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1 Gli uomini del disonore Antonino Calderone, pentito di mafia, nel corso di un interessante libro- intervista del giornalista Pino Arlacchi, si rivolge ai mafiosi chiamandoli «uomini del disonore», persone costrette a vivere nell’odio e nel terrore costante di essere ammazzate o di vedere i propri figli morire a causa di vendette trasversali. Uomini che per evitare l’arresto sono costretti a fug- gire e a nascondersi per tutta la vita. Leggi con attenzione questo brano e poi rispondi alle domande che seguono. Mi chiamo Antonino Calderone, ho cinquantasei anni e ho molte cose da dire sulla mafia, perché ne ho fatto parte. Ho deciso di affidarmi alla giustizia e di parlare, nella speranza che si tenga conto di quanto dico. Se ne deve tenere conto, perché la mia famiglia corre un rischio grandissimo a causa delle mie dichiarazioni. E pure io sono in pericolo, perché dico la verità e non parlo per sentito dire. […] È meglio però precisare fin dall’inizio che la mafia come parola non esiste, almeno tra di noi. La mafia si chiama in realtà «Cosa Nostra». Infatti noi non diciamo mai la parola «mafia». Cosa Nostra è segreta, ed è l’associazione degli uomini d’onore. Siccome un membro di Cosa Nostra non deve rivelare a nessuno di farne parte, possono capitare delle situazioni in cui due individui sospettano di essere tutti e due uomini d’onore, ma non se lo possono dire. […] Uomini d’onore si diventa in massima parte per eredità di famiglia, ma non come nell’aristocrazia, perché il padre lascia lo scettro del comando e il titolo di principe o di marchese al figlio. No, nella mafia è più complicato. Non c’è una nomina. C’è una osservazione, uno studio dei giovani migliori da parte dei più vecchi. I mafiosi più anziani, amici del padre, parenti della madre, seguono i piccoli, e alcuni di loro spiccano sugli altri. Sono questi i nuovi capi, i nuovi uomini d’onore. Facciamo un esempio pratico: Palermo, dove esistono decine e decine di famiglie mafiose. Sono più di cinquanta, almeno una per ogni quartiere, a differenza di altre città dove non c’è questa densità. Ogni famiglia ha un «rappresentante», un capo, e ha almeno trenta o quaranta uomini d’onore. Ognuno di questi è sposato, ha figli, fratelli e parenti. E allora abbiamo un uomo d’onore con due o tre bei figli maschi. Questi figli vengono seguiti da tutto il gruppo, e quando uno di loro si distingue perché è sveglio, deciso, prepotente, subito viene coltivato, incoraggiato dagli uomini d’onore adulti che lo istruiscono, lo indirizzano, se lo portano con loro, incominciano a fargli fare qualche cosa... Il ragazzo allora capisce – perché è sveglio – capisce subito che il padre fa parte della mafia, che gli amici e i fratelli del padre sono mafiosi pure loro, che fanno parte di un circolo ristretto. Per il piccolo la mafia diventa tutto. In quegli ambienti non entrano molte influenze da fuori, non si leggono molti giornali e libri, ancora oggi si va poco a scuola e si va pochissimo in chiesa. C’è come un senso di riconoscimento, di imitazione. Ogni ragazzo cerca di copiare il fratello maggiore, il padre, lo zio. Si rispecchia in loro, e comincia a un certo punto a sentire e vedere come loro. Quando uno vive e cresce in una famiglia, in una parentela, in un quartiere mafioso lo capisce, lo intuisce anche se non lo sa. […] Sono all’estero, adesso. Con la mia famiglia, al sicuro. In un paese ordinato e pulito. Lontano dalla mafia, da Cosa Nostra. Lontano dal vostro mondo,

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Gli uomini del disonoreAntonino Calderone, pentito di mafi a, nel corso di un interessante libro-intervista del giornalista Pino Arlacchi, si rivolge ai mafi osi chiamandoli «uomini del disonore», persone costrette a vivere nell’odio e nel terrore costante di essere ammazzate o di vedere i propri fi gli morire a causa di vendette trasversali. Uomini che per evitare l’arresto sono costretti a fug-gire e a nascondersi per tutta la vita. Leggi con attenzione questo brano e poi rispondi alle domande che seguono.

Mi chiamo Antonino Calderone, ho cinquantasei anni e ho molte cose da dire sulla mafi a, perché ne ho fatto parte. Ho deciso di affi darmi alla giustizia e di parlare, nella speranza che si tenga conto di quanto dico. Se ne deve tenere conto, perché la mia famiglia corre un rischio grandissimo a causa delle mie dichiarazioni. E pure io sono in pericolo, perché dico la verità e non parlo per sentito dire. […] È meglio però precisare fi n dall’inizio che la mafi a come parola non esiste, almeno tra di noi. La mafi a si chiama in realtà «Cosa Nostra». Infatti noi non diciamo mai la parola «mafi a». Cosa Nostra è segreta, ed è l’associazione degli uomini d’onore. Siccome un membro di Cosa Nostra non deve rivelare a nessuno di farne parte, possono capitare delle situazioni in cui due individui sospettano di essere tutti e due uomini d’onore, ma non se lo possono dire. […]Uomini d’onore si diventa in massima parte per eredità di famiglia, ma non come nell’aristocrazia, perché il padre lascia lo scettro del comando e il titolo di principe o di marchese al fi glio. No, nella mafi a è più complicato. Non c’è una nomina. C’è una osservazione, uno studio dei giovani migliori da parte dei più vecchi. I mafi osi più anziani, amici del padre, parenti della madre, seguono i piccoli, e alcuni di loro spiccano sugli altri. Sono questi i nuovi capi, i nuovi uomini d’onore.Facciamo un esempio pratico: Palermo, dove esistono decine e decine di famiglie mafi ose. Sono più di cinquanta, almeno una per ogni quartiere, a differenza di altre città dove non c’è questa densità. Ogni famiglia ha un «rappresentante», un capo, e ha almeno trenta o quaranta uomini d’onore. Ognuno di questi è sposato, ha fi gli, fratelli e parenti. E allora abbiamo un uomo d’onore con due o tre bei fi gli maschi. Questi fi gli vengono seguiti da tutto il gruppo, e quando uno di loro si distingue perché è sveglio, deciso, prepotente, subito viene coltivato, incoraggiato dagli uomini d’onore adulti che lo istruiscono, lo indirizzano, se lo portano con loro, incominciano a fargli fare qualche cosa...Il ragazzo allora capisce – perché è sveglio – capisce subito che il padre fa parte della mafi a, che gli amici e i fratelli del padre sono mafi osi pure loro, che fanno parte di un circolo ristretto. Per il piccolo la mafi a diventa tutto. In quegli ambienti non entrano molte infl uenze da fuori, non si leggono molti giornali e libri, ancora oggi si va poco a scuola e si va pochissimo in chiesa.C’è come un senso di riconoscimento, di imitazione. Ogni ragazzo cerca di copiare il fratello maggiore, il padre, lo zio. Si rispecchia in loro, e comincia a un certo punto a sentire e vedere come loro. Quando uno vive e cresce in una famiglia, in una parentela, in un quartiere mafi oso lo capisce, lo intuisce anche se non lo sa. […] Sono all’estero, adesso. Con la mia famiglia, al sicuro. In un paese ordinato e pulito. Lontano dalla mafi a, da Cosa Nostra. Lontano dal vostro mondo,

Gli uomini del disonoreAntonino Calderone, pentito di mafi a, nel corso di un interessante libro-intervista del giornalista Pino Arlacchi, si rivolge ai mafi osi chiamandoli

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mafiosi, e dal vostro modo distorto di pensare e di vivere. E ora voglio gridare a tutti voi, a voce grossa: […] prendete la vostra famiglia e fuggite, scomparite. […] Perché alttrimenti va a finire sempre allo stesso modo. Va a finire che si muore. E voi morirete, e i vostri figli moriranno pure. E le vostre mogli piangeranno, e le mogli dei vostri figli piangeranno, e così i figli dei vostri figli. Piangeranno lacrime amare anche le generazioni che vi seguiranno, perché è tutta una catena. La morte chiama la morte come il sangue chiama il sangue. È una cosa senza fine.[…] Il grande terrore di voi mafiosi nasce da qui. Voi sapete che un essere umano non è solo, ma vive circondato di affetti, è avvolto in tanti legami, e quando quest’uomo non c’è più perché la vita gli viene tolta da qualcun altro non è che scompare tutto di lui. Le persone che gli volevano bene restano, e restano pure i legami. Un assassinio è come un buco dentro una rete, ma una rete di sentimenti umani. Ma non avete visto come la gente piange i morti, tutti i morti, anche quelli degli incidenti stradali, delle fatalità? Siete mai andati nella famiglia di un uomo che è appena morto? Avete visto come piangono? O il giuramento di Cosa Nostra vi ha accecati al punto che non vedete, non sentite i pianti e le sofferenze della gente che sterminate?Gli uccisi hanno parenti, hanno fratelli, hanno amici e hanno soprattutto figli che risentono della scomparsa, e che anche tanti anni dopo, quando uno si può illudere che abbiano dimenticato, si alzano in piedi e gridano: «Tu hai ammazzato mio padre! Ora io ammazzo te». E così tanti mafiosi po-tenti muoiono. Hanno ucciso troppi nemici. […] È per questo che l’esistenza in Cosa Nostra è così breve e così infelice. Non c’è nessuna sicurezza, si vive sull’orlo di un abisso. […]Uomini di Cosa Nostra, […] se volete bene ai vostri figli, […] non inculca-tegli le vostre idee e i vostri principi, non fatevi imitare. Avete fatto questo mestiere tremendo. Avete fatto gli avvoltoi per tutta la vita. Non fate fare gli avvoltoi ai vostri figli! […]Ascoltate ciò che vi sto dicendo. Fermatevi un momento a pensare. Cercate di salvarvi. Altrimenti non ci sarà misericordia per voi. Dio non vi perdo-nerà mai per i lutti e le sventure che portate. Siete gli uomini del disonore.

(da Pino Arlacchi, Gli uomini del disonore, Mondadori)

1. Chi è Antonino Calderone? Cosa significa che è un «pentito»? 2. Perché lui e la sua famiglia corrono dei rischi?3. Chi sono gli «uomini d’onore», nel gergo mafioso? Come si diventa uo-

mini d’onore?4. Dice Calderone: «la morte chiama morte come il sangue chiama sangue».

Cosa significa questa frase? Commentala brevemente.5. Ti piace l’espressione «uomini del disonore»? Cosa significa? Perché

viene usata nel testo?6. Qual è l’avvertimento che l’ex-mafioso lancia a coloro che in Italia an-

cora vivono nell’illegalità e nella violenza del crimine organizzato?