Il Fatto Nisseno - marzo 2011

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C he ne fanno le Vare del- la Settimana Santa nel resto dell’anno? Noi de “Il Fatto Nisseno” lo ab- biamo scoperto e la risposta non è per nulla graticante: diventano facili prede dei piccioni. Il deposito ospita- to in una sala della chiesa di San Pio X, tutto l’anno è abbandonato al suo destino, e con esso i gruppi statuari che in tutta Italia ci invidia- no. Nel servizio all’interno, attraverso alcune foto esclu- sive, è possibile notare le Vare sporcate dai piccioni. Tuttto per colpa di una - nestra aperta. La Provincia ha intanto deciso di inter- venire, in modo da rendere il deposito fruibile. E buone notizie arrivano sul proget- to del Museo delle Vare. Anno I Num. 2 Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Mensile di approfondimento www.ilfattonisseno.it scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it Rosalba Panvini scontenta per il suo nuovo incarico Si accendono i riettori sul challenger SPORT SPETTACOLI L’ INTERVISTA Il 17 Marzo arrivano i Pooh al Palacarelli a pagina 12 servizio a pagina 21 a pagina 24 Sardo alle pagine 10 e 11 ECONOMIA Tutti d’accordo: La legalità porta sviluppo Vitellaro alle pagine 22 e 23 STORIA & CULTURA Unità, la città tra i borboni e Garibaldi Marzo FREE PRESS I servizi alle pagine 8 e 9 di R. Li Vecchi di M. Benanti VERGOGNA Servizi alle pagine 8 e 9 Le vare PRUWLÀFDWH danno le spalle DOOD FLWWj Ingrassia alle pagine 18 e 19 VIABILITA’ E SICUREZZA I nisseni “bocciati” dalla Stradale ISSN: 2039/7070

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Mensile di approfondimento e informazione su Caltanissetta e provincia

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Che !ne fanno le Vare del-la Settimana Santa nel resto dell’anno? Noi

de “Il Fatto Nisseno” lo ab-biamo scoperto e la risposta

non è per nulla grati!cante: diventano facili prede dei piccioni. Il deposito ospita-to in una sala della chiesa di San Pio X, tutto l’anno è abbandonato al suo destino, e con esso i gruppi statuari

che in tutta Italia ci invidia-no. Nel servizio all’interno, attraverso alcune foto esclu-sive, è possibile notare le Vare sporcate dai piccioni. Tuttto per colpa di una !-nestra aperta. La Provincia

ha intanto deciso di inter-venire, in modo da rendere il deposito fruibile. E buone notizie arrivano sul proget-to del Museo delle Vare.

Anno I Num. 2

Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimento

www.ilfattonisseno.itscrivi alla redazione: [email protected]

Rosalba Panviniscontenta per ilsuo nuovo incarico

Si accendono i ri!ettori sul challenger

SPORT SPETTACOLIL’ INTERVISTA

Il 17 Marzoarrivano i Pooh al Palacarelli

a pagina 12 servizio a pagina 21 a pagina 24

Sardo alle pagine 10 e 11

ECONOMIA

Tutti d’accordo:La legalità porta sviluppo

Vitellaro alle pagine 22 e 23

STORIA & CULTURA

Unità, la cittàtra i borbonie Garibaldi

Marzo

FREE PRESS

I servizi alle pagine 8 e 9

di R. Li Vecchi di M. Benanti

VERGOGNAServizi alle pagine 8 e 9

Le vare

danno le spalle

Ingrassia alle pagine 18 e 19

VIABILITA’ E SICUREZZA

I nisseni“bocciati” dalla Stradale

ISSN

: 203

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I dati sulla disoccupazio-ne parlano chiaro e parla-no pure più pesantemen-

te quelli che riguardano la disoccupazione gio-vanile. A fronte di una emergenza che ho porta-to ad un esodo massiccio di maestranze la politica annaspa, si mantiene in bilico giocando su vec-chi e ormai inconsueti slogan politici per giu-sti!care quella che è una vera e propria mancanza di idee, di iniziative con-crete a sostegno di una vera e propria azione di sviluppo in favore delle imprese. La manifesta-zione di sabato prossi-mo, del 12 marzo 20011 indetta dai sindacati e dal tavolo unico di regia

per lo Sviluppo e Legalità suona come un campa-nello di speranza per le

residue opportunità che ci rimangano e suona an-che come una campana a morto per denunciare lo stato di degrado e di ine"cienza di una classe politica rissaiola inca-pace di prevedere e pro-grammare un minimo futuro. Una classe politi-ca rissaiola alla provincia ed al comune dove an-che l’estremo tentativo di eleggere il presidente del

consiglio comunale dopo due mesi dalle dimissio-ne presentate dall’ex pre-sidente Giuseppe Territo è risultato impervio. Pro-prio al Comune dove da mesi sono ferme nume-rose richieste e proposte di delibere che riguar-dano l’approvazione di piani di lottizzazioni per la realizzazione di alloggi da parte delle coopera-tiva edilizie. Si tratta di richieste per decine di edi!ci che tradotti in nu-mero signi!cherebbero

investimenti per diver-se migliaia di euro con l’avvio al lavoro di mae-stranze tradizionalmente legati al settore delle co-struzioni; lavoratori edi-li, falegnami, idraulici, imbianchini. Un consi-glio comunale che stenta anche a programmare da anni il risanamento dei vecchi quartieri cittadi-ni. Alla provincia si ridu-cono gli investimenti nel settore dell’edilizia sco-lastica e anche in quello della solidarietà sociale. Crescono invece le pre-senze e le spettanze eco-nomiche di consiglieri, provinciali e comunali, in attività di commis-sioni che rappresentano soltanto il paravento per nascondere il vuoto della politica.

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Le alchimie della politica litigiosa

bloccano il futuro

L’IMPASSE. Afronte della crisi si gioca su slogan vecchi e senza idee

Direzione EditorialeMichele Spena

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Direttore ResponsabileRosamaria Li Vecchi

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Collaborazioni:Marco BenantiErika Diliberto

Salvatore FalzoneLeda Ingrassia

Salvatore MingoiaMartina NigrelliAlberto Sardo

Gianbattista TonaJonny e Tony Tafano

Antonio Vitellaro

Michele Spena

ImpaginazioneClaudia Di Dino

Redazione Viale della Regione, 6

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Tel/Fax: 0934 - 594864info pubblicità: 333/2933026

di Salvatore Mingoia“Che bel Paese, verde, spo-polato, sereno e miserabile!” Sono le parole con cui Ippo-lito Nievo, u"ciale giunto in Sicilia con la spedizione garibaldina, si congedò nel 1861 dall’Isola. In quelle parole si può leggere l’atteg-giamento “settentrionalista” che da sempre accompagna la faticosa rincorsa della Si-cilia (che non è più verde ma di certo è rimasta mise-rabile) e del Meridione nei confronti delle regioni più ricche, rincorsa inutile in as-senza di una vera volontà di riunire un Paese: colpevole mancanza di tutti i governi, vecchia di centocinquant’an-ni, che ha creato una doloro-sa deriva del sentimento di appartenenza ad una patria e ad una bandiera. Ma oggi l’Italia è una sola, nata dal sogno e dal sangue, non può essere divisa e deve essere solidale (perché il denaro non compra tutto). E non se la prendano gli amici leghi-sti: la Storia è già stata scrit-ta e non la potranno certo cambiare né i riti da tetralo-gia wagneriana o"ciati sulle rive del Po né altri riti meno pittoreschi o"ciati nei pa-lazzi del potere.L’Unità d’Italia, dunque, come nuova ripartenza per liberarsi dalla rassegnazio-ne, dall’apatia, per aprire le porte ad una solidarietà che oggi deve guardare anche fuori dai con!ni nazionali,

ai nostri vicini più prossi-mi che fuggono da guerra e fame: perché tocca anche a noi siciliani, a noi nisse-ni il compito di difendere il tricolore e l’unità nazio-nale e la grandezza della nostra Patria, l’Italia, senza

battaglie questa volta ma solo assumendoci le nostre responsabilità: servire lo Stato, combattere con forza la ma!a, educare i nostri !-gli a credere in qualcosa e a combattere per ottenerlo, ad accettare le scon!tte, ad ac-cogliere e rispettare sempre l’altro, anche quando parla un’altra lingua, onora un al-tro Dio. Perché si possa dire “Viva l’Italia!”. Ed allora, che unità sia, unità vera: senza discriminazioni, e tutti con le carte in regola.

L’Unità d’Italiao giù di lì

— di Rosamaria Li Vecchi —

L’ editoriale

Ippolito Nievo

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Filippo Siciliano, avvocato galantuomo

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Di siciliano aveva solo il nome, o quasi. Voce pacata, dizione in-contaminata, modi

delicati, gestualità controllata, signorile distacco. Tutte conse-guenze, forse, degli anni trascorsi in Piemonte, dove la sua famiglia

si era trasferita quando lui aveva quattro anni e dove si era laureato superando gli esami per l’esercizio professionale. E invece era un siciliano vero, Filippo Siciliano. Dell’entroterra: !glio di un calzolaio di Pietraper-zia specializzato nella lavorazione

delle scarpe per chi aveva i piedi deformi. La Sicilia l’aveva impa-rata a conoscere da bambino pro-prio da suo padre, che gli parlava sempre dell’isola e dei luoghi e dei personaggi del paese natale. “Sono tornato in Sicilia all’età di ventisei anni – raccontava - e mi sono trasferito a Caltanissetta, che si è rivelata subito una città accoglien-te, una seconda famiglia sociale per me”. Nel capoluogo nisseno,

dove ha vissuto !no all’ultimo, frequentò lo studio legale di

Giuseppe Alessi, al qua-le fu legato da un

rapporto di pa-rentela, stima e amicizia: per diversi anni il primo pre-sidente della regione andò a trascorre-re il mese d ’a g o s t o nella villa a lberata del suo al lievo.

Quando sentì parlare per la pri-ma volta il fondatore della Dc, in udienza, il giovane Siciliano rima-se così colpito che pensò: mi con-viene passare al civile. Del lavoro di penalista aveva un’idea alta: “forma la persona a tal punto da identi!carsi con la persona stessa. La professione dell’avvocato è tipica in tal senso – diceva - poiché con il cliente si instaura un rapporto unico ed esclusivo. L’avvocato ha davan-ti a sé la vita del suo assistito ed è consapevole che dall’esito del processo dipenderà la sentenza di condanna o di assoluzione. Ma in ogni caso, il nostro, è un lavoro che aiuta a comprendere l’impor-tanza della persona.” Una foto conservava gelosamente: quella che lo ritrae, con la barba, ai tempi della Resistenza: “fu una delle esperienze più interessanti della mia vita. Facevo parte di un battaglione di fanteria e l’8 settem-bre 1943 mi trovavo in caserma, ad Asti. Saputa la notizia dell’ar-mistizio, scappai anch’io, come tutti, e mi rifugiai in un paesino al di là del !ume Tanaro”. Lì, insie-me ad altri giovani, formarono un gruppo partigiano che lui stesso comandò !no all’arrivo degli alle-ati: “un’avventura che ha inculca-to in me il principio secondo cui la forza morale, che preesiste alla legge, deve assistere sempre il cit-

tadino in ogni sua scelta.” Il riferi-mento al principio morale era una costante nel discorso dell’avvoca-to, un principio che ribadiva an-che quando parlava del fenomeno ma!a: “ho imparato a conoscerla in Sicilia, dal momento che prima ne avevo soltanto sentito parlare. Ho !n da principio espresso un giudizio estremamente negativo su di essa e l’ho confermato mag-giormente in relazione alla nuova ma!a. Perché la ma!a è cambia-ta. E a di"erenza della nuova, la vecchia ma!a, pur calpestando i medesimi diritti, si rifaceva a cer-ti principi. Principi che certo non trovavano applicazione ma che costituivano in qualche modo un limite, oggi totalmente scompar-so. La vecchia ma!a non avreb-be ucciso Falcone e Borsellino. Comunque devo dire che la città di Caltanissetta (non certo la pro-vincia) è stata interessata dal feno-meno in maniera limitata”. Nel 1996 accettò di candidarsi alle regionali. Se ne pentì subito dopo: “Io non ho fatto politica, ho fatto errori in politica; nel senso di ac-cogliere delle richieste che avrei dovuto valutare diversamente”. La verità è che non era fatto per la campagna elettorale, per i suoi ritmi, per i suoi compromessi. Era un galantuomo, l’avvocato Sicilia-no. E per i galantuomini, in politi-ca, c’è poco spazio.

IL RICORDO. Pochi giorni fa la scomparsa del noto legale. Una vita passata tra il Piemonte e la sua amata Sicilia

di Salvatore Falzone

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Era vestita tutta di nero e copriva il capo con il velo Felicia Bartolotta quan-do si recò a Palermo per

costituirsi parte civile alla prima udienza del processo a carico dei ma!osi di Cinisi accusati di avere ucciso suo !glio, Peppino Impasta-to. Sembrava una di quelle !gure oleogra!ca, la donna della tradizio-

ne, legata alle usanze più ataviche e arretrate della sua terra; quasi un bozzetto di quella Sicilia irredimi-bile e rassegnata, che tanto comodo fa a chi non ha voglia di sporcarsi le mani e la lascia com’è.Felicia era nata a Cinisi nel 1915; at-traversò due guerre mondiali senza spostarsi dal suo paese, dove vide un’altra guerra: quella dei ma!osi

che si ammazzavano tra loro.Nel suo dialetto li chiamava “gli abusivi”, quelli che facevano le pre-potenze. E quando parlava dei ma-!osi conosciuti da ragazzina, dice-va che erano “come questi di ora” e che “la ma!a ha sempre rotto le scatole ai cristiani”.Nel 1947 sposò per amore Luigi

Impastato, un “uomo d’onore”, cognato

di un impor-tante capo-ma!a del pa-

ese Cesare

Manzella. Imparentatasi con gli “abusivi”, restò se stessa. Non stava con Luigi perchè era “uomo d’ono-re” e nemmeno lo temeva. Quando scoprì che l’aveva tradita con un’al-tra donna non esitò un momento a cacciarlo di casa e a restare sola con un !glio piccolo. Si riconciliò con il marito perchè fu convinta da suo fratello e perchè preferì mantenere

unita la famiglia. “Però”, diceva, “il sangue restò sporco, lo stomaco re-stò malato”.Giuseppe era il primogenito e

quando cominciò a crescere, nella casa di Felicia iniziò l’inferno.Peppino era “sangue pazzo”; si rese conto che viveva in mezzo alla ma-!a ma si rese pure conto di cos’era la ma!a. In realtà non avrebbe do-vuto essere particolarmente di"ci-le per nessuno: come lui tutti ave-vano visto le azioni più sanguinarie dei ma!osi, !no all’autobomba che fece saltare in aria il boss Cesare Manzella, che era anche suo zio.Eppure non era facile pensare, dire, opporsi alla ma!a a Cinisi. Peppino non poteva farlo nelle case, nelle sedi delle istituzioni lo-cali, nelle chiese o negli oratori, perchè lì di ma!a nessuno voleva parlare. L’unica strada era fare il ri-voluzionario, il comunista, il mili-tante di estrema sinistra. E il padre non poteva sopportarlo. A un certo punto gli fece una concessione, ma gli chiese una contropartita: “Fai il comunista, però non rompere l’anima con la ma!a”. Peppino non ubbidì e andò a vivere da una zia. Ma Felicia lo faceva tornare di na-scosto.Una volta mentre il marito stava

mandando via Peppino urlando per strada, Felicia lo aggredì, lo a#errò per la camicia !no a stac-cargli tutti i bottoni e lo rimpro-verò: “Trasi intra e non ti mittiri a abbanniari cu tò !gghiu”. Quando glielo assassinarono quel !glio, Fe-licia, che già era vedova, ruppe ogni rapporto con i suoi parenti ma!osi; disse loro che vendette non ne vo-leva e chiese giustizia allo Stato. Si battè senza stancarsi mai con i suoi capelli bianchi e con lo scialle nero, parlando in dialetto o in un incerto italiano, rimanendo legata al suo ambiente e stando in una casa di paese. E ha vinto la sua battaglia. Ha dimostrato che si può resistere, anche quando la ma!a è tutto at-

torno e persino dentro di noi. Lo ha fatto da donna siciliana d’altri tempi, permeata di quella stessa

cultura che si dice essere l’humus della mentalità ma!osa. Lo ha fat-to rischiando, so#rendo: non a chiacchiere. Ha compiuto una ri-voluzione che al !glio non avevano consentito di fare: mostrare una Si-cilia che sa di potere essere simile alla ma!a ma che riesce a cacciarla fuori di casa sua.

E’ morta nel suo letto nel 2004: nessuno ebbe il coraggio di farle del male.

Si battèsenza stancarsirimanendo legataal suo ambiente“

Fatti & Racconti

Felicia Bartolotta

Sopra Peppino Impastato

in tenera età.

A sinistra Luigi Impastato,

uomo d’onore, cognato del capoma!a

Cesare Manzella

Cinisi

Felicia, donna coraggiosa che ha cacciato la ma!a da dentro la sua casa Dopo l’assassinio del !glio,

ruppe i rapporti con i parentichiedendo giustizia allo Stato.

Ha vinto la sua battaglia.di Giovanbattista Tona

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Aveva 26 anni Stefano Al-lam quando ha deciso di lasciare Al Sharkia, il suo paese natale, alle porte del Cairo, per sfuggire a quel-la che ancora oggi chiama una “dittatura ambigua”, il regime appena caduto di

Hosni Mubarak, che die-tro le apparenze moderate ha governato con manipo-lazioni e censure l’Egitto per oltre quarant’anni. “Ho scelto l’Italia – dice Allam – perché cercavo la liber-tà e per continuare a stu-

diare. Nel mio Paese non c’era la possibilità di dire la propria opinione, con un regime che ha sempre ma-nipolato tutto per interessi personali, incrementando il turismo non perché que-sto potesse portare vantag-gi e ricchezza al popolo ma solo per un vantaggio per-sonale di Mubarak, della sua famiglia, dei suoi alle-ati”.Stefano Allam (che era da musulmano Allam-Aiman) ha cinquant’anni ed oggi è di fede cattolica, vive a Caltanissetta da cinque anni, è sposato ed è il mediatore culturale che collabora con don Ales-sandro Giambra al centro “Madre Speranza”. Ma tut-ta la sua famiglia, i genitori (l’anziana madre è morta recentemente senza che lui potesse darle l’ultimo salu-to), i fratelli, le sorelle, vi-vono in Egitto, dove è tor-nata qualche mese fa anche la moglie Maria (anche lei egiziana) per partorire, ri-masta ora bloccata al Cai-ro insieme alla !glioletta Stella e per questo Stefano Allam prega tutti i giorni

a"nché moglie e !glia, che si trovano adesso presso la famiglia della donna, pos-sano presto raggiungerlo a Caltanissetta, dove Allam ha una casa e un lavoro. “Non c’era nessun proble-ma per il rientro della mo-glie di Stefano – dice don Alessandro Giambra – ma per la bambina, che è nata là, c’è qualche di"coltà in più. Stiamo accelerando i tempi per il ricongiungi-mento familiare ma non è facile dopo quello che è successo in Egitto”.“Sono in Italia da tanti anni ma mi manca la mia terra – ammette Allam – ma in questo momento sento più forte la mancan-za di mia !glia e di mia moglie e quando loro sa-ranno qui sarà diverso”. E parla della sua Stella come di un dono di Dio, illumi-nandosi in volto, e raccon-tando della forza che lo anima e che lo ha condotto a collaborare con i centri di accoglienza per stranie-ri esistenti nel capoluogo nisseno. Ma parla anche dei genitori, commercian-ti ad Al Sharkia, e dei suoi

fratelli e delle sue so-relle, che non hanno mai condiviso quel-la scelta di lasciare la propria terra, accettando piutto-sto il regime (“perché sono stati obbligati in qualche modo a farlo: avevano dei !gli, una casa, dove andare dunque?”).“Con Mubarak – dice an-cora Allam – il popolo non stava bene, c’era un forte di-

vario tra chi era molto ric-co e chi invece non poteva mangiare o era costretto a fare tre, quattro lavori solo per sopravvivere. Le rivolte in Egitto, in Tunisia, in Li-bia sono un chiaro segnale che i popoli vogliono liber-tà ma non è chiara la po-sizione che prenderanno i Fratelli Musulmani, se sta-

ran-no al governo o all’opposizione, e c’è pure una grande crisi economi-ca. Speriamo che in Egitto ci sia un dopo-Mubarak in cui !nalmente il popolo possa essere libero, anche se ci vorrà del tempo per ricostruire dopo un regime così lungo”.Gli egiziani in fuga giunti in queste settimane in Si-cilia non sono tanti quanti i profughi che sono giunti dalla Tunisia e che giun-gono quotidianamente dai Paesi centroafricani, con-ferma Allam, e racconta delle violenze che molti profughi, specialmente se di religione cristiana, han-no subito quando veniva-no catturati dall’esercito libico di Ghedda! mentre tentavano di raggiunge-re le coste per imbarcarsi per Lampedusa, la porta dell’Europa e della speran-za per sfuggire alla guerra, alla miseria e alle violenze.

Le rivoltein quei Paesi sono il segno che i popoli vogliono la libertà

Fatti lontanivisti da vicino

di Rosamaria Li Vecchi

Stefano Allam

Via dall’Egitto a vent’anni per dire no a Mubarak

STEFANO ALLAM. In Italia da venticinque anni , ma i suoi famigliari sono rimasti in Africa

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Appro!tto di questo spa-zio, o"ertomi dalla di-rezione del giornale, che ringrazio molto della

disponibilità, per fare alcune ri#es-sioni, per o"rire alcuni spunti e per lanciare un appello alla città e ai miei concittadini.Caltanissetta, ahinoi, si atte-sta fra le ultime città italiane nella classi!ca annuale che ogni anno elabora il Sole 24 Ore sulla vivibilità e su altri parametri, sopravvive da anni in un pericoloso quanto sconfortante torpore

e oggi ha bisogno di essere sveglia-ta. Una città senza intraprendenza e con una bassa educazione civica. Che non signi!ca inciviltà. Una città che appare come rassegnata

e la rassegnazione, che è un sentimento

negativo e preoc-cupante, non mi appartiene. Questo senso di rassegnazione

che imperversa a Caltanissetta è disarmante, i gio-

vani aspirano ad andare via

da qua, coscienti delle di$coltà che incontrano nel loro futuro di vita e professionale. Sta diventando una città per vecchi e noi lo dobbiamo impedire. Si dice che il futuro sta nei giovani, non sono d’accordo. A mio avviso, i giovani sono il presente e possono essere un ottimo stimolo per dare la sveglia a noi adulti. La rivoluzione culturale deve partire dal basso e soltanto i giovani posso-no dare la stura per il cambiamen-to. Dobbiamo aiutarli a cambiare. Per noi adulti e genitori è un dovere morale. Conosciamo le di$coltà e la crisi di"usa e sappiamo che su Caltanissetta incide molto piu’ che altrove.Da quando sono Sindaco centina-ia di persone non fanno altro che chiedere posti di lavoro, nessuno si rende conto che un Sindaco lavori

da o"rire, piuttosto può pro-muovere lo sviluppo del suo ter-

ritorio e delle attività produttive. Tutti aspirano a diventare dipen-denti pubblici: sia chiaro, non ce lo possiamo piu’ permettere, perché i trasferimenti statali e regionali agli enti locali sono stati tagliati ed è !-

nito il tempo delle vacche grasse e dell’assistenzialismo a pioggia. Sono quattro i punti nodali: giova-ni, nuova cultura, nuove imprese, solidarietà sociale.Chiedo allora un intervento co-mune alle forze imprenditoriali sane nissene, siciliane in genere, agli imprenditori del Nord e a quanti desiderano avviare un’at-tività imprenditoriale, capace di dare posti di lavoro. Sarò in prima !la per trovare nel nostro territorio luoghi adatti ad impiantare nuove aziende. Coloro che hanno voglia di collaborare sappiano che trove-ranno sempre spalancate le porte di Palazzo del Carmine. Abbiamo bisogno di lavoro sano e onesto, di sviluppo all’insegna del desiderio di agire positivamente e in modo costruttivo nel segno della legali-tà, quella reale e non quella che si ferma nelle parole. Servono nuove attività artigianali e commerciali, meno paninerie e pizzerie. Ritengo che un primo sostegno potrebbe essere dato mettendo a disposizio-ne alcune somme da destinare in parte a fondo perduto ed in parte da restituire in modo da rimpinguare sempre quelle somme che servono a sostenere le nuove imprese. Bisogna guardare al sociale: sono pronto a sedermi attorno a un ta-volo assieme ai rappresentanti delle altre istituzioni e della Chiesa per valutare tutti assieme cosa possia-mo fare per dare una mano ai no-stri giovani e a chi ha davvero bi-

sogno, non a chi strumentalmente poggia sui bisogni delle persone le basi per ampliare il proprio bacino elettorale.

Vorrei svegliare le coscienze dei miei concittadini. Sono d’accordo con il nostro Vescovo per mettere a punto un “Patto Sociale”, per com-prendere tutti assieme cosa possia-mo fare concretamente per dare una mano ai piu’ deboli, per supe-rare l’egoismo, per lavorare assieme alla costruzione del bene comune e di una nuova comunità evitando i mali endemici che ci fanno restare sempre al palo come la superbia, l’invidia, il se non faccio io, non fai nemmeno tu.Il sogno di uno resta un sogno, ma se in tanti sogniamo una stessa cosa allora il sogno di tanti può diventare realtà. Io non sono a caccia di voti. Il mio sogno è quello di cambiare Caltanissetta, di lasciare un segno tangibile, ci sto provando con entu-siasmo, spendendo ogni giorno tut-te le mie energie, ma è necessario il contributo di tutti voi. Caltanissetta svegliati!

“CALTANISSETTA SVEGLIATI!”L’APPELLO. Pubblichiamo la lettera del sindaco, inviata al nostro giornale, attraverso la quale sprona la città

di Michele Campisi

Secondo ilprimo cittadino

la comunitàha bisogno

di essere svegliatae chiede

un Patto socialeper dare

una mano ai più deboli.... Lo dico alla città

Sia chiaroè !nitoil tempodelle vacchegrasse

Chiedoun interventoalle forzesane capaci didare lavoro

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Uno scempio. Solo così può de!nir-si quello che

abbiamo visto dando un’occhiata a queste foto. Provate a commentare voi, magari anche tro-vando altre parole più adeguate, la situazione di un patrimonio artisti-co di storica importanza come le vare, alcune addirittura risalenti alla seconda metà dell’800, abbandonate così. In ba-lia della polvere e degli escrementi di qualche colomba, entrata festo-sa durante i suoi viaggi quotidiani all’interno

dei luoghi dove le sta-tue sono parcheggiate nel corso dell’anno. Tut-ta colpa della colomba diremmo noi, e invece no. Tutta colpa di chi ha lasciato, anche dopo la nostra segnalazione, aperta per tanto, troppo tempo, una !nestra. Una delle tante dei locali sot-tostanti la chiesa di San Pio X dove le “signore”

della settimana santa di Caltanissetta vengo-no depositate durante i dodici mesi dell’anno per poi essere nuova-mente al centro dei di-scorsi e delle attenzioni cittadine al massimo un paio di mesi prima della Pasqua. Momen-to quest’ultimo in cui si comincia a discutere dell’entità dei !nanzia-menti che gli enti locali daranno alle varie mani-festazioni, del program-ma della settimana, dei fuochi d’arti!cio, ecc… . In occasione, poi, della festa religiosa che cele-bra la passione, morte

e resurrezione di Gesù, per fare la nostra bella !gura dinanzi ai vi-sitatori prove-

nienti dagli altri paesi, siamo tutti preoccupati solo di impupare le sta-tue, quasi a non sbaglia-

re nel mettere l’orchidea giusta al posto giusto, senza sapere e senza curarci di come hanno vissuto, in realtà, nel resto dell’anno quelle opere storico-artistiche, indifese pure dinanzi alla naturale evacuazio-ne dei volatili. Chissà se gli addobbi che vediamo non servano anche a co-prire qualche segno del-la trascuratezza. Sostan-zialmente, poi, passata la Pasqua, sulle statue dei grandi gruppi sacri cala l’oblìo. Forse non si comprende neanche che conservare in questo modo le statue signi!ca che, in pratica, !nito il turno di restauro a cui periodicamente vengo-no sottoposte, le prime vare restaurate sono già in condizioni pietose e

b i s o g n a subito r i c o -m i n -

ciare da capo. Dopo-tutto, occorre ricordare che queste opere così importanti sono anche molto delicate, dato che sono fatte di gesso o cartapesta e non di chissà quale materia-le super-resistente. Da una vita si pensa alla

realizzazione di un museo che possa

ospitare dignito-samente queste

opere così antiche e preziose, pro-teggendole, e che, peraltro, potreb-

be rappresentare pure un’ occasione

di business e turismo per la città: ma da una

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di Leda Ingrassia

Le vare lasciate all’incuriae all’assalto delle colombe

Sopra evidenziato il varco dal quale sono entrati i piccioni. A !anco il particolare della vara “Ecce homo” danneggiata dal guano.

IL CASO. Quando si spengono le luci della Settimana Santa, le statue vengono “depositate” senza alcuna cura a San Pio X

Gli escrementi dei piccioni sono in grado di corrodere la pietra poiché contengono acido fosforico, ammo-niaca ossalati e acido urico. Le feci appena emesse non hanno azione corrosiva, perché occorre lo svilup-po di microrganismi produttori di acidi, di solito mu"e che crescono sulle feci e conferiscono alle deie-zioni il caratteristico colore bianca-stro, il quale si forma nell’arco alcu-ne ore. In determinate condizioni, difatti, la sostanza organica evacua-ta dai piccioni da inizio ad un pro-cesso riproduttivo a catena con altri microbi che a loro volta possono diventare elementi distruttori dei materiali con cui vanno a contatto. Basti pensare ché la grande quantità di acidi contenuti dagli escrementi recano danni a pietra o !nanche a strutture metalliche.

Gli effetti del guano dei colombi

A causa di una !nestra lasciata aperta i piccioni hanno provocatouno scempio

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vita si tratta solo di parole e non di fatti. Chissà cosa ne penserebbe di questa situazione l’artista napole-tano, Francesco Biangardi, il papà delle vare, pro-prio nell’anno del centenario dalla sua mor-te, avvenuta per l’appunto a Caltanissetta. Chissà se lui avesse mai im-maginato che le sue creature potessero mai essere abban-donate a loro stesse e siste-mate, magari di tutta fret-ta, nel corso dell’anno non appena, e solo se, arriva l’ospite illustre di turno a cui farle vedere. Si tratta di ri#essioni che sorgono spontanee dato che si par-la tanto di tutela dei beni e del patrimonio artistico-culturale e poi non si fa nulla, o meglio, si fa poco, per curare una delle poche cose di valore che questa città possiede e che, ap-pena ne parliamo fuori Caltanissetta, ci da tan-to orgoglio come citta-dini nisseni.

“L’idea della nostra ammi-nistrazione – dice Fabia-no Lomonaco, assessore

provinciale al turismo e spettacolo - è di sfrutta-re quello che in questo momento funge da de-posito, ovvero i locali della chiesa di san Pio X, migliorando que-sti ambienti e ren-dendoli fruibili alla cittadinanza”. Im-portante idea legata

anche all’aspetto eco-

nomico. “La nostra ipotesi – continua l’assessore – è legata anche al fatto che

l’amministrazione pro-vinciale paga sedici mila euro l’anno per l’a$tto della struttura più i soldi necessari per l’assicura-zione delle vare”. Pensare di rendere fruibile i locali della chiesa di san Pio X signi!ca però anche orga-nizzare le risorse umane da impiegare per fornire il servizio alla collettività. “Per fare questo – a"erma Fabiano Lomonaco – si potrebbe pensare pure ad un protocollo d’intesa con la Soprintendenza ai beni culturali e ambientali e la Proloco per poter garanti-re ad esempio la turnazio-ne di personale quali!cato e competente che funga magri da guida per i visi-tatori”. L’idea dell’ammi-nistrazione necessita però di una serie di valutazioni tecniche. “Alla luce di que-sto progetto – dice l’asses-sore provinciale al turismo e spettacolo – gli ambienti

sottostanti la chiesa sono al vaglio dei tecnici, inca-ricati di veri!care la fatti-bilità dell’iniziativa. Non appena ci rendiamo conto che tutto è apposto apri-remo i locali al pubblico. I tempi però non sono ancora de!niti. Cerchere-mo comunque di dar vita ad una realtà organizza-ta il prima possibile per dare un’immagine anche all’esterno della nostra cit-tà, in attesa dell’apertura di un museo ad hoc come quello previsto dal proget-to della Soprintendenza”. Il progetto della Provincia Regionale di Caltanisset-ta nasce dalla ri#essione sull’importanza artistica e storica delle vare. “E’ si-curamente un peccato in-fatti – continua l’assessore Lomonaco – tenere beni artistici così importanti inutilizzati e non visitabili. Certo, quei locali fungo-no anche da luogo dove

si fanno le operazioni di restauro per conto della Soprintendenza e non è facile tenere le vare perfet-

tamente protette da agenti di varia natura”. Non è la prima volta poi, nel corso della storia, che si mette a rischio la salute delle sta-tue. “Solo per citare l’ul-timo accadimento – con-clude Fabiano Lomonaco – l’anno scorso dei vandali, tirando delle pietre, hanno rotto i vetri di alcune !ne-stre senza, fortunatamente però, colpire nessun grup-po sacro”.

L. I.

Dalla Soprintendenza ai beni cultu-rali e ambientali di Caltanissetta fan-no sapere di essere al lavoro per dar vita al tanto atteso museo delle vare: circa 759 mq. “Attualmente – dice l’architetto Cris Nucera, responsa-bile dell’unità operativa per i beni storico-artistici-iconogra!ci della Soprintendenza nissena – abbiamo in corso uno stralcio di progetto che stiamo realizzando. Si tratta di un contributo pari a circa 258 mila euro, rivolto al museo interdiscipli-nare di Caltanissetta previsto pres-so l’ex palestra Gil, per l’acquisto e

la realizzazione di attrezzature espositive, didattiche e tecnologiche”. La Soprintendenza, poi, lavora ac-canto anche al Genio Civile e al suo progetto. “Per dare riposte alla città – continua l’architetto Nucera – alla Curia e a tutti i detentori delle vare, stiamo continuando l’intervento di circa 100 mila euro del Genio Civile, volto, tra l’altro, anche alla sistemazio-ne del portone d’ingresso dell’ex Gil, dove allocare le statue sacre”. Alla base di tutte le iniziative c’è il rico-noscimento dell’importanza storico-artistica delle vare. “Ritengo che i locali dove sono attualmente sistemate le vare – a"erma Cris Nucera – non siano un luogo idoneo per salvaguardare e rendere fru-ibile queste importanti opere, che rappresentano un bene comune”. Atteso anche l’arrivo di !nanzia-

menti europei. “Abbiamo inoltrato – conclude Nu-cera – in concomitanza del To.Fesr. 2007-2013 una scheda descrittiva dell’iniziativa insieme al progetto esecutivo per cercare di ottenere dei fondi europei pari a circa 442 mila euro. Se riuscissimo ad avere questo !nanziamento realizzeremo un museo che dovrà sicuramente essere funzionale anche se es-senziale, almeno all’inizio, per quanto riguarda le attrezzature”.

L.I.

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“Renderò fruibilie San Pio X”

Il museo diventera realtàL’ ex palestra Gil sede del futuro museo

L’architettoCris Nucera

Vorremmosfruttareil depositoe renderlofruibileai cittadini

E’un peccatotenere beniartisticisenzavisibilità

L’ IDEA. L’assessore Fabiano Lomonaco preannuncia i piani della Giunta provinciale

L’ OBIETTIVO. Cris Nucera illustra gli sforzi della Soprintendenza

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Nel suo intervento all’inaugu-razione dell’anno giudiziario del Distretto di Caltanissetta, il Procuratore Generale presso

la Corte d’Appello, Roberto Scarpinato, aveva proposto la sua analisi socio eco-nomica del fenomeno ma!oso e dei suoi antidoti, identi!cati oltreché nell’azione repressiva di magistratura e forze dell’or-dine, “nell’azione di chirurgia ricostrutti-va” della classe imprenditoriale e sindaca-le votata ad un nuovo corso di antima!a. Scarpinato ha partecipato ai lavori del

tavolo unico di regia, tenutosi presso la camera di commercio ribadendo il con-cetto. “Questa provincia è un luogo che si presenta come laboratorio sociale inte-ressante perchè c’è una magistratura che da una parte ha fatto bene il suo lavoro di chirurgia demolitiva disarticolando alcuni gangli ma!osi e sistemi crimina-

li ma, ed è questa la novità, in provincia di Caltanissetta la società civile in alcune componenti principali come la classe de-gli imprenditori e i sindacati sta cercando di fare un lavoro sociale di chirurgia ri-costruttiva estremamente importante per creare quella occupazione alternativa a quella o"erta dalla ma!a che è essenzia-le perchè la cultura della lotta alla ma!a si faccia diritto vivente. In questo quadro mi pare che l’idea di costruire una zona franca per la legalità e lo sviluppo vada senz’altro promossa, perchè si tratterebbe di creare alcuni vantaggi competitivi che è possibile creare grazie a questa azione preventiva che c’è stata, che potrebbero attivare degli investimenti in questa zona creando un circuito virtuoso che potrebbe sottrarre Caltanissetta ad un destino che, aldilà della lotta alla ma!a, potrebbe esse-re di declino economico”.Lo Stato sarà capace di questo slancio ap-

provando norme che istituiscano questo strumento?“Io credo che la storia di questo pae-se dimostri che in alcune circostanze drammatiche ed eccezionali il paese si è salvato grazie all’azione di alcune mino-ranze virtuose piuttosto che lo Stato. Il Risorgimento lo hanno fatto alcune mi-noranze, la resistenza l’hanno fatta alcune minoranze, la costituzione l’hanno fatta alcune minoranze. In questo momento a Caltanissetta il destino vuole che ci siano alcune minoranze virtuose che possono, agendo in sinergia con uomini dello Stato, all’interno dello Stato, creare le condizioni per la fuoriuscita da una situazione che al-trimenti sarebbe di#cile”. Il Procuratore Generale ha parlato a !an-co del presidente di Con!ndustria Cal-tanissetta, Antonello Montante, delegato nazionale per i rapporti con le istituioni preposte al controllo del territorio. “Biso-gna fare una sorta di marketing territoria-le – ha aggiunto Montante - e promuovere

il territorio al paese ma non solo, anche al mondo perchè oggi con la globalizza-zione dei mercati vede protagonisti alcuni imprenditori virtuosi e questa provincia ne sta generando per cui ci sono impren-ditori che rappresentano l’economia sana del paese. Ci sono imprese d’eccellenza e

questi devono essere da esempio per at-tirare altri colleghi a livello nazionale e internazionale”. Nel corso della riunione del Tavolo, Montante ha analizzato la so-stenibilità e la competitività del sistema economico delle aree interne della Sici-lia alla luce della Zona Franca. Spesso, è il ragionamento del presidente degli in-dustriali, alcuni grandi gruppi imprendi-toriali hanno investito nei paesi dell’Est europeo senza però trovare servizi e un know how adeguato mentre nei nostri territori sono presenti competenze, una cultura industriale e produttiva ed un alto tasso di scolarizzazione.

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IL DIBATTITO. L’imprenditore e il procuratore generale concordano nelle soluzioni per lo sviluppo

Antonello Montante

Roberto Scarpinato

Scarpinato e Montante in sintonia:la legalità porta gli investimenti

di Alberto Sardo

Scarpinato:La zona francacreerebbeun circuito virtuosoper Caltanissetta

Montante:E’ necessarioil marketingterritorialeper promuovereil Nisseno

“La Regione sosterrà Caltanissetta per la battaglia di legalità”. Cos’ si è espresso il governatore siciliano Ra"aele Lombardo. “Il governo della Regione siciliana sosterrà le iniziative del Tavolo unico di regia per lo sviluppo e la legalità di Caltanissetta,

orientato a creare una zona franca per at-trarre investimenti sul territorio, incenti-vare la crescita e rilanciare il tessuto socio economico della provincia”. Signi!cativo, in tal senso, che l’assessore regionale al bilancio, Gaetano Armao, abbia !rmato proprio a Caltanissetta la circolare attuati-va e la modulistica predisposta dagli u#ci dell’assessorato “con cui si attiva – ha det-to Armao - il credito d’imposta a sostegno delle imprese nel segno della legalità. Il 21 marzo giorno del click day, le imprese che puntano a crescere in Sicilia avranno a di-sposizione un importante strumento di so-

stegno agli investimenti”. Per Salvatore Pa-squaletto, segretario provinciale della UIL, una delle tre sigle sindacali organizzatrici della manifestazione del 12 marzo, si tratta di “una possibilità di sviluppo di cui la pro-vincia di Caltanissetta ha necessità indero-gabile. Siamo stanchi di assistere alla emi-grazione e ai disoccupati che non riescono a trovare un salario per mantenere le loro famiglie. Abbiamo approvato un docu-mento inedito in cui esplicitiamo cosa è la zona franca”. Per il sindacalista, presidente del tavolo unico per la legalità e lo svilup-po, “sono stati spesi migliaia di miliardi

per i patti territoriali ma le vere imprese che hanno saputo resistere al mercato non ci sono. Per cui l’occupazione che è venu-ta fuori dalla programmazione negoziata è un’occupazione disoccupata”. Adesso si tratta quindi di proteggere le risorse del POR 2007-2013 da “ imprenditori tru"al-dini che si buttano dove ci sono bene!ci. Creiamo un’area dove l’attività imprendito-riale viene controllata e rimanga in modo duraturo sul territorio. La manifestazione è un grido d’allarme ai governi regionale e nazionale per dire che siamo stanchi di aspettare un sviluppo che non arriva”.

PASQUALETTO. Il sindacalista parla del Tavolo unico di regia per lo sviluppo

“Stanchi di imprenditori tru!aldini e di uno sviluppo che non arriva”

Salvatore Pasqualetto

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La prima proposta di legge per l’istitu-zione della zona franca per la legalità e lo sviluppo in provincia di Caltanissetta che coinvolge i comuni limitro! delle provin-ce di Agrigento ed Enna, è nata nel corso della passata legislatura a cura del deputa-to Angelo Lomaglio. Onorevole la proposta di legge per la zona franca nasce per mettere a sistema l’esperienza nissena di una nuova con-certazione tra mondo del lavoro e im-presa all’insegna del binomio legalità e sviluppo.La proposta di legge nasce da un lavoro di concertazione con le forze sociali e im-prenditoriali e dall’esperienza del tavolo unico di regia con il quale le competenze

sul territorio si mettono insieme per guar-dare alle questioni cruciali come quelle in-frastrutturali, ferrovie, portualità a Gela e collegamenti stradali. Non v’è dubbio che l’elemento che scoraggia gli investimenti è la questione sicurezza, non il costo del lavoro ma la logistica, le questioni infra-strutturali e la sicurezza. Alla luce di que-sto ho presentato il disegno di legge che ha trovato continuità con il disegno ripro-posto in questa legislatura dal Senatore Lumia e con la legge regionale approvata dall’Assemblea Regionale Sicilia.In questa proposta il codice etico di Con"ndustria, con l’obbligo di denun-cia da parte dell’imprenditore che riceve richieste di pizzo, diventa legge.Si, gli imprenditori che investono nel ter-

ritorio sono tenuti alla collaborazione con le forze di polizia. Hanno garanzie di si-curezza con i protocolli che li impegnano però a denunciare ogni tentativo di in!l-trazione criminale. Credo che l’attualità sia sottolineata dal fatto che non parliamo genericamente di !scalità di vantaggio ma abbiamo posto con forza una logica di si-stema. Una parte delle aree interne della Sicilia crea una rete che ha forza contrat-tuale, sociale, economica e politica e si costruiscono opportunità di lavoro e di sviluppo. Da questo punto di vista Calta-nissetta ha un punto di forza con il mo-dello Caltanissetta legato all’esperienza di Con!ndustria e adesso anche delle altre organizzazioni dell’impresa e del lavoro. Caltanissetta si candida ad essere indivi-duata come territorio libero e franco dalla ma!a e per questo può accogliere nuove iniziative imprenditoriali. L’operazione avrebbe dei costi, lo Stato cosa avrebbe in cambio?Noi per anni abbiamo parlato di questio-ne settentrionale. Adesso è chiaro che se lo Stato e la UE vogliono investire nel mezzogiorno devono pensare a ipotesi di sviluppo in territori che possono esser più interes-santi di altri. Noi crediamo che in questo momento i ter-ritori delle aree interne sono quelli più attratti-vi di investimenti e risorse. Non a caso le organiz-zazioni sindacali fanno una mani-festazione a Cal-tanissetta e non

c’è dubbio che le parole di Scarpinato sia-no signi!cative, nell’accogliere come fatto positivo la presenza di una nuova classe imprenditoriale che diventa stimolo per realizzare una classe politica che accanto a magistratura e forze dell’ordine si dia un programma di sviluppo.Il disegno di legge prevede "scalità di vantaggio e credito d’imposta. Con-trolli delle prefetture e del ministero dell’interno e l’obbligo di denuncia.Il credito d’imposta è un meccanismo automatico e immediatamente utilizza-bile, senza lungaggini burocratiche. Sul costo del lavoro e sui contratti si può de-rogare ai contratti nazionali, sul salario e sull’orario di lavoro. Ma c’è un principio in questa legge che è il princi-pio della re s p on s a -b i l i t à . Gli attori l o c a l i dello svi-luppo h a n n o

una responsabilità di essere motori dello sviluppo nella legalità. In passato ci sono stati i tavolini di cavalieri del lavoro e im-prese con una forte presenza dei colletti bianchi che agivano per conto della ma!a

e le risorse non sono rimaste al sud.La politica a questo punto, quale ruolo deve avere?Questa è una s!da per le forze poli-tiche. Per molto tempo si è chiesto cosa la politica stia facendo, e anco-ra oggi nei dibattiti in parlamento c’è molta confusione su come si deve recuperare il gap nord-sud che, negli ultimi 15 anni come detto da Draghi, è aumentato. Qui ci sono le condizioni di uno sviluppo non assistito e il modello Caltanissetta forni-

sce questa opportunità.A. S.

LA PROPOSTA DI LEGGE. In Parlamento l’iter per istituire dei meccanismi automatici che favoriscono investimenti e lavoro grazie al nuovo corso degli imprenditori votato alla legalità

Angelo Lomaglio

Gli imprenditori che investonosono tenutialla collaborazionecon le forze dell’ordine

Una s"da per la politicaper uno svilupponon assistitodopo anni dicomitati d’a!ari

ZONA FRANCA Il “modello Caltanissetta” diventa sistema

Nel 2008 fu depositata dal deputato Angelo Lomagliola prima proposta di legge per l’istituzione della zona franca

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“La passione per l’archeologia ha segnato tutta la mia vita, è nata sui banchi di scuola e mi ha poi spin-to ad iscrivermi in lettere classiche all’università di Catania, dove mi sono laureata in archeologia con una tesi che riguardava il mondo indigeno della Sicilia centro-meri-dionale, che mi a!ascina perché ho sempre sentito un forte legame con questo territorio”.Appassionata, volitiva, forte, come le donne di Sicilia sanno essere, Ro-salba Panvini, direttore del museo interdisciplinare regionale di Calta-nissetta, già soprintendente ai Beni culturali, si racconta, tra l’emozione delle grandi campagne di scavo e il rapporto forte con la famiglia. Una vocazione coltivata "n da giovanis-sima, che ha portato ad una carrie-ra brillante (vinti due concorsi re-gionali per guidare soprintendenze, nominata membro del Deutsche Archaeologische Institut, oltre 200 pubblicazioni alle spalle e 13 anni di docenza universitaria) per ap-prodare in"ne alla direzione del museo interdisciplinare regionale di Caltanissetta, che include anche il circuito museale dei siti minerari, un incarico che sembra poco com-patibile con un pro"lo professiona-le di altissimo livello e indirizzato in un ambito ben preciso come quello della dirigente Panvini, incarico che ha sollevato un nugolo di polemi-che nell’intera comunità scienti"ca

nazionale, con attestati di solidarie-tà giunti a Rosalba Panvini da più parti (non ultimo l’editoriale a "rma di Piero Prunetti su Archeologia-Viva di dicembre 2010). “Ricopro oggi un ruolo che non condivido - c’è amarezza nella voce della dot-toressa Panvini – perché non vedo nessun legame tra musei archeo-logici e miniere, non comprendo le ragioni di questa scelta da parte della Regione, soprattutto a fron-te di un curriculum come il mio e dei risultati raggiunti in questi anni:

mai un demerito, solo traguardi e risultati, quelli indicati dall’asses-sorato regionale, raggiunti. E tanto prestigio per Caltanissetta”.Ma forse è stata la politica a giocare

un ruolo improprio in questa vi-cenda. “I riferimenti politici – dice la dottoressa Panvini – non erano contemplati nei requisiti da indi-care, era richiesto un curriculum e il mio non è da meno di quello di altri ma evidentemente non è sta-to tenuto in conto. E comunque la mia esperienza di vita non è connotata da legami politici di sorta, la mia porta, quando ero diri-

gente della Soprintendenza, è stata sempre aperta a tutti gli esponenti politici, di qualunque area essi fos-sero perché il mio impegno era ed è sempre stato quello di lavorare in-

sieme alle altre istituzioni al servizio della collettività”. Parole confermate da un centinaio di interventi nel recupero del settore architettonico e da cento e più campagne di scavi condotte (“mentre ora – sottolinea con ancor più grande amarezza – in questo ruolo che ricopro è fatto paradossalmente divieto di fare scavi archeologici”) ma anche dal-

la promozione di Caltanissetta nel mondo grazie all’organizzazione di mostre a Parigi in Francia (Lou-vre), a Kiel e Lubecca in Germania, a Cleveland e Tampa negli Usa, a Montecitorio "no alle importanti scoperte nella necropoli protosto-rica di Dessueri, vicino Mazzari-no, seconda per importanza solo a Pantalica, dove quasi un secolo dopo gli scavi di Paolo Orsi Rosal-ba Panvini, realizzando un sogno covato da studentessa, ha lavorato scoprendo anche il sito dell’abitato protostorico. E il rinvenimento dei relitti delle navi greche al largo delle coste di Gela e dell’emporio greco

della città del golfo, da dove sono venuti alla luce i tre altari "ttili, singolari per rarità ed importanza, presentati nella mostra di Monte-citorio del 2000, voluta dall’allora presidente della Camera Luciano Violante. Rosalba Panvini, già ap-prezzata docente alla Sorbona di Parigi e alla Federico II di Napoli, è oggi docente all’Università di Ca-tania (corso di laurea magistrale in archeologia, lezioni di metodologia di ricerca archeologica) e all’Uni-versità di Palermo (corso di laurea in architettura - piani"cazione ter-ritoriale urbanistica e ambientale, lezioni di topogra"a antica). Un impegno che ha comportato anche tanti sacri"ci. “Ho vissuto spesso lontano dalla mia famiglia di origi-ne, che sta a Catania – dice Panvi-ni – e ci sono poi state le scelte fa-ticose che fanno tutte le donne ma non ho ripianti, perché ho portato i miei "gli sempre con me, sugli sca-vi durante i periodi estivi: per loro

era un gioco,da piccoli, gironzolare tra carriole, terra, attrezzi. Poi sono cresciuti, cominciando a coltivare i loro interessi, e restavano a casa, ma io non ho mai tolto tempo ai miei ragazzi, tessendo piuttosto un dia-logo continuo con il quale ho co-municato loro la "ducia nei valori e l’amore per lo studio che mi sono stati trasmessi da mio padre, il "lo-logo romanzo Bruno Panvini”.

L’INTERVISTA. L’ ex soprintendente ai Beni culturali Rosalba Panvini si sfoga

Oggiricoproun ruolo che non condivido

Nessun legametra museiarcheologicie miniereNon comprendola Regione

Una fase del recupero della nave greca nel mare di Gela.In alto la necropoli di Dessueri.

“Sono un’archeologa ma non posso più fare scavi”

La giunta Lombardole ha a!datola guidadei siti minerari.Incarico poco compatibilecon il suo altissimo pro"lo.

di Rosamaria Li Vecchi

a casa di...

Rosalba Panvini

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Donne, dirigenti e im-prenditrici. Laura Grut-tadauria, dirigente della Confesercenti, Loredana Dell’Aira, presidente del Terziario donne Confcom-mercio, Marcella Falzone, presidente regionale Con-fcooperative donne Sici-lia, nonché vice presidente regionale Federlavoro e Servizi Sicilia e consiglie-re nazionale dell’Unione Interprovinciale Caltanis-setta e Enna, da anni of-frono il loro contributo per rendere l’imprenditoria, attraverso le pari oppor-tunità, uno strumento in-dispensabile per la crescita e lo sviluppo socio econo-mico della Sicilia. Esempi di donne di successo, che si dedicano con passione e scrupolo al mondo del lavoro, e che credono in un’economia territoria-le sempre più in crescita. Da degne rappresentanti del gentil sesso, sono cer-to, anzi certissime, che c’è sempre più bisogno di un’occupazione femminile, e che bisogna promuoverla con forza. Il lavoro svolto

negli ultimi anni dalle diri-genti-imprenditrici anche all’interno del Comitato imprenditoria femminile - istituito presso la Camera di Commercio di Caltanis-setta - ha infatti posto ul-teriormente l’accento sulla necessità di incentivare e

sostenere l’imprenditoria femminile “poiché – a dir-la con le loro stesse paro-le- merita di essere consi-derata tra le priorità delle azioni politico-strategi-che all’interno della re-gione e della nostra provincia”. Le tre im-prenditrici credono che “il dinamismo positivo e la vo-glia di fare impre-

sa nel mondo femminile devono suscitare attenzio-ne e sostegno da parte del-le istituzioni”. Dalla loro parte dei dati esaustivi e importanti e che fornisco-no molte conferme: “Sono 1,4 milioni le aziende “in rosa” attive nel tessuto produttivo italiano. Sem-pre dal Secondo rapporto nazionale sull’imprendito-ria femminile realizzato da Retecamere, secondo le in-dicazioni del Co-m it ato Tecnico Scien- ti!co, com-

posto da Unioncamere, Ministero sviluppo Econo-mico, Dipartimento Pari Opportunità della Presi-denza del Consiglio dei Ministri e Isfol, si apprende che le ditte individuali sono le uniche imprese che han-no subito una contrazione (-0,5% a livello nazionale e -2,5% per l’Italia insulare) mentre sono in crescita i Consorzi e le Cooperative”. Peccato che – scusate il bi-sticcio di parole- non tutto è roseo nell’imprenditoria in rosa. “Nonostante noi donne oggi rappresentia-mo una fetta importante

dell’imprenditoria- dico-no con rammarico- non possiamo a"ermare con la stessa soddisfazione di aver raggiunto quelle condizioni paritetiche di rappresentanza e parteci-pazione ai tavoli istituzio-nali per una serie di fattori

culturali e ambientali in-dubbiamente insiti nel

tessuto locale”.

Imprenditoria in “rosa”Quando il successo è donna

ECONOMIA. Tre nissene spiegano il ruolo del gentil sesso nelle imprese

Loredana Dell’Aira, Marcella FalzoneLaura Gruttadauriarivendicano l’’importanza dellepari opportunità

Non abbiamo raggiuntopartecipazionepariteticaai tavoliistituzionali

“Bisognapruomuoveree farediventareprioritarioil lavorofemminile

Donne & LavoroLoredana Dell’aira Laura GruttadauriaMarcella Falzone

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Eclettica e creativa, è la maestra dell’“ago e !lo”. Eva Cammarata, è una fashion design e crea-

trice di collezioni di alta moda, nissena apprezzata Oltremanica per il suo talento.Alta, longilinea e bionda con quel “quid” che le ha permesso di fare strada.La moda è una passione che co-vava tra i banchi di scuola, quan-do quelle aule le stavano strette e sognava di andare fuori per realizzare il suo sogno. Un esordio non da poco, per la giovane nissena, che dopo avere studiato moda a Ca-

tania

entra nella maison di Marella Ferrera. Da qui spicca il volo. Catapultata in Inghilterra. “Era il 2005 quando mi sono trasferita – racconat Eva - e appena arriva-ta a Londra ho fatto un corso di conversazione inglese, poi ne ho fatti cinque di specializzazione al “London College of Fashion” dove ho anche completato un Master in digital design e ma-glieria”.

Una vita frenica tra passe-relle importanti e tanto

studio, lontana dalla sua Caltanissetta e dagli a"etti.

Dalla sua casa in c o l -l i -

na a Wimbledon si a"accia e vede boutique ti tutti i generi. “Una tentazione costante” ironizza. Eva è passata dalla “Fashion Week” di Parigi allo “Show Time Digital Fashion Exhibition” di Londra !n quando non ha trova-to la sua strada sposando la nobi-le causa di creare degli abiti bio-degradabili che lei tecnicamente chiama “maglieria etica”. Si tratta di tessuti naturali biologici e fair

trade, a impatto zero.Attualmente sta la-

vorando per due stilisti che come lei disegna-no maglieria etica, “Ekta” e “Loowie”, “L avorare con loro per me è

perfetto –

af ferma Eva – p e r c h é c r e d i a -mo ne-gli stessi ideali”. La Sicilia lei l’ha abbandonata anni fa ma se la porta sempre dentro e questo amore per le sue radici lo ritroviamo nei colori che usa per le collezioni, ma se le chiediamo quali sono le sue tin-te preferite risponde “non sono razzista! - ironica e sagace – mi piacciono tutte”, certo la sua me-diterraneità è facile da cogliere nelle sue creazioni. Lo stile di Eva passa dalle passe-relle al web. Infatti, ha aperto un blog dove dispensa consigli alle donne “Chic – a"erma Eva - an-che in u#cio” visitabile all’indi-rizzo www.i-lovemondays.com: tanti utili consigli su come essere sem-pre comodamente alla moda. Giovane ma tenace, nella vita ha saputo farsi strada, con umiltà e perseveranza. Ha studiato per cercare di imparare il “mestiere”

e ha “sgomitato” per farsi lar-

go in questo settore elitario.“Mi reputo fortunata – a"erma Eva – Londra è la città in cui si mi-

schiano tante culture diverse e per questo è facile avere un tar-get di clienti che spazia da uno stile all’altro. I lavori di cui sono più orgogliosa sono quelli con ri-!niture e tagli particolari che mi hanno fatto faticare di più nella realizzazione ma che nonostante tutto sono ben riusciti”. Ai giova-ni che vogliono intraprendere la sua professione consiglia: “Stu-diate tanto, e abbiate la forza di farvi largo per urlare al mondo le vostre capacità”.

fashion designer in LondonEVA

MODA. La stilista ora disegna “maglieria etica” con tessuti naturali biologici

Fatti & Donne Nissene

di Martina Nigrelli

Dopo avere studiato moda

a Catania entra

nella maison di Marella

Ferrera. Da qui spicca

il volo perl’Inghilterra

A sinistra Eva Cammarata.

Ai giovani:Studiate tanto,e abbiate la forzadi farvi largo

Cammarata

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www.cettinabivona.it

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Non è di!cile chiudere gli occhi ed immagi-nare il brusio della cit-tà viva che doveva ani-

mare una volta queste strade, che oggi portano nomi risorgimentali e che ospitarono, tra il Rinasci-mento e l’età moderna, le case dei borghesi agiati della città e forse, sul perimetro esterno, quelle bot-teghe di panni, semplici o pregiati, intorno alle quali girava nel XV se-colo parte dell’economia cittadina.La collina della Provvidenza (che si chiamò originariamente “Zinga-ri” ma è certo che non c’è alcun le-game con le popolazioni nomadi, forse piuttosto con gli “zincàri”, gli artigiani che lavoravano il metal-lo), è uno dei quattro quartieri ur-banizzati ed inglobati nell’abitato urbano del capoluogo nisseno in epoca rinascimentale. L’intersezio-ne regolare del reticolo di strade e stradine del quartiere, che copre una super"cie di circa sette ettari, con vari pittoreschi dislivelli (col-mati da gradinate più o meno am-

pie) lo rivela in maniera evidente. Era abitato da artigiani e bene-stanti della borghesia dell’epoca ed erano tante le case che vantavano anche giardini ed orti interni, dei quali rimane ancora oggi qualche traccia. Lì abitava nel 1580 il no-tabile Bernardino Bersichelli, che faceva parte della milizia urbana a cavallo, ma anche l’artigiano Bar-naba De Naro insieme alla moglie Menichella, e Geronimo Cannata e Leonardo e Domenica Mastro-simone, che vantavano addirittu-ra una casa con portico al “cozzo delli zingari”, tutte notizie che emergono dagli atti notarili allo studio dell’esperta di storia loca-le Rosanna Za#uto Rovello e che raccontano la storia viva di una porzione importante del capoluo-go nisseno.E dunque la Provvidenza, così ri-battezzata dopo la fondazione del-la chiesa di Maria SS. della Prov-videnza, nasce nel Cinquecento, con una lottizzazione legata all’età rinascimentale e realizzata – come sottolinea l’architetto Giuseppe Giugno, che ha realizzato studi ap-profonditi sul centro storico per la stesura del volume “La creazione della piazza maggiore e l’apertura dello stradone del Collegio tra XVI e XVII secolo” - grazie allo stru-mento normativo dell’en"teusi, poiché erano quasi tutte super"ci di proprietà delle congregazioni religiose (i Carmelitani possede-

vano San Sebastiano, Santa Maria La Nova, Zingari, i conventuali possedevano altri territori, alcu-ni privati ne possedevano altri): “instruire domus et stratas”, cioé costruire case e strade, era chiara-mente indicato nei documenti con i quali si imponeva l’aumento della rendita fondiaria.Un quartiere che in seicento anni è stato densamente popolato e che solo negli ultimi sessant’anni ha visto mutare profondamente i suoi equilibri. Appena 1700 gli abitanti che vi risiedono oggi dopo un esodo progressivo avviato alla "ne degli anni Sessanta del secolo scorso e mai concluso, che ha la-sciato oltre 350 edi"ci (circa il 45% del totale) completamente inutiliz-zati: è quanto emerge dallo studio condotto dall’architetto Salvatore Gumina e dall’ingegnere Nicola Gruttadauria, che hanno proposto un progetto interessante (che per molti versi si riallaccia alla storia più antica e suggestiva del quartie-re) per riquali"care un posto dove sembra che i nisseni non vogliano più abitare ma dove qualcuno ha scelto coraggiosamente di dare una svolta alla deriva, anche isti-tuzionale, che negli ultimi decen-ni ne ha fatto uno degli angoli più degradati della città, con edi"ci a rischio di crollo ed altri problemi.E’ infatti decisa a spazzare via i luoghi comuni che da sempre si addensano sulla Provvidenza Ila-

ria Vitello, 22 anni, il giovanissimo presidente del comitato di quar-tiere Provvidenza San Giuseppe, eletta a maggioranza dopo la co-stituzione dello stesso comitato nei mesi scorsi, che si aggiunge agli altri comitati di quartie-re nati nell’ultimo anno nel capoluogo nisseno. Parla di sinergie, di sensibilizzazio-ne nei confronti degli stessi abitanti del quartiere ma anche di tutti i nisseni Ilaria, forte dell’entusia-smo dei suoi vent’anni, perché crede forte-mente che la rinascita di Caltanissetta non sia possibile se non con l’impegno e le forze di tutti. An-che degli stranie-ri, che vivono in gran parte nel centro storico e che sono importante risorsa per il capoluo-go nisseno e per il suo futuro. “Nel no-stro statuto – dice la gio-vane presidente – è prevista anche la presenza di consiglieri stranie-ri, ma non è ancora facile tessere rapporti: c’è come una chiusura da parte loro, che si trincerano spesso dietro la mancata conoscenza della

lin-gua italia-na. Abbiamo pure chiesto di insegnarci la loro lingua, in particolare l’arabo, per potere dialogare ma c’è molta di!-

Marzowww.ilfattonisseno.it16

di Rosamaria Li Vecchi

I quartieri, membra vive di una città, mutano al loro interno per seguire l’evol-versi dei tempi e della storia ma rimane intatto l’intrec-ciarsi dei tessuti (urbani ma anche sociali) che ra!orza l’identità di una comunità cittadina. Per questo abbia-

mo scelto di dedicare uno spazio ogni mese, tra i no-stri approfondimenti, alle nuove importanti realtà che sono i comitati di quartiere, ben 13 oggi a Caltanisset-ta, che danno realmente il senso della volontà di un percorso "nalmente condi-

viso tra tutti i nisseni, per camminare "duciosi verso un futuro forse non roseo ma che vogliamo solidale e giusto, non asservito alle logiche delle contrapposi-zioni o delle concessioni ma "nalmente costruito con le nostre mani.Provvidenza,

sguardo verso il futuro che parte dalla storia

Fatti & Quartieri

Il quartierenasce nel Cinquecentocon una lottizzazionelegata all’etàrinascimentale.Era abitato da artigianie benestanti.

Page 20: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Può essere de"nita in qualsiasi modo fuorchè ridente la frazione di Borgo Petilia, la nota borgata che dista circa 8 chilometri dal ca-

poluogo nisseno in direzione Santa Cate-rina Villarmosa. Un villaggio rurale, sorto nel periodo del fascismo, che "no agli anni 80 era luogo privilegiato di famiglie e co-mitive in cerca di refrigerio durante le afose serate estive e che oggi versa purtroppo in condizioni di semi abbandono, lasciato alle cure tanto amorevoli quanto insu!cienti dei suoi abitanti. La piccola borgata rura-le, che comprende un abitato ben più vasto dove risiedono oltre 400 persone, è oggi e#ettivamente abitata da tre famiglie, che ne curano la pulizia, il mantenimento ed il decoro, dato che la borgata vera e propria si è progressivamente svuotata. La zona tutta rappresenta un raro esempio di edi"cazio-ne stanziale, abitata perlopiù da nisseni che hanno preferito alla città la più rilassante vita in campagna, popolando così l’area con centinaia di case e villette in aperta contro-tendenza allo svuotamento dei campi ed alla conseguente fuga dalle campagne verso la città degli anni ’70. Ma non basta popo-lare un’area per renderla vivibile, occorrono servizi ed opere di urbanizzazione che non possono certo essere e#ettuate dai residenti ma sono di competenza dell’amministra-zione comunale. “Tutto parte dalla ristrut-turazione della chiesa - dice Fabio Loria, segretario del comitato di quartiere Borgo Petilia- per la quale abbiamo avuto rassicu-razioni dalla Curia. Contiamo anche di av-viare un processo virtuoso, in sinergia con il Comune, per il recupero della borgata e delle sue strutture”. Si è costituito a Maggio del 2010 infatti anche a Borgo Petilia il co-mitato spontaneo dei residenti, che grazie a questo strumento democratico e parte-cipativo hanno la possibilità di sottoporre all’amministrazione comunale nissena le esigenze negli anni disattese. “Abbiamo in-contrato ampia disponibilità da parte del sindaco Michele Campisi- continua Fabio

Loria- nel risolvere i nostri problemi, ed abbiamo così rivolto all’amministrazione la richiesta di una serie di interventi urgenti”. Interventi tra i quali "gurano anche richie-ste tanto semplici da apparire paradossali, come quella che chiede la “sistemazione del braccio di illuminazione del palo elet-trico n.5213 non funzionante da 4 anni a causa del vento che lo ha spezzato”. O an-cora la “sistemazione dei cestini getta carte, mancanti da 15 anni!”. Morale: i residenti chiedono all’amministrazione solo un pò di attenzione in più, quell’attenzione che è mancata negli anni e che ha provocato, ad esempio, il proliferare alle spalle della ex scuola elementare (ormai adibita a chiesa) di una colombaia i cui escrementi, insieme

a legname, "lo spinato e materiale ferroso, sono ovviamente perico-losi per la salute pubblica. C’è poi la chiesa del Santissimo Croci"s-so, che sovrasta ormai silente ed in totale degrado da un’altura circondata da pini l’intera borgata, un edi"cio la cui ne-cessità della ristrutturazione è subito bal-zata all’attenzione del nuovo parroco della borgata padre Vincenzo Giovino. Prima di

arrivare alla chiesa, nel piazzale centrale della borgata, c’è una struttura, oggi man-co a dirlo fatiscente, che è stata anche sede

della delegazione comunale e per la quale i residenti propongono la “ristrutturazione per adibirla a luogo di manifestazioni per-manenti, culturali, sportive e di aggregazio-ne, soprattutto per i giovani”. Tutte richieste legittime, per le quali l’amministrazione co-munale ha già accolto una proposta invito dell’Ente Sviluppo Agricolo per la parteci-pazione ad un bando pubblico regionale per la riquali"cazione della borgata con una somma di circa 1 milione di euro, recupe-ro che potrebbe avvenire anche attraverso

fondi Pisu e Pist. Sulla gestione il Comune è poi disponibile ad assegnarne parte alla Pro Loco, sempre in sinergia con il comitato di quartiere ed i residenti, che nel frattempo continuano pure a spazzare le strade!

denza. Siamo però "duciosi”. Tante le attività promosse nella ret-

toria della Provvi-denza, coordinate dal comitato di

quartiere e realizza-te grazi alla collabo-

razione delle associa-zioni Gruppo Insieme

e Zona Creativa, che curano il doposcuola

scolastico pomeridiano ed una serie di laboratori

dedicati ai più piccini e ai ragazzi, ai quali prendono

volentieri parte anche tanti bambini stranieri.

Nel libro bianco presentato all’amministrazione comunale

il comitato di quartiere Provvi-denza San Giuseppe chiede solo

il riconoscimento del proprio status. “Siamo nisseni – dicono – e non devono esserci cittadini di serie A e di serie B. Vogliamo che si eliminino i pericoli nelle nostre strade, che si faccia uno sforzo per avviare almeno uno dei tanti pro-getti di recupero destinati a mettere in sicurezza le case pericolanti, che si provveda ad una manutenzione normale dell’illuminazione, che si dia a questo quartiere la giusta di-gnità, come tutti gli altri quartieri di Caltanissetta”.

Marzo www.ilfattonisseno.it 17

Non basta popolare un’area per renderla vivibile: occorrono servizi ed opere urbane

Borgo Petilia. Solo tre famiglie vivono nella borgata

Uno scorcio del quartiere Provvidenza con le cupole di San Sebastiano e della Cattedrale sullo sfondo

A Borgo Petilia vivono ancora momenti sospesi nel tempo che

riannodano il presentecon un passato contadino

che è stato cardine dell’economia

Su 700 edi!ci oramai 350 possono ritenersi completamente inutilizzati. Da meta ideale di gite

a villaggio fantasmadi Marco Benanti

Page 21: Il Fatto Nisseno - marzo 2011
Page 22: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Sembra quasi una storia in!nita. Il muro franato tem-po addietro in via

Santo Spirito, le numero-se buche presenti, quasi a non voler scontentare nes-suno, in tutte le strade cit-tadine, i frequenti rattoppi dell’asfalto alla meno peg-gio, gli scavi per il passag-gio di condutture lasciati a cielo aperto, le strisce pedonali e la segnaletica, soprattutto orizzontale, letteralmente fantasma. Storia di una città e delle sue strade, o meglio, del loro degrado. Caltanisset-ta, infatti, sembra a"etta dalla sindrome delle stra-de sfasciate. Vie cittadine dove gli automobilisti sono

costretti a slalom con ma-novre spesso pericolose o a “balli” che possono anche danneggiare le automobi-li. “Ogni anno – dice l’as-sessore comunale ai lavori pubblici Carlo Giarratano – ci troviamo a dover ri-solvere problemi di questo tipo e a programmare in-terventi ad hoc. Oltre alle competenze strettamente riguardanti il Comune, il problema è legato anche ai lavori periodicamente ese-guiti dagli altri Enti per il passaggio, ad esempio, dei tubi delle fognature, delle condotte idrauliche e del-le !bre ottiche. Lavori che, come è ovvio, comportano spesso la rottura del man-to stradale”. Un problema

che è prioritariamente di sicurezza per i tanti citta-dini che quotidianamente attraversano le strade di tutta la città. “Per cercare di far fronte alle frequenti aperture dell’asfalto – con-tinua l’assessore Giarra-tano – vengono spesso eseguiti rattoppi del tap-petino stradale, anche perché, pensare di rifare tutto il manto stradale, ad ogni apertura, sarebbe !nanziariamente impossi-bile”. Per non parlare poi delle continue voragini che si aprono sull’asfalto appe-na piove, semplicemente transennate per un po’ di giorni in attesa del rattop-po, e che terrorizzano tutti quelli che, automobilisti e non, si trovano a passare dalle varie strade cittadine. “Questo è un fenomeno – dice l’assessore comunale ai lavori pubblici – legato al fatto che i rattoppi non sono uniformi rispetto al restante del tessuto strada-le e necessitano di continui interventi e di un’attenta vigilanza”. Come se non bastasse, a completare il

quadro, ecco apparire qua e là segnali che indicano dei lavori in corso: cartel-li e catarifrangenti spesso però rotti. Lavori in corso che, in realtà, molte volte

non esistono. Come quelli del muro di via Santo Spi-rito. “Lì – continua Carlo Giarratano – il problema è degli enormi costi: l’in-tervento che dovrebbe in-teressare questo muro do-vrebbe essere strutturale e ciò comporta una certa di-sponibilità di risorse eco-nomiche. Ogni qual volta dobbiamo programmare un intervento, infatti, ci dobbiamo confrontare con le casse comunali e valutare anche la criticità delle varie situazioni”. Per quanto ri-guarda poi la nota dolente della segnaletica orizzon-

tale, ci sono buone notizie. “Abbiamo già appaltato la gara – conclude l’assesso-re – che prevede i lavori di rifacimento delle strisce pedonali e della restante segnaletica in giro per la città. A breve, entro qual-che settimana, partiranno !nalmente i lavori ”.

Marzowww.ilfattonisseno.it18

di Leda Ingrassia

Città gruviera, dove le autofanno lo slalom tra le buche

VIABILITA’. Il muro franato a Santo Spirito, buche presenti in tutte le strade, scavi causati da lavori. Un degrado che stravolge persino le vite degli automobilisti

CarloGiarratano:Problemaspesso legatoai lavoridi altrienti

Prestorifaremole striscepedonalie segnaletica

“Sopra una delle tante buche

presenti sulle stradedi Caltanissetta.

Sotto il muro franatosulla via di Santo Spirito.

In basso a sinistra l’assessore

Carlo Giarratano.

Viabilità &Sicurezza

Page 23: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Maria Grazia Milli

Come se non ba-stasse la questio-ne delle strade, anche le cattive

abitudini degli automo-bilisti giocano un ruolo cruciale relativamente ai problemi di circolazione stradale. A dirlo è il vice questore aggiunto e diri-gente della Polizia Strada-le di Caltanissetta, Maria Grazia Milli. Per anni don-na simbolo della Polizia Stradale in Italia e all’estero e da dieci al comando della Polstrada nissena. Qual è il suo parere circa

il modo di guidare dei nis-seni? Di certo non può che esse-re negativo. Già il piano ur-bano del tra#co crea una congestione a momenti insopportabile: se a questo poi aggiungiamo le brutte abitudini degli automobili-sti, il pasticcio è fatto. Sono davvero in tanti, infatti, a lasciare le auto in doppia !la, a fermarsi a guardare le vetrine dei negozi dalle auto, o ancora, a chiacche-rare bloccando il tra#co, magari anche distraendosi parlando al cellulare. Per questo, a mio avviso, gli automobilisti nisseni, che peraltro indossano poco anche le cinture di sicurez-za, meritano un quattro in condotta.E che voto darebbe, inve-ce, alle strade cittadine?Sicuramente la condizione

della rete viaria cittadina è negativa, come pure quella della segnaletica, soprattut-to orizzontale, pressocchè assente. Periodicamente si aprono buche o cede parte del manto stradale con evi-denti e possibili danni per chi transita.Possiamo quindi parlare di rapporto “a tre”, tra sta-to di salute delle strade, condotte degli automobi-listi e sicurezza stradale…Esattamente. E’ fuor di dubbio che il problema della sicurezza è sopratut-to legato alla cultura della

gente, di rispetto delle tan-te regole previste dal codi-ce della strada. Ricordo, al proposito, che in Italia il

98% degli incidenti gravi avviene per colpa di errori umani. E’ anche vero, però, che le infrastrutture, nel Sud d’Italia, e in particolare nel nostro territorio, non ci aiutano, dato che non sono evolute e adeguate.Oltre al rispetto delle norme, mi potrà confer-mare che è necessario che le strade abbiamo anche determinate e importanti

caratteristiche... Certo. L’asfalto deve essere moderno, in grado di as-sorbire l’acqua, fatto con materiale resistente all’in-tensità del tra#co veicola-re e non soggetto dunque a cedimenti o buche. Se l’asfalto non è tutto poroso, come accade sulle nostre strade, può anche capitare che quando piove, frenan-do, le auto possano slittare e causare incidenti.E’ d’obbligo, adesso, fare un cenno alle strade ex-traurbane della nostra provincia, anche in re-lazione alle competenze speci!che della sezione che Lei dirige…Sono sicuramente migliori di quelle urbane. Fortuna-tamente dopo tanto tempo sono in corso i lavori di ammodernamento della ss 640, con il raddoppio delle corsie. La statale che collega Caltanissetta ad Agrigento, infatti, costruita negli anni ’60, andava bene per quei tempi ma non era più in grado di reggere il tra#co veicolare intenso che ormai la caratterizza. Ci auguriamo pertanto una celere conclusione dei lavo-ri per evitare disagi legati

allo stato di cantiere aperto della strada. Che mi dice della ss 626, meglio nota come la Cal-tanissetta – Gela?E’ una bellissima e impor-tantissima arteria che però, proprio per questo, induce gli automobilisti spesso ad una corsa forsennata. L’unica pecca riguarda i guard rail, troppo bassi, e per i quali sono già in cor-so lavori di sistemazione che si protrarranno !no all’estate. Proprio a causa della attuale chiusura del-la ss 626, la bretella risulta spesso a"ollata anche dai

mezzi pesanti che non han-no più percorsi alternativi. Per questo motivo invito

gli automobilisti a prestare la massima prudenza: ma-novre scorrette o sorpassi azzardati, infatti, spesso non fanno guadagnare più

di dieci minuti ma metto-no invece a rischio la vita, in modo anche irreversibi-le. Per quanto riguarda la ss 626, poi, c’è la situazione del viadotto Geremia, crollato ormai da tempo, che spero venga sistemato presto.In una ipotetica classi!ca delle strade nella nostra provincia, chi si aggiudica gli ultimi posti?Il comparto della Polstra-da che dirigo comprende anche il distaccamento di Gela. Lì la situazione è ne-gativa e necessiterebbe di interventi soprattutto per la ss 115 e la ss 117. L.I.

Marzo www.ilfattonisseno.it 19

Maria Grazia Milli:I nisseni hanno brutteabitudini

Per viaggiareè necessarioche le stradesiano in buonecondizioni

Automobilisti bocciatiUn 4 in condottadal capo della Stradale

tecnicoIl punto

Page 24: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Il Consorzio ASI di Calta-

nissetta è guidato da circa

un anno dal Commissario

Straordinario Alfonso Cice-

ro; Giuseppe Sutera Sardo

è il nuovo Direttore Generale. La

nuova Gestione Commissariale,

sostenuta fortemente dall’As-

sessore Regionale delle Attività

Produttive Marco Venturi, ha de-

cisamente invertito la tendenza

negativa che aveva portato l’Ente

-

vendo numerose iniziative sotto

il segno dello sviluppo e della le-

galità. Sono stati approvati entro

i termini di legge i Bilanci di Pre-

visione 2010 e 2011 ed il Conto

Consuntivo 2009, riallineando i

-

nanziario adottato dall’Assessore

Venturi che ha assegnato al Con-

sorzio un contributo straordinario

di circa € 2.700.000,00; sono stati

garantiti al personale gli stipendi e

dopo lunghe attese anche gli oneri

accessori; è stata liquidata com-

plessivamente una somma di circa

€ 1.700.000,00 per il pagamento

dei rapporti debitori che da anni

gravavano i bilanci del Consor-

zio; è stato aperto presso la sede

per il credito agevolato alle impre-

se cooperative; è stata sottoscritta

la convenzione con l’Azienda

Foreste per la pulizia gratuita del

verde; è stato aperto presso la sede

del Consorzio un “Punto di Rac-

-

ne Spa; sono state affrontate, alla

presenza dell’Assessore Venturi,

diverse e gravi disfunzioni dei

servizi presenti all’Asi approfon-

dendo tali problematiche anche

con i rappresentanti delle Orga-

nizzazioni di Categoria, Sindacati,

Camera di Commercio, “Tavolo

-

zioni; sono stati realizzati diversi

interventi di manutenzione stra-

ordinaria negli agglomerati indu-

striali; è stato attivato un bando di

gara per i servizi idrici e di depura-

zione delle zone industriali; è stato

costruito un nuovo ed innovativo

sito web del Consorzio; è stata

sottoscritta una convenzione a co-

sto zero per il recupero dei crediti

della gestione della cartellonistica

stradale e pubblicitaria all’interno

delle aree industriali; a breve tutte

le strade degli agglomerati indu-

striali verranno dotate delle rela-

tive vie con richiami ad eminenti

uomini dell’imprenditoria nisse-

na e della vita civile; è stato reso

agibile e fruibile, dopo oltre un

ventennio, l’Auditorium del Con-

sorzio; è stato realizzato il nuovo

logo dell’Ente con lo slogan “per

prodotta una copiosa attività, sot-

toposta all’autorità giudiziaria ed

agli inquirenti contabili, inerente

diverse fattispecie di dubbia le-

gittimità e liceità discendenti dal-

le pregresse gestioni, tra le quali

vi è anche l’ombra dell’intreccio

dell’indagine conoscitiva, voluta

fortemente dalla Gestione Com-

missariale, si colloca nell’attività

di contatto diretto con il territorio

e con gli imprenditori insediati,

i quali sono stati personalmente

sentiti dai funzionari consortili

allo scopo di raccogliere le opi-

nioni e le esigenze più immediate

per lo sviluppo degli agglomerati

industriali. Alcune settimane ad-

dietro è stato sottoposto un que-

stionario alle aziende insediate a

per la rilevazione di alcuni dati ri-

guardanti sia la conoscenza delle

strutture aziendali che il giudizio

degli operatori su alcuni servizi

of ferti dal Consorzio. Inoltre,

sono state rilevate le aspettative

dei nuovi servizi e le iniziative

congiunte che possono essere av-

viate tra il Consorzio e le aziende.

Sono stati sentiti 115 imprendito-

ri su 137 insediati, pari all’84%

del numero complessivo delle

aziende operanti all’Asi. I risulta-

ti ottenuti, che saranno presentati

alle Organizzazioni di Categoria

ed agli imprenditori alla presenza

dell’Assessore Venturi, fotografa-

no i tre agglomerati costituiti per

1/3 da imprese industriali, 1/3 da

imprese artigiane ed il restante

1/3 diviso tra commercio, servizi

alcuni risultati di una più com-

plessa indagine, che rappresenta

un reale strumento di conoscenza

delle aziende e delle istanze che

provengono dagli imprenditori.

Tale strumento costituisce una

-

zioni di Categoria e per le istitu-

concreto le problematiche esisten-

ti all’Asi. Inoltre, i suggerimenti

delle imprese in ordine alle inizia-

tive da intraprendere costituiscono

gli impegni prioritari da assumere

a favore delle aziende insediate. I

risultati completi del test verranno

pubblicati a breve sul sito

www.asicaltanissetta.it

Marzowww.ilfattonisseno.it20

L’INIZIATIVA. Sondaggio del consorzio asi, la voce agli imprenditori

La nuova gestione Cicero all’insegna del modello

www.asicaltanissetta.it

pagina pubblicitaria di comunicazione istituzionale

Iniziative congiunte ASI/IMPRESE e ritenute utili

Servizi di mobilità (trasporto casa/lavoro)

Potenziamento della vianilità e infrastrutture

Servizi per l’infanzia a sostegno di genitori lavoratori

Promozione del sistema delle imprese del territorio

Potenziamento delle infrastrutture tecnologiche

sostanze inquinanti

Sviluppo di centri commerciali

Assistenza tecnica, amministrativa, commerciale

Organizzazione corsi di formazione, convegni e seminari

Collegamento articolato con enti preposti all’erogazione

Studi di fattibilità e business plain relativi a nuove inizia-

tive industriali

Sportelli bancari

6%

4%

14%

4%

11%

22%

5%

1%

2%

5%

3%

8%

5%

11%

In % i servizi strutturati richiesti

Settore di appartenenza

Fatturato annuo

Tavole rotonde tra imprese, istituzioni, università per la

condivisione di tematiche comuni

Organizzazione di incontri volti alla ricerca locale di

nuovi partners/fornitori nell’ottica della realizzazione

di un sistema di reti di imprese

pubblici

Corsi per la formazione professionale di manodopera

Corsi per la formazione professionale relativi alla

sicurezza sul lavoro

Organizzazione di inizitive all’estero per la ricerca di

nuovi mercati

Vigilanza

10%

15%

13%

13%

9%

16%

24%

L’assessore Venturi a sostegno delle imprese nissene

Il commissario dell’ASI

Alfonso Cicero

L’assessore regionale

Marco Venturi

Regione

Sicilianavia Peralta, zona industriale - 93100 Caltanissetta

Tel. 0934 532311 | Fax 0934 25703

Page 25: Il Fatto Nisseno - marzo 2011
Page 26: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Per i Borbone, Caltanissetta era la città fedelissima; dai re-gnanti napoletani la città ave-va ricevuto bene!ci fonda-

mentali per il suo sviluppo: già sede del XXII distretto nel 1812, capoluogo di una delle sette valli dell’amministrazioo-ne civile della Sicilia nel 1818, sede di tribunale civile e di gran corte crimina-le nel 1819, ma anche vittima delle scorrerie del principe Galletti durante la rivoluzione del 1820 per la sua fedel-tà ai Borbone, nel 1831 ricevette la visi-ta di re Ferdinando II; l’anno successi-vo, due statue di regnanti borbonici vennero innalzate nelle principali piaz-ze della città: quella di Ferdinando I nella piazza principale che as-sunse il nome di piazza Ferdi-nandea, e quella di Francesco I dinanzi alla chiesa di S. Agata. Al-tra visita fece Ferdinando II alla cit-tà nel 1838.Nel 1844 Caltanissetta venne elevata a sede vescovile, grazie anche alle be-nemerenze acquisite per la sua fedeltà ai Borbone.Quattro anni dopo l’idillio tra Calta-nissetta e i regnanti napoletani si rup-pe. La rivoluzione del 1848 vide Calta-nissetta partecipe attiva: si costituì un comitato centrale della valle guidato da Calogero Barile e da Filippo Cordova e un comitato comunale di difesa presie-duto dal vescovo mons. Antonio Maria Stromillo. I gesuiti vennero espulsi da Caltanissetta, le statue di Ferdinando II e di Francesco I abbattute e sotterrate nello stesso luogo dove erano state col-locate. Nell’aprile del 1849 la rivoluzio-ne venne repressa e Caltanissetta ritor-nò sotto il dominio delle forze borboniche.Undici anni dopo, l’11 maggio 1860, Garibaldi sbarca a Marsala; dopo la fortunata battaglia di Calata!mi, le for-ze Garibaldine si concentrano attorno a Palermo, che viene attaccata il 31 maggio.Caltanissetta insorge il 26 maggio 1860, dopo la partenza delle truppe borboni-che guidate dal generale Afan de Rive-ra. Anche in questa circostanza viene costituito un comitato rivoluzionario presieduto dal barone Francesco Mo-rillo di Trabonella, che rivolge un calo-roso invito ai comitati degli altri comu-ni della provincia: “incediamo compatti e sicuri, ripetiamo la parola d’ordine, che Italia unita ha commosso, viva Italia! Viva Vittorio Emanuele, viva Garibaldi!”.Un appello viene inviato a Garibaldi per confermargli la fedeltà alla sua dit-tatura: “Ordini e sarà ubbidita!”.Già il 30 maggio il barone di Trabonel-la organizza la prima spedizione di armi e munizioni a Palermo; una dele-gazione formata da tre cittadini patrio-ti del 1848, Giuseppe Zacco, Francesco Zacco e Vincenzo Castro, è incaricata di tenere i contatti con il dittatore Gari-baldi “per informarsi sullo sviluppo degli avvenimenti e per trasmettere i decreti, gli ordini e le istruzioni del ge-nerale.Il 4 giugno la delegazione nissena viene

ricevuta da Garibaldi, che comunica loro di aver nominato Francesco Mo-rillo di Trabonella governatore della provincia di Caltanissetta. Il nuovo go-vernatore si mette subito al lavoro: i comitati locali sono invitati a provve-dere a dare esecuzione ai decreti ditta-toriali che si succedono a ritmo incal-zante per avviare la macchina amministrativa e quella !scale.Il decreto 17 maggio imponeva ai co-mitati locali di indicare la composizio-ne dei vecchi consigli civici al 16 maggio 1849 per reinse-

d i a r l i dopo aver

sostituito i defunti o quel- li impediti per altra causa. Il riferimento al 16 maggio 1849, giorno in cui si spense la rivoluzione del 1848-49, non è casuale: con questo provvedimento si voleva dare continu-ità politica e amministrativa a quella esperienza rivoluzionaria, come se quegli undici anni fossero stati un’in-fausta parentesi.Il decreto 19 maggio 1860 stabiliva di e"ettuare la ricognizione dello stato delle casse pubbliche e di procedere con regolarità alla riscossione delle im-poste, tenendo conto che erano state abolite le tasse sul macinato e sul bollo.Il 14 maggio, il giorno prima della battaglia di Calata!mi, Garibaldi aveva ordinato la coscrizione ob-bligatoria per i nati dal 1° gennaio 1809 al 31 dicembre 1842; in buona so-stanza, tutti gli uomini dai 19 ai 51 anni dovevano essere “allistati”, inseriti, cioè, in un elenco a cui attingere in caso di necessità. Il decreto, di"uso dal noti-ziario della provincia, creò grande sconcerto tra la popolazione, perché la Sicilia non conosceva da secoli la co-scrizione obbligatoria; le amministra-zioni locali incontrarono molte di#-coltà a de!nire gli elenchi dei coscritti e fu necessario, come nei casi Delia e di Sutera, ricorrere allo stato di assedio, proclamato anche per costringere al pagamento della fondiaria.Il consiglio civico nisseno (presidente Vincenzo Minichelli) aderì con grande entusiasmo alla rivoluzione e già nella seduta del 17 giugno proclamò l’annes-sione della città al regno d’Italia. Piazza Ferdinandea divenne piazza Giuseppe

Garibaldi “in segno di riconoscenza al liberatore della Sicilia”. Ma molti citta-dini ritennero che questa delibera, si-gni!cativa sul piano formale, non fosse su#ciente: sarebbe stato opportuno coinvolgere tutti i cittadini più rappre-sentativi in un pronunciamento così importante. Il consiglio civico (l’attuale consiglio comunale) venne invitato a deliberare nuovamente in forma più solenne, cosa che avvenne il 29 giugno 1860: “questa popolazione vuole an-nettersi al regno costituzionale sotto lo scettro del magnanimo Vittorio Ema-nuele secondo re d’Italia”.La deliberazione venne letta nella piaz-

za principale e sottoscritta, in presenza di un notaio, da 1064 cittadini tra i più “cospicui” della città. Una lapide, oggi non più esistente, venne collocata cin-quant’anni dopo, il 29 giugno 1910, sulla facciata dell’attuale camera di commercio prospiciente la piazza, per ricordare che Caltanissetta, “mentre ardua ferveva la lotta fra la tirannide e le falangi liberatrici, inso"erente d’in-dugi, precorreva i plebisciti a"erman-do per voto di popolo la sua unione alla madre Italia”.Non sapevano gli animosi patrioti nis-seni, in quel 29 giugno 1860,

che così facendo, non rende-vano un buon servigio a Ga-ribaldi, che non voleva che l’annessione fosse procla-mata da subito, ma rite-neva che sarebbe stato più opportuno pro-nunciarsi dopo la conquista di Roma. Ma i fatti andarono diversamente: pressa-to dagli emissari del governo piemontese, il prodittatore Mordini indisse il plebiscito per il 21 Ottobre 1860: a Calta-nissetta si tenne presso il collegio gesuitico, che quattro giorni prima lo stesso Mor-dini aveva assegnato al co-mune di Caltanissetta per-

ché l’utilizzasse per attività destinate alla pubblica istruzione; ma quel plebiscito ebbe un signi!cato soltanto

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Il barone Francesco Morillo di Trabbonella, governatore

della provincia di Caltanissetta

Sopra la trascrizione di una parte del Libello !lo borbonico diffuso a Terranova (Gela) dopo il plebiscito di annessione

Campane, cavalli, muli e tela per la rivoluzione

LA STORIA. Da città fedelissima dei borboni a culla della ribellione contro il potere straniero

Stor

ia &

Cul

tura

di Antonio Vitellaro

“Popoli delle due Sicilie. L’ora sta per sonare. Ricordiamoci il valo-re dei nostri antichi padri e facciam vedere all’Europa, che lo steso sangue circola nelle nostre vene; dobbiam liberarci dal gioco pie-montese, che con diabolici inganni di Italia una, e di libertà ci ha spogliati e messi sotto un gioco di schiavitù peggiore dei Musulma-ni, conculcata la Religione dei nostri padri, spogli i tempi del nostro Dio vivente, oppressione dei monasteri, imposte esorbitanti da non potersi eseguire la Regia saccheggiata unita ai nostri banchi, che più si aspetta? Che ci scannano? ...Terranova? Perchè non ti risolvi?”...

150°

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Marzo www.ilfattonisseno.it 23

Nel suo intervento, applauditissimo, durante la se-rata del festival di Sanremo de-dicata all’unità d’Italia, Roberto

Benigni parlò anche della bandiera tricolore italiana, a"ermando che Giuseppe Mazzini riteneva che i nostri tre colori (verde, bian-co, rosso) discendessero dal colore delle tre donne, che, nel XXIX canto del Purgatorio dantesco, partecipano alla mistica proces-sione della Chiesa.L’ipotesi è suggestiva, perché lega il simbo-lo della nostra unità nazionale alla !gura di Dante Alighieri, padre della nostra lingua e uno dei grandi padri della nostra patria.Leggiamo cosa dice Dante.Il canto XXIX del Purgatorio è il canto del-la mistica processione della Chiesa: sette candelabri luminosi lasciano dietro di sé altrettante strisce luminose, simili a pennel-late che recano in sé tutti i colori dell’arco-baleno. Sotto le strisce luminose procedono ventiquattro seniori, a due a due, coronati di gigli, che cantano le lodi di Maria.I sette candelabri rappresentano i sette doni dello Spirito Santo che si contrappongono ai sette vizi capitali. I ventiquattro seniori ricordano i ventiquattro libri dell’Antico Te-stamento.Passati i ventiquattro seniori, appaiono quattro animali, che rappresentano i quat-tro evangeli: quello di Matteo (uomo), quel-lo di Marco (leone), quello di Luca (vitello) e quello di Giovanni (aquila). In mezzo ai quattro animali avanza un carro trionfale su due ruote, tirato da un grifone. A destra del carro vengono, danzando in giro, tre don-ne, una rossa, una verde, una bianca, che ora sembrano guidate dalla bianca, ora dalla rossa, e regolano la loro danza sul canto di quest’ultima. A sinistra del carro procedono altre quattro donne, vestite di porpora e gui-date da una di loro che ha tre occhi in testa.Le tre donne rappresentano le virtù teolo-gali: la Carità (rossa più della !amma), la

Speranza (verde come lo smeral-do), la Fede (candida più della neve appena caduta). Le quat-tro donne ricordano le quat-tro virtù cardinali: Prudenza, Temperanza, Giustizia e For-

tezza.Dopo questa descrizione riesce

più facile comprendere il signi!cato dei do-dici versi che descrivono l’incedere danzan-do delle sette donne (versi 121-132):

Ipotesi suggestiva, dicevamo, quella di Maz-zini. Ma è più probabile che al grande pa-triota repubblicano, ammiratore e studioso di Dante, sia piaciuto accostare i tre colori nazionali alle tre !gure di donne che Dante ammira nel loro vivido splendore quando, guidato da Matelda, cammina lungo la riva sinistra del !ume Leté.In realtà, i tre colori della nostra ban-diera hanno un’origine meno presti-giosa, ma legata a vicende storiche ben documentate. Il verde, il bian-co e il rosso del tricolore derivano dai tre colori della bandiera francese (azzurro, bianco, rosso), con la di"e-renza che il verde ha sostitui-to l’az-zurro.E’ sto-

ricamente documentato che il tricolore ita-liano fu u#cialmente adottato per la prima volta durante il congresso di Reggio Emilia del 1796-97, che proclamò la Repubblica cispadana: tale adozione durò soltanto dal 7 gennaio al 19 maggio 1797. L’11 maggio 1798 la Repubblica cisalpina (nata dalla fusione della Repubblica cispadana e della Repubblica transpadana) rendeva u#ciale la bandiera che era stata usata in precedenza senza formalità: un semplice tricolore verti-

cale verde-bianco-rosso quale oggi è la ban-diera nazionale.Tutto ciò avvenne nel periodo delle invasio-ni napoleoniche in Italia. Dopo la caduta di Napoleone, il tricolore cadde in disuso. Ri-tornò in auge nel 1848 e nel 1859-60, quan-do gli italiani lottarono per l’indipendenza e la libertà della patria e riconob-bero nel tri- colore l’uni-co simbolo della loro unità.

A. V.

formale, perché i nisseni la decisione solenne l’avevano presa già alcuni mesi prima. Tutta la provincia di Cal-tanissetta partecipò concretamente alle spese di guerra, attenendosi alle disposizioni emanate dal governo dittatoriale in materia: ogni mille abi-tanti dovevano fornire un cavallo e sessanta canne di tela per confezio-nare camicie e sottopantaloni per i militari; i grossi comuni potevano sostituire un quarto dei cavalli con la fornitura di muli; tutti i comuni, in linea di massima, onorarono l’impe-gno, come si evince dalla tabella pub-blicata qui a !anco, alcuni pagando in natura e altri con il corrispondente prezzo in ducati. Il 19 giugno da Pa-lermo partì l’ordine di consegnare tutte le campane delle chiese, eccetto una per ogni chiesa per il servizio re-ligioso e quelle “di storica remini-scenza, quelle, cioè, che avessero un particolare signi!cato dal punto di vista della memoria storica. Sutera ne consegnò quattro, Mussomeli cin-que, nessuna i piccoli comuni; non sappiamo quante ne consegnò Calta-

nissetta, sappiamo però che una ne consegnò il Collegio di

Maria; quando ne chiese la restituzione nel maggio

del 1861, il luogotenente rispose che le campa-

ne non potevano essere restituite

perché erano state fuse.

Tre donne in giro dalla destra rota, Venían danzando; l’una tanto rossa,Ch’a pena fora dentro al fuoco nota;

L’altr’era come se le carni e l’ossaFossero state di smeraldo fatte:

La terza parea neve testè mossa;Ed or parevan dalla bianca tratte,

Or dalla rossa; e dal canto di questaL’altre toglíen l’andare e tarde e ratte.Dalla sinistra quattro facean festa,In porpore vestite, dietro al modo

D’una di lor ch’avea tre occhi in testa”.

UNITA’ D’ITALIA. Benigni riconduce la scelta della bandiera alla Divina commedia. Ipotesi veritiera?

L’ origine del Tricoloreda Dante alla Francia

In realtài coloriderivanodalle tinte del vessillofrancese

Tutti i comuni, in linea di massima, onorarono

l’impegno, chi in natura e chi pagando il corrispon-

dente prezzo in ducati.

CALTANISSETTA

abitanti

abitanti

17.820

9.046

13 cavalli

7 cavalli

4 muli

2 muli

1.020 canne di tela

540 canne di tela

SAN CATALDO

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Caltanissetta la Città degli even-ti. Brutte notizie per i disfatti-

sti, per gli avvezzi al vizio tutto nisseno del classico giudizio a priori del tipo “ a Caltanissetta non si fa nulla e bla bla bla”; tut-to il contrario visto che

da qualche mese si assiste ad una inversione di ten-denza. Tutto parte da una struttura, il Palacarelli, che dopo anni di oblio è dive-nuto (!nalmente) un pa-lasport fruibile alle società sportive, agli eventi ed alla cittadinanza. Così il Pa-lasport G. Carelli diviene

appetibile agli imprendi-tori locali che investendo del danaro decidono di organizzare i grandi eventi proprio nel capoluogo nis-seno. Eventi di prim’ordine se si considera che poco dopo Natale, Caltanissetta ha ospitato i Modà, band giovane, che si è ritrovata seconda al recente Festival di San Remo, che ha attira-to al Palacarelli oltre 4.500 persone con un riscontro logistico ed organizzativo di grande livello. Il riusci-tissimo concerto è stato organizzato da Massimo Pastorello. Un “battesimo” fortunato per la struttura che ospiterà tra qualche giorno, il 17 di Marzo, un altro grande evento, questa v o l t a organizzato

dal l’a l-t r o

s t o -r i c o

operatore di spettacoli nisseno Tony Maganuco, che ha deciso di portare a Caltanissetta una delle colonne portanti della musica italiana ovve-ro i Pooh con lo spettaco-lo “Dove Comincia il Sole Tour” (prodotto e organiz-zato da Franco Cusolito per Cose di Musica) che vedrà sul palco una forma-zione composta da Roby Facchinetti alle tastiere, Dodi Battaglia alla chitar-ra, Red Canzian al basso, Danilo Ballo alle seconde tastiere e Ludovico Vagno-ne alla seconda chitarra. a cui si aggiungono Steve Ferrone alla batteria, mu-sicista di rilievo del pano-rama internazionale, nato in Inghilterra ma america-

no di adozione, che ha suonato con grandi artisti come Eric Clapton, Whitney Houston, i Duran Duran e tantissimi altri.Dove Comincia il Sole, il nuovo di-sco di inediti dei POOH uscito nei negozi il 12 ottobre, è subito entrato al primo posto della classi!ca dei dischi indipendenti e al se-

con-do dei dischi più

venduti della settimana (Music Charts G" Retail And Technology). I Pooh ritengono questo uno dei migliori album di tutta la loro lunga carriera. Le

nuove canzoni hanno una buona resa dal vivo ma, inevitabilmente, il pubbli-co si accende quando vie-ne proposto il primo dei tanti cavalli di battaglia di una carriera inimitabile, “Canterò per te”. Quello è il momento in cui ci si rende conto di quanto i Pooh, il loro suono, il loro impasto vocale, facciano parte della storia di chiunque o alme-no di chiunque abbia avuto negli ultimi quarant’anni un minimo rapporto con l’ascolto della radio. Il co-sto del biglietto: 57,00 Euro per la Poltronissima, 42,00 per la Tribuna e 32,00 per la gradinata. Unica nota stonata, il vezzo tutto nis-seno della ricerca dei bi-glietti gratuiti.

Torna la grande musicaI Pooh al “Palacarelli”

Il Palasport G.Carelli è struttura (!nal-mente) fruibile grazie all’attuale Amministrazione Provinciale, un palazzetto poco conosciuto alla cittadinanza che transitava in Via Rochester e che vedeva del manufatto le sole mura esterne, non immaginando

nemmeno cosa vi fosse al suo interno. Oggi invece il Palacarelli è aperto ai “grandi eventi”, una de!-nizione impensabile sino a qualche tempo fa, una inversione di tendenza che rende il capoluogo nisseno !nalmente ap-petibile agli importanti circuiti di spettacoli, da sempre in Sicilia a totale monopolio di Palermo, Catania ed Acireale, con gli operatori che adesso chiedono anche Caltanis-setta. Tra gli eventi che la struttura ha ospitato, due edizioni di Zelig, la Partita di Pallacanestro della Na-zionale Magistrati contro le stelle della televisione, ed ancora il concerto dei Modà del 26 Dicembre scorso.“Questa struttura non ha nulla da invidiare al Palasharp di Milano”- ha dichiarato il cantante dei Modà. Del Palacarelli si è parlato anche alla re-cente Bit di Milano, dato che nel mese di Maggio ospiterà le !nali nazionali Under 19 di Pallacanestro femminile. Intanto tutto è pronto per il concer-to dei Pooh, altro evento dai grandi numeri per una struttura che sebbene concepita oltre un ven-tennio fa, costituisce per gli operatori dello spetta-colo, motivo di business e conseguente crescita per la città.

Il costodel singolobigliettovaria da 32 !no a57 euro.

di Marco Benanti

CONCERTI. Dopo i Modà è il momento della storica band.Facchinetti & Co. il 17 marzo davanti al pubblico nisseno

Il “Carelli”,il palasport

dei grandi eventi

Fatti & Spettacoli

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Marzo www.ilfattonisseno.it 25

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Ci sono sport e luoghi di aggregazione che go-dono meno dei favori delle cronache ma che

per valore sociale e pedagogi-co rappresentano forse un vero miracolo. È la storia dei piccoli nisseni, schermidori in erba, che tre volte a settimana si ritrova-no ad allenarsi in un luogo di cui la grande maggioranza dei

nisseni non conosce nemmeno l’esistenza. Esiste infatti da anni a Caltanissetta un movimento sportivo che dedica tempo e pas-sione alla scherma, si tratta del Gruppo Schermistico Nisseno presieduto dal maestro Arturo Torregrossa e che ha una sede ed un cospicuo numero di iscritti ed appassionati. Tra gli appassionati ci sono soprattutto i bambini, 26 i nisseni, che si allenano in una sala appositamente per loro alle-stita allo Stadio Comunale Mar-co Tomaselli. E di fatto quando si entra per la prima volta nella sala Scherma di Caltanissetta si scopre un mondo che quasi nemmeno lo si immagina, dato che il classico clichè degli sport praticati in città è sempre quello del calcio basket e via dicendo. Ed invece pedane d’alluminio, tute metalliche, maschere e !o-retti, e decine di bambini che ti-rano di spada come novelli D’Ar-tagnan! La scherma è uno sport individuale a cui ci si avvicina dai sette anni in su, ma che, dice il maestro Torregrossa “viene spesso messa da parte al compi-mento del diciottesimo anno di

età, quando cioè i ragazzi, dopo il diploma cambiano città per con-tinuare gli studi”. La sede stessa del gruppo schermistico nisseno è una scommessa vinta del ter-ritorio, “ricordo quando anni fa l’allora Assessore Camelo Milaz-zo- dice Torregrossa- mi diede le chiavi di questa sala, e noi quasi non ci credevamo, fu una azione di grande animo dato che nessu-no prima di allora ci aveva mai considerati”. La scherma o la si ama sin da subito o non inte-

ressa, i bambini reclutati già alle elementari, capiscono subito se appassionarsi o meno a tale disci-plina”. A proposito di disciplina, facendo scherma se ne apprende eccome, i ragazzi oltre ad allena-re il !sico imparano a stare bene insieme con gli altri, a rispettare

le regole, gli avver-sari ed a con-frontarsi con se stessi. “Quando arrivano da noi, spesso non sanno nem-meno allacciarsi le scarpe- continua Torregrossa- io e l’insegnante Maria Rosaria Valenti, li rendiamo auto-nomi e responsabili, quando i genito-ri ci dicono che il loro !glio va male a s c u o l a , lo pren- diamo, ne parlia- m o , e gli dicia- mo di sospender- l o dalle lezio- n i per due settimane, morale il n o -stro piccolo atleta riprende a stu-diare pur di non perdere la voglia di somigliare ai propri idoli, tra i quali !gura ovviamente Aldo Montano”. A dire il vero, pochi riescono ad arrivare ad alti livel-li, anche se il sogno è di tutti, so-

prat-tutto dei genitori, che devono però piegarsi poi

al fatto che i loro !gli

abbiano deciso

d i a p -p a s s i o -narsi ad uno sport povero, dove non è sem-plice reperire degli sponsor. A distinguersi in questo periodo la piccola Livia Tornabene di 13 anni, già seconda al campionato regio-nale di Fioretto Femminile Un-der 14. “Sono i genitori gli unici veri sostenitori di questo sport e di questi ragazzi e noi ne siamo orgogliosi” conclude il maestro Arturo Torregrossa.

Alcuni giovani schermitori del Gruppo Schermistico Nisseno

I ragazzi oltread allenareil !sicoimparanoa stare benecon gli altri

di Marco Benanti

Da anni esisteun movimentoschermisticoche contaun cospicuo numero di iscritti.Soprattuttobambini

L’ insegnante di schermaMaria Rosaria Valenti con

Arturo Torregrossa

Le stoccate dei baby spadaccini

Il Fatto dei piccoli

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Ogni comune apparte-nente al nisseno con-serva un fascino, una storia, tradizioni uni-

che ed irripetibili. Il paese di Som-matino è fra questi. Le sue origini rimangono tutt’oggi incerte e va-ghe, tanto che è quasi impossibile dare notizie a!dabili circa le prime origini del centro. Pare che un atto notarile stilato nel lontano 1406 at-testi come già nella seconda metà del 1200 esistesse il“Casale di Som-matino”, appartenuto "no al 1456 alla nobile famiglia palermitana dei Tagliavia. La cittadina apparve per la prima volta nelle cronache nel censimento del 1583. Il paese passò di mano in mano prima dai Taglia-via come detto pocanzi, poi ai Del Porto e in"ne ai principi di Trabia,

i Lanza, proprietari della omonima miniera. Benché il paese abbia co-minciato a svilupparsi intorno al 1500, la con"gurazione urbana è tipicamente tardo-medievale, con la presenza di numerose stradine strette e tortuose che di tanto in tanto si aprono in piccole piazze e di numerose scalinate che si arram-picano verso il più antico insedia-mento. La storia di Sommatino e dei suoi abitanti è comunque strettamente correlata all’attività mineraria, tanto da poterla rileg-gere visitando gli impianti ormai abbandonati. Sommatino infatti deve gran parte della sua storia alle zolfare presenti nel proprio terri-torio ed in particolare alla minie-ra “Trabia-Tallarita, straordinario esempio di archeologia industriale, rappresentata in tutte le comples-

se fasi dell’evoluzione dell’attività estrattiva: dalla “calcarella” al “cal-carone”, dal “forno Gill” all’impian-to di “#ottazione”. L’estrazione dello zolfo accrebbe lo sviluppo econo-mico del paese dando un futuro alle tante famiglie locali. Il prezzo da pagare fu però comparabile ai bene"ci che la minierà apporto alla comunità. Un prezzo pagato attra-verso la so$erenza e la fatica im-mane degli uomini e dei “carusi” che vi lavorarono e che trascorsero parte della loro esistenza conoscen-do solo il buio delle grotte anguste. Alessandro Ferrara nominato dalla Regione Siciliana, Soprintendente di Ragusa è un estimato conosci-tore della miniera: “Grazie ad un

intervento progettato dalla Soprin-tendenza di Caltanissetta, con fon-di del POR Sicilia 2000-2006 per un importo di circa 5.500.000,00 euro l’unica grande struttura re-cuperata è stata l’ex Centrale Elet-trica “Palladio”. Il riutilizzo del sito trasformato oggiAggiungi un appuntamento per oggi in un per-corso storico senza eguali, fruibile al visitatore attraverso una mostra fotogra"ca permanente, che narra della vita e dell’evoluzione della sto-ria mineraria, una sala conferenze, una sala didattica ed un ampio spa-zio destinato a mostre temporanee, descrive la storia dello zolfo in Sici-lia. Una storia, che non riuscì mai a liberarsi dalle condizioni disumane con cui si lavorava in miniera”.Il museo delle solfare Trabia-Tallarita

A sinistra i motori “Tosi” della ex centrale elettrica Palladio, gli stes-si identici che si trovavano anche a bordo del Titanic e del Britannic, usati in coppia come gruppo di con-tinuità per la corrente elettrica.

di Erika Diliberto

Fatti & Dintorni

Sommatino, il paese delle zolfareLA GITA. La storia del paese è fortemente legata all’attività mineraria La miniera

“Trabia-Tallarita”è uno straordinario

esempio di archeologia industriale,

rappresentata in tutte le complesse fasi

dell’attività estrattiva.

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Marzo www.ilfattonisseno.it 29

Santa Barbara, una de-vozione senza "neLa “piaetas popolare” del comunesommati-

nese non può che essere lega-ta indissolubilmente a Santa Barbara, protettrice dei mi-natori. La ricorrenza di Santa Barbara patrona indiscussa della città di Sommatino ha luogo con la solenne proces-sione della Santa per le vie del paese il 4 dicembre, precedu-ta da una messa solenne in onore della Patrona Somma-tinese. La storia di Sommati-no strettamente correlata alle miniere di zolfo presenti nel territorio e alle migliaia di uomini che vi

lavorarono è costellata pur-troppo di avvenimenti triste-mente venuti alla ribalta per la loro crudezza. Le tragiche vicende dei minatori del po-sto tutt’oggi riempiono le pa-gine dei siti internet nonché di svariate opere letterarie. La loro storia testimonia la voglia di riscatto di intere ge-nerazioni che hanno so$er-to, sognato e desiderato un futuro migliore e prospero per i propri "gli. I minatori sommatinesi furono uomini profondamente religiosi e la loro religiosità scaturì essen-z i a lmente

dai numerosi pericoli a cui andavano incontro quoti-dianamente e in ogni istante della loro giornata lavorativa. Nei momenti di emergenza, quest’ultimi non "nivano mai di invocare la Madonna oltre naturalmente a San-ta Barbara, loro protettrice. Dell’antica festa in onore della Santa oggiAggiungi un appuntamento per oggi re-sta solo la celebrazione della Messa solenne e molte delle tradizioni del passato si sono perse nel vuoto so$ocate probabilmente da una so-cietà in continua evoluzione indi$erente sempre più spes-so alle memorie di chi ci ha preceduto. Francesco Curto, Presidente del Comitato di Santa Barbara ci raccon-ta della festa in onore della patrona sommatinese: “In passato questo giorno così solenne per noi, veniva cele-brato di solito nella seconda domenica di Maggio ed era curato dalla Confraternita di Santa Barbara, ma, col pas-sare del tempo, la festa ven-ne spostata al 4 Dicembre. In quel giorno i minatori erano esentati dal lavoro. La statua, dalla chiesa Madrice, veniva portata in miniera. Seguivano le funzioni religiose; poi musiche, fuochi d’arti"cio, luminarie e giochi tradiziona-li. Caratteristica la “pigliata di la ‘ntin-na” che consisteva nell’arrampicarsi su di un palo in-saponato, in cima al quale erano ap-pesi cibi e pacchi

sorpresa. Il simu-lacro veniva portato in pro-

cessione a spalla dai minatori in tenuta da lavoro e con le loro lampade di sicurezza accese in mano. Alla vigilia della festa, ai “Vespri” che si cantavano in onore della Santa, non mancava mai ne-anche un solo sommatinese. Alla vigilia di Santa Barbara, come anche dell’Immaco-lata che cade l’8 dello stesso mese, i ragazzi raccoglievano sterpi e fascine per alimenta-re li”vampi” tipici falò accesi per le strade.” Nonostante molte delle antiche tradizioni si siano nel tempo, i somma-tinesi continuano ad essere profondamente legati alla loro Patrona e ad essa dedi-cano ed a!diamo il futuro della loro cittadina . E. D.

Alla patrona del paese, festeggiata ogni anno il 4 dicembre, le richieste d’aiuto dei minatori, specialmente dei più piccoli.

REPORTAGE.

Chi ha l’opportuni-tà di recarsi in visita nel Comune nisseno di Sommatino non può che rimanere a$ascinato dalla bel-lezza indiscussa del-la Torre Civica, con annesso orologio in stile Liberty risalente ai primi del ‘900, sita nelle vicinanze del palazzo del Principe di Trabia. Ricostruita sulle rovine di un’an-

tica torre di avvistamento, proprio al centro della va-sta Contea, la costruzione è visibile da quasi tutto il territorio che si estende tra i "umi Salso e Gibbe-si. L’edi"cio, nonostante oggiAggiungi un appun-tamento per oggi risulta essere danneggiato dal tempo e dall’incuria degli uomini conserva comun-que una sua solennità. La parte centrale della torre è sormontata da un sopra-elevazione che richiama vagamente la forma di un tempio e al centro di detta sopraelevazione è possi-bile notare un fregio cir-colare che probabilmente sosteneva lo stemma di famiglia. Sotto l’architra-ve, "nemente scolpito, si

intravedono tutt’oggiAg-giungi un appuntamento per oggi i resti dipinti di un motivo ornamentale. Alcune parti dell’edi"cio come le entrate laterali sono oggiAggiungi un ap-puntamento per oggi state sostituite da funzionali ma poco estetiche saracine-sche moderne. L’ingresso centrale fortunatamente conserva comunque la pri-mitiva architettura con un vecchio portone in legno. Stefano Carmina, esperto conoscitore del funzio-namento dell’orologio, ne elogia il macchinario par-landoci delle sue compo-nenti: “L’orologio, ancora oggi in ottime condizioni, è un orologio di tipo mec-canico. Al suo interno vi sono ben tre pesi e quattro quadranti. Ogni quindi-ci minuti il tempo veniva scandito dal rintocco delle campane che in passato ve-nivano udite da ogni parte del nostro paese. Il suo funzionamento, essendo uno strumento datato, è tutt’ora manuale. Conge-gni di tale precisione e di tale pregio come l’orologio della Torre Civica, è di!ci-le per oggi poterne trovare altri con facilità”. E. D.

La Torre civica,dove l’Orologiosegna i l tempo

Torre civica. A sinistra Santa Barbara, patrona di Sommatino

FOTO

Sci

angu

la

S. Barbara, protettrice dei carusi

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In tema di anniversario dell’Unità d’Italia si fa una gran parlare di unità, cercando i personaggi che potrebbero avallarne la natura viene scomodato anche Garibaldi.La vera storia di Garibaldi è molto controversa, nessuno ha scritto quella vera, indiscutibile, ma anche fantasio-sa, come merita l’eroe dei due mondi !Ora ci provo !Un bel giorno Garibaldi si recò al por-to di Genova, radunò alcuni portuali e li arringò proponendo una crociera nel Mediterraneo, con sosta a Marsa-la ed escursione turistica a Palermo.

I portuali si mostrarono interessati, visto che si trattava di una crociera gratis, vitto e alloggio compreso, ma non erano abbastanza soddisfatti della proposta, che ritenevano limitata.Intanto Cavour aveva mandato in avanscoperta Rosolino Pilo.Per esaltare la proposta di Garibaldi intervenne il suo aiutante di campo che la storia tramanderà come Cetto Laqualunque (la madre dei Cetto La-qualunque è sempre incinta !); questi suggerì l’escamotage a Garibaldi, il quale colse al volo l’idea e comunicò ai portuali: A Marsala troveremo pilo

!!! mentre Cetto Laqualunque scandiva Cchiù pilu ppe tutti !I portuali si esaltarono ed eccitatissi-mi si recarono alle imbarcazioni; era 7.500 e non fu possibile imbarcarli tutti, così ne vennero selezionati solo 1.000 tra i più muscolosi e, apparente-mente, prestanti.La navigazione fu piuttosto nervosa, ma in!ne apparve Marsala con il suo porto. I portuali di Genova scesero dalle navi ma furono bloccati nello spiazzale, dove era stato approntato un palco per un comizio; si pensò a informazioni di metodo, invece si pre-sentò un ometto tarchiato, gocciolan-te sudore, che esordì: Sono Rosolino Pilo . Non potè andare avanti perché i portuali capirono subito di essere ca-duti in una trappola, e, incazzatissimi, si mossero verso l’uscita dal porto in cerca di Garibaldi. I soldati borbonici credettero che quella folla ce l’avesse con loro e scapparono a gambe levate.Garibaldi, pro!ttando del disordine, era già arrivato a Palermo, dove si precipitò a svaligiare il Banco di Si-cilia, sottraendo l’oro che ivi giaceva)farà lo stesso con il Banco di Napoli, e quell’oro costituisce, ancora oggiAg-giungi un appuntamento per oggi, i 4/5 delle riserve auree della Banca d’Italia.Visto che c’era, Garibaldi si autono-minò dittatore della Sicilia (Il vezzo di autonominarsi dittatori ha origine antiche !!!) e si apprestò a invadere tut-to il regno delle Due Sicilie, in nome e per conto della dinastia dei Savoia , dopo il fallito tentativo nel 1713: Vittorio Amedeo di Savoia e la mo-glie, Anna d’Orleans, sbarcarono a Pa-lermo il 10 ottobre 1713 per prendere possesso del regno di Sicilia, e l’inco-ronazione del nuovo re avvenne il 24 dicembre nella cattedrale di Palermo con una solenne cerimonia, ultimo retaggio della fastosità del cerimoniale spagnolo. Il papa, rivendicando i suoi diritti sul trono di Sicilia, che era feudo della Santa Sede, non riconobbe l’in-

vestitura di Vittorio Amedeo e sorse un’ accesa polemica tra i sostenitori del privilegio papale e quelli della pa-trimonialità del titolo di re di Sicilia, mentre rimaneva del tutto in ombra l’aspetto ben più signi!cativo e legitti-mo dell’indipendenza politica dell’iso-la. (da Rosario Amico Roxas, Storia della Sicilia dalle origini all’autonomia (1948), ed., Paruzzo, Caltanissetta 2002, pag. 90,91)L’ abolizione della Legazia Apostolica, di cui la Sicilia godeva dai tempi dei Normanni (circa 600 anni) e di cui andava orgogliosa, esasperò i Siciliani, distogliendoli dalla fedeltà al nuovo regime e avvicinandoli alla Chiesa. Con l’interdetto i sudditi erano sciolti dall’obbligo di fedeltà al re e, mentre molti ecclesiastici s!davano aperta-mente il re, l’esercizio del culto si fer-mò quasi del tutto.Vittorio Amedeo alla !ne del 1714 lasciò la Sicilia per governarla attra-verso un consiglio speciale con sede a Torino, mentre nell’isola rimase come vicerè il conte Annibale Ma"ei.(ib. Pag.91,92)Vennero gettate le basi per la nascita di una nazione, che diventerà Stato dopo la seconda guerra mondiale e dopo l’infausta esperienza fascista, quando si dette una delle più avanzate Costituzioni del mondo. Nacque una nazione, si formò uno Stato, ma anco-ra aspettiamo che, !nalmente, possa elevarsi a Patria.

Rosario Amico Roxas

Si è conclusa brillantemente la prima fase del progetto “Segni e di..segni” organizzato dall’Associazione Cultura-le 7/ottavi. Nato da un’idea originale di Michele Albano ed Ernesto Cerrito con la collaborazione di Alessandro Valenti in arte Alvalenti il progetto si pone come obietti-vo l’educazione all’immagine ed alla creatività dei ragazzi di tutte le quinte elementari di Caltanissetta. Il percorso formativo prende spunto dal disegno umoristico, disci-plina esercitata dall’artista Alvalenti che dopo la presenza a Zelig e Disney Channel approda in prima nazionale nelle aule scolastiche.Durante gli oltre quindici incontri i ragazzi nisseni han-no potuto sviluppare, oltre alle loro capacità tecniche le-gate al disegno, la straordinaria forza del guardare “altro ed oltre” come a"ermato da Alvalenti e dalla sua collabo-ratrice l’ottima attrice catanese Eliana Esposito. Da sotto-lineare l’entusiasmo di ragazzi ed insegnanti che hanno accompagnato ogni lezione-esibizione con espressioni di stupore ed applausi.“Segni e di..segni è il primo passo verso una meta ambi-ziosa – a"erma Michele Albano, presidente dell’Associa-zione 7/ottavi – aiutare i nostri !gli a sviluppare la fan-tasia liberando così tutte quelle risorse che possiedono e che spesso nascondono. E’ un esercizio a non vedere le cose solamente per ciò che sembrano essere ma piut-tosto allargare i propri orizzonti verso un’ulteriore realtà possibile.”“Progetti di questo tipo e livello dovrebbero essere incen-tivati e ad essi dovrebbe venir concessa una priorità as-soluta” a"erma una delle dirigenti dei sei circoli didattici che, con queste parole, sottolinea la validità e gradimento dell’iniziativa, peraltro patrocinata dal Comune di Calta-nissetta. Nelle fasi successive i ragazzi verranno invitati a realizzare delle vignette che parteciperanno al 1° Con-corso “Segni e di…segni”. Il progetto si concluderà con una manifestazione !nale.

Michele Albano

La vera storiadi Garibaldi

Cartoon in classe

Riceviamo & pubblichiamo

Giuseppe Garibaldi

Cetto Laqualunque

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Marzo www.ilfattonisseno.it 31

Il postino che suona sempre due volte, ri-mane un mero clichè cinematogra!co ad uso e consumo dei nostalgici che uden-do un campanello suonare due volte con

breve salto di memoria, rievocano la classica !gura del postino dietro la porta. La delusione è invece quella che a suonare il campanello con certa insistenza è quasi sempre il vicino di casa o la suocera brontolona, dato che a suonare due volte per consegnare un pacco, i postini di oggi non ci pensano nemmeno. Il postino una volta suonava sempre due volte, ora a malape-na arriva a una. E se va di fretta può succedere che, invece di suonare per consegnare la racco-mandata, lasci direttamente la cartolina gialla nella buca della posta. Dando così l’incomben-za al destinatario di andare in missione all’u#-cio postale per il ritiro. A Caltanissetta avviene proprio così, una volta giunti alla Posta di Via Leone XIII si prende il numeretto (quando fun-ziona) ci si mette in !la e si aspetta: dai dieci ai trenta minuti per poi scoprire che per pacchi e raccomandate occorre uscire all’esterno ed en-trare da un cancello dove un po’ nascosto è sta-to allestito uno sportello secondario, dove due operatori sono addetti alla consegna dei pacchi o delle raccomandate, ovviamente dopo che il cittadino ha pagato altri euro per la giacenza. “E’ una vergogna- dichiara un noto commer-ciante nisseno dinanzi lo sportello- mia moglie

ieri era in casa, ed il postino ha lasciato l’avviso come se non avesse trovato nessuno, peccato che mia moglie non si è allontanata da casa, e quindi le ipotesi son due, o mia moglie mente o il postino non fa bene il suo lavoro, io pre-ferisco pensare alla seconda ipotesi! Scherzi a parte ho intanto perso un’ora per ritirare un pacco grande quanto un libro che il postino poteva benissimo lasciarmi a casa”. Ma quali sono le motivazio-ni di tale di"uso costume delle Poste Italiane? Un primo motivo potrebbe es-sere quello di minimizzare i tempi del lavoro, nel senso che il postino così facendo in più occasioni !nisca prima, mentre il secondo motivo potrebbe esse-re quello di far pagare al ritiro della stessa. Si perché se si ritira la racco-mandata dopo 5 giorni, si paga una tassa di giacenza e quindi magari po-trebbe capitare che la cartolina rimanga nella buca delle lettere sul fondo e non la si veda subito, il tutto a pieno giovamento delle casse delle Poste. Se la Raccomandata viene invece consegnata a mano il meccani-smo (perverso!) ha meno probabilità di acca-dere e si andrebbe in posta subito senza paga-re nulla. Tutta colpa del poco personale, dopo

il ridimensionamento seguito all’accordo siglato dai sinda-

cati con Poste Italiane per allontanare seimila esuberi. Altro risultato? Bollette e multe possono arrivare già

scadute, con il destinatario che viene messo in mora.

Cari Tafano, proprio nei giorni scorsi, recandomi al mio consueto bar di !du-cia dove trascorro la mag-gior parte del mio tempo, in quanto disoccupato, ho notato questa nuova ini-ziativa editoriale “IL FAT-TO NISSENO”. Ne rimasi enormemente colpito in quanto “nisseno” ma, so-pratutto, in quanto “fatto”. Pensavo fosse una rivista di informazione rivolta a noi giovani fatti locali e

invece, ahimè, ho scoperto che si parla sempre dei fatti di Caltanissetta. Con im-menso a"atto.... scusate.... volevo dire a"etto.

Michele

Caro Michele, il nostro mensile parla proprio di Caltanissetta in quanto città dei fatti. Infatti, ci sono po-che parole e molti fatti. Tutti conoscono ormai questo fatto! Infatti i fatti nascono proprio dalla politica locale.

I politici (da destra a sini-stra, passando per il centro) sono ormai così fatti che non capiscono il dato di fat-to... e cioè che stiamo fat-tivamente sprofondando in un mare fatto di popò. Quindi, per sopravvivere in città servono più fatti.... non parole! Scusa il gioco di parole che abbiamo fat-to.Anzi, ti sveliamo un segreto; se provi a fumare le nostre pagine ti apparirà tutto più

chiaro e se sei proprio for-tunato ti apparirà pure San Michele!

ocus & lettori [email protected]

PAROLA AI CITTADINI. Vanno di fretta costringendo gli utenti al ritiro dei pacchi all’u#cio postale

Lettere ai Tafano

Il postino non suona più due volte

Fai la tua domanda ai tafano!

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A Caltanissetta siamo proprio in pista

F

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Page 39: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Che !ne fanno le Vare del-la Settimana Santa nel resto dell’anno? Noi

de “Il Fatto Nisseno” lo ab-biamo scoperto e la risposta

non è per nulla grati!cante: diventano facili prede dei piccioni. Il deposito ospita-to in una sala della chiesa di San Pio X, tutto l’anno è abbandonato al suo destino, e con esso i gruppi statuari

che in tutta Italia ci invidia-no. Nel servizio all’interno, attraverso alcune foto esclu-sive, è possibile notare le Vare sporcate dai piccioni. Tuttto per colpa di una !-nestra aperta. La Provincia

ha intanto deciso di inter-venire, in modo da rendere il deposito fruibile. E buone notizie arrivano sul proget-to del Museo delle Vare.

Anno I Num. 2

Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimento

www.ilfattonisseno.itscrivi alla redazione: [email protected]

Rosalba Panviniscontenta per ilsuo nuovo incarico

Si accendono i ri!ettori sul challenger

SPORT SPETTACOLIL’ INTERVISTA

Il 17 Marzoarrivano i Pooh al Palacarelli

a pagina 12 servizio a pagina 21 a pagina 24

Sardo alle pagine 10 e 11

ECONOMIA

Tutti d’accordo:La legalità porta sviluppo

Vitellaro alle pagine 22 e 23

STORIA & CULTURA

Unità, la cittàtra i borbonie Garibaldi

Marzo

FREE PRESS

I servizi alle pagine 8 e 9

di R. Li Vecchi di M. Benanti

VERGOGNAServizi alle pagine 8 e 9

Le vare

danno le spalle

Ingrassia alle pagine 18 e 19

VIABILITA’ E SICUREZZA

I nisseni“bocciati” dalla Stradale

ISSN

: 203

9/70

70

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I dati sulla disoccupazio-ne parlano chiaro e parla-no pure più pesantemen-

te quelli che riguardano la disoccupazione gio-vanile. A fronte di una emergenza che ho porta-to ad un esodo massiccio di maestranze la politica annaspa, si mantiene in bilico giocando su vec-chi e ormai inconsueti slogan politici per giu-sti!care quella che è una vera e propria mancanza di idee, di iniziative con-crete a sostegno di una vera e propria azione di sviluppo in favore delle imprese. La manifesta-zione di sabato prossi-mo, del 12 marzo 20011 indetta dai sindacati e dal tavolo unico di regia

per lo Sviluppo e Legalità suona come un campa-nello di speranza per le

residue opportunità che ci rimangano e suona an-che come una campana a morto per denunciare lo stato di degrado e di ine"cienza di una classe politica rissaiola inca-pace di prevedere e pro-grammare un minimo futuro. Una classe politi-ca rissaiola alla provincia ed al comune dove an-che l’estremo tentativo di eleggere il presidente del

consiglio comunale dopo due mesi dalle dimissio-ne presentate dall’ex pre-sidente Giuseppe Territo è risultato impervio. Pro-prio al Comune dove da mesi sono ferme nume-rose richieste e proposte di delibere che riguar-dano l’approvazione di piani di lottizzazioni per la realizzazione di alloggi da parte delle coopera-tiva edilizie. Si tratta di richieste per decine di edi!ci che tradotti in nu-mero signi!cherebbero

investimenti per diver-se migliaia di euro con l’avvio al lavoro di mae-stranze tradizionalmente legati al settore delle co-struzioni; lavoratori edi-li, falegnami, idraulici, imbianchini. Un consi-glio comunale che stenta anche a programmare da anni il risanamento dei vecchi quartieri cittadi-ni. Alla provincia si ridu-cono gli investimenti nel settore dell’edilizia sco-lastica e anche in quello della solidarietà sociale. Crescono invece le pre-senze e le spettanze eco-nomiche di consiglieri, provinciali e comunali, in attività di commis-sioni che rappresentano soltanto il paravento per nascondere il vuoto della politica.

Marzowww.ilfattonisseno.it2

Le alchimie della politica litigiosa

bloccano il futuro

L’IMPASSE. Afronte della crisi si gioca su slogan vecchi e senza idee

Direzione EditorialeMichele Spena

[email protected]

Direttore ResponsabileRosamaria Li Vecchi

[email protected]

Collaborazioni:Marco BenantiErika Diliberto

Salvatore FalzoneLeda Ingrassia

Salvatore MingoiaMartina NigrelliAlberto Sardo

Gianbattista TonaJonny e Tony Tafano

Antonio Vitellaro

Michele Spena

ImpaginazioneClaudia Di Dino

Redazione Viale della Regione, 6

[email protected]

Tel/Fax: 0934 - 594864info pubblicità: 333/2933026

di Salvatore Mingoia“Che bel Paese, verde, spo-polato, sereno e miserabile!” Sono le parole con cui Ippo-lito Nievo, u"ciale giunto in Sicilia con la spedizione garibaldina, si congedò nel 1861 dall’Isola. In quelle parole si può leggere l’atteg-giamento “settentrionalista” che da sempre accompagna la faticosa rincorsa della Si-cilia (che non è più verde ma di certo è rimasta mise-rabile) e del Meridione nei confronti delle regioni più ricche, rincorsa inutile in as-senza di una vera volontà di riunire un Paese: colpevole mancanza di tutti i governi, vecchia di centocinquant’an-ni, che ha creato una doloro-sa deriva del sentimento di appartenenza ad una patria e ad una bandiera. Ma oggi l’Italia è una sola, nata dal sogno e dal sangue, non può essere divisa e deve essere solidale (perché il denaro non compra tutto). E non se la prendano gli amici leghi-sti: la Storia è già stata scrit-ta e non la potranno certo cambiare né i riti da tetralo-gia wagneriana o"ciati sulle rive del Po né altri riti meno pittoreschi o"ciati nei pa-lazzi del potere.L’Unità d’Italia, dunque, come nuova ripartenza per liberarsi dalla rassegnazio-ne, dall’apatia, per aprire le porte ad una solidarietà che oggi deve guardare anche fuori dai con!ni nazionali,

ai nostri vicini più prossi-mi che fuggono da guerra e fame: perché tocca anche a noi siciliani, a noi nisse-ni il compito di difendere il tricolore e l’unità nazio-nale e la grandezza della nostra Patria, l’Italia, senza

battaglie questa volta ma solo assumendoci le nostre responsabilità: servire lo Stato, combattere con forza la ma!a, educare i nostri !-gli a credere in qualcosa e a combattere per ottenerlo, ad accettare le scon!tte, ad ac-cogliere e rispettare sempre l’altro, anche quando parla un’altra lingua, onora un al-tro Dio. Perché si possa dire “Viva l’Italia!”. Ed allora, che unità sia, unità vera: senza discriminazioni, e tutti con le carte in regola.

L’Unità d’Italiao giù di lì

— di Rosamaria Li Vecchi —

L’ editoriale

Ippolito Nievo

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Filippo Siciliano, avvocato galantuomo

Marzo www.ilfattonisseno.it 3

Di siciliano aveva solo il nome, o quasi. Voce pacata, dizione in-contaminata, modi

delicati, gestualità controllata, signorile distacco. Tutte conse-guenze, forse, degli anni trascorsi in Piemonte, dove la sua famiglia

si era trasferita quando lui aveva quattro anni e dove si era laureato superando gli esami per l’esercizio professionale. E invece era un siciliano vero, Filippo Siciliano. Dell’entroterra: !glio di un calzolaio di Pietraper-zia specializzato nella lavorazione

delle scarpe per chi aveva i piedi deformi. La Sicilia l’aveva impa-rata a conoscere da bambino pro-prio da suo padre, che gli parlava sempre dell’isola e dei luoghi e dei personaggi del paese natale. “Sono tornato in Sicilia all’età di ventisei anni – raccontava - e mi sono trasferito a Caltanissetta, che si è rivelata subito una città accoglien-te, una seconda famiglia sociale per me”. Nel capoluogo nisseno,

dove ha vissuto !no all’ultimo, frequentò lo studio legale di

Giuseppe Alessi, al qua-le fu legato da un

rapporto di pa-rentela, stima e amicizia: per diversi anni il primo pre-sidente della regione andò a trascorre-re il mese d ’a g o s t o nella villa a lberata del suo al lievo.

Quando sentì parlare per la pri-ma volta il fondatore della Dc, in udienza, il giovane Siciliano rima-se così colpito che pensò: mi con-viene passare al civile. Del lavoro di penalista aveva un’idea alta: “forma la persona a tal punto da identi!carsi con la persona stessa. La professione dell’avvocato è tipica in tal senso – diceva - poiché con il cliente si instaura un rapporto unico ed esclusivo. L’avvocato ha davan-ti a sé la vita del suo assistito ed è consapevole che dall’esito del processo dipenderà la sentenza di condanna o di assoluzione. Ma in ogni caso, il nostro, è un lavoro che aiuta a comprendere l’impor-tanza della persona.” Una foto conservava gelosamente: quella che lo ritrae, con la barba, ai tempi della Resistenza: “fu una delle esperienze più interessanti della mia vita. Facevo parte di un battaglione di fanteria e l’8 settem-bre 1943 mi trovavo in caserma, ad Asti. Saputa la notizia dell’ar-mistizio, scappai anch’io, come tutti, e mi rifugiai in un paesino al di là del !ume Tanaro”. Lì, insie-me ad altri giovani, formarono un gruppo partigiano che lui stesso comandò !no all’arrivo degli alle-ati: “un’avventura che ha inculca-to in me il principio secondo cui la forza morale, che preesiste alla legge, deve assistere sempre il cit-

tadino in ogni sua scelta.” Il riferi-mento al principio morale era una costante nel discorso dell’avvoca-to, un principio che ribadiva an-che quando parlava del fenomeno ma!a: “ho imparato a conoscerla in Sicilia, dal momento che prima ne avevo soltanto sentito parlare. Ho !n da principio espresso un giudizio estremamente negativo su di essa e l’ho confermato mag-giormente in relazione alla nuova ma!a. Perché la ma!a è cambia-ta. E a di"erenza della nuova, la vecchia ma!a, pur calpestando i medesimi diritti, si rifaceva a cer-ti principi. Principi che certo non trovavano applicazione ma che costituivano in qualche modo un limite, oggi totalmente scompar-so. La vecchia ma!a non avreb-be ucciso Falcone e Borsellino. Comunque devo dire che la città di Caltanissetta (non certo la pro-vincia) è stata interessata dal feno-meno in maniera limitata”. Nel 1996 accettò di candidarsi alle regionali. Se ne pentì subito dopo: “Io non ho fatto politica, ho fatto errori in politica; nel senso di ac-cogliere delle richieste che avrei dovuto valutare diversamente”. La verità è che non era fatto per la campagna elettorale, per i suoi ritmi, per i suoi compromessi. Era un galantuomo, l’avvocato Sicilia-no. E per i galantuomini, in politi-ca, c’è poco spazio.

IL RICORDO. Pochi giorni fa la scomparsa del noto legale. Una vita passata tra il Piemonte e la sua amata Sicilia

di Salvatore Falzone

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Era vestita tutta di nero e copriva il capo con il velo Felicia Bartolotta quan-do si recò a Palermo per

costituirsi parte civile alla prima udienza del processo a carico dei ma!osi di Cinisi accusati di avere ucciso suo !glio, Peppino Impasta-to. Sembrava una di quelle !gure oleogra!ca, la donna della tradizio-

ne, legata alle usanze più ataviche e arretrate della sua terra; quasi un bozzetto di quella Sicilia irredimi-bile e rassegnata, che tanto comodo fa a chi non ha voglia di sporcarsi le mani e la lascia com’è.Felicia era nata a Cinisi nel 1915; at-traversò due guerre mondiali senza spostarsi dal suo paese, dove vide un’altra guerra: quella dei ma!osi

che si ammazzavano tra loro.Nel suo dialetto li chiamava “gli abusivi”, quelli che facevano le pre-potenze. E quando parlava dei ma-!osi conosciuti da ragazzina, dice-va che erano “come questi di ora” e che “la ma!a ha sempre rotto le scatole ai cristiani”.Nel 1947 sposò per amore Luigi

Impastato, un “uomo d’onore”, cognato

di un impor-tante capo-ma!a del pa-

ese Cesare

Manzella. Imparentatasi con gli “abusivi”, restò se stessa. Non stava con Luigi perchè era “uomo d’ono-re” e nemmeno lo temeva. Quando scoprì che l’aveva tradita con un’al-tra donna non esitò un momento a cacciarlo di casa e a restare sola con un !glio piccolo. Si riconciliò con il marito perchè fu convinta da suo fratello e perchè preferì mantenere

unita la famiglia. “Però”, diceva, “il sangue restò sporco, lo stomaco re-stò malato”.Giuseppe era il primogenito e

quando cominciò a crescere, nella casa di Felicia iniziò l’inferno.Peppino era “sangue pazzo”; si rese conto che viveva in mezzo alla ma-!a ma si rese pure conto di cos’era la ma!a. In realtà non avrebbe do-vuto essere particolarmente di"ci-le per nessuno: come lui tutti ave-vano visto le azioni più sanguinarie dei ma!osi, !no all’autobomba che fece saltare in aria il boss Cesare Manzella, che era anche suo zio.Eppure non era facile pensare, dire, opporsi alla ma!a a Cinisi. Peppino non poteva farlo nelle case, nelle sedi delle istituzioni lo-cali, nelle chiese o negli oratori, perchè lì di ma!a nessuno voleva parlare. L’unica strada era fare il ri-voluzionario, il comunista, il mili-tante di estrema sinistra. E il padre non poteva sopportarlo. A un certo punto gli fece una concessione, ma gli chiese una contropartita: “Fai il comunista, però non rompere l’anima con la ma!a”. Peppino non ubbidì e andò a vivere da una zia. Ma Felicia lo faceva tornare di na-scosto.Una volta mentre il marito stava

mandando via Peppino urlando per strada, Felicia lo aggredì, lo a#errò per la camicia !no a stac-cargli tutti i bottoni e lo rimpro-verò: “Trasi intra e non ti mittiri a abbanniari cu tò !gghiu”. Quando glielo assassinarono quel !glio, Fe-licia, che già era vedova, ruppe ogni rapporto con i suoi parenti ma!osi; disse loro che vendette non ne vo-leva e chiese giustizia allo Stato. Si battè senza stancarsi mai con i suoi capelli bianchi e con lo scialle nero, parlando in dialetto o in un incerto italiano, rimanendo legata al suo ambiente e stando in una casa di paese. E ha vinto la sua battaglia. Ha dimostrato che si può resistere, anche quando la ma!a è tutto at-

torno e persino dentro di noi. Lo ha fatto da donna siciliana d’altri tempi, permeata di quella stessa

cultura che si dice essere l’humus della mentalità ma!osa. Lo ha fat-to rischiando, so#rendo: non a chiacchiere. Ha compiuto una ri-voluzione che al !glio non avevano consentito di fare: mostrare una Si-cilia che sa di potere essere simile alla ma!a ma che riesce a cacciarla fuori di casa sua.

E’ morta nel suo letto nel 2004: nessuno ebbe il coraggio di farle del male.

Si battèsenza stancarsirimanendo legataal suo ambiente“

Fatti & Racconti

Felicia Bartolotta

Sopra Peppino Impastato

in tenera età.

A sinistra Luigi Impastato,

uomo d’onore, cognato del capoma!a

Cesare Manzella

Cinisi

Felicia, donna coraggiosa che ha cacciato la ma!a da dentro la sua casa Dopo l’assassinio del !glio,

ruppe i rapporti con i parentichiedendo giustizia allo Stato.

Ha vinto la sua battaglia.di Giovanbattista Tona

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Aveva 26 anni Stefano Al-lam quando ha deciso di lasciare Al Sharkia, il suo paese natale, alle porte del Cairo, per sfuggire a quel-la che ancora oggi chiama una “dittatura ambigua”, il regime appena caduto di

Hosni Mubarak, che die-tro le apparenze moderate ha governato con manipo-lazioni e censure l’Egitto per oltre quarant’anni. “Ho scelto l’Italia – dice Allam – perché cercavo la liber-tà e per continuare a stu-

diare. Nel mio Paese non c’era la possibilità di dire la propria opinione, con un regime che ha sempre ma-nipolato tutto per interessi personali, incrementando il turismo non perché que-sto potesse portare vantag-gi e ricchezza al popolo ma solo per un vantaggio per-sonale di Mubarak, della sua famiglia, dei suoi alle-ati”.Stefano Allam (che era da musulmano Allam-Aiman) ha cinquant’anni ed oggi è di fede cattolica, vive a Caltanissetta da cinque anni, è sposato ed è il mediatore culturale che collabora con don Ales-sandro Giambra al centro “Madre Speranza”. Ma tut-ta la sua famiglia, i genitori (l’anziana madre è morta recentemente senza che lui potesse darle l’ultimo salu-to), i fratelli, le sorelle, vi-vono in Egitto, dove è tor-nata qualche mese fa anche la moglie Maria (anche lei egiziana) per partorire, ri-masta ora bloccata al Cai-ro insieme alla !glioletta Stella e per questo Stefano Allam prega tutti i giorni

a"nché moglie e !glia, che si trovano adesso presso la famiglia della donna, pos-sano presto raggiungerlo a Caltanissetta, dove Allam ha una casa e un lavoro. “Non c’era nessun proble-ma per il rientro della mo-glie di Stefano – dice don Alessandro Giambra – ma per la bambina, che è nata là, c’è qualche di"coltà in più. Stiamo accelerando i tempi per il ricongiungi-mento familiare ma non è facile dopo quello che è successo in Egitto”.“Sono in Italia da tanti anni ma mi manca la mia terra – ammette Allam – ma in questo momento sento più forte la mancan-za di mia !glia e di mia moglie e quando loro sa-ranno qui sarà diverso”. E parla della sua Stella come di un dono di Dio, illumi-nandosi in volto, e raccon-tando della forza che lo anima e che lo ha condotto a collaborare con i centri di accoglienza per stranie-ri esistenti nel capoluogo nisseno. Ma parla anche dei genitori, commercian-ti ad Al Sharkia, e dei suoi

fratelli e delle sue so-relle, che non hanno mai condiviso quel-la scelta di lasciare la propria terra, accettando piutto-sto il regime (“perché sono stati obbligati in qualche modo a farlo: avevano dei !gli, una casa, dove andare dunque?”).“Con Mubarak – dice an-cora Allam – il popolo non stava bene, c’era un forte di-

vario tra chi era molto ric-co e chi invece non poteva mangiare o era costretto a fare tre, quattro lavori solo per sopravvivere. Le rivolte in Egitto, in Tunisia, in Li-bia sono un chiaro segnale che i popoli vogliono liber-tà ma non è chiara la po-sizione che prenderanno i Fratelli Musulmani, se sta-

ran-no al governo o all’opposizione, e c’è pure una grande crisi economi-ca. Speriamo che in Egitto ci sia un dopo-Mubarak in cui !nalmente il popolo possa essere libero, anche se ci vorrà del tempo per ricostruire dopo un regime così lungo”.Gli egiziani in fuga giunti in queste settimane in Si-cilia non sono tanti quanti i profughi che sono giunti dalla Tunisia e che giun-gono quotidianamente dai Paesi centroafricani, con-ferma Allam, e racconta delle violenze che molti profughi, specialmente se di religione cristiana, han-no subito quando veniva-no catturati dall’esercito libico di Ghedda! mentre tentavano di raggiunge-re le coste per imbarcarsi per Lampedusa, la porta dell’Europa e della speran-za per sfuggire alla guerra, alla miseria e alle violenze.

Le rivoltein quei Paesi sono il segno che i popoli vogliono la libertà

Fatti lontanivisti da vicino

di Rosamaria Li Vecchi

Stefano Allam

Via dall’Egitto a vent’anni per dire no a Mubarak

STEFANO ALLAM. In Italia da venticinque anni , ma i suoi famigliari sono rimasti in Africa

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Appro!tto di questo spa-zio, o"ertomi dalla di-rezione del giornale, che ringrazio molto della

disponibilità, per fare alcune ri#es-sioni, per o"rire alcuni spunti e per lanciare un appello alla città e ai miei concittadini.Caltanissetta, ahinoi, si atte-sta fra le ultime città italiane nella classi!ca annuale che ogni anno elabora il Sole 24 Ore sulla vivibilità e su altri parametri, sopravvive da anni in un pericoloso quanto sconfortante torpore

e oggi ha bisogno di essere sveglia-ta. Una città senza intraprendenza e con una bassa educazione civica. Che non signi!ca inciviltà. Una città che appare come rassegnata

e la rassegnazione, che è un sentimento

negativo e preoc-cupante, non mi appartiene. Questo senso di rassegnazione

che imperversa a Caltanissetta è disarmante, i gio-

vani aspirano ad andare via

da qua, coscienti delle di$coltà che incontrano nel loro futuro di vita e professionale. Sta diventando una città per vecchi e noi lo dobbiamo impedire. Si dice che il futuro sta nei giovani, non sono d’accordo. A mio avviso, i giovani sono il presente e possono essere un ottimo stimolo per dare la sveglia a noi adulti. La rivoluzione culturale deve partire dal basso e soltanto i giovani posso-no dare la stura per il cambiamen-to. Dobbiamo aiutarli a cambiare. Per noi adulti e genitori è un dovere morale. Conosciamo le di$coltà e la crisi di"usa e sappiamo che su Caltanissetta incide molto piu’ che altrove.Da quando sono Sindaco centina-ia di persone non fanno altro che chiedere posti di lavoro, nessuno si rende conto che un Sindaco lavori

da o"rire, piuttosto può pro-muovere lo sviluppo del suo ter-

ritorio e delle attività produttive. Tutti aspirano a diventare dipen-denti pubblici: sia chiaro, non ce lo possiamo piu’ permettere, perché i trasferimenti statali e regionali agli enti locali sono stati tagliati ed è !-

nito il tempo delle vacche grasse e dell’assistenzialismo a pioggia. Sono quattro i punti nodali: giova-ni, nuova cultura, nuove imprese, solidarietà sociale.Chiedo allora un intervento co-mune alle forze imprenditoriali sane nissene, siciliane in genere, agli imprenditori del Nord e a quanti desiderano avviare un’at-tività imprenditoriale, capace di dare posti di lavoro. Sarò in prima !la per trovare nel nostro territorio luoghi adatti ad impiantare nuove aziende. Coloro che hanno voglia di collaborare sappiano che trove-ranno sempre spalancate le porte di Palazzo del Carmine. Abbiamo bisogno di lavoro sano e onesto, di sviluppo all’insegna del desiderio di agire positivamente e in modo costruttivo nel segno della legali-tà, quella reale e non quella che si ferma nelle parole. Servono nuove attività artigianali e commerciali, meno paninerie e pizzerie. Ritengo che un primo sostegno potrebbe essere dato mettendo a disposizio-ne alcune somme da destinare in parte a fondo perduto ed in parte da restituire in modo da rimpinguare sempre quelle somme che servono a sostenere le nuove imprese. Bisogna guardare al sociale: sono pronto a sedermi attorno a un ta-volo assieme ai rappresentanti delle altre istituzioni e della Chiesa per valutare tutti assieme cosa possia-mo fare per dare una mano ai no-stri giovani e a chi ha davvero bi-

sogno, non a chi strumentalmente poggia sui bisogni delle persone le basi per ampliare il proprio bacino elettorale.

Vorrei svegliare le coscienze dei miei concittadini. Sono d’accordo con il nostro Vescovo per mettere a punto un “Patto Sociale”, per com-prendere tutti assieme cosa possia-mo fare concretamente per dare una mano ai piu’ deboli, per supe-rare l’egoismo, per lavorare assieme alla costruzione del bene comune e di una nuova comunità evitando i mali endemici che ci fanno restare sempre al palo come la superbia, l’invidia, il se non faccio io, non fai nemmeno tu.Il sogno di uno resta un sogno, ma se in tanti sogniamo una stessa cosa allora il sogno di tanti può diventare realtà. Io non sono a caccia di voti. Il mio sogno è quello di cambiare Caltanissetta, di lasciare un segno tangibile, ci sto provando con entu-siasmo, spendendo ogni giorno tut-te le mie energie, ma è necessario il contributo di tutti voi. Caltanissetta svegliati!

“CALTANISSETTA SVEGLIATI!”L’APPELLO. Pubblichiamo la lettera del sindaco, inviata al nostro giornale, attraverso la quale sprona la città

di Michele Campisi

Secondo ilprimo cittadino

la comunitàha bisogno

di essere svegliatae chiede

un Patto socialeper dare

una mano ai più deboli.... Lo dico alla città

Sia chiaroè !nitoil tempodelle vacchegrasse

Chiedoun interventoalle forzesane capaci didare lavoro

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Uno scempio. Solo così può de!nir-si quello che

abbiamo visto dando un’occhiata a queste foto. Provate a commentare voi, magari anche tro-vando altre parole più adeguate, la situazione di un patrimonio artisti-co di storica importanza come le vare, alcune addirittura risalenti alla seconda metà dell’800, abbandonate così. In ba-lia della polvere e degli escrementi di qualche colomba, entrata festo-sa durante i suoi viaggi quotidiani all’interno

dei luoghi dove le sta-tue sono parcheggiate nel corso dell’anno. Tut-ta colpa della colomba diremmo noi, e invece no. Tutta colpa di chi ha lasciato, anche dopo la nostra segnalazione, aperta per tanto, troppo tempo, una !nestra. Una delle tante dei locali sot-tostanti la chiesa di San Pio X dove le “signore”

della settimana santa di Caltanissetta vengo-no depositate durante i dodici mesi dell’anno per poi essere nuova-mente al centro dei di-scorsi e delle attenzioni cittadine al massimo un paio di mesi prima della Pasqua. Momen-to quest’ultimo in cui si comincia a discutere dell’entità dei !nanzia-menti che gli enti locali daranno alle varie mani-festazioni, del program-ma della settimana, dei fuochi d’arti!cio, ecc… . In occasione, poi, della festa religiosa che cele-bra la passione, morte

e resurrezione di Gesù, per fare la nostra bella !gura dinanzi ai vi-sitatori prove-

nienti dagli altri paesi, siamo tutti preoccupati solo di impupare le sta-tue, quasi a non sbaglia-

re nel mettere l’orchidea giusta al posto giusto, senza sapere e senza curarci di come hanno vissuto, in realtà, nel resto dell’anno quelle opere storico-artistiche, indifese pure dinanzi alla naturale evacuazio-ne dei volatili. Chissà se gli addobbi che vediamo non servano anche a co-prire qualche segno del-la trascuratezza. Sostan-zialmente, poi, passata la Pasqua, sulle statue dei grandi gruppi sacri cala l’oblìo. Forse non si comprende neanche che conservare in questo modo le statue signi!ca che, in pratica, !nito il turno di restauro a cui periodicamente vengo-no sottoposte, le prime vare restaurate sono già in condizioni pietose e

b i s o g n a subito r i c o -m i n -

ciare da capo. Dopo-tutto, occorre ricordare che queste opere così importanti sono anche molto delicate, dato che sono fatte di gesso o cartapesta e non di chissà quale materia-le super-resistente. Da una vita si pensa alla

realizzazione di un museo che possa

ospitare dignito-samente queste

opere così antiche e preziose, pro-teggendole, e che, peraltro, potreb-

be rappresentare pure un’ occasione

di business e turismo per la città: ma da una

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di Leda Ingrassia

Le vare lasciate all’incuriae all’assalto delle colombe

Sopra evidenziato il varco dal quale sono entrati i piccioni. A !anco il particolare della vara “Ecce homo” danneggiata dal guano.

IL CASO. Quando si spengono le luci della Settimana Santa, le statue vengono “depositate” senza alcuna cura a San Pio X

Gli escrementi dei piccioni sono in grado di corrodere la pietra poiché contengono acido fosforico, ammo-niaca ossalati e acido urico. Le feci appena emesse non hanno azione corrosiva, perché occorre lo svilup-po di microrganismi produttori di acidi, di solito mu"e che crescono sulle feci e conferiscono alle deie-zioni il caratteristico colore bianca-stro, il quale si forma nell’arco alcu-ne ore. In determinate condizioni, difatti, la sostanza organica evacua-ta dai piccioni da inizio ad un pro-cesso riproduttivo a catena con altri microbi che a loro volta possono diventare elementi distruttori dei materiali con cui vanno a contatto. Basti pensare ché la grande quantità di acidi contenuti dagli escrementi recano danni a pietra o !nanche a strutture metalliche.

Gli effetti del guano dei colombi

A causa di una !nestra lasciata aperta i piccioni hanno provocatouno scempio

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vita si tratta solo di parole e non di fatti. Chissà cosa ne penserebbe di questa situazione l’artista napole-tano, Francesco Biangardi, il papà delle vare, pro-prio nell’anno del centenario dalla sua mor-te, avvenuta per l’appunto a Caltanissetta. Chissà se lui avesse mai im-maginato che le sue creature potessero mai essere abban-donate a loro stesse e siste-mate, magari di tutta fret-ta, nel corso dell’anno non appena, e solo se, arriva l’ospite illustre di turno a cui farle vedere. Si tratta di ri#essioni che sorgono spontanee dato che si par-la tanto di tutela dei beni e del patrimonio artistico-culturale e poi non si fa nulla, o meglio, si fa poco, per curare una delle poche cose di valore che questa città possiede e che, ap-pena ne parliamo fuori Caltanissetta, ci da tan-to orgoglio come citta-dini nisseni.

“L’idea della nostra ammi-nistrazione – dice Fabia-no Lomonaco, assessore

provinciale al turismo e spettacolo - è di sfrutta-re quello che in questo momento funge da de-posito, ovvero i locali della chiesa di san Pio X, migliorando que-sti ambienti e ren-dendoli fruibili alla cittadinanza”. Im-portante idea legata

anche all’aspetto eco-

nomico. “La nostra ipotesi – continua l’assessore – è legata anche al fatto che

l’amministrazione pro-vinciale paga sedici mila euro l’anno per l’a$tto della struttura più i soldi necessari per l’assicura-zione delle vare”. Pensare di rendere fruibile i locali della chiesa di san Pio X signi!ca però anche orga-nizzare le risorse umane da impiegare per fornire il servizio alla collettività. “Per fare questo – a"erma Fabiano Lomonaco – si potrebbe pensare pure ad un protocollo d’intesa con la Soprintendenza ai beni culturali e ambientali e la Proloco per poter garanti-re ad esempio la turnazio-ne di personale quali!cato e competente che funga magri da guida per i visi-tatori”. L’idea dell’ammi-nistrazione necessita però di una serie di valutazioni tecniche. “Alla luce di que-sto progetto – dice l’asses-sore provinciale al turismo e spettacolo – gli ambienti

sottostanti la chiesa sono al vaglio dei tecnici, inca-ricati di veri!care la fatti-bilità dell’iniziativa. Non appena ci rendiamo conto che tutto è apposto apri-remo i locali al pubblico. I tempi però non sono ancora de!niti. Cerchere-mo comunque di dar vita ad una realtà organizza-ta il prima possibile per dare un’immagine anche all’esterno della nostra cit-tà, in attesa dell’apertura di un museo ad hoc come quello previsto dal proget-to della Soprintendenza”. Il progetto della Provincia Regionale di Caltanisset-ta nasce dalla ri#essione sull’importanza artistica e storica delle vare. “E’ si-curamente un peccato in-fatti – continua l’assessore Lomonaco – tenere beni artistici così importanti inutilizzati e non visitabili. Certo, quei locali fungo-no anche da luogo dove

si fanno le operazioni di restauro per conto della Soprintendenza e non è facile tenere le vare perfet-

tamente protette da agenti di varia natura”. Non è la prima volta poi, nel corso della storia, che si mette a rischio la salute delle sta-tue. “Solo per citare l’ul-timo accadimento – con-clude Fabiano Lomonaco – l’anno scorso dei vandali, tirando delle pietre, hanno rotto i vetri di alcune !ne-stre senza, fortunatamente però, colpire nessun grup-po sacro”.

L. I.

Dalla Soprintendenza ai beni cultu-rali e ambientali di Caltanissetta fan-no sapere di essere al lavoro per dar vita al tanto atteso museo delle vare: circa 759 mq. “Attualmente – dice l’architetto Cris Nucera, responsa-bile dell’unità operativa per i beni storico-artistici-iconogra!ci della Soprintendenza nissena – abbiamo in corso uno stralcio di progetto che stiamo realizzando. Si tratta di un contributo pari a circa 258 mila euro, rivolto al museo interdiscipli-nare di Caltanissetta previsto pres-so l’ex palestra Gil, per l’acquisto e

la realizzazione di attrezzature espositive, didattiche e tecnologiche”. La Soprintendenza, poi, lavora ac-canto anche al Genio Civile e al suo progetto. “Per dare riposte alla città – continua l’architetto Nucera – alla Curia e a tutti i detentori delle vare, stiamo continuando l’intervento di circa 100 mila euro del Genio Civile, volto, tra l’altro, anche alla sistemazio-ne del portone d’ingresso dell’ex Gil, dove allocare le statue sacre”. Alla base di tutte le iniziative c’è il rico-noscimento dell’importanza storico-artistica delle vare. “Ritengo che i locali dove sono attualmente sistemate le vare – a"erma Cris Nucera – non siano un luogo idoneo per salvaguardare e rendere fru-ibile queste importanti opere, che rappresentano un bene comune”. Atteso anche l’arrivo di !nanzia-

menti europei. “Abbiamo inoltrato – conclude Nu-cera – in concomitanza del To.Fesr. 2007-2013 una scheda descrittiva dell’iniziativa insieme al progetto esecutivo per cercare di ottenere dei fondi europei pari a circa 442 mila euro. Se riuscissimo ad avere questo !nanziamento realizzeremo un museo che dovrà sicuramente essere funzionale anche se es-senziale, almeno all’inizio, per quanto riguarda le attrezzature”.

L.I.

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“Renderò fruibilie San Pio X”

Il museo diventera realtàL’ ex palestra Gil sede del futuro museo

L’architettoCris Nucera

Vorremmosfruttareil depositoe renderlofruibileai cittadini

E’un peccatotenere beniartisticisenzavisibilità

L’ IDEA. L’assessore Fabiano Lomonaco preannuncia i piani della Giunta provinciale

L’ OBIETTIVO. Cris Nucera illustra gli sforzi della Soprintendenza

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Nel suo intervento all’inaugu-razione dell’anno giudiziario del Distretto di Caltanissetta, il Procuratore Generale presso

la Corte d’Appello, Roberto Scarpinato, aveva proposto la sua analisi socio eco-nomica del fenomeno ma!oso e dei suoi antidoti, identi!cati oltreché nell’azione repressiva di magistratura e forze dell’or-dine, “nell’azione di chirurgia ricostrutti-va” della classe imprenditoriale e sindaca-le votata ad un nuovo corso di antima!a. Scarpinato ha partecipato ai lavori del

tavolo unico di regia, tenutosi presso la camera di commercio ribadendo il con-cetto. “Questa provincia è un luogo che si presenta come laboratorio sociale inte-ressante perchè c’è una magistratura che da una parte ha fatto bene il suo lavoro di chirurgia demolitiva disarticolando alcuni gangli ma!osi e sistemi crimina-

li ma, ed è questa la novità, in provincia di Caltanissetta la società civile in alcune componenti principali come la classe de-gli imprenditori e i sindacati sta cercando di fare un lavoro sociale di chirurgia ri-costruttiva estremamente importante per creare quella occupazione alternativa a quella o"erta dalla ma!a che è essenzia-le perchè la cultura della lotta alla ma!a si faccia diritto vivente. In questo quadro mi pare che l’idea di costruire una zona franca per la legalità e lo sviluppo vada senz’altro promossa, perchè si tratterebbe di creare alcuni vantaggi competitivi che è possibile creare grazie a questa azione preventiva che c’è stata, che potrebbero attivare degli investimenti in questa zona creando un circuito virtuoso che potrebbe sottrarre Caltanissetta ad un destino che, aldilà della lotta alla ma!a, potrebbe esse-re di declino economico”.Lo Stato sarà capace di questo slancio ap-

provando norme che istituiscano questo strumento?“Io credo che la storia di questo pae-se dimostri che in alcune circostanze drammatiche ed eccezionali il paese si è salvato grazie all’azione di alcune mino-ranze virtuose piuttosto che lo Stato. Il Risorgimento lo hanno fatto alcune mi-noranze, la resistenza l’hanno fatta alcune minoranze, la costituzione l’hanno fatta alcune minoranze. In questo momento a Caltanissetta il destino vuole che ci siano alcune minoranze virtuose che possono, agendo in sinergia con uomini dello Stato, all’interno dello Stato, creare le condizioni per la fuoriuscita da una situazione che al-trimenti sarebbe di#cile”. Il Procuratore Generale ha parlato a !an-co del presidente di Con!ndustria Cal-tanissetta, Antonello Montante, delegato nazionale per i rapporti con le istituioni preposte al controllo del territorio. “Biso-gna fare una sorta di marketing territoria-le – ha aggiunto Montante - e promuovere

il territorio al paese ma non solo, anche al mondo perchè oggi con la globalizza-zione dei mercati vede protagonisti alcuni imprenditori virtuosi e questa provincia ne sta generando per cui ci sono impren-ditori che rappresentano l’economia sana del paese. Ci sono imprese d’eccellenza e

questi devono essere da esempio per at-tirare altri colleghi a livello nazionale e internazionale”. Nel corso della riunione del Tavolo, Montante ha analizzato la so-stenibilità e la competitività del sistema economico delle aree interne della Sici-lia alla luce della Zona Franca. Spesso, è il ragionamento del presidente degli in-dustriali, alcuni grandi gruppi imprendi-toriali hanno investito nei paesi dell’Est europeo senza però trovare servizi e un know how adeguato mentre nei nostri territori sono presenti competenze, una cultura industriale e produttiva ed un alto tasso di scolarizzazione.

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IL DIBATTITO. L’imprenditore e il procuratore generale concordano nelle soluzioni per lo sviluppo

Antonello Montante

Roberto Scarpinato

Scarpinato e Montante in sintonia:la legalità porta gli investimenti

di Alberto Sardo

Scarpinato:La zona francacreerebbeun circuito virtuosoper Caltanissetta

Montante:E’ necessarioil marketingterritorialeper promuovereil Nisseno

“La Regione sosterrà Caltanissetta per la battaglia di legalità”. Cos’ si è espresso il governatore siciliano Ra"aele Lombardo. “Il governo della Regione siciliana sosterrà le iniziative del Tavolo unico di regia per lo sviluppo e la legalità di Caltanissetta,

orientato a creare una zona franca per at-trarre investimenti sul territorio, incenti-vare la crescita e rilanciare il tessuto socio economico della provincia”. Signi!cativo, in tal senso, che l’assessore regionale al bilancio, Gaetano Armao, abbia !rmato proprio a Caltanissetta la circolare attuati-va e la modulistica predisposta dagli u#ci dell’assessorato “con cui si attiva – ha det-to Armao - il credito d’imposta a sostegno delle imprese nel segno della legalità. Il 21 marzo giorno del click day, le imprese che puntano a crescere in Sicilia avranno a di-sposizione un importante strumento di so-

stegno agli investimenti”. Per Salvatore Pa-squaletto, segretario provinciale della UIL, una delle tre sigle sindacali organizzatrici della manifestazione del 12 marzo, si tratta di “una possibilità di sviluppo di cui la pro-vincia di Caltanissetta ha necessità indero-gabile. Siamo stanchi di assistere alla emi-grazione e ai disoccupati che non riescono a trovare un salario per mantenere le loro famiglie. Abbiamo approvato un docu-mento inedito in cui esplicitiamo cosa è la zona franca”. Per il sindacalista, presidente del tavolo unico per la legalità e lo svilup-po, “sono stati spesi migliaia di miliardi

per i patti territoriali ma le vere imprese che hanno saputo resistere al mercato non ci sono. Per cui l’occupazione che è venu-ta fuori dalla programmazione negoziata è un’occupazione disoccupata”. Adesso si tratta quindi di proteggere le risorse del POR 2007-2013 da “ imprenditori tru"al-dini che si buttano dove ci sono bene!ci. Creiamo un’area dove l’attività imprendito-riale viene controllata e rimanga in modo duraturo sul territorio. La manifestazione è un grido d’allarme ai governi regionale e nazionale per dire che siamo stanchi di aspettare un sviluppo che non arriva”.

PASQUALETTO. Il sindacalista parla del Tavolo unico di regia per lo sviluppo

“Stanchi di imprenditori tru!aldini e di uno sviluppo che non arriva”

Salvatore Pasqualetto

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La prima proposta di legge per l’istitu-zione della zona franca per la legalità e lo sviluppo in provincia di Caltanissetta che coinvolge i comuni limitro! delle provin-ce di Agrigento ed Enna, è nata nel corso della passata legislatura a cura del deputa-to Angelo Lomaglio. Onorevole la proposta di legge per la zona franca nasce per mettere a sistema l’esperienza nissena di una nuova con-certazione tra mondo del lavoro e im-presa all’insegna del binomio legalità e sviluppo.La proposta di legge nasce da un lavoro di concertazione con le forze sociali e im-prenditoriali e dall’esperienza del tavolo unico di regia con il quale le competenze

sul territorio si mettono insieme per guar-dare alle questioni cruciali come quelle in-frastrutturali, ferrovie, portualità a Gela e collegamenti stradali. Non v’è dubbio che l’elemento che scoraggia gli investimenti è la questione sicurezza, non il costo del lavoro ma la logistica, le questioni infra-strutturali e la sicurezza. Alla luce di que-sto ho presentato il disegno di legge che ha trovato continuità con il disegno ripro-posto in questa legislatura dal Senatore Lumia e con la legge regionale approvata dall’Assemblea Regionale Sicilia.In questa proposta il codice etico di Con"ndustria, con l’obbligo di denun-cia da parte dell’imprenditore che riceve richieste di pizzo, diventa legge.Si, gli imprenditori che investono nel ter-

ritorio sono tenuti alla collaborazione con le forze di polizia. Hanno garanzie di si-curezza con i protocolli che li impegnano però a denunciare ogni tentativo di in!l-trazione criminale. Credo che l’attualità sia sottolineata dal fatto che non parliamo genericamente di !scalità di vantaggio ma abbiamo posto con forza una logica di si-stema. Una parte delle aree interne della Sicilia crea una rete che ha forza contrat-tuale, sociale, economica e politica e si costruiscono opportunità di lavoro e di sviluppo. Da questo punto di vista Calta-nissetta ha un punto di forza con il mo-dello Caltanissetta legato all’esperienza di Con!ndustria e adesso anche delle altre organizzazioni dell’impresa e del lavoro. Caltanissetta si candida ad essere indivi-duata come territorio libero e franco dalla ma!a e per questo può accogliere nuove iniziative imprenditoriali. L’operazione avrebbe dei costi, lo Stato cosa avrebbe in cambio?Noi per anni abbiamo parlato di questio-ne settentrionale. Adesso è chiaro che se lo Stato e la UE vogliono investire nel mezzogiorno devono pensare a ipotesi di sviluppo in territori che possono esser più interes-santi di altri. Noi crediamo che in questo momento i ter-ritori delle aree interne sono quelli più attratti-vi di investimenti e risorse. Non a caso le organiz-zazioni sindacali fanno una mani-festazione a Cal-tanissetta e non

c’è dubbio che le parole di Scarpinato sia-no signi!cative, nell’accogliere come fatto positivo la presenza di una nuova classe imprenditoriale che diventa stimolo per realizzare una classe politica che accanto a magistratura e forze dell’ordine si dia un programma di sviluppo.Il disegno di legge prevede "scalità di vantaggio e credito d’imposta. Con-trolli delle prefetture e del ministero dell’interno e l’obbligo di denuncia.Il credito d’imposta è un meccanismo automatico e immediatamente utilizza-bile, senza lungaggini burocratiche. Sul costo del lavoro e sui contratti si può de-rogare ai contratti nazionali, sul salario e sull’orario di lavoro. Ma c’è un principio in questa legge che è il princi-pio della re s p on s a -b i l i t à . Gli attori l o c a l i dello svi-luppo h a n n o

una responsabilità di essere motori dello sviluppo nella legalità. In passato ci sono stati i tavolini di cavalieri del lavoro e im-prese con una forte presenza dei colletti bianchi che agivano per conto della ma!a

e le risorse non sono rimaste al sud.La politica a questo punto, quale ruolo deve avere?Questa è una s!da per le forze poli-tiche. Per molto tempo si è chiesto cosa la politica stia facendo, e anco-ra oggi nei dibattiti in parlamento c’è molta confusione su come si deve recuperare il gap nord-sud che, negli ultimi 15 anni come detto da Draghi, è aumentato. Qui ci sono le condizioni di uno sviluppo non assistito e il modello Caltanissetta forni-

sce questa opportunità.A. S.

LA PROPOSTA DI LEGGE. In Parlamento l’iter per istituire dei meccanismi automatici che favoriscono investimenti e lavoro grazie al nuovo corso degli imprenditori votato alla legalità

Angelo Lomaglio

Gli imprenditori che investonosono tenutialla collaborazionecon le forze dell’ordine

Una s"da per la politicaper uno svilupponon assistitodopo anni dicomitati d’a!ari

ZONA FRANCA Il “modello Caltanissetta” diventa sistema

Nel 2008 fu depositata dal deputato Angelo Lomagliola prima proposta di legge per l’istituzione della zona franca

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“La passione per l’archeologia ha segnato tutta la mia vita, è nata sui banchi di scuola e mi ha poi spin-to ad iscrivermi in lettere classiche all’università di Catania, dove mi sono laureata in archeologia con una tesi che riguardava il mondo indigeno della Sicilia centro-meri-dionale, che mi a!ascina perché ho sempre sentito un forte legame con questo territorio”.Appassionata, volitiva, forte, come le donne di Sicilia sanno essere, Ro-salba Panvini, direttore del museo interdisciplinare regionale di Calta-nissetta, già soprintendente ai Beni culturali, si racconta, tra l’emozione delle grandi campagne di scavo e il rapporto forte con la famiglia. Una vocazione coltivata "n da giovanis-sima, che ha portato ad una carrie-ra brillante (vinti due concorsi re-gionali per guidare soprintendenze, nominata membro del Deutsche Archaeologische Institut, oltre 200 pubblicazioni alle spalle e 13 anni di docenza universitaria) per ap-prodare in"ne alla direzione del museo interdisciplinare regionale di Caltanissetta, che include anche il circuito museale dei siti minerari, un incarico che sembra poco com-patibile con un pro"lo professiona-le di altissimo livello e indirizzato in un ambito ben preciso come quello della dirigente Panvini, incarico che ha sollevato un nugolo di polemi-che nell’intera comunità scienti"ca

nazionale, con attestati di solidarie-tà giunti a Rosalba Panvini da più parti (non ultimo l’editoriale a "rma di Piero Prunetti su Archeologia-Viva di dicembre 2010). “Ricopro oggi un ruolo che non condivido - c’è amarezza nella voce della dot-toressa Panvini – perché non vedo nessun legame tra musei archeo-logici e miniere, non comprendo le ragioni di questa scelta da parte della Regione, soprattutto a fron-te di un curriculum come il mio e dei risultati raggiunti in questi anni:

mai un demerito, solo traguardi e risultati, quelli indicati dall’asses-sorato regionale, raggiunti. E tanto prestigio per Caltanissetta”.Ma forse è stata la politica a giocare

un ruolo improprio in questa vi-cenda. “I riferimenti politici – dice la dottoressa Panvini – non erano contemplati nei requisiti da indi-care, era richiesto un curriculum e il mio non è da meno di quello di altri ma evidentemente non è sta-to tenuto in conto. E comunque la mia esperienza di vita non è connotata da legami politici di sorta, la mia porta, quando ero diri-

gente della Soprintendenza, è stata sempre aperta a tutti gli esponenti politici, di qualunque area essi fos-sero perché il mio impegno era ed è sempre stato quello di lavorare in-

sieme alle altre istituzioni al servizio della collettività”. Parole confermate da un centinaio di interventi nel recupero del settore architettonico e da cento e più campagne di scavi condotte (“mentre ora – sottolinea con ancor più grande amarezza – in questo ruolo che ricopro è fatto paradossalmente divieto di fare scavi archeologici”) ma anche dal-

la promozione di Caltanissetta nel mondo grazie all’organizzazione di mostre a Parigi in Francia (Lou-vre), a Kiel e Lubecca in Germania, a Cleveland e Tampa negli Usa, a Montecitorio "no alle importanti scoperte nella necropoli protosto-rica di Dessueri, vicino Mazzari-no, seconda per importanza solo a Pantalica, dove quasi un secolo dopo gli scavi di Paolo Orsi Rosal-ba Panvini, realizzando un sogno covato da studentessa, ha lavorato scoprendo anche il sito dell’abitato protostorico. E il rinvenimento dei relitti delle navi greche al largo delle coste di Gela e dell’emporio greco

della città del golfo, da dove sono venuti alla luce i tre altari "ttili, singolari per rarità ed importanza, presentati nella mostra di Monte-citorio del 2000, voluta dall’allora presidente della Camera Luciano Violante. Rosalba Panvini, già ap-prezzata docente alla Sorbona di Parigi e alla Federico II di Napoli, è oggi docente all’Università di Ca-tania (corso di laurea magistrale in archeologia, lezioni di metodologia di ricerca archeologica) e all’Uni-versità di Palermo (corso di laurea in architettura - piani"cazione ter-ritoriale urbanistica e ambientale, lezioni di topogra"a antica). Un impegno che ha comportato anche tanti sacri"ci. “Ho vissuto spesso lontano dalla mia famiglia di origi-ne, che sta a Catania – dice Panvi-ni – e ci sono poi state le scelte fa-ticose che fanno tutte le donne ma non ho ripianti, perché ho portato i miei "gli sempre con me, sugli sca-vi durante i periodi estivi: per loro

era un gioco,da piccoli, gironzolare tra carriole, terra, attrezzi. Poi sono cresciuti, cominciando a coltivare i loro interessi, e restavano a casa, ma io non ho mai tolto tempo ai miei ragazzi, tessendo piuttosto un dia-logo continuo con il quale ho co-municato loro la "ducia nei valori e l’amore per lo studio che mi sono stati trasmessi da mio padre, il "lo-logo romanzo Bruno Panvini”.

L’INTERVISTA. L’ ex soprintendente ai Beni culturali Rosalba Panvini si sfoga

Oggiricoproun ruolo che non condivido

Nessun legametra museiarcheologicie miniereNon comprendola Regione

Una fase del recupero della nave greca nel mare di Gela.In alto la necropoli di Dessueri.

“Sono un’archeologa ma non posso più fare scavi”

La giunta Lombardole ha a!datola guidadei siti minerari.Incarico poco compatibilecon il suo altissimo pro"lo.

di Rosamaria Li Vecchi

a casa di...

Rosalba Panvini

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Marzo www.ilfattonisseno.it 13

Donne, dirigenti e im-prenditrici. Laura Grut-tadauria, dirigente della Confesercenti, Loredana Dell’Aira, presidente del Terziario donne Confcom-mercio, Marcella Falzone, presidente regionale Con-fcooperative donne Sici-lia, nonché vice presidente regionale Federlavoro e Servizi Sicilia e consiglie-re nazionale dell’Unione Interprovinciale Caltanis-setta e Enna, da anni of-frono il loro contributo per rendere l’imprenditoria, attraverso le pari oppor-tunità, uno strumento in-dispensabile per la crescita e lo sviluppo socio econo-mico della Sicilia. Esempi di donne di successo, che si dedicano con passione e scrupolo al mondo del lavoro, e che credono in un’economia territoria-le sempre più in crescita. Da degne rappresentanti del gentil sesso, sono cer-to, anzi certissime, che c’è sempre più bisogno di un’occupazione femminile, e che bisogna promuoverla con forza. Il lavoro svolto

negli ultimi anni dalle diri-genti-imprenditrici anche all’interno del Comitato imprenditoria femminile - istituito presso la Camera di Commercio di Caltanis-setta - ha infatti posto ul-teriormente l’accento sulla necessità di incentivare e

sostenere l’imprenditoria femminile “poiché – a dir-la con le loro stesse paro-le- merita di essere consi-derata tra le priorità delle azioni politico-strategi-che all’interno della re-gione e della nostra provincia”. Le tre im-prenditrici credono che “il dinamismo positivo e la vo-glia di fare impre-

sa nel mondo femminile devono suscitare attenzio-ne e sostegno da parte del-le istituzioni”. Dalla loro parte dei dati esaustivi e importanti e che fornisco-no molte conferme: “Sono 1,4 milioni le aziende “in rosa” attive nel tessuto produttivo italiano. Sem-pre dal Secondo rapporto nazionale sull’imprendito-ria femminile realizzato da Retecamere, secondo le in-dicazioni del Co-m it ato Tecnico Scien- ti!co, com-

posto da Unioncamere, Ministero sviluppo Econo-mico, Dipartimento Pari Opportunità della Presi-denza del Consiglio dei Ministri e Isfol, si apprende che le ditte individuali sono le uniche imprese che han-no subito una contrazione (-0,5% a livello nazionale e -2,5% per l’Italia insulare) mentre sono in crescita i Consorzi e le Cooperative”. Peccato che – scusate il bi-sticcio di parole- non tutto è roseo nell’imprenditoria in rosa. “Nonostante noi donne oggi rappresentia-mo una fetta importante

dell’imprenditoria- dico-no con rammarico- non possiamo a"ermare con la stessa soddisfazione di aver raggiunto quelle condizioni paritetiche di rappresentanza e parteci-pazione ai tavoli istituzio-nali per una serie di fattori

culturali e ambientali in-dubbiamente insiti nel

tessuto locale”.

Imprenditoria in “rosa”Quando il successo è donna

ECONOMIA. Tre nissene spiegano il ruolo del gentil sesso nelle imprese

Loredana Dell’Aira, Marcella FalzoneLaura Gruttadauriarivendicano l’’importanza dellepari opportunità

Non abbiamo raggiuntopartecipazionepariteticaai tavoliistituzionali

“Bisognapruomuoveree farediventareprioritarioil lavorofemminile

Donne & LavoroLoredana Dell’aira Laura GruttadauriaMarcella Falzone

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Eclettica e creativa, è la maestra dell’“ago e !lo”. Eva Cammarata, è una fashion design e crea-

trice di collezioni di alta moda, nissena apprezzata Oltremanica per il suo talento.Alta, longilinea e bionda con quel “quid” che le ha permesso di fare strada.La moda è una passione che co-vava tra i banchi di scuola, quan-do quelle aule le stavano strette e sognava di andare fuori per realizzare il suo sogno. Un esordio non da poco, per la giovane nissena, che dopo avere studiato moda a Ca-

tania

entra nella maison di Marella Ferrera. Da qui spicca il volo. Catapultata in Inghilterra. “Era il 2005 quando mi sono trasferita – racconat Eva - e appena arriva-ta a Londra ho fatto un corso di conversazione inglese, poi ne ho fatti cinque di specializzazione al “London College of Fashion” dove ho anche completato un Master in digital design e ma-glieria”.

Una vita frenica tra passe-relle importanti e tanto

studio, lontana dalla sua Caltanissetta e dagli a"etti.

Dalla sua casa in c o l -l i -

na a Wimbledon si a"accia e vede boutique ti tutti i generi. “Una tentazione costante” ironizza. Eva è passata dalla “Fashion Week” di Parigi allo “Show Time Digital Fashion Exhibition” di Londra !n quando non ha trova-to la sua strada sposando la nobi-le causa di creare degli abiti bio-degradabili che lei tecnicamente chiama “maglieria etica”. Si tratta di tessuti naturali biologici e fair

trade, a impatto zero.Attualmente sta la-

vorando per due stilisti che come lei disegna-no maglieria etica, “Ekta” e “Loowie”, “L avorare con loro per me è

perfetto –

af ferma Eva – p e r c h é c r e d i a -mo ne-gli stessi ideali”. La Sicilia lei l’ha abbandonata anni fa ma se la porta sempre dentro e questo amore per le sue radici lo ritroviamo nei colori che usa per le collezioni, ma se le chiediamo quali sono le sue tin-te preferite risponde “non sono razzista! - ironica e sagace – mi piacciono tutte”, certo la sua me-diterraneità è facile da cogliere nelle sue creazioni. Lo stile di Eva passa dalle passe-relle al web. Infatti, ha aperto un blog dove dispensa consigli alle donne “Chic – a"erma Eva - an-che in u#cio” visitabile all’indi-rizzo www.i-lovemondays.com: tanti utili consigli su come essere sem-pre comodamente alla moda. Giovane ma tenace, nella vita ha saputo farsi strada, con umiltà e perseveranza. Ha studiato per cercare di imparare il “mestiere”

e ha “sgomitato” per farsi lar-

go in questo settore elitario.“Mi reputo fortunata – a"erma Eva – Londra è la città in cui si mi-

schiano tante culture diverse e per questo è facile avere un tar-get di clienti che spazia da uno stile all’altro. I lavori di cui sono più orgogliosa sono quelli con ri-!niture e tagli particolari che mi hanno fatto faticare di più nella realizzazione ma che nonostante tutto sono ben riusciti”. Ai giova-ni che vogliono intraprendere la sua professione consiglia: “Stu-diate tanto, e abbiate la forza di farvi largo per urlare al mondo le vostre capacità”.

fashion designer in LondonEVA

MODA. La stilista ora disegna “maglieria etica” con tessuti naturali biologici

Fatti & Donne Nissene

di Martina Nigrelli

Dopo avere studiato moda

a Catania entra

nella maison di Marella

Ferrera. Da qui spicca

il volo perl’Inghilterra

A sinistra Eva Cammarata.

Ai giovani:Studiate tanto,e abbiate la forzadi farvi largo

Cammarata

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www.cettinabivona.it

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Non è di!cile chiudere gli occhi ed immagi-nare il brusio della cit-tà viva che doveva ani-

mare una volta queste strade, che oggi portano nomi risorgimentali e che ospitarono, tra il Rinasci-mento e l’età moderna, le case dei borghesi agiati della città e forse, sul perimetro esterno, quelle bot-teghe di panni, semplici o pregiati, intorno alle quali girava nel XV se-colo parte dell’economia cittadina.La collina della Provvidenza (che si chiamò originariamente “Zinga-ri” ma è certo che non c’è alcun le-game con le popolazioni nomadi, forse piuttosto con gli “zincàri”, gli artigiani che lavoravano il metal-lo), è uno dei quattro quartieri ur-banizzati ed inglobati nell’abitato urbano del capoluogo nisseno in epoca rinascimentale. L’intersezio-ne regolare del reticolo di strade e stradine del quartiere, che copre una super"cie di circa sette ettari, con vari pittoreschi dislivelli (col-mati da gradinate più o meno am-

pie) lo rivela in maniera evidente. Era abitato da artigiani e bene-stanti della borghesia dell’epoca ed erano tante le case che vantavano anche giardini ed orti interni, dei quali rimane ancora oggi qualche traccia. Lì abitava nel 1580 il no-tabile Bernardino Bersichelli, che faceva parte della milizia urbana a cavallo, ma anche l’artigiano Bar-naba De Naro insieme alla moglie Menichella, e Geronimo Cannata e Leonardo e Domenica Mastro-simone, che vantavano addirittu-ra una casa con portico al “cozzo delli zingari”, tutte notizie che emergono dagli atti notarili allo studio dell’esperta di storia loca-le Rosanna Za#uto Rovello e che raccontano la storia viva di una porzione importante del capoluo-go nisseno.E dunque la Provvidenza, così ri-battezzata dopo la fondazione del-la chiesa di Maria SS. della Prov-videnza, nasce nel Cinquecento, con una lottizzazione legata all’età rinascimentale e realizzata – come sottolinea l’architetto Giuseppe Giugno, che ha realizzato studi ap-profonditi sul centro storico per la stesura del volume “La creazione della piazza maggiore e l’apertura dello stradone del Collegio tra XVI e XVII secolo” - grazie allo stru-mento normativo dell’en"teusi, poiché erano quasi tutte super"ci di proprietà delle congregazioni religiose (i Carmelitani possede-

vano San Sebastiano, Santa Maria La Nova, Zingari, i conventuali possedevano altri territori, alcu-ni privati ne possedevano altri): “instruire domus et stratas”, cioé costruire case e strade, era chiara-mente indicato nei documenti con i quali si imponeva l’aumento della rendita fondiaria.Un quartiere che in seicento anni è stato densamente popolato e che solo negli ultimi sessant’anni ha visto mutare profondamente i suoi equilibri. Appena 1700 gli abitanti che vi risiedono oggi dopo un esodo progressivo avviato alla "ne degli anni Sessanta del secolo scorso e mai concluso, che ha la-sciato oltre 350 edi"ci (circa il 45% del totale) completamente inutiliz-zati: è quanto emerge dallo studio condotto dall’architetto Salvatore Gumina e dall’ingegnere Nicola Gruttadauria, che hanno proposto un progetto interessante (che per molti versi si riallaccia alla storia più antica e suggestiva del quartie-re) per riquali"care un posto dove sembra che i nisseni non vogliano più abitare ma dove qualcuno ha scelto coraggiosamente di dare una svolta alla deriva, anche isti-tuzionale, che negli ultimi decen-ni ne ha fatto uno degli angoli più degradati della città, con edi"ci a rischio di crollo ed altri problemi.E’ infatti decisa a spazzare via i luoghi comuni che da sempre si addensano sulla Provvidenza Ila-

ria Vitello, 22 anni, il giovanissimo presidente del comitato di quar-tiere Provvidenza San Giuseppe, eletta a maggioranza dopo la co-stituzione dello stesso comitato nei mesi scorsi, che si aggiunge agli altri comitati di quartie-re nati nell’ultimo anno nel capoluogo nisseno. Parla di sinergie, di sensibilizzazio-ne nei confronti degli stessi abitanti del quartiere ma anche di tutti i nisseni Ilaria, forte dell’entusia-smo dei suoi vent’anni, perché crede forte-mente che la rinascita di Caltanissetta non sia possibile se non con l’impegno e le forze di tutti. An-che degli stranie-ri, che vivono in gran parte nel centro storico e che sono importante risorsa per il capoluo-go nisseno e per il suo futuro. “Nel no-stro statuto – dice la gio-vane presidente – è prevista anche la presenza di consiglieri stranie-ri, ma non è ancora facile tessere rapporti: c’è come una chiusura da parte loro, che si trincerano spesso dietro la mancata conoscenza della

lin-gua italia-na. Abbiamo pure chiesto di insegnarci la loro lingua, in particolare l’arabo, per potere dialogare ma c’è molta di!-

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di Rosamaria Li Vecchi

I quartieri, membra vive di una città, mutano al loro interno per seguire l’evol-versi dei tempi e della storia ma rimane intatto l’intrec-ciarsi dei tessuti (urbani ma anche sociali) che ra!orza l’identità di una comunità cittadina. Per questo abbia-

mo scelto di dedicare uno spazio ogni mese, tra i no-stri approfondimenti, alle nuove importanti realtà che sono i comitati di quartiere, ben 13 oggi a Caltanisset-ta, che danno realmente il senso della volontà di un percorso "nalmente condi-

viso tra tutti i nisseni, per camminare "duciosi verso un futuro forse non roseo ma che vogliamo solidale e giusto, non asservito alle logiche delle contrapposi-zioni o delle concessioni ma "nalmente costruito con le nostre mani.Provvidenza,

sguardo verso il futuro che parte dalla storia

Fatti & Quartieri

Il quartierenasce nel Cinquecentocon una lottizzazionelegata all’etàrinascimentale.Era abitato da artigianie benestanti.

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Può essere de"nita in qualsiasi modo fuorchè ridente la frazione di Borgo Petilia, la nota borgata che dista circa 8 chilometri dal ca-

poluogo nisseno in direzione Santa Cate-rina Villarmosa. Un villaggio rurale, sorto nel periodo del fascismo, che "no agli anni 80 era luogo privilegiato di famiglie e co-mitive in cerca di refrigerio durante le afose serate estive e che oggi versa purtroppo in condizioni di semi abbandono, lasciato alle cure tanto amorevoli quanto insu!cienti dei suoi abitanti. La piccola borgata rura-le, che comprende un abitato ben più vasto dove risiedono oltre 400 persone, è oggi e#ettivamente abitata da tre famiglie, che ne curano la pulizia, il mantenimento ed il decoro, dato che la borgata vera e propria si è progressivamente svuotata. La zona tutta rappresenta un raro esempio di edi"cazio-ne stanziale, abitata perlopiù da nisseni che hanno preferito alla città la più rilassante vita in campagna, popolando così l’area con centinaia di case e villette in aperta contro-tendenza allo svuotamento dei campi ed alla conseguente fuga dalle campagne verso la città degli anni ’70. Ma non basta popo-lare un’area per renderla vivibile, occorrono servizi ed opere di urbanizzazione che non possono certo essere e#ettuate dai residenti ma sono di competenza dell’amministra-zione comunale. “Tutto parte dalla ristrut-turazione della chiesa - dice Fabio Loria, segretario del comitato di quartiere Borgo Petilia- per la quale abbiamo avuto rassicu-razioni dalla Curia. Contiamo anche di av-viare un processo virtuoso, in sinergia con il Comune, per il recupero della borgata e delle sue strutture”. Si è costituito a Maggio del 2010 infatti anche a Borgo Petilia il co-mitato spontaneo dei residenti, che grazie a questo strumento democratico e parte-cipativo hanno la possibilità di sottoporre all’amministrazione comunale nissena le esigenze negli anni disattese. “Abbiamo in-contrato ampia disponibilità da parte del sindaco Michele Campisi- continua Fabio

Loria- nel risolvere i nostri problemi, ed abbiamo così rivolto all’amministrazione la richiesta di una serie di interventi urgenti”. Interventi tra i quali "gurano anche richie-ste tanto semplici da apparire paradossali, come quella che chiede la “sistemazione del braccio di illuminazione del palo elet-trico n.5213 non funzionante da 4 anni a causa del vento che lo ha spezzato”. O an-cora la “sistemazione dei cestini getta carte, mancanti da 15 anni!”. Morale: i residenti chiedono all’amministrazione solo un pò di attenzione in più, quell’attenzione che è mancata negli anni e che ha provocato, ad esempio, il proliferare alle spalle della ex scuola elementare (ormai adibita a chiesa) di una colombaia i cui escrementi, insieme

a legname, "lo spinato e materiale ferroso, sono ovviamente perico-losi per la salute pubblica. C’è poi la chiesa del Santissimo Croci"s-so, che sovrasta ormai silente ed in totale degrado da un’altura circondata da pini l’intera borgata, un edi"cio la cui ne-cessità della ristrutturazione è subito bal-zata all’attenzione del nuovo parroco della borgata padre Vincenzo Giovino. Prima di

arrivare alla chiesa, nel piazzale centrale della borgata, c’è una struttura, oggi man-co a dirlo fatiscente, che è stata anche sede

della delegazione comunale e per la quale i residenti propongono la “ristrutturazione per adibirla a luogo di manifestazioni per-manenti, culturali, sportive e di aggregazio-ne, soprattutto per i giovani”. Tutte richieste legittime, per le quali l’amministrazione co-munale ha già accolto una proposta invito dell’Ente Sviluppo Agricolo per la parteci-pazione ad un bando pubblico regionale per la riquali"cazione della borgata con una somma di circa 1 milione di euro, recupe-ro che potrebbe avvenire anche attraverso

fondi Pisu e Pist. Sulla gestione il Comune è poi disponibile ad assegnarne parte alla Pro Loco, sempre in sinergia con il comitato di quartiere ed i residenti, che nel frattempo continuano pure a spazzare le strade!

denza. Siamo però "duciosi”. Tante le attività promosse nella ret-

toria della Provvi-denza, coordinate dal comitato di

quartiere e realizza-te grazi alla collabo-

razione delle associa-zioni Gruppo Insieme

e Zona Creativa, che curano il doposcuola

scolastico pomeridiano ed una serie di laboratori

dedicati ai più piccini e ai ragazzi, ai quali prendono

volentieri parte anche tanti bambini stranieri.

Nel libro bianco presentato all’amministrazione comunale

il comitato di quartiere Provvi-denza San Giuseppe chiede solo

il riconoscimento del proprio status. “Siamo nisseni – dicono – e non devono esserci cittadini di serie A e di serie B. Vogliamo che si eliminino i pericoli nelle nostre strade, che si faccia uno sforzo per avviare almeno uno dei tanti pro-getti di recupero destinati a mettere in sicurezza le case pericolanti, che si provveda ad una manutenzione normale dell’illuminazione, che si dia a questo quartiere la giusta di-gnità, come tutti gli altri quartieri di Caltanissetta”.

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Non basta popolare un’area per renderla vivibile: occorrono servizi ed opere urbane

Borgo Petilia. Solo tre famiglie vivono nella borgata

Uno scorcio del quartiere Provvidenza con le cupole di San Sebastiano e della Cattedrale sullo sfondo

A Borgo Petilia vivono ancora momenti sospesi nel tempo che

riannodano il presentecon un passato contadino

che è stato cardine dell’economia

Su 700 edi!ci oramai 350 possono ritenersi completamente inutilizzati. Da meta ideale di gite

a villaggio fantasmadi Marco Benanti

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Sembra quasi una storia in!nita. Il muro franato tem-po addietro in via

Santo Spirito, le numero-se buche presenti, quasi a non voler scontentare nes-suno, in tutte le strade cit-tadine, i frequenti rattoppi dell’asfalto alla meno peg-gio, gli scavi per il passag-gio di condutture lasciati a cielo aperto, le strisce pedonali e la segnaletica, soprattutto orizzontale, letteralmente fantasma. Storia di una città e delle sue strade, o meglio, del loro degrado. Caltanisset-ta, infatti, sembra a"etta dalla sindrome delle stra-de sfasciate. Vie cittadine dove gli automobilisti sono

costretti a slalom con ma-novre spesso pericolose o a “balli” che possono anche danneggiare le automobi-li. “Ogni anno – dice l’as-sessore comunale ai lavori pubblici Carlo Giarratano – ci troviamo a dover ri-solvere problemi di questo tipo e a programmare in-terventi ad hoc. Oltre alle competenze strettamente riguardanti il Comune, il problema è legato anche ai lavori periodicamente ese-guiti dagli altri Enti per il passaggio, ad esempio, dei tubi delle fognature, delle condotte idrauliche e del-le !bre ottiche. Lavori che, come è ovvio, comportano spesso la rottura del man-to stradale”. Un problema

che è prioritariamente di sicurezza per i tanti citta-dini che quotidianamente attraversano le strade di tutta la città. “Per cercare di far fronte alle frequenti aperture dell’asfalto – con-tinua l’assessore Giarra-tano – vengono spesso eseguiti rattoppi del tap-petino stradale, anche perché, pensare di rifare tutto il manto stradale, ad ogni apertura, sarebbe !nanziariamente impossi-bile”. Per non parlare poi delle continue voragini che si aprono sull’asfalto appe-na piove, semplicemente transennate per un po’ di giorni in attesa del rattop-po, e che terrorizzano tutti quelli che, automobilisti e non, si trovano a passare dalle varie strade cittadine. “Questo è un fenomeno – dice l’assessore comunale ai lavori pubblici – legato al fatto che i rattoppi non sono uniformi rispetto al restante del tessuto strada-le e necessitano di continui interventi e di un’attenta vigilanza”. Come se non bastasse, a completare il

quadro, ecco apparire qua e là segnali che indicano dei lavori in corso: cartel-li e catarifrangenti spesso però rotti. Lavori in corso che, in realtà, molte volte

non esistono. Come quelli del muro di via Santo Spi-rito. “Lì – continua Carlo Giarratano – il problema è degli enormi costi: l’in-tervento che dovrebbe in-teressare questo muro do-vrebbe essere strutturale e ciò comporta una certa di-sponibilità di risorse eco-nomiche. Ogni qual volta dobbiamo programmare un intervento, infatti, ci dobbiamo confrontare con le casse comunali e valutare anche la criticità delle varie situazioni”. Per quanto ri-guarda poi la nota dolente della segnaletica orizzon-

tale, ci sono buone notizie. “Abbiamo già appaltato la gara – conclude l’assesso-re – che prevede i lavori di rifacimento delle strisce pedonali e della restante segnaletica in giro per la città. A breve, entro qual-che settimana, partiranno !nalmente i lavori ”.

Marzowww.ilfattonisseno.it18

di Leda Ingrassia

Città gruviera, dove le autofanno lo slalom tra le buche

VIABILITA’. Il muro franato a Santo Spirito, buche presenti in tutte le strade, scavi causati da lavori. Un degrado che stravolge persino le vite degli automobilisti

CarloGiarratano:Problemaspesso legatoai lavoridi altrienti

Prestorifaremole striscepedonalie segnaletica

“Sopra una delle tante buche

presenti sulle stradedi Caltanissetta.

Sotto il muro franatosulla via di Santo Spirito.

In basso a sinistra l’assessore

Carlo Giarratano.

Viabilità &Sicurezza

Page 61: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Maria Grazia Milli

Come se non ba-stasse la questio-ne delle strade, anche le cattive

abitudini degli automo-bilisti giocano un ruolo cruciale relativamente ai problemi di circolazione stradale. A dirlo è il vice questore aggiunto e diri-gente della Polizia Strada-le di Caltanissetta, Maria Grazia Milli. Per anni don-na simbolo della Polizia Stradale in Italia e all’estero e da dieci al comando della Polstrada nissena. Qual è il suo parere circa

il modo di guidare dei nis-seni? Di certo non può che esse-re negativo. Già il piano ur-bano del tra#co crea una congestione a momenti insopportabile: se a questo poi aggiungiamo le brutte abitudini degli automobili-sti, il pasticcio è fatto. Sono davvero in tanti, infatti, a lasciare le auto in doppia !la, a fermarsi a guardare le vetrine dei negozi dalle auto, o ancora, a chiacche-rare bloccando il tra#co, magari anche distraendosi parlando al cellulare. Per questo, a mio avviso, gli automobilisti nisseni, che peraltro indossano poco anche le cinture di sicurez-za, meritano un quattro in condotta.E che voto darebbe, inve-ce, alle strade cittadine?Sicuramente la condizione

della rete viaria cittadina è negativa, come pure quella della segnaletica, soprattut-to orizzontale, pressocchè assente. Periodicamente si aprono buche o cede parte del manto stradale con evi-denti e possibili danni per chi transita.Possiamo quindi parlare di rapporto “a tre”, tra sta-to di salute delle strade, condotte degli automobi-listi e sicurezza stradale…Esattamente. E’ fuor di dubbio che il problema della sicurezza è sopratut-to legato alla cultura della

gente, di rispetto delle tan-te regole previste dal codi-ce della strada. Ricordo, al proposito, che in Italia il

98% degli incidenti gravi avviene per colpa di errori umani. E’ anche vero, però, che le infrastrutture, nel Sud d’Italia, e in particolare nel nostro territorio, non ci aiutano, dato che non sono evolute e adeguate.Oltre al rispetto delle norme, mi potrà confer-mare che è necessario che le strade abbiamo anche determinate e importanti

caratteristiche... Certo. L’asfalto deve essere moderno, in grado di as-sorbire l’acqua, fatto con materiale resistente all’in-tensità del tra#co veicola-re e non soggetto dunque a cedimenti o buche. Se l’asfalto non è tutto poroso, come accade sulle nostre strade, può anche capitare che quando piove, frenan-do, le auto possano slittare e causare incidenti.E’ d’obbligo, adesso, fare un cenno alle strade ex-traurbane della nostra provincia, anche in re-lazione alle competenze speci!che della sezione che Lei dirige…Sono sicuramente migliori di quelle urbane. Fortuna-tamente dopo tanto tempo sono in corso i lavori di ammodernamento della ss 640, con il raddoppio delle corsie. La statale che collega Caltanissetta ad Agrigento, infatti, costruita negli anni ’60, andava bene per quei tempi ma non era più in grado di reggere il tra#co veicolare intenso che ormai la caratterizza. Ci auguriamo pertanto una celere conclusione dei lavo-ri per evitare disagi legati

allo stato di cantiere aperto della strada. Che mi dice della ss 626, meglio nota come la Cal-tanissetta – Gela?E’ una bellissima e impor-tantissima arteria che però, proprio per questo, induce gli automobilisti spesso ad una corsa forsennata. L’unica pecca riguarda i guard rail, troppo bassi, e per i quali sono già in cor-so lavori di sistemazione che si protrarranno !no all’estate. Proprio a causa della attuale chiusura del-la ss 626, la bretella risulta spesso a"ollata anche dai

mezzi pesanti che non han-no più percorsi alternativi. Per questo motivo invito

gli automobilisti a prestare la massima prudenza: ma-novre scorrette o sorpassi azzardati, infatti, spesso non fanno guadagnare più

di dieci minuti ma metto-no invece a rischio la vita, in modo anche irreversibi-le. Per quanto riguarda la ss 626, poi, c’è la situazione del viadotto Geremia, crollato ormai da tempo, che spero venga sistemato presto.In una ipotetica classi!ca delle strade nella nostra provincia, chi si aggiudica gli ultimi posti?Il comparto della Polstra-da che dirigo comprende anche il distaccamento di Gela. Lì la situazione è ne-gativa e necessiterebbe di interventi soprattutto per la ss 115 e la ss 117. L.I.

Marzo www.ilfattonisseno.it 19

Maria Grazia Milli:I nisseni hanno brutteabitudini

Per viaggiareè necessarioche le stradesiano in buonecondizioni

Automobilisti bocciatiUn 4 in condottadal capo della Stradale

tecnicoIl punto

Page 62: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Il Consorzio ASI di Calta-

nissetta è guidato da circa

un anno dal Commissario

Straordinario Alfonso Cice-

ro; Giuseppe Sutera Sardo

è il nuovo Direttore Generale. La

nuova Gestione Commissariale,

sostenuta fortemente dall’As-

sessore Regionale delle Attività

Produttive Marco Venturi, ha de-

cisamente invertito la tendenza

negativa che aveva portato l’Ente

-

vendo numerose iniziative sotto

il segno dello sviluppo e della le-

galità. Sono stati approvati entro

i termini di legge i Bilanci di Pre-

visione 2010 e 2011 ed il Conto

Consuntivo 2009, riallineando i

-

nanziario adottato dall’Assessore

Venturi che ha assegnato al Con-

sorzio un contributo straordinario

di circa € 2.700.000,00; sono stati

garantiti al personale gli stipendi e

dopo lunghe attese anche gli oneri

accessori; è stata liquidata com-

plessivamente una somma di circa

€ 1.700.000,00 per il pagamento

dei rapporti debitori che da anni

gravavano i bilanci del Consor-

zio; è stato aperto presso la sede

per il credito agevolato alle impre-

se cooperative; è stata sottoscritta

la convenzione con l’Azienda

Foreste per la pulizia gratuita del

verde; è stato aperto presso la sede

del Consorzio un “Punto di Rac-

-

ne Spa; sono state affrontate, alla

presenza dell’Assessore Venturi,

diverse e gravi disfunzioni dei

servizi presenti all’Asi approfon-

dendo tali problematiche anche

con i rappresentanti delle Orga-

nizzazioni di Categoria, Sindacati,

Camera di Commercio, “Tavolo

-

zioni; sono stati realizzati diversi

interventi di manutenzione stra-

ordinaria negli agglomerati indu-

striali; è stato attivato un bando di

gara per i servizi idrici e di depura-

zione delle zone industriali; è stato

costruito un nuovo ed innovativo

sito web del Consorzio; è stata

sottoscritta una convenzione a co-

sto zero per il recupero dei crediti

della gestione della cartellonistica

stradale e pubblicitaria all’interno

delle aree industriali; a breve tutte

le strade degli agglomerati indu-

striali verranno dotate delle rela-

tive vie con richiami ad eminenti

uomini dell’imprenditoria nisse-

na e della vita civile; è stato reso

agibile e fruibile, dopo oltre un

ventennio, l’Auditorium del Con-

sorzio; è stato realizzato il nuovo

logo dell’Ente con lo slogan “per

prodotta una copiosa attività, sot-

toposta all’autorità giudiziaria ed

agli inquirenti contabili, inerente

diverse fattispecie di dubbia le-

gittimità e liceità discendenti dal-

le pregresse gestioni, tra le quali

vi è anche l’ombra dell’intreccio

dell’indagine conoscitiva, voluta

fortemente dalla Gestione Com-

missariale, si colloca nell’attività

di contatto diretto con il territorio

e con gli imprenditori insediati,

i quali sono stati personalmente

sentiti dai funzionari consortili

allo scopo di raccogliere le opi-

nioni e le esigenze più immediate

per lo sviluppo degli agglomerati

industriali. Alcune settimane ad-

dietro è stato sottoposto un que-

stionario alle aziende insediate a

per la rilevazione di alcuni dati ri-

guardanti sia la conoscenza delle

strutture aziendali che il giudizio

degli operatori su alcuni servizi

of ferti dal Consorzio. Inoltre,

sono state rilevate le aspettative

dei nuovi servizi e le iniziative

congiunte che possono essere av-

viate tra il Consorzio e le aziende.

Sono stati sentiti 115 imprendito-

ri su 137 insediati, pari all’84%

del numero complessivo delle

aziende operanti all’Asi. I risulta-

ti ottenuti, che saranno presentati

alle Organizzazioni di Categoria

ed agli imprenditori alla presenza

dell’Assessore Venturi, fotografa-

no i tre agglomerati costituiti per

1/3 da imprese industriali, 1/3 da

imprese artigiane ed il restante

1/3 diviso tra commercio, servizi

alcuni risultati di una più com-

plessa indagine, che rappresenta

un reale strumento di conoscenza

delle aziende e delle istanze che

provengono dagli imprenditori.

Tale strumento costituisce una

-

zioni di Categoria e per le istitu-

concreto le problematiche esisten-

ti all’Asi. Inoltre, i suggerimenti

delle imprese in ordine alle inizia-

tive da intraprendere costituiscono

gli impegni prioritari da assumere

a favore delle aziende insediate. I

risultati completi del test verranno

pubblicati a breve sul sito

www.asicaltanissetta.it

Marzowww.ilfattonisseno.it20

L’INIZIATIVA. Sondaggio del consorzio asi, la voce agli imprenditori

La nuova gestione Cicero all’insegna del modello

www.asicaltanissetta.it

pagina pubblicitaria di comunicazione istituzionale

Iniziative congiunte ASI/IMPRESE e ritenute utili

Servizi di mobilità (trasporto casa/lavoro)

Potenziamento della vianilità e infrastrutture

Servizi per l’infanzia a sostegno di genitori lavoratori

Promozione del sistema delle imprese del territorio

Potenziamento delle infrastrutture tecnologiche

sostanze inquinanti

Sviluppo di centri commerciali

Assistenza tecnica, amministrativa, commerciale

Organizzazione corsi di formazione, convegni e seminari

Collegamento articolato con enti preposti all’erogazione

Studi di fattibilità e business plain relativi a nuove inizia-

tive industriali

Sportelli bancari

6%

4%

14%

4%

11%

22%

5%

1%

2%

5%

3%

8%

5%

11%

In % i servizi strutturati richiesti

Settore di appartenenza

Fatturato annuo

Tavole rotonde tra imprese, istituzioni, università per la

condivisione di tematiche comuni

Organizzazione di incontri volti alla ricerca locale di

nuovi partners/fornitori nell’ottica della realizzazione

di un sistema di reti di imprese

pubblici

Corsi per la formazione professionale di manodopera

Corsi per la formazione professionale relativi alla

sicurezza sul lavoro

Organizzazione di inizitive all’estero per la ricerca di

nuovi mercati

Vigilanza

10%

15%

13%

13%

9%

16%

24%

L’assessore Venturi a sostegno delle imprese nissene

Il commissario dell’ASI

Alfonso Cicero

L’assessore regionale

Marco Venturi

Regione

Sicilianavia Peralta, zona industriale - 93100 Caltanissetta

Tel. 0934 532311 | Fax 0934 25703

Page 63: Il Fatto Nisseno - marzo 2011
Page 64: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Per i Borbone, Caltanissetta era la città fedelissima; dai re-gnanti napoletani la città ave-va ricevuto bene!ci fonda-

mentali per il suo sviluppo: già sede del XXII distretto nel 1812, capoluogo di una delle sette valli dell’amministrazioo-ne civile della Sicilia nel 1818, sede di tribunale civile e di gran corte crimina-le nel 1819, ma anche vittima delle scorrerie del principe Galletti durante la rivoluzione del 1820 per la sua fedel-tà ai Borbone, nel 1831 ricevette la visi-ta di re Ferdinando II; l’anno successi-vo, due statue di regnanti borbonici vennero innalzate nelle principali piaz-ze della città: quella di Ferdinando I nella piazza principale che as-sunse il nome di piazza Ferdi-nandea, e quella di Francesco I dinanzi alla chiesa di S. Agata. Al-tra visita fece Ferdinando II alla cit-tà nel 1838.Nel 1844 Caltanissetta venne elevata a sede vescovile, grazie anche alle be-nemerenze acquisite per la sua fedeltà ai Borbone.Quattro anni dopo l’idillio tra Calta-nissetta e i regnanti napoletani si rup-pe. La rivoluzione del 1848 vide Calta-nissetta partecipe attiva: si costituì un comitato centrale della valle guidato da Calogero Barile e da Filippo Cordova e un comitato comunale di difesa presie-duto dal vescovo mons. Antonio Maria Stromillo. I gesuiti vennero espulsi da Caltanissetta, le statue di Ferdinando II e di Francesco I abbattute e sotterrate nello stesso luogo dove erano state col-locate. Nell’aprile del 1849 la rivoluzio-ne venne repressa e Caltanissetta ritor-nò sotto il dominio delle forze borboniche.Undici anni dopo, l’11 maggio 1860, Garibaldi sbarca a Marsala; dopo la fortunata battaglia di Calata!mi, le for-ze Garibaldine si concentrano attorno a Palermo, che viene attaccata il 31 maggio.Caltanissetta insorge il 26 maggio 1860, dopo la partenza delle truppe borboni-che guidate dal generale Afan de Rive-ra. Anche in questa circostanza viene costituito un comitato rivoluzionario presieduto dal barone Francesco Mo-rillo di Trabonella, che rivolge un calo-roso invito ai comitati degli altri comu-ni della provincia: “incediamo compatti e sicuri, ripetiamo la parola d’ordine, che Italia unita ha commosso, viva Italia! Viva Vittorio Emanuele, viva Garibaldi!”.Un appello viene inviato a Garibaldi per confermargli la fedeltà alla sua dit-tatura: “Ordini e sarà ubbidita!”.Già il 30 maggio il barone di Trabonel-la organizza la prima spedizione di armi e munizioni a Palermo; una dele-gazione formata da tre cittadini patrio-ti del 1848, Giuseppe Zacco, Francesco Zacco e Vincenzo Castro, è incaricata di tenere i contatti con il dittatore Gari-baldi “per informarsi sullo sviluppo degli avvenimenti e per trasmettere i decreti, gli ordini e le istruzioni del ge-nerale.Il 4 giugno la delegazione nissena viene

ricevuta da Garibaldi, che comunica loro di aver nominato Francesco Mo-rillo di Trabonella governatore della provincia di Caltanissetta. Il nuovo go-vernatore si mette subito al lavoro: i comitati locali sono invitati a provve-dere a dare esecuzione ai decreti ditta-toriali che si succedono a ritmo incal-zante per avviare la macchina amministrativa e quella !scale.Il decreto 17 maggio imponeva ai co-mitati locali di indicare la composizio-ne dei vecchi consigli civici al 16 maggio 1849 per reinse-

d i a r l i dopo aver

sostituito i defunti o quel- li impediti per altra causa. Il riferimento al 16 maggio 1849, giorno in cui si spense la rivoluzione del 1848-49, non è casuale: con questo provvedimento si voleva dare continu-ità politica e amministrativa a quella esperienza rivoluzionaria, come se quegli undici anni fossero stati un’in-fausta parentesi.Il decreto 19 maggio 1860 stabiliva di e"ettuare la ricognizione dello stato delle casse pubbliche e di procedere con regolarità alla riscossione delle im-poste, tenendo conto che erano state abolite le tasse sul macinato e sul bollo.Il 14 maggio, il giorno prima della battaglia di Calata!mi, Garibaldi aveva ordinato la coscrizione ob-bligatoria per i nati dal 1° gennaio 1809 al 31 dicembre 1842; in buona so-stanza, tutti gli uomini dai 19 ai 51 anni dovevano essere “allistati”, inseriti, cioè, in un elenco a cui attingere in caso di necessità. Il decreto, di"uso dal noti-ziario della provincia, creò grande sconcerto tra la popolazione, perché la Sicilia non conosceva da secoli la co-scrizione obbligatoria; le amministra-zioni locali incontrarono molte di#-coltà a de!nire gli elenchi dei coscritti e fu necessario, come nei casi Delia e di Sutera, ricorrere allo stato di assedio, proclamato anche per costringere al pagamento della fondiaria.Il consiglio civico nisseno (presidente Vincenzo Minichelli) aderì con grande entusiasmo alla rivoluzione e già nella seduta del 17 giugno proclamò l’annes-sione della città al regno d’Italia. Piazza Ferdinandea divenne piazza Giuseppe

Garibaldi “in segno di riconoscenza al liberatore della Sicilia”. Ma molti citta-dini ritennero che questa delibera, si-gni!cativa sul piano formale, non fosse su#ciente: sarebbe stato opportuno coinvolgere tutti i cittadini più rappre-sentativi in un pronunciamento così importante. Il consiglio civico (l’attuale consiglio comunale) venne invitato a deliberare nuovamente in forma più solenne, cosa che avvenne il 29 giugno 1860: “questa popolazione vuole an-nettersi al regno costituzionale sotto lo scettro del magnanimo Vittorio Ema-nuele secondo re d’Italia”.La deliberazione venne letta nella piaz-

za principale e sottoscritta, in presenza di un notaio, da 1064 cittadini tra i più “cospicui” della città. Una lapide, oggi non più esistente, venne collocata cin-quant’anni dopo, il 29 giugno 1910, sulla facciata dell’attuale camera di commercio prospiciente la piazza, per ricordare che Caltanissetta, “mentre ardua ferveva la lotta fra la tirannide e le falangi liberatrici, inso"erente d’in-dugi, precorreva i plebisciti a"erman-do per voto di popolo la sua unione alla madre Italia”.Non sapevano gli animosi patrioti nis-seni, in quel 29 giugno 1860,

che così facendo, non rende-vano un buon servigio a Ga-ribaldi, che non voleva che l’annessione fosse procla-mata da subito, ma rite-neva che sarebbe stato più opportuno pro-nunciarsi dopo la conquista di Roma. Ma i fatti andarono diversamente: pressa-to dagli emissari del governo piemontese, il prodittatore Mordini indisse il plebiscito per il 21 Ottobre 1860: a Calta-nissetta si tenne presso il collegio gesuitico, che quattro giorni prima lo stesso Mor-dini aveva assegnato al co-mune di Caltanissetta per-

ché l’utilizzasse per attività destinate alla pubblica istruzione; ma quel plebiscito ebbe un signi!cato soltanto

Marzowww.ilfattonisseno.it22

Il barone Francesco Morillo di Trabbonella, governatore

della provincia di Caltanissetta

Sopra la trascrizione di una parte del Libello !lo borbonico diffuso a Terranova (Gela) dopo il plebiscito di annessione

Campane, cavalli, muli e tela per la rivoluzione

LA STORIA. Da città fedelissima dei borboni a culla della ribellione contro il potere straniero

Stor

ia &

Cul

tura

di Antonio Vitellaro

“Popoli delle due Sicilie. L’ora sta per sonare. Ricordiamoci il valo-re dei nostri antichi padri e facciam vedere all’Europa, che lo steso sangue circola nelle nostre vene; dobbiam liberarci dal gioco pie-montese, che con diabolici inganni di Italia una, e di libertà ci ha spogliati e messi sotto un gioco di schiavitù peggiore dei Musulma-ni, conculcata la Religione dei nostri padri, spogli i tempi del nostro Dio vivente, oppressione dei monasteri, imposte esorbitanti da non potersi eseguire la Regia saccheggiata unita ai nostri banchi, che più si aspetta? Che ci scannano? ...Terranova? Perchè non ti risolvi?”...

150°

Page 65: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Marzo www.ilfattonisseno.it 23

Nel suo intervento, applauditissimo, durante la se-rata del festival di Sanremo de-dicata all’unità d’Italia, Roberto

Benigni parlò anche della bandiera tricolore italiana, a"ermando che Giuseppe Mazzini riteneva che i nostri tre colori (verde, bian-co, rosso) discendessero dal colore delle tre donne, che, nel XXIX canto del Purgatorio dantesco, partecipano alla mistica proces-sione della Chiesa.L’ipotesi è suggestiva, perché lega il simbo-lo della nostra unità nazionale alla !gura di Dante Alighieri, padre della nostra lingua e uno dei grandi padri della nostra patria.Leggiamo cosa dice Dante.Il canto XXIX del Purgatorio è il canto del-la mistica processione della Chiesa: sette candelabri luminosi lasciano dietro di sé altrettante strisce luminose, simili a pennel-late che recano in sé tutti i colori dell’arco-baleno. Sotto le strisce luminose procedono ventiquattro seniori, a due a due, coronati di gigli, che cantano le lodi di Maria.I sette candelabri rappresentano i sette doni dello Spirito Santo che si contrappongono ai sette vizi capitali. I ventiquattro seniori ricordano i ventiquattro libri dell’Antico Te-stamento.Passati i ventiquattro seniori, appaiono quattro animali, che rappresentano i quat-tro evangeli: quello di Matteo (uomo), quel-lo di Marco (leone), quello di Luca (vitello) e quello di Giovanni (aquila). In mezzo ai quattro animali avanza un carro trionfale su due ruote, tirato da un grifone. A destra del carro vengono, danzando in giro, tre don-ne, una rossa, una verde, una bianca, che ora sembrano guidate dalla bianca, ora dalla rossa, e regolano la loro danza sul canto di quest’ultima. A sinistra del carro procedono altre quattro donne, vestite di porpora e gui-date da una di loro che ha tre occhi in testa.Le tre donne rappresentano le virtù teolo-gali: la Carità (rossa più della !amma), la

Speranza (verde come lo smeral-do), la Fede (candida più della neve appena caduta). Le quat-tro donne ricordano le quat-tro virtù cardinali: Prudenza, Temperanza, Giustizia e For-

tezza.Dopo questa descrizione riesce

più facile comprendere il signi!cato dei do-dici versi che descrivono l’incedere danzan-do delle sette donne (versi 121-132):

Ipotesi suggestiva, dicevamo, quella di Maz-zini. Ma è più probabile che al grande pa-triota repubblicano, ammiratore e studioso di Dante, sia piaciuto accostare i tre colori nazionali alle tre !gure di donne che Dante ammira nel loro vivido splendore quando, guidato da Matelda, cammina lungo la riva sinistra del !ume Leté.In realtà, i tre colori della nostra ban-diera hanno un’origine meno presti-giosa, ma legata a vicende storiche ben documentate. Il verde, il bian-co e il rosso del tricolore derivano dai tre colori della bandiera francese (azzurro, bianco, rosso), con la di"e-renza che il verde ha sostitui-to l’az-zurro.E’ sto-

ricamente documentato che il tricolore ita-liano fu u#cialmente adottato per la prima volta durante il congresso di Reggio Emilia del 1796-97, che proclamò la Repubblica cispadana: tale adozione durò soltanto dal 7 gennaio al 19 maggio 1797. L’11 maggio 1798 la Repubblica cisalpina (nata dalla fusione della Repubblica cispadana e della Repubblica transpadana) rendeva u#ciale la bandiera che era stata usata in precedenza senza formalità: un semplice tricolore verti-

cale verde-bianco-rosso quale oggi è la ban-diera nazionale.Tutto ciò avvenne nel periodo delle invasio-ni napoleoniche in Italia. Dopo la caduta di Napoleone, il tricolore cadde in disuso. Ri-tornò in auge nel 1848 e nel 1859-60, quan-do gli italiani lottarono per l’indipendenza e la libertà della patria e riconob-bero nel tri- colore l’uni-co simbolo della loro unità.

A. V.

formale, perché i nisseni la decisione solenne l’avevano presa già alcuni mesi prima. Tutta la provincia di Cal-tanissetta partecipò concretamente alle spese di guerra, attenendosi alle disposizioni emanate dal governo dittatoriale in materia: ogni mille abi-tanti dovevano fornire un cavallo e sessanta canne di tela per confezio-nare camicie e sottopantaloni per i militari; i grossi comuni potevano sostituire un quarto dei cavalli con la fornitura di muli; tutti i comuni, in linea di massima, onorarono l’impe-gno, come si evince dalla tabella pub-blicata qui a !anco, alcuni pagando in natura e altri con il corrispondente prezzo in ducati. Il 19 giugno da Pa-lermo partì l’ordine di consegnare tutte le campane delle chiese, eccetto una per ogni chiesa per il servizio re-ligioso e quelle “di storica remini-scenza, quelle, cioè, che avessero un particolare signi!cato dal punto di vista della memoria storica. Sutera ne consegnò quattro, Mussomeli cin-que, nessuna i piccoli comuni; non sappiamo quante ne consegnò Calta-

nissetta, sappiamo però che una ne consegnò il Collegio di

Maria; quando ne chiese la restituzione nel maggio

del 1861, il luogotenente rispose che le campa-

ne non potevano essere restituite

perché erano state fuse.

Tre donne in giro dalla destra rota, Venían danzando; l’una tanto rossa,Ch’a pena fora dentro al fuoco nota;

L’altr’era come se le carni e l’ossaFossero state di smeraldo fatte:

La terza parea neve testè mossa;Ed or parevan dalla bianca tratte,

Or dalla rossa; e dal canto di questaL’altre toglíen l’andare e tarde e ratte.Dalla sinistra quattro facean festa,In porpore vestite, dietro al modo

D’una di lor ch’avea tre occhi in testa”.

UNITA’ D’ITALIA. Benigni riconduce la scelta della bandiera alla Divina commedia. Ipotesi veritiera?

L’ origine del Tricoloreda Dante alla Francia

In realtài coloriderivanodalle tinte del vessillofrancese

Tutti i comuni, in linea di massima, onorarono

l’impegno, chi in natura e chi pagando il corrispon-

dente prezzo in ducati.

CALTANISSETTA

abitanti

abitanti

17.820

9.046

13 cavalli

7 cavalli

4 muli

2 muli

1.020 canne di tela

540 canne di tela

SAN CATALDO

Page 66: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Marzowww.ilfattonisseno.it24

Caltanissetta la Città degli even-ti. Brutte notizie per i disfatti-

sti, per gli avvezzi al vizio tutto nisseno del classico giudizio a priori del tipo “ a Caltanissetta non si fa nulla e bla bla bla”; tut-to il contrario visto che

da qualche mese si assiste ad una inversione di ten-denza. Tutto parte da una struttura, il Palacarelli, che dopo anni di oblio è dive-nuto (!nalmente) un pa-lasport fruibile alle società sportive, agli eventi ed alla cittadinanza. Così il Pa-lasport G. Carelli diviene

appetibile agli imprendi-tori locali che investendo del danaro decidono di organizzare i grandi eventi proprio nel capoluogo nis-seno. Eventi di prim’ordine se si considera che poco dopo Natale, Caltanissetta ha ospitato i Modà, band giovane, che si è ritrovata seconda al recente Festival di San Remo, che ha attira-to al Palacarelli oltre 4.500 persone con un riscontro logistico ed organizzativo di grande livello. Il riusci-tissimo concerto è stato organizzato da Massimo Pastorello. Un “battesimo” fortunato per la struttura che ospiterà tra qualche giorno, il 17 di Marzo, un altro grande evento, questa v o l t a organizzato

dal l’a l-t r o

s t o -r i c o

operatore di spettacoli nisseno Tony Maganuco, che ha deciso di portare a Caltanissetta una delle colonne portanti della musica italiana ovve-ro i Pooh con lo spettaco-lo “Dove Comincia il Sole Tour” (prodotto e organiz-zato da Franco Cusolito per Cose di Musica) che vedrà sul palco una forma-zione composta da Roby Facchinetti alle tastiere, Dodi Battaglia alla chitar-ra, Red Canzian al basso, Danilo Ballo alle seconde tastiere e Ludovico Vagno-ne alla seconda chitarra. a cui si aggiungono Steve Ferrone alla batteria, mu-sicista di rilievo del pano-rama internazionale, nato in Inghilterra ma america-

no di adozione, che ha suonato con grandi artisti come Eric Clapton, Whitney Houston, i Duran Duran e tantissimi altri.Dove Comincia il Sole, il nuovo di-sco di inediti dei POOH uscito nei negozi il 12 ottobre, è subito entrato al primo posto della classi!ca dei dischi indipendenti e al se-

con-do dei dischi più

venduti della settimana (Music Charts G" Retail And Technology). I Pooh ritengono questo uno dei migliori album di tutta la loro lunga carriera. Le

nuove canzoni hanno una buona resa dal vivo ma, inevitabilmente, il pubbli-co si accende quando vie-ne proposto il primo dei tanti cavalli di battaglia di una carriera inimitabile, “Canterò per te”. Quello è il momento in cui ci si rende conto di quanto i Pooh, il loro suono, il loro impasto vocale, facciano parte della storia di chiunque o alme-no di chiunque abbia avuto negli ultimi quarant’anni un minimo rapporto con l’ascolto della radio. Il co-sto del biglietto: 57,00 Euro per la Poltronissima, 42,00 per la Tribuna e 32,00 per la gradinata. Unica nota stonata, il vezzo tutto nis-seno della ricerca dei bi-glietti gratuiti.

Torna la grande musicaI Pooh al “Palacarelli”

Il Palasport G.Carelli è struttura (!nal-mente) fruibile grazie all’attuale Amministrazione Provinciale, un palazzetto poco conosciuto alla cittadinanza che transitava in Via Rochester e che vedeva del manufatto le sole mura esterne, non immaginando

nemmeno cosa vi fosse al suo interno. Oggi invece il Palacarelli è aperto ai “grandi eventi”, una de!-nizione impensabile sino a qualche tempo fa, una inversione di tendenza che rende il capoluogo nisseno !nalmente ap-petibile agli importanti circuiti di spettacoli, da sempre in Sicilia a totale monopolio di Palermo, Catania ed Acireale, con gli operatori che adesso chiedono anche Caltanis-setta. Tra gli eventi che la struttura ha ospitato, due edizioni di Zelig, la Partita di Pallacanestro della Na-zionale Magistrati contro le stelle della televisione, ed ancora il concerto dei Modà del 26 Dicembre scorso.“Questa struttura non ha nulla da invidiare al Palasharp di Milano”- ha dichiarato il cantante dei Modà. Del Palacarelli si è parlato anche alla re-cente Bit di Milano, dato che nel mese di Maggio ospiterà le !nali nazionali Under 19 di Pallacanestro femminile. Intanto tutto è pronto per il concer-to dei Pooh, altro evento dai grandi numeri per una struttura che sebbene concepita oltre un ven-tennio fa, costituisce per gli operatori dello spetta-colo, motivo di business e conseguente crescita per la città.

Il costodel singolobigliettovaria da 32 !no a57 euro.

di Marco Benanti

CONCERTI. Dopo i Modà è il momento della storica band.Facchinetti & Co. il 17 marzo davanti al pubblico nisseno

Il “Carelli”,il palasport

dei grandi eventi

Fatti & Spettacoli

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Marzo www.ilfattonisseno.it 25

Page 68: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Marzowww.ilfattonisseno.it26

Ci sono sport e luoghi di aggregazione che go-dono meno dei favori delle cronache ma che

per valore sociale e pedagogi-co rappresentano forse un vero miracolo. È la storia dei piccoli nisseni, schermidori in erba, che tre volte a settimana si ritrova-no ad allenarsi in un luogo di cui la grande maggioranza dei

nisseni non conosce nemmeno l’esistenza. Esiste infatti da anni a Caltanissetta un movimento sportivo che dedica tempo e pas-sione alla scherma, si tratta del Gruppo Schermistico Nisseno presieduto dal maestro Arturo Torregrossa e che ha una sede ed un cospicuo numero di iscritti ed appassionati. Tra gli appassionati ci sono soprattutto i bambini, 26 i nisseni, che si allenano in una sala appositamente per loro alle-stita allo Stadio Comunale Mar-co Tomaselli. E di fatto quando si entra per la prima volta nella sala Scherma di Caltanissetta si scopre un mondo che quasi nemmeno lo si immagina, dato che il classico clichè degli sport praticati in città è sempre quello del calcio basket e via dicendo. Ed invece pedane d’alluminio, tute metalliche, maschere e !o-retti, e decine di bambini che ti-rano di spada come novelli D’Ar-tagnan! La scherma è uno sport individuale a cui ci si avvicina dai sette anni in su, ma che, dice il maestro Torregrossa “viene spesso messa da parte al compi-mento del diciottesimo anno di

età, quando cioè i ragazzi, dopo il diploma cambiano città per con-tinuare gli studi”. La sede stessa del gruppo schermistico nisseno è una scommessa vinta del ter-ritorio, “ricordo quando anni fa l’allora Assessore Camelo Milaz-zo- dice Torregrossa- mi diede le chiavi di questa sala, e noi quasi non ci credevamo, fu una azione di grande animo dato che nessu-no prima di allora ci aveva mai considerati”. La scherma o la si ama sin da subito o non inte-

ressa, i bambini reclutati già alle elementari, capiscono subito se appassionarsi o meno a tale disci-plina”. A proposito di disciplina, facendo scherma se ne apprende eccome, i ragazzi oltre ad allena-re il !sico imparano a stare bene insieme con gli altri, a rispettare

le regole, gli avver-sari ed a con-frontarsi con se stessi. “Quando arrivano da noi, spesso non sanno nem-meno allacciarsi le scarpe- continua Torregrossa- io e l’insegnante Maria Rosaria Valenti, li rendiamo auto-nomi e responsabili, quando i genito-ri ci dicono che il loro !glio va male a s c u o l a , lo pren- diamo, ne parlia- m o , e gli dicia- mo di sospender- l o dalle lezio- n i per due settimane, morale il n o -stro piccolo atleta riprende a stu-diare pur di non perdere la voglia di somigliare ai propri idoli, tra i quali !gura ovviamente Aldo Montano”. A dire il vero, pochi riescono ad arrivare ad alti livel-li, anche se il sogno è di tutti, so-

prat-tutto dei genitori, che devono però piegarsi poi

al fatto che i loro !gli

abbiano deciso

d i a p -p a s s i o -narsi ad uno sport povero, dove non è sem-plice reperire degli sponsor. A distinguersi in questo periodo la piccola Livia Tornabene di 13 anni, già seconda al campionato regio-nale di Fioretto Femminile Un-der 14. “Sono i genitori gli unici veri sostenitori di questo sport e di questi ragazzi e noi ne siamo orgogliosi” conclude il maestro Arturo Torregrossa.

Alcuni giovani schermitori del Gruppo Schermistico Nisseno

I ragazzi oltread allenareil !sicoimparanoa stare benecon gli altri

di Marco Benanti

Da anni esisteun movimentoschermisticoche contaun cospicuo numero di iscritti.Soprattuttobambini

L’ insegnante di schermaMaria Rosaria Valenti con

Arturo Torregrossa

Le stoccate dei baby spadaccini

Il Fatto dei piccoli

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Marzo www.ilfattonisseno.it 27

Page 70: Il Fatto Nisseno - marzo 2011
Page 71: Il Fatto Nisseno - marzo 2011

Marzowww.ilfattonisseno.it28

Ogni comune apparte-nente al nisseno con-serva un fascino, una storia, tradizioni uni-

che ed irripetibili. Il paese di Som-matino è fra questi. Le sue origini rimangono tutt’oggi incerte e va-ghe, tanto che è quasi impossibile dare notizie a!dabili circa le prime origini del centro. Pare che un atto notarile stilato nel lontano 1406 at-testi come già nella seconda metà del 1200 esistesse il“Casale di Som-matino”, appartenuto "no al 1456 alla nobile famiglia palermitana dei Tagliavia. La cittadina apparve per la prima volta nelle cronache nel censimento del 1583. Il paese passò di mano in mano prima dai Taglia-via come detto pocanzi, poi ai Del Porto e in"ne ai principi di Trabia,

i Lanza, proprietari della omonima miniera. Benché il paese abbia co-minciato a svilupparsi intorno al 1500, la con"gurazione urbana è tipicamente tardo-medievale, con la presenza di numerose stradine strette e tortuose che di tanto in tanto si aprono in piccole piazze e di numerose scalinate che si arram-picano verso il più antico insedia-mento. La storia di Sommatino e dei suoi abitanti è comunque strettamente correlata all’attività mineraria, tanto da poterla rileg-gere visitando gli impianti ormai abbandonati. Sommatino infatti deve gran parte della sua storia alle zolfare presenti nel proprio terri-torio ed in particolare alla minie-ra “Trabia-Tallarita, straordinario esempio di archeologia industriale, rappresentata in tutte le comples-

se fasi dell’evoluzione dell’attività estrattiva: dalla “calcarella” al “cal-carone”, dal “forno Gill” all’impian-to di “#ottazione”. L’estrazione dello zolfo accrebbe lo sviluppo econo-mico del paese dando un futuro alle tante famiglie locali. Il prezzo da pagare fu però comparabile ai bene"ci che la minierà apporto alla comunità. Un prezzo pagato attra-verso la so$erenza e la fatica im-mane degli uomini e dei “carusi” che vi lavorarono e che trascorsero parte della loro esistenza conoscen-do solo il buio delle grotte anguste. Alessandro Ferrara nominato dalla Regione Siciliana, Soprintendente di Ragusa è un estimato conosci-tore della miniera: “Grazie ad un

intervento progettato dalla Soprin-tendenza di Caltanissetta, con fon-di del POR Sicilia 2000-2006 per un importo di circa 5.500.000,00 euro l’unica grande struttura re-cuperata è stata l’ex Centrale Elet-trica “Palladio”. Il riutilizzo del sito trasformato oggiAggiungi un appuntamento per oggi in un per-corso storico senza eguali, fruibile al visitatore attraverso una mostra fotogra"ca permanente, che narra della vita e dell’evoluzione della sto-ria mineraria, una sala conferenze, una sala didattica ed un ampio spa-zio destinato a mostre temporanee, descrive la storia dello zolfo in Sici-lia. Una storia, che non riuscì mai a liberarsi dalle condizioni disumane con cui si lavorava in miniera”.Il museo delle solfare Trabia-Tallarita

A sinistra i motori “Tosi” della ex centrale elettrica Palladio, gli stes-si identici che si trovavano anche a bordo del Titanic e del Britannic, usati in coppia come gruppo di con-tinuità per la corrente elettrica.

di Erika Diliberto

Fatti & Dintorni

Sommatino, il paese delle zolfareLA GITA. La storia del paese è fortemente legata all’attività mineraria La miniera

“Trabia-Tallarita”è uno straordinario

esempio di archeologia industriale,

rappresentata in tutte le complesse fasi

dell’attività estrattiva.

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Marzo www.ilfattonisseno.it 29

Santa Barbara, una de-vozione senza "neLa “piaetas popolare” del comunesommati-

nese non può che essere lega-ta indissolubilmente a Santa Barbara, protettrice dei mi-natori. La ricorrenza di Santa Barbara patrona indiscussa della città di Sommatino ha luogo con la solenne proces-sione della Santa per le vie del paese il 4 dicembre, precedu-ta da una messa solenne in onore della Patrona Somma-tinese. La storia di Sommati-no strettamente correlata alle miniere di zolfo presenti nel territorio e alle migliaia di uomini che vi

lavorarono è costellata pur-troppo di avvenimenti triste-mente venuti alla ribalta per la loro crudezza. Le tragiche vicende dei minatori del po-sto tutt’oggi riempiono le pa-gine dei siti internet nonché di svariate opere letterarie. La loro storia testimonia la voglia di riscatto di intere ge-nerazioni che hanno so$er-to, sognato e desiderato un futuro migliore e prospero per i propri "gli. I minatori sommatinesi furono uomini profondamente religiosi e la loro religiosità scaturì essen-z i a lmente

dai numerosi pericoli a cui andavano incontro quoti-dianamente e in ogni istante della loro giornata lavorativa. Nei momenti di emergenza, quest’ultimi non "nivano mai di invocare la Madonna oltre naturalmente a San-ta Barbara, loro protettrice. Dell’antica festa in onore della Santa oggiAggiungi un appuntamento per oggi re-sta solo la celebrazione della Messa solenne e molte delle tradizioni del passato si sono perse nel vuoto so$ocate probabilmente da una so-cietà in continua evoluzione indi$erente sempre più spes-so alle memorie di chi ci ha preceduto. Francesco Curto, Presidente del Comitato di Santa Barbara ci raccon-ta della festa in onore della patrona sommatinese: “In passato questo giorno così solenne per noi, veniva cele-brato di solito nella seconda domenica di Maggio ed era curato dalla Confraternita di Santa Barbara, ma, col pas-sare del tempo, la festa ven-ne spostata al 4 Dicembre. In quel giorno i minatori erano esentati dal lavoro. La statua, dalla chiesa Madrice, veniva portata in miniera. Seguivano le funzioni religiose; poi musiche, fuochi d’arti"cio, luminarie e giochi tradiziona-li. Caratteristica la “pigliata di la ‘ntin-na” che consisteva nell’arrampicarsi su di un palo in-saponato, in cima al quale erano ap-pesi cibi e pacchi

sorpresa. Il simu-lacro veniva portato in pro-

cessione a spalla dai minatori in tenuta da lavoro e con le loro lampade di sicurezza accese in mano. Alla vigilia della festa, ai “Vespri” che si cantavano in onore della Santa, non mancava mai ne-anche un solo sommatinese. Alla vigilia di Santa Barbara, come anche dell’Immaco-lata che cade l’8 dello stesso mese, i ragazzi raccoglievano sterpi e fascine per alimenta-re li”vampi” tipici falò accesi per le strade.” Nonostante molte delle antiche tradizioni si siano nel tempo, i somma-tinesi continuano ad essere profondamente legati alla loro Patrona e ad essa dedi-cano ed a!diamo il futuro della loro cittadina . E. D.

Alla patrona del paese, festeggiata ogni anno il 4 dicembre, le richieste d’aiuto dei minatori, specialmente dei più piccoli.

REPORTAGE.

Chi ha l’opportuni-tà di recarsi in visita nel Comune nisseno di Sommatino non può che rimanere a$ascinato dalla bel-lezza indiscussa del-la Torre Civica, con annesso orologio in stile Liberty risalente ai primi del ‘900, sita nelle vicinanze del palazzo del Principe di Trabia. Ricostruita sulle rovine di un’an-

tica torre di avvistamento, proprio al centro della va-sta Contea, la costruzione è visibile da quasi tutto il territorio che si estende tra i "umi Salso e Gibbe-si. L’edi"cio, nonostante oggiAggiungi un appun-tamento per oggi risulta essere danneggiato dal tempo e dall’incuria degli uomini conserva comun-que una sua solennità. La parte centrale della torre è sormontata da un sopra-elevazione che richiama vagamente la forma di un tempio e al centro di detta sopraelevazione è possi-bile notare un fregio cir-colare che probabilmente sosteneva lo stemma di famiglia. Sotto l’architra-ve, "nemente scolpito, si

intravedono tutt’oggiAg-giungi un appuntamento per oggi i resti dipinti di un motivo ornamentale. Alcune parti dell’edi"cio come le entrate laterali sono oggiAggiungi un ap-puntamento per oggi state sostituite da funzionali ma poco estetiche saracine-sche moderne. L’ingresso centrale fortunatamente conserva comunque la pri-mitiva architettura con un vecchio portone in legno. Stefano Carmina, esperto conoscitore del funzio-namento dell’orologio, ne elogia il macchinario par-landoci delle sue compo-nenti: “L’orologio, ancora oggi in ottime condizioni, è un orologio di tipo mec-canico. Al suo interno vi sono ben tre pesi e quattro quadranti. Ogni quindi-ci minuti il tempo veniva scandito dal rintocco delle campane che in passato ve-nivano udite da ogni parte del nostro paese. Il suo funzionamento, essendo uno strumento datato, è tutt’ora manuale. Conge-gni di tale precisione e di tale pregio come l’orologio della Torre Civica, è di!ci-le per oggi poterne trovare altri con facilità”. E. D.

La Torre civica,dove l’Orologiosegna i l tempo

Torre civica. A sinistra Santa Barbara, patrona di Sommatino

FOTO

Sci

angu

la

S. Barbara, protettrice dei carusi

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Marzowww.ilfattonisseno.it30

In tema di anniversario dell’Unità d’Italia si fa una gran parlare di unità, cercando i personaggi che potrebbero avallarne la natura viene scomodato anche Garibaldi.La vera storia di Garibaldi è molto controversa, nessuno ha scritto quella vera, indiscutibile, ma anche fantasio-sa, come merita l’eroe dei due mondi !Ora ci provo !Un bel giorno Garibaldi si recò al por-to di Genova, radunò alcuni portuali e li arringò proponendo una crociera nel Mediterraneo, con sosta a Marsa-la ed escursione turistica a Palermo.

I portuali si mostrarono interessati, visto che si trattava di una crociera gratis, vitto e alloggio compreso, ma non erano abbastanza soddisfatti della proposta, che ritenevano limitata.Intanto Cavour aveva mandato in avanscoperta Rosolino Pilo.Per esaltare la proposta di Garibaldi intervenne il suo aiutante di campo che la storia tramanderà come Cetto Laqualunque (la madre dei Cetto La-qualunque è sempre incinta !); questi suggerì l’escamotage a Garibaldi, il quale colse al volo l’idea e comunicò ai portuali: A Marsala troveremo pilo

!!! mentre Cetto Laqualunque scandiva Cchiù pilu ppe tutti !I portuali si esaltarono ed eccitatissi-mi si recarono alle imbarcazioni; era 7.500 e non fu possibile imbarcarli tutti, così ne vennero selezionati solo 1.000 tra i più muscolosi e, apparente-mente, prestanti.La navigazione fu piuttosto nervosa, ma in!ne apparve Marsala con il suo porto. I portuali di Genova scesero dalle navi ma furono bloccati nello spiazzale, dove era stato approntato un palco per un comizio; si pensò a informazioni di metodo, invece si pre-sentò un ometto tarchiato, gocciolan-te sudore, che esordì: Sono Rosolino Pilo . Non potè andare avanti perché i portuali capirono subito di essere ca-duti in una trappola, e, incazzatissimi, si mossero verso l’uscita dal porto in cerca di Garibaldi. I soldati borbonici credettero che quella folla ce l’avesse con loro e scapparono a gambe levate.Garibaldi, pro!ttando del disordine, era già arrivato a Palermo, dove si precipitò a svaligiare il Banco di Si-cilia, sottraendo l’oro che ivi giaceva)farà lo stesso con il Banco di Napoli, e quell’oro costituisce, ancora oggiAg-giungi un appuntamento per oggi, i 4/5 delle riserve auree della Banca d’Italia.Visto che c’era, Garibaldi si autono-minò dittatore della Sicilia (Il vezzo di autonominarsi dittatori ha origine antiche !!!) e si apprestò a invadere tut-to il regno delle Due Sicilie, in nome e per conto della dinastia dei Savoia , dopo il fallito tentativo nel 1713: Vittorio Amedeo di Savoia e la mo-glie, Anna d’Orleans, sbarcarono a Pa-lermo il 10 ottobre 1713 per prendere possesso del regno di Sicilia, e l’inco-ronazione del nuovo re avvenne il 24 dicembre nella cattedrale di Palermo con una solenne cerimonia, ultimo retaggio della fastosità del cerimoniale spagnolo. Il papa, rivendicando i suoi diritti sul trono di Sicilia, che era feudo della Santa Sede, non riconobbe l’in-

vestitura di Vittorio Amedeo e sorse un’ accesa polemica tra i sostenitori del privilegio papale e quelli della pa-trimonialità del titolo di re di Sicilia, mentre rimaneva del tutto in ombra l’aspetto ben più signi!cativo e legitti-mo dell’indipendenza politica dell’iso-la. (da Rosario Amico Roxas, Storia della Sicilia dalle origini all’autonomia (1948), ed., Paruzzo, Caltanissetta 2002, pag. 90,91)L’ abolizione della Legazia Apostolica, di cui la Sicilia godeva dai tempi dei Normanni (circa 600 anni) e di cui andava orgogliosa, esasperò i Siciliani, distogliendoli dalla fedeltà al nuovo regime e avvicinandoli alla Chiesa. Con l’interdetto i sudditi erano sciolti dall’obbligo di fedeltà al re e, mentre molti ecclesiastici s!davano aperta-mente il re, l’esercizio del culto si fer-mò quasi del tutto.Vittorio Amedeo alla !ne del 1714 lasciò la Sicilia per governarla attra-verso un consiglio speciale con sede a Torino, mentre nell’isola rimase come vicerè il conte Annibale Ma"ei.(ib. Pag.91,92)Vennero gettate le basi per la nascita di una nazione, che diventerà Stato dopo la seconda guerra mondiale e dopo l’infausta esperienza fascista, quando si dette una delle più avanzate Costituzioni del mondo. Nacque una nazione, si formò uno Stato, ma anco-ra aspettiamo che, !nalmente, possa elevarsi a Patria.

Rosario Amico Roxas

Si è conclusa brillantemente la prima fase del progetto “Segni e di..segni” organizzato dall’Associazione Cultura-le 7/ottavi. Nato da un’idea originale di Michele Albano ed Ernesto Cerrito con la collaborazione di Alessandro Valenti in arte Alvalenti il progetto si pone come obietti-vo l’educazione all’immagine ed alla creatività dei ragazzi di tutte le quinte elementari di Caltanissetta. Il percorso formativo prende spunto dal disegno umoristico, disci-plina esercitata dall’artista Alvalenti che dopo la presenza a Zelig e Disney Channel approda in prima nazionale nelle aule scolastiche.Durante gli oltre quindici incontri i ragazzi nisseni han-no potuto sviluppare, oltre alle loro capacità tecniche le-gate al disegno, la straordinaria forza del guardare “altro ed oltre” come a"ermato da Alvalenti e dalla sua collabo-ratrice l’ottima attrice catanese Eliana Esposito. Da sotto-lineare l’entusiasmo di ragazzi ed insegnanti che hanno accompagnato ogni lezione-esibizione con espressioni di stupore ed applausi.“Segni e di..segni è il primo passo verso una meta ambi-ziosa – a"erma Michele Albano, presidente dell’Associa-zione 7/ottavi – aiutare i nostri !gli a sviluppare la fan-tasia liberando così tutte quelle risorse che possiedono e che spesso nascondono. E’ un esercizio a non vedere le cose solamente per ciò che sembrano essere ma piut-tosto allargare i propri orizzonti verso un’ulteriore realtà possibile.”“Progetti di questo tipo e livello dovrebbero essere incen-tivati e ad essi dovrebbe venir concessa una priorità as-soluta” a"erma una delle dirigenti dei sei circoli didattici che, con queste parole, sottolinea la validità e gradimento dell’iniziativa, peraltro patrocinata dal Comune di Calta-nissetta. Nelle fasi successive i ragazzi verranno invitati a realizzare delle vignette che parteciperanno al 1° Con-corso “Segni e di…segni”. Il progetto si concluderà con una manifestazione !nale.

Michele Albano

La vera storiadi Garibaldi

Cartoon in classe

Riceviamo & pubblichiamo

Giuseppe Garibaldi

Cetto Laqualunque

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Marzo www.ilfattonisseno.it 31

Il postino che suona sempre due volte, ri-mane un mero clichè cinematogra!co ad uso e consumo dei nostalgici che uden-do un campanello suonare due volte con

breve salto di memoria, rievocano la classica !gura del postino dietro la porta. La delusione è invece quella che a suonare il campanello con certa insistenza è quasi sempre il vicino di casa o la suocera brontolona, dato che a suonare due volte per consegnare un pacco, i postini di oggi non ci pensano nemmeno. Il postino una volta suonava sempre due volte, ora a malape-na arriva a una. E se va di fretta può succedere che, invece di suonare per consegnare la racco-mandata, lasci direttamente la cartolina gialla nella buca della posta. Dando così l’incomben-za al destinatario di andare in missione all’u#-cio postale per il ritiro. A Caltanissetta avviene proprio così, una volta giunti alla Posta di Via Leone XIII si prende il numeretto (quando fun-ziona) ci si mette in !la e si aspetta: dai dieci ai trenta minuti per poi scoprire che per pacchi e raccomandate occorre uscire all’esterno ed en-trare da un cancello dove un po’ nascosto è sta-to allestito uno sportello secondario, dove due operatori sono addetti alla consegna dei pacchi o delle raccomandate, ovviamente dopo che il cittadino ha pagato altri euro per la giacenza. “E’ una vergogna- dichiara un noto commer-ciante nisseno dinanzi lo sportello- mia moglie

ieri era in casa, ed il postino ha lasciato l’avviso come se non avesse trovato nessuno, peccato che mia moglie non si è allontanata da casa, e quindi le ipotesi son due, o mia moglie mente o il postino non fa bene il suo lavoro, io pre-ferisco pensare alla seconda ipotesi! Scherzi a parte ho intanto perso un’ora per ritirare un pacco grande quanto un libro che il postino poteva benissimo lasciarmi a casa”. Ma quali sono le motivazio-ni di tale di"uso costume delle Poste Italiane? Un primo motivo potrebbe es-sere quello di minimizzare i tempi del lavoro, nel senso che il postino così facendo in più occasioni !nisca prima, mentre il secondo motivo potrebbe esse-re quello di far pagare al ritiro della stessa. Si perché se si ritira la racco-mandata dopo 5 giorni, si paga una tassa di giacenza e quindi magari po-trebbe capitare che la cartolina rimanga nella buca delle lettere sul fondo e non la si veda subito, il tutto a pieno giovamento delle casse delle Poste. Se la Raccomandata viene invece consegnata a mano il meccani-smo (perverso!) ha meno probabilità di acca-dere e si andrebbe in posta subito senza paga-re nulla. Tutta colpa del poco personale, dopo

il ridimensionamento seguito all’accordo siglato dai sinda-

cati con Poste Italiane per allontanare seimila esuberi. Altro risultato? Bollette e multe possono arrivare già

scadute, con il destinatario che viene messo in mora.

Cari Tafano, proprio nei giorni scorsi, recandomi al mio consueto bar di !du-cia dove trascorro la mag-gior parte del mio tempo, in quanto disoccupato, ho notato questa nuova ini-ziativa editoriale “IL FAT-TO NISSENO”. Ne rimasi enormemente colpito in quanto “nisseno” ma, so-pratutto, in quanto “fatto”. Pensavo fosse una rivista di informazione rivolta a noi giovani fatti locali e

invece, ahimè, ho scoperto che si parla sempre dei fatti di Caltanissetta. Con im-menso a"atto.... scusate.... volevo dire a"etto.

Michele

Caro Michele, il nostro mensile parla proprio di Caltanissetta in quanto città dei fatti. Infatti, ci sono po-che parole e molti fatti. Tutti conoscono ormai questo fatto! Infatti i fatti nascono proprio dalla politica locale.

I politici (da destra a sini-stra, passando per il centro) sono ormai così fatti che non capiscono il dato di fat-to... e cioè che stiamo fat-tivamente sprofondando in un mare fatto di popò. Quindi, per sopravvivere in città servono più fatti.... non parole! Scusa il gioco di parole che abbiamo fat-to.Anzi, ti sveliamo un segreto; se provi a fumare le nostre pagine ti apparirà tutto più

chiaro e se sei proprio for-tunato ti apparirà pure San Michele!

ocus & lettori [email protected]

PAROLA AI CITTADINI. Vanno di fretta costringendo gli utenti al ritiro dei pacchi all’u#cio postale

Lettere ai Tafano

Il postino non suona più due volte

Fai la tua domanda ai tafano!

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