il Fatto Nisseno - settembre 2015

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Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011 Settembre Anno V Num. 39 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Mensile di approfondimento FREE PRESS 2015 ISSN: 2039/7070 www.ilfattonisseno.it scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it segue a pagina 11 In giro per la Sicilia per ricordare Aldo Naro È partito da San Cataldo per un viaggio che si è protratto 50 giorni in giro per l’Isola. È la storia di Marco, san- cataldese di 32 anni, che ha voluto onorare la memoria di Aldo Naro, il giovane ucciso lo scorso febbraio nella notte di San Valentino in una discoteca di Palermo. Ab- biamo raccolto le emozioni e le sensazioni che ha vissuto nelle strade siciliane: un racconto lungo 1300 chilometri. a pagina 20 F. Palmigiano Racconti di vita Salvare la città: impresa da Supereroi Palazzo del Carmine a pagina 3 L’addio di Parisi, il racconto della sua verità Polizia Municipale a pagina 4 L’ex comandante, in un’intervista, spiega i motivi che lo hanno indotto a rassegnare le dimissioni dal co- mando di via Kennedy. Il mancato supporto dell’Amministrazione, in- comprensioni e lettere anonime: gli ingredienti di un “giallo” che non ha avuto un lieto ne e in cui non si è scoperto “il colpevole”. Marco Carletta “Cammino contro la violenza” il valore del ricordo tra vittime di ma a e miniera Il Presidente della Repubblica a Caltanissetta pagine 15-18

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Approfondimento su Caltanissetta e provincia

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Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

SettembreAnno V Num. 39 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimento

FREE PRESS

2015

ISSN

: 203

9/70

70

www.ilfattonisseno.itscrivi alla redazione: [email protected]

segue a pagina 11

In giro per la Sicilia per ricordare Aldo Naro

È partito da San Cataldo per un viaggio che si è protratto 50 giorni in giro per l’Isola. È la storia di Marco, san-cataldese di 32 anni, che ha voluto onorare la memoria di Aldo Naro, il giovane ucciso lo scorso febbraio nella notte di San Valentino in una discoteca di Palermo. Ab-biamo raccolto le emozioni e le sensazioni che ha vissuto nelle strade siciliane: un racconto lungo 1300 chilometri.

a pagina 20F. Palmigiano

Racconti di vita

Salvare la città: impresa

da Supereroi

Palazzo del Carmine

a pagina 3

L’addio di Parisi,il racconto

della sua verità

Polizia Municipale

a pagina 4

L’ex comandante, in un’intervista, spiega i motivi che lo hanno indotto a rassegnare le dimissioni dal co-mando di via Kennedy. Il mancato supporto dell’Amministrazione, in-comprensioni e lettere anonime: gli ingredienti di un “giallo” che non ha avuto un lieto fine e in cui non si è scoperto “il colpevole”.

Marco Carletta“Cammino contro la violenza”

il valore del ricordotra vittime di mafia e miniera

Il Presidente della Repubblica a Caltanissetta

pagine 15-18

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Fatti & Palazzo del Carmine

L’amministrazione comunale vara il programma di interventi negli asili nido della città con l’utilizzo,

in parte, dei finanziamenti Pac. Il piano di azione che utilizza i fondi europei. Si parte con il completamento dell’asi-lo nido di via Pier Paolo Pasolini dove sono a rischio i fondi stanziati dalla re-gione tanto che è stata autorizzata una gara a proceduta aperta per evitare la perdita del finanziamento di circa 300

mila euro. Da ricordare che il provve-dimento riguarda la gestione dell’asilo nido di via Pier Pisolini nel quartiere Balate-Pinzelli, i cui lavori del primo lotto sono stati completati. Adesso si tratta di ultimare gli interventi che ri-guardano il secondo lotto che prevede l’arredo della struttura e l’ultimazione delle opere come l’area circostante che sarà utilizzata come giardino. La Re-gione nell’ambito del sostegno alla cre-

azione di nuovi sili nido ha ammesso a finanziamento, per un importo di circa cinquecento mila euro, il progetto di re-alizzazione di un asilo nido in contrada Balate, con la clausola che dovrà essere incrementata l’attività di assistenza in favore dei bambini anche attraverso l’apertura pomeridiana dello stesso. In questo senso oltre al finanziamento da parte della Regione per i lavori di com-pletamento è stata prevista la somma

di circa trecento mila euro per l’avvio della gestione anche pomeridiana. La non adesione al programma della Re-gione, che prevede un prolungamento dell’attività, comporterebbe la perdita del finanziamento e la restituzione alla Regione delle somme incassate per la costruzione del primo lotto. Si dovrà intervenire anche, tramite il piano di azione coesione all’utilizzo dei finan-ziamenti dei fondi strutturali dell’u-

nione europera, al progetto di comple-tamento dell’asilo nido per 18 lattanti e 42 divezzi in contrada Santa Petronilla, con un appalto, mediante cottimo fi-duciario, per un importo complessivo di 103 mila euro. Stesso meccanismo e stessa procedura per il progetto di ma-

nutenzione straordinaria dell’asilo di via Napoleone Colaianni dove è in cantiere un progetto di circa cento mila euro. Il quadro degli interventi nelle strutture della prima infanzia si chiude con un ulteriore progetto che riguarda il com-pletamento definito dell’asilo nido ex Onmi dove nel corso della esecuzione dei lavori si è reso necessario apportare delle modifiche al progetto originario per alcune migliorie riscontrate per si-tuazioni imprevedibili per cui si è reso necessario predisporre una opportu-na perizia di variante e assestamento, senza per questo prevedere l’aumento dell’importo complessivo del progetto a suo tempo approvato, che è di 500 mila euro. Per quanto riguarda la funziona-lità di tutti gli asili comunali si è appe-na conclusa la nuova gara di appalto la cui gestione è stata affidata ad una cooperativa di imprese. La nuova gara, che come detto, si è appena conclusa e definitivamente assegnata doveva pre-vedere la riapertura degli asili anche nel mese di agosto e per due strutture comunali anche l’apertura pomeri-diana, ma così non è stato. Previsioni queste che erano state programmate allo scopo di migliorare la qualità e l’in-cremento dell’erogazione del servizio e garantire la piena attuazione dei diritti dell’utenza. Tutto rimane come prima, compreso i cronici ritardi nei pagamen-ti delle spettanze agli operatori.

Adesso è guerra dichiarata. Il comune fa guerra all’azien-da sanitaria provinciale. In

tempi di magra il comune rivendica i quattrini per il ricovero dei disabili derivanti dalle spese sostenute per il mentenimento e ricovero dei disabi-li psichici presso le comunità allog-gio. L’amministrazione comunale ha fino ad oggi saldato le fatture emesse dalla stessa comunità. Si tratta della comunità alloggio San Pietro e San

Paolo gestita dall’associazione Casa Famiglia Rosetta in territorio di Cal-tanissetta che da anni accoglie perso-ne con disagi psichici, con difficoltà a relazionarsi in un contesto familiare. In collaborazione con il dipartimen-

to di Salute Mentale e dei servizi sociali mira a prevenire ed alleviare le pa-tologie che portano ad una emar-ginazione s o c i a l e . L’Azienda S a n i t a r i a Provinciale è tenuta a rimborsare al Comune una parte della retta, secondo il regola-mento di settore; si tratta di una cifra non indifferente che ammonterebbe fino al 2013 ad 1.415.734,10, di euro, somma considerata in aumento per il prolungamento dei ricoveri e alle nuove degenze. L’azienda non ha mai provveduto a rimborsare le somme, più volte richieste nonostante i ripe-tuti solleciti da parte del Comune. Adesso la giunta ha deciso di rompe-re gli indugi promuovendo un azione giudiziaria nei dell’Asp, come anche in più occasioni rilevato da alcuni consiglieri comunali. Da qui quindi la proposta di resistenza in giudizio

conferendo l’incarico ad un legale di fiducia dell’amministrazione in gra-do di rappresentare il comune che ha deciso finalmente di bussare a quat-

trini. (SMI)

di Salvatore Mingoia

Molteplici gli interventi previsti, ma per adesso tutto rimane come prima. Cronici i ritardi nei pagamenti degli stipendi agli operatori

L’Amministrazione vanta un credito di quasi 1,5 milioni di euro. La cifra è relativa ai servizi fino al 2013

Direzione EditorialeMichele Spena

Direttore responsabileMarco Benanti

Collaborazioni:Ivana BaiuncoLiliana Blanco

EticoFiorella Falci

Filippo FalconeGiusy Fasino

Annalisa GiuntaFranco Infurna

Lello LombardoSalvatore Mingoia Fabiola PalmigianoDonatello Polizzi

Alberto SardoGiuseppe Taibi

Giovanbattista Tona

Disegno grafico eImpaginazioneAntonio Talluto

DistribuzioneGiuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6

Caltanissetta

[email protected]/Fax: 0934 - 594864

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Il Comune batte cassa all’ASP

Asili e finanziamenti “Una giostra senza fine”

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Sono i magnifici sette, i candidati a salvare le sorti della città. In un tourbillon di comunicati, annun-

ci, buoni propositi e rilanci ammini-strativi ad ogni piè sospinto. Lo fanno per passione per diletto ed anche per missione. I super eroi sono arrivati al momento giusto, quelli che tolgono ai ricchi per dare ai poveri. C’era negli anni ottanta un cartone animato che li aveva messi tutti assieme da Wonder Woman a Supermen, l’uomo invisibi-le, flesh Gordon e numerosi altri che facevano parte della ricca compagi-ne di valorosi guerrieri. Senza volere obbligatoriamente associare nessuna delle figure frutto della fantasia e usci-te dalla matita di abili disegnatori ai nostri amministratori, della serie ogni riferimento a persone e cose è pura-mente casuale, c’è un super eroe che più degli altri attrae e suscita interesse. Wonder Woman nata per comparare la presenza nel mondo fantastico dei super eroi uomini. Una donna che do-veva avere la stessa forza di Superman ed in più la gentilezza, l’eleganza e la

bellezza femminile. A dimostrazione che anche nel mondo dei sogni le don-ne sono, possono, devono essere forti e volitive, decise ed al contempo dolci ed eleganti. Ahimè un sogno, un de-siderio, un’aspirazione. Nessuna delle

donne attualmente ai vertici delle isti-tuzioni politiche riescono a comparare figure di fantasia e tante di quelle reali che sono passate per le stanze del pote-re nel corso degli anni. Ciascuna con le sue peculiarità in alcuni casi spigolosi-tà ma che comunque sapevano tenere dritta la barra. Giammai nessuna ed una in partiolare avrebbe consentito in un qualunque consiglio comunale attacchi scomposti ad allta voce. Di-

scussioni animate tra le scale o durante l’audizione in commissione. Una volta un consigliere che interrom-peva continuamente l’intervento di una compita e compunta signora allo-ra assessore, si senti rispondere, cito te-

stualmente perchè non si può scorda-re:” Consigliere se fa silenzio e mi lascia parlare magari può essere che impara pure qualcosa.” C’erano le signore della politica che quando entravano in una stanza, gli uomini, in tempi in cui il femminismo ancora era un’astrazione del pensiero, si alzavano cedevano po-sto e ascoltavano il loro contributo di pensiero. Mai un atteggiamento fuori posto, mai un atto di isteria, mai una

risposta sbagliata, solo pochi sonori colpi assestati. Erano le eroine dei co-mizzi in piazza Garibaldi delle battaglie per il lavoro, le antesignane delle attua-li quote rosa. Niente mantelli e super poteri ma solo pazienza conoscenza

e tanto studio.La gavetta della politica partiva dalle associazioni femministe, dal sindacato, dalle lotte di classe, per trasformarsi dopo tanto, ma tanto tem-po in assessorati o scranni in consiglio comunale. Adesso tutto troppo semplice, troppo facile, soprattutto quando si arriva sen-za rappresentanza senza cursus hono-rum, sembra tutto in discesa ed allora è in quel momento che parte l’embolo,

una sorta di delirio di onnipotenza che trasuda anche dagli sguardi. Ma se non si hanno super poteri il che pare difficile nel mondo degli umani e neanche tanta gavetta e conoscenza alle spalle, è improbabile che i problemi

si possono aggiustare da soli. Non sono due tre attività che riempiono il centro storico di gente, non sono quattro ar-ticoli di giornale con tanto di foto in prima a dar ragione di un percorso. Le risposte le trovi dentro di te diceva un signore tanto saggio. Ma prima di tro-varle bisogna cercarle, è necessario che si capisca di aver necessità di fermarsi e far chiarezza. Non c’è vento propizio per chi non ha direzione.

Riflessioni

I Supereroi salveranno la Città

Quartiere Provvidenza

di Ivana Baiunco

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www.ilfattonisseno.it4 Settembre

Andando via non ha “sbattu-to” la porta nonostante, probabilmente, ne

avesse i motivi. Soltanto Maurizio Parisi, 52 anni, laureato in giurisprudenza, da un anno e mezzo coman-dante della polizia municipale di Caltanissetta, può dipanare l’intricata vicenda che si è con-clusa con le sue dimissioni.Da qualche tempo i “veleni” di Palazzo del Carmine, sembra ab-biamo contagiato pure gli uffici del Comando di via Kennedy. Dopo un cocktail micidiale di ricorsi alla graduatoria di merito del concorso, lettere anonime, incomprensioni con l’Amministrazione e una quotidianità sempre più difficile tra mancanza di risorse finanziarie e carenze di per-sonale, il comandante ha deciso di lasciare l’incarico. Ripercorriamo con lui il periodo trascorso a Caltanisset-ta ed i perché di una scelta dolorosa e molto discussa. Ci racconti la sua esperienza nisse-na, ci aiuti a capire meglio quanto sta succedendo. “Il mio percorso di di-rigente al comune di Caltanissetta ini-zia già in maniera tortuosa. Alla gra-duatoria di merito, vengono proposti numerosi ricorsi al Tar, il principale ed il più importante dei quali rigettato sei mesi or sono. Detta situazione ha com-portato il mio inserimento nel l’organi-co dirigenziale a tempo determinato, in quanto l’eventuale esito positivo del ricorso mi avrebbe comportato, una volta licenziatomi dal mio datore di lavoro di origine (ministero della giu-stizia) la perdita dell’impiego, dal quale sono rimasto in aspettativa per tutta la durata del mio incarico, ed al qua-le tornerò avendo nel frattempo perso l’interesse al posto di comandante, pur-ché lo avessi desiderato tanto e insegui-to con pazienza e sforzi notevoli”.

Sentiamo più di una punta di ram-marico e di rimpianto nella sua voce. Lasciare l’impiego di dirigente del corpo di Nisseno, dopo essere stato vin-citore del concorso bandito dall’ammi-nistrazione precedente è una scelta che ho operato con dispiacere, soprattutto dopo avere fatto tanti sacrifici, allonta-nandomi e disagiando la mia famiglia, con due figli ancora adolescenti, scelta che ho adottato dopo un’attenta valuta-zione di ogni alternativa concretamen-

te percorribile.Quali le motivazioni? La principale la mancanza

di sinergia con l’organo politico, con il quale, nonostante tutti i miei sforzi non sono riuscito a costruire un rapporto di collaborazione.Si riferisce all’amministrazione del sindaco Ruvolo. Si purtroppo. Per la verità io prendo in carico un coman-do sottodimensionato.66 componenti, escludendo il personale amministrativo ed ausiliario, dei quali 2 ufficiali, cate-goria D1, provenienti da progressioni verticali dai ranghi dei sottoufficiali, oggi tutti in quiescenza, 47 ispettori capo, sotto ufficiali apicali di catego-ria c5, provenienti dalle progressioni orizzontali degli agenti ed assistenti, e solo 17 assistenti, agenti graduati di ca-tegoria C1 C2, di cui 16 con contratto a tempo determinato (ex l.s.u.) ed un solo stabilizzato. In detta situazione il dato più stridente è la mancanza di ufficiali, per i quali, in tempo utile l’am-ministrazione precedente, con Delibere di giunta 9, 10 e 11 del 6.2.2014 e n. 17 del 21 febbraio 2014, provvedette a organizzare la procedura è bandire i concorsi. Per detti provvedimenti fu espletata ritualmente la concertazione sindacale, conclusasi positivamente il 14 aprile 2014, ed oggetto di ricogni-zione con Delibera di giunta 54 del 24 aprile 2014.In quella sede, valutata congiuntamen-te alle Organizzazioni Sindacali, la possibile durata delle procedure con-corsuali, rivelatasi poi veritiera, atteso che ancora oggi non risultano conclu-se, si stabilì, nel rispetto delle regole di trasparenza e pubblica evidenza, nelle more della conclusione delle procedure concorsuali, di conferire le mansioni superiori a tempo determinato di Uffi-ciale di Polizia Municipale al personale interno in possesso dei requisiti di legge.Faccio presente che detta operazione non avrebbe comportato costi per l’Ammini-strazione, in quanto il trattamento retri-butivo del C5 apicale del Sottufficiale di

P.M. e’ superio-

re a quello del livello iniziale di inquadramento de-

gli ufficiali di Categoria D1.Su tale procedura l’amministrazio-ne Ruvolo non fu dello stesso avviso dell’amministrazione Campisi, con il risultato che ho dovuto gestire un co-mando senza il normale ausilio di fi-gure intermedie che potessero aiutarmi nelle quotidiane incombenze e sostitu-irmi nelle mie a quel punto impossibili assenze per ferie o malattia.A ciò si aggiunge la mancanza di ri-sorse delle quali avevo più volte chiesto disposizione per divise, automezzi, for-mazione professionale, progetti per il miglioramento della sicurezza dei cit-tadini. Difficile gestire senza strumen-ti delle esigenze del territorio sempre crescenti, e per di più con un ammini-strazione le cui aspettative sono inver-samente proporzionali alle risorse che ti mette a disposizione.Quindi un carico di lavoro e respon-sabilità insostenibili alla base della sua decisione?Assolutamente no. Il lavoro non mi ha mai spaventato, e per questo ho ricevuto riconoscimenti da tutte le amministra-zioni per cui ho lavorato, non ultima l’amministrazione Campisi che mi ha formalizzato un encomio. Il vero pro-blema è la mancanza di dialogo e di rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dirigente. Detto rapporto, instaurato precedentemente mi ha permesso, insie-me all’amministrazione, di raggiungere obiettivi ambiziosi quali la riorganiz-zazione degli uffici, il pon sicurezza con l’installazione delle telecamere di sorve-glianza, è venuto meno con la attuale giunta del Sindaco Ruvolo, conseguen-done un calo dell’efficacia dell’azione.Responsabilità dell’attuale ammi-nistrazione sulla sua scelta quindi? Non è compito mio stabilire responsa-bilità. Posso certamente affermare di aver continuato a servire il comune di Caltanissetta con il medesimo zelo. Devo constatare, purtroppo che nei miei confronti, se escludiamo i tentati-vi, purtroppo infruttuosi, effettuati da-gli assessori Falci e Centorbi, di stabilire una linea di dialogo con il sindaco, ho dovuto, con rammarico, constatare che

mi è sembrata fin da subito preclusa la possibilità di instaurare un normale rapporto di collaborazione.A cosa addebita tale apparente chiu-sura nei suoi confronti? Ritengo che ogni sindaco voglia scegliere i propri collaboratori, sta nella logica delle cose. Nel mio caso la precarietà del rapporto di lavoro, così come prima di me lo era stata quella del segretario generale dott. Alessi, abbia offerto all’attuale compa-gine di governo della città una possi-bilità di cambiare almeno una parte della compagine dirigenziale.Anche alla luce delle notizie dif-fuse dal consigliere Oscar Aiello circa azioni di mobbing che la giunta avrebbe esercitato nei suoi confronti, ritiene ammis-sibile tale comportamento? Valuterò in seguito tutti i tristi aspetti della vicenda che mi ha riguardato, ringraziando tutti quanti coloro se ne sono

interessati con il desiderio di fare chiarezza. Per fortuna ho un posto di

lavoro in cui ritornare. Mi costa rinun-ciare alla mia passione di fare il co-mandante della polizia municipale, ma sarebbe di nocumento al mio benessere psico fisico perseverare in una situazio-ne per la quale francamente non vedo sbocchi. Dedicherò più tempo alla mia famiglia ed ai miei figli.Cosa porterà con se di Caltanissetta, solo un brutto ricordo? Al contrario. Forse solo della parte finale della mia permanenza. Indipendentemente dalla stranezza di un mondo politico varie-gato con cui sono stato costretto a con-frontarmi, ho conosciuto tante persone per bene, ho apprezzato la sinergia con le forze dell’ordine e le istituzioni che ringrazio per la collaborazione offerta, e salvo rare eccezioni, con il personale del comando dì polizia municipale. È stata comunque, nonostante le difficol-tà, un esperienza costruttiva della qua-le non ho rimpianti per averla vissuta. Ringrazio e saluto infine i cittadini nell’interesse dei quali ho avuto il com-pito di operare”.

Una vicenda pirandelliana tra incomprensioni, ostruzioni e lettere anonime

Maurizio Parisi

AVVISI LEGALI

Le ragioni di un “Divorzio Amaro”

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAProcedura di divisione endoesecutivo n. 978/2012 RGAC

Estratto avviso di vendita

Si rende noto che in data 07 dicembre 2015, alle ore 12,30 presso la Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta in Via Libertà si procederà alla vendita senza incanto, dei seguenti immobili:Lotto Uno: La piena proprietà di un appezzamento di terreno sito in agro di Santa Caterina Villarmosa, cda Musciarello, di ha 1.60.19 ri-cadente in zona E. -Distinto in catasto terreni del predetto Comune al foglio 26, particella 121 (seminativo, cl. 2, di ha 00.19.70) e al foglio 27, particelle 50 (mandorleto, cl. 3, di ha 00.05.60); 121, (seminativo, cl. 4, di ha 00.19.40), 149 (sem. arbor., cl. 3, di ha 1.11.90), 202 (sem. arbor., cl. 3, di ha 0.01.00), 203 (fabbr. rurale della superficie catastale di ha 0.00.54) e 204 (seminativo,cl. 4, di ha 0.02.05). Prezzo base €uro 4.565,41. Offerta minima in aumento €uro 350,00.Lotto Due: La piena proprietà di un fabbricato sito in Santa Caterina Villarmosa via XXVII Maggio,3, 5, 7, composto da un vano a piano terra con accesso dal civico 7, adibito a magazzino, della superficie di mq.17 circa, due vani al primo piano aventi superficie complessiva di mq. 78 circa ai quali si accede dal civico 3 e due vani al secondo piano della superficie complessiva di mq.78. Il fabbricato è stato rea-lizzato in epoca antecedente il 1967 e versa in cattivo stato di manu-tenzione. Distinto in catasto al foglio 73, particelle 262 sub 6 (piani 1° e 2°, categoria a/4, classe 1, vani 4) e 262 sub 8 (piano T, categoria C/2, classe 1, mq.17) Prezzo base €uro 14.512,50. Offerta minima in aumento €uro 1.000,00Domande di partecipazione in bollo, contenenti la indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento ed ogni altro elemento utile alla valutazione della offerta, da depositare entro le ore 12,30 del giorno precedente la data fissata per la vendita presso la Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta. - Cauzione: non inferiore al decimo del prezzo proposto mediante assegni circolari non trasferibili intestati alla Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta – Sezione Civile – Pro-cedimento di divisione endoesecutivo iscritto al n. 978/2012 RGAAC Versamento residuo prezzo entro 60 giorni da aggiudicazione. Eventuale vendita con incanto si terrà il 21 dicembre 2015 alle ore 12:30, al prezzo base sopra indicato con offerta in aumento non in-feriore a € 350,00 per il lotto Uno e ad € 1.000,00 per il lotto Due. Domande di partecipazione in bollo da depositare in Cancelleria en-tro le ore 12,30 del giorno precedente quello stabilito per l’incanto con assegni circolari non trasferibili, intestati come sopra, di importo pari al 10% del prezzo base d’asta suddetto a titolo di cauzione ed in conto prezzo di aggiudicazione. Versamento saldo prezzo entro gior-ni sessanta dall’incanto, salvo aumento di quinto a norma dell’art. 584 c.p.c. Il tutto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova. Presente avviso, ordinanza di vendita, elaborato peritale ed allegati, consulta-bili sul sito www.astegiudiziarie.it e sul periodico quindicinale “Aste Giudiziarie”. Per ogni ulteriore informazione rivolgersi alla Cancelleria del Tribu-nale Civile di Caltanissetta.

Caltanissetta lì, 9 Seteembre. 2015 Il Cancelliere Simona Ferrara

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Era un sogno inseguito dai ge-lesi da quasi due secoli, quello dell’autonomia dalla provincia

di Caltanissetta. Il sogno si è mate-rializzato con l’adesione del consiglio comunale all’area metropolitana di Catania del 14 settembre, ma dopo due soli giorni una spada di Damocle è stata posta sul progetto perseguito da Comitati ed associazioni. La legge su liberi consorzi potrebbe essere im-pugnata per motivi di incostituziona-lità Da rumors provenienti da Roma

arriva la notizia che il Governo Renzi pare che stia pensando di impu-gnare la legge che ha riforma-to gli enti intermedi. Si profila nuovo prov-v e d i m e nt o che potrebbe azzerare la riforma terri-toriale. Il so-spetto è nato dalle riflessioni di Gianclaudio Bressa, sotto-segretario agli Affari Regiona-li, sull’ipotesi di impugnativa che potrebbero rimet-te in discussione l’assetto sui Liberi consorzi. Ci sono alcune nor-ma del disegno di legge che danno adito all’equivoco sul quale si avan-zano i dubbi di incostituzionalità: ad esempio l’assenza di voto ponderato e l’impossibilità per i sindaci di po-ter concorrere all’elezione avendo da espletare un anno e mezzo di man-dato. Questi articoli di legge sono in fase di un nuovo studio e la legge

potrebbe essere impugnate dal gover-no Renzi. Tutto da rifare all’indoma-ni della grande festa? Si vedrà nelle prossime settimane. Certo il transito nelle province comporta una serie di spese e ‘traslochi’ di non piccola en-tità. La classe forense si chiede che fine farà l’assetto giudiziario della ex provincia nissena. Che fine farà il Tribunale di Gela? E la Corte d’appel-lo cui fanno riferimento gli avvocati della provincia? Sono domande a cui nessuno ha ancora dato una risposta, solo il sindaco Enzo Bianco in visita a Gela qualche giorno fa, ha dato rassi-curazioni sul tema. La doccia fredda proveniente da Roma non ha blocca-to l’iter procedurale. Le associazioni che hanno sostenuto il passaggio continuano a lavorare per sollecitare l’adesioni di altri comuni con azioni di volantinaggio indirizzate ai citta-dini invogliandoli a partecipare ai consigli comunali dove c’è in agenda la discussione in aula sul progetto e Piazza Armerina fa il gran passo. E intanto è sta-

ta pub-blicata all’albo pretorio la de-

libera di approvazione del passaggio di Gela all’Area Metropolitana di Catania: il 4 ottobre la delibera pas-sa a Palermo per la ricezione all’ARS. Durante il lasso di tempo in cui l’at-to è pubblicato, i cittadini potran-no avanzare eventuali opposizioni. Nell’attesa sono cominciate le grandi manovre per l’elezione del sindaco metropolitano, previste per il prossi-mo 29 novembre: il sindaco di Gela

non potrà partecipare, poiché dalla sua elezione sono trascorsi meno dei 15 mesi previsti dalla legge per la can-didatura. Tuttavia Messinese rivendi-ca il ruolo di Gela protagonista. Que-sta è la situazione degli ultimi giorni ma facciamo un passo indietro nella storia remota e recente. L’assetto delle province siciliane nasce sotto il domi-nio dei Borboni nel 1818 e viene rior-dinato da Mussolini nel 1927. Da quel

m o -mento G e l a

è ag-ganciata a Caltanissetta ma

orgogliosa della sua storia mantiene un atteggiamento di sufficienza per-cepito e snobbato dai nisseni. Gela, la città greca dalla storia importan-te dotata di bellezze naturali e di un clima ridente. Caltanissetta titolare della provincia: storia moderna e posizione geografica interna. Ed è conflitto secolare. Adesso la storia cambia. Il consiglio comunale con 25 voti favorevoli e 4 contrati il consiglio comunale ha detto si’ all’Area Metro-politana di Catania e in aula è scop-

piato l’applauso dei gelesi. Assente la presidente Ascia, che aveva mostrato perplessità sull’eventuale passaggio; i consiglieri comunali Bennici, Bo-nura, Scerra e Siragusa hanno detto ‘no’ con voto palese. “Quella a Ca-tania sarà solo un’annessione mar-ginale – ha detto Salvatore Scerra di F.I. - Bisogna mirare ad un libero consorzio con Gela capofila. Questa scelta potrebbe rivelarsi una stronza-

ta!”. “Il sindaco non può nascondersi dietro alla volontà del popolo – ha commentato Guido Siragusa di Polo Civico - Deve spiegare tutti gli effetti di questo passaggio dettato da chi sa solo sobillare. Domani mattina non succederà nulla. Si avvierà solo un percorso. Non posso accettare atteg-giamenti mirati che hanno il sapore di speculazione”. “Il sindaco mi deve spiegare – dice Sandra Bennici - se il sì a Catania vada giustificato solo perché gli specialisti medici o le uni-versità sono in quell’area”. Credo che sia un errore andare a Catania. La mia coscienza mi ha imposto di votare no”- ha detto Sara Bonura del Mega-fono. Adesso la Regione deve ratifi-

care la delibera del Consiglio comu-nale per rendere operativa l’adesione e l’area metropolitana deve accogliere con delibera Gela,nonostante l’ipotesi dello stop del Governo. Nei prossimi giorni il presidente del consiglio comunale di Niscemi fisserà la data dell’assise civica chiamata a de-liberare l’adesione all’area metropolita-na etnea. Si attende anche l’adesione di Piazza Armerina. “Un lavoro partito da

lontano- commenta il portavoce del Comitato di sviluppo per l’area di Gela Filippo Franzone - dalla Provincia di Gela, attraverso il Libero Consorzio di Gela, il Libero Consorzio di Catania, fino alla Città Metropolitana di Ca-tania, un percorso difficilissimo, che ha variato più volte progetto a causa di una Regione insensibile ai cambia-menti, che solo gente molto ostinata e coesa poteva portare al termine. Tutto ciò rappresenta un nuovo inizio per Gela, una nuova vita in un territorio più omogeneo e con molte più pro-spettive di sviluppo. Manca solo questo ultimo passaggio per poter festeggiare tutti insieme, tutti, senza distinzione al-cuna, mostrando quella coesione che,

La legge sui liberi consorzi potrebbe essere impugnata per motivi di incostituzionalità

di Liliana Blanco

Gela & dintorni

Gela verso Catania Fu vera gloria ?

La vicenda della separazione non “consensuale” di Gela da Caltanissetta sul nostro sito, il 15 settembre, era stata raccontata con la consueta

verve ironica e dissacrante dal nostro “mitico” vignet-tista Lello Lombardo. Il nostro intento

voleva essere quello di far “scende-re” il termometro delle polemiche che in quei giorni aveva raggiunto livelli di guardia. Convinti as-sertori che ogni argomento, di qualsiasi genere, possa essere affrontato appassionatamente ma senza mai trascendere. Pro-babilmente non tutti la pensano come noi. Un sito internet d’informazio-ni di Gela, con fare ambiguo e volutamente strumentale, ha utilizzato “impropriamente” la nostra vignetta per imba-stire una becera polemica. Premettiamo che nel raccon-

tare la nostra vignetta hanno scritto “una vignetta satirica pubblicata dal sito online Il Fatto Nisseno da tale Lello Lombardo sul distacco di Gela da Caltanis-setta”. Partiamo dai criteri di bon ton. Per conoscere il valore di Lello Lombardo, che non è un “tale”, basta una ricerca su internet: immediatamente si trovano tanti articoli sui numerosi premi nazionali e interna-zionali che ha collezionato nella sua carriera. Ricor-diamo inoltre che talvolta si può dissentire dal “va-lore” e dalla simpatia che suscitano un articolo, una vignetta, uno scritto, ma la difformità di pensiero non deve mai scadere nella strumentalizzazione. Chiarito ciò, auguriamo ai nostri ex-cugini di Gela, depositari di una storia antica e di grande tradizione, che la loro scelta di aderire a Catania, sia positiva e ricca di pro-ficue novità. A coloro i quali volevano accendere ad ogni costo la diatriba, comunichiamo che è prevalso il concorde buon senso di gelesi e nisseni: non hanno dato credito a quella strumentalizzazione, preferendo concentrarsi su altro. Altra dimostrazione, qualora ne servissero, che gli ex-cugini quanto vogliono sanno cooperare per raggiungere buoni risultati.

La polemica

La vignetta di Lello Kalos: è satira, non provocazione

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questa città ha già dimo-strato con la Proposta di Legge popolare, con il Referendum, quell’uni-tà che porterà la nostra città ad assumere il ruolo che le compete e l’importanza che merita. Da subito bisognerà mante-nere coesione con Piazza Armerina e Niscemi, ma non solo, Caltagirone, San Michele di G., Mirabella I., Mazzarrone, San Cono, Grammichele, Ecc. attendono l’ingresso di queste tre co-

munità per poter progettare insieme un futuro migliore. La storia siamo noi. Può sembrare una delle tante fra-si fatte o semplicemente il titolo di un programma televisivo, ma non è così. Forse per la prima volta in Italia, la po-polazione, con uno sforzo costante nel tempo, riesce a smuovere ciò che tutti pensavano fosse irremovibile”.

O r a tocca a Nisce-mi scegliere di seguire l’esem-pio gelesi. “Le ragioni dell’adesione di Niscemi alla Città metropolitana di Catania sono ovvie – dice Gaetano Buccheri, presidente della Pro Loco di Niscemi - Solo pretesti, bizantinismi e miopi interessi di parte, di categoria o, peggio, personali possono spinge-re i nostri amministratori comunali a non deliberare il divorzio di Niscemi da Caltanissetta e dal remoto Vallone per far parte di un territorio dinamico e ricco di grandi potenzialità econo-miche, sociali e culturali come quello catanese. Tra l’altro i nostri ammini-stratori comunali non devono far altro che confermare la delibera consiliare e il referendum popolare del 2014 che hanno avuto un esito inequivocabile: secessione da Caltanissetta e adesione consapevole a Catania. Con l’adesione di Gela alla quinta città metropolitana

d’Italia, Niscemi non ha altre alternative serie e responsabili oltre quella

d i restare con Gela e consoli-dare i propri rapporti con Caltagirone. Chi volesse, spinto da calcoli ragio-nieristici di bottega restare con una delle aree più depresse del Meridione quale è quella nissena, condannereb-be la nostra comunità a continuare ad essere un’appendice fastidiosa di una circoscrizione amministrativa. I nostri rapporti economici prevalenti sono quelli che intratteniamo da tem-po immemorabile con Gela e Catania. Questo non è il momento di avere dubbi e perplessità sulla futura collo-cazione di Niscemi nell’ambito degli uffici periferici dello Stato (Prefettura, Questura, Agenzia delle Entrate, Ca-tasto ecc.). È piuttosto la fase di una scelta coraggiosa: l’adesione, insieme a Gela, alla Città metropolitana di Ca-tania”.

Settembre www.ilfattonisseno.it 7

La delibera di approvazione è stata pubblicata all’Albo Pretorio della città del Golfo

I Fatti di Etico

...Mutu!Mutu. Resta muto il cittadi-

no più celebre e famoso o politicamente famigerato

di Gela Saro Crocetta. Ha parlato ec-come ha parlato fin dall’inizio del suo mandato per creare la sua Provincia, ha parlato eccome ha parlato per di-fendere la nuova legge, continua a par-lare in merito alle ovvie impugnative, ma è silenzio assoluto sulla decisione della quasi totalità dei gelesi e di quasi l’intero consiglio comunale di aderire all’area metropolitana di Catania. Non è valso a nulla il disperato tentavo dei

deputati regionali locali di spiegare ai

loro elet-tori che stare con Caltanisset-ta sarebbe stata una pacchia: seg-gi assicurati,

potere assi-curato, sicura leadership su un territorio sempre amico nei confronti dei gelesi che hanno

fatto sempre bloc-co unico di fronte invece all’elettorato naif e un poco snob di Caltanissetta. Lo sanno bene i vari Fe-derico, Arancio, etc,

che se sono e sono sta-ti deputati lo devono ai voti nisseni. Il campanile

adesso da forza e compattezza grani-tica rischia di crollare sulla testa dei gelesi che si illudono di essere leader in un consorzio metropolitano in cui sono, adesso si, realmente marginali.L’illusione di essere capifila è svanita in questi giorni con l’impugnativa da parte dello Stato. Il voto da parte degli aderenti deve essere ponderato, on c’è discussione. Un Comune di ics abi-tanti non può avere stesso peso speci-fico di uno che ne ha centinai di mi-

gliaia. Quindi la pia illusione di essere capifila del Consorzio Metropolitano di Catania crolla d’incanto.E chi dice che comunque aderendo ad una Area Metropolitana arriveranno finanziamenti per servizi e infrastrut-ture? Dove è scritto? E dove è scritto che Gela ne dovrebbe avere benefici?Mutu Crocetta, non parla. Non pren-de impegni e non può spiegare. Que-

sta legge è ben altra rispetto a quella che lui agognava. Domani, ammesso che Saro abbia voglia di confrontarsi col suo elettorato, cosa dovrebbe spie-gare, dire, promettere?Ma la volontà popolare va rispettata e avrebbe anche un plauso generaliz-zato qualora si interpretasse il campa-nilismo esasperato espresso in senso positivo come sinonimo di “difesa delle tradizioni”: ma qui il campanili-smo si manifesta nell’odiare o invidia-

re, senza motivazione, gli usi dei “vi-cini di casa”, peraltro simili e per nulla incompatibili. La parola capoluogo di provincia ai gelesi ha sempre fatto venire l’orticaria e chissà quali traumi causerà adesso quando il capoluogo ci sarà sempre, ma spostato di cento chilometri ad est. Si passerà da CL a CT. Che bella soddisfazione!

AVVISI LEGALI

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Il 29 aprile del 1946 quando a Corleone si sparse la voce che avevano trovato morto il dottor

Carmelo Nicolosi e che il decesso non aveva avuto cause naturali, ognuno fece il suo pensiero ma pochi dovettero dirlo a voce alta.L’Italia si stava ruvidamente prepa-rando al referendum in cui i cittadini avrebbero scelto se il paese sarebbe rimasto una monarchia o sarebbe di-ventato una Repubblica, ma intanto a Corleone chi e come avrebbe dovuto comandare si decideva in altro modo e per altre vie.Carmelo Nicolosi era un medico molto stimato. Il capitano coman-dante della Compagnia dei Carabi-nieri di Corleone che qualche anno dopo sarebbe tornato ad occuparsi dell’omicidio di Nicolosi lo descrisse in un suo rapporto come “professio-nista serio... ed in alcun modo com-promesso con la mafia”.Questo Capitano si chiamava Carlo Alberto Dalla Chiesa e di mafia già allora se ne intendeva.Nicolosi era direttore dell’o-spedale e ufficiale sani-tario di Corleone, un ruolo importantis-simo in quel ter-ritorio e di grande presti-gio; un ruolo attraverso il quale si potevano fare fa-vori, se ne potevano

ottenere e si poteva in tanti modi consolidare potere.Ma quel dottore era un tipo schivo; a 50 anni, tanti ne aveva, si occupava di fare bene il suo lavoro e niente più. Nel 1946 c’era da conquistare il mon-do e alcuni rampanti professionisti si davano da fare, un pò trescando con la mafia, un po’ inserendosi nella po-litica, un po’ consolidando patrimoni e condizionando l’economia.E uno come Nicolosi in quel posto lì, a capo dell’ospedale e dell’ufficio sa-

nitario, era un pro-blema. Non tanto perché comandava lui. Quanto più perché non faceva comandare gli al-

tri, in particolare quelli che rite-nevano di do-verlo fare a maggior titolo.

A Corleone c’era un al-

tro medico importante, molto, ma non tanto quanto lo era Nicolosi. Si chiamava Michele Navarra.Gli anziani lo ricordavano come una testa calda che da ragazzo aveva spes-so assunto atteggiamenti spavaldi contro il padre e contro le forze dell’ordine. Ma era intelligente e si laureò in medicina. Nel 1934 riuscì a farsi nominare medico condotto fuo-ri ruolo per la seconda condotta del comune di Corleone, un posto sgra-dito a più: significava lavorare nelle

campagne sperdute del bosco di Fi-cuzza, dove peraltro si riparavano mafiosi, organizzatori di furti di be-stiame e di attività di macellazione clandestina.Di costoro Navarra fu l’amico impor-tante e attraverso una vasta rete di contatti da loro propiziati si propose come grande elettore a uomini politi-ci che si fecero accreditare imprendi-tori, lavoratori e tanti piccoli clienti alla ricerca di prebende e di favori.Capace di intessere utili relazioni an-

che con i militari americani dopo il loro sbarco in Sicilia, nel 1946 Navar-ra aveva assommato diversi incarichi professionali e dalla condotta sperdu-ta nel bosco era passato a fare il medi-co a Corleone, era anche medico fidu-

ciario dell’INAM ed era capo reparto medicina dell’ospedale di Corleone. Ma il capo dell’Ospedale era Nicolosi e, a quanto pare, non si faceva in-fluenzare da Navarra.L’assassinio di Nicolosi non sembra-va avere spiegazioni. La vittima era irreprensibile, in apparenza non ave-va nemici, non sembrava che nessu-no avesse interesse ad eliminarlo.Ma in paese cominciò presto a circo-lare una voce che si irrobustì fino a diventare un ineludibile spunto per gli investigatori. Di mezzo c’era una donna. Ma quale donna? Era stato ucciso da un marito tradito? Bisognava individuare la donna e conseguentemente anche il marito.

Non era facile. Ma tutti sapevano che era una cosa di donne. E d’altronde per quale altro motivo si poteva mori-re ammazzati in Sicilia a quell’epoca?Chiacchiera dopo chiacchiera, la donna non si identificò con precisio-ne ma si identificò l’uomo che avreb-be ucciso il dott. Nicolosi.Sospinti da informatori sempre più impegnati e collaborativi, gli investi-gatori incriminarono un trentenne di Corleone, tale Giovanni Littori.L’ipotesi era che il dott. Nicolosi fosse spasimante segreto di una giovane, che a sua volta sarebbe stata anche amante del Littori. Il trentenne, in-fiammato dalla gelosia, avrebbe allo-ra ucciso il più anziano e prestigioso concorrente in amore per non perde-re le grazie dell’amata.Una storia bellissima e a tinte fosche come tanto piaceva allora e come tanto piacerebbe ancora oggi. Fatto è che quando si cominciarono a cerca-re i riscontri obiettivi, la storia risultò del tutto infondata, Littori fu pro-sciolto e l’omicidio rimase irrisolto. Quel che è certo è che, dopo l’assassi-nio del dott. Nicolosi, il dott. Navarra gli subentrò subito come direttore interinale dell’ospedale e dopo due anni come titolare.Fu così che Navarra e la sua cosca au-mentarono il loro potere sul territo-rio di Corleone, mentre i corleonesi e gli investigatori si appassionavano all’intera vita amorosa dell’insospet-tabile Nicolosi.Scrisse Dalla Chiesa in un suo rap-porto; “si asserì allora (ed anche dopo) che il movente dell’omicidio fosse stato artatamente affidato alla voce pubblica ad opera della cosca facente capo al Navarra, onde storna-re ogni sospetto a carico di quest’ulti-mo”.Anche la storia del depistaggio era una voce e non era certo succulenta come quella relativa alle tresche e alla gelosia. Ma forse sarebbe stato più ra-gionevole credere a questa.

www.ilfattonisseno.it8 Settembre

Fatti contro la mafiaper non dimenticare

Stor

ia &

Cul

tura

Storia di un omicidio eccellente, dimenticato dopo essere stato mistificato

Quando la mafia ci racconta le storie alle quali ci piace credere“ di Giovanbattista Tona

Corleone

Sopra il medico Michele Navarra

A sinistra il giovane capitano Carlo Alberto Dalla Chiesa, co-mandante della compagnia dei Carabinieri di Corleone

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La salute declinata attraverso messaggi, esempi, valori e nozioni veicolate con le più

disparate iniziative, diffuse in tan-ti luoghi della città: dal Cefpas al centro storico, dal teatro Marghe-rita al Consorzio universitario, la biblioteca Scarabelli e il “Centro Abbate”. Sarà ricco di eventi il Fe-stival nazionale dell’educazione alla Salute, “Salus Festival”, dal 15 al 25 ottobre a Caltanissetta, organizzato dal Cefpas con Assessorato regiona-le alla Salute, Regione Siciliana, Asp 2, Comune di Caltanissetta, Con-sorzio Università e con il contribu-to della VI commissione consiliare Sanità. Oltre a divulgazione scientifica (non mancano convegni e conferenze con ricercatori dell’Organizzazione Mondiale della sanità, dell’Istituto superiore di Sanità e di strutture sanitarie nazionali ad alta comples-sità) saranno undici giorni dedicati alla cultura della salute a 360°.Registi di fama, come Pupi Avati, che hanno raccontato la conviven-za con la malattia, psichiatri che da sempre si sono curati di benessere e disagio come Paolo Crepet, sporti-vi come Juri Chechi, Sara Simeoni e Mirco Scarantino che dello sport rappresentano un esempio di stile di vita. Sono soltanto alcuni degli ospiti di maggior richiamo che partecipe-ranno al “Salus Festival”, che vedrà giornate di incontri anche con arti-sti, esponenti del mondo dello spet-tacolo, (tra cui Pippo Baudo), cam-pioni dell’automobilismo (il mitico pilota Nino Vaccarella), operatori della sicurezza, medici, ricercatori, esponenti delle istituzioni, giorna-listi e scrittori specializzati. Nelle diverse location si alterneranno convegni scientifici, seminari sulla salute, spazi informativi sulla pre-venzione, postazioni per screening e test di primo livello (vista, celiachia, udito, diabete, etc.), show cooking di gastronomia salutare con chef stellati e incontri con testimonial di sport, medicina e cultura. Alla base del Festival nazionale della salute ci sarà un’altra rete, quella che condi-

vide i percorsi dell’associazionismo e del volontariato che operano sui territori. In contemporanea su due giornate, il “Salus Cine Festival” con proiezioni di lungometraggi e corti, dibattiti e premiazione di un inedito con la partecipazione di Avati, che sabato 17 mattina sarà invece con gli studenti al Liceo Classico. Tra le rappresentazioni teatrali ci sarà “Ciatu” con attori disabili. Sempre su due giorni, il 15 e 16 ottobre, i meeting forum di “Disabil@abile” su disabilità, ausili digitali per l’in-clusione e percorsi assistenziali. Ad aprire il Festival nazionale della salute sarà il ministro Beatrice Lo-renzin al Cefpas, dove il direttore

del Centro, Angelo Lomaglio, pre-senterà l’evento. Il 15 ottobre sa-ranno attivi gli spazi diagnostica e info-point su prevenzione primaria dei tumori, patologie cardiovasco-lari, donazione di organi e midollo, donazione del sangue. Stand e punti informativi anche nella “Piazza del-la Salute” in centro sto-rico. Il prof. U m b e r t o Ve r o n e s i , d i r e t t o r e

emerito dello IEO, terrà una lectio magistralis i cui i focus saranno anche ambiente, attività fisica, sana alimentazione. Mentre la proiezione di “Sconfinata giovinezza” si terrà sabato 17 ottobre alle 21,30 al teatro Margherita alla presenza del regista Pupi Avati. Domenica 18, lo show cooking dello chef Carmelo Chiara-monte, al “centro culturale Abbate”, dove cucina, benessere e materie prime del territorio saranno prota-goniste anche il 23 con lo chef Pino Cuttaia e il 24 con Ottavio Miraglia. Di sicurezza stradale e prevenzione parleranno il pilota Nino Vaccarella, il vicequestore Maria Grazia Milli con Carlo Alessi, presidente ACI e

Pippo Baudo moderatore. Di con-trasto alle dipendenze, tra gli altri, la giornalista del Corriere Alessandra Arachi, autrice di “Non più bricio-le” sull’anoressia, Vladimir Luxuria, Laura Dalla Ragione e Salvatore Re-quirez. Tra gli eventi in programma,

che è possibile consultare su www.salusfestival.it , anche la lectio ma-gistralis del filoso Pino Ferrara. “La scommessa è aver realizzato il Festival a Caltanissetta, insieme all’assessorato regionale alla salute, la Regione Siciliana, il comune, l’A-

sp 2 , il consorzio universitario, la Camera di Commercio e una rete di associazioni e operatori, come l’Ordine dei Medici e quello dei Farmacisti”, spiega il direttore del Cefpas, Angelo Lomaglio, che sottolinea la partecipazione atti-va delle scuole e della “rete civi-ca della salute”. “Si unisce – spiega Lomaglio - l’approfondimento scientifico con la capacità di suscitare emozioni, quale passaggio per arrivare alla consapevo-lezza di dover assumere di-versi stili di vita per vincere le battaglie che la malattia ci pone davanti”.Giorno 16 ottobre si terrà in città una riunione di giunta Regionale in cui Lomaglio auspica che “il Gover-no della regione assumerà impegni precisi sui temi del Salus Festival: nuova agricoltura, prevenzione e pratica sportiva, sistema formativo e scolastico per indurre un cambia-mento degli stili di vita”.“L’assessorato alla Salute – spiega Lomaglio - ha finanziato il Salus Festival individuando Caltanissetta quale realtà per eventi di caratte-re nazionale e internazionale, che in passato si facevano a Palermo o Catania. La sfida è che il Festival di-venti un appuntamento annuale”. Di un Festival “che va tra la gente”, parla il direttore generale dell’Asp 2 Carmelo Iacono. “In un moderno concetto assistenziale, ricondurre la prestazione sanitaria alla prevenzio-ne e all’educazione sanitaria, serve a dare credibilità alle strutture della nostra provincia”. “Vi è stata una disaffezione nei confronti delle strutture sanitarie – ammette Iacono - quindi andare in piazza, dimostrando le potenzia-lità, fa recuperare credibilità. Spes-so infatti il cittadino nisseno non conosce le prestazioni ad altissimo livello che vengono offerte nel suo territorio e va a cercarle presso al-tre strutture, possibilmente con una

qualità inferiore. Utilizzando la sa-nità quale bene comune prezioso, il cittadino avrà il massimo possibile, riducendo le problematiche di una cattiva fruizione, con richieste di prestazioni inutili o non appropria-te per la patologia, oppure prenota-zioni che poi non vengono eseguite”.Prevenzione e soprattutto diagnosi precoce consentono di dare adegua-ta assistenza, limitare la patologia e per altro verso liberare risorse. Il Sa-lus Festival per il sindaco di Caltanis-

set-ta Giovanni Ruvolo è “un’esperienza in cui il Cefpas ha saputo interpre-tare la volontà della nostra città di mettersi in gioco, in questo caso nel-la promozione della salute e dei sani stili di vita”. “Accogliendo l’istanza di fare rete e sistema – spiega il Sin-daco - abbiamo dialogato con chi ha organizzato il festival, intercettando così il lavoro della VI Commissione Sanità che si era già attivata, e met-tendo insieme le risorse per creare sistema”.

“Abbiamo la possibilità – conclude infine Angelo Lomaglio - di affronta-re i temi dal punto di vista scientifico, con la presenza di medici e scienziati di fama nazionale e internazionale, ma abbiamo anche la presenza di te-stimonial che nei campi dello sport, cultura, cinematografia e teatro, fan-no comprendere come l’educazione e la prevenzione passano dalla con-sapevolezza di cosa sia la salute, l’ali-mentazione, tasselli importanti di un mosaico del cambiamento”.

di Alberto Sardo

Da Pupi Avati a Umberto Veronesi

Scienza e cultura per la saluteal Salus Festival

Tra gli ospiti del Salus Festival lo psichiatra Paolo Crepet, il campione olimpionico Yuri Chechi e il regista Pupi Avati

Eventi in città

Il direttore Lomaglio: “Unire approfondi-mento scientifico e capacità di produrre emozioni per un Festival nazionale in città”

Dal 15 al 25 ottobre il Festival nazionale dell’educazione alla salute organizzato dal Cefpas con un ricco cartellone di eventi, dibattiti, spettacoli teatrali, pro-iezioni cinematografiche, screening, in diverse location

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Tutto nasce da una canzone che nell’ultimo mese ascolto continuamente in macchina,

è la splendida voce di Malika Ayane che mi accompagna nei vari per-corsi quotidiani, soprattutto da casa in redazione, la canzone si intitola “Le cose che ho capito di me” e lei canta: “So svegliarmi senza un caf-fè, senza amore so vivere” beh, in-somma sulla prima non ci si riesce facilmente per la seconda a mani basse. Mentre guidavo l’altra matti-na verso la redazione mi chiedevo: cosa ho capito di me alla veneranda età di 40 anni. Mi sono risposta subito scriverò un pezzo su quello che non ho capito, poi ci ho ripensato, invece scriverò ciò che ho capito ma non di me, che alla gente non gliene frega nulla. Ma delle cose della città di quelle sì che voglio parlare, delle persone che la popolano, dei veri finti buo-ni che la gestiscono. Ho capito che ci vuole tanto per scalfirmi ed al-trettanto poco per offendermi. Ma quella è un’altra storia che forse un giorno racconterò. Che preferisco i veri “no” ad i fin-ti “sì”. Ed anche di questo scriverò un giorno. Se mi deciderò di rac-contare alcune storie che ho chiuse

nel cassetto, facciamo in cassaforte, qualcuno tremerebbe e tanti altri gongolerebbero. C’è un momento per tutto e anco-ra quello giusto non è arrivato. Ho transitato nei corridoi della politi-ca, nelle polverose stanze del potere nei meandri di Palazzo del Carmi-ne talmente tanto tempo, peccato che ero troppo giovane, che adesso “niente più mi sciocca”, come dice spesso un mio amico, abbiamo perso la capacità di stupirci, ovvia-mente in positivo. Ritornando al (leitmotiv) della rubrica sulle cose che ho capito. Ho capito che molti si credono talmente furbi da sotto-

valutare sempre l’interlocutore che in questo caso sono i cittadini. Una lunga lettera del sindaco pubblicata qualche giorno addietro su un quo-tidiano locale nella quale si raccon-tavano le mirabilia di una città che sta rialzando la testa, dove stanno crescendo le attività imprenditoria-li e bla bla bla, mi ha fatto trasali-re. Mi sono detta ed io che provo a raccontare la città ogni giorno dove vivo. Ma dove stiamo risor-gendo? Desidererei ardentemente saperlo, quali le attività che si sono sviluppate negli ultimi mesi, sia i soliti tre bar che hanno aperto in centro storico senza incentivi, a

spese proprie e senza dehors che per capirci sono le coperture per fare quei famosi giardini d’inverno e poter ospitare i clienti al di fuo-ri del locale ma non al freddo. Per aiutare i poveri esercenti che stan-no fiorendo da soli, l’amministra-zione ha pensato bene di bloccare il regolamento che gestisce la col-locazione delle strutture, peccato che già un regolamento esiste, al-lora umilmente noi poveri mortali pensiamo che, intanto si potrebbe utilizzare l’esistente e poi magari la-vorare su uno nuovo. Se non fosse che colti da sindrome di Adamo e Eva, da loro il principio di tutte le cose, gli attuali amministratori de-cidono di spazzare via il pregresso e rifare tutto da capo. Ho capito che nonostante l’esercizio quotidia-no di elaborare sogni poi arriva la realtà di una mensa scolastica che non parte, perché non ci sono soldi perché la gara che in tempi normali si bandisce a Luglio per tre anni e non annualmente adesso non è sta-ta manco pubblicata. Si chiamano servizi a richiesta individuale ne-cessari per la città come il trasporto pubblico o lo stadio aperto ed agibi-le o gli impianti sportivi in genere. Va bene sognare, va bene sperare,

ma a tutto c’è un limite. Un evento di massa al mese sarebbe la giusta strada per arginare il malcontento e l’insoddisfazione che dilaga in città, la gente ha bisogno, chiede servizi e relax, l’effetto catartico dei Tinturia in centro storico è il segnale palese che quello cercano i nisseni è lavoro e spensieratezza. I bisogni dei citta-dini si leggono dai loro volti e dalle parole, i bisogni non si sognano ma si comprendono. Cose che ho ca-pito forse troppe ma anche troppo poche, tante le altre ancora da ca-pire. Però un piccolo spazio per le cose che non ho capito me lo voglio concedere. Non capisco perché tut-ti si lamentano e nessuno ci mette la faccia. Tanti troppi quelli che si trincerano dietro i nick . Non capisco perché i consiglieri comunali di opposi-zione non fanno le barricate con-tro i disservizi. Non capisco perché manca il coraggio delle idee e delle azioni che ne conseguono. Non ca-pisco perché nessuno parla più di bene comune nel senso più alto del-la parola. Le città sono dei cittadini non di chi le amministra, loro pas-sano e per la maggior parte di essi a distanza di qualche anno dall’uscita di scena resta solo l’oblio.

di Ivana Baiunco

Ornamenti

Le cose cheho capito ...

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Il 15 aprile 2014 l’Europarlamento ha dato il via libera alla direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolu-

tion Directive) sul Meccanismo Uni-co di Risoluzione delle crisi bancarie (Srm). La Brrd prevede il potere di as-soggettare al bail-in tutte le passività di-verse da quelle espressamente escluse, ossia i depositi protetti, le passività ga-rantite da attivi emessi dalla stessa ban-ca e i prestiti interbancari con scadenza originaria inferiore a sette giorni. Dopodichè 26 Stati membri Ue (Svezia e Gran Bretagna esclusi) hanno creato il Fondo di dotazione (Srf), che dovrà mettere a disposizione i capitali nel caso di crisi di una banca europea. Brrd e Srf tuttavia dovranno essere recepiti dai Parlamenti nazionali in modo che il nuovo meccanismo delle crisi credi-tizie possa entrare in vigore dal 1° gen-naio 2016. Con 270 voti favorevoli, 113 contrari 22 astenuti, il 2 luglio 2015 il Parlamento Italiano ha recepito la di-rettiva comunitaria. Per capire il bail-in bisogna partire dalla crisi di Cipro del 2013, quando si impose un principio: non sarebbero stati i creditori istituzio-nali di Cipro a pagare, ma i cittadini e le imprese cipriote. Il Paese è piccolis-simo: rappresenta appena lo 0,20% del Pil dell’economia europea. Il momento storico è delicatissimo: c’è molta più politica che economia. Gli ingredienti di questo thriller sono intriganti: c’è un Paese sull’orlo del ba-ratro per la crescita sproporzionata del proprio sistema bancario; un altro, anzi, L’ALTRO, la Germania, pesante-mente esposto (si dice che l’esposizio-ne degli istituti di credito tedeschi con l’Isola sia pari a 5,9 miliardi di euro); un terzo Paese, la Russia, che ha visto i propri oligarchi riversare per anni fiu-mi di denaro nel paradiso cipriota per evadere il Fisco; c’è un ampio “rischio di contagio” in una zona – l’Europa – già pesantemente in deficit di fiducia da parte degli investitori stranieri. C’è anche il fulmen in clausura dopo ore di estenuanti trattative, nella not-te del 15 marzo 2013 i ministri delle Finanze europei trovano un accordo destinato a cambiare per sempre la “di-sciplina della crisi” bancaria europea. Cipro diventa infatti il quinto Paese dell’unione monetaria a ricevere il so-stegno dei suoi partner da quando è scoppiata la crisi del debito, ma a fronte dei circa 17 miliardi di euro necessari ne vengono erogati solamente 10 attra-verso il fondo comunitario “salva Stati”. La differenza? Attraverso un prelievo forzoso sui conti correnti superiori a 100.000 euro. Si parlò del 9,90%, infi-ne si arriva al 37,5%. Pertanto il primo gennaio 2016 entrerà in vigore la di-rettiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie. Se fino ad oggi le banche sono state salvate anche con soldi pub-blici, da gennaio 2016 in caso una ban-ca sia in difficoltà non interverrà più lo Stato, ma dovranno farsi carico delle perdite anche i privati come gli azio-

nisti, obbligazionisti. Se tutto questo non fosse ancora sufficiente a coprire le perdite, interverrà un fondo che sarà finanziato dalle banche europee. Con-tinueranno ad essere garantiti i deposi-ti fino a 100mila euro. Questo in gergo si chiama bail-in; difficile che corren-tisti e risparmiatori ne siano a co-noscenza e dei veri rischi e gli effetti collatera-li della sua in-troduzione. Nei prossimi mesi molte magagne “italiane” verran-no fuori. Il bail-in non riguarda sol chi investe sui titoli bancari, che siano azionari o ti-toli obbligaziona-ri, ma anche i cor-rentisti. E gli investitori come sa-ranno coinvolti? Il passaggio dal bail-out in cui i costi dei salva-taggi bancari sono pagati dai con-tribuenti, al bail-in prevede che nel caso in cui una banca Ue sia insolvente

i suoi azionisti, creditori, obbligazio-nisti e correntisti coprano fino all’8% delle passività. Azionisti e sottoscrittori di bond possono perdere fino al 100% di quanto investito. Il meccanismo di risoluzione prevede come novità il coinvolgimento degli investitori pri-ma dell’intervento del Fondo Unico di Risoluzione; da qui il termine bail-in, ovvero salvataggio da dentro: “saranno chiamati a far fronte allo stato di crisi della banca fino a un massimo dell’8% del passivo della stessa e attraverso un ordine prestabilito: prima gli azionisti, dopo gli obbligazionisti junior, poi gli obbligazionisti senior e infine i corren-tisti con giacenze superiori a 100 mila euro”. Analizziamo i singoli casi. Cosa ri-schio a lasciare i miei soldi in banca, sul conto o investiti? I depositi fino a 100.000 euro, sono protetti dal Fondo di garanzia dei depositi, ed esclusi dal bail-in. Questa forma di protezione tutela le somme detenute sul conto corrente o in un libretto di deposito e i certificati di deposito coperti dal Fon-do di garanzia. In caso di bail-in che succederà ai depositi che superano i

100.000 euro? I depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese riceveranno un “trattamento preferen-ziale”. La direttiva europea – spiegano la Banca d’Italia e la nota esplicativa dell’Abi - prevede che questa tipologia di creditori dovranno “sopportare un sacrificio solo nel caso in cui bail.in di

tutti gli strumenti con un grado di protezione minore nella

gerarchia fallimentare non fosse sufficiente a coprire le per- di-te e a ripri-s t i -

nare un livello adeguato di capitale”. Sono previste eccezioni? I depositi al dettaglio “eccedenti i 100.000 euro

possono essere esclusi dal bail-in in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità fi-nanziaria a condizione che il bail-in sia stato applicato ad almeno l’8% del totale delle passività della banca”. Quando scatterà la compartecipazione al rischio? In Italia l’applicazione del bail-in è prevista dal primo gennaio 2016. E se una banca fallisce o entra in crisi nel 2015? La svalutazione o la conversione delle azioni e dei credi-ti subordinati sarà applicabile già da

quest’anno, “quando sia necessaria per evitare un dissesto”. Chi per primo tra i risparmiatori, sarà chiamato a parte-cipare al salvataggio? I primi chiamati a partecipare saranno gli azionisti del-la banca; poi i detentori di altri titoli di capitale, come le obbligazioni; gli altri creditori subordinati; i creditori chirografari; le perso-ne fisiche e le piccole imprese titolari di depositi per l’importo sopra i 100.000 euro; infine il “Fondo di garanzia dei depo-siti, che contribuisce al bail-in

al posto dei depositanti pro-

tetti”. L’intervento dello Stato per evita-re il fallimento è l’ultima risorsa. Se si investe in prodotti speculativi cosa si rischia? Il bail-in prevede che chi inve-ste in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse del-la categoria più rischiosa, si passa alla categoria successiva. Prima, si sacrifi-cano gli interessi dei “proprietari” della banca, ossia degli azionisti esistenti, riducendo o azzerando il valore delle loro azioni. Dopo, si interviene su al-cune categorie di creditori, le cui attivi-tà possono essere trasformate in azioni – al fine di ricapitalizzare la banca – e/o ridotte nel valore, nel caso in cui l’az-zeramento del valore delle azioni non risulti sufficiente a coprire le perdite. E chi possiede obbligazioni bancarie? Potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto (in tutto o in parte) il proprio credito, ma solo se le risorse degli azio-nisti e di coloro che hanno titoli di de-bito subordinati (più rischiosi) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca, e sempre che l’autorità (in Italia la Banca d’Italia)

non decida di escludere tali crediti in via discrezionale, al fine di evitare il ri-schio di contagio e preservare la stabi-lità finanziaria. Il rischio riguarda solo i titoli che acquisterò in futuro o anche quelli già in possesso? Le misure si ap-

plicheranno anche agli strumenti già emessi e già in possesso degli investitori. Come evita-re il rischio di compartecipa-zione? Le banche dovranno

offrire –e come prima op-z i o n e – certificati

di deposito coperti dal

Fondo di garan-zia in luogo delle

obbligazioni, soggette a bail-in. Tutte le informazio-ni dovranno essere co-municate nel

dettaglio, s o -p r a t -

tutto al momento del collocamento di titoli di nuova emissione. Quello che è dentro la cassetta di sicurezza si salva? Possono essere compresi nel bail-in “ i beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria, come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito”. E se i soldi sul conto servono per pa-gare debiti, spese o tasse? Sono esclusi dal rischio di bail-in i debiti verso i di-pendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali privilegiati dalla normativa fal-limentare e anche i covered bond. Se ho 200.000 euro liquidi in banca cosa rischio? Sui primi 100.000 non verrà applicato alcuno prelievo, sui restanti 100.000 rischio di contribuire al salva-taggio della banca. E se nel conto posseggo 100.000 euro liquidi e 100.000 euro investiti in Bot o azioni o obbligazioni che non sono della banca in difficoltà? La soglia di garanzia vale a salvaguardare i 100.000 in contanti sul conto corrente o sul conto deposito. I titoli di Stato, gli in-vestimenti che non siano in azioni o obbligazioni della banca in crisi, non subiscono aggressione.

di Marcello CuratoloEconomia & Società

“ Dal 1 gennaio 2016 entra in vigore la nuova direttiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie

Cos’è il bail-in e quali sono i rischi per risparmiatori e correntisti

Banche in difficoltà: non interverrà più lo stato, risponderanno anche azionisti e obbligazionisti

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Il Presidente dei silenzi eloquen-ti, con la sua prossemica della compostezza, che comunica

senza retorica la serietà che la po-litica può avere ancora, ha incon-trato la Sicilia a Caltanissetta, il 25 settembre scorso, nell’anniversario della morte dei giudici Saetta e Li-

vatino. Anzi, ne ha incontrate due. La Sici-lia delle istituzioni del suo presen-te incerto, schierata nel Palazzo di Giustizia per ricordare i giudici uc-cisi dalla mafia e dalla solitudine, e la Sicilia della memoria del passato, lavoro e sfruttamento delle zolfare, la tragedia dei carusi senza nome morti bruciati dal grisou a Gesso-lungo, nel 1881.Una parete lunga del Palazzo di Giustizia nisseno, quella del grande corridoio che porta all’Aula Magna, coperta dalle parole di tanti martiri della legalità, iscrizioni che restitu-iscono voce e memoria ai pensieri di Livatino, Saetta, Costa, Piersan-ti Mattarella, La Torre, Chinnici, Falcone, Giovanni Paolo II, è stata scoperta e presentata al Presidente insieme ai componenti del Consi-

glio Superiore della Magistratura, alla Presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, al Presidente della regione Crocetta e dell’Assem-blea Regionale Ardizzone, a tutti i vertici della magistratura siciliana, ospiti dell’ANM (Associazione Na-zionale Magistrati) nissena, diretta da Fernando Asaro, che ha organiz-zato la manifestazione.Rigidissimo il protocollo dell’even-to, blindati gli accessi al Palazzo di Giustizia, il Presidente Mattarella che entra dall’ingresso posteriore

(quello dei magistrati), transenne dappertutto a tenere a distanza i nisseni dal primo Presidente sici-liano della storia che vorrebbero abbracciare da vicino, perché lo sentono credibile, come non ce ne sono più molti, e avrebbero voluto essere visti, ascoltati da lui, affidargli

le loro preoccupazioni, le loro (po-che) speranze.Sono stati i giovani a farsi ascoltare, invece: due studenti selezionati in tutte le scuole superiori della città, dagli istituti tecnici e dai licei, Benia Mihai Serban dell’I.T.I. “Mottura” e Paola Dell’Utri del Liceo “Ruggero Settimo” che ha meritato un’ovazio-ne finale col suo intervento: parole chiare e impegnative, senza lamen-tazioni e vittimismi. “ Noi ragazzi vogliamo impegnarci seriamente in questa lotta di libe-razione, in cui la posta in gioco è il nostro futuro, la possibilità che ognuno di noi possa fare, nella propria vita, il lavoro che lo rende felice. Non il meno peggio, o l’emi-grazione, lontano. Bisogna essere pronti a mettersi in gioco, a ripren-dere il testimone da dove i nostri padri hanno fallito.”I “carusi” nisseni di oggi non van-no a morire in miniera, come quelli della strage di Gessolungo del 1881; hanno la fortuna di potere studiare ma quasi mai il privilegio di pote-re lavorare qui, nella loro terra. E la loro presenza e le loro parole al Pre-sidente sono state il filo conduttore che ha legato i due momenti della sua presenza nissena: il Palazzo di Giustizia e il cimitero dei “carusi”.Luogo di suggestione potente, per chi sa ascoltare il silenzio, il Cimite-ro dei “carusi”: una magia della me-moria che ha conquistato anche il Presidente, visibilmente emoziona-to dopo avere deposto sulla tomba dei ragazzi senza nome una corona di fiori molto particolare, dolcissima e solenne nello stesso tempo: orchi-dee bianche, rose rosse ed anturium sul verde delle felci, il tricolore della patria portato dai corazzieri in alta uniforme con il nastro sistemato dal presidente come se fosse la sciarpa al collo del proprio figlio salutato

sulla porta di casa prima di andare a faticare in miniera.Quei “carusi” non avevano avuto carezze dai loro genitori, costretti dalla miseria a venderli ai picconieri per poter sopravvivere, non hanno avuto diritti, né riconoscimento di dignità. Per avere una croce ano-

nima sulla loro tomba hanno do-vuto attendere più di un secolo, e per nove di loro neppure il ricordo del proprio nome ha potuto esse-re tramandato. Esistenze divorate dal sottosuolo della povertà, vissu-ti come se non fossero mai esistiti, soffocati da uno sfruttamento di-sumano, che il Presi-

dente ha voluto ricordare oggi. Senza parole, scrivendo un bigliet-to lasciato ai piedi del piccolo mo-numento come si fa a Gerusalem-me con le preghiere nel Muro del pianto: “Dopo aver reso omaggio a chi lavorando è morto e ai bambini sfruttati per sottolineare la loro di-

gnità”.La dignità di chi deve lavorare per vivere, è ancora oggi “il” problema, in Sicilia. Dopo l’omaggio del Presi-dente, l’impegno dello Stato, se vuo-le essere davvero “patria” per i “ca-rusi” del secolo che stiamo vivendo. E senza attendere altri 134 anni.

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Donata al Presidente Mattarella la prima copia del libro che contiene

un suo testo inedito legato a Caltanisset-ta: si tratta degli Atti di un Convegno te-nuto il 17 maggio del 2011 nel Salone del Museo Dioce-sano del Semina-rio, promosso dalla Sezione “Don Feli-ce Dierna” dell’U-CIIM (Unione Cattolica Inse-gnanti Medi) di Caltanissetta in occasione dei 150 anni dell’U-nità d’Italia. “La scuola ha unito l’Italia-La costruzione del l’ ident ità culturale e civile degli Italiani in 150 anni di storia unita-

ria”, questo il titolo della Giornata di Studi che ha visto tra i relatori il prof. Sergio Mangiavillano (“La scuola, la lingua italiana e la comu-nicazione dei new media oggi”), don Calogero Panepinto (“Educa-re alla vita buona del Vangelo”), e che è stato concluso dalla Lectio Magistralis del prof. Sergio Mat-tarella, già Ministro della Pubblica Istruzione nel 1989/90: “La scuola ha unito l’Italia – La formazione dell’identità culturale e civile degli Italiani in 150 anni di storia unita-ria”. Del Vescovo Mons. Mario Rus-sotto il saluto finale al Convegno (“La scuola anima della cultura”) e la Prefazione del volume, curato da Fiorella Falci, presidente dell’U-CIIM di Caltanissetta, che aveva introdotto e moderato i lavori.Proprio Fiorella Falci ha potuto consegnare al Presidente Mattarel-la la prima copia del volume (edito da Lussografica) al termine della manifestazione in ricordo dei giu-dici Saetta e Livatino al Palazzo di Giustizia.

Un libro “nisseno” del presidente Mattarella

Editoria

Scoperta una parete del Palazzo di Giustizia che riporta le parole di tanti martiri della mafia

Coinvolgente l’intervento di due studenti selezionati tra tutte le scuole superiori della città

25 Settembre 2015

il Presidente

in Città

Il Presidente a Caltanissetta“il silenzio che ascolta e comprende”

di Fiorella Falci

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Il Cimitero dei “Carusi” di Cal-tanissetta è uno dei luoghi della memoria più autentici e suggestivi

della Sicilia. Vi sono sepolti 49 zolfa-tari morti nella strage (a quei tempi

le chiamavano “disgrazie”) della mi-niera di Gessolungo, il 12 novembre del 1881: un incendio divampato per uno scoppio di grisou (“l’antimonio” della novella di Leonardo Sciascia), il gas mortale, inodore, insidioso, che si addensava nelle gallerie delle miniere prive di impianti di ventilazione. I minatori portavano nel sottosuolo un canarino in gabbia: l’unico segnale d’allarme della presenza del grisou era la sua morte. Non c’erano altre misu-re di sicurezza per quegli schiavi dei tempi moderni che si spaccavano la schiena a centinaia di metri sottoter-ra per scavare lo zolfo che serviva alle grandi industrie chimiche dell’Euro-pa capitalista. Non c’erano diritti né dignità per chi non aveva altra scelta per sopravvivere.L’ultimo anello

della catena dello sfruttamento erano

proprio i “carusi”: bambini dai 7-8

anni in su, venduti dalle famiglie ai picconieri in cambio di un salario an-ticipato, il “soccorso morto”, che non avrebbero mai potuto riscattare per liberarli, e che li condannava a vive-

re nell’oscurità, a subire prepotenze e angherie, maltrattamenti, violenze di ogni sorta.

Interessi fortissimi, dei poteri econo-

mici locali e internazionali, ruotavano intorno all’economia del-lo zolfo, quando ancora dal nostro territorio veniva il 90% del minerale dell’intero pianeta.

I Carusi erano elementi essenziali in quel sistema: e non erano solo ra-gazzi, ma anche adulti invecchiati in quel mestiere ma rimasti in fondo alla gerarchia del lavoro. Come “Ciàula”,

il protagonista della novella di Pi-randello. Il loro compito consisteva nel trasportare all’esterno il materia-

le estratto nelle viscere della terra, in un’epoca in cui non c’erano ascensori meccanici o non si volevano impian-tare perché costava troppo.Franchetti e Sonnino, nella loro in-chiesta del 1876, avevano descritto così quello che avevano visto nelle

miniere di Caltanissetta:“Questi ragazzi, detti “carusi”, s’im-piegano dai 7 anni in su; (…) I fan-ciulli lavorano sotto terra da 8 a 10 ore al giorno, i ragazzi impiegati all’aria

aperta lavorano 11 a 12 ore. (…) I più piccoli portano sulle spalle, incredibile a dirsi, un peso di 25 a 30 chili; e quelli di sedici a diciotto anni fino a 70 e 80 chili. La vista dei fanciulli di tenera età, curvi e ansanti sotto i carichi di mine-rale, muoverebbe a pietà, anzi all’ira,

perfino l’animo del più sviscerato ado-ratore delle armonie economiche.(…) Completamente nudi, grondando su-dore, e contratti sotto i gravissimi pesi che portavano, dopo essersi arrampi-

cati su, per una salita di un centina-io di metri sotto terra, quei corpicini stanchi ed estenuati uscivano all’aria aperta, dove dovevano percorrere un’altra cinquantina di metri, esposti a un vento ghiaccio. (…) un altro opera-io li sorvegliava, gridando, spingendo, dando ogni tanto una sferzata a chi si muoveva più lento”. Il destino di questi “carusi” era spesso quello di morire sottoterra, schiaccia-ti dai crolli o bruciati dal grisou, come i 19 ragazzi della strage di Gessolun-go del 1881, di cui 9 rimasti senza nome, non identificati né rivendicati da nessuna famiglia nemmeno come cadaveri da piangere, anonimi nella loro condizione di sfruttamento di-sumano, cancellati dalla storia prima

ancora di vivere.Il Cimitero dei Carusi di Gessolungo soltanto da pochi anni si chiama così. Dopo la strage era poco più di una fossa comune, un ossario di poveri corpi straziati e carbonizzati, estrat-ti dalla miniera venti giorni dopo, quando l’incendio era stato domato. Per molte delle loro famiglie neppure un funerale e una tomba erano spese che si potevano sostenere. Il Prefetto del tempo decise la sepoltura lì, a 300

“La purificazione della memoria”

Sopra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella rende omaggio ai Carusi di Gessolungo. In alto il Capo dello Stato lascia un suo pensiero: “Dopo aver reso omaggio a chi lavorando è morto e ai bambini sfruttati per sottolineare la loro dignità”

I Carusi di Gessolungo

di Fiorella Falci

Ph: Gaetano Camilleri

25 Settembre 2015

il Presidente

in Città

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metri dalla miniera. Non si vollero portare nel cimitero cittadino, nessu-no se ne volle occupare.Per più di un secolo è stato un luogo della rimozione piuttosto che un luo-go della memoria. Di quella memo-ria per tanti anni ci si voluti liberare, come quella di un passato infame, di miseria, senza speranza.La miniera Gessolungo è stata chiusa trent’anni fa, nel 1985, una delle ulti-me in Sicilia. Poi sulle zolfare è sce-so il silenzio, e la dissoluzione della memoria, insieme alla dissoluzione dell’identità economica e civile di un intero territorio, di un’intera popola-zione.Nel 2008 il Vescovo Mons. Russotto ha celebrato una messa solenne sul piccolo piazzale di quel cimitero, e ha parlato di “purificazione della memo-ria” di cui la Chiesa nissena si faceva protagonista, memore dei tempi in cui agli zolfatai morti in miniera veni-

vano negati persino i funerali religio-si, e l’unico segno di benedizione lo ricevevano, frettolosamente, nella cappellina delle Anime del Pur-gatorio, tra la città e le miniere, prima della sepoltura.Ogni anno, il 12 novembre, molti ragazzi delle scuole della città si ritrovano lì, a ricordare i loro co-etanei sconosciuti, insieme all’Asso-ciazione “Amici della Miniera” e alle istituzioni cit-tadine, da quando il Comune, nel 2001, ha assunto il compito di sistemare il piccolo cimite-ro, ne ha acquistato l’area, e decine di volontari periodi-camente lo ripuliscono dalle erbacce e ne difendono la di-gnità e il ricordo.

Uccisi tutti e due su quella strada, la SS. 640, Agrigento-Caltanissetta, la “strada del-la morte” (e non solo per i tanti incidenti

mortali) a distanza di due anni l’uno dall’altro: An-tonino Saetta nel 1988 e Rosario Livatino nel 1990, entrambi legati al mondo della giustizia nissena, che ha voluto ricordarli alla presenza del Presidente della Repubblica. A Caltanissetta Rosario Livatino aveva lavorato nel suo primo anno di servizio in magistratura, il 1978, e Anto-nino Saetta a Caltanissetta era stato Presidente della Cor-te d’Assise e d’Appello nel 1985-86, dopo aver lavorato come giudice nel nostro Tribunale dal 1955 al 1960.E a Caltanissetta Antonino Saetta aveva studiato da giovane, nello storico Liceo Classico “Ruggero Setti-mo”, lo stesso del giudice Costa, e lì si era diploma-to, nel 1940, mentre l’Italia era entrata nella seconda guerra mondiale da poche settimane.Un’altra guerra avrebbe dovuto combattere, Antonino Saetta, nella sua vita di magistrato: quella contro la ma-

fia, la criminalità organizzata, con le armi della giustizia, quelle che aveva dovuto usare, con intelligenza affilata pari sol-tanto al suo equilibrio, nel processo per la strage in cui era morto il giudice Roc-

co Chinnici, celebrato proprio a Caltanissetta, con imputati di alto rango, i Greco di Ciaculli (il “Papa” e il “Senatore”) capi indiscussi del-

la mafia in giacca e cravatta, al vertice della gerarchia criminale di allora, ai quali in

appello aveva rincarato la dose delle condanne e delle pene. Limpidamen-te, secondo la legge, senza “prudenze”

di opportunità.Due vite parallele quelle di Saetta

e Livatino, martiri della giustizia ed eroi di tutti i giorni, concitta-dini di due generazioni diverse (nato nel 1922 Saetta, trent’an-ni dopo, nel 1952 Livatino, en-

trambi a Canicattì), entrambi te-stimoni di uno stile professionale

sobrio e rigoroso allo stesso tempo, mai esibito, che hanno lavorato dura-mente senza mai apparire sui circuiti mediatici, senza prestarsi a spettaco-

larizzazioni, come il giudice Costa, che in tutta la sua vita non aveva mai concesso neppure un’intervista.Non hanno mai vissuto la loro professione come un privilegio, una condizione di vantaggio esclusi-vo, una “casta”, e sono morti mentre guidavano per strada senza scorta, cittadini come tanti, coerenti nel fare il proprio dovere con serenità inflessibile, con il coraggio consapevole di chi conosce l’avversario, la sua potenza e la sua violenza, sa guardarlo negli oc-chi, da vicino, in profondità, vuole svelarne il miste-ro smitizzandone le suggestioni, smascherandone la miseria, senza timore.Non era stato sempre così in Sicilia, anche tra i magi-strati. La generazione del Procuratore del Re di Cal-tanissetta che si alzava dalla sua poltrona del Circolo dei Nobili e si toglieva il cappello quando passava don Calò Vizzini, e il tempo dei tanti processi ai mafiosi conclusi per insufficienza di prove, erano stati archi-viati definitivamente dal lavoro di giudici come loro. Pionieri, profeti, testimoni di una classe dirigente sici-liana finalmente “non allineata” con le logiche del po-tere, occulto o palese che fosse. E finalmente schierata dalla parte opposta della criminalità, fuori dalla “zona grigia”. Alla luce del sole.Il giudice Rosario Livatino (di cui è in corso il pro-

cesso di beatificazione) aveva scritto nei suoi appunti: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”.Lo ha citato una studentessa del Liceo Classico, nel suo saluto al Presidente Mattarella, a palazzo di giustizia, parole pesate e pesanti, senza retorica di circostanza:“A scuola dovremmo imparare, con l’arte e la lettera-tura, a vedere la bellezza nella credibilità (quella di cui scriveva il giudice Livatino) e nella legalità; imparare ad essere capaci di individuare, di denunciare e di contra-stare il compromesso e il degrado, la cecità di fronte agli illeciti e al disprezzo delle regole condivise. L’educazione alla credibilità è il sorriso che ci lascia ogni servitore dello Stato ucciso dalla mafia. L’educazione alla bellezza è lotta contro la mafia.”Se cresceranno così, i nostri ragazzi, con questo re-spiro e questa determinazione, con questa forza nel cuore, i “giudici ragazzini” su cui aveva ironizzato con una certa volgarità un Presidente della Repubblica del passato, non avranno più bisogno di morire da soli uccisi per strada. Su quella strada, la SS. 640, che oggi è la più importan-te e costosa opera pubblica siciliana in corso, e su cui, per ora, non si sentono più i rumori degli spari.

Fiorella Falci

I bambini erano venduti dalle famiglie ai picconieri in cambio di un salario anticipato Sergio Mattarella, Luigia Pantano (vedova

Saetta), il figlio Roberto e don Giuseppe Livatino, durante la commemorazione al Palazzo di Giustizia di Caltanissetta

Ph: Gaetano Camilleri

sulla stradaMartiri della giustiziaSaetta e Livatino

Storia e Cultura

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Il rigore, innanzitutto. E poi le parole. Calibrate, mai strom-bazzate perché arrecano fasti-

dio e non soltanto alle orecchie. E anche i silenzi, spesso, significano più di mille lettere messe in fila che ne danno un senso compiuto. Nella carriera di un magistrato, breve o di lungo corso che sia, il rigore – ab-binato alle parole e ai silenzi – è la quintessenza che dà ulteriore valore alla toga che porta sulle spalle. Gli esempi di Antonino Saetta e Rosario Livatino, a distanza di oltre vent’an-

ni, sono attuali come non mai. Uo-mini di Legge, anzi per la Legge. Loro che per essere rigorosi sono morti da soli, senza scorte e auto blindate al seguito. Coraggiosi mal-grado tutto, in una terra maledetta dove il rigore mafioso imperava, dettava legge quasi quanto i Tribu-nali.

Qualcuno ha mal interpretato il si-lenzio del presidente della Repub-blica, Sergio Mattarella, durante la sua presenza alla cerimonia com-memorativa organizzata dalla Giun-ta distrettuale dell’Associazione na-zionale magistrati. Le “non parole” di Mattarella – casomai – sono in linea con quel rigore e quei silenzi a cui si sono ispirati Antonino Saetta e Rosario Livatino. Chi ha percepito una mancanza di rispetto da parte del Capo dello Stato, dimentica che lui, Mattarella, è una vittima della

mafia. Silenzi che ribadiscono come sia tramontata l’era delle frasi ad effetto, degli ipocriti piagnistei ad ogni ricorrenza segnata più dal ca-lendario che dal valore della memo-ria, dei proclami sull’antimafia che

noi cronisti cerchiamo spasmodica-mente per battere un titolo shock e stupire chi legge. Quella parete al pianoterra del Pa-lazzo di Giustizia di Caltanissetta che riporta i pensieri di una stra-ordinaria attualità di coloro i quali hanno lanciato il guanto di sfida alla mafia – da Papa Wojtyla a Rocco Chinnici, senza dimenticare Pier-santi Mattarella – può e deve esse-re considerato un monumento alla memoria di tutti i siciliani onesti, non soltanto un “memorandum” per i tanti magistrati che quel corridoio lo percorrono quotidianamente e nelle aule amministrano Giustizia in nome di un popolo italiano e sici-liano sempre più oltraggiato, nause-ato, smarrito. Disorientato davanti agli atteggiamenti di alcune toghe finite sotto inchiesta per intrecci af-faristici, parentopoli e affiliazioni a club di potere. Polvere e veleni che cancellano il seminato che divide la sacra Legge dal becero malaffa-re. Schizzi di fango che liquefanno

un’antimafia biodegradabile che ha trovato linfa in questa terra baciata dal sole e stuprata dal carrierismo. Bene hanno fatto il presidente dell’Anm Fernando Asaro e il procu-ratore generale Sergio Lari a rilegge-

re davanti al capo dello Stato e a tan-ti colleghi in platea, le opinioni che Livatino e Saetta avevano sul ruolo del magistrato. Ci hanno ricordato che certi magistrati, nella Sicilia del passato e del presente, parlano più con le carte che firmano piuttosto che in conferenza stampa davanti a una plètora di microfoni e teleca-mere. “Colui che si compenetra tal-mente in quei problemi – diceva il giudice ragazzino – che li soffre fino al punto da farli propri e portarli con sé ovunque vada, macerandosi nel dubbio dell’errore ben oltre quel segno che il proprio stretto dovere

imporrebbe”. E poi c’è la dignità del magistrato, che per Saetta va usata “per affrontare con coraggio situa-zioni difficili. E ci dà anche tutto il coraggio di cui, in quei casi abbia-mo bisogno”. Sono dichiarazioni ingiallite dal tem-po, roba da archivio, eppure sono così vere che potremmo averle sen-tite qualche ora fa. E v’è la necessità, per magistrati e cittadini, di sentirle con maggiore assiduità. Ora più di

prima. Felice il Paese che non ha bi-sogno di eroi. A noi il compito di at-traversare l’oscuro e tortuoso tunnel, consapevoli che laggiù – ad aspettar-ci in fondo al corridoio dove riflette la luce – ci attendono Rocco, Boris, Giovanni, Paolo, Piersanti, Pio e Gio-vanni Paolo II e i loro insegnamenti. Perché se non è rispettata la Giusti-zia, che cosa sono gli Stati se non del-le grandi bande di ladri? Ci ricorda giustamente Sant’Agostino.

di Valerio Martines

Rosario Livatino: “Sarebbe som-mamente opportuno che i giudici rinunciassero a partecipare alle competizioni elettorali in veste di candidato o, qualora ritengano che il seggio in Parlamento su-peri di molto in prestigio, potere ed importanza l’ufficio del giudi-ce, effettuassero una irrevocabile scelta, bruciandosi tutti i vascelli alle spalle, con le dimissioni de-finitive dall’ordine giudiziario”. Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo sta-ti credenti, ma credibili” Antonio Saetta: “La nostra digni-tà ci impone, alle volte, di affron-tare con coraggio situazioni diffi-cili. E ci dà, anche,tutto il coraggio di cui, in quei casi, abbiamo biso-gno”.Giovanni Paolo II (Agrigento, Valle dei Templi, 9 maggio 1993) “Dio ha detto una volta: non uc-cidere. Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglome-razione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santis-simo di Dio”. “Questo popolo, po-polo siciliano, talmente attaccato alla vita, popolo che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sem-pre sotto la pressione di una civiltà contraria, civiltà della morte!”“Nel nome di questo Cristo questo

Cristo... mi rivolgo ai responsabili: convertitevi!Un un giorno verrà il giudizio di Dio!”

“Una parete per non dimenticare”

La parete del Palazzo di Giustizia di Caltanissetta, che riporta i pensieri di chi ha lanciato il guanto di sfida alla mafia, può e deve essere considerato un monumento alla memoria di tutti i Siciliani onesti

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25 Settembre 2015

il Presidente

in Città

Il Presidente Mattarella con il Prefetto Maria Teresa Cucinotta, il Presidente della Corte d’Appello Salvatore Cardinale ed il Procuratore Generale Sergio Lari. A destra il Sostituto Procuratore Generale Fernando Asaro, presidente dell’ANM nissena

Il valore della parola, il rispetto del silenzio

Rigore e Giustizia

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Il giro della Sicilia in 50 giorni tra palazzi e villette comunali, caserme dei carabinieri, spiagge e case della

gente. Sono i passi di Marco Carletta, sono i sogni, le speranze racchiuse in un viaggio lungo 1300 Km che si chia-ma “Walk for Peace”. E’ la storia di Marco, un ragazzo di San Cataldo, la città c h e 32 anni fa ha visto muovere i suoi primi passi e poi ancora altri fino alla sua decisione di portare avanti in una calda giornata d’estate, una mis-

sione che va contro ogni forma di vio-lenza, capace di uccidere l’indifferenza, la rabbia e forse anche un po’ il dolore.Sono passati pochi istanti dal momen-to in cui Marco ha pensato di percorre-re l’intera isola a piedi all’istante in cui ha allacciato le sue scarpe da ginnasti-ca, impugnato il suo carrello da trek-king con i suoi effetti personali, saluta-to i suoi cari al Cristo Re, il quartiere

dove vive ed infine messo sulla fronte la sua go pro per immortalare i passi lungo un cammino fatto di tappe: 50 come i giorni che hanno attraversato l’intero viaggio. Poco tempo per decidere ma tanta la voglia di agire per denunciare ogni forma di violenza. Marco ce la raccon-ta così quella che lui stesso definisce la

sua “missione”. “Un medico ha la missione di salvare le vite umane, un giornalista ha la missione di informare la gente, un avvo-cato di difendere i cittadini; la mia è quella di “camminare per la pace” - afferma Marco - che itinerante tra una città e l’altra incontra la gente; si ferma a parlare con loro, con-dividendo emozioni e ospita-lità. Sono tante le persone che lo fermano, lo rincorrono ma soprattutto lo riconoscono e forse perché sanno già della sua missione.La maggior parte di loro però conosce la storia di un altro giovane sancataldese, un ragaz-

zo, Aldo Naro, un medico di 25 anni che durante la notte di San Valentino è stato ucciso in una nota discoteca di Palermo ed insieme a lui il sogno di salvare vite umane si è interrotto per sempre perché qualcuno, un giovane come lui, ha deciso di spezzare la sua vita e tutto questo per dei futili motivi, una banale lite trasformata in una rissa e poi in una tragedia.

Marco ha voluto onorare la sua memo-ria, partendo proprio da San Cataldo per poi tornarci, 50 giorni dopo, con-sapevole di aver urlato il suo “no” alla violenza per tutta la Sicilia .“Sono stati tanti i momenti di sconfor-to, non lo nego – racconta Marco – ma erano legati soprattutto alla logistica, vi erano dei giorni in cui non sapevo

dove andare a mangiare, dove andarmi a lavare ma soprattutto dove montare la mia tenda; poco dopo, però, suc-cedeva qualcosa che mi permetteva di andare avanti, di continuare il mio cammino insieme al mio inseparabile compagno di viaggio: Wilson”. Quando Marco parla del suo fido

compagno è al suo carrello da trekking che si riferisce, la sua seconda casa che ha affettuosamente chiamato Wilson come l’amico immaginario del prota-gonista del film Cast Away: Chuck No-land, il film che trae ispirazione dal ro-manzo di Daniel Defoe Robinson Cru-soe. Marco però, a differenza di Chuck Noland, non era naufrago su un’isola deserta ma itinerante tra la gente, in cammino per la pace. L’isola che ha percorso non era deserta ma piena di luoghi, di incontri, di gente. “Non riu-scirei neppure a quantificare le persone con cui ho scambiato sorrisi, sguardi, pensieri e parole durante il mio cam-mino, sono davvero tante e ognuna di loro ha lasciato dentro me qualcosa, la speranza che un mondo diverso forse esiste ed io voglio crederci”.Tra le persone e i luoghi Marco, al suo trentaseiesimo giorno di cammino, ha incontrato i familiari di Peppino Im-pastato a Cinisi in provincia di Paler-mo, ha visitato i luoghi in cui è vissuta una delle tante vittime della mafia. Ha raggiunge la sua casa, percorrendo i cento passi che separano quest’ultima da quella del boss Tano Badalamenti. Ma è a Palermo che Marco ha incon-trato per la seconda volta fra Biagio Conte, un uomo che il giovane sancataldese definisce “un esem-pio di vita, un santo in carne ed ossa”, colui che ha lasciato la

sua vita per fare il missionario di fede percorrendo a piedi le città italiane dedicando la sua vita ai più poveri. “I palermitani e i siciliani cercano i san-ti e i miracoli a Pietrelcina, a Lourdes a Medjugorje, invece non sanno che hanno il santo a casa loro, la missione di fra Biagio è un miracolo e forse in pochi l’hanno capita” ha commentato

Marco.Ma il suo viaggio è fatto anche di in-contri casuali come quello con Elia, un ragazzo conosciuto a Catania che ha offerto a Marco ospitalità a casa sua e che sempre casualmente ha incontrato qualche giorno dopo a Milazzo. Que-sta volta però era proprio Elia a non avere un posto dove andare a dormire e Marco ha condiviso la sua tenda con lui.“Sono tante le tappe che hanno reso questo viaggio indimenticabile, un’e-sperienza che porterò per sempre dentro di me diventata speciale non soltanto perché ho percorso 1300 Km a piedi per tutta la Si-cilia ma soprattutto per aver rag-giunto una meta fatta di incontri e strette di mano, portando con me l’esem-pio di Aldo

N a r o , un ragazzo che non c’è più il cui ricordo è ancora vivo nella mente di coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di chi ha semplicemen-te conosciuto la sua storia” ha com-mentato Marco parlando di pensieri, discorsi che si riconducono anche al giorno in cui assieme all’amico Cri-

stian Bruscancino, durante il cammino di Santiago, altra esperienza vissuta da Marco lo scorso 2013, hanno deciso di percorrere a piedi l’intera Sicilia, un sogno che Cristian non ha potuto re-alizzare perché di ritorno da Santiago è venuto a mancare ma che Marco ha coronato onorando la memoria di tutti coloro che troppo presto hanno lascia-to questa vita accompagnando il loro indelebile ricordo per le strade della città e forse anche nei cuori della gente, facendosi portavoce di un solo ed uni-

co sentimento: la pace.

Walk for peace per AldoPasseggiata per la pace: 1300 km

È la storia di Marco, un ragazzo di San Cataldo, che ha deciso di camminare per urlare no alla violenza: 50 giorni di emozioni“

di Fabiola Palmigiano

Il fido compagno di viaggio è “Wilson”, il carrello da trekking che è stato la sua seconda casa

Fatti & Iniziative

Marco Carletta con il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando

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Il fumo delle caldarroste a segna-re l’inizio dell’autunno; le onde del mare che si increspano, spu-

meggiano e si infrangono a riva così come i pensieri; un uomo che per-corre il suo cammino verso l’infinito; un tramonto a simboleggiare la fine del giorno e l’attesa di un domani mi-gliore. Scatti che raccontano la quo-tidianità vista da chi giornalmente vive e lotta a fianco di chi combatte il male oscuro e vuol continuare a vive-re e sorridere, apprezzando le sfuma-ture che ogni giorno la vita regala.

Immagini impresse sulla pellicola viste con gli occhi del chirurgo Gio-vanni Di Lorenzo, che ha voluto co-niugare la passione per la fotografia e le tecnologie alla sua professione,

ideando l’iniziativa “Una foto ... per la vita!!! I LIKE, lo specchio dell’a-nima” grazie alla quale l’arte ancora una volta sposa la prevenzione dive-nendo un connubio vincente. Una mostra che sarà allestita dal 17 al 21 dicembre al centro commercia-le “Il casale”, cinque giorni durante i quali saranno raccolti dei fondi poi devoluti alla Lilt, la Lega Italiana per lotta contro i tumori di Caltanissetta. “Un’idea che nasce dall’amore e dalla passione per la fotografia – dichia-ra Giovanni Di Lorenzo, dirigente medico di chirurgia generale all’O-spedale S. Elia – unita alla mia pro-fessione. Circa sessanta le fotografie che saranno esposte nei cinque gior-ni della mostra che hanno ricevuto

il numero più alto di mi piace sulla mia pagina facebook, un modo per ringraziare chi ha apprezzato i miei scatti che raccontano le mie espe-rienze personali e lavorative, ma an-che per aiutare la ricerca e chi lotta contro i tumori”. “Un’occasione - conclude il chirurgo Giovanni Di Lorenzo - per diffondere la cultura della prevenzione che vuole diven-tare un appuntamento con cadenza annuale per rimarcare ancora una volta che oggi, grazie alla diagnosi precoce, di tumore non si muore”.Da oltre 90 anni la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, infatti, opera quotidianamente senza finalità di lu-cro nella prevenzione della malattia più antica e crudele che abbia colpito l’essere umano: il cancro. Grazie alle 106 sezioni provinciali, ai 250.000 soci e 400 ambulatori, la Lilt pro-muove su tutto il territorio nazionale la prevenzione primaria finalizzata a ridurre i fattori di rischio e le cause di insorgenza della malattia, quella secondaria grazie a visite mediche ed esami strumentali per la diagnosi precoce dei tumori e la prevenzione terziaria volta a “prendersi cura” del-le problematiche del percorso di vita di chi ha vissuto l’esperienza cancro.Si stima che in Italia ogni giorno ci siano 1.000 nuovi casi di cancro e che nel corso del 2014 secondo i dati dell’Associazione italiana registri tu-mori (AIRTUM) siano state riscon-trate 366.000 nuove diagnosi di tu-more (esclusi i tumori della pelle, per i quali è prevista una classificazione a parte a causa della difficoltà di distin-guere appieno le forme più o meno aggressive), circa 196.000 (54%) fra gli uomini e circa 169.000 (46%) fra le donne. I tumori che col-piscono maggiormente la popolazione sono quelli al colon retto, al polmone, al seno e alla prostata. Negli ultimi anni sono complessivamente mi-gliorate le percentuali di guarigione: il 63% delle donne e il 57% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Merito soprattutto della maggiore adesio-ne alle campagne di screening, che consentono di individuare la malattia in uno stadio iniziale, e della mag-giore efficacia delle terapie. Un fine l o d e v o l e d u n q u e q u e l l o d e l l ’ i n i z i a t i v a “Una foto ... per la vita!!! I LIKE,

lo specchio dell’anima” che ha come obiettivo anche quello di avvicina-re i più giovani alla pre-

venzione: la mostra, infatti, potrà essere seguita grazie a una workstation attraverso

l’omonima pagina facebook.Entusiasta del progetto il pre-sidente della sezione nissena

della Lilt Aldo Amico che ha accolto l’iniziativa con grande entusiasmo.

“Devo ringraziare il mio collega Di Lorenzo – afferma Aldo Ami-co – per almeno tre buoni motivi:

il primo perché ha apprezzato il lavoro portato avanti dalla Lega;

ha voluto unire un momento di arte all’arte medica offrendo la possibilità di scoprire un tumore quando ancora non ha dato segno di sé e infine per-ché il ricavato di coloro che vorranno durante la mostra fare una donazione

andrà alla lega. Giovanni Di Lorenzo ha proposto un’immagine per parlare della bellezza e della vita; in un’imma-gine c’è la vita se questo lo possiamo coniugare con la prevenzione possia-mo dire che in un momento di pre-venzione c’è una guarigione”.Dieci della sessanta foto che saran-no esposte nella mostra “Una foto ... per la vita!!! I LIKE, lo specchio dell’anima” potranno essere viste in anteprima durante la terza edizione di “Piazza a colori” il 10 e l’11 otto-bre che tornerà ancora una volta ad illuminare con i suoi colori il centro storico per valorizzare l’arte, lo sport e lo spettacolo ma anche per parla-re del sociale e dell’importanza del-la prevenzione. Un piccolo assaggio dell’evento di dicembre e contempo-raneamente per far conoscere la Lega Italiana contro i tumori e avviare la raccolta fondi grazie a uno stand che sarà allestito nella Grande Piazza.

Scatti

Mostra dal 17 al 21 dicembre al centro commerciale “il Casale” e raccolta fondi per la LILT

per beneficenza

Il chirurgo della fotografia

di Annalisa Giunta

Aldo Amico, in alto Giovanni Di Lorenzo.A destra alcuni scatti della mostra

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Personaggio valente ma discreto, Michele Di Martino, nasce e tra-scorre a Caltanissetta la prima

metà della sua vita; studia al Liceo Classico “Ruggero Settimo” e dopo la Laurea in Lettere inizia ad insegnare nei licei. Come molti di noi negli anni ’80, trascorre le sue estati nella campa-gna nissena con il papà Nicolino, co-struttore, la mamma Carmela ed il fra-tello Mario. Chi ha l’opportunità di conversare con Michele rimane affa-scinato dalla precoce e non comune sensibilità, supportata da una profonda formazione umanistica, spesa nel ten-tativo di soddisfare un’insaziabile sete di conoscenza. La ricerca di una pro-pria interiorità, di ciò che sta dietro le apparenze, ne caratterizzerà in seguito l’opera artistica. A trent’anni si trasferi-sce a Milano, poi a Roma dove vive e insegna attualmente italiano e latino presso il Liceo Classico “Luciano Ma-nara”. Fonda l’associazione culturale “Segni dell’anima” ed inizia una dura-tura e fiorente collaborazione culturale con, tra gli altri, i registi Beppe Arena,

Maurizio Panici e l’attrice Pamela Vil-loresi. Compone numerosi testi per il teatro, messi in scena sia in Italia che all’Estero. “Il caso Fedra”, “Atreus et Iliona”, “Atridi”, “Didone”, “L’Arca di Noé”, “L’ora di Otranto”, “Il Cantico dei Cantici”,” Odi et amo”, “Il salotto parigi-no di Rossini”, sono solo una parte del-la sua opera, intrisa di ricercatissime ispirazioni e riferimenti classici, storici, filosofici, religiosi, caratterizzata da uno struggente e fatale disagio rispetto alla mal tollerata modernità. L’autore, tradendo una più scontata impostazio-ne meramente narrativa, si avventura,

non di rado, in proprie subliminali in-cursioni, assecondando così il proprio malcelato desiderio di redenzione di una società, troppo spesso superficiale e arida di valori. Con raffinate doti ar-tistiche, Michele cura la drammaturgia di numerosi spettacoli in cui emerge una approfondita conoscenza antro-pologica e culturale (“Sicilitudine”, “La morte si sconta vivendo”, “Il buon go-verno”, “Dio maternamente”, “Memo-

riae temporum”, “Il leone maremma-no”) e traduce ed adatta numerose opere di autori greci e latini (Eschilo, Aristofane, Plauto, Virgilio, Ovidio, Petronio, Seneca) e moderni (Grillpar-zer, Checov). Infaticabile e creativo, af-fianca al suo percorso artistico la ricer-ca didattico-scientifica. Consulente per il Ministero dei Beni Culturali e la Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, collabora con l’Università di Firenze, dove svolge dal 2004 attività seminariali per il modulo di Storia del Teatro e dello Spettacolo. Lo incontriamo a Siracusa nel Luglio

scorso, in una repliche di “Teresa d’Avi-la, Un castello nel cuore”, opera che amiamo considerare della sua maturità artistica ed esistenziale. Per celebrare i cinquecento anni dalla nascita della Santa (28 marzo del 1515), due anni e mezzo or sono i teologi carmelitani Antonio Sicari e Fabio Silvestri, insie-me a Pamela Villoresi, propongono a Michele la composizione di un dram-ma per raccontarne l’esistenza. Figura

femminile tra le più significative della storia della Chiesa, riformatrice dell’Ordine del Carmelo, ne diffuse la dottrina in tutto il mondo religioso cat-tolico. Anche a Caltanissetta, nell’attua-le sito del Palazzo Municipale, si fondò nel sedicesimo secolo il convento dei Carmelitani scalzi con l’annessa chiesa di Maria Santissima Annunziata (Ma-donna del Carmine), nel quale l’Ordi-ne rimane presente fino al diciannove-simo secolo. Personaggio straordinario e di grande attualità (prima donna nel-la storia proclamata nel 1970 da Paolo VI Dottore della Chiesa), forte e cari-smatica, conduce nella sua dimensione temporale un esistenza piena ed empa-tica, indissolubilmente intrecciata con l’esperienza mistica e spirituale. Entra nel convento del Carmelo, ad Avila, all’età di vent’anni, percorrendo un cammino di esperienza dell’anima, nella ricerca del “matrimonio con Dio” che la conduce, all’età di 39 anni, ad una seconda conversione. Quel “mo-mento determinante” dell’esistenza che ognuno di noi, anche in un cammino laico, tende troppo spesso infruttuosa-mente a ricercare nell’ ”età dell’espe-rienza”. Il cammino di fede dalla Santa viene sapientemente condensata nella

metafora del “Castello interiore”, la sua opera spirituale per eccellenza. Tutto ciò emerge dalla lettura del testo di Mi-chele (“Un castello nel cuore”, Edizioni OCD, recentemente pubblicato) ap-prezzatissimo dalla critica, pure avulso dalla rappresentazione teatrale in cui Teresa è interpretata da una sublime Pamela Villoresi. La vicenda dramma-tica di pregnante sapore mistico, si svolge in un castello, la cui immagine virtuale in sette stanze, (moradas in spagnolo), materializza il percorso di conversione di Teresa, ambientato in un sottofondo onirico, creato da perso-naggi secondari della scena che diffon-dono canti e parole , in cui emergono, in un fortissimo contrasto chiaroscu-rale, i colloqui tra la Santa e le figure fondamentali che hanno concorso al discernimento della fede e alla nuova opera fondatrice e di riforma del Car-melo. Vivere e consumare il proprio travaglio esistenziale condividendolo con gli interlocutori, guida Teresa alla ricerca della “chiave” per “la dimora

successiva”, nonostante le difficoltà: “Vado avanti, oltre le paure, tra le soste aspre e opache del castello, in un viag-gio che confonde, che è velato, ma non sospende, mi conduce oltre”. Nella “prima dimora” Teresa, all’età di venti-quattro anni, in un ambiente di tempo-rale mestizia, è in punto di morte. Quando ormai i presenti hanno ab-bandonato le speranze, Don Alonso de Cepeda, suo padre, rifiutandone la morte prematura senza la riconcilia-zione con Dio, la sveglia, dando inizio al dialogo in una prima parte autobio-grafica e penitenziale del cammino. Teresa confessa così di essere stata di-stratta, in gioventù, dal sentirsi apprez-zata e desiderata dagli altri. Per preser-

varne la fede il padre l’aveva accompagnata nel convento delle Suo-re agostiniane, scoprendo presto, con apprensione, che la figlia desiderava la clausura per voler completamente reci-dere i rapporti con la vita mondana. Il cammino prosegue nella Seconda di-mora. Teresa, sempre più consapevole, incontra la consorella Suor Giovanna, sua guida spirituale. Continua la con-fessione delle proprie debolezze arri-vando financo a paragonarsi al figliol prodigo. L’interlocutrice la esorta ad affidarsi completamente “a chi illumi-na la via” ed abbandonare “futili rap-porti”. Donna e religiosa già consape-vole delle sue opere, ma ancora bramosa di penitenza, La troviamo nella “Terza dimora”, nel dialogo con Francesco de Salcedo, ricco nobile di Avila e Santo Cavaliere. L’aristocratico la incita ad andare avanti nel suo gran-de progetto dell’Ordine dei Carmelita-ni scalzi. Teresa, con l’animo intriso dal senso di colpa, denuncia all’interlocu-tore il proprio senso di inadeguatezza. Le sue opere nulla sono rispetto al sa-crificio di Cristo. Si sente incapace di donarsi completamente a Dio, di pas-sare definitivamente dalla Sua mano a quella del creatore “la preziosa perla” del suo “avere terreno”. Di ciò fu capace Donna Guiomar del Ulloa, nobildonna di Avila, importante interlocutrice laica che incontriamo nella Quarta dimora. Giovane vedova, benefattrice delle missioni di suor Teresa, seppe ignorare con moderno anticonformismo il pen-siero bigotto dei benpensanti della buona società dell’epoca, accogliendo a casa propria mendicanti ed ultimi con cui condivise i propri averi. Esempio laico di chi ha avuto il coraggio, ancora non sentito proprio da Teresa, di lascia-re ogni cosa e seguire Dio, con la stessa fiducia del bambino che si lancia da un alto muretto, fiducioso che il padre lo possa accogliere tra le braccia. È invece una fede matura che ritroviamo in Te-resa nella Quinta dimora. L’interlocu-tore è padre Girolamo Gracian, pila-stro della riforma del Carmelo, condotta dalla Santa non senza perse-cuzioni e processi subiti dall’Inquisi-zione. Cosciente delle sue opere, incu-rante delle maldicenze, finalmente paga nel seguire la volontà di Dio, è conscia di dover continuare nella rifor-

di Andrea MilazzoMicheleDi MartinoIl racconto del percorso di fede di un “Dottore della Chiesa”

In alto Michele Di Martino e il presidente del Senato Pietro Grasso (31 marzo 2015 Palazzo della Cancelleria); accanto una scena di Teresa d’Avila, un castello nel cuore

Cultura

L’opera teatrale che ha debuttato il 31 marzo, sarà in scena il 29 ottobre ad Enna ed il 30 a Palermo

Santa Teresa d’Avila

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ma del Carmelo per “sanare le ferite della Chiesa” e sente di aver attuato quella metamorfosi che dall’operoso ma brutto baco da seta che rappresenta l’uomo e le sue opere terrene, si trasfor-ma nella bellissima farfalla che idealizza l’anima redenta che si presenta al Signo-re. Ed è così che entra nella Sesta dimora , interloquendo con padre Giovanni della Croce, mistico Carmelitano, da Lei definito “la migliore pietra per la costru-zione del Carmelo”. Spetterà a lui ac-compagnarla nella lunga e tormentata notte che le espressioni poetiche di Mi-chele ci fanno vivere e toccare con mano attraverso il buio assoluto e l’attesa ango-sciosa. Teresa invoca la sua morte cor-porale per ricongiungersi a Dio nella vita eterna. Al termine della notte, al primo bagliore dell’aurora, finalmente Dio, consolandola, Le appare. La vita di Teresa è stata spesa per Lui. Le Sue opere hanno realizzato la volontà del Signore. L’estasi della Santa si sta consumando in quella transverberazione solennemente rappresentata nel gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini. Nella Settima di-mora, è avvenuto il matrimonio con Dio, Teresa lascia la vita terrena in un atmosfera gioiosa, contrapposta all’at-mosfera tetra della prima dimora. Un

albero morto, dinnanzi alla finestra del suo capezzale, per miracolo rifiorisce. Il castello di Teresa, offrendo la possibilità di essere abitato nella fede in Dio, si con-trappone alla straziante esperienza del “Castello” di Kafka dove il protagonista è impossibilitato ad entrare perché con-tinuamente ingannato. Teresa è stata mano del volere del Signore, perché amore e spiritualità nulla sono se non producono opere e, come lei sostiene, “nessuno deve volare troppo in alto pensando di aiutare il proprio prossimo solo con la spiritualità”. Il cammino di Teresa, si rivela non solo nutrimento per la Chiesa contemporanea, che guidata da Papa Francesco, con il suo rapporto diretto e informale con i fedeli, sta ten-tando un percorso di recupero del signi-ficato originale e dell’azione del cristia-nesimo, ma costituisce una grande lezione esistenziale universale. Michele Di Martino, da autore laico, nel testo de “Un castello nel cuore”, ha sapientemente colto ed interpretato questa straordinaria esperienza, of-frendo al lettore contemporaneo un’in-fungibile occasione di conoscenza di se stessi, contrapposta alla confusione indotta da effimeri “nuovi” orizzonti antropologici ed utilitaristici, troppo spesso caratterizzati da indetermina-tezza e futilità. Lo spettacolo scritto da Michele Di Martino ha debuttato a Roma il 31 marzo scorso al Palazzo della Cancelleria alla presenza del pre-sidente del Senato Pietro Grasso.

L’autore nisseno si è trasferito a Milano e ha fondato l’associazione culturale “Segni dell’anima”

Spesso ci si chiede perché la gente si allontana dalla politi-ca, perché addirittura le causa

nausea e rigetto. Non è soltanto la mancanza di scelte coraggiose e in-cisive nell’interesse della popolazio-ne che non riescono a dare i nostri politici ma è il loro atteggiamento, il loro modo di essere, di agire che disturba e non piace. E soprattut-to è il loro linguaggio che marca il

distacco dalla gente comune. Il lin-guaggio dei politici è spesso, se non sempre, ampolloso, tronfio e inutile. I loro discorsi sono spesso confe-zionati per non informare, per non spiegare, per affrontare qualunque argomento in qualunque contesto pubblico senza in realtà dire al-cunché. Dicono qualcosa, su qual-siasi cosa, senza in realtà mai dire niente. Così la maggior parte degli esimi eletti e nominati si rifugiano in metafore, vaghezza, genericità, ambiguità, evasività, termini spe-cialistici, astrazioni, luoghi comuni, stereotipi, allusioni e tautologie. Le loro frasi fatte, i luoghi comuni, le roboanti banalità, gli stereotipi e le tautologie condiscono ogni intervi-sta e illuminano (solo secondo loro) ogni conferenza stampa. Anche nei momenti di grande tensione. Infat-ti se arriva ad esempio un avviso di garanzia ad un parlamentare eccovi una sfilza di: ”al senatore va tutta la nostra solidarietà”. Qualcuno bene in vista è condannato? A raffica: ”le sentenze della giustizia non si com-

mentano, si rispettano”. Oppure: ”noi diciamo no al giustizialismo, ma aspettiamo con serenità che la magistratura porti al termine le in-dagini: poi trarremo le nostre con-clusioni. Ma parlare adesso sarebbe inutile e affrettato”. E se qualche fa-cinoroso crea tafferugli e danni nel giro di pochi secondi le agenzie co-minciano a sparare: “la violenza va condannata sempre: senza se e senza

ma” (il “senza se e senza ma” è or-mai un tormentoso cult!), “le vetrine rotte sono di una gravità inaudita”, “occorre isolare i violenti”, “solida-rietà alle forze dell’ordine”, ”le opere pubbliche sono fondamentali per lo sviluppo. Nessun facinoroso può pensare di impedirle, perché a quel punto lo Stato userà la forza”.E se qualcuno dovesse accusarli si chiudono a riccio vestendo i panni delle vittime; “la critica è legittima, l’insulto no”, “siamo di fronte a un caso evidente di persecuzione poli-tica”, “come si fa a dire che il governo non ha lottato contro l’evasione? Ab-biamo recuperato miliardi di euro” (?).Chi fa politica e ha un ruolo di parla-mentare si rende conto delle accuse che vengono mosse loro soprattutto per il fatto che sono restii a rinnova-re la politica, che guadagnano tanti soldi, etc. E a questo punto le frasi fatte sono precise e come al solito ripetitive e provengono da ogni; ed eccole qui in crescendo verdiano: “ci vogliono più donne in politica”, “ci

vogliono più giovani in politica”, “ci vuole una classe dirigente nuova per il paese”, ”lei lo sa che ci sono mana-ger che guadagnano molto più dei politici?”, “occorre mettere a posto i conti”, “se non c’è il finanziamento pubblico ai partiti, la politica pos-sono farla solo i ricchi”, “dire che i politici dovrebbero prendere quanto gli altri cittadini è qualunquismo”, “strumentalizzazioni di questo tipo

sono vergognose”, “non è vero che sono stati dati soldi alle banche”, “il paese ha bisogno di riforme, riforme che non possono più essere rinviate”. Quindi niente dimissioni o elezioni anticipate, ci devono pensare loro a salvarci e infatti si sente spesso dire: “Occorre salvaguardare le istituzioni democratiche. Oltre, c’è il baratro”Guai poi a sottolineare la necessità di essere coerenti e dimettersi se non si è d’accordo su qualcosa. Dimettersi? Siete pazzi? La parola”dimissioni” è sparita dal Devoto Oli dei parlamen-tari, tutti pronti a dire: ”le battaglie si fanno dal didentro”!Al primo convegno o incontro in cui è possibile avere un microfono in mano senza limiti di tempo per i nostri è un trionfo, di politichese allo stato puro, di banalità e ovvie-tà tali da far arrossire Catalano in “Quelli della notte”: “conta il pro-gramma, prima ancora dei partiti”, “democrazia è partecipazione” “il confronto non sia ideologico”, ”il nostro è il governo del fare”, ”la ma-novra punta su tre cardini: sviluppo,

equità, rigore”, “non si può pensare alla scuola come a un ammortizza-tore sociale”, “occorre rendere più flessibile il mercato del lavoro”, “oc-corre valorizzare le tante risorse cul-turali e paesaggistiche di cui il paese è ricco”, “senza crescita economica le disuguaglianze sociali aumenteran-no”, “siamo disponibili al confronto con l’opposizione e le parti sociali”, “un sindacato veramente responsa-

bile non si oppone al cambiamento”. Se fate notare la disaffezione del po-polo nei confronti della politica, viep-più prima di ogni tornata elettorale, è pronta la risposta: “non m’interessa quello che dicono i sondaggi, quello che contano sono i voti”. E quando arriva puntuale la sconfitta, anche dopo un tracollo in doppia cifra di percentuale alle elezioni al primo collegamento utile in diretta tv ecco la risposta uguale da decenni: “non è vero che abbiamo perso voti rispetto alle ultime elezioni: occorre confron-tare dati che siano omogenei tra loro”.Anche i nostri amministratori per quanto si sforzino di essere moderni e innovativi incappano automatica-mente nel politichese. Il cinico civi-co Ruvolo non si è sottratto alla frase canonica post elezioni: “sarò il Sin-daco di tutti” chiosando l’afferma-zione con la ovvia e scontata frase: “un vero sindaco non può che essere per la democrazia partecipata”. Vi evitiamo i suoi pensierini della buo-na notte per fare in modo che l’ila-rità non si trasformi in incazzatura.

Un linguaggiosempre attuale:

il politichese

I Fatti di Etico

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www.ilfattonisseno.it24 Settembre

Centocinquanta anni da Città per San Cataldo. Un secolo e mezzo da quel decreto firma-

to il 18 settembre 1865 dall’allora Re d’Italia Vittorio Emanuele II che gli conferiva l’elevazione al rango di Città per benemerenze. E’ stata veramente una giornata emozionante, quella che la comunità sancataldese ha vissuto lo scorso 18 settembre in occasione di un anniversario come il 150° che s’è rivela-to veramente speciale. In quel decreto dell’allora Re d’Italia, infatti, c’è la storia stessa di una comunità che, da allora, ha avuto l’indiscutibile merito di pro-porsi come una realtà autenticamente cittadina nel concreto e non solo sulla carta. Un secolo e mezzo nel quale San Cataldo è cresciuta non solo nel suo spessore urbano, ma anche in quello culturale e sociale, oltre che civile e isti-tuzionale. L’amministrazione Modaffa-ri, sensibile a questa importante ricor-renza, non ha voluto farla passare sotto banco. Per questa ragione, ha organiz-zato una giornata di festeggiamenti che ha riscosso l’indiscutibile plauso dei sancataldesi. Un plauso che non è stato solo quello dello storico, o del politico di turno, ma anche, e soprattutto, quel-lo delle scolaresche, e di tanti semplici cittadini che, per un giorno, con la loro presenza e testimonianza, hanno volu-to sentirsi protagonisti di questo secolo e mezzo di storia sancataldese. Proprio la variegata proposta presente nel pro-gramma dei festeggiamenti, ha fatto si che, tutti ed ognuno, dal bambino delle elementari al pensionato, dall’uomo di cultura a quello delle istituzioni, potes-se sentire proprio un giorno veramente speciale. La cui cronaca è stata scandi-ta da diversi passaggi. In particolare, l’incontro mattutino con le scuole cit-tadine da parte del sindaco Giampiero Modaffari nel Teatro comunale “Mar-coni” ha rappresentato un momento di forte presa nel quale le applauditissime evoluzioni musicali di Laura Blandino, Raimondo Capizzi, Liliana Aiera e Fla-vio Randazzo, ma anche l’intervento del prof. Giuseppe Mammano hanno

arricchito di emozione un momento veramente speciale nel quale il sindaco stesso ha voluto ricordare alle giovani generazioni come l’elevazione al ran-go di Città di San Cataldo abbia rap-presentato, e rappresenti un autentico fiore all’occhiello per tutta la comunità sancataldese. Non meno rilevante il momento di rievocazione storica con il convegno che s’è tenuto nella sala Paolo Borsellino del palazzo comuna-le. Qui la presenza del prof. Giuseppe Mammano, ma anche quella della prof. Rosanna Zaffuto Rovello, hanno arricchito di ulteriore verve culturale un evento che i sancataldesi hanno vis-suto come un vero e pro- prio giorno dell’or-g o g l i o , s e n -ten-

do-l o c o m e qualcosa di veramente proprio. L’annullo di una cartolina dedicata al 150° anniversario ha rappresentato un ulteriore contributo di storicità ad un evento che ha avuto anche l’onore di essere immortalato in un annullo postale per la gioia dei tanti collezio-nisti, sancataldesi e non, che sono let-teralmente andati a caccia dei preziosi annulli dell’evento legato ai 150 anni di elevazione a rango di Città di San Ca-taldo. Il sindaco Giampiero Modaffari è stato tra i primi a vedersi consegnare uno degli storici annulli. E mentre fuo-ri cresceva l’attesa per rendere onore ai caduti sancataldesi di tutte le guerre,

anche l’arrivo della Fanfara dei Bersa-glieri della provincia di Caltanissetta ha rappresentato un momento da con-

segnare innegabilmen-te alla storia stessa della comunità sancataldese.

“Emozione intensa per l’onore ai caduti con una

cerimonia suggestiva; ma-gnifica la fanfara dei bersaglieri

di Caltanissetta”: è stato questo l’emozionato commento del sindaco Giampiero Modaffari che, assieme ai componenti della sua Giunta e dello stesso presidente del consiglio Roberta Naro, ha presenziato ai momenti che hanno segnato questa indimenticabi-le giornata. Per altro, in occasione dei 150 anni anche gli amministratori dei Comuni della Provincia di Caltanisset-ta hanno voluto, con la loro presenza istituzionale testimoniare il rapporto di collaborazione e sinergia che, nel tempo, i loro rispettivi Comuni hanno sempre avuto con quello di San Catal-do. Gli amministratori di Delia come quelli di Serradifalco, di Montedoro come di Caltanissetta, hanno voluto

dare un contributo forte, con la loro presenza, ad un evento che ha segnato la storia recente di San Cataldo. “Rin-grazio anche gli amministratori dei comuni della provincia che, con la loro

presenza hanno testimoniato la loro vicinanza ed il nuovo modo di fare politica: uno per tutti e tutto per uno”, ha ribadito il sindaco di San Cataldo. I 150 anni di elevazione al rango di Città di San Cataldo sono così diven-tati l’occasione non solo per una festa sancataldese, ma anche per un festeg-giare la Città di san Cataldo da parte

degli amministratori dei Comuni vici-niori. Il corteo dal palazzo municipale sino al Piazzale degli Eroi e l’omaggio ai caduti sancataldesi di tutte le guerre ha sancito la solennità di un evento al quale hanno preso parte tutte le più alte autorità militari. Il sindaco Giampiero Modaffari, in tale contesto, ha avuto modo di sottolineare quanto sia stato fondamentale il sacrificio dei caduti sancataldesi per far si che quel decreto del Re d’Italia non restasse a livello di scritto cartaceo, ma diventasse impe-gno concreto per la libertà anche a co-sto della vita. Valori di libertà e rispetto delle leggi per la democrazia che sono stati al centro di una commemorazio-ne davvero toccante. Poi la fanfara dei bersaglieri, la gioia di una esibizione spettacolare e sempre carica di senti-mento che ha onorato non solo l’evento in sé ma l’intera comunità sancataldese che non ha smesso un solo secondo di seguire e inseguire con lo sguardo i bersaglieri che, con il loro tipico passo, suonavano intonando le loro storiche marce. E alla fine di questo lungo 18 settembre ricco di eventi commemo-rativi, la consapevolezza che i 150 anni di elevazione di San Cataldo a rango di Città abbiano avuto la risonanza che meritavano, ha lasciato il posto ad una vera e propria giornata dei sancatalde-si, una giornata nella quale, ancora una volta, l’orgoglio dell’appartenenza ad una Città ha ricordato a tutti, grandi e piccoli, che appartenere ad una co-munità che ha il rango di Città non è un semplice titolo da sfoggiare quan-do serve, ma un impegno da portare avanti per far si che nel suo essere Città San Cataldo ritrovi il senso stesso del suo essere più autentico.

Fatti & San Cataldo

Sancataldesi in festa:grande successo per la giornata della celebrazione

18 settembre 1865 ...San Cataldo,

150 anni da Città

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Fatti & Vallone

Ad appena 100 giorni dal suo insediamento, il sindaco Giuseppe Catania redige già

bilanci positivi, pur non sottovalu-tando le questioni spinose che van-no ancora affrontate. Prima fra tutte la decisione della Corte dei Conti di Roma sulla legittimità o meno del piano di riequilibrio economico-finanziario del Comune. Perché, sebbene sia stato approvato dai con-siglieri di maggioranza, più uno di minoranza, ad una sola settimana dal loro insediamento, rimane tutta-via un atto la cui approvazione è av-venuta in ritardo rispetto ai 90 giorni (dettati dalla legge) dall’avvio che il precedente consiglio aveva fatto il 24 febbraio scorso, senza poi riuscire a portare a termine il lavoro. Ora, il primo cittadino è speranzoso che, anche dalla Capitale, compren-dano, come fatto dai colleghi della Corte dei Conti di Palermo, la legit-timità delle tesi giuridiche portate avanti dall’amministrazione, legitti-mità rafforzata ulteriormente dalla risoluzione approvata mercoledì, 16 settembre, dalla V Commissione Fi-nanze del Governo con il supporto dell’onorevole Alessandro Pagano. Da amministratore, ci sono oneri e

onori. Volendo fare un bi-lancio, cosa può dirci?Che sono due facce della stessa me-daglia: da un lato c’è sicuramente il prestigio di essere a capo di un’am-ministrazione e soprattutto della tua comunità; dall’altro il carico di responsabilità che tale carica com-porta, in alcuni accompagnata da un sentimento d’impotenza nel tentati-vo di dare risposta alle tante esigenze del territorio. Per il corteo storico ha sfilato, in più di un’occasione ha ballato in piazza… E’ questo il nuovo volto della politica? Sono da sempre stato convinto che, prima di tutto, occorre dare l’esem-pio. Per cui, l’avere sfilato, è stato un modo per sottolineare l’importanza di questo tipo d’iniziative nella valo-rizzazione, in chiave turistica, del no-stro territorio. È mio uso e costume stare in mezzo alla gente, e spero in questi cinque anni di non cambiare.A proposito di estate mussomelese, cosa risponde a chi l’ha attaccata

dicendo che si è tentato così di di-stogliere la gente dai problemi che attanagliano Mussomeli?Rispondo che è semplicemente una provocazione. Quando abbiamo pro-grammato l’estate ci siamo posti due obiettivi: il primo di offrire ai nostri concittadini delle occasioni di svago; il secondo, di far sì che Mussomeli ritornasse ad essere punto attrattivo per le comunità del circondariato,

non solo per restituirgli la sua condizione naturale di leadership, ma anche per rianimare l’economia locale. Però è innegabile che a breve i mus-somelesi dovranno mettere mano al portafogli per tasse il cui aumen-to è stato approvato da un consiglio appena insediato. Come reagiran-no?La gente ha una maturità molto più profonda rispetto a quello che si possa pensare, nel senso che sa per-fettamente quali erano le condizioni del Comune al momento del nostro insediamento: una cassa con appena 800 euro; un ammontare di debiti notevole; uno squilibrio di bilancio conclamato, in cui le entrate erano costantemente inferiori alle uscite. Quindi, il primo passo da fare era rimettere in equilibrio i conti del Comune, chiedendo qualche sacri-ficio in più alla cittadinanza. Ades-so, stiamo lavorando sulla riduzione

delle tre voci di costo maggiori che pesano sul bilancio in uscita: il per-sonale, l’energia elettrica, la gestione dei rifiuti. Solo così si possono avere margini per tornare a riabbassare la pressione fiscale. A proposito di rifiuti, di chi è la vera responsabilità di situazioni al collasso? Sicuramente della schizofrenia del-la Regione Siciliana, che un giorno

dice una cosa, un giorno ne fa un’altra. Da quando ci siamo insediati, però, la situazione a Mussomeli è notevolmente mi-gliorata, grazie alle modifiche fatte sotto il profilo organizzativo: prima non si facevano i doppi tur-ni, adesso sì; prima non si faceva la raccolta festiva e domenicale, ades-so sì. Siamo poi riusciti a “requisire” un mezzo all’ATO che ci consentirà, nei prossimi giorni, di aumentare la qualità dell’efficienza della raccolta e d’incidere fortemente sui costi, ab-battendoli, in quanto non dovremo più ricorrere al nolo di tale mezzo come avveniva in passato. Infine, ad ottobre, andremo finalmente ad avviare il servizio di raccolta diffe-renziata. È dunque ancora presto per parlare di risanamento?Con l’approvazione del piano di rie-quilibrio c’è stata una sterzata, e ab-biamo imboccato la nuova strada da seguire. È chiaro che siamo ad appe-na tre mesi dall’insediamento, quindi sarei ipocrita se dicessi che abbiamo affrontato tutte le questioni. Con gli occhi del primo cittadino, come sarà il 2016 per Mussomeli? Sarà certamente un anno carico d’impegni e molto complesso. Un anno in cui inizieremo a raccogliere i frutti del lavoro che come ammini-strazione stiamo facendo. Il mio au-spicio è che sia un anno di rilancio economico della macroeconomia, con ricadute positive anche nella no-stra comunità.

Rilancio e Bilancio

AVVISI LEGALI

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAProcedura esecutiva immobiliare n. 44/2012 R.G.ES

Estratto avviso di vendita

Il professionista delegato Dott. Paolo Buono rende noto che in data 20.10.2015 alle ore 16:00 presso la sede dell’Associazione Professio-nale Attività Giudiziarie (A.P.A.G.) sita in Caltanissetta, Via Kennedy n. 46, piano secondo, procederà alla vendita senza incanto della pie-na proprietà dei seguenti beni immobili: LOTTO 1: “Appartamento sito in Caltanissetta, via Re d’Italia n. 46, composto da 3,5 vani, posto al primo piano, mq 49,5 circa, censito al N.C.E.U. al fg. 296, part. 687, sub. 10, Cat. A/4, classe 2, rendita cat. € 108,82”. Prezzo € 21.943,40 - APE: Classe G -LOTTO 2: “Porzione di fabbricato sito in Caltanissetta, via Suterese n. 38, composto da 2 vani, mq 32,4 circa, censito al N.C.E.U. al fg. 296, part. 677, sub. 2, Cat. A/5, classe 2, rendita cat. € 41,94”. Prezzo € 11.275,21. Offerte in bollo in busta chiusa da depositarsi presso la sede dell’A.P.A.G. entro le ore 12:00 del giorno precedente la vendita con allegati, a titolo di cauzione, assegni circolari n.t. intestati a “Dott. Pa-olo Buono Proc. Esec. N. 44/2012” di importo pari al 10% del prezzo offerto. Versamento saldo prezzo entro il termine indicato in offerta, comunque non superiore a giorni 60 dall’aggiudicazione. Eventuale vendita con incanto si terrà in data 23.10.2015 alle ore 16:00, ai medesimi prezzi base sopra indicati con rilancio minimo obbligatorio pari al 5% del prezzo base arrotondato per eccesso al mi-gliaio di euro più prossimo; in tal caso, domande di partecipazione in bollo da depositarsi presso la sede dell’A.P.A.G. entro le ore 12:00 del giorno precedente la vendita con assegni circolari n.t. di importo pari al 10% del prezzo base a titolo di cauzione. Versamento saldo prezzo entro giorni sessanta dall’aggiudicazione, salvo aumento di quinto a norma dell’art. 584 c.p.c.Bando integrale, ordinanza di vendita e relazione di stima degli im-mobili consultabili sul sito www.astegiudiziarie.it.

Caltanissetta, 05.08.2015 Dott. Paolo Buono

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Procedura esecutiva immobiliare n. 218/1995 e 71/1997 R.G.Es

Estratto avviso di vendita

Il professionista delegato Dott. Paolo Buono rende noto che in data 20.10.2015 alle ore 18:00 presso la sede dell’Associazione Professiona-le Attività Giudiziarie (A.P.A.G.) sita in Caltanissetta, Via Kennedy n. 46, piano secondo, procederà alla vendita senza incanto della piena proprietà del seguente bene immobile: LOTTO UNICO: “appartamento per civile abitazione, sito in Calta-nissetta Via Ferdinando I° n. 89, posto al piano terzo scala “C”, con ingresso nel lato a sinistra uscendo dall’ascensore, censito al N.C.E.U. al foglio di mappa 117, particella 836 sub 41, zona censuaria 1, cate-goria A/2, classe 2^, consistenza 6,5 vani e rendita € 453,19”. Prezzo € 121.500,00. APE: Classe G. Offerte in bollo in busta chiusa da depositarsi presso la sede dell’A.P.A.G. entro le ore 12:00 del giorno precedente la vendita con allegati, a titolo di cauzione, assegni circolari n.t. intestati a “Dott. Pa-olo Buono Proc. Esec. N. 218/1995 e 71/1997” di importo pari al 10% del prezzo offerto. Versamento saldo prezzo entro il termine indicato in offerta, comunque non superiore a giorni 60 dall’aggiudicazione. Eventuale vendita con incanto si terrà in data 23.10.2015 alle ore 18:00, ai medesimi prezzi base sopra indicati con rilancio minimo obbligatorio pari al 5% del prezzo base arrotondato per eccesso al mi-gliaio di euro più prossimo; in tal caso, domande di partecipazione in bollo da depositarsi presso la sede dell’A.P.A.G. entro le ore 12:00 del giorno precedente la vendita con assegni circolari n.t. di importo pari al 10% del prezzo base a titolo di cauzione. Versamento saldo prezzo entro giorni sessanta dall’aggiudicazione, salvo aumento di quinto a norma dell’art. 584 c.p.c.Bando integrale, ordinanza di vendita e relazione di stima degli im-mobili consultabili sul sito www.astegiudiziarie.it.

Caltanissetta, 06.08.2015 Dott. Paolo Buono

“Questa la ricetta per Mussomeli”

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Avviso Fallimento 03/1996 R.F.

Lotto unico – Comune di Caltanissetta (CL) Via Angeli civici 1 e 3. Piano terra e primo e precisamente: a) Unità immobiliare al piano terra destinata a magazzino con accesso dal civico n.3 costituita da una stanza ed un piccolo vano accessorio, senza aperture verso l’ester-no per una superficie totale di mq 20,00; b) Unità immobiliare al pri-mo piano, destinata ad abitazione, raggiungibile dal civico 1, salendo una rampa di scale, in cattivo stato di manutenzione, costituito da un vano, un altro piccolo vano accessorio, ingresso e cucina-bagno, per una superficie totale di circa mq. 25,80, con un balcone di dimensioni trascurabili, con altezze dei vani di circa m. 3,00.

Prezzo base: Euro 4.320,00 in caso di gara aumento minimo Euro 200,00. Vendita senza incanto: 06/10/2015 ore 12:45, innanzi al Giu-dice Delegato Dott. Calogero Domenico Cammarata presso il Palazzo di Giustizia di Caltanissetta terzo piano stanza n. 318. Deposito offer-te entro le ore 11:30 del 05/10/2015 presso la Cancelleria fallimentare. In caso di mancanza di offerte vendita con incanto: 20/10/2015 ore 12.00 allo stesso prezzo base e medesimo aumento. Deposito doman-de entro le ore 11:30 del 19/10/2015 presso la Cancelleria fallimen-tare. Maggiori info presso il Curatore Dott. Marco Bellomo tel. 3285541826 dal lun. al ven. ore 16 – 18 e su e www.astegiudiziarie.it. (A125555).

L’intervista al sindaco Giuseppe Catania

di Giusy Fasino

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Un buon insegnante è come una candela, si consuma per illuminare la strada per

gli altri. Giovanni Mirasole, 39 anni, maestro di Karate Kyokunshinkai, racconta il suo viaggio: da agonista di successo a maestro. Tanti ricordi, tante emozioni, tanti “incontri”, molte orme sul sentiero che ha trasformato il ragazzo in uomo.Come è sbocciata la tua passione per il Karate Kyokushinkai?“Quando avevo 8 anni i miei genitori acquistarono casa a San Cataldo e la-sciai Caltanissetta. I bulli del quartiere

cominciarono a perseguitarmi ed io decisi che non volevo diventare una vittima.Iniziai così a praticare questa disciplina con il Maestro Salvatore Crucillà, mio fraterno amico, che mi fece avvicinare a Shihan Tsutomu Wachiuchi respon-sabile della Federazione Italiana. Reagii alle angherie. E posso afferma-re di averli battuti tutti! Non a caso la palestra dove ci si allena nel karate si chiama“DOJO” che vuol dire “luogo della rinascita”.Talento, passione e determinazio-ne, portano Giovanni ad appena 18 anni, a gareggiare all’Europeo. “Si. Ebbi un permesso speciale da Shihan che vide in me del potenziale, perché per

la gara di selezione e fino a po-chi giorni prima dell’Europeo ero ancora minorenne. Persi al primo incontro. Assaggiai tanti di quei calci in faccia che non dimenticherò mai in tutta la mia vita. Ma per me quell’Europeo in Romania fu un’esperienza incredibile che segnò il passaggio ad un livello superiore, dalle gare

nazionali dove avevo fatto già tanta esperienza, accede-

vo all’internazionale insieme ai professionisti. Il confronto con tutti quei combattenti, soprattutto con

quelli provenienti dai paesi dell’Est Europa, atleti eccezionali, è stato im-portantissimo nella mia crescita per-sonale”.Seguirono poi tante altre gare. “Si certo. Fu solo l’inizio. Seguirono Eu-ropei in Polonia, Spagna, Portogallo,

Russia, Tunisia, Grecia, Bulgaria. Per la Bulgaria fui chiamato a partecipare insieme ad un selezionatissimo grup-

po di atleti, scelti dalle Federazioni Eu-ropee, ad uno stage molto duro per soli agonisti. Un’esperienza molto formativa e che ha contribuito moltissimo alla mia preparazione. Poi 3 Campionati Mon-diali Open (senza limiti di peso) a Tokio nel ’99 – nel 2003 e nel 2007 sono l’unico atleta italiano di K.K. a poter vantare questo primato”.Quali gare hanno lasciato in te un segno? “Beh, ce ne sono tante e co-munque tutte, vinte o perse, hanno lasciato un segno positivo per la mia crescita. Se devo fare riemergere i ricordi più significativi posso citare l’Europeo in Polonia dove arrivai quinto ed i bambini venivano a chie-dermi l’autografo. Non dimentico l’Ucraina dove ottenni il terzo posto

grazie ad un “Domawashi” cioè un calcio volante con rotazio-ne, con il quale mandai KO il mio avversario.Nel 2013 in Francia nel Fe-stival delle arti marziali Open (senza limiti di peso) arrivai ottavo tra tanti at-leti provenienti da tutto il mondo. E dire che quel viaggio era iniziato pro-prio male. All’aeroporto di Parigi smarrirono i miei bagagli e quelli di Shihan”. Il presente. “Il 20 e 21 febbraio 2015 ho avuto l’onore, per la prima volta nel-la nostra città, di organizzare l’Italian

Challenge Cup. Un desiderio che nu-trivo sin dal mio primo Europeo. Sono venuti atleti dall’Ungheria, dall’Inghil-terra, dalla Romania, oltre che da tutta Italia. La gara è andata benissimo ed ho ricevuto i complimenti per l’organiz-zazione dalla Federazione, dagli atleti, dal Sindaco e da tutta la città. Inoltre, i miei allievi si sono distinti conquistando quasi tutti i primi e i secondi posti. Poi a marzo è venuto Cancho Matsui in Si-cilia. È il responsabile della Federazione

Internazionale di Karate Kyokushinkai con sede a Tokyo, l’erede diretto del fon-datore dello stile Kyokushinkai Sosai Oyama quindi della Federazione Uffi-ciale. Ha tenuto uno stage per i respon-sabili di dojo ed alla fine ha presieduto la sessione d’esami. In quell’occasione ho ottenuto il quarto DAN. Un nuovo tra-guardo. Un nuovo punto di partenza”.Più combattente o più maestro? “Io sono un agonista. La sfida e soprattutto il Kumite sono nel mio DNA. Non è fa-cile essere un agonista e non tutti sono capaci di gestire la propria forza.Si devono fare molti sacrifici e superare tante prove fisiche e mentali per imparare a trasformare la propria energia. Quan-do ero ragazzo mi alzavo all’alba per al-lenarmi prima di andare a scuola e poi la sera fino a tarda ora. Non c’erano sa-

ba-ti, domeniche né compleanni visto che gli

Europei si tengono a maggio quando io compio gli anni e dovevo curare la mia preparazione e l’alimentazione.Ma non mi pento di niente. Posso dire di non avere rimpianti. La vita è una e bisogna viverla al meglio senza lasciar scappare le occasioni di poter realizzare pienamente se stessi. Non ho mai mollato, neanche quando qualcuno mi diceva di lasciar perdere o quando i miei genitori avrebbero pre-ferito vedermi subito “sistemato”! Oggi

sono molto soddisfatti dell’uomo che sono diventato”.Cosa ti ha dato il Karate Kyuokushinkai? “Mi ha dato una formazione fisica e mentale che oggi cerco di trasmettere ai miei allievi ed ai miei figli. Il Kyokushin ti insegna a dare sempre il massimo in tutto ciò che si fa nella vita, non solo sul tatami! Ad essere sempre pronti per affrontare

tutte le esperienze del nostro percorso con “spirito forte e fermo”.Da quanti anni insegni il karate? “Dal 1994 a Caltanissetta e per qualche anno anche a Santa Caterina Villar-mosa. Oggi ho un dojo con più di 150 allievi nella Palestra Fight Club in via La cittadella e sono l’unico responsabile per la Città di Caltanissetta per l’inse-gnamento del Karate Kyokushinkai del-la Federazione Ufficiale. Posso dire di aver contribuito all’educazione di molti

ragazzi grazie al Kyokushin ed anche alcuni Maestri di Arti marziali, noti a Caltanissetta, hanno portato i loro figli da me per essere allenati. Ma, la soddi-sfazione più grande, è stata accompa-gnare ai Campionati Europei alcuni ra-gazzi che con me hanno cominciato ad allenarsi sin da piccoli, come Adriano Tripoli e Giuseppe Esposto. La tradizio-ne agonistica continua”.

“A otto anni ero vittima dei bulli, per difendermi decisi di avvicinarmi al Karate.Reagii alle angherie”

La storia sportiva di Giovanni Mirasole

Un curriculum di prestigio per il trentanovenne nisseno: tre mondiali open e vari campionati europei. Adesso trasmette i suoi valori agli allievi

Da agonista a Maestro

Fatti & Sport

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Fatti & Giovaniwww.ilfattonisseno.it30 Settembre

C’è traffico nella vita di tutti i gior-ni, c’è armonia nei suoni della natura e voci di gente che si

intrecciano e si confondono tra le im-magini di Andrea Marchese e Alessio Abbate, due giovani nisseni autori del video “Traficu” proiettato all’Expo 2015.Ma attenzione! Nessun suono incessan-te di clacson e nessuna grigia marmitta a fare da sfondo alla pellicola che forse, anche solo per un attimo, lascia presa-gire caos, disordine, urla, generate da macchine e mezzi di trasporto. Niente di tutto ciò a parte una grande nave da carico, l’emblema del commercio, del “traffico”, dell’interscambio: la più alta espressione del vendere e comprare.Questa è la storia che vogliono raccon-

tare Andrea e Alessio due ragazzi nati a Caltanissetta la loro città di partenza, di passaggio ma anche di arrivo. La città che ha visto Andrea partire per studiare all’università dove tra Ferrara e Roma ha coronato il suo sogno di diventare regista, è il posto che ha visto crescere Alessio oggi in giro per il mondo, pron-to ad immortalare tutto ciò che intrec-cia il suo cammino. Ma non è dell’Italia e del resto del mondo che si parla ma di un passato che profuma di spezie, frutta, verdura, pesce fresco, memoria storica che diventa palpabile tra le mani di un contadino fiero del suo raccolto estivo, dentro la rete di un peschereccio, tra i passi della gente che tra un bancone ed un altro cercano il prezzo più conve-niente.È proprio questo il “Traficu” che fa da sfondo al video protagonista dell’alle-stimento “Your Gate to Sicilian Excel-lence” che per due settimane, dal 4 al 17 settembre, ha riempito lo spazio regionale di Unioncamere Sicilia a po-

chi passi dall’albero della vita e Palaz-zo Italia. Da quello stand la memoria storica di un paese, di una città hanno preso forma in immagini e suoni, voci di mercanti, ambulanti che non deside-rano altro che vendere la propria merce pescata, coltivata con le proprie mani per poi esporla sui banconi del mercato “Ballarò, a Piscarì, a Strata a’ foglia.Sicilia e sicilianità tra l’agricoltura e la pe-sca, tra la terra e il mare, un’esplosione di suoni dettati non solo dalla natura con le sue piogge, i suoi venti, ma di un luo-go che urla oralità, con le “vuciate” dei venditori che come musica si accompa-gnano ai suoni degli insetti, delle cicale che per tutta l’estate cantano sotto il sole come se non vi fosse altra stagione.

Ed è da qui che i protagonisti comin-ciano a prender vita, non sono dei mo-numenti, dunque, a caratterizzare la Sicilia di Andrea e Alessio ma la realtà umana rappresentata in un ritratto ci-nematografico evocativo, suggestivo di una realtà che forse il passare del tem-po ha portato un po’ a scolorire, quasi a simboleggiare - come spiega il regista Andrea Marchese - “il passare degli anni dove gli antichi mestieri, il com-mercio, la pesca, hanno attraversato generazioni intere di uomini, che oggi tendono a rappresentare un passato che seppur glorioso si riflette sempre meno sui giovani che seguono sempre meno le orme dei loro nonni, padri, zii. Amo raccontare l’anima di un paese quella fatta di avvenimenti, ricordi, e sono pro-prio le persone a caratterizzarlo”, spiega Andrea Marchese autore di numerosi cortometraggi che hanno come prota-gonisti gli anziani del paese, coloro che custodiscono la tradizione, quella stessa che scorre tra le voci del mercato e che

rappresenta l’anima dei suoi abitanti. La strata a’ foglia di Caltanissetta viene presentata tenendo conto proprio di questo aspetto, una città che come af-ferma il regista nisseno – “ha un’anima travagliata divisa tra chi rifiuta la propria identità e chi fa di tutto per riscattarla, è un odi et amo continuo, un altro da sè; una città che può avere più risorse di quelle in cui si riconosce: la storia delle miniere, ad esempio è sepolta dai segni di una città che non vuole riconoscersi, un po’ sopita, con delle punte di eccezio-nalità abbastanza interessanti”.Ritratto di una città nostalgica, di un passato glorioso che ha bisogno di una rinascita, fa presagire la tempesta a metà del video girato all’Expo di Milano nell’i-

stante in cui la successione di immagini e suoni si fanno più cadenzate rincor-rendosi tra una variazione ed un’altra del tema: “movimento, cambiamento; ed è forse proprio questo che ha biso-gno la città – spiega Andrea Marchese – rinnovamento e per farlo deve aprirsi ad una nuova realtà, fatta di mistione di popoli e cultura”.Un “siciliano di mare aperto”, questo il ritratto proposto da Andrea Marchese che prende a prestito dall’Ermeneuta di Leonardo Sciascia, lui che si sente pro-iettato verso altri orizzonti; “sono nis-seno – dice Andrea Marchese - perché sono cresciuto qua anche se ho girato diverse città italiane ed estere. Conosco bene la Sicilia e mi sento più siciliano che nisseno; è una serra che mi appar-tiene anche se per anni ho vissuto lonta-no da questa terra in cui vorrei vivere, in cui vorrei restare”.“Abbiamo girato questo video in poco più di una settimana – racconta Alessio Abate, spiegando che è proprio da solo

che ha imparato ad usare la telecamera realizzando i suoi reportage accompa-gnando il giornalista Attilio Bolzoni - abbiamo viaggiato per tutta la Sicilia, rappresentando il ritratto di un percorso che va dalla terra con la sua produzione agroalimentare al mare con i suoi pe-sci e la diffusione di questi prodotti nel mercato, nel traffico di un centro storico siciliano. Io e Andrea lavoriamo insieme a questi progetti da tre anni è la nostra intesa professionale ci ha consentito di

andare oltre i confini della provincia nissena costruendo mondi possibili da condividere ma soprattutto da tra-smettere a chi non conosce la sicilianità”. “L’Expo di Milano -conclude Alessio Abate - sotto questo aspetto, ha rappre-sentato una bella vetrina” Due giovani nisseni che hanno percorso per terra e per mare l’isola mettendo in mostra le tradizioni che racchiudono la vera essenza della Sicilia quella fatta di rumori e odori che si intrecciano diven-tando l’”insolito”, una scoperta non solo per i turisti ma anche per i giovanissimi dell’entroterra siciliano preoccupati di ottenere un riscatto senza contare che dalla propria terra e dalle proprie ori-gini possono partire, raggiungere posti impensati, tra le reti di un peschereccio, l’infinito del mare, una distesa di terra.

“Traficu” all’Expo L’innovativo video di due giovani nisseni

Andrea Marchese e Alessio Abbate hanno raccontato i mercati ambulanti al “Your Gate to Sicilian excellence” nello spazio di Unioncamere Sicilia“

AVVISI LEGALITRIBUNALE DI CALTANISSETTA

Esecuzione immobiliare N. 91/2012 R.G.

Il professionista delegato dottore Giuseppe Giulio Catalano av-visa che il giorno 09 Novembre 2015, alle ore 16:00, pres-so il proprio sito a Mussomeli in via Garibaldi n.24 , si pro-cederà alla vendita senza incanto dei seguenti beni immobili:LOTTO UNO: piena proprietà, dell’immobile costituito da un ap-pezzamento di terreno agricolo sito in territorio di Caltanissetta , contrada Bazia-Santuzza, esteso are settantadue e centiare sessanta ( ha 00.72.60), catastalmente individuato al foglio di mappa 57 par-ticella 374 qualità seminativi, classe 2^, superficie ha 00.30.00, red-dito dominicale € 1,55, reddito agrario € 0,46 e particella 375 qualità seminativi, classe 3^, superficie ha 00.69.60, reddito dominicale € 21,57, reddito agrario € 8,99. Prezzo base di €32.670,00 (trentadue-milaseicentosettanta/00), aumenti minimi di €1.500,00. L’offerta di acquisto in bollo dovrà essere depositata in busta chiusa presso lo studio del professionista delegato alla vendita esclusivamente il gior-no 07 Novembre del 2015 dalle ore 15:00 alle ore 18:00. Cauzione non inferiore ad un decimo del prezzo offerto mediante assegno cir-colare non trasferibile intestato a” Dott. Giuseppe Giulio Catalano n.q. Procedura esecutiva n.91/2012 R.G.. Versamento residuo entro sessanta giorni dall’aggiudicazione. La deliberazione sull’ammissibi-lità delle offerte avverrà a discrezione del professionista delegato. Il giorno 09 Novembre 2015, presso il suo studio, dinanzi al sottoscritto professionista delegato ed alla presenza degli offerenti si procederà all’apertura delle buste ed all’esame dell’offerte ed all’aggiudicazione.Eventuale vendita con incanto si terrà il giorno 23novembre 2015, alle ore 17:00, dinanzi al sottoscritto professionista delegato presso il medesimo studio. L’offerta , in forma di istanza di partecipazione, dovrà essere depositata, in bollo, presso lo studio del professionista delegato sito in Mussomeli (CL) alla via Garibaldi n. 24 esclusiva-mente tra le ore 16:00 alle ore 19:00 del giorno 21 Novembre 2015. All’atto della presentazione della domanda di ammissione dovranno essere presentati, a titolo di cauzione, a due distinti assegni non tra-sferibili “NT” all’ordine del professionista delegato di importo com-plessivo pari al 10% del prezzo base; prezzo base € 32.670,00 , la mi-sura minima dell’aumento da apportarsi alle offerte è stabilito nella misura di € 1.500,00 (millecinquecento/00);versamento saldo prezzo entro sessanta giorni dall’incanto.L’avviso di vendita integrale , l’ordinanza di vendita e la relazione di stima dell’esperto ( con i relativi allegati) sarà consultabile sul sito internet “www. astegiudiziarie.it “ .Per ogni informazione e/o per concordare un appuntamento per la visita all’immobile fare riferimento al professionista delegato/custo-de ( cellulare 338.5231686).

Caltanissetta, 09 Settembre 2015 Dott. Giuseppe Giulio Catalano

di Fabiola Palmigiano

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Per lei, il cameriere non è stato, non è e non sarà mai l’assassi-no. Sarebbe banale, prevedibile,

ripetitivo. La sua vocazione all’intrec-cio e all’imponderabile, rendono la sua storia unica. Non è canonico, ma iniziamo dalla fine, sveliamo il, anzi la colpevole: lei negli ultimi due anni ha lavorato sulla serie TV CSI Scene del Crimine in onda su Mediaset (tanto da comparire nella stagione 15) e due dei suoi scritti sono stati acquistati dalla Sony per diventare una serie TV. Lei è Gaia Violo, 25 anni, residente a Los Angeles, nata a Palermo, ma vissu-ta a San Cataldo fino all’età di 17 anni e che ha frequentato il liceo Classico “R. Settimo” di Caltanissetta.Il dubbio che ci attanaglia è che da pic-cola le sue letture preferite fossero quel-le dei miti del giallo Agatha Christie, Arthur Conan Doyle e Edgar Allan Poe, e che avesse una predilezione per Alfred Hitchcock, ed invece ci spiaz-za. “Ero di una timidezza assoluta da bambina, ma avevo un mondo tutto mi che riempiva le mie giornate. Con due fratelli e una sorella più piccoli, ho sem-pre raccontato storie, non importa se ci fossero pirati o innamorati. L’immagina-zione era un modo per superare la timi-dezza e connettermi con il mondo ester-no. Un dono ricevuto che mi ha portato a scrivere e voler creare fil. Comunque poi ho amato Hitchcock”.Dalla fantasia, dall’immaginazione, al voler creare e scrivere film, la stra-da non deve essere stata facile o bre-ve. “Consapevole della mia “vocazione”, all’età di quattordici anni ho iniziato a spendere le mie estati a Londra. Non posso però non ricordare il mio primo compito d’inglese al Liceo: presi 4. Di-ciamo che da allora, un po’ sono miglio-

rata. Questo mi ha dato la possibilità di perfezionare il mio inglese e di entrare alla UCL (University College, London), un’università che insieme a poche al-tre (Cambridge e Oxford tra queste) fa parte del Golden Triangle. Mentre conseguivo la laurea in lettere classiche, ho iniziato a fare tirocini e corsi supple-mentari. Il primo anno sono stata alla University of Southern California, il se-condo alla Lux Vide (ho collaborato alla produzione di Ho Sposato uno Sbirro 2 e Cenerentola, entrambi su Rai Uno), il terzo in una compagnia inglese che pro-duceva “commercials”.Sicuramente non ti mancano grin-ta, determinazione ed abnegazione. Molto studio, tanti sacrifici, ma an-che il confrontarsi con un mercato selettivo e difficile. Come hai miglio-rato le tue indubbie qualità e quanto è avvenuto il tuo l’approdo negli Stati uniti d’America? “Appena laureata, sono partita per Los Angeles e ho seguito un Professional Program in sceneggiatu-ra alla UCLA per due anni. Nel frattem-po ho lavorato un anno come assistente personale per Bobette Buster (una con-sulente della Pixar, Sony e 20TH Centu-ry Fox), per poi entrare come tirocinante a Mosaic, una rinomata compagnia manageriale che rappresenta artisti come Will Ferrell e Jim Carrey”.Potrebbe apparire come la sceneg-giatura di un film, invece è la realtà. Gaia incalza e enuncia le varie tappe del suo percorso, del suo tragitto nel sogno americano. “Due anni fa, sono stata accetta al Master in Sceneggiatura alla UCLA. E’ un corso di due anni aper-to a soli diciotto studenti l’anno e vanta alunni quali Francis Ford Coppola, Eric Roth (sceneggiatore di Forrest Gump, Il curioso caso di Benjamin Button) e

David Koepp (Mission Impossible, Spi-der Man) e molti altri professionisti di primo piano di Hollywood. Il Master costituisce un’entrata privilegiata sia nel campo specifico della sceneggiatura, sia in quello più vasto del lavoro. Produtto-ri, agenti e manager hanno diretto ac-cesso alle sceneggiature e le più impor-tanti case cinematografiche tendono ad a s - sumere studenti di

questi corsi di maggior prestigio di UCLA e USC”. Aneddoto, non può mancare: “Du-rante uno dei miei primi tirocini, Me-gan Fox e il marito erano nella cucina dell’ufficio con il figlio neonato a chiac-chierare con i loro manager e produttori. Ovviamente tutti avevamo immediata-mente bisogno di un bicchiere d’acqua o di controllare il caffè. Stessa cosa e’ suc-cessa con Jim Carrey. O Olivia Munn”.Cosa ti manca della cucina siciliana: “Mi mancano le arancine e un panino con le panelle. Adoro la cucina asiatica, soprattutto coreana, forse perché per tre

anni ho avuto quasi esclusivamente coinquiline america-ne-asiatiche”. Nomi altisonanti, sigle che apparten-gono all’immaginario degli appas-sionati di film e serie TV, porzioni ab-bondanti di spunti per gli amanti del cinema: un repertorio già ricco, un curriculum corposo. Il tuo presente? “Sotto la guida di capacissimi professori, ho scritto una sceneggiatura originale per la TV che si e’ aggiudicata diversi premi a Hollywood e alla UCLA. Case

di produ-zioni e ma-nager hanno iniziato ad interessarsi al prodotto e a me come scrit-trice. Adesso ho un manager e tre agenti che curano la mia carriera. Sono infatti rappresen-tata dalla casa di management re-sponsabile di film

come Prisoners (con Hugh Jackman) e con gli agenti che curano la carriera di Steven Spielberg”. Negli ultimi due anni ho lavorato sulla serie TV CSI: Scene del Crimine in onda su Mediaset (tanto da comparire nella stagione 15) e due miei scritti sono stati acquistati dalla Sony nel processo del diventare serie TV”.Il finale è ancora da scrivere, come nel-la migliore tradizione dei vecchi tele-film americani…to be continued.

Il sogno americanodi Gaia Violo

Dal “Ruggero Settimo” a Los Angeles

Dopo quarant’anni va in pensio-ne il primario del cuore, il più amato e stimato professionista

nel panorama della sanità nissena. Il dottore Giuseppe Claudio Romano, Pino per gli amici, dopo anni di ser-vizio che lo hanno visto percorrere in lungo e in largo le strade che portano a Mussomeli, San Cataldo e Caltanis-setta, dal prossimo primo ottobre, a 68 anni, va in pensione. Resta una delle fi-gure storiche della sanità in provincia: una lunga carriera iniziata con la matu-rità classica al Pennisi di Acireale fino alla laurea in medicina e chirurgia a Catania e alla specializzazione in Ra-diologia alla Cattolica di Roma. Nella sanità pubblica muove i primi passi a San Cataldo come assistente radiologo

e subito dopo al Sant’Elia e poi ancora a San Cataldo e Mussomeli in qualità di direttore di radiologia, un reparto di trincea nell’ambito della sanità ospeda-liera, insieme al pronto soccorso dove si vive l’emergenza continua delle radiografie, tac, ecografie e risonanze magnetiche. Esce dalla sanità pubblica un capitolo della storia della Radiolo-gia; una persona carica di umanità e dotata di grande disponibilità. Romano ha saputo affrontare i momenti difficili della sanità causati dalla grave crisi che non ha risparmiato la sanità nissena raggiungendo obiettivi che ha conse-guito nel tempo con tenacia, dedizione totale, testardaggine, tenendo la barra dritta da esperto timoniere pronto a su-perare ogni ostacolo e mareggiata che

inevitabilmente si sarebbe interposta al suo progetto di consentire che i citta-dini di nisseni potessero usufruire di un reparto di Radiologia senza dover migrare presso lontane strutture regio-nali ed extraregionali. Persona di gran-de umanità, capace di dare le risposte necessarie al momento giusto, guida sicura, certezza per molti pazienti che hanno avuto bisogno delle sua indi-scussa professionalità. Lascia l’ospe-dale, ma non l’attività; lascia il luogo dove ho trascorso la maggior parte della sua vita, sia professionale che umana. Oltre alla diagnostica l’ironia resta il suo punto di forza; strumento formidabile per affrontare gli ostacoli e sdrammatizzare le situazioni diffi-cili; ironico, spesso gioco forza, per

migliorare le relazioni umane e senti-mentali e stemperare il dramma che lo rendevano partecipe nel suo ambiente di lavoro. Un lungo lavoro, dicevamo, che si inizia con l’incarico di direttore sanitario a Mussomeli, poi in qualità di coordinatore sanitario del dipartimento dei servizi e direttore del dipartimento di scienze radiologiche dell’azienda sanitaria di Caltanissetta. Ha vestito

anche i panni della politico dagli anni ottanta ai novanta quando venne eletto al consiglio provinciale e poi, asses-sore alla Scuola, Cultura ed Edilizia scolastica e vice presidente di quella che era la provincia regionale. Coprì anche per breve periodo l’incarico di assessore alla Solidarietà Sociale dove ha anche condiviso, fuori dall’ospeda-le, l’umanità dei più bisognosi. (SMI)

Per 40 anni al servizio della CollettivitàVa in pensione il radiologo

Pino Romano

di Donatello Polizzi

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