Il metodo Rietveld Modulo base...Metodo Rietvel: formalismo matematico In termini generali il metodo...

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Chimica fisica superiore Modulo 1 Il metodo Rietveld Modulo base Sergio Brutti

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  • Chimica fisica superiore

    Modulo 1

    Il metodo Rietveld

    Modulo base

    Sergio Brutti

  • Raffinamento Rietveld: key factors

  • Metodo Rietvel: formalismo matematico In termini generali il metodo Rietveld di basa su 2 teoremi:

    TEOREMA DELL’UNICITA’

    Ipotesi 1: dato un diffrattogramma sperimentale registrato tra q1 e q2

    con intervallo minimo pari a Dq che corrisponde ad una funzione

    matematica:

    Ipotesi 2: dati N modelli strutturali cristallini corrispondenti al 100%

    dei componenti del materiale di cui a XRDexp.

    Tesi: è sempre sempre possibile calcolare un solo diffrattrogramma

    teorico secondo un equazione matematica dipendente dai

    parametri strutturali/morfologici delle fasi presenti e da fattori

    strumentali.

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI

    qexpexp IXRD

    N

    i

    n

    j

    jjjjjjiiiiii

    i

    BzyxZcba1 1

    ,,%,,,,,,,,,

  • Metodo Rietvel: formalismo matematico TEOREMA DELLA REVERSIBILITA’

    Ipotesi 1: dato un diffrattogramma teorico calcolato tra q1 e q2 con

    intervallo minimo pari a Dq che corrisponde ad una funzione

    matematica:

    Ipotesi 2: dati N modelli strutturali cristallini corrispondenti al 100%

    dei componenti del materiale di cui a I(q).

    Tesi: è sempre possibile determinare un unico insieme di parametri

    variabili che determinano l’eq. Di cui all’ipotesi 1 per i quali il

    diffrattrogramma teorico si approssima al diffrattogramma

    sperimentale del corrispondente materiale reale.

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI

    qq expII

    N

    i

    n

    j

    jjjjjjiiiiii

    i

    BzyxZcba1 1

    ,,%,,,,,,,,,

  • Diffrattogramma teorico Dato quindi un modello strutturale è possibile calcolare il

    diffrattogramma complessivo come una sommatoria di contributi

    provenienti ciascuno da ogni picco di diffrazione atteso.

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI

    In cui il fattore F(hkl) è il cosiddetto fattore di struttura

    Il fattore di struttura è una quantità specifica per ogni piano

    cristallino e quindi governa l’intensità specifica di ogni picco di

    diffrazione identificato da una terna di Miller (hkl)

    Il fattore di struttura dipende dalle caratteristiche della base

    atomica di una data struttura cristallina ovvero dagli atomi presenti

    nella cella elementare.

  • Intensità di uno spettro di diffrazione Il fattore di struttura per ogni piano reticolare rappresentato dalla

    terna di indici di Miller hkl sarà:

    Che è ulteriormente semplificato considerando che:

    (la seconda relazione è

    l’equazione di Bragg per

    la diffrazione)

    22sin2 q hkljjjj Bj

    lzkyhxi

    hkljeeQfhklF

    hklhklhkl

    hkldQ q

    qsin2

    sin4

    L’equazione dei fattori di struttura si intende ovviamente specifica

    per ciascuna terna (hkl) ovvero per ciascun piano cristallino (e

    corrispondente picco di diffrazione).

  • Intensità di uno spettro di diffrazione

    Fattore di scattering

    atomico

    22sin2 q hkljjjj Bj

    lzkyhxi

    hkljeeQfhklF

    Il fattore di struttura per ciascun piano cristallino è dato da una sommatoria

    estesa a tutti gli atomi presenti nella cella elementare di una data struttura

    cristallina del prodotto di 3 termini (scattering atomico, posizione, agitazione

    termica).

    Posizione atomica

    Agitazione termica

  • Scattering da una nube elettronica.

    I raggi X quando interagiscono con un atomo vengono deviati

    dalla nube elettronica (scattering).

    Consideriamo lo scattering di un onda X in un volumetto

    infinitesimo dV nel quale è presente una densità elettronica ρ.

    La variazione infinitesima dell’ampiezza dello scattering prodotto

    dall’interazione della radiazione con la nube elettronica nel

    volumetto dV sarà:

    Lo scattering complessivo ovvero l’ampiezza di scattering

    prodotto dall’intera nube elettronica sarà:

    dVerQdF jrQi

    rderQF

    dxdydzerdVerQF

    j

    jj

    rQi

    zyx

    rQirQi

    ,,

  • Fattori di scattering atomico dei raggi X Come abbiamo visto l’ampiezza di un’onda post-scattering da

    parte di un insieme di particelle (atomi) di natura diversa (speci

    atomiche) è data da:

    D’altronde lo scattering nell’intorno di ciascun atomo dipende dalla

    distribuzione continua della nube elettronica e quindi il fattore di

    scattering atomico dei raggi X sarà dato da:

    Il fattore di scattering dipende non solo dalla natura dell’atomo

    (densità elettronica) ma varia anche con il vettore di

    scattering.

    In assenza di deflessione (Q=0) il termine exp(iQr)=1 ed esso

    coincide con la carica nucleare Z.

    Qfrderf jrQijj j

    N

    j

    rQi

    jjefQF

    1

    ZrdrQf jj 0

  • Fattori di scattering atomico dei raggi X Usualmente l’andamento del valore dei fattori di scattering viene

    rappresentato con una funzione algebrica in funzione dell’angolo

    di diffrazione.

    In cui i parametri ai bi e c sono specifici per ogni specie atomica o

    ionica dando andamenti specifici (vedi figura per specie

    isoelettroniche)

    4

    1

    sin

    i

    b

    i ceaQfi

    q

    • Il fattore di scattering cresce al

    crescere di Z

    • Il fattore di scattering diminuisce al

    crescere dell’angolo di diffrazione.

    I segnali di diffrazione aumentano di

    intensità per strutture con atomi

    pesanti e sono più intensi a bassi

    angoli di deflessione

  • Agitazione termica

    Ciascun atomo nella base cristallina sarà soggetto naturalmente ad

    una sua agitazione termica. Essa sarà tanto più piccola quanto più i

    legami chimici saranno rigidi/forti

    Ne consegue che ogni atomo nella base cristallina sarà

    caratterizzato da una specifica funzione che ne descriva l’agitazione

    termica.

    Assumiamo che i moti atomici siano armonici e isotropi di ampiezza

    quadratica media : la funzione che le descrive è una gaussiana:

    2

    2

    2

    1,

    jur

    j

    eu

    rjAT

    2

    2

    ,Qu

    j

    j

    eQTrjATFT

    Agitazione termica

    nello spazio diretto

    Agitazione termica

    nello spazio di Fourier

    2

    ju

    La cui trasformata di Fourier è il fattore termico presente

    nell’equazione dei fattori di struttura:

  • Trasformata di Fourier delle agitazione

    termica L’equazione precedente può essere semplificata considerando

    l’angolo di deflessione theta esplicitamente.

    22

    sinsin8

    8

    2

    2

    2

    222

    22

    jj

    Bu

    Qu

    j

    uB

    eeeQT

    jj

    j

    q

    q

    In cui lambda è la lunghezza d’onda della radiazione incidente.

    I termini sono le ampiezze quadratiche medie di oscillazione;

    esse sono dette FATTORI TERMICI e sono proporzionali alla

    temperatura e specifici per ogni atomo presente in una specifica

    struttura cristallina.

    I termini Bj sono detti Fattori di Debye Waller e sono utilizzati per

    comodità algebriche. Hanno la dimensione di una lunghezza al

    quadrato (tipicamente A2) e come i fattori termici sono specifici

    per atomo e per struttura cristallina.

  • Diffrattogramma teorico Torniamo all’equazione generale di un diffrattogramma teorico.

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI

    In cui la funzione profile(hkl,FWHM,q) consente di calcolare la

    forma di ciascun picco di diffrazione la cui intensità relativa è data

    dal quadrato dei fattori di struttura.

    Il fattore moltiplicativo kscale è un fattore di scala costante che

    consente di convertire le intensità assolute misurate con i valori di

    intensità teorici.

    Ai contributi provenienti dalla struttura è necessario aggiungere

    una funzione di background (bkgr(q)) che dipende dal solo angolo

    di diffrazione per descrivere ‘andamento della linea di base.

  • Funzione di background

    nnaaaabkgr qqqq ...2

    210

    Ai contributi provenienti dalla struttura è necessario aggiungere

    una funzione di background (bkgr(q)) che dipende dal solo angolo

    di diffrazione per descrivere ‘andamento della linea di base.

    La linea di base di un diffrattogramma è tipicamente rappresentata

    con un polinomio di grano n-esimo in funzione dell’angolo di

    diffrazione.

    Sono possibili altre soluzioni funzionali (espansione in serie dei

    coseni di theta ad esempio) ma si tratta di varianti non

    particolarmente significative.

  • Analisi del profilo completo di diffrazione • Ampiezza e forma dei picchi di diffrazione.

    Caratteristiche strumentali

    (fenditure, finestre ottiche,

    geometria)

    Caratteristiche del

    campione (dimensione

    cristalliti, internal strain)

    Forma tipica del picco e sua

    ampiezza in funzione

    dell’angolo di diffrazione.

    Geometria

    strumentale

    Dimensione dei

    cristalliti

    Strain interno dei

    cristalliti

    Forma Ampiezza angolare

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI

  • Forma dei picchi di diffrazione La forma di un picco di diffrazione è determinata principalmente

    da caratteristiche geometriche dello strumento ovvero:

    1. Ampiezza delle fenditure divergenti

    2. Presenza e ampiezza delle maschere di Soller

    3. Ampiezza e caratteristiche delle slitte incidenti e riceventi

    4. Presenza di monocromatori e loro caratteristiche

    5. Presenza di filtri e loro caratteristiche

    6. Tipologia di sorgente e sue caratteristiche (RX, RX non

    convenzionali, Neutroni)

    7. Dimensione degli archi goniometrici

    8. Tipologia di misura (theta-theta, theta-2theta, omega-theta,

    etc)

    E’ anche determinata da caratteristiche complesse della morfologia

    del campione (e.g. size-strain, texture).

    In generale la forma di un picco di diffrazione è data da una

    sommatoria complessa di una curva Laurenziana e una Gaussiana

  • Forma dei picchi di diffrazione

    In un diffrattogramma teorico, lo spettro complessivo è dato quindi

    dalla sommatoria di tante funzioni TCHZ quanti sono i picchi di

    diffrazione presenti, ciascuna moltiplicata per il corrispondente

    fattore di struttura al quadrato.

    L’equazione tipica che descrive ognuno dei picchi di diffrazione è la

    cosiddetta PSEUTO-VOIGT (TCHZ).

    GLTCHZ 1

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI

    In cui il parametro è il fattore di mescolamento

    gaussiano/laurenziano.

  • Forma dei picchi di diffrazione

    Andando più nel dettaglio, L è una funzione Laurenziana:

    GLTCHZ 1

    2

    2

    1

    1

    221

    1

    HC

    H

    CL

    hklqqq

    Dipendente dalla costante numerica C1=4

    Nella precedente H è in prima approssimazione β=FWHM e qhkl la

    corrispondente posizione angolare di Bragg del picco considerato

    mentre q è la variabile angolo.

  • Forma dei picchi di diffrazione

    Andando più nel dettaglio, G è una funzione Laurenziana:

    GLTCHZ 1

    2200 22exp HCH

    CG hklqq

    q

    Dipendente dalla costante numerica C0=4ln2

    Nella precedente H è in prima approssimazione β=FWHM e qhkl la

    corrispondente posizione angolare di Bragg del picco considerato

    mentre q è la variabile angolo.

  • Ampiezza angolare del picco di diffrazione Dimensione dei

    cristalliti

    Strain interno dei

    cristalliti

    La dimensione dei cristalliti ovvero la loro estensione geometrica

    nelle 3 dimensioni determina che esistono solo un numero finito di

    piani paralleli che danno diffrazione e questo influenza direttamente

    l’allargamento dei picchi di diffrazione

    Lo strain interno di un cristallo deriva dall’esistenza di compressioni

    o espansioni casuali lungo qualunque direzione cristallina. La

    deformazione elastica corrispondente avrà una sua distribuzione

    nell’insieme dei cristalliti e determinerà non uno spostamento dei

    picchi ma un loro allargamento (incremento dell’ampiezza angolare).

    Geometria

    strumentale

    Chiamato allargamento strumentale di banda, si osserva per cristalli

    quasi-infiniti (dimensioni micrometriche) primi di strain intento.

  • Dimensione dei cristalliti

    L’ampiezza a mezza altezza dei picchi di diffrazione è legata alla

    dimensione fisica dei domini cristallini che diffrangono.

    L’equazione di Scherrer nella sua forma èpiù semplice consente

    la stima della dimensione dei cristalliti a partire dall’ampiezza

    angolare dei picchi di diffrazione.:

    In cui Δ(2θ) è FWHM ovvero l’ampiezza di un dato picco a mezza

    altezza e θ è metà dell’angolo 2θ a cui cade il picco di diffrazione

    stesso. La lunghezza d’onda λ è ovviamente quella della radiazione

    incidente.

    qq

    cos2 D

  • Microstrain dei cristalliti

    Lo strain intero (o microstrain) deriva dall’esistenza di

    deformazioni casuali a lungo raggio, nelle varie direzioni

    cristalline, all’interno di ciascun cristallite.

    La distribuzione statistica di tali deformazioni casuali

    (compressioni o espansioni) influenza l’ampiezza dei picchi di

    diffrazione.

    L’esistenza di una compressione (o espansione) casuale determina

    una variazione delle distanze interplanari lungo una direzione hkl

    all’interno di un singolo cristallite. Coppie di piani paralleli

    differenti che riflettono la stessa radiazione incidente daranno

    quindi diffrazione ad angoli lievemente differenti corrispondenti a

    distanze interplanari livemente differenti.

    Data tale definizione il microstrain si definisce come:

    d

    d

  • Microstrain dei cristalliti

    Poiché la quantità d/d coincide con la risoluzione dello

    strumento ed essendo quest’ultima dipendente dall’angolo di

    diffrazione si avrà che anche il microstrain dipende dall’angolo di

    diffrazione secondo la seguente relazione:

    Come sappiamo 2q è approssimabile con la FWHM da cui:

    qq cot

    q tan2 FWHM

    Quest’equazione è molto simile all’equazione di Scherrer per la

    dimensione dei cristalliti ma la dipendenza angolare

    dell’allargamento del picco dovuto al microstrain è differente

    rispetto a quella dovuta all’ampiezza dei cristalliti.

  • Ampiezza dei picchi - sommario

    Nei casi reali le dimensioni dei cristalliti e il microstrain

    contribuiscono entrambi alla definizione dell’ampiezza complessiva

    dei picchi di diffrazione in funzione dell’angolo.

    Da cui:

    GL

    In cui abbiamo sottratto ai due contributi all’ampiezza del picco i

    corrispondenti valori ottenuti da un campione di riferimento

    (cristalli micrometrici privi di microstrain) che approssimano

    l’allargamento strumentale di banda.

    refLLS , refGGD ,

    q

    cosSx

    D q cot4

    1D

  • Ampiezza dei picchi - sommario

    La separazione dei due contributi viene effettuata facendo la

    deconvoluzione delle dipendenze angolari nei due termini del

    coseno inverso e della tangente ma è un aspetto tecnico che

    tralasciamo (strain-size analysis).

    Ai fini del calcolo di un diffrattogramma teorico tuttavia si

    preferisce descrivere l’andamento dell’ampiezza angolare dei picchi

    di diffrazione non in funzione del coseno inverso e della tangente

    ma usando l’equazione di Caglioti:

    In cui i parametri U,V,W sono detti parametri di Caglioti e

    influenzano l’andamento dell’allargamento angolare dei picchi di

    diffrazione in funzione dell’angolo di diffrazione.

    Tali parametri sono tipici per ciascuna fase presente.

    WVUFWHM qqq tantan2

  • Diffrattogramma teorico - sommario Data l’equazione generale che consente di calcolare un

    diffrattogramma teorico:

    Esso dipende da una serie di parametri.

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI

    Bkgr(q)

    {a0,a1,a2,…,an}

    Gruppo spaziale e

    parametri di cella

    {SG,a,b,c,,,}

    Linea di base

    Posizione

    angolare dei

    picchi

    Parametri atomici

    {Z,x,y,z,occupancy, B} Fattori di struttura

    Strumento

    {}

    Conversione

    angolo-distanza

  • Diffrattogramma teorico - sommario Data l’equazione generale che consente di calcolare un

    diffrattogramma teorico:

    Esso dipende da una serie di parametri.

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI

    FWHM - Caglioti

    {U,V,W}

    TCHZ – pseudo voigt

    {}

    Ampiezza angolare

    dei picchi di

    diffrazione

    Forma dei picchi

    di diffrazione

    Fattore di scala

    {kscale}

    Intensità

    sperimentali

  • Analisi del profilo completo di diffrazione L’analisi dell’intero pattern di diffrazione sperimentale consente di

    caratterizzare in modo approfondito il campione mediante:

    1.Quantificazione delle fasi presenti

    2.Derivazione delle proprietà strutturali delle fasi presenti (parametri

    di cella, morfologia, distanze interatomiche e agitazione termica).

    Operativamente?

    • Si realizza quello che è chiamato un “profile fitting”

    mediante un software (GSAS, Powdercell, Maud, Topas..)

    • Calcola il diffrattogramma teorico a partire dalle strutture

    cristalline delle fasi presenti nel campione

    • Confronta il diffrattogramma sperimentale con quello

    teorico e calcola dei “fattori di convergenza” (residui).

    • Ottimizza i parametri strutturali (parametri di cella, posizioni

    atomiche, etc) fino a minimizzare i fattori di convergenza

    ME

    TO

    DO

    RIE

    TV

    ELD

  • Analisi del profilo completo di diffrazione

    Al fine di effettuare il cosiddetto PROFILE FIT di un

    diffrattogramma sperimentale con una struttura cristallografica è

    necessario assemblare nel programma di analisi dati gli INPUT.

    Diffrattogramma

    sperimentale

    Modello

    strutturale

    CIF FILE

    Software di analisi Rietveld

    GSAS

    Parametri

    strumentali

    PRM FILE

  • Esercitazione in laboratorio In questa esercitazione verrà effettuato il full profile fitting di uno

    diffrattogramma sperimentale mediante il cosiddetto metodo

    Rietveld e l’uso del software GSAS.

    Al fine di procedere con questa esercitazione seguire passo passo

    le istruzioni proposte.

    1. Scaricare il file anatase.cif e implementare la struttura in

    powdercell. Salvare il file della struttura come anatase.cel nel

    folder C:\Rietveld1

    2. Scaricare il file anatase_corr.raw (diffrattogramma sperimentale)

    e salvarlo nel folder C:\Rietveld1

    3. Scaricare i file inst_xry1.prm (file strumento) e slavarlo nel folder

    D:\Rietveld1

    4. Lanciare il programma expgui cliccando sull’icona

    5. Selezionare il folder Rietveld1 e nella finestra in basso

    denominare il file come anatase, dare invio e confermare

    mediante il comando CREATE; compare una finestra in cui

    digitare nuovamente il nome del composto anatase.

    6. Si apre automaticamente la finestra EXPGUI interface to GSAS.

  • IMPLEMENTAZIONE DELLA STRUTTURA 6. Si apre automaticamente la finestra EXPGUI interface to GSAS.

    7. In alto ci sono 3 righe sovrapposte:

    • Riga dei menù generali

    • Riga dei comandi

    • Riga dei menù di raffinazione

    8. Andare nel menù Phase della terza riga

    9. Cliccare ADD PHASE

    10. Cliccare IMPORT PHASE FROM powdercell .CEL file

    11. Selezionare il file anatase.cel che avete creato in precedenza

    12. Dare ok alla traslazione dell’origine degli assi

    13. Cliccare CONTINUE per approvare l’acquisizione di gruppo

    spaziale e parametri di cella

    14. Cliccare CONTINUE per approvare l’acquisizione delle

    operazioni di simmetria sui siti atomici

    15. Cliccare ADD ATOMS per approvare l’implementazione dei 2 siti

    atomici inequivalenti contenenti gli atomi di titanio e ossigeno

    16. LA STRUTTURA E’ STATA IMPLEMENTATA NEL PROGRAMMA DI

    RAFFINAMENTO STRUTTURALE DA DATI DI DIFFRAZIONE

  • Implementazione dei dati sperimentali

    17. Andare nel menù HISTOGRAM della terza riga

    18. Cliccare su ADD NEW HISTOGRAM per caricare nel programma

    il diffrattogramma sperimentale e il file dello strumento

    19. Compare la finestra ADD NEW HISTOGRAM

    20. Nella riga DATA FILE cliccare SELECT FILE e caricare il file

    anatase_corr.raw

    21. Nella riga INSTRUMENT PARAMETER FILE cliccare SELECT

    FILE e caricare il file inst_xry1.prm

    22. Al centro della finestra compare in blu la dicitura CW X-ray

    (constant wavelenght X-ray diffraction data)

    23. Cliccare ADD

    24. IL DIFFRATTOGRAMMA SPERIMENTALE E IL FILE DEI

    PARAMETRI DELLO STRUMENTO SONO STATI IMPLEMENTATI

    NEL PROGRAMMA DI RAFFINAMENTO STRUTTURALE DA DATI

    DI DIFFRAZIONE

    25. E’ possibile procedere con il PROFILE FIT.

  • Diffrattogramma teorico Data l’equazione generale che consente di calcolare un

    diffrattogramma teorico:

    Esso dipende da una serie di parametri.

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI

    Bkgr(q)

    {a0,a1,a2,…,an}

    Gruppo spaziale e

    parametri di cella

    {SG,a,b,c,,,}

    Linea di base

    Posizione

    angolare dei

    picchi

    Parametri atomici

    {Z,x,y,z,occupancy, B} Fattori di struttura

    Strumento

    {}

    Conversione

    angolo-distanza

  • Diffrattogramma teorico Data l’equazione generale che consente di calcolare un

    diffrattogramma teorico:

    Esso dipende da una serie di parametri.

    q

    qqq,

    2,,

    hkl

    scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI

    FWHM - Caglioti

    {U,V,W}

    TCHZ – pseudo voigt

    {}

    Ampiezza angolare

    dei picchi di

    diffrazione

    Forma dei picchi

    di diffrazione

    Fattore di scala

    {kscale}

    Intensità

    sperimentali

  • Descrizione dei menù di raffinazione

    26. Nella finestra EXPGUI interface to GSAS sulla terza riga sono

    riportati gli 8 menù di raffinazione che contengono i vari

    parametri da ottimizzare.

    27. Il primo LS CONTROLS contiene dei parametri generali

    riguardanti il metodo di raffinazione del profilo

    28. Il secondo PHASE contiene tutti i parametri strutturali

    riguardanti le fasi presenti (cella e posizioni atomiche). Questi

    parametri possono essere ottimizzati selezionando le caselline

    GIALLE vicine a ciascun parametro. Per ottimizzare i parametri

    atomici è necessario cliccare sugli atomi nella lista e selezionale

    le corrispondenti caselline in basso. TUTTE LE CASELLINE

    GIALLE SONO VUOTE.

    29. Il terzo menù POWDER contiene i parametri del BACKGROUND

    (linea di base), le costanti del diffrattometro e una sezione per le

    correzioni di assorbimento che attualmente ignoreremo. TUTTE

    LE CASELLINE GIALLE DEVONO ESSERE VUOTE (de-

    selezionare quella del background).

  • Descrizione dei comandi base 30. Il quarto menù SCALING contiene il fattore di scala e nel caso di

    miscele di fasi le abbondanze relative delle fasi. TUTTE LE

    CASELLINE GIALLE SONO VUOTE e quindi è necessario

    deselezionare la casellina della variabile SCALE

    31. Nel quinto menù PROFILE sono contenuti i parametri che

    determinano i profili dei picchi di diffrazione (caglioti

    coefficients e altri). TUTTE LE CASELLINE GIALLE SONO

    VUOTE

    32. Trascuriamo per ora i 3 menù restanti.

    33. Per calcolare il diffrattogramma teorico è necessario cliccare nel

    menù dei comandi (seconda riga) prima POWPREF (seguendo le

    istruzioni successive) e poi GENLES (seguendo le istruzioni

    successive)

    34. Cliccando LIVEPLOT compare il grafico di confronto tra il

    diffrattogramma sperimentale e quello calcolato nonché la curva

    della differenza tra i 2 (che teoricamente dovrebbe essere nulla

    per un raffinamento di successo).

    35. Questo orribile confronto è il punto di partenza

  • Analisi del profilo completo di diffrazione

    processing

    Ottimizzo i parametri del modello

    strutturale al fine di minimizzare la

    funzione dei resti. Valuto la convergenza

    con i fattori di convergenza (devono

    tendere a 0)

    Diffrattogramma

    sperimentale

    Diffrattogramma

    teorico

    Parametri da

    ottimizzare

    BACKGROUND

    FATTORE DI SCALA

    CELLA

    ATOMI

    PROFILO

    punti

    punti

    calc

    BI

    II

    Rexp

    exp

  • Descrizione dei comandi base 36. I primi parametri da ottimizzare sono:

    • Il fattore di scala

    • Il background

    37. Selezionare le corrispondenti caselline gialle e cliccare GENLES

    38. Vengono effettuati 3 cicli di raffinazione e alla fine compare:

  • Descrizione dei comandi base 39. Dopo aver caricato i nuovi risultati il corrispondente liveplot è:

  • Descrizione dei comandi base

    40. Poiché nella finestra nera appariva la dicitura CONVERGENCE

    WAS ACHIEVED è possibile procedere al raffinamento dei

    successivi parametri

    41. Deseleziono il BACKGROUND

    42. Nel menù PHASE seleziono la casellina REFINE CELL (e

    controllo che nel menù profile siano de-selezionate TRNS e

    SHFT) per ottimizzare i valori dei parametri di cella.

    43. Clicco GENLES e ottimizzo i parametri

    44. Deseleziono REFINE CELL e nel menù PROFILE seleziono

    anche le caselline TRNS e SHFT per ottimizzare eventuali errori

    nel posizionamento del campione

    45. Clicco GENLES e ottimizzo i parametri

    46. Ripeto la sequenza 42-45 un’altra volta

    47. Nel momento in cui leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED

    anche questi parametri sono stati ottimizzati

  • Descrizione dei comandi base 46. Cliccando nella seconda riga dei comandi LSTVIEW compare un

    file di testo con l’elenco dei parametri di convergenza.

  • Descrizione dei comandi base

    47. Nel menù PHASE de-seleziono la casellina REFINE CELL

    48. Nel menù PROFILE de-seleziono anche le caselline TRNS e

    SHIFT

    49. Nel menù PROFILE seleziono i Coefficienti di Caglioti ovvero U

    V W . Tuttavia poiché questi parametri sono MOLTO sensibili e

    possono facilmente mandare in divergenza il refinement

    aumento il DAMPING (rallentamento) portandolo a 9 per fare in

    modo che l’ottimizzazione proceda lentamente.

    50. Clicco GENLES e al termine dei 3 cicli osservo nella maschera

    nera che non è riportato nessun commento riguardo la

    convergenza seppure i parametri R sono migliorati

    51. Per raggiungere la convergenza è necessario ripetere il

    refinment. Per farlo vado nel menù LS CONTROLS e aumento il

    numero di cicli da 3 a 10. Clicco poi GENLES.

    52. Acquisisco i nuovi parametri e ripeto GENLES fino a che non

    leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.

  • Descrizione dei comandi base

    53. CONVERGENCE WAS ACHIEVED.

  • Descrizione dei comandi base

    54. Nel menù PROFILE de-seleziono I COEFFICIENTI DI CAGLIOTI U

    V W

    55. Nel menù PROFILE seleziono LX che regola parzialmente il

    grado di mescolamento tra profilo laurenziano e gaussiano dei

    profili dei picchi. Conservo il DAMPING (rallentamento) a 9 per

    fare in modo che l’ottimizzazione proceda lentamente.

    56. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto

    GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.

  • Descrizione dei comandi base

    57. Nel menù PROFILE de-seleziono LX.

    58. Nel menù PHASE selezioni gli atomi e ottimizzo X e U ovvero le

    posizioni atomiche e i parametri termici mettendo per entrambi

    DAMPINGS a 9.

    59. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto

    GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.

  • Descrizione dei comandi base 60. Nel menù PHASE de-selezioni X e U per entrambi gli atomi.

    61. Nel menù HISTOGRAM seleziono l’ottimizzazione del

    background

    62. Nel menù phase seleziono REFINE CELL

    63. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto

    GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.

  • Descrizione dei comandi base 55. Nel menù HISTOGRAM de-seleziono l’ottimizzazione del

    background; nel menù phase sde-eleziono REFINE CELL

    56. Nel menù PROFILE seleziono U V W

    57. Nel menù PHASE seleziono U e X per i 2 atomi.

    58. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto

    GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.

  • Descrizione dei comandi base 69. Nel menù PROFILE de-seleziono U V W; nel menù PHASE de-

    seleziono U e X per i 2 atomi.

    70. Nel menù PROFILE seleziono LX.

    71. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto

    GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.

    72. SALVO IL REFINMENT E ANCHE UNA COPIA DI SICUREZZA.

  • Descrizione dei comandi base 73. Continuate l’ottimizzazione raffinando gli stessi parametri che

    sono stati considerati finora (salvando di tanto in tanto anche

    copie di sicurezza) cercando di minimizzare i coefficienti di

    convergenza wRp Rp R(F2). Quando la convergenza è raggiunta

    e i coefficienti di convergenza sono sostanzialmente insensibili

    ad ulteriori cicli di ottimizzazione il refinement è COMPLETATO.