Il metallo del disonore

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Il Tacco d'Italia di novembre dedica l'inchiesta all'uranio impoverito e ai militari contagiati

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NON CHIAMATELI EROI

Tra le tante incongruenze della politicaeconomica italiana, spicca il caso dei fe-roci tagli alle forze dell’ordine e del con-testuale mantenimento degli insostenibilistanziamenti per missioni militari interna-zionali.Mentre a carabinieri e finanzieri mancanoi soldi per il proverbiale pieno di benzina,i colleghi delle forze armate costanotra primo e secondo semestre 2011 oltreun miliardo e mezzo di euro.Per non cadere nella demagogia va ovvia-mente valutato il ritorno in termini geopo-litici di queste spese militari. Dal secondodopoguerra ad oggi, l’Italia ha partecipatoad oltre cento missioni, conquistandosinei decenni un ruolo centrale nella risolu-zione delle controversie internazionali,specialmente in quelle con protagonisti ipaesi islamici. L’elevatissima professiona-lità dei soldati italiani, l’umanità e com-petenza dei nostri uomini in uniforme èunanimemente riconosciuta ed apprez-zata. Al “peacekeeping all’italiana” si èsempre affiancata una forte e autorevolepolitica estera, improntata sul pragmati-smo e la capacità di dialogo; basti pen-sare ad alcuni leader del recente passato(Andreotti, Craxi, Prodi e D’Alema).Attualmente l’Italia è impegnata in 28missioni con oltre 7 mila soldati sulcampo. Il contingente più numeroso è inAfghanistan, seguono poi Libano, Balcanie Somalia. Il costo in vite umane dallastrage di Nassirya ad oggi è di 69 morti.A fronte di questo impegno, qual è oggi ilruolo dell’Italia e la sua credibilità inter-nazionale?

Purtroppo è ai minimi storici. L’appiatti-mento del Ministro Frattini su posizioniatlantiste non ha giovato all’Italia, che siè accomodata alla fine della lunga codadei filo-Americani, perdendo il rapportoprivilegiato col mondo arabo.Agli investimenti per mantenere le truppeall’estero non corrispondono quelli pergarantirne la sicurezza. Le ambiguità e lebugie nella vicenda dell’uranio impove-rito, sono un coperchio ustionante solle-vato sulla cattiva gestione del budgetmilitare.“Disinvestire” nelle missioni militari nonpuò quindi essere un tabù. Missioni che,va ricordato, sono solo formalmente ri-spettose degli stretti vincoli costituzionaliche hanno nel «ripudio della guerra» uncaposaldo spesso dimenticato.A livello lo-cale, brillanti operazioni come “Augusta”,per smantellare le organizzazioni crimi-nali mafiose che si stanno riorganizzandoattorno ai traffici internazionali di droga,o “Sarafi”, per smembrare i nuclei crimi-nali che trafficano esseri umani e chehanno la Puglia e il Salento quale epicen-tro degli affari, dimostrano che le spesemilitari necessitano di essere razionaliz-zate: attribuire maggiori somme da desti-nare alle indagini compiute da carabinierie finanzieri, sarebbe come dare all’anti-mafia una bella maserati, anzi 4, nuove dizecca su cui volare verso l’obiettivo. Sel’Italia spedisce all’estero in braghette isuoi militari preoccupata di mantenerealta la reputazione internazionale, qualenuovo smalto darebbe all’immagine delPaese smantellare importanti pezzi dellenuove mafie?Obiettivo dichiarato, sì,salvo poi disattenderlo nei fatti.

Dei fatti, il Governo lascia che se ne oc-cupino i militari comuni, quelli che nes-suno chiama eroi, a bordo di vecchiecarrette, con stipendi inadeguati, senzastraordinari retribuiti e togliendo tempo edenaro alle proprie famiglie.

il tacco d’italia Novembre 2011

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l’EDITORIALEDI MARIA LUISA MASTROGIOVANNI

IL TACCO D’ITALIA

Il mensile del SalentoAnno VIII - n. 86 - Ottobre 2011

Iscritta al numero 845 del Registro della Stampadel Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004

EDITOREDinamica Scarl

REDAZIONE:piazza S. Giovanni Elemosiniere 5

73042 Casarano (Le) - Tel/Fax 0833/[email protected]

DIRETTORE RESPONSABILE:Maria Luisa Mastrogiovanni

HANNO COLLABORATO:Melissa Perrone, Salvatore Ventruto,

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PUBBLICITà:Mario Maffei

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IL PROSSIMO NUMERO1° Dicembre 2011

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1993. Somalia.Missione Restore hope.I nostri soldati combattonoferocemente sul campo. Si conterannoin tutto nove morti e diverse decine diferiti. Tra le vittime civili, la giornalistadel Tg3 Ilaria alpi e il cameramanMiran Hrovatin: stavano indagando suun traffico di rifiuti tossici tra l’Italia ela Somalia. Un sottotenente dei parà,Gianfranco Paglia, rimarrà gravementeferito nella “battaglia del pastificio” aMogadiscio e costretto sulla sedia arotelle; il partito di Forza Italia lo faràeleggere alla Camera e il Presidentedella Repubblica gli appunterà sulpetto la Medaglia d’oro al Valor mili-tare. Oggi è passato al Fli. Ma i nostrisoldati si sarebbero accorti, benpresto, di essere privi, a differenzadegli alleati americani, diqualunque misura di pro-tezione. Loro, gli yankees,con occhiali, maschere,guanti e tute quotidia-namente lavate alla finedelle operazioni. Noi incalzoncini e canot-tiera. Qualche annodopo inizieranno a cir-colare notizie di gravipatologie tra i soldatiche avevano parteci-pato a quella missione,caratterizzata dall’uti-lizzo di quello che gliamericani chiameranno,da quel momento in poi, il“metallo del disonore”: l’u-ranio impoverito, sottoprodotto

delle centrali nucleari. Utilizzato perrafforzare gli armamenti, oltre che peressere caratterizzato da una forte econo-micità, sarebbe stato adottato per rag-giungere due obiettivi: rendere piùefficienti le armi e disperdere nell’ariale scorie nucleari che sarebbe stato dif-ficile e costoso smaltire. Il primo caso sospetto in Italia è del1994 e corrisponde al nome del Mares-ciallo Marco Mandolini. Di ritorno daMogadiscio, gli venne ufficialmente di-agnosticata una “rarissima malattia tro-picale”. Sorse, però, subito il dubbioche potesse trattarsi di un’affezione do-vuta a contaminazione da uranio impo- verito. Nel 1995 venne assassinato, in

circostanze ancora tutte da chiarire, allaScogliera del Romito in provincia di Li-vorno. Sembra fosse venuto a cono-scenza di scottanti verità riguardanti

l’ambiente militare, anche in riferi-mento al probabile utilizzo di

emoderivati infetti. La contami-nazione raggiunse in Somaliaanche il paracadutista Gian-battista Marica al qualevenne diagnosticato un lin-foma di Hodgkin. Nei dueanni che contraddistinserola missione a Mogadiscio inostri militari avrebberotentato più volte di richia-mare l’attenzione sul fattoche gli americani potessero

contare su efficaci strumentidi protezione. Ma dai loro su-

periori avrebbero ricevuto solosilenzi.

1999. Balcani. Missione SFOR. Al ri-

L’INCHIESTA

Inchiesta di SALVATORE VENTRUTO

URANIO IMPOVERITOGLI EROI DEL SILENZIOSI AMMALANO DI GRAVI CARCINOMI MA NON POSSONO DIMOSTRARE CON CERTEZZA LA CAUSA. IL RIMBORSO DELLE COSTOSE CURE VIENE OSTACOLATO DA NORME kAFkIANE. UN MURO DI GOMMA E DI OMERTà CIRCONDA CENTINAI DI MILITARI CHE HANNO DENUNCIATO. MA CHE LO STATO,NELL’ANNO DEL CENSIMENTO, NON RIESCE A CENSIRE CON CERTEZZA

Il primo militare si ammala nel 1994. Si pensa ad una raramalattia tropicale,

ma non è così. Verrà assassinato. Stava indagando su

emoderivati infetti usatidall’esercito

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entro dalla Bosnia, muore per unaleucemia acuta Salvatore Vacca, capo-ralmaggiore del 151° reggimento dellabrigata Sassari. Le operazioni belliche,sotto l’egida della NATO nella ex Ju-goslavia avrebbe fatto letteralmente“esplodere” la problematica dell’uranioimpoverito nel nostro paese. Anche inquesto caso, nessuna notizia circa l’ap-plicazione e il rispetto di protocolli diprotezione. Di contro, si sarebberomoltiplicate le testimonianze di militariche, una volta tornati in Italia, avreb-bero denunciato gravi condizioni disalute, nonché l’inizio di un periodo ditotale abbandono psicologico ed eco-nomico da parte delle Istituzioni. Lepressioni dell’opinione pubblica, dei ra-gazzi ammalati e delle loro famiglie di-ventano sempre più forti, al punto che ilMinistero della Difesa dopo anni dismentite è costretto ad ammettere l’uti-lizzo di 10.000 proiettili all’uranio im-poverito. Viene istituita, il 22 dicembre2000, una commissione di indaginepresieduta da Franco Mandelli, profes-sore emerito di Ematologia dell’Univer-sità "La Sapienza” di Roma, allo scopodi accertare tutti gli aspetti medico-scientifici inerenti gli innumerevoli casidi patologie tumorali riscontrati nelpersonale militare impiegato in Bosniadal dicembre 1995 al gennaio 2001.Tali studi, nonostante fossero inficiatidal non aver preso in considerazione lapopolazione civile residente nei Bal-cani, sicuramente sottoposta ad unaesposizione meno sporadica rispetto ai

militari, rilevarono un numero, statisti-camente significativo, di militari affettida linfoma di Hodgkin. Un dato che in-dusse la commissione Mandelli a rite-nere necessaria una più “attentaanalisi”, nel tentativo di verificare ilpossibile nesso diretto fra tali risultanzee l’inalazione e l’ingestione delle radia-zioni alfa e beta emesse dall’uranio im-poverito, correlazione che non era statopossibile identificare sulla base delleconoscenze, fino a quel momento, di-sponibili. La stessa commissione pun-tualizzò, inoltre, di “non aver esaminatoaltre cause oltre a quella dell’uranio im-poverito”, facendone così supporre l’esi-stenza di altre. Sarà questo unpassaggio di notevole importanza, pergli sviluppi futuri delle indagini.Sarebbe iniziata a questo punto una sta-gione interminabile: quella dei silenziassordanti, dell’omertà, delle verità na-scoste. Una stagione che avrebbe fattoda sfondo a nuove ed innumerevoli de-nunce: quella del Maresciallo StefanoMelone, 40 anni, del Sergente MaggioreAndrea Antonaci, di Martano (primocaso nella provincia di Lecce), di Salva-tore Carbonaro, 24 anni, in forza allaBrigata Garibaldi, del Caporalmaggioredegli Alpini Corrado Di Giacobbe, 24anni, del Carabiniere Rinaldo Colombo,31 anni, uno dei primi a partire per laBosnia nel 1995, dei CaporalmaggioriValery Melis e Luca Sepe di 27 anni.Tutti deceduti dal 2000 al 2004, annoin cui sarebbe stata istituita la primaCommissione parlamentare d’inchiesta.Se da un lato, tale commissione, esclusela presenza di qual minimo elemento

che potesse far credere ad una direttacorrelazione tra le patologie riscontratenei militari e la contaminazione da ura-nio impoverito, dall’altro ricondussel’esistenza di un “rischio significativoper la salute dei militari all’inalazionedelle nanoparticelle prodotte dalle altetemperature che si creano nel momentoin cui i proiettili all’uranio colpiscono ilbersaglio”. Veniva, pertanto, già nel2006, riconosciuta la potenziale perico-losità delle nanoparticelle, le quali sa-rebbero state oggetto di ulterioriapprofondimenti da parte della succes-siva commissione, presieduta dalla se-natrice Menapace. Tale commissioneavrebbe raggiunto un risultato impor-tante decidendo di sostituire il nesso di-retto di causalità (tuttora quasiimpossibile da provare) con un criterioprobabilistico, secondo cui “il verificarsidell’evento morboso avrebbe costituito,per il personale militare, motivo suffi-ciente per ricorrere agli strumenti inden-nitari ed assistenziali previsti dallalegge”. Un’impostazione, questa, chetrovò, come vedremo in seguito, accogli-mento anche in sede normativa. Ma la burocrazia non aveva ancoraespresso tutto il suo devastante poten-ziale.

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La missione Restore Hope

Unified Task Force (UNITAF) fuuna missione sancita dall’Orga-nizzazione delle Nazioni Uniteallo scopo di stabilizzare la situa-zione in Somalia a fronte di uncrescente stato di anarchia e digrave carestia. Unitaf, conosciutaanche come Operazione RestoreHope, avvenne sotto il controlloUsa, ma anche col supporto dipersonale di altre nazioni, tra cuil’Italia.l contingente italiano operò inparticolare nell’area di Mogadi-scio e nella zona di Balad. Mori-rono nove militari italiani. Tra levittime civili di Restore Hope, lagiornalista del Tg3 Ilaria Alpi, cheinsieme con il suo operatoreMiran Hrovatin, fu uccisa in unagguato da miliziani perché stavaindagando sul traffico di rifiutitossici dall’Europa alla Somalia.

L’Uranio impoverito

L’uranio impoverito è ottenutocome scarto del procedimento diarricchimento dell’uranio. Nelciclo attuale del combustibile nu-cleare, a partire dall’uranio puri-ficato, si ottengono ilcombustibile arricchito ed unagrande quantità di uranio impo-verito di scarto. Oltre che in ap-plicazioni civili, l’uranioimpoverito viene usato nelle mu-nizioni anticarro e nelle corazza-ture di alcuni sistemi d’arma.Nel 2001 Carla del Ponte, allora acapo del Tribunale Penale Inter-nazionale per l’ex-Jugoslavia af-fermò che l’uso di armi all’uranioimpoverito da parte della NATOavrebbe potuto essere conside-rato un crimine di guerra.

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Il criterio probabilisticoè il nuovo “nemico” di questisfortunati ragazzi in divisa. Si trattadi una modalità giuridica che sarebbestata assorbita, dal punto di vista nor-mativo, dalla legge n. 222/2007, con laquale sarebbero stati stanziati 175,72milioni di euro per il biennio 2007-2008 e 3,2 milioni a decorrere dal 2009e dalla legge finanziaria del 2008 cheavrebbe previsto lo stanziamento di altri30 milioni di euro per il triennio 2008-2010. La politica sembrava, per unavolta, aver operato nell’interesse delpersonale militare e civile che, impe-gnato in teatri di conflitto particolar-mente difficili, avesse contrattoinfermità connesse all’esposizione eall’utilizzo di proiettili all’uranio impo-verito e alla dispersione nell’ambientedi nanoparticelle tossiche. Tuttavia, insede di attuazione della normativa, at-traverso un decreto del presidente dellaRepubblica (dpr n.37/2009), si sarebberistretto fortemente il margine di appli-cazione della stessa, subordinando laconcessione dei benefici alla dimostra-zione del nesso causale diretto tra infer-mità o patologia tumorale contratta euranio impoverito. Sarebbe stata cosìinnalzata una barriera invalicabile es-sendo quasi impossibile, ancora oggi,dimostrare tale nesso. Le difficoltà,però, non si sarebbero limitate a questoaspetto. Nello stesso decreto sarebberostati posti infatti anche dei limiti tem-porali che obbligavano il personale mi-litare interessato, a presentare l’istanza

di risarcimento entro sei mesi adecorrere dal 7 maggio 2009(data di entrata in vigore del sud-detto dpr n. 37/2009) e, per glieventi successivi a tale data,entro sei mesi dalla manifesta-zione della malattia e comunquenon oltre il 31 dicembre 2010.La Direzione generale della pre-videnza militare (Previmil)avrebbe avuto il compito diistruire le domande e di verifi-care, presso i comandi dei re-parti, le circostanze di tempo e

luogo indicate dall’interessato comecause di insorgenza della patologia,nonché l’accertamento di dipendenzadella stessa da causa di servizio. Il Co-mitato di verifica delle cause di servizio(direttamente dipendente dal ministerodelle Finanze e del Tesoro) avrebbe do-vuto fornire un parere motivato e vinco-lante sulla effettiva dipendenza dacontaminazione da uranio impoveritodella patologia riscontrata e dare, con-seguentemente, il via libera al provve-dimento di concessione o di negazionedel beneficio. Previmil avrebbe even-tualmente licenziato la pratica entrotrenta giorni dall’acquisizione del pa-rere dal Comitato. Il risultato prodottoda tale meccanismo è purtroppo sottogli occhi di tutti: solo in sei casi il Co-mitato si sarebbe pronunciato per lacontaminazione da uranio impoverito. Mentre si partoriva questo mostro di bu-rocrazia il Tribunale di Firenze, il 17dicembre 2008, avrebbe riacceso lesperanze di molti ragazzi e delle loro fa-miglie obbligando il ministero della Di-fesa a risarcire, con la somma di 545mila euro, i familiari del paracadutistaGianbattista Marica. Nella storica sen-tenza veniva accertato “un atteggia-mento non ispirato ai principi di cautelae responsabilità da parte del ministerodella Difesa, consistito nell’aver ignoratole informazioni in suo possesso circa lapresenza di uranio impoverito nelle areeinteressate dalla missione e nel non averimpiegato tutte le misure necessarie pertutelare la salute dei propri militari no-

nostante l’adozione di tali misure di pre-venzione fosse stata più volte segnalatadai militari italiani”. Un anno dopo sa-rebbe stato il tribunale civile di Romaad assegnare ai familiari del galatineseAlberto Di Raimondo, deceduto, anchelui, per linfoma di Hodgkin contrattodopo una missione nei Balcani, un ri-sarcimento di 1,4 milioni di euro. “Ilmilitare, pur volontario, non era statomesso al corrente dei rischi connessi alleoperazioni nelle zone in cui sarebbe statopresente l’uranio impoverito” si leggenella sentenza. Poco tempo dopo anchei tribunali civili di Roma e Cagliariavrebbero rispettivamente condannato ilMinistero al risarcimento dei familiaridi Salvatore Vacca, prima vittima dellacosiddetta “Sindrome dei Balcani”, e diValery Melis. In riferimento a quest’ul-timo “si deve ritenere, si legge nellasentenza emessa lo scorso 13 agosto cheil linfoma di Hodgkin sia stato contrattoa causa dell’esposizione ad agenti chimicie fisici potenzialmente nocivi durante ilservizio militare nei Balcani, atteso cheproprio i detriti reperiti nel suo organ-ismo hanno ben più che attendibilmentecausato alterazioni gravi alle cellule delsistema immunitario come rilevato confrequenza di gran lunga superiore allamedia per i militari rientrati dai Balcani.Inoltre, prosegue la sentenza, nonos-tante l’Esercito Italiano fosse statopreavvertito da altro comando alleato ditale situazione non aveva fornito alcunainformazione del pericolo e non avevaadottato alcuna misura protettiva per lasalute dei nostri giovani militari”.

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IN SCENA UN NUOVO AVVERSARIO:IL “CRITERIO PROBABILISTICO”

La norma subordinava la concessione di benefici

economici alla dimostrazione del nesso causale

fra patologia e esposizione del militare

all’uranio impoverito

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Sul piano civile, quindi,sono stati raggiunti deirisultati importanti, mentre sulpiano politico la vicenda uranio non èriuscita a “ritagliarsi” quello spazio chemeritava. Per lo meno fino allo scorsofebbraio quando, attraverso l’approva-zione di un emendamento al decretolegge n. 228 di proroga delle missioniinternazionali, sono stati estesi alle vit-time del dovere e ai soggetti equiparati(quindi anche al personale militare e ci-vile che, partecipando a missioni inter-nazionali di pace, avesse contratto gravipatologie tumorali dipendenti da causadi servizio per le particolari condizioniambientali ed operative) i benefici rico-nosciuti alle vittime del terrorismo edella criminalità. Tra questi l’assistenzapsicologica a carico dello Stato, l’esen-zione ticket per le prestazioni sanitarie,la corresponsione di un assegno vitali-zio e di una speciale elargizione. Piùprecisamente è stata nuovamente supe-rata la necessità di dimostrare il nessodi causalità diretto tra il verificarsi distati morbosi e l’uranio impoverito(come stabilito nel dpr n. 37/2009) perritornare al criterio probabilistico assor-bito dalla legge finanziaria del 2008.Un risultato, questo, importantissimo, ilcui merito deve essere attribuito all’at-tuale commissione d’inchiesta, istituitail 16 marzo 2010 e presieduta dal sena-tore salentino Rosario Giorgio Costa,impegnata negli ultimi mesi in una verae propria corsa contro il tempo, al finedi evitare che le risorse previste per iltriennio 2008-2010 destinate alla “pro-blematica uranio” (circa 30 milioni dieuro) vadano per l’ennesima volta per-dute. A tal proposito, i commissarihanno più volte contemporaneamenteaudito esponenti della Direzione gene-rale della previdenza militare e del Co-mitato di verifica delle cause di servizioal fine di giungere ad una precisa defi-nizione del numero di richieste di risar-cimento presentate dal personale

militare. L’obiettivo e stato quello distabilire, in modo definitivo e sulla basedella nuova normativa, quante di essepossano essere accolte, quante debbanoessere respinte e quante necessitino diuna integrazione dell’istruttoria ovverodi ulteriore e più approfondita docu-mentazione. Ciò al fine di pervenire il prima possi-bile alla quantificazione della spesa ealla redazione del relativo piano di ri-parto.Dopo una iniziale ed imbarazzante noncoincidenza tra i dati in possesso diPrevimil e quelli annunciati dal Comi-tato di verifica delle cause di servizio,nella seduta del 14 settembre scorso ildirettore generale di Previmil, TeodoroBilanzone, hanno riferito “di 355 do-mande presentate, alle quali potrebberoaggiungersi altre 74 richieste che, sep-pur già esaminate e respinte, potreb-bero essere riammesse nei termini invirtù della modifica legislativa inter-corsa. Delle 355 domande precedente-mente menzionate, 317 sono state

inoltrate al Comitato di verifica delle

cause di servizio che ne ha accolte 50 e

respinte 154. Di queste 154, 17 sono

state respinte definitivamente mentre

per le restanti 137, dopo aver inviato

agli interessati un avviso di diniego, si è

in attesa dell’invio di ulteriori controde-

duzioni finalizzate alla richiesta di un

loro riesame. Restano all’esame del Co-

mitato 28 pratiche mentre per ulteriori

85 domande è in corso l’integrazione

dell’istruttoria”.

IL CENSIMENTO DEI MALATI

Su 355 domande presentate da militari

ammalati solo 50 sono state accolte.

Molti restano in silenzio.Preferiscono

non denunciare

I DATI DEL PREVIMIL E DEL COMITATO DI VERIFICA NON COINCIDONO. NON SI SA qUANTI SIANO DAVVERO I MILITARI AMMALATI. POI LA SVOLTA DEL 14 SETTEMBRE

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Dopo anni caratterizzatida forti difficoltà nelreperimento dei dati si inizia adavere un quadro più definito o, per lomeno, si sta operando in quella dire-zione. Ma quanti sono però i militariche, una volta scoperta la malattia, sonocostretti a rimanere in silenzio? E’ ilcaso, ad esempio, di un ragazzo di Car-miano che ha partecipato a quasi tuttele missioni internazionali di pace degliultimi anni: Kosovo, Iraq, Albania poiancora Kosovo. “Nel 2002 – dice il mi-litare- mi è stata riscontrata una neopla-sia maligna che mi ha costretto in pocomeno di dieci anni a sottopormi a dieciinterventi chirurgici. Sono vittima del do-vere e mi è stata riconosciuta la causa diservizio ma non ho ancora ricevutoalcun aiuto economico perché non cisono i soldi. La mia malattia è moltoseria – continua - e mi sottopongo acontinui cicli di chemioterapia recan-domi spesso nel Nord Italia. Sono an-cora in servizio a Lecce e per questo nonvoglio rivelare le mie generalità. Potrei -

conclude il militare - avere ritorsioni eproblemi con il comandante e in questomomento non voglio aggiungere nellamia vita altre complicazioni”.Il Presidente Costa avrebbe più voltesottolineato, in questi mesi, “la neces-sità di concludere al più presto la rico-gnizione delle pratiche e l’interaprocedura concessiva al fine di adottaretutte le misure idonee a scongiurare il ri-schio che le risorse, faticosamente con-servate per l’esercizio finanziario incorso, vadano poi in economia”. La Ra-gioneria dello Stato, sulla base della vi-

gente legislazione contabile, avrebbeespresso forti contrarietà sull’ipotesi dimantenimento dell’iscrizione in bilanciodi tali risorse anche per il 2012 (circa24 milioni di euro), alla luce soprattuttodel fatto che, allo stato attuale, sonosolo cinquanta le pratiche sulle quali èstato espresso un parere definitiva-mente favorevole. Dopo la bocciaturadel decreto di impegno generico e lenumerose riserve, tuttora esistenti, inmerito ad un ipotetico “trascinamento”delle risorse al 2012, nella seduta del21 settembre scorso il generale DelSette, capo dell’Ufficio legislativo delMinistero delle Difesa, ha annunciato,in vista della presentazione del disegnodi legge di stabilità, “la predisposizionedi una proposta per il trascinamentodella parte residua delle somme giàiscritte in bilancio allo stato di previ-sione del 2012”. Indiscrezioni dell’ul-tima ora riferiscono, invece, dellaprevisione, sempre all’interno dellalegge di stabilità, di un nuovo stanzia-mento.

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“IO, AMMALATO, MUTO”LA STORIA DI UN GIOVANE MILITARE DI CARMIANO, CHE DAL 2002 COMBATTECON IL CANCRO A CAUSA DELL’URANIO IMPOVERITO. MA CHE PREFERISCE NON DENUNCIARE

“Se denunciassi avreiproblemi col mio

comandante. Perchésono in servizio a Lecce.

Voglio continuare a lavorare”

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Un esempio di inaccettabilepressapochismo dell’apparatoburocratico militrare è quello cheha dovuto subire sulla propria pelle unmilitare che aveva prestato servizio inBosnia nel 1996, effettuando varie ope-razioni di intervento e assistenza sanita-ria a favore di militari ma anche dellapopolazione civile. Questo soldato, unufficiale superiore peraltro, risultavaiscritto nel Ruolo d’Onore ed inseritonell’elenco delle vittime del dovere. In-somma: per l’Esercito era morto! Ac-canto al nome del militare era riportatala data del decesso: 30 ottobre 2007.Fortunatamente, invece, l’uomo era vivoe combatteva coraggiosamente, giornoper giorno, non soltanto contro la malat-tia che lo aveva colpito in servizio maanche contro l’indifferenza. Eppure perlo Stato già non esisteva. È la storia del Colonnello dell’EsercitoCarlo Calcagni, 43 anni, di Guagnano(Lecce). Reduce dalla missione interna-zionale di pace in Bosnia, nel 2002 du-rante un ricovero in ospedale peraccertamenti, apprese di essere rimastocontaminato da metalli pesanti, generatidall’esplosione di ordigni all’uranio im-poverito. La massiccia presenza di que-ste terribili scorie nel suo organismo(un cocktail terrificante camposto daalluminio, cadmio, piombo, antimonio,arsenico, bario, cesio, mercurio, nichel,rame, tallio, stagno, zinco e tungsteno)avrebbe prodotto una mutazione gene-tica e sviluppato una grave forma diMcs (Sensibilità Chimica Multipla) a

150 sostanze, oltre a rendere necessarioun trapianto allogenico di midolloosseo. Una situazione di salute talmentegrave che portò al congedo per riformadall’Esercito.È il 2007 e i referti medici sarebberostati molto chiari: Carlo aveva contrattonumerose patologie, tra le quali linfo-mielo-displasia con citopenia refratta-

ria, encefalopatia tossica e una graveforma di insufficienza respiratoria chelo avrebbe costretto ad ossigenoterapiaper diciotto ore al giorno, nonché a dor-mire con un apparecchio per la respira-zione assistita. Da quel momento tuttosarebbe cambiato. La malattia loavrebbe periodicamente costretto a re-carsi a Londra in un centro di altissimaspecializzazione, il Breakspear Hospital,per sottoporsi a cicli di terapie duris-simi e molto costosi. Ma i suoi nemicinon sarebbero stati solo i molteplici me-talli presenti nel suo organismo. Anchele Istituzioni gli avrebbero, ben presto,voltato le spalle, soprattutto quel Mini-stero della Difesa che, come un padre facon i suoi figli, dovrebbe avere a cuorela salute e la vita dei suoi dipendenti,dei suoi ragazzi. All’inizio sarebbe riuscito a sostenere lespese per le cure (cinquanta mila europer ogni ciclo di trattamento da effet-tuarsi a cadenza trimestrale) ma dopo,in gravissime difficoltà economiche, sa-rebbe stato costretto a fare ricorso aprestiti bancari, di amici e familiari.Carlo, appena nominato consulentedell’attuale Commissione d’Inchiesta,avrebbe denunciato durante la suaprima audizione, “l’aggiramento dellaprevisione legislativa che stabilisce l’ad-debito, all’amministrazione di apparte-nenza, di tutte le spese di assistenza(ricoveri, cure, medicinali e quant’altro)per i militari che in missione internazio-nale di pace abbiano contratto una inva-lidità permanente derivante da causa diservizio”.

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UN MICIDIALE COCkTAIL DI VELENINEL SANGUE DEL PILOTA SALENTINO

I due fronti del calvariodel colonnello Calcagni,

gli intoppi e gli ostruzionismi

della burocrazia sanitariae militare e le terapie.

Carlo Calcagni in tuta da volo. Pronto peruna delle sue tante missioni in Bosnia. Al ri-torno in Italia nel 2002, sottoponendosi adalcuni accertamenti, apprese di essere ri-masto contaminato da metalli pesanti (traquesti cadmio, piombo, alluminio, mercu-rio, nichel) generati dall’esplosione di ordi-gni all’uranio impoverito.

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Il 21 luglio 2009 è unadata che Carlo Calcagni egli altri ragazzi non avrebbero

dimenticato. Quel giorno la Direzionegenerale della Sanità militare ha ema-nato una circolare che ostacolerà pale-semente l’applicazione delle normeinerenti il rimborso delle spese sanita-rie e di assistenza, introducendo unaprocedura a dir poco macchinosa. I no-stri ragazzi sarebbero stati traditi, an-cora una volta, da chi avrebbe dovutotutelare i loro diritti e la loro salute. “Ilricovero presso strutture di altissima spe-cializzazione non solo è subordinato allaconcessione dell’autorizzazione da partedella Sanità Militare (dopo aperturadell’istanza da parte del diretto interes-sato) - affermerà Calcagni nella stessaaudizione - ma la documentazione dapresentare, ai fini dell’ottenimento dellastessa, è abnorme e di difficile reperibi-lità”: la copia del decreto di riconosci-mento della causa di servizio, ledichiarazioni, da parte delle strutture sa-nitarie pubbliche e militari, di impossibi-

lità a fornire la prestazione richiesta, lecertificazioni di un medico militare e diun medico civile che attestino l’urgenzae la non eseguibilità in Italia della mede-sima prestazione, il parere della Asl diappartenenza, nonché la disponibilitàdella stessa a contribuire alle spese nellamisura dell’80 per cento”.Il Ministero della Difesa, con quest’ul-tima disposizione avrebbe in praticatrasferito alle Asl l’onere e la compe-tenza della rimborsabilità delle spesesanitarie facendo ricorso alla ratio con-tenuta nel decreto del ministero dellaSalute del 3 novembre 1998 secondocui si prevedeva, per ogni cittadino ita-liano, che si trovasse in situazioni di sa-lute particolarmente gravi, la possibilitàdi curarsi all’estero e ottenere il rim-borso delle spese dalle Asl, nella mi-sura dell’80 per cento. Un ulteriore ostacolo burocratico perl’ottenimento del rimborso sarebbe statol’obbligo di produrre, in formato origi-nale, una doppia fattura da parte dellastruttura ospedaliera ospitante (nel casodi Calcagni il Breakspear Hospital),

una da indirizzare alla Asl di apparte-nenza, l’altra alla Direzione Generaledella Sanità Militare. E’ chiaro che que-sta disposizione avrebbe ulteriormentecomplicato le cose.“I miei ricoveri, – afferma il MaggioreCalcagni - vengono stabiliti di volta involta. All’atto delle dimissioni mi asse-gnano la terapia da effettuare tutti igiorni in Italia e mi fissano la data delsuccessivo ricovero. Tra le terapie sonopreviste sei punture di vaccini da effet-tuare ogni mattina, appena sveglio. Ognivaccino-cocktail contiene 25 sostanze.Quindi, complessivamente, tutte le mat-tine mi inietto gli antidoti per le 150 so-stanze che potrebbero produrmi dellereazioni anche gravi come blocco respi-ratorio, shock anafilattico, fibrillazionicardiache. Ogni giorno, oltre alle 4-5ore di flebo, mi sottopongo, attraversol’utilizzo di particolari macchine a radio-frequenza, a trattamenti di ipertermiavolti ad innalzare artificialmente la tem-peratura corporea. Tale trattamento èmolto utilizzato nella cura delle patolo-gie oncologiche”.La vita di Carlo non è solo lotta quoti-diana contro la malattia. È anche batta-glia giudiziaria finalizzata alriconoscimento dei propri diritti e ditutti coloro che hanno servito lo Stato.Una battaglia che ogni giorno si riveladoppiamente difficile perché condotta

DOPPIA FATTURA.E IL MURO DI GOMMA è SERVITOUN SEMPLICE CAVILLO MA INSUPERABILE. DUE FATTURE IDENTICHE, IN ORIGINALE, NON SI POSSONO EMETTERE. MA LO STATO LE RICHIEDE PER IL RIMBORSO

La trafila burocratica è svilente e umiliante.

Ogni ciclo di cure costa50mila euro per 15

giorni. Finché il Tribunale di Brindisi

impone il rimborso

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Il Colonnello Carlo Calcagni in Bosnia. Du-rante la missione effettuò centinaia di opera-zioni di intervento ed assistenza sanitaria afavore di militari e della popolazione civile.

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non solo contro il Ministero della Difesama anche contro la Asl di Brindisi.Quest’ultima, dopo aver autorizzato iprimi ricoveri a Londra avrebbe negatole successive autorizzazioni convintache la cadenza trimestrale degli stessifosse troppo ravvicinata. Da qui il ri-corso di Calcagni al Tribunale di Brin-disi che, in data 12 luglio 2011, si èpronunciato favorevolmente, dichia-rando “ il diritto del ricorrente a esserecurato presso il Breakspear Hospital diLondra secondo le modalità e le tempi-stiche stabilite dallo stesso centro ospe-daliero, con rimborso delle spese acarico della Asl di Brindisi secondoquanto previsto dall’art. 6 del Decretodel Ministero della Salute del 3 novem-bre 1998”. Contro questa sentenza laAsl di Brindisi ha presentato ricorsochiedendo l’integrazione del contraddit-torio anche nei confronti del ministrodell’Interno, del ministero della Difesae del ministero dell’Economia sullabase di quanto previsto nel decreto delpresidente della Repubblica n. 243 del7 luglio 2006. Il dpr in questione stabi-lisce, infatti, a favore delle vittime deldovere (e Calcagni lo è) “l’esenzione delpagamento del ticket per ogni tipo diprestazione sanitaria”. Il Tribunaleperò, lo scorso 16 agosto, ha respinto ilricorso precisando che “i benefici previ-sti nel dpr 243/2006 in favore delle vit-time del dovere sono cosa ben diversadal diritto del colonnello Calcagni, disci-plinato dal decreto del ministero dellaSalute del novembre 1998, di essere cu-

rato presso il centro ospedaliero londi-nese. Un diritto che spetta a tutti i citta-dini che si trovino nelle condizioni disalute previste, indipendentemente dal-l’essere vittima del dovere o meno”. Ledisposizioni che attribuiscono alla Asldi appartenenza la copertura dell’80 percento delle spese sanitarie sono conte-nute nel decreto del ministero della Sa-

lute del novembre 1998 e sono stateassorbite nella circolare emanata il 21luglio 2009 dalla Direzione generaledella Sanità militare. La storia di Carlo è stata anche oggettodi alcuni atti di sindacato ispettivo pre-sentati in Commissione difesa dal sena-tore dell’Italia dei Valori GiuseppeCaforio. Il 6 luglio 2010 il sottosegreta-rio alla Difesa Cossiga, rispondendo aduno di questi atti, sosteneva che “aisensi delle disposizioni di cui all’articolo1, comma 221, della legge n. 266/2005e dell’articolo 1, comma 555, dellalegge n. 296/2006, l’Amministrazionedella Difesa provvede al rimborso dellespese sanitarie a favore del personalemilitare, la cui infermità sia stata ricono-sciuta dipendente da causa di servizio.In particolare sono rimborsabili tutte lespese per prestazioni sanitarie (tra cui la

riabilitazione presso centri di altissimaspecializzazione all’estero), degenza ecura. Inoltre, nelle more del riconosci-mento della dipendenza da causa di ser-vizio, l’Amministrazione garantisce nonsolo la partecipazione, ma anche l’anti-cipazione delle spese di degenza e dicura in relazione agli importi non corri-sposti dal Servizio Sanitario Nazionale”.

A questa risposta però non è stata maidata concreta attuazione.Allora chi deve rimborsare questespese? Il Ministero della Difesa o la Asldi Brindisi?Una storia infinita, quella di Carlo, an-cora in attesa che sia riconosciuto unsuo sacrosanto diritto, ennesima vittimadella tecnica dello scarica barile, adot-tata dalle Istituzioni ogniqualvolta ci siauna situazione urgente da risolvere.Tanti ragazzi che vivono in silenzio illoro dramma e non hanno la “fortuna”,come lui, di far conoscere la loro condi-zione subiscono quotidianamente l’in-differenza dello Stato e delle Istituzioni.Altri ancora, a causa di questa indiffe-renza, ci hanno già lasciato. “Mai arren-dersi” ripete, quasi ossessivamenteCarlo. E intanto, di ritorno da Londra,disfa l’ennesima valigia.

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Ministero della difesa e Asl si rimpallano la patatabollente, scaricandosi le competenze dei rimborsi.

E Calcagni ogni 15 giorni ripercorre il suo Calvario

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Andrea Rinaldelli è ilpadre di Francesco, morto a24 anni per un linfoma di Hodgkindopo aver prestato servizio come pattu-gliatore presso l’ex stabilimento chi-mico di Porto Marghera. Francesco,nativo di Potenza Picena, non è maiuscito dall’Italia e non ha mai parteci-pato ad alcuna missione internazionaledi pace. Eppure non c’è più. Durantel’audizione in Commissione del 15marzo 2011 Rinaldelli, accomunando lavicenda di suo figlio a quella di moltialtri militari, indicava le vaccinazionicome comune denominatore delle innu-merevoli patologie tumorali riscontratenei militari. “Il 24 febbraio 2004, diceAndrea Rinaldelli, che incontriamo aRoma nel settembre scorso, a Francescoviene somministrato, secondo quanto ri-portato nel libretto vaccinale, il vaccinoantitetanico, l’antitifico (Vivofif), nono-stante l’avesse già fatto poco prima,l’antimeningococcica (Mengevax). Nellostesso libretto viene indicata, a penna esenza precisare la data, la somministra-zione del Morupar (vaccino contro mor-billo, rosolia e parotite), ritirato qualcheanno fa dal mercato in quanto tossico.L’antitifica, continua il signor Rinal-delli, è costituita da 3 compresse chevanno somministrate a giorni alterni (eciò è correttamente riportato sul librettovaccinale) ma altri ragazzi e compagnidi Francesco mi hanno spiegato che inalcuni casi queste tre compresse veni-vano date ai militari senza che ad essifossero spiegate le modalità di sommini-strazione. Quindi alcuni le avrebberoprese tutte insieme ed altri giornal-mente”. Nella stessa seduta del 15marzo di fronte alla Commissione d’in-chiesta sull’uranio impoverito, AndreaRinaldelli ha parlato di forti discre-panze tra quanto scritto sui libretti vac-cinali e quanto riportato nei certificativaccinali: “Qual è allora la verità? A

quali vaccinazioni è stato sottopostoFrancesco”?La problematica sulle vaccinazioni mul-tiple è stata anche sottolineata nella re-lazione finale del Progetto Signum,illustrata il 19 gennaio scorso in Com-missione. In questa relazione venivastabilito che “l’ossidazione cellulare delDna, riscontrata nei militari apparte-nenti allo stesso campione era da colle-gare allo stress psicofisico e allevaccinazioni multiple”. E proprio su talirisultanze Andrea Rinaldelli, rafforza lasua tesi secondo cui: “la tossicità deivaccini sommata alla loro errata sommi-nistrazione crea uno squilibrio a livelloimmunitario, aumentando la probabilitàdi contrarre malattie”. E continua: “Nelmomento in cui indossi una divisa, loStato è tenuto a mettere in atto per que-sti ragazzi tutte le precauzioni possibili.Io voglio arrivare a scrivere sulla lapidedi mio figlio che è morto per lo Stato enon per colpa dello Stato”.Andrea Rinaldelli è in rete con tante fa-miglie che, contando sul prezioso soste-gno del Comitato nazionale danneggiativaccini (Condav), stanno conducendoquesta importante e difficile battaglia. Raffaele Finessi e Santa Passaniti sonoi genitori di Francesco Finessi, dece-duto il 1 dicembre 2002 all’ospedale

San Martino di Genova per un linfomanon Hodgkin. Anche a Francesco fu-rono somministrati vaccini poi ritiratidal mercato (il Neotyf).“Francesco, afferma la signora Passanitiraggiunta telefonicamente, in data 26settembre 2000 veniva vaccinato con ilMencevax, Morupar e Neotyf. Il succes-sivo 2 ottobre sarebbe stato sottopostoal vaccino antitetanico pur essendo giàcoperto. Dopo circa una settimana sitrasferisce presso il 16° Reggimento Al-pini di Belluno. Nell’aprile 2001, a tremesi dal congedo veniva rifatta la vacci-nazione col Neotyf. Per quale motivo sa-rebbe stato somministrato nuovamentequesto vaccino? Nel gennaio 2002 il mi-nistero della Salute ha ritirato il Neotyfsu richiesta della casa farmaceutica diproduzione per “ragioni di mercato”.Con questo escamotage sarebbe stataevitata l’indagine della magistratura.“Al posto di un vero e proprio librettovaccinale debitamente compilato, le vac-cinazioni somministrate a mio figlio,continua la signora Passaniti, erano ri-portate su un foglio compilato manual-mente ed anche approssimativamentevisto che Francesco su quel foglio risul-tava, erroneamente, come contadino”.Nel 2004 la famiglia Finessi ha fattoesaminare da Antonietta Gatti, respon-sabile del laboratorio dei biomaterialidell’Università di Modena e ReggioEmilia, il liquido seminale e le cellulestaminali di Francesco. Nei campioniosservati è stata riscontrata la presenzadi corpi estranei micro e nano dimen-sionati contenenti piombo, zinco, rame,antimonio e cobalto. La stessa dotto-ressa Gatti il 30 luglio 2004 ha riportatosul referto che “la presenza di questicorpi estranei in sedi così interne delcorpo umano (cioè nel liquido seminalee nelle cellule staminali) sta ad indicareuna disseminazione in tutte le parti delcorpo. Non sono tuttavia noti in lettera-

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E SE FOSSERO I VACCINI?DAL 1996 AD OGGI SONO 2624 I MILITARI AMMALATI DI PATOLOGIE COMEqUELLE PROVOCATE DALL’URANIO. MA NON SONO MAI PARTITI IN MISSIONE.L’IPOTESI è SOTTO LA LENTE DELLA COMMISSIONE. MA GIà CI SONO I PRIMI RISULTATI NON UFFICIALI

Un padre e una madrecoraggiosi, contro tutto

e tutti, analizzano liquido seminale

e cellule staminali dei figli defunti.

Sono contaminati. Ma non erano

in missione

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tura i possibili effetti tossici sintetici ditali particelle”. La signora Passaniti hacommissionato alla dottoressa Gatti,sempre nell’estate del 2004, anchel’analisi di cinque vaccini, in quel mo-mento sul mercato, al fine di verificarela presenza o meno di corpi estranei alloro interno. I risultati furono sorpren-denti: nel vaccino antitifico Vivotif sonostate riscontrate particelle di piombo,ferro e antimonio, nel Typhim (sempreantitifico) sono stati trovati detriti diferro, zirconio, stronzio e bismuto, nelMencevax (somministrato a Francesconel momento dell’arruolamento) alcuneparticelle a base di zirconio e di ferro,nell’Anatetal alcuni detriti di ferro,zolfo e bario, nel Morupar, ritirato dalmercato nel 2006, a causa delle innu-merevoli reazioni allergiche riscontrate,non è stato rinvenuto nulla.“Quale uranio? Usano l’uranio, affermala signora Passaniti, per coprire qual-cosa di più grande. Nel2007 l’allora ministro dellaDifesa Parisi alla commis-sione d’inchiesta presiedutadal senatore Franco, pren-dendo come riferimento ilperiodo 1996 – 2006,parlò di 255 militari impiegati nelle mis-sioni internazionali che avevano con-tratto malattie tumorali ma fece ancheriferimento a 1427 militari che, nellostesso periodo, pur non essendo impiegatiin missioni internazionali, si erano ugual-mente gravemente ammalati. Cifraquest’ultima che negli ultimi anni è ulte-riormente cresciuta raggiungendo le2624 unità. Questi ragazzi non possonoessere accomunati ai militari dell’Afgha-nistan, del Kosovo o dei Balcani. La lorostoria è molto differente”.Storie che si intrecciano, e su cui si ini-zia finalmente ad informare. Comequella di Fabio Mondello, originario diGallipoli, deceduto il 26 settembre2001 a Roma presso l’Ospedale San Fi-lippo Neri per una leucemia mieloideacuta. Di stanza presso l’11° Reggi-mento Trasmissioni di Civitavecchia,Fabio fu sottoposto dal 3 luglio 2000 al7 marzo 2001 a nove somministrazionivaccinali. In questo periodo gli furonosomministrati per due volte l’antimenin-gococcica (la prima volta l’Antime-ningo, la seconda il Menomune), trevolte la vaccinazione associata antiepa-tite A e B (Twinrix), una volta l’antipa-rotite, morbillo e rosolia (Muropar), unavolta l’antipolio (Antipolio), l’antitifoi-dea (Antitifoidea, 4 dosi) e l’antiteta-nica (Antitet). “Le dosi non trascurabilidi alluminio e mercurio contenute inquesti composti - sostiene Piero Mon-

dello, papà di Fabio - hanno provocatola leucemia mieloide”. La nostra tesitrova conforto negli studi compiuti dalMassimo Montinari, specialista in chirur-gia pediatrica, e funzionario medicodella Polizia Di Stato. Quando en-trammo in contatto con Montinari questici informò non solo della tossicità di al-cuni vaccini che, nonostante fossero statiproibiti negli Stati Uniti e in altri paesi,in Italia si sarebbe continuato ad utiliz-zare fino al 2007, ma anche della corre-lazione, comprovata da alcuni studi,della leucemia mieloide con alcuni me-talli quali alluminio e mercurio contenutiin alcuni di essi.Lo stesso Montinari, audito dall’attualeCommissione d’inchiesta lo scorso 6aprile, ha sottolineato la necessità didedicare maggiori attenzioni ai militariche, pur non partecipando ad alcunamissione internazionale e quindi nonessendo stati a contatto con l’uranio im-

poverito, avevano contratto neoplasie epatologie immunomediate. “La forma leucemica che ha colpito miofiglio - continua Pietro Mondello – sefosse stata diagnosticata nella fase ini-ziale, avrebbe permesso l’adozione tem-pestiva di una terapia farmacologica,tale da consentire a Fabio di poter so-pravvivere”. Ed è proprio sul ritardodella diagnosi che il Tribunale Civile diRoma ha basato la sentenza del 1 otto-bre 2008 con la quale si è disposto il ri-sarcimento economico a favore dellafamiglia Mondello. Nella stessa sen-tenza però si esclude ogni correlazionetra la malattia e le vaccinazioni. L’am-ministrazione militare ha presentato,contro questa sentenza, ricorso in ap-pello.L’assenza di una causalità diretta vieneconfermata dalla dottoressa AntoniettaGatti, del Dipartimento dei Biomaterialidell’Università di Modena e ReggioEmilia: “Le analisi effettuate sui vacciniche la signora Santa Passaniti mi conse-gnò nel 2004 produssero risultati nonconfortanti. Ma la tesi secondo cui i lin-fomi riscontrati nel Finessi o in altri ra-gazzi possano dipendere dallasomministrazione di quei vaccini non ha,allo stato attuale, alcun fondamentoscientifico. La letteratura scientifica –continua la consulente – sostiene attual-mente la tesi delle nano e micro parti-celle che si producono a causa delle alte

temperature che si generano nel mo-mento in cui il proiettile all’uranio impo-verito colpisce il bersaglio. Questo sivaporizza generando polveri sottilissimeche, inalate o ingerite, sono in grado digenerare forme tumorali molto gravi”.Queste sono allo stato attuale le unichecertezze”.Anche Mauro Minelli, direttore delCentro Imid di Campi Salentina, an-ch’egli consulente dell’attuale commis-sione d’inchiesta, ha manifestato lanecessità di focalizzare l’attenzionesulle nano e micro particelle. Tra l’altroil Centro Imid, come sancito dalla Re-gione Puglia con una delibera diGiunta, diventerà punto di riferimentoimportante per le patologie connesse al-l’esposizione all’uranio impoverito e aimetalli pesanti, istituendo al suo in-terno un biorepositorio, una vera e pro-pria banca dati di cellule appartenentiai militari partecipanti alle missioni in-

ternazionali di pace, iquali saranno sottopostia dei prelievi accuratinon solo prima dellapartenza ma anche almomento del loro prov-visorio o definitivo ri-

torno in patria. Ciò permetterà dimonitorare l’alterazione genetica che lecellule potrebbero aver subito nel pe-riodo di permanenza all’estero. Ma nelperiodo 1996 -2006 non si sono amma-lati o non sono deceduti solo i militariche hanno partecipato alle missioni in-ternazionali di pace. Gravi malattie,anche fatali, hanno colpito anche altrigiovani ragazzi che all’estero non cisono mai andati. Per questo il cerchio,forse, non è ancora chiuso.

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Fabio Mondello, di Gallipoli, muore per una leucemia fulminante.

Aveva fatto massicce vaccinazioni

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Per qualcuno è un po’ come con gliUFO: c’é chi ci crede e chi no. Perqualcun altro è invece qualcosa dimolto concreto, molto poco fantascienti-fico, contro cui lottare quotidianamente.Questa non è però una storia alla Spiel-berg. Non affascinerebbe i bambini. Épiuttosto un film dell’orrore, dove il ne-mico è invisibile e strisciante. Dovel’eroe, classicamente giovane e bello,muore ingiustamente, lasciando nelladisperazione più nera, e senza risposte,familiari e amici. Potrebbe, invece, as-somigliare ad un serial tvsu genere ‘medical’, pec-cato non ci sia però ilDott. House di turno a ri-solvere il caso e a salvarele altre potenziali vittime.Il nemico, in effetti, ha un

nome conosciuto, benché riduttivo: ura-nio impoverito. E, credetemi, c’è dav-vero poco da ironizzarci su. Benché queste nano-particelle, tantopiccole quanto insidiose, siano cono-sciute da tempo, ancora si fa fatica aparlarne. Sarà perché è un argomentoscomodo o forse perché di competenzadi quell’universo a parte che è il mondomilitare - fatto di segreti e misteri chetanto piacciono agli italiani - sta difatto che tranne un gruppo di osti-nati indagatori dell’incubo, qualchegiornalista-pitbull e le commissionid’inchiesta parlamentari, certo nonse ne sa un granché. Eppure tra di-chiarazioni, perizie, conclusioni

delle commissioni d’inchiesta e consu-lenze, di parole ne sono state scritte fintroppe. Neanche una però che potessein qualche modo scrivere la parola finesu questa lunga e triste vicenda. Adoggi, ancora, farsi riconoscere il dannoe il relativo risarcimento è cosa al-

quanto difficile. La vicenda è indubbia-mente paludosa. A conferma di ciòbasterebbe scorrere, anche solo veloce-mente, le conclusioni delle varie com-missioni d’inchiesta che in questi annisi sono avvicendate. L’unica costante èl’impossibilità di stabilire, sulla basedelle attuali conoscenze scientifiche, unnesso diretto di causa effetto tra le pato-logie oggetto dell’inchiesta e i singolofattori di rischio (…) con particolare ri-ferimento agli effetti dell’uranio impove-rito. Detto in altri termini: i giovanimilitari si ammalano, muoiono, le con-

seguenze di questa esposizione ai fattoridi rischio si ripercuotono anche sullesuccessive generazioni, ma non siamosicuri che sia per colpa nostra.Quindi…quindi? Certo è davvero diffi-cile cancellare il ricordo delle tantevoci degli ammalati che raccontano (opurtroppo raccontavano) di come loro –e solo loro del contingente italiano – as-sistessero un po’ divertiti agli strani tra-vestimenti da astronauti degli alleati…Siamo, insomma, i soliti italianiarraffo-nignorantimadivertenti? O siamo di

fronte ad un silenziocolpevole e connivente?Perché, nonostante tuttii segnali di allarme, neisei anni di missione trail ‘93 ed ’99 non sonostate rese note le normedi protezione? Perché,

per il principio di precauzione, non èstato vietato l’uso delle armi all’uranioimpoverito? I militari, i civili del Ko-sovo, l’equilibrio biologico del mar Me-diterraneo, gli abitanti della zonaintorno al poligono militare di Quirrasono poi cosa, in fondo? Non sarebbepurtroppo la prima volta che le nostre

coscienze sono costrette a fare iconti con i cosiddetti ‘dannicollaterali’. Anche perché, escusate se è poco, voi in tempidi crisi ve la sentireste di met-tere in crisi l’unica industriafiorente del nostro Paese?

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CONTROCANTODI MELISSA PERRONE Giornalista

DANNI COLLATERALI

L’industria delle munizioni e delle armi è fiorente. Fermarla, non conviene a nessuno, a costo di circondarla da non dichiarati segreti di Stato

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IL MOSTO DI PRIMOLJO. SAPORE DI SALENTO AUTENTICO

DISPONIBILE IN ELEGANTI E RAFFINATE BOTTIGLIETTE DA 0,25 O DA 0,50 LITRI

Chi ama il profumo ed il gusto dell’olio extravergine di oliva in purezza, non può perdere l’occasione di gustare il sapore del Salento autentico.Si chiama il mosto di Primoljo ed è l’olio extravergine di oliva non filtrato, imbottigliato dalle primissime olive frante. Unico per il suo sapore, ricco di sfumature, deciso nel colore, un giallo opalescente che gli deriva proprio dal suo non essere filtrato, ha straordinari effetti salutari e mantiene tutte le particelle che gli donano le caratteristiche organolettiche e nutrizionali che ne fanno un alimento eccellente per tutti i palati e tutte le età.

Il Salento è la terra dell’olio di qualità e Primoljo ha volutamente mantenuto invariati i processi di raccolta e spremitura per conferire al suo prodotto quell’accento antico irresistibile, oggi come ieri.

Il mosto di Primoljo è un’idea extravergine al 100% prodotta nel Salento presentata agli estimatori in eleganti e raffinate bottigliette da 0,25 o da 0,50 litri.

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