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DI ALESSANDRO QUINZI GORIZIA Josef Maria Auchentaller: un artista se non proprio inedito certa- mente poco conosciuto al grande pubblico, che dopo quasi un secolo dall’ultima apparizione pubblica ritorna protagonista di assoluto livel- lo grazie alla mostra mono- grafica che gli dedicano i Musei Provinciali di Gorizia. Pittore e grafico, Auchen- taller (Vienna 1865 – Grado 1949) è uno degli artisti par- tecipi al rivoluzionario pano- rama delle arti viennesi di inizio secolo ed è stato per oltre un decennio un attivo protagonista all’interno del movimento della Secessione fondato a Vienna da Gustav Klimt nel 1897. Collabora- tore e responsabile in prima persona di molte delle mostre realizzate dal movimento a cavallo del secolo, coinvolto nella redazione della rivista “Ver Sacrum” – l’organo uffi- ciale della Se-cessione –, l’ar- tista non ha mai avuto una fortuna critica all’altezza dei suoi meriti. La scelta di abbandonare Vienna, già nel 1901, per seguire la moglie Emma nell’avventura turisti- ca a Grado, lo isolò anzitem- po dall’ambiente viennese. Nato a Vienna, Auchen-tal- ler vi compie gli studi fre- quentando prima il Poli-tec- nico, dal 1886 al 1889, e un volta concluso il servizio mili- tare s’iscrive nel 1890 all’Accademia di Arti figurati- ve dove ottiene premi e rico- noscimenti. Nel 1897 compie un viaggio in Italia, docu- mentato da una notevole quantità di disegni e studi. Tra il 1892 e il 1896 è a Monaco di Baviera dove entra in contatto con la Secessione della città tedesca: collabora con la famosa rivista Jugend e completa quella maturazio- ne artistica che lo vedrà pro- tagonista nel nascente movi- mento viennese. Auchentaller aderisce alla Secessione viennese sin dalla fondazione ricoprendo – dalla V esposizione (1899) alla X (1901) – un ruolo anche nella commissione organizzativa e abbandonando il movimento nel 1905 con gli artisti del Klimt-Gruppe. Per le mostre della “Vereinigung der bilden- den Künstler Österreichs”, che rivoluzionarono i rappor- ti di Vienna con l’arte con- temporanea, realizza il mani- festo e la grafica di copertina del catalogo della VII esposi- zione (1900) e molte illustra- zioni per il catalogo dell’VIII. In occasione della V esposi- zione del 1901 espone il ritratto a figura intera della moglie Emma rappresentati- vo della ricca produzione ritrattistica, che si protrarrà per tutto l’arco professionale. Alla XIV mostra (1902) – in cui Max Klinger presenta la statua di Beethoven Auchentaller realizza il gran- de fregio Freude der schönen Götterfunken che si contrap- pone al celeberrimo Beetho- venfries di Gustav Klimt. Sue opere sono ancora presenti all’esposizione del 1909 che è la sua ultima apparizione pubblica documentata. Collabora attivamente alla prestigiosa rivista “Ver Sa- crum”, prendendo parte al comitato di redazione nel 1900 e 1901, e per la quale realizza alcune copertine e un cospicuo numero di illu- strazioni ispirate principal- mente a motivi floreali e sempre più caratterizzate dalla tendenza ad una stiliz- zazione bidimensionale in- fluenzata dalla grafica giap- ponese. L’ottavo numero della quarta annata (1901) è interamente dedicato a opere di Auchentaller, non solo come grafico ma anche per il suo attivo ruolo nelle arti applicate. Nel 1901, con la moglie Emma Scheid e con i figli Maria e Peter, si trasferisce a Grado contribuendo in maniera determinante allo sviluppo turistico e alla pro- mozione della località balnea- re della Costa Adriatica. Su progetto dell’architetto Julius Mayreder viene costruita le “Pensione Fortino” che la famiglia Auchentaller gesti- sce con spirito imprenditoria- le e che in breve diventa un punto di riferimento per le vacanze della borghesia vien- nese. L’edificio viene decorato con graffiti dallo stesso Auchentaller. Per il centro turistico realizza nel 1906 il celebre manifesto stampato a Vienna da A. Berger Seebad Grado. Österreichisches Küs- tenland, mirabile esempio di atmosfere e suggestioni Jugendstil. Fondamentali sono an-che i rapporti di parentela con le famiglie Scheid e Thonet, per le quali Auchentaller realizza numerose opere e per il clima di “internazionalità” e di scambio culturale che questo sodalizio viene a creare. Per la ditta Georg Adam Scheid, produttori di lavori in metal- lo, l’artista crea, attorno al 1900, vari gioielli dai forti accenti Jugendstil. Attento all’arte del cartello- nismo – di cui coglie appieno la forza sociale per la diffu- sione di idee, messaggi e pro- dotti – progetta e realizza numerosi manifesti pubbli- citari nei quali è percepibile il linguaggio base del Plakatstil, contraddistinto da una forte stilizzazione e sintesi grafica: “Aureol” (1898); “Schott und Donnath”, “Styria-Fahr- räder”, “Kathreiners Kneipp Malzkaffee” (1899); “Conti- nental Pneumatik” (1900); “Internationale Fischereiaus- stellung”, “G. A. Scheid” (1902). Dal 1902 soggiorna stabil- mente a Grado nel periodo estivo. Già a quella data i contatti con l’ambiente arti- stico e i colleghi viennesi si vanno affievolendo, compen- sati dalle occasionali visite degli amici pittori Carl Moll, Alfred Roller, Wilhelm List e Maximilian Kurzweil. Da quel momento la sua produzione artistica – caratterizzata da uno stile che conserva stilemi grafici legati alla lezione secessionista – si rivolge pre- valentemente al ritratto e alla pittura di paesaggio. Gli spazi del settecentesco Palazzo Attems-Petzenstein accoglieranno circa quattro- cento opere – suddivise in sei sezioni –, molte delle quali assolutamente inedite: tele, disegni, studi, manifesti, boz- zetti, gioielli, fotografie; alcu- ni materiali provengono da prestiti concessi dai più importanti musei viennesi. Sul mercato antiquario londi- nese è stata individuata la spettacolare fibbia in argento e smalti pubblicata su “Ver Sacrum” nel 1901. Il pezzo è stato acquistato dai Musei Provinciali di Gorizia e sarà esposto. Il percorso artistico di Auchentaller viene analiz- zato fin dagli anni della for- mazione a Vienna e Monaco, passando attraverso la fon- damentale esperienza seces- sionista e sino agli anni della maturità, quando risiede ormai stabilmente a Grado, dedicandosi alla pittura di paesaggio e al ritratto. La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue (it./ted.; 200 pp. esaExpo- edizioni) che scheda e com- menta criticamente tutti i materiali esposti. L’esposizio- ne nasce itinerante in tre sedi e dopo l’esordio goriziano presso i Musei Provinciali di Gorizia a Palazzo Attems- Petzenstein da aprile ad set- tembre 2008 sarà successi- vamente presentata a Bol- zano e a Vienna. Anche in questo si può cogliere un esplicito riconoscimento al valore artistico dell’opera di Auchentaller e al suo origina- le contributo alle arti vienne- si tra Otto e Novecento. APRILE - GIUGNO 2008 ANNO XII - NUMERO 46 IL MASSIMILIANO Non si deve giurare sulla fedeltà degli uomini. Napoleone SPES FRUCTUS LUCIS DIFFUSIONE GRATUITA POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN AB. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27 FEBBRAIO 2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1 DR CB TS. - IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE ALL’UFFICIO DI TRIESTE CPO DETENTORE DEL CONTO, PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA. CONTINE I.P. In questo numero ARET E SCHENGEN PAG. 3 CHE COSÈ CULTURA? PAG. 5 BORSINO TRE VENEZIE PAG. 6 IL PAESE DEI RISPARMIATORI PAG. 7 TULLIO TAMARO PAG. 9 EUGENIO SCOMPARINI PAG. 10 INSERTO FOTO OPERE DARTE RUBATE ASSOCIAZIONE AMAPIV PAG. 12 CORRENTE INVISIBILE PAG. 13 OMAGGIO? MAH... PAG. 14 I GIOIELLI DI PERUSINI PAG. 15 I SETTE VIZI CAPITALI: GOLA PAG. 16 IL PESCATORE E LA SIRENA PAG. 17 COLLEZIONARE ARMI MODERNE PAG. 18 IN GIRO PER MOSTRE PAG. 19 Trimestrale diffuso in tutte le gallerie antiquarie, in tutti i musei, enti culturali, fondazioni, assessorati alla cultura e autorità competenti delle Tre Venezie www.e-antiqua.it Josef Maria Auchentaller Un secessionista ai confini dell’Impero Musei Provinciali di Gorizia - Palazzo Attems - Petzenstein. Dal 24 aprile al 30 settembre 2008 Illustrazione per “Ver Sacrum”, Archiv der Wiener Secession, Vienna JOSEF MARIA AUCHENTALLER (1865–1949) UN SECESSIONISTA AI CONFINI DELL’IMPERO Musei Provinciali di Gorizia Palazzo Attems- Petzenstein Piazza E. De Amicis, 2 34170 Gorizia www.provincia.gorizia.it Orario: 9–19 Lunedì chiuso Ingresso: intero 6,00; ridotto 4,00 Informazioni e prenotazioni visite guidate e laboratori didattici: tel. 0481 541547 0481 547499 fax 0481 531798 [email protected]

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DI ALESSANDRO QUINZI

GORIZIA Josef MariaAuchentaller: un artista senon proprio inedito certa-mente poco conosciuto algrande pubblico, che dopoquasi un secolo dall’ultimaapparizione pubblica ritornaprotagonista di assoluto livel-lo grazie alla mostra mono-grafica che gli dedicano iMusei Provinciali di Gorizia.

Pittore e grafico, Auchen-taller (Vienna 1865 – Grado1949) è uno degli artisti par-tecipi al rivoluzionario pano-rama delle arti viennesi diinizio secolo ed è stato peroltre un decennio un attivoprotagonista all’interno delmovimento della Secessionefondato a Vienna da GustavKlimt nel 1897. Collabora-tore e responsabile in primapersona di molte delle mostrerealizzate dal movimento acavallo del secolo, coinvoltonella redazione della rivista“Ver Sacrum” – l’organo uffi-ciale della Se-cessione –, l’ar-tista non ha mai avuto unafortuna critica all’altezza deisuoi meriti. La scelta diabbandonare Vienna, già nel1901, per seguire la moglieEmma nell’avventura turisti-ca a Grado, lo isolò anzitem-po dall’ambiente viennese.

Nato a Vienna, Auchen-tal-ler vi compie gli studi fre-quentando prima il Poli-tec-nico, dal 1886 al 1889, e unvolta concluso il servizio mili-tare s’iscrive nel 1890all’Accademia di Arti figurati-ve dove ottiene premi e rico-noscimenti. Nel 1897 compieun viaggio in Italia, docu-mentato da una notevolequantità di disegni e studi.Tra il 1892 e il 1896 è aMonaco di Baviera dove entrain contatto con la Secessionedella città tedesca: collaboracon la famosa rivista Jugende completa quella maturazio-ne artistica che lo vedrà pro-tagonista nel nascente movi-

mento viennese.Auchentaller aderisce alla

Secessione viennese sin dallafondazione ricoprendo – dallaV esposizione (1899) alla X(1901) – un ruolo anche nellacommissione organizzativa eabbandonando il movimentonel 1905 con gli artisti delKlimt-Gruppe. Per le mostre

della “Vereinigung der bilden-den Künstler Österreichs”,che rivoluzionarono i rappor-ti di Vienna con l’arte con-temporanea, realizza il mani-festo e la grafica di copertinadel catalogo della VII esposi-zione (1900) e molte illustra-zioni per il catalogo dell’VIII.In occasione della V esposi-zione del 1901 espone ilritratto a figura intera dellamoglie Emma rappresentati-vo della ricca produzioneritrattistica, che si protrarràper tutto l’arco professionale.Alla XIV mostra (1902) – incui Max Klinger presenta lastatua di Beethoven –Auchentaller realizza il gran-de fregio Freude der schönenGötterfunken che si contrap-pone al celeberrimo Beetho-venfries di Gustav Klimt. Sueopere sono ancora presentiall’esposizione del 1909 che èla sua ultima apparizionepubblica documentata.

Collabora attivamente allaprestigiosa rivista “Ver Sa-crum”, prendendo parte alcomitato di redazione nel1900 e 1901, e per la qualerealizza alcune copertine eun cospicuo numero di illu-strazioni ispirate principal-mente a motivi floreali esempre più caratterizzatedalla tendenza ad una stiliz-

zazione bidimensionale in-fluenzata dalla grafica giap-ponese. L’ottavo numerodella quarta annata (1901) èinteramente dedicato aopere di Auchentaller, nonsolo come grafico ma ancheper il suo attivo ruolo nellearti applicate.

Nel 1901, con la moglieEmma Scheid e con i figliMaria e Peter, si trasferisce aGrado contribuendo inmaniera determinante allosviluppo turistico e alla pro-mozione della località balnea-re della Costa Adriatica. Suprogetto dell’architetto JuliusMayreder viene costruita le“Pensione Fortino” che lafamiglia Auchentaller gesti-sce con spirito imprenditoria-le e che in breve diventa unpunto di riferimento per levacanze della borghesia vien-nese. L’edificio viene decoratocon graffiti dallo stessoAuchentaller. Per il centroturistico realizza nel 1906 ilcelebre manifesto stampato aVienna da A. Berger SeebadGrado. Österreichisches Küs-tenland, mirabile esempio diatmosfere e suggestioniJugendstil.

Fondamentali sono an-chei rapporti di parentela con lefamiglie Scheid e Thonet, perle quali Auchentaller realizza

numerose opere e per il climadi “internazionalità” e discambio culturale che questosodalizio viene a creare. Perla ditta Georg Adam Scheid,produttori di lavori in metal-lo, l’artista crea, attorno al1900, vari gioielli dai fortiaccenti Jugendstil.

Attento all’arte del cartello-nismo – di cui coglie appienola forza sociale per la diffu-sione di idee, messaggi e pro-dotti – progetta e realizzanumerosi manifesti pubbli-citari nei quali è percepibile illinguaggio base del Plakatstil,contraddistinto da una fortestilizzazione e sintesi grafica:“Aureol” (1898); “Schott undDonnath”, “Styria-Fahr-räder”, “Kathreiners KneippMalzkaffee” (1899); “Conti-nental Pneumatik” (1900);“Internationale Fischereiaus-stellung”, “G. A. Scheid”(1902).

Dal 1902 soggiorna stabil-mente a Grado nel periodoestivo. Già a quella data icontatti con l’ambiente arti-stico e i colleghi viennesi sivanno affievolendo, compen-sati dalle occasionali visitedegli amici pittori Carl Moll,Alfred Roller, Wilhelm List eMaximilian Kurzweil. Da quelmomento la sua produzioneartistica – caratterizzata da

uno stile che conserva stilemigrafici legati alla lezionesecessionista – si rivolge pre-valentemente al ritratto e allapittura di paesaggio.

Gli spazi del settecentescoPalazzo Attems-Petzensteinaccoglieranno circa quattro-cento opere – suddivise in seisezioni –, molte delle qualiassolutamente inedite: tele,disegni, studi, manifesti, boz-zetti, gioielli, fotografie; alcu-ni materiali provengono daprestiti concessi dai piùimportanti musei viennesi.Sul mercato antiquario londi-nese è stata individuata laspettacolare fibbia in argentoe smalti pubblicata su “VerSacrum” nel 1901. Il pezzo èstato acquistato dai MuseiProvinciali di Gorizia e saràesposto. Il percorso artisticodi Auchentaller viene analiz-zato fin dagli anni della for-mazione a Vienna e Monaco,passando attraverso la fon-damentale esperienza seces-sionista e sino agli anni dellamaturità, quando risiedeormai stabilmente a Grado,dedicandosi alla pittura dipaesaggio e al ritratto.

La mostra è accompagnatada un catalogo bilingue(it./ted.; 200 pp. esaExpo-edizioni) che scheda e com-menta criticamente tutti imateriali esposti. L’esposizio-ne nasce itinerante in tre sedie dopo l’esordio gorizianopresso i Musei Provinciali diGorizia a Palazzo Attems-Petzenstein da aprile ad set-tembre 2008 sarà successi-vamente presentata a Bol-zano e a Vienna. Anche inquesto si può cogliere unesplicito riconoscimento alvalore artistico dell’opera diAuchentaller e al suo origina-le contributo alle arti vienne-si tra Otto e Novecento.

APRILE - GIUGNO 2008ANNO XII - NUMERO 46

IL MASSIMILIANONon si deve giurare sulla fedeltà degli uomini. Napoleone

SPES FRUCTUS LUCIS

DIFFUSIONE GRATUITA

POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN AB. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27 FEBBRAIO 2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1 DR CB TS. - IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE ALL’UFFICIO DI TRIESTE CPO DETENTORE DEL CONTO, PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA. CONTINE I.P.

IInn qquueessttoo nnuummeerrooARET E SCHENGEN PAG. 3CHE COS’È CULTURA? PAG. 5BORSINO TRE VENEZIE PAG. 6IL PAESE DEI RISPARMIATORI PAG. 7TULLIO TAMARO PAG. 9EUGENIO SCOMPARINI PAG. 10INSERTO FOTO OPERE D’ARTE RUBATE

ASSOCIAZIONE AMAPIV PAG. 12CORRENTE INVISIBILE PAG. 13OMAGGIO? MAH... PAG. 14I GIOIELLI DI PERUSINI PAG. 15I SETTE VIZI CAPITALI: GOLA PAG. 16IL PESCATORE E LA SIRENA PAG. 17COLLEZIONARE ARMI MODERNE PAG. 18IN GIRO PER MOSTRE PAG. 19

Trimestrale diffuso in tutte le gallerie antiquarie, in tutti i musei, enti culturali, fondazioni, assessorati alla cultura e autorità competenti delle Tre Venezie

www.e-antiqua.it

JJoosseeff MMaarriiaa AAuucchheennttaalllleerrUn secessionista ai confini dell’Impero

MMuusseeii PPrroovviinncciiaallii ddii GGoorriizziiaa -- PPaallaazzzzoo AAtttteemmss -- PPeettzzeennsstteeiinn.. DDaall 2244 aapprriillee aall 3300 sseetttteemmbbrree 22000088

Illustrazione per “Ver Sacrum”, Archiv der Wiener Secession, Vienna

JOSEF MARIAAUCHENTALLER

(1865–1949)UN SECESSIONISTA AICONFINI DELL’IMPERO

Musei Provinciali di Gorizia

Palazzo Attems-Petzenstein

Piazza E. De Amicis, 234170 Gorizia

www.provincia.gorizia.it

Orario: 9–19Lunedì chiuso

Ingresso: intero € 6,00; ridotto € 4,00

Informazioni e prenotazioni visite guidate e

laboratori didattici:

tel. 0481 541547 0481 547499

fax 0481 [email protected]

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IL MASSIMILIANOAPRILE • GIUGNO 2008 3

AArrttee ee SScchheennggeennDI SANDRO APA

VICE QUESTORE AGGIUNTOPOLIZIA DI STATO

TRIESTE

Se, per migliorare leprestazioni di un’automo-bile, la si modificaaumentandone la potenzadel motore o la velocità,occorre però pure ade-guarle l’impianto frenan-te, altrimenti si rischiache non si riesca a fer-marla in tempo. Una ele-mentare considerazionedi questo tipo spesso nonviene neppure alla lucequando si affrontano insede legislativa talunequestioni, di sicuraimportanza, che vengonotuttavia esaminate inun’ottica alquanto parzia-le, volta a perseguire aqualsiasi costo alcuniobbiettivi principali, nonimporta se a scapito delquadro generale o di inte-ressi - sia di singoli, siadella collettività - comun-que meritevoli di tutela.

L’entrata della Slovenianel novero dei Paesi ade-renti all’Accordo diSchengen ed il conse-guente abbattimento deltratto orientale della no-stra frontiera terrestrehanno segnato un ulterio-re passo sulla strada dellalibera circolazione nel ter-ritorio comune degli Statiaderenti, ma hanno pureriproposto ed ampliato untema che si era già evi-denziato al momento del-l’ingresso dell’Italia in taleAccordo e che ai cultori edai custodi del nostropatrimonio artisticonazionale dovrebbe inte-ressare molto: la difesadei beni culturali mobilidai traffici illeciti.

È certamente vero chenessuno ama le code allefrontiere, il fastidio di sot-toporsi a controlli di poli-zia, le perdite di tempo; sideve ovviamente concor-dare sul fatto che l’econo-micità dei trasporti traeovvi benefìci dalla spedi-tezza e che il risparmio ditempo fa risparmiaredenaro. Ma, come a tuteladella sicurezza della cir-colazione stradale si pon-gono limiti (non sempresensati né sempre giusti-ficabili, questo è pur vero)alla velocità di marcia,così si sarebbe dovutoescogitare qualche siste-ma per il controllo dellemerci in entrata e, soprat-tutto per quel che quiinteressa, in uscita dalterritorio nazionale: laqual cosa non sembra chesia stata fatta.

Vale la pena di ram-mentare, a coloro che sifanno prendere da facilientusiasmi, che l’abolizio-

ne delle frontiere nonsignifica abolizione diconfini: poiché i due ter-mini vengono usati troppospesso come se fosserosinonimi, occorre ricorda-re che il confine è la deli-mitazione –terrestre,marittima o aerea– delterritorio nazionale, cioèdi quella porzione fisicadel Pianeta sulla quale loStato esercita la propriasovranità; mentre la fron-tiera, che si trova all’in-terno del confine (e neisuoi pressi se è stradale oferroviaria), è il complessodelle strutture attraversole quali si varca lecita-mente il confine, in uscitao in entrata, sottoponen-dosi ai controlli, dettiappunto controlli di fron-tiera, che sono accerta-menti di pubblica sicurez-za (ossia aventi fini di pre-venzione).

L’Accordo di Schengennon ha in alcun modoabolito i confini, i cuieffetti ai fini della sovrani-tà permangono intatti, maha comportato l’elimina-zione delle frontiere inter-ne, cioè quelle fra gli Statiaderenti, i cui territori, aisoli fini della circolazione,compongono un’unicaarea.

Poiché però ciascunoStato rimane sovrano nelproprio territorio, ciòcomporta che questagrande area comune siasoggetta a legislazionidiverse a seconda delposto e che determinatiinteressi tutelati in unluogo non lo siano – o nonlo siano altrettanto – inaltri luoghi. In terminiancor più elementari, seun bene culturale vincola-to in Italia, per l’inesi-stenza di controlli allafrontiera, può uscire tran-quillamente dal territorionazionale, esso viene sot-tratto alla potestà italianae quel sistema di vincoli edi garanzie, a cui il Codicedei Beni Culturali lo sot-topone nell’interesse pub-blico, viene vanificato.

Per la precisione, non èesatto affermare che conl’abolizione della frontieradiviene lecita l’esportazio-ne del bene vincolato:esso rimane giuridica-mente inesportabile, manessuna forma di control-lo preventivo esiste piùper imporre l’osservanzadel precetto della legge,che si dimostra aggirabilecon estrema facilità.

Più che la soppressionedei controlli di frontiera, èstata l’eliminazione diquelli doganali alla fron-tiera che ha rimosso unostacolo, non certo insor-montabile ma comunqueutile, alle facili fughe di

opere d’arte e d’antiqua-riato all’estero: primapoteva essere semplice opoco rischioso esportarequadri o sculture o reper-ti storici di piccole dimen-sioni, che, occultati fraeffetti personali o altrobagaglio poco appariscen-te, potevano passare inos-servati; ma non sarebbestato agevole eludere icontrolli per quelle piùvoluminose. Ora, invece,nessun controllo sistema-tico si impone, se nonquelli a campione effet-tuati sul territorio, ossiasu strada, dalla Guardiadi Finanza, nei casi limi-tati in cui essa può farlo.

È anche giusto ricorda-re in proposito che glieventuali controlli a cuipossono procedere le pat-tuglie della PoliziaStradale, dei Carabinieri odei Vigili Urbani riguarda-no esclusivamente lasicurezza della circolazio-ne e, in determinati casi,l’identificazione delle per-sone, ma non si possonoestendere al contenutodel mezzo, né sarebbelecito usare strumenti diaccertamento preventivoprevisti dal legislatore adaltri fini (come la ricercadi armi o stupefacenti).

Come dunque possonocoesistere due normeapparentemente antiteti-che come quella che sot-topone a vincoli l’uscitadei beni culturali dal ter-ritorio nazionale e quellache ha soppresso le fron-tiere?

L’art. 65 del Codice deiBeni Culturali vieta l’usci-ta definitiva dei beni cul-turali mobili appartenenti

allo Stato ed agli altri Entipubblici (categoria a cuiappartengono anche tuttele opere di autore non piùvivente la cui esecuzionerisalga a più di cinquantaanni e di cui non sia statoancora verificato l’interes-se culturale), nonchéquelli, appartenenti a pri-vati, indicati nel 3°comma dell’art. 10 delC.B.C.: il divieto pertantorimane, anche se privo diuna specifica difesa, allapari di ciò che accade perqualunque altro benemobile rispetto a qualsia-si altro illecito (furto,appropriazione indebitaetc.). Se un presidio utile

alla prevenzione del reatoviene meno, non per que-sto il reato cambia natu-ra. Se mai, una serie direati “di frontiera”, ossiarichiedenti per la loroconfigurazione l’illecitopassaggio delle frontiere,come il contrabbando,non sono più configurabi-li (o non lo sono nellostesso modo di prima) perla soppressione dellafrontiera terrestre.

Lo stesso art. 65, tutta-via, al 3° comma indivi-dua alcune categorie dibeni culturali per i quali èconsentita l’uscita defini-tiva dal territorio delloStato, previa verifica diun organo pubblico a ciòespressamente designatoche la autorizzi. Fra que-ste, quelle che presentanomaggior interesse per ilettori di questa pubblica-zione, sono le opere diarte figurativa ultracin-quantennali o di artistidefunti, cioè quelle comu-nemente definite antiche.

È opportuna una preci-sazione per chiarire i rap-porti fra le norme: il 4°comma dell’art. 65 dichia-ra libera l’esportabilitàdelle cose di cui all’art. 11,comma 1, lettera d) addos-sando all’interessatol’onere di provare cheesse siano di autore viven-te o la cui esecuzione nonrisalga ad oltre cinquantaanni, esattamente comedispone il citato art. 11;mentre lo stesso art. 65,al precedente comma 3°,lettera a), prevede l’obbli-go di autorizzazione per lecose (…) che (…) sianoopera di autore non piùvivente e la cui esecuzionerisalga a non più di cin-quanta anni. Stando allalettera delle norme, lalicenza occorre quandol’opera abbia entrambe lecaratteristiche, mentrebasta provare una soladelle caratteristiche con-trarie perché ne sia liberal’esportazione.

Un caso interessante siporrebbe qualora si deci-desse di far effettuareall’estero una perizia suun dipinto o una sculturaantica, ossia di autoreormai defunto e di oltrecinquant’anni di età, alsolo fine di stabilirne l’au-tenticità o il valore e conl’intento di riportarla inItalia, magari per vender-la poi ad un acquirenteitaliano.

L’art. 64 del CBC dispo-ne espressamente l’obbli-go, per chi venda, o anchesolo esponga a fini com-merciali, di documentareall’acquirente l’autenticitào almeno la probabileattribuzione e la prove-nienza dell’opera; e, diconseguenza, se i maggio-ri conoscitori o esperti diquel ramo a cui essaappartiene si trovanoall’estero, l’uscita apparegiustificabile; e, pur nonessendo espressamenteindicata dalla legge, sipuò ricondurre per analo-gia alla previsione dellalettera c del 1° commadell’art 67, per la qualel’autorizzazione all’uscitatemporanea può essereconcessa quando i benidebbano essere sottopostiad analisi, indagini, ointerventi di conservazio-ne da eseguire necessaria-mente all’es-tero.

La licenza temporaneadi esportazione è previstasia per destinazioni all’in-terno dei Paesi aderentialla CEE, in base alRegolamento CEE n.3911/92 ed alle disposi-zioni per la sua attuazionestabilite con altro regola-mento CEE, il n. 752/93,sia per destinazioni al difuori della Comunità

Economica Europea, inbase all’art. 74 del CBC.La licenza è rilasciatadall’Ufficio Esportazionidegli organi periferici delMinistero per i BeniCulturali ed Ambientali,ossia le Sovrintendenze.

Se la soppressione dellefrontiere terrestri e dellerelative dogane comportal’abolizione dei controlliintermedi quando il tra-sferimento all’esteroavvenga tramite mezzi dicircolazione terrestre, ciònon significa che ognicontrollo sia stato abolito,sia perché quando l’uscitadal territorio dello Statoavvenga via mare o per viaaerea le frontiere riman-gono, sia perché nel tra-sporto terrestre comun-que il controllo doganaleviene eseguito, non piùnei pressi del confine, madalla dogana nazionalealla partenza e da quellaestera in arrivo, più omeno come già accadevaper i trasporti in regimeTIR, che non subivanoaccertamenti o visite allefrontiere.

Rimangono pertantovalide anche le sanzionicomminate dal CBC incaso di inosservanza: e,precisamente, quelle sta-bilite in via generale dal-l’art. 165, consistenti insanzioni amministrativeper il solo trasferimentoall’estero di beni culturaliin violazione delle disposi-zioni in materia di circola-zione internazionale esempre che, ovviamente,tali violazioni non siano lostrumento per compierereati di maggior gravità;nonché quelle previste piùspecificamente dal suc-cessivo art. 174, cheriguarda l’esportazioneillecita senza attestato dilibera circolazione o licen-za di esportazione, punitacon pena restrittiva, ossiareclusione da uno a quat-tro anni, o con multa(sanzione pecuniariapenale) da 258 a 5.165euro, pena prevista ancheper chi non fa rientrareentro i termini nel territo-rio nazionale opere di cuisia stata autorizzatal’esportazione tempora-nea. Sanzioni alle quali siaggiunge la confisca deibeni alla stregua di quellioggetti di contrabbando,qualora non appartenga-no a soggetto diverso dal-l’autore del reato, nonchéla pena accessoria dell’in-terdizione dalla relativaarte o professione (lalegge non ne specifica ladurata, ma richiamandol’art. 30 del CodicePenale, essa può oscillaredal minimo di un mese almassimo di cinque anni).

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IL MASSIMILIANOAPRILE • GIUGNO 2008 5

CChhee ccoossaa èè ““ccuullttuurraa””??DI DANIELA BOI

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CAGLIARI Nel mercatodell'arte contemporaneouno degli interrogativi chefanno riflettere mercanti,antiquari e operatori di set-tore è il seguente: "comefare cultura?". "Fare cultu-ra" come "plus valore" checonsenta loro di distinguer-si dagli altri, essere piùcompetitivi, offrire un servi-zio migliore agli acquirenti.Certo non è facile trovareuna risposta a questadomanda.

Entrambe le parti coinvol-te nel mercato dell'arte(domanda e offerta) sonospinte dal desiderio di inte-ragire con oggetti che abbia-no anche un portato cultu-rale.

Il collezionista autenticoriesce a fare della propriapassione uno strumento direalizzazione personale,ampliandone al tempo stes-so il significato e l'incidenzacon la ponderata autonomiadelle scelte e se possibilecon il mecenatismo.L'investitore di oggetti d'artee d'antiquariato si differen-zia da acquirenti di altribeni in primis per il fatto diacquistare beni con unvalore estetico - culturale.

Valore estetico che siassocia alla sfera emoziona-le, la matericità capace digenerare delle emozioni,belle o brutte che siano, nonlasciando comunque indif-ferenti.

L'esteticità rimane unconcetto relativo, condizio-nato sì dalle tendenze delgusto, ma fondamentalmen-te soggettivo.

L'attributo "culturale"sembra di più difficile defi-nizione.

Non è semplice stabilireche cosa sia degno di esserechiamato "cultura" e checosa possa dare a un ogget-to diversamente anonimoun valore aggiunto cosìnobile quale quello cultura-le.

Il termine "cultura" puòessere analizzato da diverseangolazioni. Il dizionarioZanichelli della LinguaItaliana definisce la "cultu-ra" come "complesso dicognizioni, tradizioni, pro-cedimenti tecnici, tipi dicomportamento e simili tra-smessi e usati sistematica-mente, caratteristico di undato gruppo sociale o di unpopolo".

Wikipedia, l'enciclopediaonline, asserisce che "la cul-tura può essere vista comel'identità di un popolo (com-prendendo la lingua, icostumi, la religione, lamoneta ecc.)". Nell'ambito diquesta definizione vengonodelineate due differenti con-cezioni: "una concezioneumanistica o classica che

presenta la cultura come laformazione individuale,un’attività che consente di“coltivare” l’animo umano(deriva infatti dal verbo lati-no colere) e una concezioneantropologica o modernache presenta la culturacome il variegato insiemedei costumi, delle credenze,degli atteggiamenti, deivalori, degliideali e dellea b i t u d i n idelle diversepopolazioni osocietà delm o n d o .Concerne sial ’ i n d i v i d u osia le colletti-vità di cui eglifa parte".

Secondo ilCodice deiBeni Cultu-rali e del Pae-saggio del2004, "BeneCulturale" è" q u a l s i a s itestimonian-za materialeavente valoredi civiltà",de f in i z i oneche derivadalla CommissioneFranceschini del 1964,"Commissione parlamenta-re d'indagine per la tutela ela valorizzazione del patri-monio storico, archeologico,artistico e del paesaggio".

Nella critica d'arte il con-cetto di cultura risponde adun duplice aspetto: quelloindividuale, di insieme diconoscenze formali, direpertorio mnemonico -visivo di immagini, da partedi un artista; quello, collet-tivo, di stile o linguaggioartistico - figurativo diun'epoca, di un ambiente,corrente o scuola. In questosecondo caso il concetto dicultura tende ad identificar-si con quello delle aspirazio-ni estetiche e con le tenden-ze del gusto.

Nel significato individualeci si riferisce alla formazio-ne di un artista, sia cheessa si svolga nella scuoladi un maestro, nelle accade-mie, o direttamente nel rap-porto con altri artisti; o stu-diando opere di artisti delpassato o del presente pres-so musei o gallerie pubbli-che e private, o attraversouno studio bibliografico el'osservazione di copie diopere d'arte.

Nel significato collettivo èinteressante la distinzionetra l'"arte"(stile individuale,apporto originale di un arti-sta) e la "cultura" (civiltà,ideologie, socialità, gusto diun'epoca che si riflette sul-l'artista. Tale distinzione èstata variamente considera-ta da storici dell'arte qualiJ. Schlosser (1935), C.Brandi (1951). Interessanteanche l'approccio antropo-

logico: l'antropologo EdwardT.Tylor alla fine del XIXsecolo definiva la culturacome "l'insieme complessoche include la conoscenza,le credenze, l'arte, la mora-le, il diritto e qualsiasi altracapacità e abitudine acqui-sita dall'uomo come mem-bro di una società".

A metà del XX secolo T.S.

Eliot, un americano cheosservava l'Inghilterra conocchio da antropologo,descrivendone la cultura, viincludeva tra l'altro "...lebarbabietole nell'aceto, lechiese gotiche dell'Otto-cento e la musica di Elgar".

Secondo l'antropologocontemporaneo Ugo Fabietti"l'estro artistico deriva i pro-pri input dalla creatività, laquale è da considerarsicome aspetto costitutivodella cultura, ed è stretta-mente legata ad una carat-teristica fondamentale dellinguaggio umano: la suaproduttività infinita. Lacreatività culturale consistenella possibilità che gliesseri umani hanno di pro-durre sempre nuovi signifi-cati a partire dai modelliculturali a loro disposizione.La creatività, intesa comecapacità di produrre novitàmediante la combinazione ela trasformazione delle pra-tiche culturali esistenti, ènon soltanto presente intutte le società, ma trovaanche riscontro in campimolto diversi da quelli in cuinoi d’abitudine tendiamo acollocarla: la tecnologia, lascienza e l’arte.

La cultura non esistenella mente o nel cuoredegli uomini ma bensì nellaloro capacità di comunica-re. La dimensione comuni-cativa è centrale a qualsiasiprocesso di tipo culturale. Ilfatto che i modelli culturalidebbano essere condivisiper poter essere compresinon significa che tutti deb-bano per forza aderire adessi nel senso di seguirli odi approvarli.

Che l’espressione esteticasia un dato universale èprovato dal fatto che se nontutte le società praticanoquelle che per noi sono learti, tutte producono unqualche oggetto o eseguonouna qualche “performance”capaci di generare nei desti-natari delle reazioni di tipoestetico.

La produzione estetica diuna data cultura è collegatain qualche modo ai valori,alla visione del mondo e almodo, o ai modi, di sentireche sono tipici di una certacomunità.

L’arte non è infatti un’at-tività disgiunta dal contestosociale, politico, culturaleed economico in cui vieneprodotta. L’arte può esserepiù o meno creativa ma inogni caso i suoi legami conle condizioni generali delgruppo entro il quale vieneprodotta hanno un’impor-tanza fondamentale.

L’atteggiamento versol’espressione estetica puòcambiare con le epoche econ la temperie politica delmomento.

Non tutte le culture svi-luppano allo stesso modoquelle che noi chiamiamoarti. La loro espressioneestetica infatti può concen-trarsi su una o alcune diesse e ignorare completa-mente, o quasi, tutte lealtre. Da tutte queste teoriene deriva che l'uomo ha lanecessità di esprimere lapropria creatività in arte,mutando i mezzi (pensiamoalla varietà materica e delletecniche dell'arte contempo-ranea che spazia dalla tela,alla video-installazione) lasostanza rimane invariata.

Qualsiasi manifestazioneartistica ha anche un conte-nuto culturale, perchéespressione di una società,di un dato contesto econo-mico - politico.

L'opera d'arte consideratanel suo contesto è testimo-nianza delle condizioni alcontorno, è espressione

assoluta di creatività equindi di cultura.

Certamente merita undiscorso a sé l'arte contem-poranea.

Gli investitori d'arte con-temporanea forse devonostare più attenti di altri aifalsari perché l'opera d'arteoriginale è "cultura" ma nonla sua fraudolenta riprodu-

zione.L ' o p e r a

d'arte, diceBenjamin in"L'opera d'ar-te nell'epocadella suariproducibili-tà tecnica",un testo mol-to interes-sante chemerita la let-tura - primadell'avventod e l l ' e p o c adella suariproducibili-tà tecnica(tra Ottocen-to e Novecen-to), godevadello statutodi autenticitàed unicità.Un'opera - ad

esempio un quadro - era unpezzo unico e originale (nonprodotto in serie) ed auten-tico, ossia irripetibile edestinato ad un godimentoestetico esclusivo nel luogoin cui si trovava. Questo"hic et nunc" dell'opera, que-sta sua originalità, unità,autenticità, irripetibilità,esclusività di godimentoestetico viene da Benjaminchiamata "aura" e da luidefinita "un singolare incro-cio di spazio e tempo".

Diversamente l'operad'arte nell'epoca della suariproducibilità tecnica è sot-toposta ad un processo di"decadenza dell'aura".

Tanto è unico un quadroquanto labile e ripetibile lafoto.

La riproducibilità tecnicadell'opera d'arte modifica ilrapporto delle masse conl'arte e questa è un'arma adoppio taglio perchè è comese l'arte da "aristocratica"fosse diventata "democrati-ca", ma essa ha comunquebisogno di strumenti adattiper essere capita e probabil-mente non è di tutti la com-prensione.

Asserisce Benjamin che "iquadri durano soltanto inquanto testimonianza del-l'arte di colui che li hadipinti. Nel caso della foto-grafia invece avviene qual-cosa di singolare: una tecni-ca esattissima riesce a con-ferire ai suoi prodotti unvalore magico che un dipin-to per noi non possiedepiù".

Tutte queste teorie vole-vano essere un tentativo,che non ha alcuna pretesadi essere esaustivo, di valu-

tar la problematica a 360°:a partire dalla definizionegenerica, attraverso l’inter-pretazione della critica d’ar-te e quella dell’antropologia.

Per essere protagonistidel mercato dell'arte ènecessario essere documen-tati, attenti. Qualsiasiespressione artistica è testi-monianza culturale, prodot-to dell'intelletto, testimo-nianza dello spirito deltempo, del gusto e dellemode di una società, degliaspetti economico - politici.

L'uomo ha bisogno di cul-tura, è una necessità fonda-mentale, perché essa èguida nel trovare principi diidentità. Nella molteplicitàdell'offerta è bene essereprudenti e aggiornarsi con-tinuamente.

Un'opera d'arte o d'anti-quariato deve essere acqui-stata considerando il puntodi vista dell'economista, chestudia le previsioni sullequotazioni di un determina-to artista nel breve - medioperiodo; d'altro canto, l'ac-quisto di un'opera d'artedeve anche, e soprattutto,coinvolgere la sfera emozio-nale, il collezionista deveprovare godimento nella for-tuna di poter fruire diun'opera, godimento che ècomunque soggettivo e chenon dipende, almeno nonesclusivamente, dalle gran-di firme.

Offrire cultura significapresentare l'artista, l'operaall'acquirente, farla cono-scere, guidare il collezioni-sta alla comprensione delcontesto socio - economicoche l'ha generata.

La comunicazione è fon-damentale e forse spessonon curatissima.

L'acquirente deve essereaccolto, informato, assistitoda persone preparate eappassionate.

Un'opera non può pre-scindere dal contesto dacui è scaturita e chi com-pra deve avere chiaro tuttoil meccanismo di produzio-ne e di generazione. “Farecultura” equivale a tra-smettere, comunicare cul-tura, in maniera chiara. Inmodo tale che l’arte nonrimanga sempre e comun-que un fenomeno elitario,ma possa divenire a porta-ta di qualsiasi intelletto,che, spinto da un interes-se, voglia addentrarsi nelmagico mondo dell’operad’arte e dell’artista che l’hagenerata.

Dalle conclusioni sopraenunciate è interessante lasintesi nel seguente sillogi-smo chiarificatore:

1. la creatività è un aspet-to costitutivo della cultura;

2. la cultura è comunica-zione;

3. fare cultura dunque èfare comunicazione, comu-nicando la creatività.

Monica, “regina” del culturismo anglosassone

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IIll ppaaeessee ddeeii rriissppaarrmmiiaattoorriiDI GIOVANNI TALLERI

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Così si dice dell’Italia. Infondo, a volgere un po’ lamente al passato ci si puòrendere conto che i suoiabitatori sono stati in pre-valenza coltivatori dellaterra, creatori d’opere d’ar-te, costruttori di imponentie bellissime opere architet-toniche, pastori, poeti... ebanchieri.

Siamo ai tempi delnascere della lingua italia-na tra la scuola di Sicilia equella di Toscana, delleSignorie, delle lotte fraGuelfi e Ghibellini, e fiori-sce il commercio interna-zionale e l’economia mone-taria. Le banche si svilup-pano con le prestigiosefamiglie liguri, toscane evenete che svolgono la loroazione creditizia in tuttaEuropa, conosciuti come iLombardi.

Essi, però, a parte il pre-star quattrini sul sicuro atutt’ Europa e a spenderliper costruirsi le dimore piùlussuose e le torri vanitosa-mente più alte, e per com-prar soldati stranieri per leloro battaglie, mancavanodel coraggio per gli investi-menti importanti, un po’fuori dagli orizzonti dei loropalazzi sfarzosamente arre-dati, dei loro splendidi giar-dini, e quindi un po’ arischio.

E gli anni passano, isecoli, con Dante, Petrarca,Cimabue, Giotto, Martini, iPisano, Brunelleschi,Donatello, della Quercia,tra i tantissimi; e si arriva aColombo, che, a confermadi certa mentalità, nontrovò nessuno in Italiadisposto a sovvenzionarequella che da noi, ancheper influenza della Chiesa,era ritenuta una assurdaavventura, da non mettercisoldo: “buscar el levantepor el poniente”.

E se poi, trascorso qual-che altro secolo con tantialtri nomi illustri in ognicampo dell’intelletto, ricor-diamo il canale di Suez,quando gli Egiziani, in diffi-coltà economica, dovetterocedere le loro azioni: chi fua comprarle? Gli Inglesi,che divennero i padronidello stretto. Gli Italiani,benché lo avessero proget-tato e avessero contribuitoalla sua creazione, benchési trattasse di una porta sul“Mare Nostrum”, non simossero, così come nonseppero in seguito ottenerebeneficio alcuno sia a Suez,sia nel Medio Oriente, puravendo contribuito alla vit-toria sull’Impero Ottomano.

Lo spirito della grandefamiglia, il senso della col-lettività che fa forte unpopolo e lo tiene unito,mancava davvero su questa

nostra terra, e pare manchiancora.

Infatti, se poi arriviamoai giorni nostri e con lanostra fama di risparmiato-ri riflettiamo sulla recentevendita, addirittura svendi-ta, di tutti i beni immobilidell’INPS, che costituivanoil nostro capitale, di noilavoratori, in quanto acqui-stati sin dal 1922 con inostri risparmi, cioè con inostri contributi assicura-tivi, che pensare? Che l’al-legra economia dei politici,ha provocato l’accumularsidi un debito pubblicoimmenso specie dal ’68 inpoi, a fini prioritariamentedemagogici, ponendo arischio la rendita stessa,cioè le pensioni di tutti ilavoratori, il frutto del lororisparmio.

Eppure, guardacaso, icosiddetti manager, iresponsabili delle direttivee dell’amministrazione del“bene pubblico” si sonoarricchiti e continuano adaccumulare ricchezza sem-pre di più, senza corrererischi, secondo la tradizio-ne. Novelli baroni, novellibanchieri, riservandosicompensi altissimi (500volte quello di un normalelavoratore) anche se il loroagire risulta generalmentefallimentare.

Bisogna proprio gridare

che i politici, per l’interesseal potere a qualsiasi condi-zione, e i sindacalisti per illoro agire spesso sconside-rato (nel senso che nonconsiderano che la mannadal cielo non esiste), dopoun periodo di vendemmiein campi non pagati e diubriacature con vino a cre-

dito, hanno lasciato allagente-popolo-plebe i contida saldare.

Sono sempre gli stessipersonaggi, superpagati elucidati, che, a dimostra-zione della loro magnanimi-tà, cioè, per essere più veri-

tieri, a garanzia della lorotranquillità e del lorobenessere, hanno portatol’Italia sull’orlo del fallimen-to; con i prepensionamen-ti per le motivazioni piùvarie; con la cassa integra-zione usata a fini politici enon economici e ad arric-chimento di certi “datori di

lavoro”; con l’integrazionedelle pensioni minime dichi non aveva potuto osemplicemente non avevavoluto risparmiare; con lasostituzione della lira conl’euro o, per essere esatti,con le modalità con le quali

hanno permesso si verifi-casse detta sostituzione, ilcui effetto è stato di rad-doppiare il costo della vita,e incanalare buona partedella folla verso la miseria.

E sono sempre là a con-sumare la lingua in chiac-chiere inconcludenti, e noncerto per informare, nelcaso specifico della “carto-larizzazione”, su quantoammonta il capitale realiz-zato con la “svendita deibeni di famiglia”, e sul suoutilizzo. Su ciò nessunresoconto, benché l’Infor-mazione si ritenga, inquanto tale, obbligata araccontarci dieci volte algiorno le storie più orribilidi delitti, di sangue, di rapi-ne, di stupri e infarcite dinon dovute e spesso incau-te supposizioni in merito; esi dilunghi a ripeterci che ilnostro debito complessivocontinua ad essere spaven-toso, continua ad aumenta-re; e che la futura pensioneper coloro che attualmentelavorano sarà insufficientea tenerli in vita durante lavecchiaia, anche perché,precisano ed è il colmo, iloro contributi servono apagare, oggi, le attuali pen-sioni, quelle dei padri e deinonni, secondo la nuova,assurda, improponibile teo-ria della ripartizione.

Probabilmente certa si-

tuazione economica e poli-tica duecentocinquant’annifa avrebbe provocato l’in-nalzamento di altre ghi-gliottine nelle piazze.

Ma rimaniamo tra di noi,uomini qualunque conqualche piccolo e sudatorisparmio, appunto, perrenderci conto che anchenel privato ci sono le delu-sioni. E, sperando non siavero quello che ha afferma-to uno studioso cinese, chela morale dell’umanità èdeterminata dalla ricchez-za, cerchiamo di capirealmeno approssimativa-mente come sia possibileche una grossa azienda,che riempie ogni giorno eogni notte la tv, coprendo lametà del tempo con glispot pubblicitari ossessiva-mente ripetuti a interruzio-ne dell’altra metà del tempodedicata alla trasmissionedi film o documentari onotizie, a spregio sia deglispettatori sia degli autori;come sia possibile, dicevo,che valga sempre di meno,che il suo valore in pochianni si sia ridotto a menodi un terzo. E ciò benchédichiari guadagni sempremaggiori e il suo principaleazionista continui ad arric-chirsi, ad espandersi, evi-dentemente infischiandosidei suoi tanti piccoli contri-buenti, appunto perchépiccoli, perché deboli.

E così pure per una certabanca, sempre del medesi-mo azionista principale, lecui azioni nel giro di pochianni sono scese a un terzodel loro valore.

Mistero.Una banca fallisce,

un’azienda fallisce per inve-stimenti sbagliati, indiffe-rente il motivo; e i piccolirisparmiatori, i piccoli azio-nisti si prendono la fregatu-ra. In tale caso, però,pazienza, anche loro hannoarrischiato, ed hanno per-duto. Ma quando non sitratta di fallimento o di sem-plice perdita di guadagno daparte dell’azienda finanziatada tanti piccoli risparmiato-ri, dov’è che vanno a finire isoldi? come scompaiono?dove spariscono i due terzi,in questo caso, dei quattriniinvestiti? Si tratta allora, ditruffe, di falsi in bilancio, dipirateria?

Penso non mi rimangaaltro che chiedere a un mionipote fisico teorico, PieroNicolini, invitato nelle uni-versità degli USA e di alcu-ne città europee ad illustra-re la sua nuova teoria suibuchi neri, se possa trat-tarsi di qualcosa di simile.Chissà che non scopriamoun nuovo tipo di buco neroin circolazione su duegambe qui in Italia, circon-dato da una schiera diguardaspalle, sicuro di sé,sorridente ed elegante.

IL MASSIMILIANOAPRILE • GIUGNO 2008 7

Un buco nero nella Via Lattea

DI GIANNI [email protected]

Scritta in caratteri arabisu cinque righe: Allah /Sultan Said / binBarghash bin Sultan /hafidahu / (Burghash Binsaid, figlio di un sultano,possa Dio proteggerlo).All’altezza della prima etra la quarta e quinta rigaquattro chiodi di garo-fano.Scritta in caratteri arabisu tre righe: 1 / rial /sikkat Sa’idiat / aam1299 / (un ryal / monetadi Said / anno 1299).All’altezza della prima rigae all’esergo tre chiodi digarofano. Bordo zigrinato.L’Eugenia Cariophillata,pianta da cui si estrag-gono i chiodi di garofano,

fu importata nei primianni del XIX secolo dal-l’isola della Riunione ed ètuttora una delle culturepiù diffuse dell’arcipelago

le cui isole principali sonoZanzibar, Pemba e Mafia.Il sultano Burghash Bibsaid succedette al fratelloMagid (1856-1870) sul

trono “dell’Impero degliZang”, nome dato daglistorici mussulmani all’e-lemento negro indigenodell’Africa Orientale. Nel1890 il sultanato passòsotto al protettoratoinglese del Kenia. Di questo rial, pari a136pysa, sono stati coniaticirca 60.000 esemplari.Molto rari sono i pezzi da2,5 e 5 rails coniati in orosecondo la stessa tipolo-gia e con lo stesso milles-imo.

Bibliografia

John S. DavenportThe Dollars of Africa, Asia& Oceania, pagine 208,tutte le monete illustrate,Galesburg, Ill. Usa, 1969.

Schede Numismatiche

1 Rial 1299 Anno dell’Egira(23.11.1881 – 11.11.1882 A.D.)

Argento g. 27.17 – mm. 38

SSuullttaannaattoo ddii ZZaannzziibbaarrBurghash Bin Said (1870-1888)

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TTuulllliioo TTaammaarrooUno scultore in attesa di giustizia

DI WALTER [email protected]

Ogniqualvolta ho l’occa-sione di frequentare gliaffollati laboratori dell’Isti-tuto Statale d’Arte Enricoed Umberto Nordio diTrieste trovo un collega conil quale discutere di qual-che nostro illustre prede-cessore o di un allievo oallieva particolarmentebravi che sono le promessefuture. Nel recente mese difebbraio, nel laboratorio diplastica ho incontratol’amico Antonio Volpicelli,docente di questa materia(da lunghi anni ormai!),nell’ importante struttura.Mi ha fatto vedere un belbassorilievo che gli è statocommissionato e da lui ese-guito e che rappresenta ilvolto di una donna. Trasgabelli di legno, banconi,calchi di gesso di variedimensioni, secchi e conte-nitori vari abbiamo discus-so delle difficoltà tecnicheda lui coraggiosamenteaffrontate per concluderenel miglior modo possibilel’elegante e pregevole ritrat-to femminile.

Mentre guardavamo as-sieme le immagini fotografi-che digitali che ripercorre-vano passo dopo passo larealizzazione dell’operaqualche similitudine esecu-tiva, mi ha fatto ricordareTullio Tamaro, scultore trie-stino, classe 1909, presso-ché dimenticato che pureinsegnò al Nordio.

Nemmeno il recente cata-logo L’Istituto d’Arte diTrieste 1955-2005. Lamano, l’occhio, il proget-to gli ha reso giustizia dedi-candogli una briciola dispazio meritato. Ma si sa:l’Arte non è democratica, èsemmai elitaria e anche lacritica lo è diventata nellescelte.

Nel 1953 gli architettiAldo Cervi, Vittorio Fran-doli, Umberto Nordio, Ro-mano Boico, gli artistiMarcello Mascherini, Au-gusto Cernigoj, Carlo Sbi-sà, assieme a Piero Florit(che fu amico d’accademiadi Ottone Rosai) e GiulioSbochelli presero i primicontatti con il Governo Al-leato per far nascere l’Is-tituto d’Arte.

La richiesta era mirata estrettamente legata allanecessità di formare unanuova generazione di artefi-ci, di artisti in grado di pro-gettare soprattutto per lenavi e per la città. Tra itanti che operarono in talsenso vi fu pure Tamaroche oltre ad essere un vali-do docente, ebbe pureinnato uno spiccato sensomonumentale. Egli studiò aNapoli con Francesco Je-race e portò personali espe-rienze nella città giulianadominata da MarcelloMascherini. Tamaro fu pre-sente ad importanti mostrenazionali come varie Qua-driennali Roma-ne, Trive-nete, interprovinciali e sin-dacali. Alcune sue opere sitrovano nella Chiesa diSanta Rita (statua bronzea)e nella Chiesa della Ma-donna della Salute (statuamarmorea) entrambe aTrieste, a Cima Sappada(Madre e Cristo lavoratorerealizzata in pietra carsica)in Croazia (Monumento alpartigiano a Zara), neipalazzi delle AssicurazioniGenerali di Roma, Livorno e

Potenza e in diverse colle-zioni private. Tamaro fuscultore essenzialmentenaturalista e oltre alle nu-merose figure femminili ciha lasciato molte scultureche rappresentano animalisoprattutto gli amati gatti ecavalli. Chi lo ricorda rac-conta che egli aveva unaparticolare ammirazioneper lo scultore franceseAuguste Rodin (1840-1917)del quale conosceva tutte leopere e alcuni aneddotidella sua vita. Tamaro liraccontava agli allievi du-rante le ore di laboratorio esi soffermava spesso sulseguente: “ Rodin avevaterminato una serie di scul-ture: nove donne in posediverse (come le mie, dicevamodestamente Tamaro),appena abbozzate.

– Come le chiamerai? Glidomandò un critico.

– Non ci ho ancora pen-sato!

Te lo do io il titolo: LeNove Muse.

Poco dopo un facoltosocliente americano acquistòdue delle figure: il titolonon poteva più servire perle altre statue.

Rodin domandò un con-siglio al critico.

Ma è semplicissimo! –rispose questi. Chiamale: Isette peccati capitali.

Passò un po’ di tempo:un altro collezionista gliacquistò altre due figure.

Sempre su suggerimentodel critico, il gruppo cherimase fu battezzato: I cin-que sensi.

Un altro ammiratoreentrò nel suo studio e ven-dette un’altra figura.

Rimasero allora Le quat-tro stagioni.

La quarta figura scom-parve e il critico inesauri-bile battezzò Le tre grazie.

Infine Rodin rimase conun’unica scultura.

Senza chiedere consiglio

la battezzò Solitudine.Commentando la storiel-

la Tamaro si compiacevacon gli studenti e aggiunge-va sarcasticamente: donnene ho abbozzate tante pureio, qualche peccato capitalese non commesso l’ho purconsiderato, i sensi (rivoltoagli studenti) dovete usarlisempre anche voi!

Concludeva: “Le stagionidella mia vita sono semprestate dedicate all’Arte epochi scultori hanno avutoil coraggio di raggirare Letre Grazie: io non ho potutofarne a meno.

La Solitudine, infine,appartiene ad ogni veroartista e lo accompagna alungo nella sua vita”.

Ma – aggiungiamo noi -nella solitudine di Tamaro,come in quella di molti altriartisti c’è sempre una don-na ideale, una musa ispira-trice, una modella paziente,una creatura meravigliosao semplicemente un’ammi-ratrice disposta a donareall’artefice un po’ del suotempo per la comune com-plicità verso la conquistadel Bello.

E per Tamaro tutto que-sto fu Olga la modella pre-diletta di una vita.

Osservando questa don-na lo scultore effettuò moltidisegni e un discreto nu-mero di sculture che leigelosamente conserva.

Probabilmente, quando ilgran pubblico potrà ammi-rarle, si riparlerà di Tamaroe sarà fatta giustizia.

IL MASSIMILIANOAPRILE • GIUGNO 2008 9

34170 Gorizia Via Mameli, 12 tel. 0481580211 fax 0481580260È aperta al pubblico nei giorni feriali dalle 8 alle 19 sabato fino alle 13.30

www.isontina.librari.beniculturali.it e-mail: [email protected] info 048181215

Biblioteca Statale Isontina di Gorizia

Ingresso libero. Orari: lunedì-venerdì 8.30-18.30; sabato 8.30-13.30; festivi chiusoBiblioteca Statale - Trieste Largo papa Giovanni XXIII, 6 34123 Trieste

tel. 040307463, fax 040301053 - [email protected] - www.bsts.librari.beniculturali.it

Biblioteca Statale di TriesteNEL MESE DI APRILE SARANNO ESPOSTE LE OPERE FINALISTE DEL CONCORSO PITTORICO NAZIONALE

“LUCI ED OMBRE DELLA REALTÀ” ORGANIZZATO DAL M.A.I. MOVIMENTO D'ARTE INTUITIVA. LA PREMIAZIONE VERRÀ TENUTA IL 24 APRILE, ALLE 18

DAL 5 AL 30 MAGGIO

"PUZZLE"TRENT'ANNI DEL "GRUPPO&"

OPERE DI MARIO BESSARIONE, ENZO E. MARI, ADRIANO STOCK,VILLI BOSSI.

A CURA DI SERGIO MOLESI

DAL 5 AL 30 GIUGNO"COLLETTIVA 6"

OPERE DI IGNAZIO DOLIACH, GIANCARLO DOLIACH, MARIO DI IORIO,LUCIANO DE GIRONCOLI, ROBERTO CANTARUTTI, ENZO VALENTINUZ.

A CURA DI ELIANA MOGOROVICH.

SALA MOSTRE DEL SECONDO PIANO. ORARI: LUN. - VEN. 8.30-18.30, SAB. 8.30-13.30, FESTIVI CHIUSO

Dal 5 al 30 Aprile 2008PAOLO DEL GIUDICE

Mostra personale di pittura

Dal 5 al 31 maggio 2008Mostra dedicata al pittore

ARTURO NATHANIn collaborazione con la Galleria d’arte Torbandena e

l’Associazione Culturale Acquamarina di Trieste

Dal 6 al 28 giugno 2008SERGIO ZAGALLO

Mostra personale di pittura

Tullio Tamaro, nel suo laboratorio negli anni ‘60

Deposizione, marmo, Museo Revoltella, Trieste Dopo il bagno, maiolica, collezione privata, Trieste

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EEuuggeenniioo SSccoommppaarriinnii::Continua la lodevole ini-

ziativa editoriale, da partedella Fondazione CRTrie-ste e Iniziative Culturali,finalizzata a dare unostrumento valido, sia adappassionati che studiosi,su artisti giuliani chehanno vissuto la fervidastagione tra Otto eNovecento e a cui mancauno studio specifico recen-te. Quest’anno è toccatoa Eugenio Scomparini,celebre protagonista dellacultura pittorica triestinadi quella temperie e alquale Massimo De Grassi,autore del volume, ne haripercorso l’iter pittoricotenendo presente il climanel quale l’artista andavaad inserirsi e suddividen-do, come era accaduto nelprecedente lavoro suBarison, l’opera in diversesezioni dando un’ideacomplessiva, in similitudi-ne, alla nota collanaRizzoli de “I Classicidell’Arte”.

La Nuova Collana d’Arterivolgerà la sua attenzionesul pittore Arturo Rietti,(Trieste, 1863 - Milano,1943). Autore ne saràMaurizio Lorber. Si conti-nua, quindi, con questeiniziative dovute alla sen-sibilità della FondazioneCRTrieste e alla competen-za del professore Giu-seppe Pavanello, a scopri-re o riscoprire artisti chehanno lasciato un segnoindelebile nella città diTrieste o per la città diTrieste; non solo monogra-fie ma anche mostre (amaggio è prevista quellasu Giuseppe Barison) edaltre iniziative che vedonopartecipare attivamente econ entusiasmo le istitu-zioni e la popolazionedella città di San Giusto.Ricordiamo ai collezionistio detentori di opere o noti-zie sul pittore Arturo Riettiche possono contattare lo040 633709 o via mail:[email protected]

Eugenio Scomparini:“un’illustrazione patria”

DI MASSIMO DE [email protected]

Carlo Wostry descrivevacosì, a oltre vent'annidalla morte, la figura del-l'amico e sodale EugenioScomparini: “era un bel-l'uomo, alto, forte e slan-ciato. Si compiaceva diessere il beniamino vizia-to da tutti […] Era di buo-nissimo carattere e genia-lissimo. Aveva avuto otti-ma scuola e disegnavabene”.

Il pittore era nato aTrieste il primo settembredel 1845, ultimo di quat-tro fratelli. A propositodella sua giovinezza edella sua primissima for-mazione le scarne biogra-fie parlano di una fre-quentazione della ScuolaTriestina di disegno, dicui era direttore l'intaglia-tore Giovanni Moscotto.In seguito, a partire dal-l'anno accademico 1863-64, Scomparini frequen-terà i corsi dell'Accademiadi Belle Arti di Venezia,dove dal 1868 potrà usu-fruire anche di una borsadi studio del Comune diTrieste. Il suo percorsoall'interno della prestigio-sa istituzione venezianasarà brillantissimo, co-stellato dalla conquista dipremi e riconoscimentitalvolta sottolineati anchedalla stampa triestina. AVenezia avviene anchel'esordio espositivo, conLa confidenza presentataall'annuale mostra alle-stita nell'agosto del 1869nelle sale dell'Accademia.

Nell'estate del 1870 lestesse sale dell'Acca-demia vedranno la pre-senza de Una lettura noio-sa, alla quale farà seguitoL'attesa, entrambe leopere andranno vendutee non sono state ancorarintracciate.

Nel frattempo il venti-treenne Scomparini avevaottenuto la sua primacommissione pubblica,certo non particolarmenteprestigiosa dato che sitrattava di una pala d'al-tare, oggi perduta, per lapiccola chiesa di Con-tovello; ma tanto erabastato per entusiasmareil cronista de “L'Osser-vatore Triestino”. Pocopiù di un mese prima,con evidente intento di

autopromozione, Scom-parini aveva donato allachiesa dei Santi Quirico eGiulitta in località SantaCroce uno stendardo perle processioni.

Dopo l'interlocutorioesordio triestino alla se-conda mostra della So-cietà di Belle Arti tenuta-si nell'aprile 1871, Scom-parini scatena entusiasmicon il grande e pretenzio-so Amleto presentato allaEsposizione Agricola-In-dustriale e di Belle Artiallestita a Trieste tra set-tembre e ottobre del1871: un'opera che Ca-prin fa riprodurre litogra-ficamente sulle pagine delsuo “Libertà e Lavoro”.

Effetto immediato ditanta attenzione sarà lacommissione per il Ri-tratto di Giovanni Gu-glielmo Sartorio, ultimatonel marzo del 1872 edestinato al palazzo dellaborsa. I mesi successivivedono Scomparini anco-ra impegnato nella pittu-ra di soggetto storico-let-terario, e la sua Ofelia,acquistata da un riccoegiziano insieme all'Am-leto, segue quest'ultimonell'impostazione ancoratutta molmentiana. Nontroppo dissimile dovevaessere anche l'Otello, pre-sentato all'EsposizioneUniversale di Vienna del1873, che completavaidealmente la trilogia sha-kespeariana.

Dopo questi successiserviva al giovane pittoreuna nuova esperienza e lascelta di Roma era in que-sto senso inevitabile.Grazie a un nuovo sussi-dio comunale ottenuto il21 gennaio 1874, Scom-parini vi si trasferisceproprio quando scompareprematuramente unadelle figure dominanti del

momento, Mariano For-tuny y Madrazo, la pittu-ra del quale diventaimmediatamente punto diriferimento imprescindi-bile per il triestino e perl'amico Antonio Lonza chelo aveva seguito nell'av-ventura romana. L'infa-tuazione per il pittorespagnolo si tradurrà inuna serie di opere espostecon grande successo allemostre triestine dellaSocietà di Belle Arti, checonsolideranno progressi-vamente la fama cittadinadel pittore.

Il sussidio della munici-palità triestina, inizial-mente biennale, verrà poirinnovato anche per il1877, e non è un caso cheproprio nell'ottobre diquell'anno Scomparinipresenterà ben setteopere all'esposizione dellaSocietà di Belle Arti. ARoma era probabilmentegermogliata anche l'ideaper il sipario del nuovoPoliteama Rossetti, suaprima grande affermazio-ne pubblica, inaugurato il27 aprile 1878 tra il plau-so dei presenti.

Quel tanto di fortuni-smo che Scompariniaveva assimilato a Romanon poteva non piacere aiborghesi triestini, e i suoidipinti da cavalletto, spe-cie se un po' scollacciati,avevano profondamenteattecchito nel tessuto cit-tadino. Basti in questosenso pensare alla descri-zione di un'Odaliscaapparsa sulle vetrine diSchollian a Ponterosso:“oggi, il nostro Scom-parini, espone anch'essoun'odalisca, tipo puro didonna, involto nella poe-sia sfarzosa di un harem[…] Il tocco del suo pen-nello aristocratico, lamaniera che accenna ad

una facilità non comunenel finire, provano i pro-gressi dell'artista nelcampo delle moderne esi-genze, create da queicolossi che empiono oggiil mondo colla loro fama”

Artista ormai aggiorna-to, Scomparini conquistaanche una medaglia d'ar-

gento all'esposizione in-ternazionale di Teplitznell'ottobre del 1879, conun'altra Odalisca, chedoveva essere certamenteun prodotto allineato allenovità offerte dalla pittu-ra internazionale. In que-sti anni la sua pitturavive infatti un profondorinnovamento. Sul pianodella tecnica la robustaformazione realista matu-rata a Venezia si innestasui soggetti fortunianialla moda recepiti duran-te il prolungato soggiornoromano. Nei decenni suc-cessivi il risultato, sulpiano della prassi artisti-ca, sarà un sostanziale econsapevole eclettismo incui può essere rintraccia-ta una coerenza internasoltanto scorporando laproduzione nei vari gene-ri. In questo senso bastaguardare alle opere licen-ziate in una data chiavecome il 1890, che acco-muna la MargheritaGauthier del MuseoRevoltella, la decorazionedi palazzo Scuglievich equella del piccolo teatrodella Società Filarmonico-Drammatica di Fiume. La

prima opera è sostanzial-mente realista, pur conconcessioni fortuniane, laseconda paga ampi tribu-ti al gusto viennese, men-tre la terza è neosettecen-tesca per mimesi con ilcontesto architettonico.Se poi si pensa alle deco-razioni teatrali degli anni

immediatamente prece-denti il discorso della coe-renza stilistica diventaancora più intricato: difatto si trattava di affron-tare nel modo miglioresituazioni ambientalimolto diverse, e la forma-zione ricca e articolatadell'artista consentivaquesto approccio neces-sariamente eclettico. “Eranato per la grande com-posizione”, recitava infattiGiuseppe Garzolini nel-l'orazione funebre, unavocazione che evidente-mente doveva aver limita-to la produzione da caval-letto, indirizzata su pochidipinti di genere e sullaritrattistica: si spieghe-rebbe così anche la scar-sa partecipazione, daglianni Ottanta in poi, alleoccasioni espositive chela sua città offriva, unacircostanza notata anchedai cronisti dell'epoca,che testimoniano di comeegli “non fosse l'uomodelle esposizioni”. Delresto anche negli anniSettanta le presenze diScomparini alle mostretriestine non furono par-ticolarmente numerose,

IL MASSIMILIANO APRILE • GIUGNO 200810

Eugenio Scomparini, Amleto, 1871, olio su tela. Ubicazione ignota

Eugenio Scomparini, Ritratto della famiglia Fabricci, 1880 circa, olio su tela. Trieste, Civici Musei di Storia ed Arte

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““uunn''iilllluussttrraazziioonnee ppaattrriiaa””ma nei decenni successivisi può parlare di una verae propria repulsione, e lesue partecipazioni sonoveramente esigue, senzacontare che in uno diquesti casi, la primaesposizione del CircoloArtistico di Trieste allesti-ta tra l'ottobre e il novem-

bre del 1890, la propostadella Margherita Gauthierera stata dettata soltantodal ventilato acquisto daparte del Curatorio delCivico Museo Revoltella.

Al di là della partecipa-zione alle rassegne citta-dine, gli anni Ottantasegnano anche il definiti-vo inserimento diScomparini nel tessutoculturale di Trieste: nel1884 diventa presidentedel neonato CircoloArtistico Triestino, caricache manterrà fino al giu-gno del 1895, mentre nel1887 assumerà l'incaricodi docente di disegnofigurale e pittura decora-tiva alla KaiserlichKönigliche Staatgewer-beschule di Trieste, inse-gnamento che lo impe-gnerà fino al 1911.“Quale insegnante fu unarivelazione: la sua pazien-za, il suo amore per i gio-vani, la larghezza d'aiutoche egli dava a ciascunodei suoi discepoli, inmodo da potersi dire cheveramente lo formavaall'arte con cura paterna,fecero prevedere fino daiprimi anni i risultati

eccellenti della sua scuo-la, della quale andò difat-ti giustamente orgogliosol'istituto cittadino”. Aquesta scuola si forme-ranno molti artisti triesti-ni, quali Bruno Croatto,Ugo Flumiani, PietroLucano, Ruggero Rovan,Marcello Dudovich, Piero

Marussig, Argio Orell,Vito Timmel e VittorioBergagna. Lezioni privateaveva ricevuto inveceGino Parin, che ricorderàa lungo il magistero diScomparini.

Sono due incarichi chedi fatto lo ponevano inprima fila nel panoramaartistico cittadino: con lasua affabilità e la suadisponibilità diventeràpoi un protagonista as-soluto della scena triesti-na, una sorta di bonariopater familias, semprepronto ad assecondare leburle che nascevanoall'interno del Circolo,ma anche ad assumersioneri e responsabilità.

Il 27 agosto 1890 sposaCaterina Teresa Schielin,maggiore di lui di treanni, che non gli daràfigli, e continua ad abi-tare nella casa di viaLazzareto Vecchio, diven-tata quasi una sorta dimuseo. Il Circolo Ar-tistico era di fatto unaseconda casa perScomparini: qui trascor-reva le serate in intermi-nabili partite a carte conGiuseppe Caprin, e qui

aveva anche modo diaggiornarsi sulle molteriviste illustrate italianeed europee che arrivava-no in abbonamento.Durante la sua lungapresidenza avranno luogodue trasferimenti di sede,che in entrambi i casi lovedranno impegnato nel-l'allestimento delle sale;sarà poi il principaleartefice della Strennauscita nel 1888, oltre chedelegato del circolo indiverse commissioni diconcorso, da quelle perconferire le borse di stu-dio Rittmayer, a quelleper i monumenti aDomenico Rossetti, nel1895, e per quello a Verdinel 1901.

Cessato il mandato pre-sidenziale, i soci gli offri-ranno come ricordo unapreziosa coppa d'argento,oggi conservata ai CiviciMusei di Storia ed Arte.Dopo il giugno 1895,quando l'amico di sempreAntonio Lonza gli suben-trerà alla presidenza, iverbali del consiglio diret-tivo non lo vedranno piùtra i presenti, ma non perquesto cesserà il suoapporto, anche in occa-sione della celebre “beffadei musei” del carnevale1907.

L'attività per l'istituzio-ne triestina non esaurivaperò i suoi impegni citta-dini: dal 1873 era mem-bro della Consulta artisti-ca del Curatorio delmuseo Revoltella, e il 21dicembre del 1906 verrànominato membro delCuratorio dal Consigliocomunale, una carica chemanterrà fino alla morte.

Prima di questo prestigio-so riconoscimento, checoronava una vita spesaper lo sviluppo dell'attivi-tà artistica a Trieste,Scomparini era statoanche membro della com-missione edilizia, nomi-nato dal Con-siglio comu-nale nel 1905 insiemeall'architetto Zammattio ea Giovanni Mayer.

Nomine e riconosci-menti che certificavanoanche una posizione rile-vante nella gerarchiasociale cittadina, cuiforse non faceva riscontrouna situazione economicaaltrettanto florida: manelle immagini dell'eclet-tico arredamento dellacasa di via LazzaretoVecchio, esemplato suquello della celebre dimo-ra viennese di HansMakart, resta comunquela volontà di palesare lapropria condizione diartista affermato. A giudi-care dall'enfasi dei lunghiarticoli che ne avevanosegnalato la scomparsasui quotidiani locali,Scomparini era stato unartista amato soprattuttoper la sua indubbia capa-cità di rappresentare almeglio le ambizioni diuna società come quellatriestina legata alle pro-prie fortune commerciali,che però in quello scorciodel secolo andavano pro-gressivamente declinan-do. Le complesse allegoriedi Scomparini, che attin-gono al mondo tiepolescoattraverso la cultura figu-rativa della Vienna delRing, sembrano quindicondensare in una sortadi artefatta (e anacroni-

stica) mitologia le imma-gini di un progresso chealtrove prendeva altre eben più caratterizzateforme. Come Tiepoloaveva rappresentato l'ul-tima gloria di Venezia,Scomparini pare, in sedi-cesimo, il cantore del pro-gressivo declinare diTrieste.

Durante l'orazionefunebre Garzolini avevaaffermato che “se fossevissuto a Parigi, oggisplenderebbe fra gli astrimaggiori dell'arte decora-tiva, di quell'arte che egliintese veramente con piùintimo e acceso traspor-to”. In realtà, al di là del-l'inevitabile retorica del-l'occasione, gli unici con-fronti che Scompariniaveva avuto con il pano-rama artistico internazio-nale, Teplitz a parte, nonerano stati precisamentedei successi. Più che unascelta, quella di restare aTrieste doveva esserestata una necessità, alpiù mitigata dalle puntatefatte altrove per la deco-razione di teatri e sipari,che lo vedranno impegna-to a Gorizia, Treviso eFiume. Nel campo delladecorazione d'interni aTrieste le imprese piùnote sono senz'altro i sof-fitti dei palazziScuglievich e Artelli e letele per il Caffè allaStazione a Trieste, dovetorna ciclicamente il temadel lavoro, rappresentatoper lo più nella suadimensione allegorica,dove l'impronta del socia-lismo umanitario diCaprin appare decisiva.L'aspirazione alla giusti-

zia sociale e i programmidi acculturazione delleclassi inferiori espressinei documenti program-matici dei giornali direttidallo scrittore costitui-scono infatti un punto diriferimento im-prescindi-bile per le letture icono-grafiche di Scom-parini.Quello che gli manca èl'aggiornamento puntualesullo spettro di soluzioniche anche il panoramaitaliano offriva, prime tratutte quella divisionista -anche nella dimensione'eroica' di Pelizza daVolpedo – e quella verista,che, se anche poteva averconosciuto almeno dallepagine de “L'IllustrazioneItaliana” o di “Empo-rium”, culturalmente nonera in grado di recepire.Tutto ciò non aveva inalcun modo attenuato lagrande fama di cui gode-va a Trieste, e il cordogliodell'intera cittadinanzaper la sua morte, il 17marzo del 1913, è testi-moniato anche dal fattoche il Museo Revoltella gliabbia per lungo temporiservato un'intera salacon i materiali rimastinell'atelier, venduti dallavedova all'indomani dellamorte. Il legato coronavauna serie di iniziativeseguite alla morte del pit-tore e portate avantisoprattutto dal CircoloArtistico Triestino, cheaveva deliberato anche diorganizzare una mostraretrospettiva delle sueopere: lo scopo dichiaratoera quello di ricordarecon affetto uno dei prota-gonisti della vita artisticacittadina e di custodire “alungo la fama di EugenioScomparini dopo la suamorte”. Un intento cheper molti versi ricordava,fatte le debite proporzio-ni, il commosso tributo diVenezia alla prematurascomparsa di GiacomoFavretto. Il cordoglio dimolti protagonisti dellavita artistica veneziana,quello 'ufficiale' ma tut-t'altro che scontato diPompeo Molmenti edell'Accademia venezia-na, l'interessamento del“Corriere della Sera”,principale quotidiano ita-liano, daranno eco a unascomparsa molto sentitaanche al di fuori dellacittà. Rimaneva negliocchi di chi l'aveva cono-sciuto l'immagine affabiledi “gigante buono”, chetraspare anche nel ritrat-to fattogli da Veruda negliultimi anni dell'Ot-tocen-to: “simpatico, prestantenella persona, pareva unodi quegli uomini destinatia rimanere eternamentevegeti”, una vera e pro-pria “illustrazione patria”.

IL MASSIMILIANOAPRILE • GIUGNO 2008 11

Eugenio Scomparini, Il carnaio del circo, 1912 circa, olio su tela. Trieste, Civico Museo Revoltella

Eugenio Scomparini, Ritratto femminile, 1876, olio su tela. Collezione privata

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IL MASSIMILIANO APRILE • GIUGNO 200812

IInn VVeenneettoo uunnaa mmaarrcciiaa iinn ppiiùùCostituita l’Associazione Mercanti d’Arte della Pianura Veneta

DI GIORGIO RUGGIERI

VERONA Abbiamo in-contrato Costantino TurriniPresidente della nuovaAssociazione antiquaria.

Turrini non le sembraun’idea fin troppo datata?

L’Associazione è natadall’idea di un gruppo diantiquari della Pianuraveronese, in particolarmodo tra l’asse Bovolone /Cerea zona storicamenteimportante per il settore delmobile che si è evoluta suc-cessivamente nel settoredell’arte e dell’antiquariatogiungendo ad essere negliultimi anni ad un punto diriferimento per gli antiqua-ri italiani e non solo.

Sì, è vero che le Asso-ciazioni di categoria finorasi sono distinte, a parte rarie fortunati casi, per la loroimmobilità, ed è per questoche fin da subito abbiamovoluto caratterizzarci come“gruppo operativo”, ancheattraverso l’adozione discopi a breve e lungo termi-ne molto precisi.

Quali sono gli obiettividella A.M.A. PianuraVeneta?

Gli obiettivi sono molte-plici: promuovere, organiz-zare, patrocinare esposizio-ni mostre e fiere di antichi-tà e arte a livello nazionalee internazionale attraversola formazione di un gruppodi antiquari selezionati edinamici, che hanno lavolontà di collaborare traloro e stimolare il mercatodell’arte e dell’antiquariatotramite molteplici iniziati-ve. Oltre a questo in futurodare agli associati supportoa livello di consulenzafiscale, peritale e commer-ciale per esempio anchenei temi di esportazioni,importazioni, rapporti conle Sovrintendenze delMinistero beni culturali…

Come dicevo prima cisiamo voluti dare subitodegli scopi operativi; uno diquesti è l’organizzazione diun evento periodico all’in-terno dell’arte Fiera diCerea: “Arte & Antiqua-riato Alla Fabbrica”, cosìè denominato l’evento,vuole essere la proposta diun modo completamentenuovo di intendere lemostre mercato del settore.Il primo esperimento è deigiorni scorsi e ha visto lapartecipazione di una tren-tina di operatori, non solodella zona, che hanno rac-colto il nostro invito, macontiamo di arrivare versol’autunno a completare ilprimo dei padiglioni conalmeno 60-70 espositori.

Si parla di tanto di codice

deontologico come si com-porta l’Associazione in talsenso?

L’Associazione è moltosensibile a questo tema,anzi è uno dei nostri primiobiettivi. infatti negli annipassati qualcuno ha appro-fittato della buona fede delcliente finale per commer-ciare prodotti non propria-mente originali. In partico-lar modo nella nostra zona,famosa anche per gli ottimiartigiani restauratori delmobile, che è stata “usata”da alcuni commercianti delsettore provenienti da altrezone d’Italia come serbatoiodi antiquariato “riprodotto”per arricchimento persona-le, scaricando poi laresponsabilità di un even-tuale perizia negativa sul-l’acquisto del nostro territo-rio. Ecco quindi la necessi-tà di sensibilizzare ancheattraverso delle conferenzesia gli interessati del settoreche l’appassionato d’arte.

L’Associazione è nata pertutelare gli antiquari e i mer-canti d’arte, in che manie-ra?

L’antiquario è stato perparecchi anni il “limonespremuto”; in particolarmodo per gli enti privatiorganizzatori di fiere edeventi, usando strutturepubbliche per propri inte-ressi, imponendo agli espo-sitori costi che col tempo sisono rivelati insostenibili efuori mercato.

Quindi tutelare l’antiqua-rio vuol dire dare la possi-bilità agli addetti del setto-re di mettere in mostra lapropria professionalità eserietà ad un costo final-mente sostenibile, cosa chepoi si ripercuote positiva-mente sul prezzo finale;questo sarà reso possibileda un nuovo concetto diorganizzazione degli eventi,che in una parola si puòdefinire “autogestione”.Non è nient’altro che ilmetodo organizzativo pre-sente nelle mostre “stori-che” di 30 anni fa, e cioèquando tali eventi partiva-no da esigenze reali deglioperatori e venivano gestiti

dagli operatori stessi senzafinalità di lucro, ma perpromuovere il proprio lavo-ro creando mercato e oppor-tunità. Ovviamente noi nonvogliamo propugnare unsemplice “ritorno al passa-to”, ma reinterpretaremodernamente proprioquel modo di operare che

ha portato i nostri “anziani”a creare, attraverso l’amoreper arte, un modo di inten-dere la vita, il mercato, l’ar-redamento che poi è diven-tato una vera e propriamoda, ma che sta vivendola fine della sua paraboladiscendente: da qui si puòsolo ripartire, insomma.

Cosa intende concreta-mente per “reinterpretaremodernamente” un’istanzadel passato?

Intendiamo cioè ripartiredall’autogestione, riprende-re a parlarci, frequentarci,a vivere il nostro lavoro inmodo collaborativo, noncome semplici “bottegaiinvidiosi” ognuno attento alsuo orticello. Qui si trattadi riprendere in mano le

sorti del nostro mestiere.Allo stesso tempo però sap-piamo che non sempre l’an-tiquario può occuparsi ditutti gli aspetti organizzati-vi, dato che oggigiorno pos-sono essere anche moltocomplicati, pertanto è fon-damentale relazionarsi conchi si occupa di marketing,

di cultura, di organizzazio-ne eventi, ma per farlo esi-giamo persone e società checondividano con noi gliscopi di tutto questo. Nelnostro caso un valido sup-porto lo stiamo trovandonella collaborazione con ilportale www.e-antiqua.itche nel nostro territorio inparticolare si è già distintoper la serietà dell’organiz-zazione dei servizi offerti dialcuni eventi di settore.

A chi è rivoltal’Associazione, solo agliantiquari e mercanti venetio siete aperti anche ad altrezone?

Ci tengo a dire chel’Associazione è aperta atutti i mercanti e commer-cianti che vogliono mettersi

insieme e partecipare atti-vamente in maniera positi-va, non tralasciando i prin-cipi che hanno ispirato lacreazione di questo gruppoche sono in primis la serie-tà dei nostri affiliati e laqualità degli oggetti propo-sti. V’è da dire che ognizona ha le sue specificità,pertanto la nostraAssociazione promuove inprimis la collaborazionecon altre strutture similiche ne condividano le fina-lità, in una sorta di “federa-lismo associativo”.

Qual’è il ruolo chedovrebbero avere le istitu-zioni nella difesa del settoree nella promozione dell’As-sociazione?

La prima cosa che abbia-mo fatto è stata quella dirivolgersi subito alle istitu-zioni per creare un rappor-to di collaborazione e con-divisione del nostro proget-to che non è solo commer-ciale ma anche culturale,trovando subito un’ampiadisponibilità da parte delComune di Cerea e deiComuni limitrofi. Uno deimotivi che ci ha spinto acreare questa associazioneè proprio quello di far sen-tire la nostra voce e sensi-bilizzare tutti le istituzionipreposte a venire incontroalle esigenze di un settoreche in questi ultimi anni èstato bistrattato e trascura-to e che invece ha bisogno,visto la crisi in cui versa,di un valido aiuto non soloin termini economici maanche di un valido appog-gio a livello propositivo e dicomunicazione. Siamopronti a stringere accordicon tutti coloro che dimo-streranno attenzione esenso pratico; troppe volteabbiamo visto esperienzepartite con le miglioriintenzioni, naufragare acausa della mancanza disenso pratico e del scorret-to utilizzo dei pochi finan-ziamenti devoluti.

Cosa si intende per anti-quariato?

L’evoluzione nel campoartistico ha fatto si chel’antiquariato si adeguasse

assumendo molte sfaccet-tature, si è infatti sviluppa-to in vari rami e ha e hafatto si che l’interesse degliappassionati sia indirizzatooggi, non solo verso l’anti-quariato “classico” maverso altre forme come ilmodernariato. In ogni casoriteniamo, in linea con lenormative vigenti, definireantico l’oggetto che ha piùdi 50 anni.

L’antiquariato e l’arte ingenere risentono della crisieconomica presente inItalia?

Sicuramente, tuttavial’andamento economicolimita ma non precludel’appassionato a togliersiqualche soddisfazione,tenendo conto che questibeni rappresentano ancoraun’ottima alternativa “spe-culativa” di investimentocome spesso viene eviden-ziato nelle riviste economi-che mondiali.

Come vi muovete a livellodi comunicazione?

Il marketing è diventatoai nostri tempi di fonda-mentale importanza.L’Associazione si è adegua-ta ai nuovi sistemi di comu-nicazione impostando unacampagna a 360 gradi.Quindi la presenza di unufficio stampa che si occu-pa di divulgare le iniziativein atto, la massiccia pre-senza in Internet anchetramite un sito web, la col-laborazione già precedente-mente ricordate con ilPortale e-antiqua.it, la pre-senza fisica nei mercati conla distribuzione di materia-le informativo e non ultimi icolloqui al domicilio del-l’antiquario, sono alcunedelle iniziative per far cono-scere a tutti, inizialmente ilnostro progetto “Arte &Antiquariato allaFabbrica”…

Quante edizioni aveteprogrammato?

In collaborazione conl’Ente Fiera “La Fabbrica”ha stilato un programmaannuale per la mostra“Arte e antiquariato allaFabbrica” che prevedequattro diverse edizioniuna già sviluppata con suc-cesso e le altre che si ter-ranno nei giorni 26-27Aprile, 25-26 Ottobre, 29-30 Novembre.

Sono previste altre mostrein diverse location?

Sicuramente non ci pre-cludiamo niente, abbiamointenzione di crescere e dicollaborare con entiPubblici e Associazioni perfar nascere e svilupparequalsiasi iniziativa riterre-mo interessante in lineacon gli scopi e i principidella nostra Associazione edella nostra Categoria.

Direttore responsabileFabio Lamacchia

[email protected]

Relazioni esterneGiorgio Ruggieri

CorrispondentiPadova: Nicola DeganiVerona: Roberta Tosi

IL MASSIMILIANO è un’iniziativa privata.

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Costantino Turrini, presidente dell’AMAPIV

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SSeemmpplliicciittàà ee aallttaa tteeccnnoollooggiiaaCorrente e luce “adesiva” ed invisibile senza scavi o canalette

DI BEPPE CREMASCHI

PADOVA Abbiamo fattovisita al “Sicur 2008” diMadrid, la più importantemanifestazione fieristicasulla sicurezza della peniso-la iberica, sull’onda di unanotizia che ci ha incuriosi-to: è in fase di discussioneun progetto pilota di tuteladelle opere esposte presso imusei della capitale spa-gnola dove verrà utilizzatoun prodotto brevettato, pro-dotto e commercializzato daun’azienda italiana.

Durante la nostra visitain fiera abbiamo avuto ilpiacere di incontrare unanostra vecchia conoscenza,Diego De Fecondo. E chi,meglio di lui, ci può parlaredi questo prodotto innovati-vo per le installazioni disicurezza?

De fecondo qual è la novi-tà più interessante presen-tata a Madrid?

Una delle più interessan-ti novità di “Sicur 2008” èun nastro conduttore, bre-vetto di un’azienda Italiana,che ha attirato l’interessedegli addetti ai lavori, chehanno individuato in que-sto prodotto una brillantesoluzione per risolvere pro-blematiche che si incontra-no, sempre, quando sidevono effettuare lavori ine-renti la sicurezza in edificistorici, musei, palazzid’epoca e non solo.

Ma di che cosa si tratta?In modo molto semplice

parliamo di un nastro ade-sivo che funge da supportoa quattro piste di “piattinadi rame” con spessore diquattordici centesimi dimillimetro cadauna ed unasezione di 0.44 mmq, isola-te fra di loro che, grazie alpotente adesivo del nastrodi supporto, possono esse-re applicate ovunque suimuri e successivamentericoperte con della sempli-cissima tempera o borduredecorative.

Questa non me l’aspetta-vo, cioè non mi aspettavoche lei, uno dei massimiesperti sulle tecnologie dellasicurezza, mi parli di unnastro adesivo come di unagrande novità.

Le dirò di più, negli ultimidieci anni non ho vistonovità così significative nelmondo della sicurezza.

Ci spieghi perché.Nello stand espositivo di

questa azienda ho notatol’assalto da parte dei cura-tori museali per i seguentievidenti motivi: in primis lospessore di questo “cavoelettrico”, spessore che vadagli 0,21 agli 0,25 mm., insecondo luogo l’alta adesivi-tà di questo nastro, che ci

permette di applicarlo diret-tamente a muro e terzo, manon meno importante, latotale sagomabilità in ognitipo di curva o angolo.

Ho capito bene? Meno diun quarto di millimetro?

Ha capito benissimo, ed èper questo che le dico del-l’avanguardia di questo pro-dotto. Infatti, il nastro, gra-zie all’elevata adesività, puòessere installato senza rom-pere pareti e senza piantarené viti né chiodi né posarecanalette di nessun tipo.

E le dirò di più, lo hannocapito, prima degli addettiai lavori, i curatori musealiche conoscono perfetta-mente l’importanza di potereffettuare i lavori sullepareti interne di palazzi sto-rici senza arrecare danni osenza dover sostenere glielevati costi di rottura eristrutturazione dei muri.

Questo portentoso con-duttore viene facilmentericoperto da un normalestrato di pittura, e svolgesemplicemente il suo com-pito.

L’aspetto innovativo delnastro è però la diversifica-zione delle applicazioni.

De Fecondo, ci spieghimeglio le funzionalità di que-sto prodotto.

Innanzi tutto diventa lasoluzione elementare pertutta una serie di applica-zioni per la sicurezza,quali la creazione di barrie-re perimetrali su porte efinestre non raggiunte danessuna tubazione elettri-ca, oppure la diramazionedi sensori volumetrici. Siricorda quando, mesi fa, ledicevo che non basta com-prare la Ferrari ma bisognaanche saperla guidare?

Si, mi ricordo, ebbene?Ebbene anche in questo

caso questa affermazioneha un grande valore perchéad esempio, nell’installazio-ne di un impianto di sicu-rezza, i sensori volumetricivengono posizionati nor-malmente in prossimitàdelle derivazioni elettriche,ma non sempre sono leposizioni ottimali. Lei capi-sce che il potersi spostare

dal punto di derivazionefino al reale punto ottimalesenza nulla rompere ed inmodo così semplice, con-sente di sfruttare al megliole apparecchiature di sicu-rezza installate, e mi credanon è poco. Oltre a tutto ciòapre altre possibilità dienorme valenza.

Quali?Parliamo di tutela di

opere d’arte.Quando parlo di tutela

non mi riferisco soltantoalla difesa contro il furto ol’atto vandalico, ma parloanche della tutela conser-vatoria dell’opera. Cosavoglio dire con questo: cheper essere messa in mostral’opera necessita di illumi-nazione e anche la luce arti-ficiale contiene una parte diradiazione ultravioletta, etale radiazione è una delleprincipali responsabili deldeterioramento dei pigmen-ti che compongono i coloridei quadri. Sappiamo che leultime tecnologie di illumi-nazione a “led” consentonoun’illuminazione “ad hoc”

poiché permettono di creareil giusto colore di luce senzala componente ultravioletta.E questo per l’illuminazionediurna. Sempre grazie allenuove tecnologie inoltre èpossibile splittare, a chiu-sura del museo, l’illumina-zione diurna (visibile all’oc-chio umano) in illuminazio-

ne notturna (infrarossa,invisibile all’occhio umano)perfettamente visibile alletelecamere nella bandamonocromatica (bianco enero). Sempre riferendocialle ultime tecnologie, sap-piamo che una delle funzio-ni ormai normali nei siste-mi di registrazione digitale èla funzione denominata“motion detector”. Tale fun-zione consiste nell’analisidella variazione dei toni digrigio da parte di un senso-re della camera. E’ facilecapire che, adottando unailluminazione percettibileda queste telecamere, siraggiungono due obiettivifondamentali per la tuteladell’opera: una comeaumento dell’efficacia della

sorveglianza, l’altra con finiconservativi.

Ed il nastro cosa c’entracon tutto ciò?

E’ lo strumento per porta-re dove serve l’alimentazio-ne per questo tipo di illumi-nazione senza nulla rompe-re. Anche perché il nastrosembra il complementoideale per questo tipo diilluminazione e per tutte leapparecchiature alimentatea bassa tensione.

Ma dov’è allora tutta lanovità di questo nastro?

La novità è nello spessoree soprattutto nella versatili-tà delle applicazioni senzala necessità di effettuareopere murarie.

Ci dica cosa intende perversatilità delle applicazioni.

Mi limito a tre esempi.Negli ultimi dieci anni c’è

stata una proliferazione ditecnologie finalizzate abypassare il problema distesura dei cavi.

Una è la tecnologia wire-less che si basa su segnaliradio, che però presentaproblemi dal lato sicurezza,quali l’alimentazione a bat-terie nei sensori legatiall’antiintrusione (che neltempo hanno anche unimpatto di costi elevato), lapossibilità di accecare adarte questi segnali da pro-fessionisti (del crimine).

L’altra si basa sul notevo-le sviluppo delle reti lanwireless che comunque pre-sentano potenzialmenteproblemi di rilevabilitàanche dall’esterno esponen-dole ad attacchi di piratiinformatici. Un sistemaantiintrusione realizzato acavo non presenta problemidi alimentazione e ancormeno una rete lan.

Ora capisce perché loritengo un prodotto di altatecnologia. E’ veramente ilclassico “uovo di colombo”:una soluzione semplice epratica. Parlando però conla titolare del brevetto hoavuto conferma di quantosupponevo, cioè che nono-stante l’apparente banalitàdel prodotto finito le diffi-coltà da superare per la suarealizzazione sono state ele-

vate. Basti solo pensare chel’isolamento di questo spe-ciale conduttore anzi, miscusi, chiamiamolo con ilsuo nome: nastro condutto-re, ha superato, in fase ditest distruttivo i 4000(quattromila) Volt di isola-mento in aria ed i 2.500(duemilacinquecento) inacqua. Il raggiungimento diquesti valori rapportato aglispessori ed all’alta adesivitàdel supporto ha veramentedell’incredibile.

Secondo esempio.La normativa antincendio

prevede che i sensori per larilevazione dei fumi sianoposti ad una distanza di 50cm dalle pareti. Capisce chemettere una canalina chestacchi dai muri questi sen-sori oppure collegarli trami-te questo speciale nastrocambia, sia dal punto divista dell’estetica (valore diper sé già sufficiente) e siadal punto di vista dei tempie dei costi di installazione.

Terzo esempio.Nella realizzazione di

impianti domotici sfruttan-do il sistema a bus , ormaiutilizzato sia in campocivile sia industriale,anche tenendo presente chesempre più si ha l’esigenzadi limitare l’impatto esteti-co, è possibile, utilizzandoquesto speciale conduttoreche non sostituisce il cavotradizionale ma lo integranelle soluzioni particolari,di limitare gli interventi dirottura od antiestetici alminimo.

Tra l’altro mi fa unimmenso piacere che que-sto brevetto appartenga aduna azienda padovana, laSikra srl, azienda leadernelle forniture di materialiper la sicurezza e che ilgeneral manager di Sikrasia una donna che, con lun-gimiranza e grande capacitàdi sintesi ha raccolto l’esi-genza del mercato e, inve-stendo con grande coraggio,ha saputo creare un pro-dotto apparentemente ba-nale, ma invece unico e digran pregio ed al qualeauguro la miglior fortuna.

La ringrazio e con l’occa-sione le rammento, caro DeFecondo, che ci aveva pro-messo un’intervista atta achiarire le più recenti strate-gie dei truffatori, spero chenon abbia cambiato parere.

Stia pur tranquillo chenon me ne sono scordato. Ilproblema è il tempo, masicuramente lo troveremoed allora la farò ridere oforse anche piangere. Lefarò cioè esempi che lefaranno capire come quantosiano disarmate ed abban-donate a se stesse le azien-de vittime di una truffa.

Per informazioni: 049 526668

Il nastro, conduttore di elettricità, visibile sotto lavernice muraria in prossimità di una presa

IL MASSIMILIANOAPRILE • GIUGNO 2008 13

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IL MASSIMILIANO APRILE • GIUGNO 200814

OOmmaaggggiioo?? MMaahh......DI LORENZO PAOLO SCORZIATI

NAPOLI Anni fa, al buf-fet della stazione Termini,un distinto signore, asiati-co d’aspetto, seduto altavolo vicino al mio, avevasul suo vassoio un piatto dispaghetti al ragù, una sca-loppa, un contorno, unafetta di dolce, un boccale dibirra e una tazzona di caffèlungo; e mangiava contem-poraneamente tutta quellaroba prendendo a rotazioneo variamente alternandoliun boccone di ciascunapietanza e bevendo un po’dell’una e un po’ dell’altrabevanda. Non era certa-mente un povero, ma perquel suo modo di assapora-re la nostra cucina mi ispi-rò una certa commiserazio-ne.

Questo piccolo episodioche uso a mo’di apologo persignificare che cose anchebuone singolarmente pos-sono produrre effetti disgu-stosi quando siano mesco-late sconsideratamente, èriaffiorato fra i miei ricordinel visitare la mostra“Omaggio a Capodimonteda Caravaggio a Picasso”,organizzata nel famosomuseo napoletano e che giàdal titolo genera il giustifi-cato sospetto, subito con-fermato dalla visita sin dalsuo inizio, di essere nullapiù che una trovata com-merciale smaccatamentespeculativa, che usa nomicelebri come specchiettoper le allodole.

A dissipare ogni equivocodesidero preliminarmentechiarire che i 10 euro delprezzo del biglietto diingresso sono stati comun-que ben spesi e lo sarebbe-ro stati ancor meglio se lamostra non ci fosse stata,perché la quantità e -soprattutto - la qualitàdelle opere pittoriche - e inminor misura - anche diquelle di scultura esposterende sempre una gioia lavisita a questa antica egrandiosa reggia, che dacinquant’anni ospitaappunto una delle più ric-che e interessanti collezionidel mondo.

Chiunque ami l’Arte e inparticolare la Pittura, seanche andasse cento voltea Capodimonte, serberebbeancora voglia per la centou-nesima: ci sono ritratti diTiziano fra i più belli, eanche dipinti del Ca-ravaggio, Masaccio, Parmi-gianino, Luca Giordano ealtri illustri che è inutilequi passare in rassegna.

E’ vero però che, da uncerto punto di vista, questonon è sufficiente, perché ilpubblico è ormai viziato:non gli basta la ricchezzaordinaria, che spesso noncomprende e non sa

apprezzare, ma pretende“l’evento”, si nutre solo dicose straordinarie (nelsenso non qualitativo mapuramente materiale deltermine) che magari noncapisce ma per cui si sentein dovere di professareun’ammirazione spessoesagerata, con motivazioniancor più spesso grotte-sche; e si sente soddisfattose può dire di esserci stato.E così furbi organizzatorigli rifilano mostruosità piùche mostre, giustificate constiracchiati arzigogoli dia-lettici che si possono subitosmontare con il solo ele-mentare buon senso.

Quel che affermo è facil-mente dimostrabile: unamostra presuppone un’in-sieme di oggetti, dipinti inquesto caso, uniti da unqualche elemento comune(autore, epoca, soggetto,etc.) collocati in una sala oaltro luogo espositivo. Cosìnon è, perché varie opere didisparati autori e di abissa-le differenza qualitativasono state disseminate quae là senza criterio - o concriteri difficilmente com-prensibili senza appositespiegazioni e discutibilissi-mi a spiegazione ricevuta -fra gli altri quadri espostistabilmente.

E’ palese che citare neltitolo il Caravaggio ePicasso funge da esca pergli ingenui: consideratol’incolmabile divario tempo-rale fra i due e tutto quelche c’è stato in mezzo, èimpensabile proporre unsensato percorso storico eartistico di un qualchesignificato che non si ridu-ca ad uno squallido piluc-care qua e là raccattandoalla men peggio quel che sipuò: basta il nome e nonimporta se di ciascuno deipresenti si espongono pezzidi levatura inferiore o discarto, come nella produ-zione di ciascuno, anchedei maggiori, se ne trovanoe come qui se ne vedono ingran copia (Van Gogh,Corot, lo stesso Rubens,per non dire di certi orroridi De Chirico, Carrà, fino

alle porcherie e le assurditàdi Rauschenberg, Schifano,Basquiat o di due tizi di cuinon ricordo più il nome chehanno messo delle foto alprimo piano. Certo, c’è unosplendido Caravaggio condei fanciulli musicanti, pro-veniente da un museo diNew York, che da solo var-

rebbe tutta la visita, anchese è meno potente del“Cristo flagellato” dellostesso autore, permanente-mente esposto aCapodimonte, dopo esserestato per secoli nell’anticachiesa di San DomenicoMaggiore, dove in una cap-pella laterale del bracciosinistro del transetto si tro-vava di fronte ad una suacopia coeva dipinta dalVaccaro, colà ancora situa-ta.

Il criterio, anzi: il prete-sto su cui si fonda la“mostra” è uno dei più abu-sati luoghi comuni: ilmescolare cose diverse alfine di ottenere un effettosconcertante (“choccante” o“scioccante” si direbbe conun inelegante neologismoattualmente in auge), disuscitare clamore o scan-dalo: è un’idea piuttostocretina ed oltremodo sor-passata. A parte il fatto chenon si capisce che abbia ache fare lo scandalo conl’arte, il quale può anche diessa accompagnare taluneespressioni innovative manon ne è mai l’essenza, etralasciando anche la con-siderazione che ai nostridisincantati occhi che dige-riscono tranquillamenteogni sorta di profanazione esono abituati a certe “dis-sacrazioni” (termine moltoin voga alcuni decenni fa eormai - esso sì - obsoleto)tutto scivola innanzi come

acqua sul vetro, va notatoche certi accostamenti fuoriluogo rimangono privi dieffetto:la sgrammaticaturain un discorso aulico irrital’accademico, ma passainosservata dall’analfabetache, al più, la prende peruna preziosità. Certe trova-te “geniali” sono paragona-

bili al gesto di colui chesuoni il clacson o accendaun aspirapolvere mentre siesegue una sinfonia classi-ca: costui nulla aggiungealla musica, né la modifica:si limita a disturbarla (inmargine ricordo che in“Parade” Erik Satie intro-dusse fra gli strumenti del-l’orchestra anche una mac-china da scrivere, una sire-na e altra roba extrastru-mentale, per irridere con isuoi paradossi e sberleffialla cultura sinfonica dimatrice classica: ora le suepur divertenti goliardategiacciono ammuffite in sof-fitta, mentre Mozart eBeethoven e gli altri capi-saldi del sinfonismo sonosaldamente in repertorio).

All’inizio del percorso, unritratto di donna, di pacatabellezza, del Corot è laica-mente collocato fra unaserie di raffigurazioni dellaVergine opera del Pin-turicchio, di Raffaellino delGarbo e di altri a cavallo delQuattro- e del Cinquecento,accanto a un frammento diRaffaello e di un suo colla-boratore; e non se ne com-prende il motivo, anche sel’accostamento stupisce manon scandalizza. In seguitoè ben peggio.

Piazzare accanto allamirabile “Antea” del Par-migianino, di una perspi-cuità intensa e calamitan-te, due ritratti di cui unoproprio insipido ed uno

schizzo in cui Picasso raffi-gurò la sua prima moglie eun brutto ritratto, piatto esgraziato, di una vecchia diVan Gogh non pare atto digrande intelligenza, speciese la profonda motivazioneè: “donne, donne, ma chedonne!” o qualcosa di moltosimile. che più di una valu-tazione storica o esteticaricorda il settimino della“Vedova allegra” di Lehar.Non si possono accostarelavori così fra loro diversiper stile, epoca, ambienteed intenti, solo perché ne ècomune il soggetto, ficcan-doci pure un vergognosopapocchio di quel falsogenio di Basquiat, unimbrattatore assurto alruolo di artista per i forsenon disinteressati sofismidi qualche critico e di alcu-ni mercanti. Accettare que-gli orribili pasticci con lascusa che l’arte è scesadalle chiese e dai palazzinei bassifondi sarebbecome dire che, consideratoche tutti gli alimenti si tra-sformano per i noti proces-si metabolici in altre nonnobili sostanze, in unavetrina di specialità culina-rie è opportuno esporreanche escrementi (so beneche diversi anni fa un certoPiero Manzoni, del qualenon si ricorda altro, neinscatolò e presentò comeprodotto d’artista alcuni dipropria produzione, peral-tro con intenti ironici e fuinvece preso sul serio:buona parte della criticamilitante ancora crede acerte imposture e non ritie-ne di dover riconoscere ipropri errori, esattamentecome non volle riconoscerlinel caso – divertentissimo –dei falsi Modigliani opera diragazzi col “Black &Decker”).

Del pari, non si vedequale arricchimento o tem-poraneo allargamento delpanorama artistico produ-cesse l’esposizione, frasplendidi paesaggi seicen-teschi, di una brutta esquallida tela del peggiorDe Chirico, che con colorimorchiosi e fissi dal risul-

tato angosciante - dichiara-to oltretutto nel titolo - evi-denzia pure un grossolanoerrore di prospettiva.

E la serie di errori o delit-ti (nel senso artistico deltermine, beninteso) non siarresta qui. Troppi ve nesono e solo a qualcuno, pernon tediare il lettore, quiaccenno: come l’aver collo-cato un piccolo autoritrattodel Corot, piuttosto rigido einespressivo, fra il celeber-rimo “Prevetariello” delMancini, di straripantetenerezza, ed un baldanzo-so autoritratto del Michetticon largo cappello di paglia:ospitare uno per umiliarlonon è cortese né leale; edaltrettanto dicasi perTolouse Lautrec, che postoaccanto ad un raffinatoBoldini in pianta stabile alterzo piano, ci faceva lafigura di un fumettista acottimo o poco più.

Vale ancora la pena dinotare che Capodimonte èpermanente sede di alcunenature morte del seicentoche, per fantasia, sensuali-tà, eleganza di composizio-ne, dovizia di particolari,non hanno eguali: a cheserve, in un rutilare fastosodi frutta e fiori e cacciagio-ne, inserire una modestacomposizione, alquantopiatta nella prospettiva,rigida e scolastica nellariproduzione, di un quasiignoto Juan Van de Hemeny Leon prestato da una maiprima nota Fundaciòn diBarcellona? E non paionostonati e miseri i duepescetti in contorno metafi-sico del solito De Chirico,accanto alle lussureggianticascate di pesci freschi cheriversa sullo stupefattospettatore il virtuoso e ine-guagliato secentista Giu-seppe Recco?

Infine, per dare un qua-dro completo, pur nella suaestrema riassuntività, deltono generale di questamostra, un doveroso rim-brotto va pure ai compilato-ri delle targhette didascali-che: se può essere un erro-re tipografico che il patro-nimico di Rembrandt (delquale è peraltro esposto unmirabile ritratto femminile)sia scritto “Harmenszonn”(pronuncia alla napoleta-na?) invece che Harmens-zoon (zoon ha la medesimaprovenienza dell’ingleseson = figlio), denota unacerta ignoranza biblicaindicare come Tobia quegliche è invece suo figlioTobiolo, che col pesce diordinanza e l’arcangeloaccompagnatore Goya raffi-gurò, piuttosto sgraziata-mente, in un quadretto daicolori accesi e dallo scarsorispetto delle proporzionianatomiche che non puòconsiderarsi tra le sueopere più significative.

Museo Revoltella: la “falsa entrata”TRIESTE Negli itinerari turistici e culturali anche internazionali, neicataloghi, e pure nei siti internet si illustra che l’ingresso principale delMuseo Revoltella si trova in Via Armando Diaz al numero civico 27. Ma il pluri blasonato portone, al numero 27, è ordinariamente chiusosenza alcuna indicazione e i Visitatori che non lo sanno spesso se nevanno...L’entrata del Museo che si trova invece a circa 30 metri (senza numerocivico…sig!) viene semplicemente confusa con un passaggio di serviziovista la persistente sosta di camion e furgoni delle ditte che lavoranoall’interno del Museo per i lavori di messa a norma, anche nei giorni divernissage…I signori Bernardi di Alano di Piave (BL) ci hanno inviato questa simpati-ca foto, inginocchiati come a Canossa, auspicando che il Comune inter-venga. Ci suggeriscono un quesito: -…mancato introito alle Casse del Comuneoppure limiti alla diffusione della Cultura e dell’Arte Triestina?...-

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IL MASSIMILIANOAPRILE • GIUGNO 2008 15

II ggiiooiieellllii ddii PPeerruussiinniiUdine: a Palazzo Giacomelli esposta la collezione

DI TIZIANA RIBEZZI

UDINE La complessapreparazione culturale diPerusini (1910-1977), de-terminata anche da uncurriculum di studi parti-colare, contribuì certamen-te all’impostazione innova-tiva degli studi da lui con-dotti, che lo distinsero nelpanorama italiano per lanovità dei settori indagati eper l’acutezza del metodo.

Perusini, sulle orme delpadre e per supportare lamadre, rimasta prestovedova, nella gestione dellaRocca Bernarda, si laureòin Scienze Agrarieall’Università di Bolognanel 1934, assumendo ladirezione della tenuta difamiglia con grande com-petenza e con un intentoallo stesso tempo di recu-pero e di innovazione,come dimostra l’impegnoper il ripristino e l’accresci-mento di uno dei vignetistorici del Friuli, il Picolit.

Ma l’interesse preminen-te fu per la ricerca storicaed in particolare per la“Vita di popolo” come inti-tolò il volume pubblicatonel 1961, ovvero per la cul-tura popolare e tradiziona-le che Perusini intendevarestituire alla storia, appli-cando alla ricerca etnogra-fica un metodo rigoroso alpari di quello riservato perla storia delle istituzioni,dell’arte, della letteratura.

Fin dagli inizi Perusiniebbe in Giuseppe Vidossiuna guida che appoggiavail giovane ricercatore nel-

l’esplorazione di un moder-no metodo di indagine chesi fondava sull’incrocio diuna molteplicità di fontidirette ed indirette e sulprincipio della comparazio-ne che necessariamenteportava ad allargare i con-fini delle ricerche oltre ilimiti regionali e nazionali.Per questo secondo aspettova sicuramente richiamatal’esperienza di Alpes orien-tales, il gruppo di ricercheetnografiche composto daricercatori austriaci, tede-schi, svizzeri e sloveni chevide in Perusini uno dei piùattivi promotori e attori.

Esemplari gli studi con-dotti a partire dalla finedegli anni ’30 con LeaD’Orlandi sul costume tra-dizionale che si rivelaronodi assoluta avanguardia inItalia, per i quali i duericercatori compresero lanecessità di combinarediversi strumenti d’indagi-ne: le fonti d’archivio, ilrilevamento diretto, la rac-colta degli oggetti, ovvero icapisaldi della modernaricerca etnografica. Nellericerche sul costume è daricercare l’impulso origina-rio alla collezione di gioielliche rimane una delle piùricche in Italia per numerodi pezzi e per le possibilitàcomparative suggeritedalla presenza di serie dipezzi analoghi per prove-nienza, lavorazione, desti-nazione. Perusini, impe-gnato per la realizzazionedel Museo delle Arti eTradizioni Popolari diUdine, donò parte delleproprie raccolte che tuttora

costituiscono l’importantefondo dell’abbigliamentotradizionale e delle espres-sioni dell’artigianato.

Dopo l’interruzionedovuta allo scoppio dellaguerra 1940-45 e il richia-mo alle armi per la campa-gna in Libia da dove tornòcon la salute gravementecompromes-sa, Perusinir i c om inc i ò ,intensifican-dolo, il lavorodi ricerca sulcampo, constudi sulleconsuetudinig i u r i d i c h etradizionali,sulla lettera-tura e l’artepopolare e ilreperimentodi materiale

archivistico e bibliograficoattinente al Friuli, attin-gendo non solo dalle libre-rie antiquarie, ma ancheda bancarelle, soffitte,depositi destinati al mace-ro, riuscendo a costituirenegli anni una biblioteca

specializzata, che gli fuprezioso strumento dilavoro, e che ora è consul-tabile all’Università diUdine.

Dal 1944 fu a capo dellarivista Ce fastu? che sottola sua direzione uscì dalladimensione provinciale,anche grazie alla rete di

collaboratorinon solo friu-lani, ma italia-ni e stranieri,che si erac o s t i t u i t aintorno allasua figura. Nel1962 ebbe lalibera docenzain Storia dellet r a d i z i o n ip o p o l a r iall’Universitàdi Trieste,materia vasta

in cui poteva intrecciare isuoi interessi storici edetnografici, recuperandoparzialmente anche glistudi di scienze agrarieentro i quali si era specia-lizzato nel settore del dirit-to consuetudinario. Nel

1975 diventò professoreordinario, incarico chedetenne fino alla tragicascomparsa avvenuta nelgiugno del 1977.

Perusini avvia la raccol-ta di preziosi in formasistematica negli anni ses-santa del novecento e pro-segue per un decennio finoa poco prima della prema-tura e tragica morte avve-nuta nel 1977. Acquistapresso orefici e antiquarinell’Italia centro setten-trionale e in Sicilia, ove inoccasione del congresso suGiuseppe Cocchiaara eSalomone Marino avevaavuto modo di interessarsiall’oreficeria siciliana par-ticolarmente legata aforme tradizionali. Anche aVarallo ove effettua ricer-che sull’abbigliamentolocale per la SocietàValsesiana di cultura, riu-nisce beni di caratterevotivo e ornamentale.

L’interesse è inizial-mente motivato dal signifi-cato ornamentale del gio-iello quale corredo dell’ab-bigliamento di ogni classesociale. I saggi dedicati alvestire tradizionale el’elencazione dei gioielli neidocumenti e negli inventa-ri dotali gli suggerisconol’interesse verso la mate-rialità dell’oggetto. Ma neltempo gli studi lo portanoad ampliare i filoni diricerca verso le testimo-nianze preziose della reli-giosità, verso i gioielli“etnici” rappresentativi dialtre culture (le regionibalcaniche, i paedi delMedio Oriente e africani) e

verso il mondo degli amu-leti. Arti occulte e pietrepreziose, magia e orna-menti, talismani e formesimboliche sono temi chesollecitano le sue indaginicon continuità e con quelrigore scientifico che con-traddistingue altri suoilavori. All’argomento dedi-ca il saggio su Gli amuletiittici, l’analisi su Gli amule-ti del Museo archeologico diCividale e aveva in pro-gramma un lavoro piùampio e comparato.

La raccolta, significativanon solo per la tipologiadegli oggetti ma per le pos-sibilità di studio che offre,grazie alla disponibilità delSovrano Militare Ordine diMalta e per il contributodella Regione FriuliVenezia Giulia e dellaFondazione Crup costitui-sce ora lo spunto per unaesposizione che si aprirà apalazzo Giacomelli . A pocopiù di trent’anni dallamorte di Gaetano Perusini,nella sede che ospiterà inmomenti successivi il rina-to museo etnografico chelo studioso nel 1963 avevainaugurato e allestito aUdine presso palazzoManiago, la mostra inten-de offrire l’opportunità perconoscere le motivazioni eil significato della suaopera collezionistica: il gio-iello viene proposto nontanto nella sua valenzaestetica ma per il significa-to nel contesto dell’orna-mentazione, per la presen-za nel circuito del dono eper il confronto fra diverserealtà culturali.

Piazza Armerina, febbraio 2005 Venezia, marzo 2007

VENEZIA L’indagine “Passione”prende il via quando il Cristo in esameviene posto in asta nel marzo 2007 dauna importante casa d’aste. L’operarivela subito una corrispondenza conun Cristo analogo rubato nel febbraio2005 dalla Chiesa di San Giuseppe inPiazza Armerina (EN) e presente nellaBanca Dati delle opere rubate delComando Carabinieri Tutela Pa-trimonio Culturale.

Gli accertamenti, seguiti al primoriconoscimento fatto dal parroco diquella chiesa, hanno dato ragione agliinvestigatori. Grazie al coordinamentodel Dott. Giorgio Gava della Procuradella Repubblica di Venezia, i militaridel Nucleo Carabinieri TutelaPatrimonio Culturale della città hannopotuto confermare che il Cristo in bat-tuta era in realtà quello rubato. Leindagini hanno richiesto anche ilparere degli esperti dellaSoprintendenza veneziana i qualihanno confermato quanto intuitodagli stessi investigatori.

I sospetti sono infatti ricaduti sulla

completa ripulitura dei segni dellaPassione che ha cancellato quasi com-pletamente tutte le aggiunte policromesuccessive apportando inoltre, un con-sistente consolidamento degli artisuperiori, questi probabilmente stac-cati durante il furto o per facilitarne iltrasporto.

La volontà di rendere l’opera irrico-noscibile, così da poter essere facil-mente immessa sul mercato dell’arte,non ha fortunatamente intaccato lefattezze della scultura. La capigliaturaed il perizoma sono infatti un unicumnel loro genere e ciò ha confermatoancor più d’essere di fronte alla mede-sima opera.

La certezza è arrivata poi, sulla com-parazione da foro a foro, ovvero rap-portando i “chiodi” della croce rimastasull’altare a quelli della scultura inda-gata. Anche la compravendita delCristo è stata integralmente rintraccia-ta, ciò ha permesso di identificare ipassaggi sulla terraferma toccando leregioni di Sicilia, Toscana, Liguria,Lombardia e Veneto.

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IL MASSIMILIANO APRILE • GIUGNO 200816

II sseettttee VViizzii ccaappiittaalliiGola: magagna inevitabile... in mancanza d’altro

"Magna cura cibi, Magnavirtutis incuria" (AmmianoMarcellino-16.5.2.)

Traduzione: (Grande curadel cibo, grande incuriadella virtù).

DI ROMANO SANCIN

GOLA (oppure ghiottone-ria, ingordigia, golosità)considerata dalla moralecattolica uno dei sette Vizicapitali (cfr. San GregorioMagno, 540/604).

Dante non ha neppure iltempo di riaversi dalla "tre-stizia" che lo ha "confuso"nella plaga dei lussuriosiche si imbatte in unanuova masnada di peccato-ri "goduriosi": i golosi (TerzoCerchio dell'Inferno).

E, a pensarci bene, ladistanza fra "Lussuria" e"Gola" è francamente scar-sa poiché entrambe ledeprecate costumanzebadano, per percorsi diver-si, a soddisfare l'appaga-mento dei sensi.

Il Poeta, anche qui impie-toso baciapile, condanna imiseri crapuloni ad una"piova etterna, maledetta,fredda e greve" e, per di più,ad una "grandine grossa,acqua tinta e neve" ove"pute la terra che questoriceve".

Per quanto hanno ingur-gitato di cibi sublimi, ora èlor giusto castigo brancica-re nel "ghiaccio", puzzolen-te stagno. Lordura e fetoreal posto di prelibatezze efragranze. Esemplare appli-cazione dantesca della ine-sorabile spietata pena delcontrappasso.

Del resto, Dante, nel suoobbligato peregrinare interre di Toscana, non è chese la passasse proprio benee,quindi, gli epicurei oltremisura è da ritenere gli fos-sero assai poco simpatici.

Dai più delicati sapori,l'inesorabile castigo al gra-veolente miasma che neconsegue.

Qualche raffinato "gour-met" ha sentenziato che levivande più sapide induca-no agli afrori più sgradevolied ammorbanti.

Il Cantore fiorentino èpersona biliosa oltre misu-ra! Povera umanità se ilPadre Eterno gli somiglias-se, anche lontanamentenell'irrogare le Sue punizio-ni ai miseri peccatori.

In mezzo alle ombre indi-stinte che tribolano"nellagreve pioggia", una sola si

leva a sedare per farsi rico-noscere: "Voi cittadini michiamate Ciacco, per ladannosa colpa della gola,come tu vedi, alla pioggiami fiacco".

E' probabile si tratti titale Ciacco dell'Anguillara(o Anguillaia), rimatore fio-rentino e già banchiere, dipoco più an-ziano del Poe-ta. Caduto indisgrazia econ pochi de-nari in tasca,aveva presousanza di fre-q u e n t a r e ,quale tignosa"umbra", icittadini piùfacoltosi perpartecipare aiconvivi ove sidegustavanole pietanze ele bevandepiù gradevolie sfiziose.

Ebbe fama,in Firenze, dipersona vizio-sa oltre misu-ra per la suaasserita esa-gerata ingor-digia.

Dante, daquaresimali-sta intransi-gente, ne traepretesto peruna condanna totale edimpietosa agli inferi.

Da notare comunquecome il Boccaccio ci pre-senti dello stesso personag-gio un'immagine anchegradevole, descrivendolocome "uomo costumato...edeloquente ed affabile e dibuon sentimento, per lequali cose era assai volen-tieri da qualunque gentileuomo ricevuto".

Come sostenevaTerenzio: "Quot capita, totsententiae", ad indicare laconsistente varietà delleopinioni umane ed il conse-guente implicito invito allatolleranza.

Dall'antica Grecia e daifasti romani, a scendere alsecolo di Dante, ed oltre,non è che ci fossero moltipassatempi a portata dimano, pure per i benestan-ti. Se le giornate iniziavanopresto, finivano, con ilbuio, al tramonto. Nelledimore dei signori, al lumedei ceri, si allestivano agapiriboccanti di ghiottonerie,insaporite da orgiastiche

crapule.Ed il mangiare ad il bere

con disordinata sregolatez-za compendiavano lo sfogovitale dei nostri antenati,inconsapevoli, incolpevoliorfani degli orgasmi estre-mi del "tubo catodico".

Da sempre le Autorità siindustriavano a tesser

buona plebe con i sollazzidelle Arene. "Panem etCircenses".

Ma i pubblici giochi nonpotevano essere quotidianie soddisfare le pretesesconfinate delle masse.

Le dimore dei più abbien-ti divenivano, allora, ricettoserale e notturno di con-venticole di amici, buon-temponi e ...scrocconiimpenitenti.

E' difficile condannareoggi come "golosi" i nostriprogenitori che di nulla sipotevano dilettare se nondei dimessi piaceri del piat-to e del letto.

Cronache del Trecentonarravano di maiali allevatiin casa, come di pecore,agnelli e pollame. Nelleoccasioni migliori, specienei palazzi dell'aristocrazia,faceva gradita apparizionela cacciagione (per lo piùcinghiali e daini), spessogratificazione di qualchebattuta di caccia cui avevapartecipato, quasi sempre,il padrone di casa.

In conseguenza a questa

alimentazione che predili-geva largamente il consu-mo delle carni, uno deimalanni più diffusi, spe-cialmente nelle classiabbienti, era la gotta.

Ma non tutti i convivierano destinati esclusiva-mente a gozzoviglie e stravi-zi smodati.

Nel famoso "Satyricon",lo scrittore latino Petronio,da intellettuale ed estetaraffinato, inserisce ampibrani di novellistica - inprosa e poesia - nel conte-sto di un percorso caricatu-rale che esplode della cele-berrima "Cena diTrimalcione". Un banchettosontuoso ed interminabilein cui l'ottuso mecenate fasfoggio di tutta la sua ric-chezza e goffaggine davantiad una platea informe digaudenti impenitenti edobnubilati.

L'autore descrive, consofferta ironia, il crepusco-lo di una società romanagià ricca e potente, maavviata all'inesorabile decli-no per la volgarità e laviziosità dei suoi esaustiepigoni.

E pure nei cosiddettiSecoli bui del Medio Evo, epiù ancora nel Rinasci-mento, si incontrano figureautorevoli di nobiluominiche non disdegnano diaccompagnare ai pigri sol-lazzi dei banchetti il ruti-

lante sfarfallio di compa-gnie di saltimbanchi e gio-colieri girovaghi, ma anchedi garbati cantastorie epoeti.

Sta di fatto che, neltempo, la tavola, con tutti isuoi intriganti complemen-ti, ha avuto un rilievoessenziale nella socializza-

zione fra gliindividui.

A tavola cisi conosce,si fraterniz-za, ci si in-namora, tal-volta si litigae ci si riap-pacifica, sip r e n d o n od e c i s i o n ispesso im-portanti, sia n n o d a n or a p p o r t id'affari, sibrigano in-t r a l l a z z ipolitici.

Con il soc-corso dis a p o r i t iintingoli e diq u a l c h es a p o r o s abevanda sicostruisco-no, non dirado, le pic-cole ele . . .grandistorie. La

Gola.Giovenale, collerico poeta

satirico ed oratore, vissutoai tempi di Domiziano,sempre in affanno per leinvettive che era solito lan-ciare contro le classi diri-genti dell'epoca, al pari diDante, pungolava i vizi deigruppi dominanti, ed inparticolare la loro inconte-nibile gola.

Come Dante, secoli dopo,Giovenale si erge a giudicesupremo dell'umanità cir-costante e, senza miseri-cordia, condanna ognunoin forza di un'etica tuttasua. Indiscutibile, irremovi-bile. Come Dante, condan-nato all'esilio, si rintananelle sue icastiche Satire,con gergo declamatorio e,sovente, scurrile.

Se fra i Peccati Capitali viè uno che appare biasima-bile, è proprio quello dellaGola, perchè, al pari dellaLussuria, con la quale estrettamente imparentato,è sicuramente il più diffusoe piacevolmente praticato.

"Ab immemorabile", lo-

cande, bettole, osterie,taverne, cantine...hannodato esilio a viandanti biso-gnevoli di ristoro.

Al ristorante, oggi, non èil locale in cui ci si riposadal lungo viaggio; bensìquello ove si da sfogo alledeplorevoli bramosie dellagola.

Ci sono caterve di pubbli-cazioni che esaltano le pia-cevolezze culinarie di trat-toriole e ristorantini.

Altrettanti sono gli spon-sorizzatori che, con "menù"sofisticati, spiegano alghiottone incallito le inarri-vabili raffinatezze deiSantuari gastronomici delmomento.

Tomi di scienza culinariae frotte di "chef" blasonatisi industriano a far sbrodo-lare i palati più ingordi deitruogoli più stuzzicanti.

Da Pellegrino Artusi ingiù, una moltitudine diingegni della gastronomiasi è impegnata e continuasenza sosta ad addottrinar-ci nel l'"Arte di mangiarbene".

Con buona pace di SanGregorio, è risaputo cheproprio le Autorità chiesa-stiche sono annoverate fra ipiù perseveranti e consu-mati fruitori della buonatavola. Le comunità rurali,poi, hanno sempre riserva-to al proprio curato, perdevozione, i bocconi piùsapidi dell'orto, del pollaio,della stalla. E non trascu-ravano l'importanza salvifi-ca delle orge peccaminosedi masnade di gavazzoniche, a fine settimana, quie-tano, fuori porta, in stinchidorati e morbidi bolliti,inappagate, inconfessabilibrame sessuali.

In soccorso a SanGregorio, da qualchetempo, la penuria di mezzista assomigliando di moltola schiera dei seguaci diquesto succedaneo ritualeblasfemo.

L'abbuffata come traffi-cato rito pagano o comeatto di congedo.

Marco Ferreri, nel film"La grande abbuffata",narra la coatta baldoria dialcuni amici che, al capoli-nea, decidono di autodi-struggersi in un'assurda,estrema rimpatriata.

Comunque sia, a dispettodegli apocalittici anatemi,cibo vino e convivialitàresteranno sempre i fidaticomplici dell'avventuraumana.

Josè de Ribera, Sileno, Napoli Museo Capodimonte

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IL MASSIMILIANOAPRILE • GIUGNO 2008 17

Davanti al quadro

IIll ppeessccaattoorree ee llaa ssiirreennaaDI ANNAMARIA VITTES

[email protected]

Non credo che a chiosserva la mia tela interes-si sapere dell’origine ingle-se del suo autore o di comeavesse subito l’influenzadei Preraffaelliti, che sidistinguono per la brillan-tezza del colore, quasidipingessero con smalti eper la meticolosità dei par-ticolari, sorretta da doti digrande abilità. Credo che,quando qualcuno ammiraun quadro, l’ultima cosa acui debba pensare è al suoautore e che poco gli impor-ti se Leighton fu moltoapprezzato in Inghilterradove gli fu conferito il titolodi Pari.

Dimenticate tutto questo!Ora contemplate qui

l’eterno mito di Eros eTanatos, amore e morte.

La mia incomparabiletela vuole esprimervi quel-l’interludio fra i due terminiche è, mirabilmente, uninfinito incolmabile languo-re.

Questa immagine trattie-ne i due amanti sul filo sot-tile di un desiderio estremo,che non avrà mai compi-

mento. Lo vediamo nell’ab-bandono incoerente del-l’uomo, più forte di unaresa, più debole di unattacco. Lo vediamo in unafemminilità che non puòfarsi donna, ma riesce adincantare e avvinghia e tra-scina con l’energia di unadolcezza infinita.

La luminosa bellezzadelle due figure trascende ildramma che si sta com-piendo e l’autore fa sì chevoi respiriate di questascena solamente l’eternoagognato sogno d’amore:darsi e non darsi, immagi-nare e non vivere, tutto ciòche può concedere questasconosciuta droga che è ildesiderio incontrollabile,inarrestabile, ineluttabiledi qualche cosa che nonpossiamo avere.

“Amor che a nullo amatoamar perdona”, dal signifi-cato tanto cercato dagliesegeti di Dante, infine diceche nessun essere “vera-mente” amato può resisterea questo dio dalle frecceimpazzite. E così il divinoPoeta idealizza Paolo eFrancesca allacciati perl’eternità nella languidezzadel loro unico bacio.Tristano e Isotta saranno

legati per sempre per averinconsapevolmente bevutoun filtro d’amore. Romeo eGiulietta saranno assiemenell’infinito per aver sceltoun filtro di morte.

Sono storie vere, miti oleggende, mentre quella delPescatore e la Sirena è unapura favola. Lo confermal’atteggiamento dell’uomoche pare stia contemplandoun suo bellissimo sognosegreto. Non ha più impor-tanza che la fiaba risalgaad Andersen, abbia ispiratoil drammaturgo JaroslavKvapil e poi sia stata musi-cata da Antonin Dvorak.Non importa se lui sia unpescatore o un principe. Labellissima Sirena lo avvin-ghia nelle spire di un desi-derio profondo a cui lui siarrende completamente. E’questo l’attimo che conta,non come si concluderà.Per Rusalka, la tenera sire-netta che prega la luna evuole diventare donna per-ché si innamora di un bel-lissimo giovane la favolanon avrà un lieto fine cometutte le favole e l’amore tra-volgerà i due giovani in unabbraccio fatale.

Ma, forse, qui Leightonha dimenticato Eros e

Tanatos affinché i suoi pro-tagonisti trasmettesseroper sempre soltanto questosmarrimento dei sensi e delcuore che sentiranno arri-vare fin nelle proprie visce-re coloro che guarderannola mia tela, finché essa nonsi consumerà nella dimen-sione del tempo.

Ed ora, eccoti qua, fan-ciulla dai grandi occhisegnati di nero, dai yeansstracciati e dal pearcing ailati del tuo nasetto o sullatua lingua. Il tuo compor-tamento non può ingannar-mi anche se tu lo volessi,perché io lo so che tu nonsei diversa da una ragazzi-na borghese dell’Ottocento.Non di fronte a me! Tu faile bolle con la tua gommada masticare, ma non timuovi da qui, sei comeincollata alla mia immagi-ne. E questa sera piange-rai, perché lui non saamarti e tu non sai amarlo.Ma non ti crucciare, perchéil mondo va così. Soltantopochissimi possono arriva-re alle vette più alte del-l’amore e conoscerne queldivino “illanguidir”. Con-solati piccina, perché perarrivare a tanto, come vedi,il prezzo è molto alto.

Lord Frederick Leighton,Il pescatore e la sirena

NNuuoovvoo ssppaazziioo ppeerr ll’’EEttnnooggrraaffiiccoo ddii UUddiinneeUDINE Poche e frammentarie le

notizie storiche riguardanti il comples-so compreso tra via Grazzano e viaBrenari, oggi conosciuto come palazzoGiacomelli dal nome del suo ultimo pro-prietario, Sante Giacomelli che lo abitò apartire dal 1900. Prima di lui, molti gliillustri abitatori della storica dimora,appartenenti ad alcune tra le dinastielocali di più lunga tradizione: i Codroipo,il cui legame con il palazzo è documenta-to a partire dal XVI secolo, i Deciani, iMonaco, i Gabrielli che ne furono i pro-prietari più longevi, detenendone la pro-prietà per più di due secoli a partire dal1630. Nel 1844 Francesco Gabriellicedette la casa al nobile Antonio CaimoDragoni, pur sempre legato ai Gabriellida vincoli di parentela, che, diventatoPodestà di Udine, vi rinunciò nel 1845quando l’immobile venne acquistato daLeone Luzzatto. In seguito (1856) la casafu venduta a Pietro Magistris che avviò ilavori di costruzione della filanda nell’or-to dominicale adiacente il palazzo, chesarebbe diventata ben presto la più gran-de della città, ma che ebbe vita breve peril sopravvenire della crisi del settore ini-ziata dopo il 1860. La storia novecente-sca del palazzo si apre, come si è detto,con la proprietà di Giacomelli; ma nelcorso del secolo l’abitazione è stata pro-gressivamente abbandonata. Dal 1970proprietario dell’immobile è il comune diUdine che da subito ne ha fatto una sedemuseale; nelle sue stanze ha infatti tro-

vato accoglienza per trent’ anni il Museodi Storia Naturale e ora le sue porte siriapriranno per ospitare il cittadinomuseo etnografico.

Il Palazzo, oggi decisamente ottocente-sco, conserva in facciata le uniche traccedell’originale rinascimentale, individua-bili negli elementi in pietra e nel monu-mentale portone architravato, essenzialenelle linee ed elegante nelle proporzioni,impreziosito unicamente da due meda-glioni scolpiti a metà degli stipiti con unafigura femminile ed una maschile cherappresenterebbero Cornelia e Ottaviano;di fattura più modesta l’altro medaglioneal centro dell’architrave entro cui è unGesù Bambino, verosimilmente opera diuno scultore di area veneta della fine delXVI secolo. Altro elemento caratterizzan-te la facciata, la soprastante trifora ser-liana, sottolineata da balaustra. Il matto-ne a vista della facciata è ottocentesco,probabilmente riferibile al restauro cheavvenne sotto la direzione del pittoreGiovanni Masutti autore della fascia afresco con festoni, mascheroni e motivigeometrici del sottotetto, dei “grembiuli”sotto le finestre e dei due clipei conMinerva e Cerere, dipinti negli spazi tra lecoppie di finestre. Nel soffitto del sotto-portico, travi alla Sansovino e lungo lepareti, quattro sedili lignei con schiena-le, scolpiti e recanti gli stemmi dellefamiglie Strassoldo Graffenberg,Tartagna, Florio, Attimis. Ai piani, stuc-chi settecenteschi a decoro dei soffitti e

al primo piano, dipinti e decorazioni suc-cessive all’acquisto dello stabile da partedel Magistris, probabilmente da questivoluti per rimarcare lo status sociale rag-giunto.

Il salone centrale, il cui pavimento e interrazzo fregato, è rivestito da pitture conmotivi a grottesche; il soffitto, dal com-plesso apparato decorativo, reca al cen-tro un ovale entro un ottagono in cuisono dipinte l’Europa e l’Africa, l’una inpiedi e l’altra seduta, allegorico riferi-mento all’apertura del canale di Suez. Ladecorazione pittorica rispecchia piena-mente il gusto vagamente orientalista difine Ottocento e verosimilmente va attri-buita a quel Giovanni Masutti direttoredei lavori di restauro ottocenteschi, fra ipiù quotati decoratori del tempo in diver-se dimore udinesi. Degno di nota è l’ar-redo ligneo di in una stanza del primopiano che si affaccia sul cortile. Il soffit-to a cassettoni di imitazione lignea el’importante boiseire alle pareti cheingloba divani, mensole, armadi, decora-ta con pannelli intagliati a soggetto vena-torio è stata progettata da AntonioBrusconi, tra i più noti e innovativi fale-gnami udinesi al volgere del secolo, conla collaborazione di Emilio Bortolotti chevirtuosisiticamente realizza l’intaglio.

La famiglia Giacomelli si era distintain ambito imprenditoriale e commerciale,soprattutto nel settore tessile. In partico-lare Sante (1792-1874) aveva fatto fortu-na nella vendita di tessuti acquisiti in

Boemia e nella bonifica di terre, fino all’acquisto e restauro di villa Barbaro aMaser e alla costituzione di un’importan-te quadreria. Rimasero legati al Friuliinvece Carlo (1792-1874) e il figlio diquest’ultimo, Sante (1839- 1908). Costuidopo la giovanile partecipazione a diver-se campagne risorgimentali, si impegnòin incarichi pubblici, quale consiglierenell’amministrazione comunale udinese,sindaco a Pradamano ove trascorreval’estate, presidente dell’Ospedale civile,consigliere della Banca Popolare friulananonché proprietario del giornale LaPatria del Friuli rilevato da CamilloGiussani, ma proseguì anche nella tra-dizione imprenditoriale sia agricola chedell’industria serica con due filandeall’avanguardia in via Brenari e in viaGrazzano poi gestite con il Banco Sete diMilano. Mantenne anche i vivaci inte-ressi culturali che avevano contraddi-stinto la sua famiglia. Già il padre nellabella tenuta di Pradamano aveva fattocostruire una villa su progetto diAndrea Scala (1852) con pregevoliaffreschi di Giuseppe Malignani e delpatriota Ippolito Caffi e sculture delgemonese Vincenzo Luccardi allegorichedelle attività di famiglia (il Commercio el’Agricoltura). Nella necropoli udineseuno dei monumenti funebri artistica-mente più rappresentativi è dedicatoalla tomba di famiglia: realizzato nel1898 reca una figura angelica a firmadello scultore Leonardo Liso. (T.R.)

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IL MASSIMILIANO APRILE • GIUGNO 200818

CCoolllleezziioonnaarree aarrmmii mmooddeerrnneeDI GIORGIO GEFTER [email protected]

Il rapporto fra l’uomo el’arma è universale e anti-chissimo, e questo rapportoha un aspetto collezionisticoche anche sotto il profilo del-l’interesse storico, merita diessere considerato.

L’interesse collezionisticoper le armi, è notevolissimoe diffuso in tutto il mondo,trovando espressione massi-ma e articolata nei paesioccidentali, a cui la legisla-zione dei singoli Stati haprestato la dovuta attenzio-ne e considerazione.

E’ un interesse abbastan-za diffuso, che trova la suaespressione in aste, anchemolto importanti, che si ten-gono negli Stati Uniti e inEuropa.

L’argomento è enorme-mente vasto: vi sono le armiantiche e vi sono le armimoderne, che attraggonocospicui numeri di appassio-nati più o meno dotati deldenaro necessario per soddi-sfare la loro passione.

Le armi da fuoco antichepossono raggiungere prezzielevatissimi, così comeanche le armi da fuocomoderne.

Per la legislazione italiana,sono armi antiche tuttequelle prodotte prima del1890: il che porta al para-dosso di dover classificare

dal punto di vista giuridicocome armi comuni da sparo,tutte quelle pure interessan-ti, rare, artistiche e richiesteda collezionisti di tutto ilmondo, prodotte dopo il1890.

A questo proposito comepremessa per una piccolatrattazione monografica suisingoli pezzi d’interesse col-lezionistico, va rimarcatocome le armi da fuocomoderne, e cioè prodottedopo il 1890, abbiano segui-to un’evoluzione tecnologicapiù o meno consistente conil paradosso di utilizzaresempre un munizionamentodiffuso sostanzialmente intutto il mondo e tutt’ora uti-lizzato, che trova le sue basitecnologiche senza unasostanziale evoluzione degliultimi anni del 1800 e neiprimissimi anni del ‘900.

Continuano anche oggi adessere utilizzate le munizioniallora prodotte, con l’inven-zione della così detta polveresenza fumo, che ha sostitui-to la polvere nera comunefino agli ultimi decenni dell’800.

Questo per ciò che riguar-da per sommi capi l’aspettotecnologico delle armi.

Ma l’interesse collezioni-stico e oserei dire artisticodell’appassionato, si rivolgein particolare a quelle armicomuni in senso giuridico,che sono state prodotte econcepite fino alla fine dell’

800 e all’inizio del 900,determinando la nascita dioggetti assolutamente ecce-zionali divenuti poi con iltempo inevitabilmente desi-derio di molti appassionati.

E la ragione va ricercatasia nell’originalità meccani-ca, sia nell’eccezionale quali-tà produttiva di quei prodot-

ti industriali.L’avere il piacere, per un

appassionato, di maneggiareun fucile o una pistola fab-bricati all’inizio del 1900, epervenuti in buone condizio-ni di conservazione ai giorninostri, apre notevoli motividi compiaciuta meditazione.

Oggi in cui nel campo spe-cifico si fa largo uso di mac-chine a controllo numerico edi materiale plastico che

sostituisce ottimamente l’acciaio, si assiste al fenome-no della rivalutazione dioggetti che non hanno piùalcuna destinazione praticacome l’armamento deglieserciti, ma che continuanoper vicende storiche connes-se al loro utilizzo, ad esseregiustamente valorizzate

soprattutto da appassionati.Esaminare un fucile pro-

dotto dalla Mauser o dallaSteier all’inizio dell’altrosecolo, anche per impieghimilitari, non può che susci-tare lo stupore di un sensi-bile appassionato per laperfezione delle lavorazioni,per la qualità delle stesse,per le finiture superbe oggiimpensabili, che similimanufatti avevano, per la

meticolosità della matrico-lazione di ogni singolo pezzoe per, sia pure nei limiti del-l’oggetto che si va conside-rando, l’inarrivabile esteticadell’arma stessa.

Esaminare un revolveramericano di fine 800 perve-nuto in buone condizioni,lascia stupefatti per la perfe-zione della lavorazione mec-canica e per le finiture ester-ne dell’oggetto stesso.

Fra la fine dell’ 800 e l’ini-zio del 900, la Germania haprodotto due delle armi inassoluto più collezionate almondo e che continuanotutt’ora ad essere oggetto didesiderio di tantissimiappassionati.

La Mauser C96, Costru-ction 96, per il suo anno diadozione, e la mitica Luger,due oggetti stupefacenti siaper l’organizzazione mecca-nica sia per realizzazionetecnica.

Sia la Mauser che la Lugernon utilizzano alcuna vite esono meccanicamentecostruite con pezzi che inte-ragiscono nel loro meccani-smo di macchina termodina-mica.

Tutte le varianti di questidue eccezionali oggetti,costituiscono attrattiva irre-sistibile per collezionisti chepossono permettersi diassortire una collezione dellestesse, che non sarà maicompleta.

E l’appassionato non può

che restare ammirato nelvedere come si finivanoall’epoca gli oggetti che pursempre erano prodotti indu-striali: finiture ad ungueam,con raffinatezze costruttiveoggi ingiustificate. Le minu-terie metalliche venivanocon la fiamma finite in blu oin giallo, anche in armidestinate all’armamentodelle truppe combattenti.Tutto ciò ha fatto sì che gliesemplari rimasti e giunti ainostri giorni in buono statodi conservazione, taluniaddirittura allo stato dinuovo, raggiungono prezzisempre più elevati.

Queste in sintesi le pre-messe per giustificare unesame e una valutazione piùspecifica di alcuni di questioggetti, notissimi anche ainon appassionati per l’innu-merevole utilizzazione chedegli stessi si è valsa la pro-duzione cinematografica nelcorso dei decenni.

Chi non conosce la sago-ma di una Mauser C96 o diuna Luger? E’ di queste duepistole, che da un punto divista collezionistico conside-rate armi comuni da sparodalla legge, intendiamo trac-ciare una breve e sinteticadescrizione, ricordando chesu questi due oggetti è stataprodotta una letteratura intutto il mondo, soprattuttoin lingua inglese e tedesca,che potrebbe riempire unabiblioteca.

La Mauser C96

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IL MASSIMILIANOAPRILE • GIUGNO 2008 19

FFrriiuullii VVeenneezziiaa GGiiuulliiaa

CODROIPO (UD)Fino 4 maggio 2008Villa ManinMaschereMostra personale di Virginia DiLazzaro

***Dal 20/04 al 28/09God & GoodsSpiritualità e confusione di massaLa nuova grande mostra che apre la stagio-ne estiva del Centro d’Arte Contemporaneanon si focalizza semplicemente sulla reli-gione, ma presenta un gruppo di opered’arte che, lungi dal proporre conclusioni,pongono l’individuo di fronte ad ogni tipodi domanda. Come la religione, l’arte èspinta da un’urgenza e una necessità equesta mostra vuole leggere la necessitàattraverso le sue inafferrabili fonti e indefi-nibili conseguenze. A cura di FrancescoBonami e Sarah Cosulich Canarutto.Villa Manin di Passariano0432 821211www.villamanincontemporanea.it

GORIZIADal 24/04 al 24/08/2008Josef Maria Auchentaller (Vienna, 1865– Grado, 1949)Un secessionista ai confini dell’ImperoMusei Provinciali di GoriziaPalazzo Attems PetzensteinPiazza De Amicis, 20481 547541 - 0481 547499

Fino al 27 luglioLe meraviglie di VeneziaDipinti del’700 in collezioni private120 opere del Settecento veneziano riper-corrono una delle stagioni più raffinatedella storia dell’arte italiana.Palazzo della TorreVia Giosuè Carducci 2www.fondazionecarigo.it

MONFALCONE (GO)Fino al 15 giugnoVito Timmel. Il Teatro di PanzanoL’esposizione comprende le 13 tele che nel1920 Vito Timmel realizzò, ispirandosialla storia del teatro, per decorare l'inter-no del Teatro del quartiere operaio diPanzano, realizzato dai Cosulich per ospi-tare operai e impiegati del Cantiere.Danneggiato dai bombardamenti che col-pirono il quartiere alla fine della secondaguerra mondiale, il Teatro fu demolito; deidipinti di Timmel si persero le tracce e percinquant'anni furono considerati perduti.

***Tranquillo Marangoni. Un artista incantiere.Caltri prestigiosi artisti italiani, nella sualunga permanenza a Monfalcone (dal1939 al 1962), ha lavorato nei cantierinavali, contribuendo con le sue opereincisorie all’arredo dei saloni e dei pontidelle navi.Ingresso liberoGalleria Comunale d’Arte ContemporaneaPiazza Cavour, 44 - 0481494 369

TRIESTEFino al 13 aprileA Udine dal 18/04 al 25/05RAI 1964La Sede regionale, la collezione d’arte.Che la RAI possieda una importante colle-zione d’arte contemporanea (800 pezzi tradipinti e sculture con alcuni capolavoriassoluti), è abbastanza noto agli addetti ailavori ma, certamente pochi sanno che laRAI del FVG ospita una bella raccolta di

opere di artisti regionali formatasi quasimezzo secolo fa.Trieste Museo RevoltellaVia Diaz, 27 - 0406754350Udine G.a.m.UdVia Ampezzo, 2 - 0432295891

Fino al 17 maggioStampe svelate_Tra Fiandre e ritrattipetrarcheschi nella collezioneRossettiana_Nel corso dell’anno 2007 èstato realizzato il restauro di 47 pregevoliincisioni antiche della Collezione petrar-chesca piccolominea donata da DomenicoRossetti alla Biblioteca Civica di Trieste.Museo Petrarchesco PiccolomineoPiazza Hortis 4www.museopetrarchesco.it0406758184

Fino al 25 maggioVan LeoUn fotografo armeno al CairoUna raffinata scelta di fotografie illustra ilpercorso artistico di Levovan Bpyadjian,in arte Van Leo (1921-2002), fotografoarmeno che visse ed operò al Cairo, subli-mando, soprattutto nel tema del ritratto,le proprie alte qualità tecniche ed espres-sive e l'esuberante personalità ironica edanticonformista.Civico Museo del Castello di San GiustoPiazza della Cattedrale 3www.retecivica.trieste.it, 040309362

VVeenneettoo

ESTE (PD)Fino al 30 giugnoRivelazioni.Reperti dal ContemporaneoAntico e contemporaneo non si muovonosu terreni diametralmente opposti, ma alcontrario comunicano tra di loro, attraver-so uno scambio continuo di influssi.Museo Nazionale AtesinoVia Negri, 904292085, www.ceramicadieste.it

MOGLIANO VENETO (TV)Fino al 3 maggioNew Art. New PopUna trentina di opere del mondo della pit-tura, scultura, video arte e fotografia, rea-lizzate da 12 giovani artisti italiani, checon il loro lavoro hanno testimoniato lapenetrazione della cultura New Pop sulterritorio nazionale.Brolo Centro d’ArteVia Rozone e Vitale, 50415905151www.brolo.org

PADOVAFino al 3 agostoGioielli d’autoreLa scuola orafa di Padova rappresenta unfenomeno unico in Europa.Nella mostra sono sposti più di 500 gioiel-li di cui molti inediti creati dagli anniCinquanta del Novecento ad oggi.Palazzo della Ragione0492010067

ROVIGOFino al 13 LuglioLa Belle EpoqueArte in Italia 1880-1015Circa 110 dipinti e una trentina di affi-ches per raccontare, lungo il fil rouge delritratto femminile, ma non solo, le modemi riti mondani, le galanterie ma anche ivizi e gli eccessi di quest’epoca.Palazzo Roverellawww.palazzoroverella.com0425386290

VENEZIAFino al 26 maggioMichele Marieschi (1710-1746)Vedute inciseMagnificentiores Selectioresque UrbisVenetiarum ProspectusDal Gabinetto Stampe e Disegni del MuseoCorrer la fondamentale opera incisoria diuno dei più importanti vedutisti e paesag-gisti veneziani del Settecento.Ca’ RezzonicoMuseo del Settecento venezianoDorsoduro, 3136

***Fino al 21 luglioUn mondo di cartaOltre ottanta tra abiti, accessoires e trom-pe-l’oeil realizzati interamente in cartadall’artista belga Isabelle de Borchgrave.San Marco, 3958Call center [email protected]

Fino al 20 aprile ?L'ultimo Tiziano e lasensualità della pittura.?Dopo il grandesuccesso ottenuto a Vienna restano anco-ra pochi giorni per ammirare 28 capolavo-ri dipinti dal grande Tiziano dal 1550 sinoalla morte, avvenuta nel 1576.Gallerie dell’AccademiaDorsoduro, 1050www.ultimotiziano.it - 0415200345

Fino al 27 luglioI Macchiaioli.Capolavori della collezione MarioTaragoniCirca settanta capolavori della pittura “diMacchia” di autori quali Lega, Fattori,Signorini, Boldini, Spadini, Puccini e altri.Palazzo FranchettiSanto Stefano 294502 54919, www.istitutoveneto.it

VERONAFino al 29 giugnoVenezia ed il secolo della BiennaleDipinti, vetri e foto della Fondazionedi VeneziaCirca cinquanta dipinti, tra i quali spicca-no opere di Boccioni, Ciardi, De Pisis,Carena, Casorati e Depero; Cagnaccio eMarussig, Vedova e Santomaso, Pizzinato,Tancredi e Plessi. Una trentina i vetri tra iquali le opere di Wirkkala, Scarpa eVenini.Palazzo della Ragione, Piazza dei SignoriCall center 199199111www.fondazionedivenezia.org

VICENZAGrande eventoFino al 29 giugnoRestituzioni 2008 (XIV Edizione)Tesori d’arte restauratiBanca Intesa San Paolo si fa carico direstaurare capolavori d’arte pubbliciche necessitano di urgenti interventi.Quest’anno sono esposte 80 meraviglietra cui il Reliquario del Sangue di SanGennaro.Gallerie di Palazzo Leoni MontanariContrà S.Corona, 250444991221/2www.palazzomontanari.com

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BOLZANOFino al 18 maggioHautzeichenSegni sulla pellePrendendo spunto dagli oltre 60 tatuaggiindividuati sul corpo dell’Uomo venuto dalghiaccio, la mostra propone esempi di

tatuaggi, scarnificazioni e pitture corporeenelle diverse culture della preistoria e del-l’antichità e ne indaga la funzione, ilsignificato simbolico e il contesto sociale,senza perdere di vista la nostra culturaattuale.Museo Archeologico dell’Alto AdigeVia Museo, 430471320100,www.iceman.it

Dal 22 al 25 maggioKUNSTART 08Fiera dell'arte moderna e contempora-neaQuinta edizione della Fiera dell'artemoderna e contemporanea di Bolzano, siterrà in contemporanea all'inaugurazionedella nuova sede di Museion.Piazza Fiera 10471516230www.fairbz.it

Arco (TN)Fino al 11 maggioGiovanni SegantiniDella naturaUna trentina di opere tra oli e disegni,ripercorrono le tappe più significativedella vicenda dell’artista attraverso impor-tanti prestiti provenienti da musei e colle-zioni pubbliche e private.Galleria Civica G. Segantini0464583653www.galleriacivica-arco.it

Rovereto (TN)Fino al 31 agostoCapolavori del primo '900.Opere delle collezioni permanenti delMartAi capolavori del primo '900 e' dedicataquesta rassegna di circa 80 opere, tutteappartenenti alle raccolte permanenti delMuseo. Esposte opere di Campigli, Carrà, De Chirico, Depero, Morandi, Rosso,Sironi.MARTCorso Angelo Bettini 430464438887www.mart.trento.it

ANTICIPAZIONI

TRENTODal 4 luglio al 2 novembreCastello del BuonconsiglioDue grandi eventiLa rinascita dell’antico. Andrea Riccioe la scultura italiana tra Quattro eCinquecento.

***Rembrandt e i capolavori della graficaeuropea nelle collezioni del Castello delBuonconsiglio.Via B. Clesio, 50461492803www.buonconsiglio.it

VICENZA20/09 al 6/01/2009PalladioL'obiettivo è di catturare l'attenzione e sti-molare l'immaginazione del pubblico: nonsoltanto grazie alla qualità e varietà delleopere originali esposte (dipinti, disegni,medaglie, frammenti architettonici origi-nali, sculture) ma anche all'impiego dimodelli, compresi plastici realizzati appo-sitamente, video e animazioni interattivecreate al computer.Museo Palladio0444323014www.cisapalladio.org

IInn ggiirroo ppeerr mmoossttrreeInviateci le notizie e le date entro

il 20 giugno 2008 a Trieste 34123 – in Via Armando Diaz 26/a

e-mail: [email protected] Per evidenziazioni: 040 63 84 65.

Trento, Castello del Buonconsiglio, dal 4 luglio al 2 novembre 2008

REMBRANDT E I CAPOLAVORI

DELLA GRAFICA EUROPEA

NELLE COLLEZIONI

DEL CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO

RINASCIMENTO

E PASSIONE PER L'ANTICO.

ANDREA RICCIO

E IL SUO TEMPO

Page 24: IL MASSIMILIANO - Arte Ricerca d'Arte Online/IL MASSIMILIANO N. 46.pdf · Piazza E. De Amicis, 2 34170 Gorizia Orario: 9–19 Lunedì chiuso Ingresso: intero € 6,00; ridotto €

Con il contributo di: