tumorali o pretumorali con

molto anticipo, aumentando la possibilità di curarle.

Come esegue il sangue occulto nelle feci?

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È un esame semplice: consiste nel raccogliere, a casa

propria, un piccolo campione di feci in un particolare

flaconcino, che viene distribuito dalle farmacie o

distribuito dal nostro laboratorio. Bisogna comunque

tener presente che la presenza di sangue nelle feci può

essere dovuto a motivi più disparati; spesso è generato

da un sanguinamento originatosi nella zona dell’apparato

gastrointestinale, oppure per ragioni assai banali come

emorroidi, ernia iatale etc., è comunque buona norma,

data appunto la presenza di sangue nelle feci sia spia di

una patologia di una certa severità, non trascurare tale

segnale.

IL CONTROLLO DEL PSA PER I MASCHI

Il test del PSA è un esame usato principalmente come

screening per il tumore della prostata, una ghiandola che si

trova sotto la vescica degli uomini.

L’obiettivo è la misurazione della quantità di antigene pro-statico specifico nel sangue, una proteina prodotta dalla

prostata e presente soprattutto nello sperma, con la fun-

zione mantenere fluido il seme dopo l’eiaculazione e per-

mettere così agli spermatozoi di muoversi più facilmente. In

questa scheda parleremo della quantità totale circolante,

ma ulteriori informazioni possono essere ottenute dall’analisi

della frazione libera (PSA free).

Nei casi di tumore alla prostata i livelli circolanti di antigene

prostatico possono aumentare sensibilmente, ma è impor-

tante chiarire fin d’ora che molte altre condizioni possono

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spiegare valori oltre la soglia (prostata infiammata e/o in-

grossata, per esempio); poichè è tuttora molto discussa

l’effettiva utilità di quest’esame come screening, il consiglio

è di valutare sempre la decisione di sottoporvisi e soprattutto

la discussione dei risultati con il proprio medico o con lo

specialista.

LO STRESS OSSIDATIVO

Che cos’è lo stress ossidativo?

Lo stress ossidativo – dai sintomi, le cause e i rimedi diversi

– è una condizione che può portare a gravi conseguenze per

la salute dell’organismo. Quando si parla di stress

ossidativo, ci si riferisce all’alterazione dell’equilibrio delle

specie ossidanti – meglio note come “radicali liberi” – che

sono prodotte nel nostro corpo e la cui formazione ed

eliminazione viene, per l’appunto, compromessa: i radicali

liberi possono aumentare per via di un errato stile di vita, di

una dieta scorretta, di stress e altri motivi, che l’organismo

non riesce a contrastare. Scopriamo di più in merito.

I SINTOMI

Quando la produzione eccessiva dei radicali liberi da parte

dell’organismo – che di conseguenza non riesce più a

smaltirli correttamente – porta allo stress ossidativo i sintomi

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possono essere diversi e legati a diverse condizioni

patologiche.

Qualche esempio?

L’invecchiamento cutaneo è uno dei sintomi dello stress

ossidativo ed è possibile notarlo per via della pelle secca e

della comparsa di rughe. A causa di questa condizione a

risentirne sono anche i capelli secchi, che possono cadere,

divenire fragili, spezzarsi più facilmente e manifestare la

nascita di doppie punte e di capelli bianchi.

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Anche

l’infertilità, la

fibromialgia e la

psoriasi sono

sintomi dello

stress

ossidativo: la

psoriasi, ad

esempio, è una

patologia

infiammatoria

delle pelle,

dovuta a uno squilibrio nel sistema immunitario; si pensa che

lo stress ossidativo possa esserne concausa, in quanto

contribuisce all’aumento dei fenomeni infiammatori. Inoltre,

anche le patologie cardiovascolari – infarto e ictus, ad

esempio – alcune malattie neurodegenerative – come il

morbo di Parkinson e l’Alzheimer – l’osteoporosi, la vitiligine,

alcuni tumori e i disturbi alla tiroide possono essere sintomi

e conseguenze della presenza di stress ossidativo.

PRINCIPALI PATOLOGIE CORRELATE ALLO STRESS OSSIDATIVO

Emicrania, insonnia, depressione, disturbo bipolare.

Cancro, Alzheimer, Parkinson, demenza, Sclerosi multipla, ADHD, autismo, neuropatia diabetica, altre.

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Le cause

Le specie ossidanti e i radicali liberi sono di fondamentale

importanza per l’organismo, in quanto si occupano della

lotta ai batteri, del controllo della pressione arteriosa e di

molto altro ancora: è, infatti, solo il loro eccesso e aumento

spropositato a causare la rottura dell’equilibrio fisiologico,

portando a condizioni come lo stress ossidativo e a danni

anche gravi. A causare tutto ciò, possono essere diversi

fattori: un errato stile di vita, il fumo di sigaretta, l’abuso di

alcol, troppa attività fisica, l’esposizione prolungata e senza

protezione ai raggi solari – le radiazioni UV causano danni al

DNA e aumentano i fenomeni di ossidazione nell’organismo

– così come l’esposizione a sostanze chimiche e radiazioni

ionizzanti – radiografie e TAC sono un esempio – una dieta

povera di frutta e verdura, alcune patologie metaboliche –

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obesità, ipertensione e diabete sono alcune di queste – e,

infine, la predisposizione genetica.

I rimedi

Prima di tutto, è di fondamentale importanza diagnosticare

in tempo questa condizione, proprio per evitare l’insorgenza

di diverse patologie. Riferite i vostri dubbi e la vostra

condizione al medico, che farà una diagnosi corretta della

situazione e, probabilmente, vi prescriverà degli esami

specifici.

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I rimedi consistono nell’assunzione di sostanze antiossidanti

– il cacao crudo è, ad esempio, ricco di antiossidanti – e nel

seguire un corretto stile di vita, facendo prevenzione ed

evitando comportamenti errati: di fondamentale importanza

sarà mangiare molta frutta e verdura – esistono degli alimenti

ricchi di antiossidanti naturali – e assumere degli integratori

di vitamine e minerali, soprattutto contenenti vitamina A, C

ed E e magnesio e zinco.

E’ consigliabile, comunque, consultare sempre un medico o

un nutrizionista sulla dieta più opportuna da adottare, per

non incorrere in errori con conseguenze anche gravi e

dannose per la propria salute.