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“IL LAVORO DI COMUNITÀ NELLA PROFESSIONE DELLASSISTENTE SOCIALE: CONTESTO TEORICO ED ESPERIENZE TERRITORIALIUrbino, 18 maggio 2015 Dott.ssa Barbara Giacconi

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“IL LAVORO DI COMUNITÀ

NELLA PROFESSIONE

DELL’ASSISTENTE SOCIALE:

CONTESTO TEORICO ED

ESPERIENZE TERRITORIALI”

Urbino, 18 maggio 2015

Dott.ssa Barbara Giacconi

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DEFINIZIONE

Il lavoro di comunità è quel processo tramite cui si

aiutano le persone a migliorare le loro comunità di

appartenenza attraverso iniziative collegiali.

Si fonda sui seguenti valori: giustizia, democrazia,

empowerment, miglioramento delle condizioni di vita,

per chiunque sia, a qualche titolo, svantaggiato.

Il ruolo degli assistenti sociali consiste nell’aiutare le

persone che vivono nella stessa zona, o che

condividono un medesimo problema esistenziale, a

collegarsi tra loro e a intraprendere azioni comuni per

il proprio benessere.

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EXCURSUS STORICO – ANNI ‘50

Il lavoro di comunità ha sempre fatto parte del patrimonio professionale dell’assistente sociale fin dagli anni del dopoguerra.

Il convegno di Tremezzo (1946) riconobbe il servizio sociale di comunità come strategia sia di promozione e sviluppo di processi democratici sia di responsabilizzazione della comunità nei confronti dei suoi problemi.

Le prime esperienze di lavoro di comunità si realizzarono con i programmi di ricostruzione del Paese (soprattutto nelle zone del sud Italia), attraverso progetti finalizzati alla ricucitura di legami comunitari spezzati, al contrasto alla povertà, e alla promozione di un complessivo progredire dell’intera comunità attraverso la partecipazione democratica.

Quindi, dal suo esordio il servizio sociale ha posto l’accento sulla valorizzazione dell’autonomia e della creatività della persona umana e sulla sua capacità di svolgere un ruolo attivo nel contesto sociale.

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EXCURSUS STORICO – ANNI ‘80

Durante il Convegno di Verona si definisce unitario

l’ambito di intervento del servizio sociale, superando

così la diversificazione tra lavoro sul caso (case work),

lavoro con i gruppi (group work) e lavoro di comunità

(community organization) e promuovendo l’approccio

trifocale o tridimensionale.

Questo approccio tiene contemporaneamente conto

del processo di aiuto rivolto alla persona con le sue

potenzialità e i suoi limiti,

dello sviluppo delle risorse della comunità e

dell’organizzazione delle risorse del proprio servizio.

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EXCURSUS STORICO – ANNI ‘90

Negli anni ’90 c’è una nuova crescente attenzione

al concetto di comunità, soprattutto nella sua

duplice accezione di dimensione locale micro e di

qualità delle relazioni.

Di fronte ai fenomeni di globalizzazione ed

omologazione culturale, che sembrano difficili da

fronteggiare e alimentano il senso di impotenza

degli individui, si è sviluppato un impegno nella

dimensione locale che diviene fondamentale per

ritrovare la speranza e il potere.

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LEGGE 328/2000 “LEGGE QUADRO PER LA REALIZZAZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO DI

INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI”

Fa riferimento ad alcune dimensioni fondamentali del lavoro di comunità dando loro impulso:

ottica promozionale, prevede come finalità della normativa la promozione di interventi per garantire la qualità della vita, i diritti di cittadinanza, pari opportunità, non discriminazione (art. 1);

mobilitazione delle risorse della comunità, la programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali si basa sul principio di sussidiarietà, ai Comuni spetta il compito di mobilitare le risorse della comunità mantenendo un ruolo di governo e regia della rete locale di servizi e interventi (art. 1, comma 3);

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LEGGE 328/2000

“LEGGE QUADRO PER LA REALIZZAZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI”

definizione di ambiti territoriali come luogo della governance e della realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria;

progettazione partecipata (art. 1, comma 5), concertazione e cooperazione (art. 3), valutazione partecipata (art. 6 e art. 13);

aumento della partecipazione e della responsabilizzazione della comunità, al fine di migliorare la qualità e l’efficienza degli interventi, gli operatori coinvolgono e responsabilizzano le persone e le famiglie nell’ambito dell’organizzazione dei servizi (art. 1).

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SITUAZIONE ATTUALE

Malgrado questa attenzione al concetto di comunità

locale, di fatto nei servizi sociali si da ancora

prevalente attenzione all’approccio individuale.

Il CNOAS nel 2010 (avvio del nuovo sistema di

formazione continua) ha proposto sull’intero territorio

nazionale un’iniziativa formativa sul tema della

dimensione comunitaria dell’intervento del servizio

sociale, allo scopo di aprire uno spazio di

approfondimento e riflessione all’interno della

professione

(L’avventura comunitaria: processi sociali e intervento professionale).

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COSA VUOL DIRE ESSERE PROFESSIONISTI NEL

SOCIALE OGGI?

Oggi le professioni sociali si trovano a

fronteggiare molte e differenti criticità/sfide,

vediamo le principali …

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REPENTINI E IMPREVISTI (?) CAMBIAMENTI

DELLA SOCIETÀ

Cambiamenti di ordine politico e sociale:

il radicamento del fenomeno migratorio,

le nuove dipendenze,

i cambiamenti e la fragilità del sistema famiglia (e conseguente minor capacità di farsi carico dei bisogni dei suoi componenti),

l’invecchiamento,

la crisi economica e finanziaria,

le vecchie e nuove povertà,

i cambiamenti strutturali del mercato del lavoro,

il clima di insicurezza;

L’aumento e il modificarsi della domanda sociale.

“I bisogni sono oggi sempre più di natura cronica e coinvolgono fasce sempre più ampie della popolazione” (Pavolini, 2015).

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I CAMBIAMENTI (INVOLUZIONI) DELLE

POLITICHE SOCIALI La riforma del titolo V della Costituzione (legge costituzionale n.

3 del 2001) ha limitato l’applicazione della 328, e ha determinato una progressiva diversificazione e frammentazione delle politiche sociali a livello regionale;

i tagli operati dalle manovre finanziarie hanno indebolito e impoverito il sistema del welfare nel suo complesso, proprio nel periodo della più grave crisi occupazionale e sociale dal dopoguerra;

monetizzazione del bisogno e assottigliamento dei servizi;

i servizi pubblici esternalizzano le loro funzioni

sono depauperati di competenze, personale e risorse finanziarie (eccessivi carichi di lavoro a fronte di una domanda di aiuto maggiore e più complessa);

il welfare municipale non è stato pienamente realizzato poiché si è verificato un problema di risorse (i Comuni hanno una maggiore responsabilità di spesa ma non un’adeguata capacità di raccolta sul fronte delle entrate);

la frammentazione istituzionale non è stata di fatto superata con la creazione degli ambiti territoriali sociali (“municipalismo selvaggio” Saraceno 2005).

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FRAGILITÀ DEL SERVIZIO SOCIALE

PROFESSIONALE.

Variabili della crisi del S.S.P. (Dente 2012):

arretramento nel processo di costruzione delle politiche sociali;

scarsa presenza nei luoghi della programmazione;

perdita di efficacia nella presa in carico delle situazioni di disagio sociale;

l’istituzione ha plasmato il Servizio Sociale alle proprie logiche;

crescente fragilità e criticità nella dimensione relazionale del rapporto professionale;

desiderio di abbandonare il lavoro sul caso in favore di funzioni di maggiore responsabilità e direzione;

perdita della capacità di azione e di contatto con la dimensione comunitaria.

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Inoltre, la percezione diffusa oggi nei servizi è quella di lavorare in un costante stato di emergenza, di rispondere a bisogni sempre più complessi con strumenti fragili e non incisivi.

Ci si domanda sempre di più quale sia il senso degli interventi, ormai orientati a rincorrere il danno e cercare di ridurlo e quanto questa modalità si scontri con i riferimenti metodologici, etici e deontologici delle professioni ordinate.

C’è il rischio di snaturare e deformare l’identità delle professioni di aiuto (Dal Pra Ponticelli, 2010).

Il lavoro in emergenza determina una situazione in cui gli interventi riparativi (onerosi e spesso prolungati nel tempo) prevalgono fortemente su quelli preventivi. I servizi rischiano così di perdere la loro funzione di promozione di benessere e salute per ripiegarsi in interventi di contenimento e cura del danno.

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QUESTE CRITICITÀ DEL WELFARE E DELLA

PROFESSIONE SONO LE SFIDE CHE

POSSIAMO AFFRONTARE CON UN

APPROCCIO AL LAVORO DI COMUNITÀ.

E’ importante ridare valore e centralità alla

comunità locale come contenitore di reti di

protezione per le situazioni più fragili.

Gli operatori devono ripartire dal contesto

comunitario per rilanciare legami di solidarietà e

contrastare l’isolamento dettato dalla fragilità e

dall’insicurezza.

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ORIENTAMENTI DEL LAVORO NELLE

COMUNITÀ LOCALI (GUI, 2004):

1. promuovere una “comunità competente”, cioè stimolare attraverso l’informazione, la sensibilizzazione, la conoscenza da parte della popolazione dei problemi che la riguardano e delle risorse che può possedere, cercando di sviluppare partecipazione, abilità progettuali, competenze relazionali, capacità di problem solving nelle aggregazioni sociali esistenti, ma sollecitando nel contempo anche la creazione di nuovi gruppi, di iniziative di self-help, di forme innovative di servizi autogestiti, di reti di sostegno;

2. coinvolgere la popolazione nella definizione degli obiettivi della politica sociale locale, nella progettazione e realizzazione di reti integrate di servizi e interventi attraverso azioni di informazione, concertazione e mediazione con gli organismi decisionali politici.

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IL CODICE DEONTOLOGICO DEGLI

ASSISTENTI SOCIALI AL TITOLO IV

DEFINISCE LE

RESPONSABILITÀ

DELL´ASSISTENTE SOCIALE

NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ

CAPO I PARTECIPAZIONE E PROMOZIONE

DEL BENESSERE SOCIALE (ARTT. 33 – 40).

(Filippini, Bianchi, 2013) 16

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ARTICOLO 33

L´assistente sociale deve contribuire a

promuovere una cultura della solidarietà e

della sussidiarietà, favorendo o

promuovendo iniziative di partecipazione

volte a costruire un tessuto sociale

accogliente e rispettoso dei diritti di tutti;

in particolare riconosce la famiglia nelle

sue diverse forme ed espressioni come

luogo privilegiato di relazioni stabili e

significative per la persona e la sostiene

quale risorsa primaria. 17

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Il Codice attribuisce all’assistente sociale una

funzione sociale e politica.

Punti cardini di questo articolo sono lo sviluppo

di comunità e la famiglia.

La stessa Costituzione all’articolo 3 riconosce il

valore della solidarietà come condizione

essenziale per la realizzazione concreta

dell’uguaglianza sostanziale.

In quest’ottica la professione sociale trova la

propria ragione d’essere nella logica della

solidarietà comunitaria, che giustifica

l’intervento stesso del servizio sociale. 18

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ARTICOLO 34

L´assistente sociale deve contribuire a

sviluppare negli utenti e nei clienti la

conoscenza e l´esercizio dei propri diritti-

doveri nell´ambito della collettività

e favorire percorsi di crescita anche

collettivi che sviluppino sinergie e aiutino

singoli e gruppi, soprattutto in situazione

di svantaggio.

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Questo articolo individua due ambiti di responsabilità tra loro interconnessi:

1. il contributo per lo sviluppo della conoscenza e della possibilità di esercizio di diritti e doveri,

2. il sostegno a percorsi di crescita collettivi, in particolare di soggetti in situazioni di svantaggio.

Agli assistenti sociali viene da sempre attribuita la responsabilità di promuovere la giustizia sociale.

Il presupposto è quello di intervenire con i “poveri di diritti”, e non semplicemente per la loro difesa. L’intervento orientato all’empowerment mira al rafforzamento delle capacità e delle risorse autonome, restituisce alle persone la possibilità di assumere un ruolo e una presenza attiva.

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ARTICOLO 35

Nelle diverse forme dell´esercizio della

professione l´assistente sociale non può

prescindere da una precisa conoscenza

della realtà socio-territoriale in cui opera e

da una adeguata considerazione del

contesto culturale e di valori, identificando

le diversità e la molteplicità come una

ricchezza da salvaguardare e da difendere,

contrastando ogni tipo di discriminazione. 21

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La dimensione comunitaria del servizio sociale richiede la conoscenza del territorio, delle domande individuali e collettive che esso esprime, del tessuto sociale organizzato e delle sue espressioni associative.

L’assistente sociale deve saper guardare oltre il proprio ufficio, deve poter individuare i nodi critici che la popolazione in varie forme manifesta e intercettare i soggetti già operativi localmente sulle criticità.

La mappature dei bisogni e delle risorse del territorio è un’attività in continua progressione.

L’impegno per la promozione delle pari opportunità rispetto ai soggetti discriminati (sulla base di diverse dimensioni quali il genere, l’etnia, l’età, l’orientamento sessuale, lo stato socioeconomico, l’handicap, le opinioni politiche e le credenze religiose) si fonda sulla promozione di un’idea di cittadinanza che comprende le diversità, senza che queste si traducano in asimmetrie di diritti e di accesso a risorse e possibilità.

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ARTICOLO 36

L´assistente sociale deve contribuire alla

promozione, allo sviluppo e al sostegno di

politiche sociali integrate favorevoli alla

maturazione, emancipazione e

responsabilizzazione sociale e civica di

comunità e gruppi marginali e di

programmi finalizzati al miglioramento

della loro qualità di vita favorendo, ove

necessario, pratiche di mediazione e di

integrazione. 23

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L’ambito di responsabilità descritto in questo articolo fa riferimento alle funzioni di programmazione, progettazione, organizzazione e gestione dei servizi.

Tra le attività che possono essere praticate in questa prospettiva, le più significative sono:

progettare servizi e attività in risposta a situazioni di bisogno e di disagio (a favore di utenti, famiglie, gruppi, comunità) anche in un’ottica preventiva;

partecipare alla realizzazione dei processi derivanti dalla programmazione locale (principalmente attraverso i piani di zona);

partecipare alla definizione di protocolli di intesa e convenzioni per la gestione di specifici progetti (tra servizi, enti pubblici e privati);

promuovere e sperimentare soluzioni e modelli innovativi di servizi e strumenti di lavoro.

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ARTICOLO 37

L´assistente sociale ha il dovere di porre

all´attenzione delle istituzioni che ne

hanno la responsabilità e della stessa

opinione pubblica situazioni di

deprivazione e gravi stati di disagio non

sufficientemente tutelati, o di iniquità e

ineguaglianza.

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Questo è uno dei doveri più delicati dell’assistente sociale:

sentinella sociale,

advocacy.

Nel lavoro quotidiano, in particolare nel contesto delle attuali linee di politica sociale, gli assistenti sociali si trovano spesso a confrontarsi con mandati contraddittori, che enfatizzano un ruolo di controllo sugli individui a scapito di un ruolo di advocacy e di un lavoro di promozione politica e sociale.

L’assistente sociale deve pertanto promuovere un costante rapporto con le istituzioni, primariamente con quella di appartenenza, contribuendo, con le proprie segnalazioni, a indirizzarne le politiche, orientarne gli investimenti e influire sui processi decisionali (ruolo tecnico e politico dell’assistente sociale).

Occorre non legittimare nell’attività quotidiana scelte politiche che contrastano con i principi dei diritti umani e della giustizia sociale.

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ARTICOLO 38

L´assistente sociale deve conoscere i

soggetti attivi in campo sociale, sia privati

che pubblici, e ricercarne la collaborazione

per obiettivi e azioni comuni che

rispondano in maniera articolata e

differenziata a bisogni espressi, superando

la logica della risposta assistenzialistica e

contribuendo alla promozione di un

sistema di rete integrato. 27

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Oggi più che mai il sociale ha bisogno di

interconnessioni, di una lettura non parcellizzata

dei bisogno delle persone e dei loro contesti di

vita, d’interventi di rete, di attenzione a far

risorgere e a vitalizzare la comunità, restituendo

responsabilità e protagonismo.

E’ sempre più importante lasciarsi coinvolgere in

analisi multifattoriali dei problemi sociali,

lavorare cooperativamente con altri

professionisti, per riuscire a sviluppare servizi e

programmi che connettano i problemi personali

con aspetti strutturali e politici.

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In conclusione,

è possibile affermare che di fronte ai profondi

mutamenti nei sistemi di welfare,

è sempre più necessario che gli assistenti sociali

tornino a occuparsi in modo più esplicito e

convinto il proprio ruolo sociale e politico,

supportando le amministrazioni

ma anche analizzando in modo critico il rapporto

instaurato con le politiche sociali.

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