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IL LABIRINTO Periodico telematico di informazione culturale Anno 2, n°3 Marzo 2009 Comitato Scientifico : Sandy Furlini, Paolo Cavalla, Katia Somà, Roberta Bottaretto www.volpianomedievale.it [email protected] SIMBOLI ED ESOTERISMO (a cura di Sandy Furlini) Il termine simbolo deriva dal greco “symbolon”, segno di riconoscimento ma anche convenzione e patto, dal tema del verbo symballo, metto insieme. Infatti si osserva come tale verbo possa essere inteso come unione di syn, (= con, insieme) e ballo (=gettare, porre, mettere). Nell’antichità di disse simbolo l’anello o altro contrassegno/segno di riconoscimento, che si ottiene spezzando irregolarmente in due parti un oggetto in modo che il possessore dell’una delle due parti possa farsi riconoscere, mostrando come essa coincida con l’altra. Il simbolo diviene quindi una entità che contiene nella sua essenza il concetto di dualismo cosmico ovvero il doppio significato. Ma quale è il doppio significato del simbolo? Innanzitutto ciò che rappresenta, l’immediata valutazione oggettiva. Ad esempio, l’acqua e materia fluida che scorre sulla terra ma nel contempo identifica la fertilità la componente femminile degli esseri viventi. Ecco che si possono delineare due significati per ogni simbolo: il primo, evidente, chiaro, apparente, è quello essoterico; il secondo, nascosto, criptico, necessita di studio ed approfondimenti per essere svelato ed è quello esoterico. Definiamo esoterismo un termine che deriva dal prefisso greco eso, che originariamente aveva il significato di interiore e venne applicato, in principio, all’insegnamento di Aristotele (dal 334 al 322 a.C.) nel suo Liceo a discepoli già forniti di un alto grado di istruzione. E’ Clemente Alessandrino ad usarlo per la prima volta nella sua opera “Stromata” in cui scrive: “ I seguaci della scuola di Aristotele dicono che fra le loro opere alcune sono esoteriche, altre sono destinate al pubblico o essoteriche.” Lentamente nel corso dei secoli, il termine esoterico è venuto assumendo il significato simbolico di “permettere di penetrare dall’esterno all’interno”, e quindi ad indicare quelle dottrine a carattere segreto i cui insegnamenti sono riservati agli adepti ai quali soltanto è possibile la rivelazione di un significato nascosto. In realtà il significato ultimo del termine risiede nel concetto di studio, approfondimento, comprensione olistica delle cose che ci circondano, non fermandosi soltanto alle apparenze ma adoperandosi affinché la nostra conoscenza penetri nei meandri del creato per giungerne all’essenza. Il senso della parola “esoterico” ha esteso, ormai, il campo originariamente ristretto al punto che l’ampiezza del termine appare del tutto sproporzionata rispetto al suo significato intimo e di origine. Troppo spesso oggi assistiamo ad una sciocca inflazione di concetti molto importanti per l’evoluzione del pensiero umano, a causa di mistificazioni ed abusi spesso guidati da una logica di mercato e del consumismo. Il termine si trova associato così al trastullo di imbroglioni ed ipocriti che ne fanno largo uso, quasi ad esclusivo ornamento del loro linguaggio, come se la parola potesse in un certo qual modo dar credito ai loro discorsi. Analizzare intellettualmente i simboli è quindi come sbucciare lentamente un frutto per scoprirne il nocciolo. Il simbolo aiuta così a scoprire quella realtà che risiede oltre le apparenze, opera così una sintesi unificante, mettendo chi l’osserva in grado di riflettere e di proiettarsi verso archetipi. Pag.1 Mosaico pompeiano G.W. Leibniz in Dissertatio de arte combinatoria, 1666 Rappresentazione delle categorie del mondo naturale secondo Aristotele e delle possibili trasformazioni che in esso avvengono

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IL LABIRINTOPeriodico telematico di informazione culturale

Anno 2, n°3 Marzo 2009 Comitato Scientifico: Sandy Furlini, Paolo Cavalla,

Katia Somà, Roberta Bottarettowww.volpianomedievale.it

[email protected]

SIMBOLI ED ESOTERISMO (a cura di Sandy Furlini)

Il termine simbolo deriva dal greco “symbolon”, segno di riconoscimento ma anche convenzione e patto, dal tema del verbo symballo, metto insieme. Infatti si osserva come tale verbo possa essere inteso come unione di syn, (= con, insieme) e ballo (=gettare, porre, mettere). Nell’antichità di disse simbolo l’anello o altro contrassegno/segno di riconoscimento, che si ottiene spezzando irregolarmente in due parti un oggetto in modo che il possessore dell’una delle due parti possa farsi riconoscere, mostrando come essa coincida con l’altra. Il simbolo diviene quindi una entità che contiene nella sua essenza il concetto di dualismo cosmico ovvero il doppio significato. Ma quale è il doppio significato del simbolo? Innanzitutto ciò che rappresenta, l’immediata valutazione oggettiva. Ad esempio, l’acqua e materia fluida che scorre sulla terra ma nel contempo identifica la fertilità la componente femminile degli esseri viventi. Ecco che si possono delineare due significati per ogni simbolo: il primo, evidente, chiaro, apparente, è quello essoterico; il secondo, nascosto, criptico, necessita di studio ed approfondimenti per essere svelato ed è quello esoterico.Definiamo esoterismo un termine che deriva dal prefisso greco eso, che originariamente aveva il significato di interiore e venne applicato, in principio, all’insegnamento di Aristotele (dal 334 al 322 a.C.) nel suo Liceo a discepoli già forniti di un alto grado di istruzione. E’ Clemente Alessandrino ad usarlo per la prima volta nella sua opera “Stromata” in cui scrive: “ I seguaci della scuola di Aristotele dicono che fra le loro opere alcune sono esoteriche, altre sono destinate al pubblico o essoteriche.”

Lentamente nel corso dei secoli, il termine esoterico è venuto assumendo il significato simbolico di “permettere di penetrare dall’esterno all’interno”, e quindi ad indicare quelle dottrine a carattere segreto i cui insegnamenti sono riservati agli adepti ai quali soltanto è possibile la rivelazione di un significato nascosto. In realtà il significatoultimo del termine risiede nel concetto di studio, approfondimento, comprensione olistica delle cose che ci circondano, non fermandosi soltanto alle apparenze ma adoperandosi affinché la nostra conoscenza penetri nei meandri del creato per giungerne all’essenza.Il senso della parola “esoterico” ha esteso, ormai, il campo originariamente ristretto al punto che l’ampiezza del termine appare del tutto sproporzionata rispetto al suo significato intimo e di origine. Troppo spesso oggi assistiamo ad una sciocca inflazione di concetti molto importanti per l’evoluzione del pensiero umano, a causa di mistificazioni ed abusi spesso guidati da una logica di mercato e del consumismo. Il termine si trova associato così al trastullo di imbroglioni ed ipocriti che ne fanno largo uso, quasi ad esclusivo ornamento del loro linguaggio, come se la parola potesse in un certo qual modo dar credito ai loro discorsi.Analizzare intellettualmente i simboli è quindi come sbucciare lentamente un frutto per scoprirne il nocciolo. Il simbolo aiuta così a scoprire quella realtà che risiede oltre le apparenze, opera così una sintesi unificante, mettendo chi l’osserva in grado di riflettere e di proiettarsi verso archetipi.

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Mosaico pompeiano

G.W. Leibniz in Dissertatio de arte combinatoria, 1666 Rappresentazione delle categorie del mondo naturale secondo Aristotele e delle possibili trasformazioni che in esso avvengono

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Periodico telematico di informazione a cura del Circolo Culturale Tavola di Smeraldo. Anno 2, N°3 – Mar.09

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RIFLESSIONI SUL DOLORE – impressioni sull’incontro del 20 Novembre 2008 Volpiano(a cura di Paolo Cavalla) Parte III

Mi pare altresì importante il richiamo espresso dalla dott.ssaBoggio alla educazione al dolore. Partendo infatti dal concetto che la sofferenza è una emozione che viene appresa nel corso dell'infanzia, questa necessita, come per tutte le esperienze sensoriali, di una guida da parte dei genitori i quali sono tenuti durante la crescita ad indirizzare la capacità percettiva del figlio verso una giusta chiave di lettura dell'informazione algogena, al fine di decifrarne correttamente il messaggio biologico sottostante e interagire con esso in modo corretto. L'errore educativo può comportare infatti o una eccessiva attenzione nei confronti di dolori trascurabili, con generazione di situazioni ansiose riflesse (è il caso per esempio delle madri che intasano le sale d'attesa dei pediatri per disturbi banali che non sanno più riconoscere come tali), o la sottovalutazione del dolore come sintomo di una patologia grave (per esempio il dolore toracico in corso di attaco cardiaco acuto). E' evidente che la mentalità moderna, in contrapposizione a quella dominante in un passato neanche tanto remoto, è più affine al primo modello comportamentale. Ciò soprattutto in conseguenza del fatto che la progressiva evoluzione tecnologica (vuoi per la rapida evoluzione dei presidi diagnostici e terapeutici, vuoi per le attuali condizioni di sostanziale benessere dei Paesi occidentali) ha creato una visione di allontanamento dal concetto dolore-malattia e da quello di morte, relegando queste realtà biologiche in uno sgabuzzino della nostra mente e rendendole quasi inaccettabili. L'ansia generata dalla errata valutazione del dolore è quella che poi rende la calca sempre più di casa nelle sale d'attesa degli ambulatori medici e dei pronti soccorsi, affollate di persone che non si sanno più ascoltare e necessitano di qualcuno che traduca il linguaggio biologico del loro corpo e li rassicuri sulle cause del loro dolore.

Una maggiore responsabilizzazione nella gestione del proprio dolore potrebbe forse determinare la riduzione del bisogno psicologico di terzi su cui scaricare il proprio disagio generato dal dolore da patologia non evolutiva, evitando così di destabilizzare i rapporti umani interpersonali (familiari e sociali) e di sprecare risorse sanitarie che potrebbero così essere correttamantecanalizzate verso chi ne avrebbe realmente bisogno. Vale forse la pena ricordare che l'atteggiamento di diseducazione sociale nei confronti del dolore precedentemente riportato si contrappone a quello, non meno criticabile, della rassegnazione al dolore come parte integrante ed inalienabile dal contesto biologico di un individuo.

Un momento della Conferenza. Chiesa della Confraternita Volpiano (TO) – Drssa Boggio, Prof. Gioffrè, Don Zeppegno.

Va evitato però di cadere, come fanno alcune correnti mistiche religiose, nella tentazione di dare ai simboli una loro valenza sacrale in sé, attribuendo loro un potere mistico, magico.... questa è la strada per fare dei simboli degli idoli, dei totem da adorare, ovvero a farne degli oggetti sacri destinati ad un culto religioso o misterico. In una vera concezione esoterica, i simboli sono invece mezzi di riflessione, di conoscenza, d’intellezione, cioè di GNOSI e non hanno di per sé un potere magico, né un significato univoco codificato o dogmatizzato. Jung osserva che molti simboli non sono individuali ma collettivi nella loro origine e natura.Su questo ragionamento è possibile enunciare il principio secondo cui possa essere esistita una comune base psichica ed intellettiva dell’uomo, comune in ogni tempo e luogo, che possa aver portato alla creazione di archetipi fondamentali, sia simbologici, sia di comunanza di ragionamenti. Ciò potrebbe rappresentare il Mondo delle Idee già prospettato da Anassagora, come “memoria delle cose, capacità di notarle e rilevarle. Ruolo fondamentale assume in quest’ottica della conoscenza il “mentalismo” platonico, cioè quella tendenza ad acquisire un sapere “tirato fuori dal proprio fondo”.Disse Einstein: “ Io credo in Dio che si rivela nell’armonia ordinata dell’Universo.... alla base di ogni ricerca scientifica vi è la convinzione che il mondo non è governato dal caso, bensì da una Entità ordinata e comprensibile”.Ma quale è il significato opposto al simbolo? Dal greco “diaballo”, unione di dia (=attraverso) e ballo, il già citato gettare, porre o mettere. Si ottiene così il significato separatore, entità che disunisce, contrariamente appunto al simbolo, concetto che racchiude un senso positivo di unione... o comunione. Infatti la conoscenza della natura e con essa del mondo, di ciò che ci circonda, del creato, mediante attenta osservazione e meditazione interiore, ci porta alla conoscenza delle leggi che la governa e con esse del creatore. René Guénon sosteneva che i simboli anche se apparentemente assumono significati distorti quando giungano alla portata della massa, traghettatrice inconsapevole del loro peso originale, non perdono mai quel valore intrinseco che resta “oscuro” sino a quando chi ha la capacità di osservarli dal giusto punto di vista ne può comprendere i reali significati.

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Questo tipo di inclinazione è certamente più vicino al tessuto sociale delle generazioni precedenti, ma in alcuni casi è possibile rilevarlo anche ai giorni nostri, soprattutto in un ambito rurale. Potrebbe essere spunto di riflessione per una domanda da rivolgere all'amico teologo don Zeppegno: se la rassegnazione al dolore possa essere interpretata come il retaggio di una mentalità cristiana improntata all'emulazione del Cristo che si fa carico dei peccati dell'Umanità per estinguerli con la resurrezione attraverso la propria sofferenza e morte. Cioè, si può pensare che per un certo tipo di mentalità di stampo cristiano la sopportazione del dolore possa rappresentare in qualche modo il mezzo per la redenzione dai propri peccati? Chiederemo...

Proprio don Giuseppe Zeppegno è intervenuto a questo nostro simposio ponendo l'accento su un aspetto molto importante del problema: la condivisione del dolore. Egli ha sostenuto la fondamentale importanza che il soggetto sofferente non venga abbandonato a vivere da solo la sua malattia e il riferimento va soprattutto alle gravi malattie degenerative e tumorali e agli stadi terminali, condizioni patologiche abitualmente caratterizzate daimportante dolore cronico. E' necessario e in qualche modo terapeutico, che il malato venga aiutato affettivamente a sopportare il suo carico di dolore. Attenzione, queste poche righe potranno fare sorridere: è facile che qualcuno possa giudicarle “scontate”. Sicuramente non sarà così per chi si è trovato nella situazione di dover gestire la sofferenza di un congiunto per lunghi periodi di tempo. Troppo spesso si vedono pazienti cronici e teminali abbandonati nei letti delle corsie ospedaliere o in altri tipi di strutture non sempre adeguatate alle loro difficili condizioni cliniche, perchè la loro presenza in ambito familiare diventa difficilmente gestibile. E' risaputo infatti che la presenza di un soggetto sofferente possa risultare destabilizzante per il gruppo in cui vive, in modo proporzionalmente maggiore quanto più il legame affettivo cresce. E questo non solo per l'impegno logistico che deriva dalla gestione clinica della sua malattia, ma anche, e soprattutto, per l'impegno emotivo che comporta il farsi carico della sua sofferenza. Ecco che diventa un atto di coraggio condividere lasofferenza con il malato e sopportare quotidianamente le manifestazioni del suo disagio.

Il trionfo della morte affresco della Scuola Catalana Sec XV Museo Nazionale di Palermo

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L’incontro ha ottenuto il patrocinio di:

Società Italiana Cure Palliative

Associazione Medici Cattolici Italiani

COMUNE DI VOLPIANO

COMUNE DI SAN BENIGNO C.SE

Recentemente, leggendo una raffinata commedia intitolata “L'eleganza del riccio” e scritta da una giovane autrice francese, Muriel Barbery, sono rimasto colpito dalla descrizione del clima devastante che la sofferenza di un malato allo stadio terminale determina all'interno dell'ambito famigliare. La protagonista del romanzo a un certo punto afferma a proposito dalla malattia del marito: “Quando la malattia entra in una casa non si impossessa soltanto di un corpo, ma tesse tra i cuori un'oscura rete che seppellisce la speranza. Come una ragnatela che avvolge i nostri progetti ed il nostro respiro, giorno dopo giorno inghiotte la nostra vita. Quando rincasavo avevo la sensazione di entrare in un sepolcro e avevo sempre freddo, un freddo che niente riusciva a mitigare, al punto che, negli ultimi tempi, quando dormivo al fianco di Lucien, mi sembrava che il suo corpo assorbisse tutto il calore che il mio era riuscito a trafugare altrove.”E con questa citazione, che mi pare molto realistica, cedo il campo alla riflessione di chi legge, nella speranza che questo nostro dibattito abbia incontrato l'interesse del pubblico e abbia stimolato maggiore attenzione verso un aspetto così importante dell'esistenza umana.

Purtroppo non tutti sono disposti a questo tipo di sacrificio, che, non lo nego, è molto impegnativo. Oltre a tutto la negazione dell'affetto e della condivisione dell'ambiente famigliare spesso fa si che il malato si lasci andare e paradossalmente risponda con maggiore difficoltà alle terapie somministrate. Non posso che condividere appieno l'opinione espressa da don Zeppegno, che risulta in sintonia con il mio pensiero e complementare alla convinzione che, in un mondo in cui si riflette in modo forse eccessivo sulla qualità delle terapie e la dignità della vita, si dedica poca importanza alla qualità affettiva dell'assistenza e alla dignità della morte. Con ciò voglio dire che non sempre il malato che sta meglio è quello che si lamenta meno, ma quello che può contare su di un adeguato apporto affettivo, e che non sempre la morte migliore è quella in ospedale perchè lontano dalla vista di chi non vuole vedere.

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AMENHOTEP IV / AKHENATON E LA RIFORMA AMARNIANA (A cura di Federico Bottigliengo)

Il faraone Akhenaton fu il decimo sovrano della XVIII dinastia e regnò per sedici anni tra il 1351 e il 1334 a.C. Il suo nome di nascita fu Amenhotep (“Amon è soddisfatto”), come suo padre prima di lui, assumendo con l’incoronazione quello di Neferkheperura-Uaenra (“Perfette sono le manifestazioni di Ra –L’unico di Ra”).Il sovrano è passato alla storia come il faraone eretico che tentò di sostituire il culto di un’unica divinità, Aton, a quello dell’intero pantheon egizio. La sua riforma religiosa, detta amarniana dal nome attuale della nuova capitale che egli fece erigere, Tell el-Amarna, venne considerata rivoluzionaria e artefice del primo monoteismo della storia.Il cambiamento tuttavia non fu particolarmente rivoluzionario: siamo piuttosto lontani dalla religione rivelata che molti hanno voluto vedervi. Dagli inizi della XVIII dinastia (metà del XVI sec. a.C.) si può infatti seguire l’ascesa del culto di Ra di Eliopoli, una tendenza già iniziata nel Medio Regno (XX sec. a.C.): la “solarizzazione” del dio Amon, ad esempio, nella forma sincretistica “Amon-Ra”.

Durante il regno di Amenhotep IV si delineò una situazione conflittuale che contrappose il faraone ad altri apparati di governo, particolarmente alla burocrazia statale e al potente clero di Amon, il dio dinastico patrono della capitale Tebe. Il potere di questo sovrano è da connettere pertanto a un processo contemporaneo di esaltazione dell’autorità regale, attraverso la valorizzazione dei suoi aspetti divini: tale processo era già stato avviato già molto prima del suo regno, caratterizzandosi soprattutto nello spiccato interesse per l’antico potere regale. Inoltre il disco solare, l’Aton, come simbolo supremo del potere regale, costituiva un’espressione visibile della divinità del re, senza connotati mitici e più adeguata rispetto a una figura così fortemente connotata come quella di Amon. La sua opera di riforma fu realizzata passo dopo passo, non appena venivano a crearsi le necessarie premesse politiche.Inizialmente Amenhotep IV regnò da Tebe, dove aveva intrapreso un programma di costruzioni tradizionali. A partire dal secondo anno del suo regno, iniziò ad assegnare il rango supremo ad Aton e diede inizio all’edificazione di un suo tempio all’interno del grande santuario di Karnak, il Gem-pa-aton. Nel quarto anno di regno, inviò il Primo Profeta di Amon in spedizione in una cava di pietra “nel deserto”, in tal modo fu tenuto lontano dagli avvenimenti della capitale; nel frattempo Akhenaton e sua moglie Nefertiti si recarono nel luogo in cui, su ordine di Aton stesso, sarebbe dovuta sorgere la nuova capitale.

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Horemheb in adorazione di RA-HORAKHTY

Nel quinto anno diede inizio alla fondazione della nuova capitale che chiamò Akhetaton (“l’orizzonte di Aton”), l’attuale Tell el-Amarna. Nello stesso anno il re modificò la sua titolatura regale, cambiando addirittura il nome di nascita in Akhenaton (“spirito-trasfigurato di Aton”, “emanazione creativa di Aton”) , dove per akhsi intende la condizione ultima a cui tutti aspirano, uno ‘statoenergetico’ associato a quello divino. Il dio Ra continua a rimanere all’interno di essa (non viene sostituito il nome Neferkheperura-Uaenra); viene inoltre assegnato un posto privilegiato alle antiche divinità solari (Ra, Horakhty e Shu) e il sincretismo stesso sopravvive. La titolatura stessa completa di Aton contiene il nome di tutte e tre queste divinità: “Ra-Horakhtyche appare all’orizzonte nel suo nome di Shu che è nell’Aton”; su alcune iscrizioni Horakhty è addirittura chiamato il “dio che non ha eguali”, il che non implica nessuna diminuzione nei confronti di Aton, ma mette in risalto la divinità di volta in volta adorata.

Amenhotep

Neferkheperura-Uaenra

Frammento di architrave con Akhenaton in forma di sfinge che compie offerte.

Akhenaton

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Si può parlare quindi di pieno accordo con il senso di venerazione enoteisticao monolatria, dove per enoteismo si intende una forma di culto intermedia tra politeismo e monoteismo, in cui viene venerata in particolar modo una singola divinità senza tuttavia negare l'esistenza di altri dèi accanto ad essa: ne viene evidenziata solamente l'inferiorità. Tra il sesto e il nono anno di regno il progetto giunge a parziale conclusione: il re trasferisce la corte nella sua nuova capitale e nella titolatura di Atonscompare il nome di Horakhty. A partire dal nono anno del suo regno Akhenaton dichiara che Aton non è solamente il dio supremo, ma l’unico, e che lui, Akhenaton stesso, è il solo intermediario tra il dio e il popolo. Aton del resto non si rivela attraverso immagini mitiche, ma è accessibile solo attraverso lo sforzo intellettuale; di conseguenza non si manifesta a chiunque, ma solo ad Akhenaton e a quelli da lui istruiti. Akhenaton è “l’unico di Ra”, “non c’è nessun altro che ti conosce” sottolinea nel famoso inno al dio. Sono proibite le immagini degli altri dei e vi è un accanimento iconoclasta nei confronti di quelle di Amon; addirittura le iscrizioni che contengono il plurale della parola “dio” sono cancellate. Per la prima volta nella storia il divino diventa uno, l’enoteismo, o monolatria, si è trasformato in monoteismo. Il “dio che non ha eguali” si è trasformato nel “dio che non ha altri oltre a se’”.

AKHENATON, IL FARAONE DEL SOLETratto da Prof. Francesco Tiradritti, curatore della Mostra Palazzo Bricherasio, Torino

Nonostante sia passato ormai più di un secolo da quando gli scavi hanno rivelato al mondo le vestigia di Akhenaton a Tell el-Amarna, il regno del sovrano è ancora considerato un periodo a sé stante della storia egizia. La sua riforma religiosa, che investì tutti i campi della cultura pur rimanendo a un livello societario elevato, ha ricevuto le più svariate interpretazioni fino a far attribuire al monarca l’etichetta di “eretico”.Su questa valutazione assolutamente a posteriori pesa soprattutto il fatto che con Akhenaton, ed è la prima volta, la civiltà egizia progredisce liberandosi completamente dal proprio passato. Muta in modo radicale abbandonando proprio quel concetto che era stato e continuerà successivamente a costituire il caposaldo di tutta la cultura nilotica: innovare senza rinnegare le proprie origini. Avanzare non dimenticando però mai che tutto l’universo creato era nato dal caos e, senza determinate regole da rispettare, nel caos sarebbe potuto precipitare di nuovo.Qualsiasi cosa si possa dire sul suo conto, è innegabile che Akhenaton si trovò a svolgere la funzione di grande innovatore. Quello che fa veramente la differenza nella valutazione storica della sua figura è capire se questo ruolo gli sia stato imposto dai tempi in cui visse o gli sia derivato da un suo proprio libero arbitrio. Negli anni ha prevalso sempre questa seconda lettura, sicuramente più affascinante.

In una cosa Akhenaton aveva ragione: i tempi erano mutati. Il popolo egiziano non si accontentava più di adorare un dio trascendente. Il tramite del sovrano non era però più sentito come sufficiente per accorciare questa distanza neanche proponendo un’immagine più famigliare e più intima della sua persona. Questo sentimento, che sembra essere nuovo per la civiltà faraonica, si esplicita di lì a poco in una personalizzazione del culto ben attestata dalle numerose testimonianze di pietas personale di età ramesside.Nel promulgare le sue riforme e innalzare il disco solare al rango di dio il tentativo di Akhenaton era sostanzialmente quello di attribuire nuovamente una dignità divina alla figura del monarca nella speranza di arginare lo strapotere del clero di Amon-Ra a Karnak. La lotta tra stato e chiesa continuò ben oltre il suo regno. Ramesse II, riprendendo una strada già percorsa dal padre Sety I, impostò una politica più sottile e saggia rispetto allo scontro in campo aperto in cui si era andato a ingolfare Akhenaton.

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Lastra di Akhenaton che eleva il nome dell‘Aton

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BISANZIO, TRA SUPERSTIZIONE E MAGIA (a cura di Walter Habestumpf)

Negli oltre mille anni d’esistenza dell’impero bizantino le scienze occulte e tutte le pratiche superstiziose a essa connesse furono sempre vietate sia dalle autorità religiose sia da quelle civili, anche se, per i Greci, la magia esisteva realmente, non era opera di truffatori, ma concreta e fattiva azione del demonio. Gli stessi basileis prestavano fede alle pratiche occulte, basti pensare che sotto il regno di Giustiniano (527-565), secondo Giovanni di Nicia, lo stregone Maside, forte del vasto credito che aveva presso la corte, riuscì quasi a convincere l’imperatore che avrebbe potuto inviare un contingente di demoni per fermare l’avanzata dei Persiani. Sotto il regno di Romano I Lecapeno (920-944) un mago e astronomo di nome Giovanni assicurò il basileús che una statua rappresentasse lo zar dei Bulgari Simone: decapitata la statua, il sovrano nemico morì poco dopo. Come non ricordare inoltre l’imperatrice Zoe (1042) il corpo era ricoperto di talismani, amuleti, filatteri raccolti nella vana speranza di vincere la sterilità e, riguardo alla superstizione, Alessio I Comneno (1081-1118) non partiva per un’impresa militare senza portare con sé una “chiave”.

Non solo i sovrani o la corte, ma anche gli ecclesiastici così come il popolo praticavano ogni sorta di magie e di superstizioni: significativo a questo proposito può essere il Registro del Patriarcato Constantinopolitano (1302-1415) che offre un vasto repertorio di maleficia: il “fascino”, la fattura, la magia erotica, vari tipi di filtri e pozioni, incantesimi, oggetti e libri magici, sortilegi e divinazioni. Nessuno, come si è detto, sembra esente da tali pratiche: vi è per esempio un Joàsaf, monaco dell’Odigitria che somministrava un filtro magico-abortivo, preparato dal famoso medico Siropoulos, a una monaca; è ricordata anche una donna del popolo, Amarintina, che esercitava la magia terapeutica, ma vi era anche un’aristocratica, Exotrochina, assai abile nel confezionare filtri amorosi.

Contro queste fatture, le magie e le infermità i Bizantini possedevano una vasta messe di oggetti apotropaici quali le immagini sacre, i filatteri (pergamene con frasi sacre), croci encolpio (recanti all’interno reliquie di santi) e amuleti vari; alcuni di questi reperti, opere di rara fattura, recano iscrizioni magico-religiose, invocazioni o preghiere alle volte di oscuro significato. Tali oggetti, correlati a pratiche e credenze di culto pubblico e privato, dovevano essere comuni e diffusissimi: basti pensare alla collezione privata di G. Tsolozitis che comprende centinaia di questi reperti databili dal periodo bizantino a quello postbizantino (secoli IV-XIX).

Come si può spiegare in un impero metapolitico, incentrato nella fede ortodossa, come era quello bizantino, una così capillare diffusione di queste superstizioni. Si può ragionevolmente supporre che i Greci, credendo fermamente nell’esistenza del diavolo, furono obbligati ad ammetterne la sua nefasta azione sugli uomini, presupposto che ha per conseguenza il fatto di dare fondamento alla magia come questa fosse un fatto reale. Il diavolo è dovunque, costantemente disponibile, non è sempre una forza nascosta, si manifesta all’uomo, ha poteri immensi e le stesse malattie sovente sono confuse con la possessione. Non a caso lo stesso Michele Psello, il colto e raffinato uomo politico e monaco fiorito nel secolo XI, scrisse un trattato dal titolo: Ὁ περί ἐνεργείας δαιμόνωνδιάλογος (Dialogo circa le opere dei demoni), uno scritto in cui teorie neoplatoniche, cristianesimo, manicheismo e gnosticismo si fondono in un complesso discorso che porta poi a una puntuale classificazione e localizzazione dei demoni e del loro nefasto influsso sugli umani.

I demoni possono tentare i cristiani a porsi contro l’ortodossia della Chiesa che interviene con le scomuniche e gli anatemi procurando, dopo la morte dei colpevoli, sia la dannazione dell’anima sia la mancata decomposizione del cadavere. In effetti, è utile ricordarlo, in Occidente l’incorruttibilità del corpo era sovente considerata sinonimo di santità mentre in Oriente il corpo di un morto sotto scomunica rimaneva incorrotto divenendo un tympaniaios.

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Mosaico di Santa Sofia rappresentante Zoe di Bisanzio

Chronicle of Council of Constance (1414 -1418) is Ulrich Riechental (1360's -1436/1437), the scribe of the city of

Constance.

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L’esempio più famoso è quello dell’imperatore Michele VIII Paleologo, morto nel 1282, la cui salma fu traslata alcune volte, ma sempre senza i relativi servizi religiosi e, in questo modo, come narra Giorgio Methochites, così fu punito il basileús reo di aver voluto sottoscrivere a Lione l’unione delle Chiese nonostante l’anatema lanciatogli contro dal patriarca Arsenio Autoriano. Ancora un secolo dopo Filoteo di Selembria ricordava come il cadavere del sovrano fosse incorrotto, scuro se non nero, quasi rigonfio come un tamburo (tympaniaios).

Tale idea era comunemente accettata, anzi il termine tympaniaios / tympanites finì per indicare genericamente il corpo di uno scomunicato che si può lentamente dissolvere solo con l’assoluzione del vescovo così come ricorda il patriarca Gregorio III Melisseno Strategopulo(1443-1452 c.), in una lettera a Giovanni IV Comneno, imperatore di Trebisonda. Il persistere di tale credenza può trovare ancora oggi un riscontro nell’attuale lingua greca δημοτική ove si usa un’espressione, quasi una maledizione, poco elegante quanto scarsamente fine, relativa a questa antica superstizione: Εύχομαι ναμη λιώσουν τα κόκκαλά σου! [Spero che le tue ossa non si sciolgano].

Nota bibliografica- Cupane C., La magia a Bisanzio nel sec. XIV: azione e reazione, in “J.Ö.B.”, 29 (1980), pp. 237-282.- Darrouzes J., Les registre synodal du Patriarcat byzantin au XIVe siècle, Amsterdam 1971.- Ducellier A., Il dramma di Bisanzio. Ideali e fallimento d’una societàcristiana, trad. it., Napoli 1980.- Greenfield R. P. H., Traditions of Belief in Late Byzantine Demonology, Amsterdam 1988.- Maguire H., Byzantine Magic, Washington 1995.- Michele Psello, Le opere dei demoni, trad. it. a cura di P. Pizzardi, Palermo 1989.- Miniati Valeria M., Le superstizioni nelmondo cristiano-bizantino, in Esorcizzare il Male. Credenze e superstizioni a Bisanzio, Αθήνα 2006, pp. 77-86.- Politis N. G., Λαογραφικά Σύμμεικτα, I-III, Αθήνα1920- Rigo A., I vampiri e altre credenze tra età bizantina e postbizantina, in Esorcizzare il Male. Credenze e superstizioni a Bisanzio, Αθήνα 2006, pp. 53-62.

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Pasqua ebraicaPesach o Pesah (detta anche Pasqua ebraica), è una festività ebraica che dura otto giorni e che ricorda l'Esodo e la liberazione del popolo israelita dall'Egitto.La frase "passerò oltre" presente nell’Esodo 12;13-13, viene resa con la parola Pesach; da qui il termine Pasqua. L'Esodo è il secondo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana. È scritto in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la sua redazione definitiva, ad opera di autori ignoti, è collocata al VI-V secolo a.C. in Giudea, sulla base di precedenti tradizioni orali e scritte.

LA PASQUA : ORIGINI E SIGNIFICATI(a cura di Katia Somà)

I due principali comandamenti legati alla festa di Pesach sono: cibarsi di matzah (pane non lievitato) e la proibizione di nutrirsi di qualsiasi cibo contenente lievito durante l'intero periodo della festività. In epoca antica ve ne era un terzo: l'offerta dell'agnello nella sera del giorno 14 del mese ebraico di Nissan ed il cibarsi quella stessa notte del sacrificio di Pesach. I comandamenti sono stati trasformati in una cena particolare chiamata seder celebrata nelle prime due sere della festa. Sebbene parecchie siano le spiegazioni che sono state date al cibarsi di pane azzimo, la più accreditata è che si tratti di un ricordo del pane di cui gli Israeliti si cibarono durante l'Esodo: durante la loro fuga dall'Egitto non ebbero il tempo di far lievitare il pane. La Pesach è una festività felice che viene solitamente trascorsa in famiglia. Durante le prime due sere si usa consumare la cena seguendo un ordine particolare di cibi e preghiere che prende il nome di seder, parola che in ebraico significa per l'appunto ordine. E’ questa l’occasione in cui si narra l'intera storia del conflitto con il Faraone, delle 10 piaghe e della fuga finale.

Cibi simbolici della Pasqua Ebraica: le erbe amare che ricordano la sofferenza del popolo ebraico, il pane azzimo, l’agnello arrostito intero, le erbe rosse, un uovo che simboleggia il lutto e la salsa charoseth, usata dagli schiavi ebrei in Egitto.

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Pasqua cristianaSecondo la testimonianza concorde dei vangeli, dopo tre giorni nel sepolcro, Gesù è risorto. I vangeli non descrivono l'evento, che non ha avuto testimoni diretti, ma solo la testimonianza della tomba vuota e le visioni delle discepole alle quali apparve. La scoperta avvenne all'alba del giorno dopo il sabato, cioè domenica mattina, quando le discepole (di numero variabile a seconda dei vangeli) si recarono al sepolcro per completare l'imbalsamazione del cadavere, lasciata in sospeso il venerdì sera per il sopraggiungere del tramonto, inizio del sabato.La festa della Pasqua cristiana è mobile, viene fissata di anno in anno nella domenica successiva al primo plenilunio successivo all'Equinozio di Primavera (il 21 marzo). Questo sistema venne fissato definitivamente nel IV secolo. La Pasqua con il Cristianesimo ha modificato il suo significato originario determinando il:- passaggio da morte a vita per Gesù Cristo; - passaggio a vita nuova per i cristiani (in particolare per quelli che, nella Veglia Pasquale, ricevono il battesimo).

Il rito greco-ortodossoIn Grecia la Pasqua è sentita più del Natale. In tutto il Paese e in tutte le isolette la sera prima della mezzanotte si tengono processioni verso santuari e chiese, recitando salmi. La Quaresima finisce con il suono delle campane e la celebrazione dei riti di Resurrezione, nella notte di Pasqua. Nelle chiese, al buio, vengono accese candele che devono essere riportate a casa accese. I riti della Pasqua continuano a tavola, con il pane pasquale, dolcetti, uova colorate di rosso e la tipica "Maghiritsa", una zuppa fatta con le interiore dell'agnello.In Russia Sagorsk diviene la capitale della Pasqua: è la cittadina dove risiede il pope di Mosca e di tutta la Russia (massima autorità della religione ortodossa). La celebrazione del rito Pasquale comincia alla mezzanotte del sabato con una processione attorno alla cattedrale. La mattina seguente le famiglie Russe si recano sulla tomba di un parente, dove viene consumato un picnic. La sera di Pasqua si tiene una cena con diversi tipi di carne, pesce e funghi, dove non manca il "Pasxa", un piatto sostanzioso a base di tvorag (ricotta): altre ricette tipiche della Pasqua ortodossa sono il Kulich e il Kisel di frutta varia

La Pietà di Michelangelo

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Con il Cristianesimo il concetto di “passare oltre” o “tralasciare” (ricordando l’angelo della Morte che vide il sangue dell'agnello del Pesach sulle porte delle case di Israele e "passò oltre", uccidendo solo i primogeniti maschi degli egiziani), si spinge verso un passaggio alla vita ultraterrena.Perciò, la Pasqua cristiana è detta Pasqua di risurrezione, mentre quella ebraica è Pasqua di liberazione, dalla schiavitù d'Egitto.La Pasqua è preceduta da un periodo preparatorio di astinenza e digiuno della durata di quaranta giorni, chiamato Quaresima. Comincia con la Domenica delle Palme, che ricorda l'ingresso di Gesù in Gerusalemme, dove fu accolto trionfalmente dalla folla che agitava in segno di saluto delle foglie di palma. Per questo motivo nelle chiese cattoliche, durante questa domenica, vengono distribuiti ai fedeli dei rametti di olivo benedetto (segno della passione di Cristo).

Elementi simboliciTra gli elementi simbolici di questi rituali ve ne sono alcuni oggetto di successiva appropriazione da parte del culto cristiano, come l’uovo, simbolo di fertilità sacro già per i greci, che veniva consumato e dipinto ispirazione alle fantasie naturalistiche osservate nelle livree degli uccelli; o il cero, simboleggiante la vita che perdurava in tutta la notte rituale, che veniva spento solo nella mattina successiva.Un altro elemento simbolico ricorrente in queste tradizioni è il coniglio che rappresenta la fertilità per la velocità con cui prolifica

S. Dali – “Birth of New Man”

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L'uovo di Pasqua : simboli alchemici(a cura di Sandy Furlini)

L'uovo è da sempre stato considerato dall’uomo come simbolo di fertilità, riconoscendogli poteri magici, di rinascita, quasi di sacralità. Già al tempo del paganesimo, in alcune credenze, il Cielo e la Terra erano ritenuti due metà dello stesso uovo, e le uova erano il simbolo del ritorno della vita. Da sempre, associate al festeggiamento della primavera, con l'avvento del Cristianesimo divennero simbolo della rinascita non della natura ma dell'uomo stesso, della resurrezione del Cristo: come un pulcino esce dell'uovo, oggetto a prima vista inerte, Cristo uscì vivo dalla sua tomba. L’uovo inoltre compare nei miti delle origini di molti popoli quasi ha superare i confini naturali della terra e divenire un simbolo apotropaico che scaccia il male.

Nelle cosmogonie di molti popoli è presente l'immagine dell'uovo del mondo. L'induismo vede il cosmo a forma ovale, diviso in una parte inferiore, composta di sette ripiani,al di sotto dei quali c'è l'inferno, e di una parte superiore che comprende la terra e l'atmosfera sino al sole, il cielo stellatoe quattro cieli di materia sempre più sottile. Nell'antico Egitto si riteneva che la potenza demiurgica Knef, la grande anatra, avesse prodotto dalla bocca un uovo in cui erano contenuti tutti gli elementi necessari alla creazione: ne uscì Thot, dalla testa di ibis, il dio saggio e sapiente che divenne l'Ermes dei greci. Secondo un'altra tradizione, l'uovo primordiale era un uovo madre, la Querchet, da cui nacquero il dio sole e tutte le forze vitali. Secondo la popolazione Bambara del Mali gli elementi necessari alla creazione sono stati liberati dopo lo scoppio dell'uovo cosmico: lo spirito si innalza nello spazio grazie alla rotazione di una vibrazione sonora. La tradizione indiana vede l'uovo cosmico, covato da un'oca, nascere dalle acque: è il soffio divino. Una volta divisosi ha dato vita al cielo e alla terra, all'uomo e alla donna. In Finlandia è di nuovo un'anatra a deporre e consegnare alla vergine le sette uova che, rompendosi al contatto con l'acqua, creano il mondo. La cosmogonia cinese origina con l'apertura di un uovo contenente il caos. Ne fuoriescono elementi pesanti Yin e leggeri Yang, che costituiscono la terra che sostiene e il cielo che copre. Un'altra tradizione, quella Hun-tien, raffigura la terra e il cielo come il tuorlo e guscio di un grande uovo, il cui albume corrisponde all'oceano primordiale.

Sacra Conversazione. Piero della Francesca, 1472. Tempera su tavola, 248

× 150 cm - Milano, Pinacoteca di Brera

Nel processo alchemico l'uovo è rappresentato dal recipiente di cottura, il vaso contenitore degli elementi da cui nascerà nuovavita, simbolo di rigenerazione. Da qui il ricco simbolismo del calderone celtico e del “pentolone delle streghe” di cui parleremo in modo più completo alla conferenza del 19 Marzo a San Benigno Canavese in occasione dell’incontro con Massimo Centini sulla stregoneria in Piemonte.

Dal vaso alchemico si leverà l'aquila o la fenice, l'anima sarà finalmente libera, come la farfalla che esce dalla crisalide. Inquesto senso il simbolo dell'uovo cosmico è analogo a quello della caverna, il luogo a cui si accede dopo una prima morte con una seconda nascita, quella che riguarda la sfera psichica e quindi quella più strettamente individuale.

Nella letteratura medievale vi sono vari accenni all'uovo di struzzo come simbolo cristiano della creazione ed è con questo valore che viene usualmente appeso nelle chiese dell'Abissinia e nell'Oriente cristiano. Un esempio di opera d'arte in cui questa simbologia è palesemente raffigurata è la celebre pala di S. Bernardino, compiuta da Piero della Francesca tra il 1472 e il 1474, ora a Brera. L'attenzione di chi la osserva è immediatamente attirata dalla presenza di un uovo, elemento inusuale, situato proprio al centro della composizione. E' appeso a un filo (asse verticale), alla sommità della volta (varco attraverso il quale l'anima uscirà dal guscio). Il tema dell'ovale è poi ripetuto nel volto (ab ovo, cioè: alle origini) della Madonna (madre terra - femminile) e nella curvatura della possente architettura soprastante (padre – cielo maschile). Per permetterci di leggere l'armonia della composizione, Piero della Francesca, che era un matematico oltre che un pittore, colloca esattamente al centro della pala (originariamente più alta) l'uovo, la forma originale.

In sé rappresenta il potere della vita in quanto l’embrione totipotente è il frutto dell’unione degli opposti ed in esso vive la sua dualità e nel contempo l’uno. Porta in sé tutto ciò di cui abbisogna per svilupparsi ed irrompere nel mondo esterno, superando il guscio, primo ostacolo, ma prima vittoria: così è stato e sempre sarà per tutti i secoli dei secoli.

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CONFERENZE, EVENTI

STORIA DEL MEDIOEVO L’INQUISIZIONE E LE STREGHE

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Martedi’Martedi’ 19 MAGGIO 200919 MAGGIO 2009Conferenza ORE 20.30Villa Volpini – Via Giovanni XXIII n°16 SAN BENIGNO C.SE

Stregoneria in Piemonte: dalla storia al mito - Massimo CentiniSimbolismo: il pentolone delle streghe - Sandy Furlini

Ingresso libero

CAFFE’ LETTERARI IN CORTE

“Corte Re Umberto” Time Out Multicafe

Via Umberto I, 11 Volpiano (TO) Ore 20,30

Martedì 14 Aprile: Gerusalemme 1099: guerra di religioni, nascita del mito templare (Paolo Cavalla, Sandy Furlini)

Martedì 12 Maggio: Religione e Simboli sul Cammino di Santiago de Compostela (Katia Somà, Sandy Furlini)

Martedì 26 Maggio: La Magia nell’Egitto dei Faraoni (Federico Bottigliengo)

Ingresso libero

SEGNALIAMO

MISSIONSanità & Volontariato nel Mondo

Il Corso intende sensibilizzare le coscienze sui temi della vita missionaria e del Volontariato attraverso un iter formativo sia di tipo socio-culturale che medico sanitario, al fine di preparare professionalmente gli operatori del futuro per le missioni umanitarie.

Accreditamento ECM per SanitariResponsabile scientifico: Enrico LargheroMaggio 2009. TorinoSegreteria Organizzativa:Maria Grazia Sinibaldi – tel. 339.42.90.588Info: [email protected]

Gravi stress e perditeproducono anche creatività,

cambiamento ed evoluzione spirituale

Riflessioni su Caravaggio e Rembrandt

12 giugno 2009 ore 15,30 - 18,30Hotel Lancaster, corso F . Turati 8, Torino

Ingreso Liberocon il Patrocinio dell’Ordine degli Psicologi di Torino

Interessante spunto per una riflessione sul tema del lutto. (ndr)

INCONTRI

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Circolo Culturale Tavola di SmeraldoVia Carlo Alberto n°37 10088 Volpiano (TO) Tel. 335-6111237 / 333-5478080http://www.volpianomedievale.itmail: [email protected]

Comitato Scientifico: Sandy Furlini, Paolo Cavalla,Katia Somà, Roberta Bottaretto

Collaboratori:Antico Egitto: Federico BottigliengoStregoneria in Piemonte: Massimo CentiniMedioevo Occidentale e Crociate: Francesco Cordero di PamparatoStoria dell’Impero Bizantino: Walter HaberstumpfArcheologia a Torino e dintorni: Fabrizio DiciottiFruttuaria: Marco NotarioAntropologia ed Etnomedicina: Antonio Guerci Psicologia e psicoterapia: Marilia Boggio MarzetEtica della cura del dolore: Domenico Gioffrè

ISCRIZIONI AL CIRCOLO CULTURALE TAVOLA DI SMERALDO

Collegandosi a www.volpianomedievale.it, nella sezione CONTATTI è possibile scaricare la modulistica predisposta per l’iscrizione.

Ogni aspirante socio dovrà compilare in tutte le sue parti i moduli predisposti ed inviarli al Presidente. La quota associativa per l’anno 2009 è stata fissata dal Consiglio Direttivo pari a €50.

ATTIVITA’ ASSOCIATIVE 2009

ATTIVITA’ DI PROMOZIONE DELLA SALUTEIl Circolo Culturale Tavola di Smeraldo promuove due attività di prevenzione destinate alla cittadinanza.Screening Aneurisma Aorta Addominale.In collaborazione con la Società Medica del Canavese a partire dl 18 Marzo 2009, nei locali dell’Ambulatorio Medico Furlini, Via Carlo Alberto n°37 a Volpiano (TO) sarà possibile eseguire gratuitamente, tutti i Mercoledì, per chi avesse compiuto i 55 anni e con fattori di rischio, un esame Ecografico della Aorta Addominale per ricercare la presenza di eventuale aneurisma (dilatazione della parete)Per prenotazioni, a partire dal 9 marzo, telefonare dalle 09:00 alle 12:00 allo 011-9884195 (lunedì, martedì, giovedì e venerdì)Giornata di prevenzione Ulcer DayL’Associazione Italiana Ulcere Cutanee organizza la seconda edizione della giornata di formazione e informazione sulle ulcere cutanee. La manifestazione si svolgerà il 7 Novembre 2009 dalle 09:30 c/o Ambulatorio Medico Furlini, Via Carlo Alberto n°37 Volpiano (TO). In quell’occasione sarà possibile ricevere informazioni sulla patologia ulcerativa cutanea e visite specialistiche da personale sanitario aderente ai principi della Associazione Italiana Ulcere Cutanee.

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PREMIO “ENRICO FURLINI”RIFLESSIONI SUL DOLORE E LA SOFFERENZA 1° edizione 2009Il Circolo Culturale Tavola di Smeraldo istituisce e dirige il Premio Regionale “Enrico Furlini - Riflessioni sul dolore e la sofferenza”.Il Premio si propone di tributare un omaggio al Dr. Enrico Furlini, Medico di Famiglia e Presidente del Consiglio Comunale di Volpiano, scomparso il 1 Dicembre 2008, ricordandone la grande attenzione dimostrata nei riguardi dei suoi assistiti e dei cittadini Volpianesi durante i suoi 26 anni di attività come medico e politico.Il Concorso intende richiamare l’attenzione e promuovere una cultura della lotta contro il dolore e la sofferenza inutili. Il dolore infatti deve essere gestito dalle sue prime manifestazioni al fine di alleviare sofferenze gratuite che vengono patite inutilmente da molte persone, sia in termini fisici che psicologici.Parlare di dolore in termini diversi, che non siano quelli specifici della medicina e della sanità, ma quelli della poesia, della storia, dell’anima con l’obiettivo di avvicinare le persone e gli operatori sanitari a una realtà spesso trascurata che si colloca “nella persona” e non nella malattia.

IL BANDO COMPLETO, IL MODULO D’ISCRIZIONE ED EVENTUALI AGGIORNAMENTI O MODIFICHE SONO SCARICABILI DAL SITO www.volpianomedievale.it

Scadenza per la presentazione dei lavori 14 Settembre 2009