Il Fatto Nisseno - maggio 2011

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www.ilfattonisseno.it scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it a pagina 13 SANITA’ Di Forti chiede un Punto di primo intervento alle pagine 16 e 17 SETTIMANA SANTA 2011 Don Quattrocchi: Una edizione da dimenticare a pagina 22 STORIA & CULTURA Sciascia, libraio che conobbe John Kennedy Il personaggio del mese Non abbiate paura Marco Venturi: L’importanza della zona franca Nisseni “allergici” al codice della strada COSTUME & SOCIETA’ IL PERSONAGGIO ECONOMIA Emanuele Macaluso alla direzione de “Il Riformista” a pagina 8 alle pagine 6 e 7 a pagina 21 di D. Polizzi di A. Sardo di M. Spena ISSN: 2039/7070 Giovanni Paolo II Beato Anno I Num. 4 Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Mensile di approfondimento Maggio “Questo popolo, popolo siciliano, talmente attaccato alla vita, popolo che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, civiltà della morte!” I l Fatto Nisseno na- sce come mensile di approfondimen- to locale e proprio per questo abbiamo abitua- to i nostri lettori a tro- vare nelle nostre pagine fatti e volti più o meno noti del territorio nis- seno. Ma per quale mo- tivo su questo numero di maggio in prima pagina c’è un polacco? La risposta è semplice: è un polacco speciale, il Beato Giovanni Paolo II, un papa che ha aper- to una nuova strada alla Chiesa nel dialogo con la grande famiglia umana e che lega il suo nome al mese di mag- gio perché il 1 maggio di quest’anno è stato proclamato beato dalla Chiesa (ma era ancora maggio, quando scam- miracolosamente, nel 1981, all’attentatore Ali Agca). Mettendo da parte ogni valuta- zione di natura morale o teologica sull’oppor- tunità di questa scelta, ho sentito la necessità della Sua presenza su questa edizione perché ritengo che il Beato Ka- rol Wojtyla sia stato (e rimane) “cittadino del mondo” e quindi pos- siamo sentirlo anche cittadino nisseno. For- se sarà riduttivo e per certi versi irriverente, e se dovesse essere così mi scuso, ma vorrei che quella bellissima esortazione del Santo Padre, “Non abbiate paura”, diventasse, al di là del credo religioso di ogni singolo individuo, il motore propulsivo in grado di spingere il no- stro territorio verso una svolta attesa e neces- saria. Tutti dobbiamo “non avere paura” di essere protagonisti del cambiamento. La clas- se dirigente e politica è spesso impaurita dalle decisioni e se decide, decide con paura. L’au- tomobilista non deve avere paura nel rispet- tare le regole del Co- dice della strada. L’im- prenditore non deve avere paura di investire nella propria azienda e non deve avere paura a denunciare chi quell’in- vestimento rende vano. I genitori non devono avere paura a parlare con i propri gli. E se oggi avvertiamo questo profondo malessere, che ci consuma, forse è perche abbiamo avu- to per troppo tempo paura, magari senten- doci (paradossalmente) “coraggiosi” nel non rispettare le regole, sia quelle più ovvie, che ci impone il galateo, sia quelle legate al nostro ordinamento giuridico. E non diamo sempre la colpa alla classe poli- tica. Tutti, impauriti e coraggiosi a modo no- stro, siamo responsabi- li. E nelle mani di tutti è il cambiamento vero. Un polacco in prima — di Michele Spena L’ editoriale FREE PRESS

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mensile di approfondimento su Caltanissetta e provincia

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a pagina 13

SANITA’

Di Forti chiedeun Punto di primo intervento

alle pagine 16 e 17

SETTIMANA SANTA2011

Don Quattrocchi:Una edizione da dimenticare

a pagina 22

STORIA & CULTURA

Sciascia, libraioche conobbeJohn Kennedy

Il personaggio del mese

Non abbiate

paura

Marco Venturi:L’importanzadella zona franca

Nisseni “allergici” al codicedella strada

COSTUME & SOCIETA’ IL PERSONAGGIOECONOMIA

Emanuele Macalusoalla direzionede “Il Riformista”

a pagina 8 alle pagine 6 e 7 a pagina 21di D. Polizzidi A. Sardo di M. Spena ISSN

: 203

9/70

70

Giovanni Paolo II Beato

Anno I Num. 4

Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimentoMaggio

“Questo popolo, popolo siciliano,

talmente attaccato alla vita, popolo che ama la vita,

che dà la vita, non può vivere sempre

sotto la pressione di una civiltà contraria,

civiltà della morte!”

Il Fatto Nisseno na-sce come mensile di approfondimen-

to locale e proprio per questo abbiamo abitua-to i nostri lettori a tro-vare nelle nostre pagine fatti e volti più o meno noti del territorio nis-seno. Ma per quale mo-tivo su questo numero di maggio in prima pagina c’è un polacco? La risposta è semplice: è un polacco speciale, il Beato Giovanni Paolo II, un papa che ha aper-to una nuova strada alla Chiesa nel dialogo con la grande famiglia umana e che lega il suo nome al mese di mag-gio perché il 1 maggio di quest’anno è stato proclamato beato dalla Chiesa (ma era ancora maggio, quando scam-pò miracolosamente, nel 1981, all’attentatore Ali Agca). Mettendo da parte ogni valuta-zione di natura morale o teologica sull’oppor-tunità di questa scelta, ho sentito la necessità della Sua presenza su questa edizione perché ritengo che il Beato Ka-rol Wojtyla sia stato (e rimane) “cittadino del mondo” e quindi pos-siamo sentirlo anche cittadino nisseno. For-se sarà riduttivo e per certi versi irriverente, e se dovesse essere così mi scuso, ma vorrei che quella bellissima esortazione del Santo

Padre, “Non abbiate paura”, diventasse, al di là del credo religioso di ogni singolo individuo, il motore propulsivo in grado di spingere il no-stro territorio verso una svolta attesa e neces-saria. Tutti dobbiamo “non avere paura” di essere protagonisti del cambiamento. La clas-se dirigente e politica è spesso impaurita dalle decisioni e se decide, decide con paura. L’au-tomobilista non deve avere paura nel rispet-tare le regole del Co-dice della strada. L’im-prenditore non deve avere paura di investire nella propria azienda e non deve avere paura a denunciare chi quell’in-vestimento rende vano. I genitori non devono avere paura a parlare con i propri !gli. E se oggi avvertiamo questo profondo malessere, che ci consuma, forse è perche abbiamo avu-to per troppo tempo paura, magari senten-doci (paradossalmente) “coraggiosi” nel non rispettare le regole, sia quelle più ovvie, che ci impone il galateo, sia quelle legate al nostro ordinamento giuridico. E non diamo sempre la colpa alla classe poli-tica. Tutti, impauriti e coraggiosi a modo no-stro, siamo responsabi-li. E nelle mani di tutti è il cambiamento vero.

Un polacco in prima

— di Michele Spena —

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In occasione della celebrazione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, torniamo al tema che ha costituito il messaggio centrale della Istruzione Pastorale Communio et Pro-

gressio, approvata da Papa Paolo VI nel 1971 e relativa all’applicazione del Decreto del Concilio Vaticano II sugli strumenti della Comunicazione Sociale. Formu-lata in conformità ai desideri dei Padri Conciliari, la Istruzione individuava nell’unità e nel progresso della famiglia umana gli obbiettivi principali della comuni-cazione sociale e di tutti i mezzi di cui essa si serve. Nel ventennale di questo importante documento, desidero richiamare tale fondamentale considerazione per invi-tare i membri della Chiesa a ri!ettere, una volta di più, sui gravi problemi e sulle nuove, ricche opportunità che i continui sviluppi degli strumenti della comuni-cazione originano, soprattutto in relazione all’unità ed al progresso di tutti i popoli.

Da molto tempo la Chiesa ritiene che i media (stampa, radio, televisione e cinema) sono da considerare dei «doni di Dio» (cfr. Pio XII, Miranda Prorsus, AAS, 24, [1957], p. 765). Da quando venne pubblicata l’Istru-zione Pastorale l’elenco dei «doni», comprensivo dei mezzi di comunicazione, ha continuato ad allungarsi. Ora, l’umanità dispone di mezzi quali satelliti, compu-ter, videoregistratori e sempre più avanzati metodi di trasmissione ed informazione. Il "ne di questi nuovi doni è lo stesso dei mezzi di comunicazione più tra-dizionali: avvicinarci l’un l’altro più intimamente nel-la fratellanza e nella mutua comprensione, ed aiutarci a progredire nella ricerca del nostro destino umano, come diletti "gli e "glie di Dio.

Il legame tra questa considerazione d’ordine generale e la ri!essione che vorrei o#rirvi in questa occasione è chiaro e diretto: l’uso di mezzi di comunicazione così potenti, oggi a completa disposizione dell’uomo, richiede in tutti coloro che ne sono coinvolti un alto senso di responsabilità. Nelle parole della Istruzione Pastorale del 1971, i media sono «mezzi di comuni-cazione sociale inanimati». Se essi adempiono oppure no allo scopo per il quale ci sono stati dati, dipende in larga misura dalla saggezza e dal senso di responsabi-lità col quale se ne fa uso.

Dal punto di vista cristiano, gli strumenti di comu-nicazione sono dei meravigliosi mezzi a disposizione dell’uomo per allacciare, con l’aiuto della Divina Prov-videnza, rapporti sempre più stretti e costruttivi fra gli individui e nell’intera umanità. Infatti, grazie alla loro di#usione, i media sono in grado di creare un nuovo linguaggio che mette in grado gli uomini di conoscer-si e capirsi con maggior facilità, e quindi di lavorare meglio assieme per il bene comune (cfr. Communio et Progressio, 12).

Tuttavia, se i media sono chiamati ad essere veicoli ef-"caci di amicizia e di autentica promozione dell’uomo, essi devono essere canali ed espressione di verità, di giustizia e pace, di buona volontà e carità fattiva, di mutuo aiuto, di amore e comunione (cfr. Communio et Progressio, 12 e 13). Se i media servano poi ad arric-chire o ad impoverire la natura dell’uomo, questo di-pende dalla visione morale e dalla responsabilità etica di coloro che sono coinvolti nel processo di comuni-cazione e di coloro che sono destinatari del messaggio dei media.

In questo quadro, ogni membro della famiglia dell’uo-mo, dal più semplice consumatore al più importante produttore di programmi, hanno una responsabilità individuale. Mi appello dunque ai Pastori della Chie-sa ed ai fedeli cattolici che sono impegnati nel mondo della comunicazione, a$nché rinfreschino la loro conoscenza dei principi e del-le linee direttrici così chiaramente enunciati nella Communio et Progressio. Che possano capi-re dove è il loro dovere e pos-sano trarne incoraggiamento per portare avanti i loro doveri come servizio fondamentale per l’unione ed il pro-gresso della famiglia dell’uomo.

Mi auguro che questa XXV Giorna-ta Mondiale delle Comuni-cazioni Sociali sia un’occasione a$nché le par-rocchie e le comu-nità locali rinnovino la loro attenzione verso le realtà dei media e la loro

in!uenza sulla società, sulla famiglia e sugli individui, soprattutto i bambini ed i giovani.

Vent’anni dopo la Communio et Progressio è possibile aderire interamente al monito espresso nel documento ed alle sue aspettative sugli sviluppi della comunicazio-ne: «Sono quindi aumentate d’improvviso, in maniera vertiginosa, le responsabilità e i doveri del popolo di Dio di fronte ai nuovi impegni, poiché sono anche au-mentate, come non mai in passato, le sue possibilità di in!uire positivamente perché gli strumenti della co-municazione sociale diano una spinta e$cace al du-raturo progresso dell’umanità, . . . alla collaborazione fraterna fra i popoli ed anche all’annuncio del Vangelo di Salvezza, che porti "no ai con"ni della Terra la te-stimonianza del Salvatore» (Communio et Progressio, n. 182).

Prego ardentemente Dio a$nché vi guidi e vi aiuti nella realizzazione di questa

grande speranza, di questo grande compito!

Dal Vaticano, 24 gennaio 1991.

IOANNES PAULUS PP. II

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO IIPER LA XXV GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

“I mezzi di comunicazione per l’unità e il progresso della famiglia umana”

Cari fratelli e sorelle,

Domenica 12 Maggio 1991

Nel mese in cui la Chiesa ha beati"cato Papa Giovanni Pa-olo II, da sempliici operatori dell’informazione preferiamo omaggiarlo pubblicando un messaggio che il Santo Padre

aveva inviato agli operatori del settore in occasione della venti-cinquesima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Karol Wojtyla era un grande comunicatore, ne è testimo-

nianza questo scritto che resta una pietra miliare nei rapporti tra la Chiesa e i mass media. Il contenuto del messaggio è un insegnamento che facciamo nostro.

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Alla sua età, incerto sulle gambe, camminava te-nendosi al braccio di un parente o di un amico,

ma non mancava mai ogni anno il 21 settembre sulla statale 640 tra Canicattì e Agrigento, quando ve-niva commemorato il !glio magi-strato, ucciso lì dai sicari della stid-da agrigentina nel 1990.E nella solennità delle divise, delle corone di !ori e delle auto blu, la sua era la presenza più lieve e più al-legra: salutava tutte le autorità e poi, con sguardo esperto, individuava nelle seconde e terze !le i capan-nelli degli intervenuti più giovani e si avvicinava a loro, apostrofando-li quasi come a volerli prendere in giro: “Che siete voi, ora, i giudici ra-gazzini? E allora vi devo salutare”.Vincenzo Livatino era il padre del “giudice ragazzino”; attratti dalla sua severità bonaria e dal suo a"et-to perentorio, quei giovani magi-strati si sentivano un po’ anche !gli suoi e per questo un po’ fratelli di Rosario Livatino. Fratelli minori, si intende, che guardano con scon!-nata ammirazione al “ragazzino” più grande e cercano di imparare, sperando e temendo di potere esse-re com’era lui.Insieme a sua moglie Rosalia Corbo, Vincenzo Livatino aveva cresciuto il loro unico !glio edu-candolo al rigore e all’onestà ed era stato ripagato vedendolo diventare un magistrato competente e corag-gioso.Ciò che dava orgoglio ai genito-ri, dava invece fastidio alle cosche ma!ose.Quando seppero che la macchina di Rosario era stata speronata dai killer, che il loro !glio aveva cercato di fuggire nella campagna oltre il guard rail, che era stato inseguito e che gli avevano sparato senza pietà, per Vincenzo Livatino e sua moglie Rosalia la vita sembrò fermarsi.E invece l’esempio luminoso di Ro-sario e la testimonianza dei suoi ge-nitori avrebbero ancora dato molto alla Sicilia e al mondo.Sobri e composti, vissero il loro do-lore senza nasconderlo ma senza proclamarlo; piansero il loro !glio

senza dolersi mai delle scelte che aveva fatto; nulla rivendicarono dal-lo Stato, da quello Stato per servire il quale Rosario non aveva potuto accompagnarli nella loro vecchia-ia; non persero, anzi accrebbero la loro fede in quel Dio che insieme a Rosario tante volte avevano pregato e sotto la tutela del quale Rosario si

metteva ogni giorno.Al Presidente della Repubblica che li andò a trovare per i funerali chie-sero perché si era preso tanto di-

sturbo da fare un viaggio così lungo da Roma a Canicattì; a chi poneva loro domande sulla scorta che il !-glio non aveva mai avuto, dicevano che così aveva voluto e che aveva avuto ragione, perché era morto lui solo e non altri padri di fami-glia; quando vennero condannati i colpevoli dell’omicidio di Rosario, dissero solo che erano vecchi e non avevano la forza di seguire tutti i processi.Invece di forza ne avevano tanta e la trasmettevano a tutti. Persino ad un Papa santo.

Il 9 maggio del 1993, Giovanni Paolo II andò in visita pastorale ad Agrigento; si era documentato moltissimo sulla ma!a, ma, a dif-ferenza di tanti esperti, sentiva che per capirla a fondo tutti quegli studi non potevano bastare.Il Vescovo di allora, Mons. Ferraro, gli presentò Rosalia Corbo e Vin-

cenzo Livatino; Vincenzo si mise di !anco e lasciò alla moglie tutta l’attenzione del Papa, che le prese le mani, le tenne nelle sue e la !s-sò negli occhi amorevolmente; in questo lungo ed intenso momen-to trascorso da Rosalia e dal Santo Padre in un abbraccio di sguardi e in assoluto silenzio, Vincenzo restò da parte continuando a sussurrare: “Me l’hanno ammazzato, nemme-no quarant’anni”.Racconterà Gianfranco Sviderco-schi, biografo di Wojtyla e suo fe-dele accompagnatore, che, quando i genitori del “giudice ragaz-zino” si allontanarono, il Papa disse: “Ecco cos’è la ma!a. Un conto è studiarla, un conto è vedere quello che ha provocato”. Poi si avviò verso la valle dei Tem-pli dove avrebbe celebrato una Messa storica, che avrebbe dato un im-pulso irrever-

sibile alla pastorale della Chiesa.Gli occhi e le mani di Rosalia, il mesto e dignitoso sussurrare di Vincenzo, la testimonianza sempli-ce e vigorosa del loro !glio Rosario quante sensazioni avranno lascia-to nel grande cuore di Wojtyla? Quante di tutte quelle che sponta-neamente egli espresse nell’oramai celebre anatema contro la ma!a?“Dio ha detto una volta: non uc-cidere. Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglome-razione, ma!a, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Lo dico ai responsabili: con-vertitevi! Un giorno verrà il giudi-zio di Dio!”La potenza di quelle parole ricor-dava il velo del tempio squarciato in due dopo l’ultimo grido di Gesù croci!sso. E l’emozione, la rabbia che esprimevano non contrastava-no per nulla con la mitezza delle persone che avevano concorso ad ispirarle.Oggi Giovanni Paolo II è beato; da un anno è in corso il processo ca-nonico diocesano di beati!cazione per Rosario Livatino. Rosalia Cor-bo nel 2003 ha raggiunto il !glio e ha lasciato a Canicattì Vincenzo Livatino, che ha continuato, !no all’età di 93 anni, ad incoraggiare la buona volontà di uomini delle isti-tuzioni e della società civile, addi-tando Rosario come servitore dello Stato e martire della fede. E’ morto, forse non ancora stanco, il 5 maggio dell’anno scorso. I giudici ragazzini ne hanno tanta nostalgia.

Rosario Angelo Livatino (Canicattì, 3 ottobre 1952 – Agrigento, 21 set-tembre 1990) è stato un magistrato italiano assassinato dalla ma!a.

Vincenzo Livatino, il papàdel magistrato che ispirò l’ anatema di Agrigento

Fatti contro la ma!aper non dimenticare

di Giovanbattista Tona

Figlio dell’avvocato Vincenzo e della signora Rosalia Corbo. Conseguita la maturità presso il liceo classico Ugo Foscolo, nel 1971 s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Paler-mo nella quale si laureò nel 1975 cum laude. Tra il 1977 ed il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova presso l’u#cio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classi!cato tra i primi in gra-duatoria nel concorso per uditore giudiziario, entrò in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta.Nel 1979 diventò sostituto procura-tore presso il tribunale di Agrigen-to e ricoprì la carica !no al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere. Venne ucciso il 21 settem-bre del 1990 sulla SS 640 mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizza-zione ma!osa in contrasto con Cosa Nostra. Del delitto fu testimone oculare Pietro Nava, sulla base delle cui dichiarazioni furono individuati gli esecutori dell’omicidio.Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli Siciliana ed aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della ma!a, anche attra-verso lo strumento della con!sca dei beni. Visse e operò in un perio-do nel quale alcuni giovani magi-strati cominciarono delle indagini che rivelavano per la prima volta i legami tra ma!a, politica e masso-neria. Il Presidente della Repubblica di allora Francesco Cossiga attaccò quei magistrati con una notissima dichiarazione: «Possiamo continua-re con questo tabù, che poi signi!ca che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l’azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza ri-spondere a nessuno...? Non è pos-sibile che si creda che un ragazzino, solo perchè ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di con-durre indagini complesse contro la ma!a e il tra#co di droga. Questa è un’autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli a#derei nem-meno l’amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola !nestra, che è anche la porta». Fu poi Nando Dalla Chiesa che ri-battezzò Livatino con la stessa dizio-ne usata da Cossiga, intitolando una famosa biogra!a del magistrato “il giudice ragazzino” (edita da Einaudi e venduta in centinaia di migliaia di copie); ciò con il !ne di dimostrare che quell’inso"erenza di Cossiga nei confronti dei giovani magistrati era mal riposta.Papa Giovanni Paolo II de!nì Rosa-rio Livatino «martire della giustizia ed indirettamente della fede».

Rosario Livatino,il giudice ragazzino

martire della giustizia

L’esempioluminosodi Rosarioha dato moltoalla Siciliae al mondo

L’incontro tra Giovanni Paolo II ed i genitori di Rosario Livatino

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Pignatone, un giganterispetto ai nani della politica

Sembra incredi-bile. Ma c’è stato un tempo in cui la provincia di

Caltanissetta era autore-volmente rappresentata a livello parlamentare e governativo, oltre che

guidata con saggezza nel-le amministrazioni locali. Dalla ricostruzione delle macerie della guerra al cosiddetto miracolo eco-nomico: 1948-1958. A fare la politica, in quegli anni, c’era gente seria e

capace. Non mancavano le contrapposizioni né gli interessi di parte. Non mancavano le furbizie di sempre e le lotte per il potere. Ma la classe diri-gente di allora aveva una sua qualità, anche mo-

rale. Erano politici, non politicanti da strapazzo. Attrezzati culturalmen-te. Giganti in confronto ai nani degli ultimi anni. Uno di questi (giganti) fu Francesco Pignatone, che è stato ricordato nei gior-ni scorsi con un convegno di studi a San Cataldo, suo paese natale. Politico e intellettuale cat-tolico di ra!nata sensibi-lità, visse da protagonista la tormentata stagione del milazzismo. Con passione e lucidità prese di petto la crisi dell’autonomia sici-liana e dell’unità politica dei cattolici, alla "ne degli anni Cinquanta, quando la Sicilia era ai margini del sistema capitalistico ita-liano, la riforma agraria si era già rivelata un insuc-cesso e l’industrializza-zione un’illusione. Scom-parso nel 2006, Pignatone elaborò in quel contesto una ri#essione originale

impastata di istanze libe-raldemocratiche e di cri-stianesimo sociale. E so-prattutto sorretta da una serie di intuizioni tutte moderne: al di là dell’esito storico dell’esperienza Mi-lazzo, scandalosamente fallita dopo appena sedici mesi di governo per col-pa di incoerenze interne e soprattutto di pressioni esterne. Classe 1923, Pignatone respirò "n da subito l’aria del vivacissimo movi-mento cattolico nisseno. Laureato in lettere, insegnante di latino e greco nel liceo clas-sico di Caltanissetta e nel seminario vesco-vile, presidente dio-cesano dell’Azione Cattolica, entrò in politica spinto dal vescovo Giovanni Jacono. Fu consigliere comunale e sindaco di San Cataldo. Elet-

to deputato al Parlamento nelle liste della Democra-zia Cristiana a venticinque anni, rappresentò insieme al concittadino Giuseppe Alessi (del quale fu prima pupillo e poi nemico giu-rato) il "ore all’occhiello della tradizione del catto-licesimo politico nisseno e isolano.

IL RICORDO. Da parlamentare fu protagonista della stagione del “milazzismo”

di Salvatore Falzone

Francesco Pignatone

Un tempo la politica usava il “baciamano”, adesso la “toccatina”

Direzione EditorialeMichele Spena

[email protected]

Direttore ResponsabileRosamaria Li Vecchi

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Collaborazioni:Osvaldo BarbaMarco Benanti

Rosamaria ColajanniSalvatore FalzoneLello LombardoMartina NigrelliDonatello Polizzi

Alberto SardoGianbattista Tona

Michele Spena

ImpaginazioneClaudia Di Dino

Redazione Viale della Regione, 6

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Tel/Fax: 0934 - 594864info pubblicità: 333/2933026

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nostra rapida carrellata delle “genialità” inizia con la foto numero 1. Abbiamo sempre creduto che le quattro ruote do-vessero stazionare sulle strade e le per-sone sui marciapiedi: fortunatamen-te…qualcuno ha avuto l’accortezza di svelarci la verità! L’auto è comodamen-te posteggiata sulla banchina mentre l’anziana signora (con tutti i pericoli che ne derivano) è costretta ad incam-minarsi lungo il tratto viario. Evitiamo commenti super!ui sui consuetudinari posteggi in doppia e tripla "la e se qual-cuno prova ad obiettare qualcosa al furbo di turno, si sente costantemente rispondere “eh va beh. 5 minuti!”, anche se in realtà sono trascorse ore. Già per-ché violare una regola per ridotte fra-zioni di tempo, non è sbagliato a parere di queste menti illuminate! Di male in peggio: osserviamo la foto numero 2. Posizionamento strategico dell’auto, sotto il segnale che indica il divieto di sosta permanente e rimozione forzata ambo i lati. Tanti credono che la segna-letica stradale non sia perentoria ma soltanto indicativa; qualcosa del tipo, qui sarebbe vietato posteggiare però siccome tu sei scaltro, lascia pure qui il tuo automezzo per un po’ di tempo,

in fondo non muore mica nessuno. La foto numero 3 può essere de"nita il ma-nifesto ideologico dell’italiano “sperto”. Da un lato le zone di sosta delimitate dalle strisce blu completamente libere, dall’altro una "la enorme di automobili in sosta vietata! Prodigio intellettivo di questi valenti cittadini che dimostrano il loro innato ingegno: intanto non pa-gano e poi intralciano il tra#co! Questa è una circostanza che abbiamo riscon-trato in diverse zone della città. Strisce blu vuote ma in prossimità di incroci o zone di soste vietate, cumuli di auto. In

futuro, quando leggeremo che la nostra città occupa le ultime posizioni nelle classi"che annuali della qualità della vita redatte dai giornali di settore, ope-riamo un piccolo esame di coscienza: perché quei cittadini che non sono in grado di rispettare le norme basilari della circolazione e dell’educazione civica, dovreb-be poi pagare le tasse, essere onesti o votare con coscienza?

La città di Caltanissetta ha un nemico subdolo e implacabile che rende impossibile la vita dei nis-

seni, da sempre ligi ed ossequiosi ai regolamenti ed alle leggi. Non parliamo del problema dei ri"u-ti, della discontinua distribuzione idrica o delle periodiche crisi che attanagliano la politica nazionale, regionale e locale; la complicazio-ne in questione ha un nome ed un cognome: il Codice della Strada! Risulta inammissibile e dunque incomprensibile agli automobilisti della nostra città il motivo per cui debbano, mentre guidano, rispet-tare delle regole. Come mai ognu-no di noi non è libero di fare ciò che vuole quando guida la propria auto? Per quale motivo quando si devono acquistare le sigarette, l’au-

to non può essere posteggiata sul marciapiede, in prossimità dell’in-gresso del tabaccaio? Perché non è possibile parlare al telefonino? Ma chi può aver stabilito queste mal-sane statuizioni? Il nisseno, furbo e intraprendente per antonoma-sia, ha però ben pensato di disat-tendere quotidianamente queste indicazioni legislative, creando un codice alternativo in cui le regole principali sono la comodità ed il fregarsene del senso civico. Nel nu-mero di marzo del nostro mensile, Maria Grazia Milli, Vice Questore aggiunto e da dieci anni al timone delle Polizia Stradale di Caltanis-setta, aveva già sottolineato “l’aller-gia” dei guidatori locali alle leggi; passeggiando per le vie cittadine, accompagnati dalla nostra fedele macchina fotogra"ca, abbiamo ri-

scontrato che nonostante il monito lanciato dalla dott. Milli, la situa-zione non è per niente migliorata anzi, paradossalmente, assistiamo ad un imbarbarimento crescente di usi e consuetudini automobilisti-che. Qualcuno potrebbe chiamare in causa i vigili urbani, adducendo una loro manchevole attività di controllo e repressione. Sarebbe opportuno ricordare che dovrebbe essere la maggior parte dell’uten-za dedita alle norme ed, invece, inosservante soltanto una piccola minoranza; a Caltanissetta, accade l’esatto contrario! Abbiamo avuto modo di osservare (e fotografare) centinaia di infrazioni, perpetuate per ore, senza che i brillanti piloti in questione si preoccupassero mi-nimamente delle di#coltà arrecate ai pedoni ed alla circolazione. La

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IL REPORTAGE. Ecco cosa accade nelle vie della città in una giornata qualunque

Colpo gobboal codice della strada

Nonostantel’appello lanciatodal vice questoreMilli, i nisseniappaionoallergici alle regole. E il caospadroneggia nel tra!co. Se non ci credeteguardate le immagini.

Se ci si arrischiadi dissentire,dai furbettidella doppia "la ci si sente rispondere:“va beh... 5 minuti”ed invecepassano ore. E se le aree delimitateda strisce blurisultano vuote,nelle zonedi sosta vietatai posti sono esauriti.

di Donatello Polizzi

Costume & Società

Galleria fotogra!ca degli orrori relativi alle inadem-pienze del codice della strada compiute dagli auto-mobilisti nisseni. Il repertorio è ricco di “genialità”: sosta selvaggia, parcheggio abituale in doppia !la, sosta in prossimità di incrocio, fermata permanente sul marciapiede. Un moltiplicarsi di infrazioni che au-menta costantemente e che conferma la sensazione di come le leggi che regolano la circolazione siano, per i cittadini di Caltanissetta, determinazioni arcane dal signi!cato incomprensibile, la cui applicazione è assolutamente incompatibile con le abitudini dei gui-datori nostrani.

Presto pubblicheremo la galleria fotogra!ca completa su www.ilfattonisseno.it

La pagina 19 de Il Fatto Nisseno di Marzo

“I Nisseni con l’auto si re-cano anche a pranzare! Nel senso che, se potes-sero, posteggerebbero fra la sedia ed il tavolo della cucina!” Giorgio Villa, vi-cecomandante dei Vigili Urbani della nostra città, in servizio dal 1975, esor-disce con la sua abituale ed innata ironia; personaggio poliedrico che divide le sue giornate fra la divisa e l’arte della recitazione teatrale, settore in cui eccelle.“La nostra libertà impedi-sce agli altri di essere liberi. Se sostiamo 5 minuti per prendere il pane alle 11:30 il fatto è veniale. Ma nel momento in cui, lo stesso gesto lo attuiamo all’una e mezza (ora di punta) la si-tuazione cambia totalmen-te: intanto devo aspettare il mio turno al pani"cio per-ché avrò davanti una de-cina di persone che a loro volta avranno parcheggia-to l’auto in maniera inade-guata. L’ingorgo è bello e servito!”

Probabilmen-te la tor-tuosità delle vie,

non aiuta.“Noi siamo

arabi, non sol-tanto nell’in-dole ma anche nel modo in cui abbiamo, gra-dualmente, co-struito la città, quasi fosse una casbah. Non abbiamo belle strade dritte ed altre che le in-tersecano. Basti citare l’esempio del quartiere S.Luca dove erano previste 32 cooperative e

sono diventate 58, per cui si è dovuto fare economie di carreggiate”.Possiamo anche parlare di una carenza di parcheggi?“La situazione non è felice ma i nisseni ampli"cano

le di#coltà. Talvolta inve-ce di utilizzare i parcheggi delimitati dalle strisce blu e stare tranquilli per un’oretta con la spesa di 77 centesi-mi, si – sottolinea ironica-mente Villa - preoccupano perché tale cifra può inci-dere sul bilancio familiare in questo periodo di crisi. Ma se la cifra diventa di svariati euro per il verba-le che si prende per sosta vietata…allora quello non rappresenta più un pro-blema! Senza parlare, e più che di educazione stradale dovremmo fare riferimen-to a quella civica, di chi po-steggia negli stalli riservati ai portatori di handicap. O ancor peggio, coloro i quali utilizzano abusivamente le fotocopie del tesserino o lo stesso documento ma im-propriamente. Il tesserino viene rilasciato nominal-mente al disabile, non è collegato alla targa del vei-colo: dunque può usarlo solo la persona a cui è inte-stato”. D. P.

Parcheggi. I nisseni ? I tirchi della sosta

IL VIGILE URBANO. Parla Giorgio Villa

Giorgio Villavicecomandante della Polizia Municipale

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Un territorio in cui fare investimenti per crea-re nuova produzione e nuovi posti di lavoro

grazie ad agevolazioni !scali e cre-dito d’imposta, con premialità (!-nanziamenti) sempre e comunque legate al rispetto dei protocolli di le-galità che promuovono una nuova immagine di imprenditore “attivo” nel rispetto delle regole. E’ questo il punto di partenza per spiegare cosa è la Zona Franca per la legalità e lo sviluppo nelle parole di Marco Venturi, assessore regio-nale alle attività produttive, im-prenditore del settore chimica con un azienda nella zona industriale di Caltanissetta.Venturi, ex presidente regionale della “Piccola” di Con!ndustria, spiega al “Fatto Nisseno” le novità contenute nella delibera della giun-ta regionale che ha istituito la ZFL. Assessore Venturi, parliamo del “fatto”, l’approvazione di una deli-bera con cui si !nanziano la zona franca per la legalità. Cosa signi-

!ca?“La zona franca è un fatto impor-tantissimo perchè parte da Cal-tanissetta, da un’idea di Con!n-dustria e del sindacato del 2004 e oggi dopo la legge antima!a del 2008 che prevedeva l’istituzione delle zone franche per la legalità e lo sviluppo, è stato compiuto l’atto

successivo che andava fatto dalla giunta di governo ed è stato fatto. Si sono delimitati i con!ni della zona franca, la provincia di Caltanissetta, Pietraperzia e quattro comuni della provincia di Agrigento. Su questa zona franca si sono stanziati 50 mi-lioni di euro per gli investimenti e inoltre è stata avviata la procedura per addivenire ad una zona che sia de!scalizzata e questo seguirà i tempi del governo nazionale e della richiesta al commissario dell’Unio-ne Europea a"nchè si sancisca, an-che a livello europeo, che quest’area de!nita dalla giunta di governo sia

realmente una zona franca”.Di questi stanziamenti quale par-te sarà subito disponibile?“50 milioni di euro sono compe-tenza regionale e a breve saranno destinate le risorse, non appena il governo nazionale stanzierà i fondi Fas. Per quello che riguarda la de-!scalizzazione, per rendere il terri-torio veramente una zona franca, aspettiamo la decisione della Com-missione europea. Le amministrazioni locali a diversi livelli, dai comuni piccoli alla pro-vincia, cosa devono fare?In questo momento è la Regione Si-

ciliana che dovrà fare il regolamen-to, creare delle zone attrattive per gli investimenti e gli insediamenti produttivi in aree industriali e ar-tigianali, per creare nuovi posti di lavoro e nuova produzione, quindi

lavorare e andare avanti. I protocol-li sono importanti perchè le aziende si impegnano a rispettare protocolli di legalità già scritti da Con!ndu-stria e dalle Prefetture e su quello ci si confronterà”. Su questo non si transige, come l’obbligo di denuncia. Se si scopre, da indagini, che un imprenditore ha pagato il pizzo?“Perde il !nanziamento”.Riforma delle Asi. E’ in commis-sione bilancio il disegno di rifor-ma che porta il suo nome. Delle 4 grandi aree dell’isola, una è Calta-nissetta. Un’opportunità?“Caltanissetta ha una realtà indu-striale importante. Abbiamo l’Asi che è allocata a San Cataldo, Cal-tanissetta, Riesi e Grottadacqua. Dobbiamo rendere e"cienti e ben fruibili gli insediamenti produttivi che sono già allocati e poi render at-trattive le aree che sono vuote, come Riesi e Mazzarino, dove ancora non vi sono insediamenti produttivi”.Su Grottadacqua prendete un im-pegno?“Sicuramente abbiamo 200 ettari di terreno che sono vuoti e lasciarli così non ha senso. Dobbiamo tro-

vare imprenditori importanti, locali o provenienti da fuori, che vengo-no a investire in questo territorio. La riforma delle Asi è importante non solo per Caltanissetta ma per tutta la regione. Azzeriamo gli 800 posti di sottogoverno risparmian-do 4 milioni di euro l’anno e dare-mo a queste 11 unità periferiche regionali un servizio più e"ciente e più e"cace alle aziende e ai citta-dini. Per Caltanissetta il problema è rendersi attrattiva con gli strumen-ti che stiamo mettendo in campo. Sicuramente daremo un vantaggio competitivo come territorio e quin-di bisogna cercare che tutti quanti facciano la loro parte, le istituzioni locali devono essere al servizio dei cittadini e delle imprese”. I disegni di legge sulla Zona Fran-ca adesso sono due.“Forse ce ne sono di più. C’è quel-lo presentato da Lomaglio alla Ca-mera un paio di anni fa, poi quello presentato al senato da Lumia, circa un anno e mezzo fa. Poi ci sono la proposta della Cardinale e per ulti-mo questa di Pagano, l’importante è che anche loro, tutti quanti insieme perseguano un obbiettivo comune e questo non fa sicuramente male. Più si parla del territorio e più si la-vora per il territorio per dare nuove opportunità, più si fa bene”. Ma voi non avete preferenze?“Non conosco in profondità il dise-gno di legge di Pagano e della Car-dinale, ho letto molto attentamente quello di Lomaglio e di Lumia che erano molto vicini e avevano molti punti di convergenza. Questi non li ho ancora approfonditi ed è una mia carenza, però ti posso dire che se si fossero uni!cati ai primi e quindi è una riproposizione degli altri, vanno sicuramente bene”.

di Alberto Sardo

L’ INCONTRO. Marco Venturi spiega l’importanza della zona franca

L’ intervistadel mese

“Cinquanta milioniin nome della legalità”

L’assessore regionaleparla anche

della riforma delle Asi

e dei suoi piani sulla zonaindustriale

Dobbiamorendere la cittàattrattiva con gli strumentimessi in campo

E un fattoimportanteperchéparte daCaltanissetta

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Deputato regionale, de-putato nazionale, consi-gliere comunale e certa-mente uno dei più lucidi

intellettuali della sinistra siciliana e nissena, Mario Arnone osserva con dispiacere “l’infrenato precipitare del confronto politico”, come lo de-!nisce, negli ultimi vent’anni e con grande disponibilità ha accettato di rispondere alle domande de Il Fatto Nisseno.Onorevole, Lei ha visto mutare non solo il panorama politico ma anche il modo di fare politica. Quale è il suo giudizio sul clima di questi ul-timi anni, sia in ambito locale sia in campo nazionale? “Ho frequen-tato per almeno un trentennio le istituzioni, Comune, Provincia, Assemblea regionale, Camera dei deputati, e sono pertanto in grado di segnalare il continuo infrenato precipitare del confronto politico che, a decorrerre dagli anni ’90 del ‘900 ai nostri giorni, ha visto av-viarsi verso livelli di degrado, che pochi avrebbero potuto prevedere e che credo di potere attribuire a un lento decadere dei livelli di de-mocrazia nella società italiana. La ragione probabilmente consiste nel modo con cui si sono deperiti i rapporti tra il partito politico e gli elettori. Le strutture territoriali dei partiti erano animate, in gran parte, da progetti politici che si ispiravano a valori che avevano le loro radici nella volontà politica di correzione delle diseguaglianze sociali, usando valori politici ed etici di uno Stato democratico moderno, valori che sono quelli della nostra Carta Co-stituzionale, non a caso nata dallo scontro tra i poteri autoritari del fascismo italiano e il vasto movi-mento di liberazione nazionale ispirato ai valori della libertà. Cosa

è accaduto a un certo punto? La so-cietà italiana sbocciata dal miracolo economico degli anni Sessanta fu abbagliata dalla società dei consu-mi, che consentiva l’acquisizione di beni e servizi anche non primari. La politica si trovò ad accondiscen-dere a queste pulsioni, schierandosi verso forme di acquisizione di ric-chezze spesso illegali, approntando talora normative capaci di favorire rendite speculative”. Quali i “vizi” del confronto politico che a"iggono oggi Caltanissetta? “Ricordo con nostalgia i tempi in cui il dibattito politico, anche se di#cile e duro su temi quali la spe-culazione edilizia, la lotta ai poteri illegali, la corruzione, si svolgeva

in maniera ordinata, nel rispetto dei regolamenti. La cittadinanaza ancora credo ricordi gli scontri po-litici appassionati portati nel Con-siglio Comunale attorno ai temi permanenti della speculazione edilizia, che ha occupato per qua-rant’anni il dibattito politico, e non ancora spento, dal momento che il risultato è quello di un disordinato ampliamento dei con!ni della citta, in uno con l’abbandono e il degra-do dei centri antichi di essa. Con l’assurdo risultato di un patrimo-nio edilizio abitativo eccedente in maniera scandalosa il fabbisogno abitativo, rimasto tuttavia insod-disfatto per le esigenze delle classi sociali più deboli. La sete di case

popolari è ancora altissima e non si vede nessuna prospettiva per la sua soddisfazione. La crisi della demo-crazia ha avuto come conseguenza la riduzione delle garanzie richieste nella selezione dei gruppi consiliari, che anche nella nostra città ha sof-ferto di crisi politiche in conseguen-za del disvelamento di rapporti col sistema ma!oso di personale poli-tico, che una selezione appropriata avrebbe dovuto tenere lontano dagli accessi alle rappresentanze politico-amministrative. Tale degrado ob-bliga i gruppi politici a battersi per

la presenza nei posti di potere e di sottogoverno, anziche ai problermi della gestione di una città che vanta storie luminose della sua comunità. La nomina di uno o più assesso-ri vincola il funzionamento delle istituzioni sino al risultato para-lizzante delle contrattazione per la divisione dei centri di potere. Dura da mesi, per portare un esempio, lo scontro per la individuazione del presidente del consiglio comunale nella nostra città, fatto che rende ancora più penosa la condizione di esistenza dei suoi cittadini”.

Destra e sinistra: ha ancora senso parlare di “idee di destra” e di “idee di sinistra”? “Non bisogna farsi in!-nocchiare dalla confusione: è di de-

stra avere usato le leve economiche e !scali per aumentare la ricchezza dei gruppi sociali alti, tollerando metodologie corruttrici e preve-dendo sanatorie !scali a periodicità costante ed è di destra la posizione di chi rinuncia a credere nella laici-tà dello Stato, !ngendosi difensore di valori religiosi ai quali non ha mai creduto. E’ di destra la posizio-ne di chi incrementa la paura del diverso per sesso, razza, opinioni, ri!utando solidarietà umana, acco-glienza, confronto, percepiti come valori capaci di compromettere il proprio spazio identitario e il pro-prio meschino interesse privato. C’è una linea di divisione netta con i valori di una sinistra democratica: sono di sinistra tutte le battaglie per il riconoscimento degli antichi e fondamentali diritti, nonchè dei nuovi diritti, che l’avanzare civile delle società impone a ognuno di noi di esaminare senza ri!uti pre-giudiziali. Sono di sinistra le batta-glie per superare le diseguaglianza e salvaguardare le conquiste sociali che il secolo XX ha guadagnato alla democrazia, a cominciare dalla tu-tela della salute e !nire al diritto a una vita dignitosa e a una morte anch’essa dignitosa. Non può esser-ci confusione tra destra e sinistra!”.

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LA GOUCHE. L’ ex parlamentare esprime un giudizio fortemente negativo

Arnone boccia i politici attuali“Si battono per i posti di potere”

In passato esponentedel partito Comunistaparla di un continuoprecipitare del confrontoed elenca le di!erenzetra la destra e la sinistra

di Rosamaria Li Vecchi

Sinistra & Destra

Oggi la nominadi un assessorevincola ilfunzionamentodelle istituzioni

Una voltail dibattitosi svolgevain maniera ordinata

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Consigliere comunale, deputato regionale, sindaco di Caltanisset-ta (il primo ad essere

eletto direttamente dai cittadini, secondo la nuova legge regiona-le del 1992), !rmatario all’Ars di un disegno di legge su “Provvedi-menti straordinari per lo sviluppo

civile, sociale ed economico della città di Caltanissetta”, presen-tato il 31 gennaio 1975 insieme all’onorevole Grammatico, ma in-nanzitutto “cittadino nisseno”. Lo rivendica ancora oggi con orgo-glio Giuseppe Mancuso, Peppino per gli amici e per tutti quelli che hanno creduto nelle battaglie da lui sostenute, dai banchi dell’aula consiliare di Palazzo del Carmi-ne a quelli di Palazzo dei Nor-manni, ed osserva con occhio critico e con disappunto la deriva del Paese. Il Fatto

N i s -

seno lo ha incontrato nello studio di corso Umberto, al civico n. 2, per una chiacchierata su come è cambiato negli ultimi venti anni il modo di intendere la politica locale. Lei è stato sindaco di Calta-nissetta, città per la quale si è speso tanto ma non tutti i nis-seni compresero quello slancio. Quali sono state secondo Lei le ragioni?“Premetto che io amo molto questa città – dice l’avvocato Mancuso – ma non amo assolu-tamente i nisseni. Ho sacri!cato gran parte della mia vita per Caltanis-setta ma i risultati non sono stati posi-tivi per-

ché sono i nisseni che non ama-no questa città. Basti ascoltare gli abitanti di Enna, di Agrigento, bisogna vedere come parlano bene delle loro città: i nisseni, in-vece, il sabato sera se ne vanno a San Cataldo pur di non prendere la pizza a Caltanissetta. Io sono nato a San Domenico, in via Na-tale, e sono cresciuto ascoltando la mattina presto gli zolfatai che andavano al lavoro. Sapevo che a volte accadevano disgrazie in miniera e quando giocavo con i loro !gli so$rivo pensando che o g n i giorno che passava

qualcuno di loro

poteva rimanere orfano. Credo che il mio attaccamento a Calta-nissetta sia nato allora”.Che ricordo ha degli anni a Pa-lazzo del Carmine e del confron-to con il consiglio comunale di allora e con le opposizioni?“Ho bei ricordi, anche per quanto riguarda i rapporti con le opposi-zioni, anche da consigliere comu-nale: pur essendo partiti allora completamente avversi le grandi battaglie per la città, per l’acqua, per le strade, le abbiamo fatte in-sieme. E poi ho sempre pensato che i problemi bisogna volerli risolvere. Per l’acqua, dopo cen-tinaia di richieste, andammo di notte a Palermo, non ci vollero fare entrare a Palazzo d’Orléans ed allora mi misi la fascia trico-lore e s!dai chi era all’ingresso ad arrestarmi perché ero lì a perora-

re la causa di una città senz’acqua. Solo così gli agenti ci consenti-rono l’ingresso e a mezzanotte incontrammo il presidente della Regione, che diede la sua paro-la. E a Caltanissetta l’acqua non mancò più. Era il dicembre del 1993, qualche settimana dopo la mia elezione a sindaco. Era co-minciata una nuova era, in cui ci si potevano scegliere gli assesso-ri, senza vincoli di partiti, e così

io ho fatto, mettendo in piedi una squadra valida (ndr: Elisa Ingala, Giovanna Candura, Elio Cigna, Gianfranco Fuschi, Luigi Gattu-so, Michele Giarratana, Riccardo Longo, Arcangelo Pirrello i com-ponenti della giunta). Ma non ho mai preteso riconoscimenti per quello che facevo perché la mia aspirazione era essere al servizio della città. E poi devo sottolineare che sono riuscito a fare tante cose grazie all’impegno degli impie-gati comunali, ai quali ho voluto trasmettere l’amore per la città, che andava consegnata più bella ai !gli e ai nipoti. Così abbiamo sistemato i giardini pubblici, cre-andone anche di nuovi come villa Monica. Ma i nisseni questo non hanno voluto capirlo”.Destra, sinistra, centro: una volta era così, ora il bipolarismo inve-ce di allentare le tensioni sembra alimentare il “tutti contro tutti”. Quale è il suo giudizio su ciò che sta succedendo oggi con la perdita della dialettica politica, sostituita da scontri costanti, nei consigli comunali, in parti-colare a Caltanissetta, e addirit-tura in Parlamento?“Si sono perduti i valori, le idee per le quali noi ci battevamo, non ci sono più ideali, che sono mol-to importanti in politica. Intanto trovo che non sia una cosa onore-vole, una cosa da uomini passare da una corrente all’altra, da un partito all’altro e poi oggi io non vedo un solo partito in cui si tro-vino ancora gli ideali per i quali io e tanti altri ci siamo battuti, ora c’è solo egoismo e la vita civile non si può fondare sull’egoismo”.

R.L.V.

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DROITE. L’ ex sindaco parla dei suoi concittadini e rimpiange il passato

Caustico Peppino Mancuso “I nisseni non amano la città”

E’ stato il pimo sindacoscelto direttamente dagli elettori

Serba un buon ricordodegli anni a Palazzo del Carmine

e giudica negativamenteil bipolarismo

Si sono persii valoriPassare dauna correntead un’ altranon è onorevole

Amo moltoCaltanissettama non amoassolutamentecoloroche vi vivono

C’era una volta...

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E’ nato a Sommatino (“cittadinanza” che non lo ha mai abban-donato), Lorenzo Tri-

coli, consigliere comunale nisseno, ma il suo cuore è sempre diviso a metà tra il ridente comune e la città capoluogo, dove vive ormai da più di dieci anni. “Non tutti i nisseni sanno – dice a chi lo ha spesso ac-cusato di non esserlo – che io sono sposato con una nissena, che mia !glia è nata qui a Caltanissetta e qui sta crescendo e che da sindaco di Sommatino facevo il “pendola-re” quasi tutti i giorni e quindi non mi sono “improvvisato” nisseno nel 2009, quando sono stato eletto consigliere comunale”.Ma Lorenzo Tricoli, che nono-stante la giovane età ha già alle spalle esperienze di un certo peso, dall’impegno istituzionale come sindaco a quello attuale di consi-gliere comunale, sembra nato per alimentare polemiche: accuse di tradimento per il suo passaggio pressoché immediato all’opposi-zione dopo essere stato eletto nel-le !le della maggioranza e, ancor di più, il ruolo di “picconatore di Palazzo del Carmine”. Cosa è acca-duto? “Il percorso politico che mi ha condotto a Palazzo del Carmine – dice – nasce da una scelta politica

ben precisa, al di là delle scelte par-titiche: io ho dato il mio pieno so-stegno alla candidatura di Campisi e se oggi mi appare forse una scelta a"rettata tuttavia mi ha consentito di portare avanti rapporti in questa città, scontrandomi anche con dif-!coltà innegabili nel confrontarmi con consiglieri comunali uscenti e addirittura con chi era stato, nella precedente legislatura, assessore. Il risultato mi ha dato ragione ma ho chiarito subito che non ero dispo-sto a fare lo “yes man”, cosa che non rientra nelle mie logiche, e qualcu-no è forse rimasto contrariato. La frattura con Campisi nasce dalla creazione della seconda associazio-ne antiracket, che non ho condivi-so mentre avevo dichiarato pieno sostegno all’associazione di Con-

!ndustria che mette insieme tutte le forze imprenditoriali che hanno determinato oggi una svolta per

questa provincia”.Impegno politico che, comunque, è in qual-che modo nato già negli anni della scuo-la. “La mia espe-rienza – ricorda – parte dal mitico istituto com-merc ia le R a-

p i -s a r d i ,

dove mi sono candidato per la prima volta a neanche 15 anni, come rappresentan-te per il consi-glio d’istituto, e dove venni eletto grazie al voto degli stu-denti pendola-ri per portare

avanti la lotta per avere pullmann nuovi. E poi l’impegno vero e pro-prio in politica, prima da segretario Udeur, poi nella segreteria tecnica del ministro Ciampi e del senatore Cusumano, quindi stretto collabo-ratore di Mastella e in!ne collabo-ratore delle attività gestite dal par-tito. Di questi due anni a Palazzo del Carmine posso parlare !no ad ora di una bellissima esperienza”.Appare però evidente agli occhi dei cittadini una mancanza di dialogo tra consiglieri durante le sedute consiliari. “E’ frutto – sottolinea Tricoli – della tensione accumulata perché si è voluto dare un segnale ben preciso nella conduzione dei lavori: il presidente del consiglio è stato costretto ad ergersi a “diga foranea” nei confronti delle op-posizioni. Ma in realtà nelle com-missioni si lavora in maniera più serena, con un confronto sempre serrato, e si produce tanto. Ritengo che questo civico consesso sia uno dei più trasparenti e soprattutto dei più leali rispetto alle funzioni dei grup- pi consiliari: l ’ u n i - co torto è f o r s e non tra-m a r e n e l l e stanze fuori da Palaz- zo del Carmi-ne”.

Tricoli ricorda tutta una serie di atti approvati dall’assemblea consi-liare, dal codice etico alla battaglia per l’abbattimento della Tarsu, dai vari atti di indirizzo al sindaco (per la stabilizzazione dei lavoratori precari del comune, poi fatta, per

il supporto al trasporto loca-le, per strumenti !nanziari) all’approvazione di strumenti di piani!cazione urbanistica e del territorio. E su come è cambiato il modo di fare politica negli ultimi

venti anni dice: “Tanti i cambiamenti dal 1994 ad oggi, con un unico comune denominatore: Berlusconi, che ha avu-to anche la capacità di trasformare la politica da fatto istituzionale e

confronto a fatto me-

diatico. La formazione dei rappre-sentanti della politica di una volta è quella che io ho condiviso nella DC e devo ammettere che purtrop-po oggi non è più possibile tenere in aula il comportamento tenuto una volta dai nostri colleghi. Noi però abbiamo ancora la capacità di capire quando si arriva al limi-te, attuando quello che gli inglesi chiamano “autoprocessing”, facen-do ricorso insomma all’autocon-trollo per evitare di scendere sotto certi limiti”. Anche se penso che in questo momento qualcuno della

maggioranza vorrebbe fare più da arbitro che da lottatore. Quello che però è importante sottolineare è che si sono mantenuti comunque intatti i rapporti personali. Quanto alla de!nizione di “picconatore” la accetto ma solo se intesa come l’at-tività istituzionale di un consigliere comunale che decide di fare oppo-sizione e ribadisco che non ho mai combattuto e diviso a metà, perché detesto gli inciuci e la politica fatta sottobanco”. R. L.V.

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Sopra Lorenzo Tricoli nel giorno della prima comunione (1976)

Accanto la sua prima candelina

Lorenzo Tricoli

POLITICA. Il consigliere non si sente un traditore: “Non sono uno yes man”

Tricoli, il picconatore di Palazzo del Carmine

Non ho maicombattuto e diviso a metàDetesto inciucie la politicasottobanco

La fratturacon Campisinasce conla secondaassociazioneantiracket

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D a quando la scure dei ta-gli si è abbattuta ineso-rabile su alcuni servizi dell’ospedale “Maddale-

na Raimondi”, decretando persino la chiusura del Pronto soccorso, gli e!etti deleteri del programma di riordino della sanità isolana si sono resi evidenti non solo a San Cataldo, ma per una sorta di de-solante “capillarità” negli esiti, pure il Pronto soccorso del Sant’Elia di Caltanissetta è stato costretto (e conti-nua ancora) a fron-teggiare una ricor-rente emergenza: un caos incessante che trasforma le sale d’attese in una babele. Giuseppe Di Forti, sindaco sancataldese, a paro-le scatta un’istantanea del Pronto soccorso nisseno: “Lunghe attese per i pazienti, eccessivo carico di lavoro del personale sanitario sot-toposto a ritmi incessanti, di"col-tà nello svolgimento dell’attività di assistenza al paziente”. Per capirci, la soluzione passerebbe dall’op-portunità di decongestionare la struttura “alla luce – è sempre lo stesso Di Forti a dirlo in una lettera inviata sia al ma-nager dell’Azienda sanitaria provinciale Paolo Cantaro che al sindaco di Caltanissetta Mi-chele Campisi- del volume di inter-

venti giornalieri che fanno apparire la dotazione insu"ciente”. Premes-se necessarie a formulare una pro-posta che indirizza al numero uno dell’Asp e all’inquilino di Palazzo del Carmine. “Potrebbe essere utile attivare un punto di primo inter-vento” sostiene Di Forti. Dalla sua parte la normativa regionale, per la precisione il decreto assessoriale n. 723 del 10 marzo 2010. Il sindaco

consiglia pure di “utilizzare i medici della continuità assistenziale (guar-dia medica) di Caltanissetta e dei

Comuni vicini ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del Decreto 6 settembre 2010, (Accordo Regionale di Con-tinuità Assistenziale). La normativa prevede che questi medici prestino servizio per 4 ore più ulteriori 2 ore ciascuno settimanali di plus-orario, oltre il normale orario di servizio per attività nei servizi distrettuali. Essi potrebbero essere prioritaria-mente impiegati in un Punto di

primo intervento a turnazione, dalle

ore 8 alle ore 20 dei giorni feriali e dalle 8 alle 10 dei prefestivi”. “Tutto ciò- aggiunge- senza alcun aggra-vio di spesa, in quanto il relativo costo è già ricompreso fra le risor-

se economiche nel bilan-cio dell’Azienda. Presso il Punto di primo intervento

andrebbero trattati i co-dici bianchi e i codici

verdi(le non urgen-ze), lasciando

ai medici del Pronto Soc-corso i co-dici gialli e i

codici rossi (le urgenze)”.

L’IDEA. Di Forti chiede di decongestionare il Pronto Soccorso

“All’ ospedale Sant’ Elia si apraun Punto di primo intervento”

Il sindaco sancataldeselancia la propostaattraverso una lettera inviataal direttore generaledell’ AspPaolo Cantaroma anche al collega nissenoMichele Campisi.

Fatti & Sanità

Necessariodopo i taglial Maddalena Raimondidi San Cataldo

Paolo Cantaro Direttore generale A.S.P.n° 2 Caltanissetta

Giuseppe Di FortiSindaco di San Cataldo

Presso il PPI (Punto di primo intervento) andrebbero trat-tati i codici bianchi e i codici verdi lasciando ai medici del Pronto Soccorso i codici gial-li e i codici rossi (le urgenze)

L’ ATTIVAZIONE DEL PUNTO DI PRIMO INTERVENTO

LA PROPOSTA:

Codice Verde

Intervento differibile

Poco critico, assenza di rischi evolutivi e di pericolo di vita,prestazioni differibili

Codice Bianco

Non critico, pazienti non urgenti, possono essere visitati dal medico di medicina generale

Non urgente

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Immersa nel verde della cam-pagna nissena sembra una villetta come tante altre ma in realtà è il simbolo forte di un

cambiamento. Appartenuta al boss Giuseppe “Piddu” Madonia, la vil-letta alla periferia del capoluogo

nisseno, con!scata alla ma!a nel 2010, è oggi una comunità alloggio per minori (ospita bambini dai 17

mesi ai 12 anni) che porta il nome di Rocco Chinnici, il giudice ucci-so dalla ma!a che credeva nel ri-scatto della Sicilia attraverso il dia-logo con i giovani e i giovanissimi. Ed è bellissimo vedere i giocattoli nel giardino, sentire i bimbi che ridono allegri, vedere le culle, la vita, la speranza nel futuro, insom-ma, in quelle stanze dove – come ricorda ancora il giudice Gianbat-tista Tona – i summit di ma!a dei boss locali suggellavano condanne a morte. E proprio perché la cultu-ra della ma!a si può sradicare solo cercando di debellare la povertà e sostenendo le famiglie più deboli la comunità, come spiega don Giuseppe Anfuso, presi-dente dell’as-s o c i a z i o n e “Voglia di Vi-vere Onlus” alla quale è a"data la comunità “Rocco Chin-nici”, cerca di

tu t e l are soprattut-to le fami-glie e non si limita all’acco-g l i e n z a dei bam-bini. “E’ grande la

nostra soddisfazione – dice padre Anfuso – quando i piccoli posso-no tornare de!nitivamente a casa.

Certo, anche adesso alcuni sabato e domenica vanno a casa e non perdono il rapporto con la fami-glia”.Dodici i bambini che la comunità-alloggio di Caltanissetta ospita. “Qui – precisa don Anfuso – fanno vita normalissima: vanno a scuola con lo scuolabus che li accompagna tutte le mattine ciascuno nel proprio quartiere di appartenenza, dove frequentano anche il catechismo, ognuno nella propria parroc-chia”. A chiedere assi-

stenza sono le famiglie stesse, che si rivolgono ai servizi sociali del comune i quali, a loro volta, tra-mite il Tribunale dei minori, li af-!dano alle comunità, ma solo per un periodo di tempo limitato. “Le famiglie sanno comunque – dice don Anfuso – che questi bambini torneranno a casa, che nessuno glieli toglierà e per questo non sono di ostacolo”.Ad accudire i piccoli sono quat-tro educatori, la responsabile del-

la comunità Giovanna D’Antoni (“Nanna” la chiamano a#ettuo-samente i più piccini), che vive a tempo pieno nella struttura, e poi una psicologa, un’assistente socia-le, due cuoche e una ausiliaria.“Per la notte – dice la signora Gio-vanna – dorme qui anche una

volontaria, che collabora con noi anche per la distribuzione dei pacchi-spesa alle famiglie in di"-coltà. Attualmente assistiamo 150 persone”.I bambini ospitati nella comunità-alloggio “Chinnici”, piccoli gruppi composti da fratelli e sorelle ap-partenenti a quattro diversi nuclei familiari, d’estate fanno pure gite al mare e passeggiate all’aria aperta. Ma si godono il verde ed il sole già in primavera nel giardino della ex

villa del boss, dove ognuno di loro ha avuto assegnato da don Anfu-so un pezzetto di terra da curare. Ogni aiuola è gestita da un ragaz-zino, che ne ha grande cura, ed è abbellita da graziose statue: c’è la panchina degli innamorati, il na-netto con la carriola, una statua di Venere e, sotto una pergola, una Madonnina di Medjugorie. “La nostra esperienza – dice don Anfuso – ci insegna che il ragazzo deve sentire veramente sue le cose che gli sono a"date da custodire per potersi veramente sentire non ospite ma padrone di casa”.“Il nostro lavoro – dice ancora – è guidare questi bambini, toglierli dalla strada, e questa crescita gra-duale noi la vediamo giorno dopo giorno, quando imparano a siste-marsi il letto la mattina prima di andare a scuola, a sparecchiare la tavola, a rispettare gli orari, ad ave-re ordine nella loro giornata. E poi si ra#orzano legami già esistenti, con i più grandi che proteggono ed aiutano i più piccini”. Forte il legame a#ettivo che si crea anche tra i piccoli e gli operatori e con i luoghi in cui i bimbi crescono (“si attaccano alle cose, ai giocattoli con cui hanno giocato, ai lettini in cui hanno dormito” dice la signora Giovanna).“Cerchiamo di far stare bene i bambini – ci tiene a ricordare più volte padre Giuseppe – e la Prov-videnza di Dio per fortuna ci aiu-ta. Oltre al contributo del comune abbiamo, infatti molti amici grazie ai quali ai bimbi non manca nul-la”. Di grande aiuto è ogni anno il 5 per mille, che molti devolvono a favore dell’associazione “Voglia di Vivere Onlus” Comunità allog-gio minori “Rocco Chinnici” (C.F. 01598820858). Info 0934.565137.

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Padre Anfuso:Il nostrolavoro è quellodi salvarei bambini dalla strada

SOLIDARIETA’. La villetta è oggi una comunità alloggio per minori

L’ ex villa del boss Madoniadivenuta rifugio per bimbi

La strutturadell’ associazionededicata al giudiceRocco Chinnici,ospita bambini dai 17 mesiai 12 anni

Da sinistra Giovanna D’Antoni, Gabriella Buccarello e Padre Giuseppe Anfusodi Rosamaria Li Vecchi

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Da 35 anni promuove la donazione del sangue come dovere morale e sociale di ogni citta-

dino e nel perseguire questo !ne ha concentrato tutti i suoi sforzi, puntando negli ultimi anni sulle nuove generazioni e sulla sen-

sibilizzazione dei più giovani a compiere questo grandissimo gesto di generosità e solidarietà. E’ la Fidas, che conta nella sezione di Caltanissetta qualche migliaio di donatori. Ma con l’approssi-marsi dell’estate, nonostante la disponibilità dei volontari, torna di drammatica attualità il proble-ma legato all’insu"cienza delle scorte sangue nel territorio della provincia di Caltanissetta.Un invito viene dunque rivolto

dal presidente della Federazione Italiana Associazione donatori di sangue di Caltanissetta Roberto Bonasera a collaborare tutti in-sieme per aiutare chi ne ha biso-gno. Il Fatto Nisseno lo ha inter-vistato per “raccontare” alla città l’importante s!da che il giovane presidente e i donatori lanciano ogni anno per sostenere tutti quelli che, a causa di patologie diverse, necessitano di trasfusio-ni di sangue.Chi sono i donatori? Come si suddividono per età e sesso? “I nostri donatori sono circa 2900, di cui quasi 1000 residenti nella provincia nissena. Vi è una per-centuale maggiore di donatori maschili, circa il 60%, con un età media tra i 35 e 50 anni”.Ma quale è il bacino di potenziali donatori in città? E quali le neces-sità della rete sanitaria ed ospe-daliera locale? “A Caltanissetta ci sono circa 20.000 potenziali donatori ed ogni anno riuscia-mo a raccogliere circa 4300 unità di sangue che vanno all’ospeda-le nisseno. Qui il sangue viene frazionato e utilizzato secondo le necessità e le priorità stabilite dall’ospedale. Il fabbisogno della nostra città si attesta a circa 6000 unità all’anno, di cui 3000 vengo-no utilizzate per i 120 talassemici che necessitano ogni 20 giorni di tre sacche di sangue, mentre il resto viene utilizzato per le atti-vità mediche, chirurgiche e per fronteggiare le emergenze. Ma i donatori potenziali presenti in città sono almeno 20.000 e per questo abbiamo già iniziato la nuova campagna pubblicitaria grazie al supporto gratuito dello

studio gra!-co Alterergo e all’ammi-nistrazione comu-nale, che ci ha concesso gli spazi per le a"ssioni. Inoltre sono in programma attività spor-tive in alcuni mesi estivi per ri-chiamare l’attenzione soprattutto dei più giovani, ai quali vogliamo davvero far capire che donare il sangue non costa nulla”.Giovani che comunque sono rappresentati in seno all’Associa-zione? Quali i ruoli che ricopro-no? “Oggi la nostra associazione, nata come Adas nel 1975, federa-ta alla Fidas Nazionale nel 1983 e

diventata Fidas Caltanissetta nel 2004, sta attraversando un pro-fondo ricambio generazionale: il gruppo giovani nato nel 2005 oggi è una importante realtà as-

sociativa e rappresenta la forza operativa della Fidas. Alcuni gio-vani sono in forza nel consiglio direttivo e negli organi statutari che gestiscono e guidano l’asso-ciazione: tutte le iniziative nelle scuole e verso i giovani sono or-ganizzate e concretizzate da que-sto gruppo”. Quali i requisiti necessari e le remore e/o paure che “blocca-no” i potenziali donatori? “Nella maggior parte dei casi è la pau-

ra dell’ago ma in genere esiste un di#uso senso di indi#erenza verso gli altri: basti valutare che sono solo 2000 i donatori e#etti-vi sui circa 20.000 potenziali!”.

Basta, dunque, davvero poco a diventare donatori (si può co-minciare a 18 anni e continuare

!no a 65) e in cambio c’è la sod-disfazione di poter salvare vite umane. E questo non è poco. (Info 0934.592830 – www.!da-scaltanissetta.it).

Vogliamofare capireai giovaniche donarenon costanulla

Sono solo2 mila i donatorie!ettivisu 20 mila potenziali

VOLONTARIATO. Intervista a Roberto Bonasera, presidente del gruppo

Emergenza sangue in estate la Fidas non va in vacanzaL’associazionepromuove la raccolta da 35 anni. E come semprecon l’ arrivo dell’ estate,il gruppo si mobilita.

da sinistra verso destra: Salvatore Abate, Segretario - Giuseppe Candura, Tesoriere - Salvatore Calà, Coor-dinatore - Giovani Giuseppe Geraci, Consigliere - Alfonso Grillo, Consigliere - Nello Ambra, Consigliere - Ro-berto Bonasera, Presidente - Gaetano Pavano, Vicepresidente - Carmelo Giardina, Consigliere - Ferdinando Di Gesù, Consigliere

di Rosamaria Colajanni

Page 15: Il Fatto Nisseno - maggio 2011

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Procedono le Vare, la musica ri-suona lenta, lamentosa, malinco-nica ma coinvolgente e si fonde con la religiosità dei volti muti ma espressivi dei maestosi personag-gi che campeggiano dall’alto dei Gruppi Sacri. Un misto di fede e tradizione, culto e folklore che dovrebbe avvolgere le anime dei fedeli. Ma che processione sareb-be senza una pagnottella con le panelle o un panino ricco di salse e condimenti vari o le “simenze”? Le manife-stazioni d e l l a Setti-

mana Santa, dai tragitti costellati di bancarelle luminose e colorate che o!rono tante gioie per il pa-lato e per i bambini, si sono gra-dualmente svuotate dei loro an-tichi e riverenti signi"cati. Ogni anno la #essione in termini di presenze dei cittadini è lieve ma costante e ci si interroga sui mo-tivi dell’allontanamento. Inoltre chi partecipa, talvolta, è più im-pegnato a mangiare, cincischiare con il cellulare o intrattenere di-scorsi con gli amici, ridondanti di schiamazzi sgradevoli e risate scomposte. La Real Maestranza, la processione delle Varicedde e dei Grandi Gruppi Sacri, sem-brano perdere il loro a$ato di re-ligiosità. Soltanto il Cristo Nero

prova a mantenere un respiro intimisti-

co. Ritrovare il

vero spi-rito di q u e s t e manife-

stazio-

ni, sia chiaro, non si otterrebbe con l’eliminazione dei molteplici punti di ristoro ambulanti che si trovano lungo il percorso. Un primo passo potrebbe essere la creazione di apposite e delimitate zone ristoro (con punti di assi-stenza sanitaria e dotate di bagni chimici), in luoghi relativamente distanti dalla percorrenza delle varie processioni.La reintroduzione delle transen-ne, poi, ottimizzerebbe i tempi ed eviterebbe l’accesso indiscrimi-nato e confusionario di terzi fra le bande o l’ammasso disordina-to, in prossimità dei Gruppi sacri, di persone il cui unico pensiero è immortalare, con telefonini o macchine fotogra"che, le ra%gurazioni in car-tapesta. Ma il pun-to dolente e che r a p p r e s e n t a un banco di prova dav-vero arduo per tutti noi è lo

spirito con il quale noi nisseni ci accostiamo ai riti della Settimana Santa. Dobbiamo renderci conto che non si tratta di eventi festa-ioli, deputati al divertimento, allo “struscio” o alla mondanità.Sull’argomento, abbiamo ascol-tato le ponderate ed incisive va-lutazioni di don Michele Quat-trocchi, assistente spirituale d e l l a Real Maestranza: “La par- tecipazione de-

vozionale dei n i s s e n i

alle processioni della Settima-na Santa, non è mai stata molto religiosa o intensa. Ricordo che a metà degli anni 50’, allorquan-do seminarista accompagnavo nell’ultimo tratto la Sacra Urna che allora apparteneva al Clero, assistevo a scene di ogni gene-re: gente ubriaca, tanto chiasso, addirittura una volta i portatori della Traslazione intonarono la canzone Bandiera Rossa”. Esiste una maniera per modi"ca-re e migliorare la situazione?

“E’ estremamente complicato. Così per come è strutturata la processione di Vare e Variced-de è quasi impossibile. Sono

dannose le fermate, che fanno perdere il ritmo e aumentano la stanchez-

IL PARERE. Oramai i riti hanno perso il loro a!ato di religiosità

Sopra quella che riteniamo essere l’immagine simbolodella Settimana Santa 2011

Duro don Quattrocchi“Settimana Santada dimenticare”

Tra Sacro & Profano

di Donatello Polizzi

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Sopra i lavoratori di Nissambiente“orgogliosi” della posa durante la foto ricordo

con il Capitano

za. Processione vuol dire…pro-cedere non sostare. Senza dire, dell’usanza di voltare il Gruppo Sacro in prossimità di chi ha o!erto qualcosa o in direzione di alcuni esercizi commerciali,

quasi che Nostro Signore si in-chini: circostanza inaccettabile. Inoltre, ma la mia è un’idea che risulterà impopolare, accorce-rei il percorso. Esistono Gruppi Sacri ben organizzati ma è l’in-sieme del programma e degli orari delle processioni che è far-raginoso. A Trapani per ridare smalto ad una processione che è simile alla nostra, hanno im-pegnato la forza pubblica per consentire che il tutto avvenga in tempi ragionevoli. Orari da rispettare e poche fermate, per far rinascere l’interesse e la par-tecipazione dei trapanesi per quelle celebrazioni”. Qual è il suo giudizio sulla Set-timana Santa di quest’anno? “Da dimenticare! Non vorrei apparire eccessivo ma sono costretto ad esprimermi così. Oltre a tutti i difetti a cui ac-cennavo poc’anzi, dobbiamo

ricordare gli orari di conclu-sione: sono stati spropositati. L’epilogo dovrebbe avvenire, al massimo, entro l’una. L’orga-nizzazione è stato il motivo che ha consentito uno svolgimento

regolare e religioso soltanto al Gesù Nazareno della domenica delle Palme, alla processione del Cristo del mercoledì mat-tina ed in"ne vi includerei la Via Crucis giunta al quinto anno: davve-ro, probabilmente, l’unico esempio di assorta religiosità e meditazione, con una partecipazione di fedeli numericamen-te ragguardevole e cre-scente”.

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Don Michele Quattrocchi

Si è apertauna nuovatradizione:

quella della legittimazione,in un momento

religioso,della protesta

sociale autorizzata.

E nessunoha avuto modo

di ridire

Inaccettabilevoltare ilgruppo sacroin direzionedegli esercizicommerciali

La Real Netturbanza

IL CASO. Quest’anno in coda al corteo, i lavoratori di Nissambiente hanno manifestato il loro disagio

La Real Maestranza del 2011 verrà ricordata nella storia, come la prima alla quale ha preso parte una categoria

non…tradizionale, quella degli opera-tori di Nissambiente. In religioso silen-zio, in coda al corteo, con le sfavillanti tute arancioni, questi lavoratori hanno voluto manifestare il disagio di chi ri-

ceve lo stipendio saltuariamente; un mese di ritardo, le spettanze relative a Marzo, era la pendenza che vantavano allorquando presenziavano al ricevi-mento delle chiavi da parte del Capi-tano della Real Maestranza per mano del sindaco.Dopo aver minacciato lo sciopero in concomitanza con i riti pasquali, han-no deciso di revocarlo soltanto la mat-tina del mercoledì santo, iniziando a lavorare all’alba. Poi, come insegnava Andy Warhol, hanno voluto ritagliar-si un quarto d’ora di celebrità, anzi qualcosina in..più. Un cerimoniale che durava da anni, piegato alle esigenze di alcuni.Ci domandiamo allora quale forma di protesta avrebbero dovuto attuare i lavoratori di tante aziende private ed a partecipazione pubblica, che di sti-pendi arretrati ne hanno otto, nove o addirittura tredici? Ed i tanti giovani disoccupati, i soggetti in cassa inte-grazione, il popolo dei precari, in che modo avrebbero potuto rendere mani-festo un disagio che si protrae da anni?

Forse chiedere, ed ottenere, di costru-ire e portare in giro un nuovo gruppo sacro? Possiamo u%cialmente dichiarare che si è aperta una nuova tradizione, quella della legittimazione, in un momento religioso e di orgoglio di essere nisseni, della protesta sociale autorizzata. Nes-suno ha avuto nulla da ridire. Ammini-

strazione cittadina, autorità religiose e civili, hanno rivolto lo sguardo altrove. Che i giornali si siano occupati della nostra città per i cumuli dei ri"uti spar-si per le vie non ha indignato alcuno. La minaccia di una Settimana Santa, o!uscata dai cassonetti pieni, ha aval-lato ogni eventuale richiesta.Magari il prossimo anno, qualora il Co-mune non dovesse versare in tempo i contributi sportivi, in coda alla Real Maestranza, vedremo gli atleti delle società sportive in maglietta e panta-loncini.Oppure vi troveremo tutti i cittadini che sventolano la bolletta della tarsu aumentata del 40%. Non mancheran-no neanche i nisseni che devono fare i conti con l’erogazione idrica disconti-nua; in corteo, con i celebri “bidoni” di plastica fra le mani. Insomma ognuno avrà il modo di lagnarsi ed in"ne con-cludere lietamente il corteo con una foto ricordo in compagnia del Capi-tano della Real Maestranza nel cortile della biblioteca Scarabelli. O tempora, o mores! D. P.

“La città piange perchè i riti che si celebrano sono senza Dio. E’ arrivato il momento di decidere: vo-gliamo il folklore o risco-prire la vera pietà popola-re. Varicedde e Vare sono la profanazione di quello che viene portato in pro-cessione”

Riportiamo le “dure” parole di S.E. Mons.Mario Russotto pronunciate durante il Pon-ti"cale di Pasqua

Dal Giornale di Sicilia di Martedì 26 Aprile

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L’attenzione dei piccoli è rapita dai giganti di cartapesta che s!lano oscillanti, accompa-

gnati dalle bande musicali. Un susseguirsi colorato di !gure, dai costumi e dagli sguardi di"erenti, che raccontano in maniera emo-zionante l’ultima fase della vita terrena di Cristo. Le menti dei bambini rielaborano il mesco-larsi di situazioni che rendono la processione un momento unico e fantastico: i suoni, i cortei dei vari ceti, l’avanzare lento e maestoso delle Vare, la s!lata delle bande musicali, tutti fattori che si incar-dinano nell’animo del fanciullo. La trasparenza e l’innocenza dei piccini potrebbero essere la chia-ve di volta per conferire nuova linfa ai riti della Settimana Santa. Si rivela come necessaria e pro-pedeutica l’opera di preparazione e divulgazione da svolgersi nelle

scuole elementari che però non può essere disgiunta dal compor-tamento delle famiglie che devo-no riscoprire e far conoscere ai

bambini il valore etico, cul-turale, storico e di apparte-nenza di una manifestazio-ne che è tratto insostituibile della “nissenità”.Dove sono !niti i nonni che pazientemente accom-pagnavano i nipotini ai riti della Settimana Santa?

La conservazione ed il mante-nimento di tradizioni peculiari della città di Caltanissetta e del-

la sua identità storica sono anche s!de da lanciare alla progressi-va globalizzazione di usi e co-

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I più piccoli salveranno i riti

L’ANALISI. L’innocenza dei piccini potrebbe essere la chiave di voltaper conferire nuova linfa. Soltanto i bimbi potranno ridare credibilità

di Donatello Polizzi

Sopra l’editore del Fatto Nisseno, Michele Spena, in una foto del 1974.Nella pagina una serie di scatti fotogra!ci che ritraggono i volti dei piccoli protagonisti della Settimana Santa.

Il saluto del Capitano a tutti i bambini che hanno partecipato con genuina passione alla Settimana Santa 2011

Settimana Santa &Bambini

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E’ un percorso persona-le che parte da un in-contro con Gesù, con la sua persona quello

della spiritualità come momento saliente della nostra vita di cre-denti. A sottolinearlo è padre Vittorio Viola, frate francescano dell’Ordine dei Frati Minori, per dieci anni guardiano della Basilica di S. Maria degli Angeli ad Assisi ed oggi guardiano della Basilica di Santa Chiara, periodicamente ospite a Caltanissetta per una se-rie di incontri di ri#essione insie-me alla comunità della parrocchia di Sant’Agata al Collegio, aperti a tutta la città.“Del resto – conferma padre Vio-la - la nostra fede non è adeguarsi ad una norma morale sola ma è un vero incontro con Gesù Cristo e la vocazione è scritta nella con-cretezza di quall’incontro con Lui, nello scoprire la sua volontà su ciascuno di noi, nel provare a ri-spondere a quella chiamata con la certezza che il progetto che Lui ha è un progetto d’amore”.Ma cosa ha signi!cato per lei essere per tanti anni il custode della Porziuncola, dove pregava San Francesco, e quale il mes-saggio che ci parla ancora inces-santemente da quei luoghi dove la santità è stata vita vissuta nel !ducioso abbandono alla Parola di Dio?“L’ incontro con Assisi, con Fran-cesco, con Chiara – dice padre Vittorio – è stato l’incontro con testimoni autentici della persona di Gesù. Le loro scelte continua-no ad essere scelte attuali, capaci

di dare una risposta alle domande più profonde del cuore dell’uomo. Ed è sempre l’inizio di un percorso

che, come per ogni chiamata, rico-nosci quando cominci tu a render-ti disponibile a questa chiamata, sulle strade che lo Spirito Santo ci

indica”.L’ esempio per tutti è sempre Cri-sto e la sua obbedienza al Padre. “L’ obbedienza che Gesù ha vissu-to per noi – dice il frate francesca-no – e che ci ha donato di poter

vivere resa allo Spirito perché pos-sa compiere la sua missione, fare di ognuno di noi Gesù Cristo. Il cuore dell’uomo, quando si chiude a Dio, perde la possibilità di pace che solo Lui può dare. Ma a volte la chiusura manifesta un bisogno di Dio: tutto sta nel cercare cosa lo Spirito suggerisce, ascoltare come parla nel cuore di ciascuno. C’è na-

turalmente anche la libertà che può portare ad una chiusura nei confronti di Dio”.Ma alcune manifestazioni del-la fede, specialmente con-nesse a particolari riti tra tradizione e de-vozione in alcuni periodi dell’an-no, come ad

esempio la Pasqua, non rischia-no oggi di perdere il loro vero si-gni!cato per divenire pura este-riorità? “Forse – suggerisce padre Viola – abbiamo bisogno di in-contrare e di ascoltare persone che abbiano dato la loro disponibilità a Dio. Gli incontri che si sono tenuti a Caltanissetta in occasione anche della Pasqua 2011, che ripetiamo ormai da qualche anno e ai quali partecipano non solo gli artigiani della Real Maestranza ma tanti cit-tadini nisseni, sono una strada per entrare nel cuore dell’anno liturgi-co che qui ha testimonianze molto vivaci di partecipazione e devozio-ne. Ho trovato molta disponibilità all’ascolto ma di certo è importante riuscire ad entrare dentro il Miste-ro che noi rappresentiamo, senza

fermarsi al dato este-riore e com-

prendendone l’essenza più profonda”.

stumi che rischia di cancellare le identità locali.Nessun videogioco, nessun cel-lulare, nessun cartone animato o qualsivoglia attrattiva di vario genere, distrae un bambino che si trova al cospetto di un maesto-so Gruppo Sacro. Il fascino che esercita la “Vara”, è un concen-trato di fede e folklore, mistero e religiosità, che ancor più mar-catamente incide sulla fantasia dei pargoli. Gli adulti si spera abbiano la capacità di instillare in quelli che saranno gli uomini e le donne di domani, il senso di appartenenza e di partecipazione alla celebrazione di riti che, oltre ad un’evidente connotazione reli-giosa, si rivelano educativi per la forte valenza morale e culturale.I bambini si avvicinano alle Vare, tentano di spingerle, le guardano, le ammirano, ne avvertono in-consapevolmente l’importanza,

hanno fame di capire e di essere partecipi; non dobbiamo rompe-re l’incantesimo, non possiamo compiere l’errore (come avviene attualmente per gli adolescen-ti e gli adulti) di far passare il messaggio diseducativo e fuor-viante che i riti della Settima-na Santa sono semplicemente un’occasione per andare a fare una passeggiata. Innanzitutto vi è l’obbligo morale di recu-perare l’animo religioso dei riti e si rivela di ugual rilievo la necessità di veicolare questo messaggio in chiave pedagogi-ca. Soltanto i bambini hanno la possibilità di ridare smalto e credibilità alla Settimana Santa!

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Abbiamola necessitàdi ascoltarechi ha datodisponibilitàa Dio

di Rosamaria LiVecchi

“Bisogna comprendere l’essenza del Mistero che noi rappresentiamo”

INCONTRI SPIRITUALI. Intervista al francescano Vittorio Viola

Assisi. La Basilica di Santa Chiara

Padre Vittorio Viola, 45 anni, originario di Biella, ha conseguito il dottorato in Liturgia presso il Ponti!cio Istituto liturgico “S. Anselmo” di Roma ed è attualmente docente di Liturgia alla Facoltà teologica di Assisi e presso lo stesso istituto “S. Anselmo”.

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Da anni si discute sulla ne-cessità che il Pubblico intervenga nella riquali!-

cazione del centro storico. Pochi i passi e"ettuati !no ad oggi e mode-sti i risultati. Non così quando interviene il Pri-vato. Un esempio ci viene dalla Banca di Credito Cooperativo del Nisseno la quale, acquistato nel 2003 il prestigioso palazzo delle ex Poste Centrali di via Crispi, lo ha restituito alla pubblica fruizione dopo un’attenta e quali!cata opera di restauro conservativo.Ma come nasce questo sfarzoso edi!cio, superbo esempio di ar-chitettura del Regime che per oltre mezzo secolo è stato centro nevral-gico di lettere e telegrammi?Nei primi mesi del 1919, la man-

canza di un Palazzo Postale portò le autorità locali a discutere, con sempre maggiore insistenza, sulla possibile edi!cazione di uno stabile in cui dare un’autonoma e più con-sona sede all’attività degli u#ci e del Telegrafo, !no alla metà degli anni ’30 operanti a piano terra dell’odier-na Camera di Commercio.Con tale intendimento il Cav. Fa-zioli, allora direttore delle costru-zioni, redige un progetto per la fabbricazione del detto stabile che inizialmente si pensa di ubicare tra la via Saetta e il largo Badia. Dopo varie tesi si predilige l’ipotesi di contrada “Canalicchio” (oggi piaz-za Marconi), luogo in cui si erge-va l’antica chiesa di Sant’Antonino e l’annesso convento dei Minori Riformati. Tale chiesa, edi!cata nel settembre del 1637 per lasci-to del benefattore Nicolò Sagitta e di Donna Maria D’Alcalà moglie del principe di Paternò, venne, nel 1866, a seguito della soppressione degli ordini religiosi, demanializ-zata è pertanto adibita a magazzino militare mentre l’annesso convento, parzialmente demolito alla !ne del 1800 per le pessime condizioni sta-tiche, viene nel 1913 raso al suolo

per dar spazio alla nuova caserma dei Carabinieri Reali (oggi U#ci Provinciali).Nel 1920 pertanto si procede, sotto invito del Reggio Governo, all’ab-battimento della chiesa, sulle cui ceneri si dà avvio alla costruzione del nuovo stabile; così le fervide

preghiere dei fedeli lasciano il passo al vocio degli utenti assorti nell’inviare missive e telegram-mi. Qualche mese dopo si cominciano anche i lavori di edi-

!cazione su progetto dell’Ingegnere delle Ferrovie dello Stato Francesco Lombardo.Caratterizzato da un certo ecletti-smo l’edi!cio, di 3.500 metri qua-dri, si presenta come un corpo allungato costituito da un unico blocco chiuso che si sviluppa su tre elevazioni, l’ultima delle quali con funzione di attico. Il basamento co-stituito da pietra bianca squadrata è interrotta dall’apertura di !ne-stre protette da massicce inferriate che o"rono luce al seminterrato, il piano rialzato con una super!cie bugnata in pietra arenaria locale, è contraddistinto da !nestre ad arco, mentre il primo e il secondo piano si mostrano con !nestre modulari rettangolari e ad arco con mostre in pietra arenaria su campo ad into-naco bianco.L’edi!cio completo in ogni sua par-te è solennemente inaugurato, alla presenza di autorità civili e milita-ri, il 29 ottobre 1934, all’indomani dell’anniversario della Marcia su Roma. Le sale interne sono ornate con decorazioni parietali dell’arti-sta siciliano Gino Morici (Palermo 1901- 1972), docente presso l’Ac-cademia di belle arti di Palermo e

noto scenografo e arredatore d’in-terni. Ispirati al mondo del lavoro, gli a"reschi della Sala dei Telegram-mi racchiudono “La Storia delle Comunicazioni”, con un “excursus” che và dall’età preistorica !no ai tempi recenti, mostrando caratteri di una pittura sintetica - monu-mentale tipica del Novecentismo. La sala presenta inoltre i lavori del pittore Gaetano Sparacino, intimo amico del Morici, al quale si de-vono altresì gli a"reschi decorativi presenti sulle pareti e sul so#tto, e due bassorilievi opera di Benedetto De Lisi. Nella Sala del Pubblico il Morici interviene invece sul so#tto con riquadri in cui spiccano i sim-boli delle comunicazioni circondati da decori di indubbio Astrattismo Avanguardistico. L’edi!cio rimane operante come sede centrale delle Poste !no al 1992, e poi come succursale !no alla metà del decennio scorso. Nel 2003 il passaggio alla “Banca di Credito Cooperativo del Nisseno”, guidata dal presidente Giuseppe Di Forti che, su progetto e con la direzione dei lavori dell’Ing. Man-lio Averna, da avvio ad un lungo e attento intervento di restauro in una logica strettamente conserva-tiva. Non sono mancate nel corso dei lavori le sorprese, come per esempio la scoperta, nel cortile, di una cripta del 1842, verosimilmen-te al servizio dell’ormai scomparsa chiesa di Sant’Antonino, utilizzata come luogo di sepoltura di massa, e tracce di un pavimento esagonale in cotto risalente alla prima metà del XV secolo. Il 29 ottobre 2010, nel giorno della ricorrenza della sua inaugurazione settantasei anni

prima, il Palazzo, dopo un interes-sante convegno svolto presso il Te-atro Margherita dal tema “Per fare piccoli passi … ci vogliono grandi sogni” che ha visto la partecipazio-ne di autorità civili e militari non-ché i vertici nazionali e regionali del Credito Cooperativo, ha riaperto le sue porte alla cittadinanza che si è riappropriata così dell’identi-tà di un luogo ricco di memoria. Attualmente esso è sede della So-printendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Caltanissetta che, in locazione, occupa il secondo, il ter-zo piano e parte del piano rialzato e del seminterrato mentre entro l’an-no diventerà anche sede dell’Isti-tuto di Credito che vi trasferirà gli u#ci amministrativi, la Presidenza e la Direzione. Le sale a"rescate, vero scrigno d’arte, per ammirevole iniziativa della Banca sono già a di-sposizione della popolazione per la

realizzazione di convegni, mostre e presentazioni varie. Il Palazzo è di-venuto così un punto stabile per lo sviluppo e la crescita culturale della collettività nissena.

L’immobile, vincolato ai sensi della legge 1089/39, è rimasto per anni in stato di semiabbandono anche a motivo dei co-spicui capitali necessari per il risanamento. “Siamo una banca ma anche un’impresa che ha una responsabilità so-ciale sul territorio – dice il Presidente Di Forti – e come tale promuovia-mo la crescita culturale. L’acquisto del Palazzo da parte della BCCN è stato e"ettuato per esigenze funzionali dell’Azienda ma anche con l’intento di restituire alla Città un bene di interesse storico e artistico che sarebbe rimasto per molti anni ancora privo di manu-tenzione e quindi avreb-be subito un ulteriore de!nitivo degrado che avrebbe comportato la perdita di un impor-tantissimo patrimonio

artistico, storico e cultu-rale”.Le sale a"rescate, sottrat-te all’uso ordinario della banca, sono state rese disponibili per la realiz-zazione di eventi cultu-rali di interesse colletti-vo (diversi già gli eventi che ha ospitato) mentre una buona porzione dei rimanenti locali è stata a#ttata alla Soprinten-denza che è riuscita ad avere una sede adeguata e prestigiosa che diver-samente non avrebbe avuto. I lavori di restau-ro sono stati !nanziati interamente dalla Banca con propri capitali. “Si tratta di una testimo-nianza di come pubblico e privato bene posso-no coniugare i propri obiettivi nell’interesse comune – dichiara il Presidente Di Forti - con vantaggi reciproci e con ricadute positive per l’intera collettività. Sia-mo i proprietari dell’im-mobile ma ci sentiamo i detentori di un bene co-mune. Abbiamo voluto condurre i lavori di re-stauro con la cura che si deve ad un oggetto pre-zioso e siamo orgogliosi del risultato”.

DALLE POSTE ITALIANE ALLA BCCN

Restituito alla città un pezzo di storia

“Progetto di valenza sociale”

Promuoviamo la crescitaculturaledel territorio“

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Ha scelto il giorno che celebra il lavoro per tornare al timone di un giornale. E lo ha fatto

all’età in cui di norma ci si ritira a vita privata, in attesa che l’ignoto decida sul proprio destino. Ma lui è un combattente nato, una mente vivacissima e ra!nata, di un in-telligenza fervida. Colto e sobrio

nei ragionamenti; un progressista nell’animo e nelle congetture. Ema-nuele Macaluso ha 87 anni, più di esperienze che di acciacchi. Politico per passione, innovativo nella ra-gione, ha accettato la s"da di gui-

dare un giornale riformista nella sostanza e nel nome. Dopo l’addio degli Angelucci, (quelli di “Libero” per intenderci), la testata arancione, “Il Riformista” appunto, è passato totalmente in mano al gruppo del-

la cooperativa “Le ragioni del Socialismo”, di cui Macalu-so è al vertice.

Dopo l’addio di Antonio Polito, dal primo maggio il giornale lo guida lui, Emanuele, il compagno che per primo capì l’errore di arroccare il Partito comunista su delle posizio-ni radicali ed estreme. Assieme a

Giorgio Napolitano, oggi presiden-te della Repubblica, il militante nis-seno "glio di un ferroviere e di una casalinga, guidò la fronda “miglio-rista”, sommariamente targata come la destra del Pci. Nel 1958, da leader

comunista nell’Iso-la, benedisse il “mi-lazzismo” dal nome del presidente della Regione Siciliana Silvio Milazzo, che varò un go-verno regionale sostenuto da comunisti, socialisti, monarchici, da fuoriusciti della Dc e persino dal Movimento sociale. A "anco al Macaluso politico, la bio-

gra"a dell’onorevole raccoglie una pagina importante del Macaluso giornalista. Guidò l’Unità, all’epoca organo u!ciale del Pci, dal 1982 al 1986, cercando di modernizzarlo, alla pari della trasformazione che la "ne degli anni ’80 portò il partito a cambiare pelle prima e il nome in seguito. Lasciato gli scranni dei parlamenti, da osservatore attento e lungimirante, ha intensi"cato la sua attività pubblicistica scrivendo per La Stampa, Il Mattino,

e poi l’incontro con Il Riformista. Da semplice com-menta-tore,

adesso è divenuto pure diretto-re ed editore, anche se al

Corriere ha confessato; “Rimetter-mi alla direzione è una faticaccia. Farò un giornalee senza padro-

ni”. Una nuova s"da per un uomo avanti negli anni, ma ancora più

avanti nelle idee. Un nisseno dal grande intelletto, che ha

avuto la forza e l’acume di innovare e rinnovare. Un uomo coraggioso, più volte critico con il Pd, ma che sogna ancora un grande movimento

socialdemocratico e li-berale. In una sola parola:

un “riformista”.

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IL PERSONAGGIO. A 87 anni ha scelto di dirigere il quotidiano “arancione”

Due immagini di Emanuele Macalu-so nella redazione romana de L’ Unità (1982). A destra la prima pagina de Il Riformista del 1° Maggio, suo primo giorno da direttore

Emanuele Macaluso con l’amico di sempre il Presidente Giorgio Napolitano

Emanuele Macaluso,“Il Riformista”

di Michele Spena

Rimettermialla direzioneè una faticaccia. Farò un giornalelibero

“Una nuova s!daper il politico nisseno, ex dirigentedel Partito comunistae storico direttore dell’Unità.

Page 21: Il Fatto Nisseno - maggio 2011

Al civico 111 di corso Umberto c’è ancora la sua libreria. Salvato-

re Sciascia, sommatinese ma nisseno di adozione, il-lustre intellettuale che ha portato una ventata cultu-rale in una Caltanissetta che stentava a riprendersi dalla guerra. Sciascia, la passione per i libri e l’edito-ria l’ha ereditata da uno zio, editore e titolare di im-portanti librerie a Palermo. La sua attività a Caltanis-setta iniziò quando decise,

a sua volta, di aprire una libreria vicino la chiesa di Santa Lucia che poi spostò nel corso principale della città. Caltanissetta, in quel periodo, era ricca di stimoli prove-nienti dal mondo operaio e dell’imprendi-toria mineraria, impulsi che hanno contri-buito a creare una classe politica e sindacale che, col tempo, avrebbe dato lu-stro alla città. La libreria di Salvatore Scia-scia, così, divenne un crocevia per intellet-tuali e giovani politicanti: tra gli sca!ali colmi di libri era facile incontrare, oltre a Leonardo Sciascia, anche Vitaliano Bran-cati, un giovane Emanuele Macaluso, il preside Monaco e il magistrato Gaetano Costa. Tutti, assieme, diedero vita a una sorta di circolo culturale che “"rmò” per lunghi anni il fermento della città. E in ef-fetti Salvatore Sciascia era un uomo che aveva quella che oggi si potrebbe chiamare una vocazione innata per le pubbliche re-lazioni e per questa ragione il suo “entou-rage” era composto da intellettuali che fe-

cero la storia. Con la pubblicazione di una serie di volumetti di "loso"a, storia e lette-ratura italiana e straniera, alla "ne del 1949, nasce la “Edizioni Salvatore Sciascia”. Tra i primi libri pubblicati troviamo “Pi-randello e pirandellismo” dell’amico fra-terno Leonardo Sciascia, “Il "ore della poesia romanesca”, sempre dello stesso ma con la premessa "rmata da Pier Paolo Pasolini. Il sodalizio culturale tra Leonardo

e Salvatore Sciascia arriva al culmine quando inizia la pubblicazione della rivi-sta letteraria “Galleria”, che i due intellet-tuali curarono insieme "no al 1959; negli stessi anni, inoltre, cominciò a uscire an-che il fascicolo “I quaderni di galleria”, dove ebbero modo di scrivere anche Paso-lini, Roberto Roversi e Giorgio Caproni. Ma che Sciascia avesse un “"uto” eccezio-nale per “scovare” grandi autori è noto a

tutti. Un po’ meno è conosciuta la vicenda che lo vede protagonista, quando fu invita-to dal presidente Kennedy alla Casa Bian-ca, perchè in una delle sue riviste era stato tracciato un pro"lo di John curato dal giornalista italo- americano Philip Cor-

daro. A Caltanissetta Sciascia è anche ricordato come presidente della Ca-mera di Commercio ma soprattutto come animatore e promotore di uno dei più prestigiosi club service, il “Rotary”. Proprio durante un conve-gno organizzato a Bari dal “Rotary” fu colpito da un malore che non gli lasciò scampo. Era il 1986 e alla sua morte i "-gli Paolo e Giuseppe presero le redini del-la casa editrice, riuscendo sempre a man-

tenere alto il livello delle pubblicazioni. Il “Rotary”, invece, per ricordare il lustro che Sciascia aveva portato sia al club che all’in-

tera città, nel 1987 ha dato vita alla “Fon-dazione Sciascia”, oggi presieduta da Ar-cangelo Lacagnina. A venticinque anni dalla scomparsa Caltanissetta ha reso omaggio alla memoria di Salvatore Scia-scia lo scorso mese, con un incontro al quale hanno preso parte anche la moglie Maria e i "gli. Lo storico Sergio Mangiavil-lano ha tracciato un pro"lo umano e pro-

fessionale commovente e l’as-semblea, riunita al centro

polivalente “Michele Ab-bate”, ha strappato una promessa al sindaco Campisi, che ha assi-curato il proprio im-pegno per l’intitolazio-ne all’editore Sciascia

di una strada.

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Il sindaco Campisi:Mi adopereròper intitolargliuna strada“

IL PERSONAGGIO. Divenuto editore fu molto amato dagli intellettuali

Stor

ia &

Cul

tura

di Martina Nigrelli

Washington 1961, Salvatore Sciascia

alla Casa Bianca dal Presidente John F. Kennedy

Caltanissetta 1971, Salvatore Sciasciadinanzi all’ingresso della libreriacon il Procuratore della Repubblica Gaetano Costa

La libreria Sciascia al civico 111 di Corso Umberto

Sciascia, il libraio nisseno che conobbe Kennedy

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Non molti tra i nisseni sanno che a Caltanis-setta si pubblica una prestigiosa rivista

che raggiunge le più importanti biblioteche italiane e i centri di studio più prestigiosi della nostra penisola: è “ARCHIVIO NISSE-NO”, una rassegna semestrale di storia, lettere, arte e società, fon-data nel 2007 e ormai giunta al suo settimo numero che esce in questi giorni.E’ il risultato di un progetto che è stato de!nito “temerario”, por-tato avanti da un’associazione di studiosi che raccoglie le !rme più impegnate della cultura nis-sena, l’O"cina del libro Luciano Scarabelli di Caltanissetta, che si ispira alla !gura e all’opera del letterato piacentino che nel 1862 donò alla biblioteca comunale di Caltanissetta, oggi a lui intitolata, un cospicuo numero di libri per aiutare concretamente la città a promuovere la cultura quale leva primaria per il suo progresso ci-vile e sociale.La pubblicazione della rivista ri-sponde alla missione fondamen-tale che l’Associazione si è data, che è quella di coordinare e pro-muovere il lavoro di ricerca degli studiosi dell’area nissena, indiriz-zandolo ad un progetto comune di futuro. “Un azzardo calcolato – lo de!nirono nel 2007 i diret-tori editoriali Antonio Vitellaro e Sergio Mangiavillano – che vuo-le provare a mettere in circolo e a raccordare i timidi segnali di vi-talità esistenti nella nostra area, che fanno fatica a venir fuori e a incidere sul suo tessuto. Pen-siamo che un salto qualitativo sia possibile, valorizzando hic et

nunc il nostro p a t r i m o n i o culturale in una prospetti-va di presenza attiva. Questo è l’obiettivo arduo che ci proponiamo, in un contesto dominato dalla civiltà dell’uo-mo solo, come lo de!nì Leo-nardo Sciascia,

che in anni ormai lontani a Cal-tanissetta studiò e scelse di vive-re intravedendo, ironicamente e

paradossalmente, nella metafora del-la piccola Atene potenzialità e op-portunità ristrette a pochi intellettua-li suoi maestri, che oggi possono dila-tarsi con un raggio più ampio, creati-vo e propositivo insieme”.Se scorriamo i sette numeri della rivista !-nora puntualmen-te pubblicati, ci accorgiamo che il

progetto originario si va concre-tizzando attraverso la pubblica-zione di studi e ricerche, degli atti

di importanti convegni, facendo conoscere beni culturali e opere d’ingegno !nora non opportuna-

m e n t e v a l o -r i z -zati.

E’ il caso dei con-vegni su Gior- d a n i e Scarabelli, su Paolo Emiliani Giudici, su Luigi Russo, sul fon-do biblico della Biblioteca “Sca-rabelli”, o degli studi sugli artisti della “Scuola di Caltanissetta”, sull’opera del pittore Oscar Car-nicelli o degli studi critici di Gino Cannici; oppure della riscoperta di fatti e personaggi del territo-rio nisseno, come le vicende dei Fasci dei lavoratori o di letterati come Giuseppe Rossi Barbera e dello scultore Francesco Asaro; ma anche l’analisi delle opere d’arte di proprietà del Comune di Caltanissetta o le decorazioni parietali nell’antico edi!cio del-le poste della città; o i contributi fondamentali sulle associazioni artigiane nissene nel Seicento o sulla storia della Real Maestran-za.Preziosa è stata anche l’opera di recupero di inediti dimenticati e la pubblicazione dei vecchi canti popolari di Milocca-Milena, che rischiavano di perdersi perché se n’era interrotta la trasmissione

attraverso la sola oralità. La ri-vista ha a#rontato anche temi

di più stretta attualità, quali quelli sul sistema delle relazioni nella sfera

pubblica, sulla lotta alla ma!a o sull’attualità del pensiero di Leo-

nardo Sciascia.La rivista “Archivio Nisseno” me-rita di essere sostenuta da quanti amano la storia e le esperienze culturali, passate e presenti, della nostra città. E’ stato detto che dai tempi della rivista “Galleria” di Leonardo Sciascia nulla di tanto meritorio è stato fatto per la pro-mozione della cultura a Caltanis-setta.

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LA RIVISTA. Rassegna semestrale di storia, letteratura, arte e società

Ritratto del 1882 di Luciano Scarabelli

dell’artista Michele Tripisciano

Il n. 7 (Luglio-Dicembre 2010) di “Archivio Nisseno”.

“Il libro rende liberi; la cultura rende liberi”: questo è il messaggio

del logo dell’Associazione “Of!cina del libro Luciano Scarabelli”

Due immagini dell’altare in marmi mischi di S. Ignazio nella Chiesa

di S. Agata di Caltanissetta, di cui si parla nel n. 7 della rivista.

“Archivio Nisseno”,progetto temerarioper promuovere cultura

di A. Vizzini

A curare la pubblicazione

nata nel 2007,

l’O!cinadel libro Luciano

Scarabelli

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Non sono solo i colori sociali delle squadre calcistiche ad acco-munare Catania e

Mussomeli. Oggi c’è un motivo in più. Una straordinaria scultu-ra, intitolata L’Ultima Spiaggia e realizzata dal poliedrico artista mussomelese PhylKay, ha avuto il suo posto d’onore all’interno del polo !eristico Etnaexpo. L’opera, ammirata quotidianamente dalla moltitudine di visitatori che fre-quentano il noto centro commer-ciale catanese, è stata realizzata nel corso del Simposio di Scultura or-ganizzato da Tina Aldisi, nell’am-bito della Mostra Internazionale d’Arte Moderna e Contempora-nea SICILIARTE 2011, curata dal critico d’arte Francesco Gallo. Del comitato consultivo della mostra ha fatto parte anche Graziano Cecchini, l’artista futurista famoso fra il grande pubblico perché nel 2007 ha colorato di rosso l’acqua della fontana di Trevi. Un’altra ve-trina importante per Phil Kay, al secolo Filippo Misuraca, classe 1962, che sta inanellando com-missioni su commissioni in ogni parte dell’isola, a suggello di un talento in netto crescendo che ha prodotto opere presenti non solo in Italia, ma anche in Gran Breta-gna. Eppure PhilKay non si sente appagato dai traguardi raggiun-ti; neanche quando ha realizzato uno straordinario tabernacolo in bronzo per l’aula liturgica della parrocchia “S.Giuseppe” di Vil-labate, nella cui chiesa esiste uno stupefacenteCristo in Croce di Pericle Fazzini,considerato tra i maggiori e più celebri esponen-ti della scultura internazionale. Per onore di cronaca va ricordato che le opere di Fazzini sono con-servate nelle maggiori collezioni private e nei musei più importanti del mondo. PhilKay si conside-ra come un “artista maledetto”, le cui opere e l’indiscutibile talento, sono riconosciute ovunque…..ec-cetto che a Mussomeli. Insomma,

un ennesimo caso di Nemo Pro-feta in Patria. Eppure Phil è molto legato alle sue radici e alla sua ter-ra. Gli amici lo ricordano come un ragazzo che, sin dall’adolescenza, ha avuto dentro di sé un vulcano in continua attività che ha “erut-tato” una straordinaria energia positiva coinvolgente.Non solo i conoscenti sono stati “catturati”

da Phil ma anche i molti estimato-ri delle doti che madre natura ha generosamente elargito all’eccen-trico Kay. Mai domo, nonostante il durissimo lavoro nella cava di pietra posseduta dal padre, Phil

ha alternato l’amore per la musica a quello per la scultura, la passio-ne per le moto da cross a quella per le donne, l’innato senso di rivoluzionario anche nell’abbiglia-mento a quello di padre e marito innamoratissimo della propria moglie e del !glio. Descrive la sua

vita come un continuo veri!carsi di segni che non ha colto !n quan-do….. non si è sentito come un “folgorato sulla Via di Damasco”. Come San Paolo, egli condivide molto del cammino spirituale di una dei Padri fondatori della Chie-sa. A partire dal giorno di nascita il 25 gennaio,ricorrenza in cui la chiesa ricorda proprio l’avvenu-

to ravvedimento dell’anticristiano Saulo, acciecato da Dio e ritrovatosi credente e vedente a Damasco. Oggi Phil è un fervido credente ed un assi-duo lettore della Pa-rola di Dio. Eppure le sue opere sono spesso considerate al limite tra lo sconcio ed il per-verso, dove il nudo è il tema pre-dominante del soggetto. Alla data odierna,Kaysorride serenamente a questa accuse, ma non nascon-de che negli anni passati, sono state fonte di so"erenza interiore e soprattutto di emarginazione. De!nisce le sue opere come il concretizzarsi del grande amo-re che nutre nei confronti delle

forme in genere e di tutta la ma-teria. Racconta che varie volte ha avuto ospite a casa sua modelli e modelle che hanno posato nudi per la realizzazione di opere che sono state acquistate in ogni parte dell’isola. Il tutto è avvenuto con la serenità di chi vive con trasparen-za e amore, la sacralità del focolare domestico. Fra queste opere va ri-cordato un telamone, una scultura maschile, a tutto tondo o a rilievo, impiegata come sostegno, struttu-rale o decorativo, !nita in un no-tissimo ristorante londinese, per la cui realizzazione ha posato Gero Mongiovì, pluripremiato cultu-rista mussomelese. Tacciato di volgarità, oltre ogni dubbio, Phil si è trovato al centro di un caso mediatico nel 1998, con l’opera “L’intruso”. La scultura, realizzata in calcarenite, è stata considerata hard ed addirittura dissacrante visto che all’epoca era stata mo-mentaneamente collocata al cen-

tro del Palacultura “M.Randazzo”, locale sito all’interno del chiostro “S.Domenico” attiguo all’omoni-mo Santuario dove si venera la Madonna dei Miracoli. Agli oc-chi di molti visitatori “L’intruso” è apparso come una !gura geome-trica di tipo falloidale contenuta all’interno di quello che poteva anche essere considerato un ba-cino femminile. In sintesi l’opera,

per la chiesa e per i molti credenti sconcertati e disgustati, altro non era che la riproduzione di un atto sessuale tra uomo e donna. Phil ha sempre detto che “L’intruso” non era altro che la rappresenta-zione della ma!a che si insinua nelle viscere della Sicilia e che, con le sue azioni e le sue malefatte, mette costantemente in ginocchio quella che è considerata come la Perla del Mediterraneo. Dopo la conversione al cattolicesimo e la frequentazione periodica di un gruppo di preghiera, Phil rispetta in pieno le interpretazioni che i “profani” dell’arte danno in genere delle sue opere, ma naturalmente non le condivide a"atto. E non ha tutti i torti. Basta pensare che ci si dovrebbe scandalizzare per il Da-vid di Michelangelo di Piazza del-la Signoria a Firenze o per i nudi scultorei di Piazza della Vergogna a Palermo. Critiche a parte Phil crede molto di più nei veri valori come l’amici-zia, il rispetto , la famiglia, la Chie-sa, virtù che oggi sono al centro di quella che non solo è la sua arte, ma anche e soprattutto del suo impegno di credente e professan-te. Le sue sculture sono realizzate in materiale vario, come l’argilla, la terracotta, il bronzo, la calcarenite, il marmo e l’alabastro. Maniacale nella cura di ogni sua realizza-zione, si a#da costantemente alla protezione del suo spirito guida. Già, perché l’avventura di Phil con l’arte, parte proprio dall’incontro con uno spirito……in “etere” ed ossa. Ma questa è un’altra storia che Filippo Misuraca proverà a raccontare in un libro in corso di realizzazione, in cui questa volta, non metterà a nudo nessuna del-le sue opere. Denuderà sé stesso e traccerà il pro!lo dell’artista Phil Kay senza tralasciare l’essenza dell’uomo Filippo Misuraca. Non è ancora uscito, ma chi ha avuto la fortuna di leggere qualche pagina del libro, assicura che si tratta di un vero e proprio capolavoro.

Phil Kay, artista folgoratosulla via di Damasco

di Osvaldo Barba

ARTE. Lo scultore mussomelese è un fervido credente. Eppure le sue opere sono spesso considerate al limite della trasgressione

Le mie operesono il concretizzarsidell’amore per le forme

Filippo Misuraca

Nella pagina le foto di alcune opere dello scultore

Fatti & artisti di provincia

Per Phil il nudoè il soggetto

predominante,ma non nasconde

che in passsato tale scelta è stata

motivo di so!erenza

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Agorà 2011, l’evento nazionale promosso dall’Acli, per la prima volta si terrà in città.

IL CONVEGNO.

Giovani “aclisti”da tutta Italia a CaltanissettaSpazio di ri!essione,

occasione e motivo di coinvolgimento sui temi che riguardano le

giovani generazioni, la citta-dinanza globale, il senso della comunicazione sociale e l’uso delle nuove tecnologie: queste sono le colonne portanti della prossima Agorà 2001 dei Gio-vani delle Acli, evento naziona-le promosso e organizzato dal movimento giovanile aclista

che per la prima volta farà tap-pa a Caltanissetta e in Sicilia, dopo avere toccato negli anni passati città importanti (Pesa-ro-Urbino, Siena). Il tema scel-to, “Agorà 2.0-11. Generazioni e reti nella società dei media”, coinvolge tuttavia non solo le giovani generazioni in termini sociali, culturali e anche politi-ci, ma si pone come esigenza di interesse collettivo, allo scopo di promuovere il dialogo su più fronti, alla luce anche dei nuovi strumenti di comunicazione di massa (internet, social network, chat, telefonia mobile, ecc…). “La ri!essione cui punterà l’Agorà 2011 – fa presente il Se-gretario dei Giovani delle ACLI di Caltanissetta, Italo Cala"ore – fa breccia anche nelle parole che il nostro Papa Benedetto XVI ha rivolto agli operatori della comunicazione mondiale durante il congresso della stam-pa cattolica, sottolineando in-fatti come il mondo dei media è attraversato da una profonda trasformazione anche al pro-prio interno”. “Lo sviluppo delle nuove tec-nologie – sono queste le paro-le espresse dal Santo Padre – e, in particolare, la di#usa mul-timedialità, sembra porre in discussione il ruolo dei mezzi

più tradizionali e consolida-ti. La ricerca della verità deve essere perseguita con mente e cuore appassionati, ma anche con professionalità. Ciò risulta ancora più importante nell’at-tuale momento storico in cui la comunicazione ha un peso sempre maggiore e può anche diventare indipendente dal re-ale, può dare vita ad un mondo virtuale, con varie conseguenze, la prima delle quali è il rischio dell’indi#erenza nei confronti del vero”.L’Agorà 2011 quindi farà in

modo che i giovani e tutti i partecipanti possano discu-tere sul ruolo dei media nella società moderna e in politica; parleranno del rapporto, non sempre facile ed immediato, tra

media, giovani e soggetti del terzo settore. Si confronteranno su questi temi con importanti giornalisti, docenti universitari, uomini del mondo dello spet-tacolo, rappresentanti del so-ciale organizzato, esponenti del mondo politico ed ecclesiale sia locale che nazionale. L’evento si svolgerà secondo le tipiche mo-dalità di un talk show televisivo con domande e risposte rapide tra i vari relatori ed ospiti che interverranno. Parteciperanno ad Agorà 2011: il Ministro del-le Gioventù Giorgia Meloni, il Senatore dell’UDC Gianpiero D’Alia, il Deputato Nazionale del FLI Fabio Granata, il Depu-tato all’ARS del MPA Lino Le-anza, il Consigliere Regionale Lombardia del PD Giuseppe Ci-vati, il Presidente della Regione Siciliana Ra#aele Lombardo e il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, oltre alle varie istituzioni del nisseno.Scopo di Agorà 2011 è mettere al centro i temi giovanili perché diventino contenuto di interes-se generazionale.

Italo Alberto Cala!oreSegretario Provinciale GA

Caltanissetta

Italo Cala!ore

Tra i temidi discussioneil senso dellacomunicazionesociale e l’usodelle nuovetecnologie

“Abbiamo il piacere di ospita-re a Caltanissetta l’incontro nazionale di studi dei Giovani delle Acli e questo rappresenta per noi motivo di grande gioia ed orgoglio. Ancora una volta Caltanissetta diventa epicen-tro nazionale di eventi stra-

ordinariamente importanti. La nostra città nuovamente al centro dei ri!ettori nazionali non per evidenziarne i limiti e le arretratezze ma per rilan-ciare un messaggio di speran-za e per costruire un percorso di sviluppo integrale nel fati-coso cammino della costru-zione del bene comune.La Segreteria Nazionale dei Giovani delle Acli ha voluto celebrare questo importante appuntamento di ri!essione nella nostra città sancendo ancora una volta il principio dell’unità del nostro Paese, dell’opportunità della forma-zione all’impegno civile e della necessità di esplorare i moder-ni segni dei tempi per trarne spunto di elaborazione per la progettazione di interventi capaci di innescare processi concreti di sviluppo integrale dei cittadini a partire dai più giovani.I Giovani delle Acli della no-stra provincia hanno certa-

mente lavorato bene in questi ultimi anni altrimenti la can-didatura della nostra città ad ospitare l’“AGORA’ 2.0-11” non sarebbe stata accolta con tanto entusiasmo; a tutti loro un doveroso e sentito ringra-ziamento per la quotidiana opera di servizio che svolgo-no per la nostra associazione e per tutte le iniziative che in questi anni hanno saputo re-galarci dandoci l’opportuni-tà di costruire con le giovani generazioni un rapporto tanto solido quanto prezioso per il bene della nostra provincia.Mi auguro che da questo ap-puntamento che vedrà la pre-senza di personaggi di primo piano della scena politica e culturale del nostro Paese pos-sa ra#orzarsi nei giovani acli-sti che verranno da tutta Italia la convinzione che in loro è depositata la nostra speranza per la costruzione di una nuo-va stagione di democrazia e di sviluppo. La speranza è ancora più forte e sentita guardando ai giovani della nostra provin-cia ai quali va il mio appello a$nché possano essere attori consapevoli delle loro scelte e comprendano che nessuno, oggi, è in grado di assumersi, in loro vece, il carico di rifor-me utili a riportare i diritti dei più giovani nell’agenda della politica. Soltanto una nuova

classe dirigente profondamen-te ringiovanita sarà capace di garantire ai giovani di oggi un futuro nel quale il diritto allo studio, il diritto al lavoro e ad una vita giusta, possano dive-nire "nalmente fatti concreti e non inutili parole nei pro-grammi elettorali.

Il Presidente Provinciale ACLI Caltanissetta

(dott. Fausto Marchese)

Fausto Marchese

Guardiamoai giovaniai quali val’ appelload essere attori delle proprie scelte

L’iniziativa si terràdal 26 al 29 maggio.Tra gli ospitiil ministro della Gioventù Giorgia Meloni,il presidente Lombardo,e Nichi Vendola.

pagina pubblicitaria di comunicazione

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Due !ere, una settoriale ed una merceologica varia, ed ancora l’apertura di una struttura spor-tiva polivalente con ospiti illustri e migliaia di presenze. Morale: economia “che gira” ed un posi-tivo segnale per gli imprenditori e per i cittadini. Ma che cosa suc-cede? Succede che in un comune della provincia di Caltanissetta, distante dal capoluogo appena pochi chilometri, la positività e l’intraprendenza degli impren-ditori e degli artigiani ha provo-cato in queste ultime settimane un palese risveglio del comparto economico ed una ritrovata !du-cia verso la ripresa da una cattiva congiuntura economica, una cri-si tanto reale quanto idealmen-te scoraggiante. È San Cataldo, come non notarlo, la vera prota-gonista dell’economia della pro-vincia di Caltanissetta, un comu-ne che, a pochissima distanza dal capoluogo, è capace di ospitare due importanti !ere, il Coif e la Fiera dell’Artigianato, che hanno costituito un momento impor-tante per l’economia del territo-rio. San Cataldo è storicamente il comune da dove provengono le migliori maestranze della mu-ratura e della carpenteria: erano sancataldesi i migliori “mastri”e carpentieri, protagonisti di quel boom dell’edilizia arrestatosi solo a metà degli anni ’90 a causa di ben note vicende giudiziarie che coinvolsero diversi imprenditori edili, provocando con le loro de-

fezioni anche la !ne dell’indotto. Oggi la voglia di confrontarsi e di crescere nel settore dell’edilizia si è tradotta appunto nel “COIF Costruire in Fiera”, manifesta-zione !eristica di ampio respiro in cui sono state presenti oltre 70 aziende, provenienti anche da oltre stretto, ospitate in moderni padiglioni suddivisi in 110 stand presso il centro commerciale “Il Casale”, frequentati da circa 11 mila visitatori in quattro giorni. Ad organizzare il Coif una deci-na di imprenditori edili, sotto la guida di Michele Scarantino, che sulla manifestazione si esprime con tono ovviamente soddisfat-

to. “Non ci aspettavamo neanche noi tale successo – dice - e rac-cogliamo con ancor più grande

orgoglio la soddisfazione degli imprenditori che hanno creduto nella nostra scommessa, l’unica

per il centro Sicilia”. Accanto al successo della !era sull’edilizia San Cataldo vede an-

cora gli imprenditori in prima !la, a rimboccarsi le maniche per organizzare un altro evento,

questa volta in pieno centro città, animando le strade e, manco a dirlo, l’economia, ovvero la “Fiera dell’Artigianato”, giunta quest’an-

no alla sua quarta edizione, che ha visto la partecipazione di circa 70 imprenditori di San Cataldo e non solo. Dalle automobili agli

avveniristici arredi per esterni, dai servizi informatici ai laterizi, ed ancora concerti, s!late, mu-sica ed intrattenimento per un bilancio ancora di migliaia di vi-sitatori. Ad organizzare l’evento è stato, ad inizio maggio, i giovani imprenditori Eugenio Bona"ni e Toti Torregrossa, che insieme a Giuseppe Diliberto ed altri amici hanno dato vita ad una !era che anche in questo caso ha dato “un positivo impulso all’economia - come sottolineato dallo stesso Bona"ni, che aggiunge: “A noi imprenditori tocca l’impegno di scommettere, nella speranza di superare la tanto vituperata cri-si economica”. Menzione a parte merita l’apertura del Palasport intitolato a Giuseppe Maira, noto sportivo sancataldese, la cui inaugurazione è avvenuta alla presenza del Guardasigilli An-gelino Alfano e dello scienziato Antonino Zichichi.

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San Cataldo,città delle !ere

In pochi giornila cittadina nissena

è stata al centro degli interessi

imprenditoriali.E l’ economia gira

Bona"ni:“La !eradell’Artigianatoè un impulsoper superarela crisi”

Scarantino:“Successoinaspettato. Con il Coifabbiamo vintola scommessa”

Sopra i corridoi della COIF, la prima !era regionale dell’edilizia in centro Sicilia.Sotto un momento della !era dell’artigianato e dell’ industria

Economia & SocietàESPOSIZIONI. Migliaia di visitatori per due eventi importanti

di Marco Benanti

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Una festa per un dolce secco tipico del comune di San Cataldo, la ciam-bella, che si candida a entrare nell’Ar-ca del Gusto di Slow Food, progetto nato per preservare la piccola pro-duzione agroalimentare artigianale di qualità dal diluvio dell’omologa-zione industriale. Cornice della festa sarà il Borgo rurale Santa Rita, poco distante da Caltanissetta, che ospita per l’occasione anche una mostra-mercato di prodotti tipici di qualità dell’entroterra siciliano. Organizzata dall’associazione “Il Sacco in movi-mento” di San Cataldo, in collabo-razione con l’Associazione di S.Rita, il patrocinio di Slow Food Sicilia, e il supporto di diversi sponsor priva-ti, la “Festa della ciambella” è anche l’occasione per valorizzare il piccolo

e suggestivo borgo. La scelta del luogo, infatti - indivi-duato tra l’altro dall’Assessorato re-gionale alle Risorse Agricole e Ali-mentari come uno dei borghi rurali d’interesse per il recupero e la valo-rizzazione attraverso i GAL - non è casuale, in quanto si tratta di uno dei pochi borghi rurali del territorio nisseno, dove ancora sono presenti agricoltori e artigiani che coraggio-samente continuano le loro attività, cercando di salvaguardare e mante-nere tradizioni agricole e artigianali sempre a rischio di estinzione per la globalizzazione e l’omologazione dei gusti e dei mercati.Promuovere la cultura gastronomica

del centro Sicilia e, in particolare, di un tipico prodotto dolciario della tra-dizione della città di San Cataldo, ap-punto la “ciambella”, che rappresenta un unicum nel territorio siciliano e recuperare suoni, colori, sapori del-la tradizione, in un binomio che può diventare volano di nuovo sviluppo per i territori interni dell’Isola. Appartenente alla tipologia del dol-

ce secco, la ciambella, di forma ovale piuttosto grande (10-15 centimetri) o!re alla degustazione la sua carat-teristica pasta morbida e fragrante, “custodita” sotto una golosa cupola un po’ più consistente; viene lavora-ta esclusivamente a mano e cotta in forno, utilizzando ingredienti sem-plicissimi come farina di grano duro, zucchero, uova e lievito.La festa è anche l’occasione per assi-stere alla lavorazione dell’impasto “a vista”, con i pani"catori e i pasticceri di San Cataldo impegnati a cimentar-si nelle fasi di preparazione del dolce per poi deliziare il palato di grandi e piccini, il tutto sotto l’ attento occhio del maestro pasticcere Nicola Fiasco-

naro.L’appunta-mento è per sabato 21 maggio, a partire dalle ore 18,00.

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Il trionfo della ciambella sancataldese

Il 21 maggioal Borgo S. Ritasi fa festaper celebrare la candidatura del dolce nell’ Arca del gustodi Slow Food

La chiesa di Borgata Santa Rita

Il maestro pasticcereNicola Fiasconaro

Fatti & Dintorni

Santa Rita (ex Borgo Pisciacane), è una frazione di Caltanissetta, tra i comuni di Sommatino e Delia, sul Monte Pisciacane. È raggiungibi-le dalla strada SP 2 Caltanissetta/Sommatino. Il borgo è abitato or-mai da pochissimi abitanti, dediti soprattutto all’agricoltura, alleva-mento ed alla pastorizia. “Il bor-go nasce dopo lo smembramento dei feudi di Dra!ù, San Martino, Cicuta e Gissùdra!ù, di proprie-tà della casata dei Moncada, e su iniziativa dell’aristocratico barone Ignazio La Lomia-Bordonaro di Canicattì, che volle costruire alla "ne del secondo decennio del No-vecento un villaggio autonomo al centro dei propri fondi nel conta-do nisseno. Il villaggio fu costruito come jun’entità autonoma, sia eco-nomica che sociale. Infatti oltre alla costruzione delle abitazioni dei coloni e dei soprastanti, furo-no edi"cate la scuola, la chiesa, la rivendita dei Sali e tabacchi, il magazzino sociale e il palmento.” (Fonte: Mario Cassetti “Borghi, villaggi e ville di campagna - Sche-datura dei beni culturali della Pro-vincia Regionale di Caltanissetta).

Santa Ritapiccolo borgo antico

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ocus & [email protected]

FAnche quest’anno con-cluse le celebrazioni Pasquali noi eredi dei minatori della miniera Juncio Gessolungo, ab-biamo avuto l’ennesima delusione nel notare che la “Vara” della “Fla-gellazione”, commis-sionata con sacri!cio e sudore dai nostri avi, !gura in processione sotto il nome dei fratel-li Cervellione. La storia ci racconta che a prov-vedere alla gestione del simulacro fossero i mi-natori con un proprio contributo, necessario a coprire le spese vive del corteo, con l’ausilio nella gestione a"data a un rappresentante da loro designato. Negli ultimi anni dell’attività mineraria a curare, su mandato dei minato-ri, la festività fu il sig. Cervellione (operaio elettricista della succitata miniera e in seguito con mansione anche di sinda-calista). Prima del nuovo millennio, con nostro vivo stupore, abbiamo avuto modo di appurare la scomparsa dal gruppo del nome della Miniera (vera proprietaria della Vara) e l’aggiunta impro-pria del nome dei Cer-vellione. Addirittura nel 2004, a seguito del restau-ro e#ettuato sul gruppo, sulla base dello stesso, si notò la comparsa, esegui-ta in pittura, della dicitura

a grandi lettere del nome della menzionata fami-glia, quasi a voler suggel-lare in modo indelebile un mai avvenuto passag-gio. Non volendo disco-noscere l’impegno profu-so dal signor Cervellione, ci chiediamo perché non riportare la scritta ori-ginale “Miniera Juncio Gessolungo” restituen-do i giusti meriti a chi, a fronte del sudore della propria fronte, ha lasciato in eredità tale opera? Pre-cisando che i gruppi sta-tuari sono un bene della collettività nissena e non

privata, ci domandiamo perché il signor Cervel-lione e la sua famiglia, che ha assunto la respon-sabilità del gruppo, nel giorno del Giovedì Santo, non intende condivide-re tale privilegio con gli eredi dei minatori, anche loro legittimi proprie-tari del simulacro, così da non dar luogo ad una vera forma di usurpazio-ne a cui abbiamo assistito negli ultimi anni?

Per gli eredi di Gessolungo Giusy Polizzi

Miniera Juncio GessolungoLa dicitura che manca

Che stiamo attraversando un periodo di grosse di"-coltà economiche per tutti gli enti locali, è senza dub-bio cosa certa. Tant’è che comuni e provincie subi-scono grossi tagli, riceven-do minori trasferimenti

di denaro. Eppure, si deve cercare di governare nel miglior modo possibile, per far crescere al meglio la no-stra amata città. Tantissimi sono gli amici, con i quali ho trascorso l’infanzia, che non vedo più, in quanto le nostre strade si sono divise. In tanti hanno deciso di an-dar via dalla Sicilia per cer-care un futuro certamente più solido. Ma, allo stesso tempo, in tanti hanno de-ciso di rimanere. Così, chi è rimasto, si pone diver-se domande. Ad esempio: perché la nostra città non o#re alcunchè per il futuro di noi giovani nisseni? Cosa impedisce che tutto cam-bi? E, sopratutto, noi cosa

possiamo fare? Per iniziare, bisognerebbe che la classe politica che !no ad oggi ci ha rappresentato, sempre che tra le sue volontà ci sia realmente stata l’idea di far crescere la nostra città, ammettesse di aver fallito. E ciò ha portato grande s!-ducia nelle istituzioni e un grande allontanamento dal-la politica: basti pensare al più ‘ grande partito italiano, il partito dell’astensione.Non è facile far riacquista-re !ducia nelle istituzioni perché troppi politicanti non fanno altro che lancia-re proclami senza aver mai fatto nulla di utile per la co-munità.Il più delle volte, i giovani sono esclusi dalla res pub-blica, o piuttosto tirati per la giacca durante le campagne elet-torali, per !ni prettamente utilitaristici. E’ giunto il momento di dire basta a tutto ciò. Lorenzo il m a g n i f i c o all’età di 16 anni fece grandi cose per la sua città. Voi direte, e tu

mica sei Lorenzo il Ma-gni!co? Infatti spero che i leader politici del nostro territorio non fraintenda-no le mie a#ermazioni ma le colgano come un invito a lasciare spazio e a puntare su chi ha ancora tanta vo-glia di dare nuova linfa alla nostra amata città. Giovani non da un punto di vista anagra!co,ma giovani inte-si come persone rispettose delle istituzioni capaci di portare avanti nuove idee.Bisogna puntare su chi ha le mani libere di lavorare per il bene comune e lo svilup-po complessivo con nuo-ve logiche fuori dai vecchi schemi.

Vito MargheritaVito Margherita

L’APPELLO. Lasciate spazio a chi ha tanta voglia di fare MEMORIA STORICA. Gli eredi dei minatori ancora delusi

“Seguiamo l’esempio di Lorenzo il magni!co”

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[email protected] casa sorrideva con lei mentre conteneva i suoi mo-vimenti trasparenti. Con mio padre e miei fratelli non ci siamo mai accorti veramente della sua forza. Intendo quel-la potenza ordinaria che ren-de supereroi pur rimanendo nell’anonimato del quotidia-no. Non sapevamo quanto quella donna fosse indispen-sabile …!E così, continuavamo a vive-

re le nostre consuetudini in una strana simbiosi silente. Lei lì, sempre presente alle nostre esigenze; noi .. distrat-ti dai giorni …A volte, mi raccontava di suo padre; del rispetto mi-sto a terrore che conservava nel cuore come se fosse un valore antico. Una piccola parte di eredità consegnata a ciascuna generazione come pegno per una crescita mi-surata. Si rallegrava che non fosse più così e mi ripeteva “ .. quando vuoi io sono qui, anche solo per rimanere in silenzio … insieme ..” E poi poggiava la mano rasposa sulla mia guancia, lasciando scivolare le dita lentamente nel tentativo di conquistare tutto il tempo necessario per non interrompere mai quel contatto in modo prematu-ro. Voleva farmi capire il suo amore, trasferirne una parte, !sicamente … La sua educa-zione controllata e riverente non le permetteva di abbrac-ciarmi, non più. Eravamo di-ventate adulte entrambe ed i grandi non si so#ermano in smancerie … Controllava così quel desi-derio prorompente che, se fosse stato esaudito, l’avrebbe portata a stringermi al pet-to; come da piccoli, quando in un tentativo improbabile, sperava di riportarci dentro lei, nel suo mondo. Dalle mani trasferiva il profu-mo di bucato sulla mia pelle. Così, i ricordi rincorrevano la realtà in una corsa folle per giungere vincitori al cuore. Tornavano alla mente i gio-chi consumati nel giardino di casa, quando scappavo a na-scondermi dietro le lenzuola appena stese sui !li. Mia ma-dre !ngeva di preoccuparsi

della scomparsa e chiamava, pronunciando il mio nome come una cantilena sempre meno urlata.Il volto appoggiato al bianco candido mi permetteva di re-spirare la fragranza del pulito e sarei rimasta ore in quello stato di oblio, ad aspettare d’essere scoperta. Era tutto così semplice … così bello. E lei mi guardava, di nascosto e da lontano, e sorrideva …

lavorava e sorrideva. Tratta-va la casa con l’amore di chi possiede solo quel bene ed il rispetto di chi non ne pos-siede alcuno. Attenta ad ogni esigenza nostra, non sua … non che fosse trascurata: sa-peva che il suo turno sarebbe stato il prossimo, in un futu-ro prossimo. Il profumo di mele e cannel-la era il richiamo per trasci-narmi in cucina. Il mio dolce preferito: una crostata dal colore dorato e dal gusto in-descrivibilmente buono. Era il premio per un bel voto, per un servizio portato a termi-ne, per dirmi “ti amo”. Un ge-sto di solidarietà femminile per convincersi che, almeno io, ero dalla sua parte. Per non sentirsi sola in una casa perennemente al maschile. Quel privilegio era l’uni-co concessomi in esclusiva: poter mangiare prima degli altri. Avviare quel rito di di-videre tutto … che in ogni altro caso che spettava a mio padre.Oggi mi rendo conto di cosa ho perso. Mi rendo conto della sua indispensabile pre-senza … Ma il tempo non concede appelli … e ciò che si perde è per sempre.A volte immagino di tornare indietro per dirle qualcosa di gentile, tenerle la mano più a lungo, convincerla a superare la sua educazione o stringer-la tra le braccia … A volte sogno il suo volto scavato dai pensieri, dalla fatica d’essere moglie e madre, dall’orgoglio di sentirsi pienamente donna … nonostante tutto ..!!A volte sento la sua voce e le risa … Mia madre sorrideva sempre … lavorava e sorri-deva.

Michele Albano

Omaggio a tutte le mammeMia madre sorrideva sempre … lavorava e sorrideva Da un lettore

Il 12 e 13 Giugno i cit-tadini italiani potranno, se lo vorranno, incidere decisamente sulle deci-sioni che il Parlamento dovrà adottare su que-stioni fondamentali della loro vita e delle prossime generazioni. I due quesi-ti sull’abrogazione della legge che rende possibile la gestione privata dell’ac-qua e dei servizi correlati mirano infatti a riconsi-derare l’utilità della ge-stione pubblica dei beni di prima necessità e dei servizi pubblici essenzia-li. La gestione privata del servizio idrico e la conse-guente “vendita” dell’ac-qua non sempre hanno generato virtuosi processi di e"cacia ed economi-cità per i cittadini, anzi spesso hanno provocato vere tragedie sociali per coloro che non si trovava-no nella possibilità di far fronte economicamente

ai considerevoli aumenti di canone per un servizio che tuttora non raggiun-ge standard degni di paesi moderni e sviluppati. Il quesito sull’energia nucleare ripropone una questione sulla quale gli italiani si sono già pro-nunciati a larghissima maggioranza e oggi, alla luce del disastro conse-

guente al terremoto in Giappone, assume una

drammatica attualità. Le !rme per l’e#ettuazio-ne del referendum sono state però raccolte molti mesi prima del terremo-to e quindi in tempi non in$uenzati dall’emotività derivante dalla tragedia

giapponese. Il quesito sull’abolizione della legge su “legittimo Impedimento” ha invece una fondamentale valen-

za per l’a#ermazione del principio di uguaglianza

di tutti i cittadini nei con-fronti della legge.

Per questioni così impor-tanti che investono la vita di tutte le persone e che possono incidere in ma-niera determinante sul nostro futuro ci si aspet-terebbe un grande dibat-tito pubblico e ogni utile iniziativa istituzionale e politica per incentivare la partecipazione al voto e giovarsi nell’attività par-lamentare del contributo dato dalla maggioranza degli italiani. E invece, un silenzio che appalesa la paura che molti partiti hanno della partecipa-zione vera e incisiva dei cittadini alla vita delle istituzioni, in quanto la popolazione che parteci-pa e vota non garantisce il soddisfacimento di spe-ci!ci e materiali interessi e rischia di smascherare quanti quotidianamente a#ermano di essere le-gittimati ad agire in for-za del mandato popolare ricevuto. Italia dei Valori ha condotto una tenace campagna per la raccolta delle !rme e oggi o#re agli italiani e alle forze politiche il risultato di quell’impegno. Ora quan-

ti credo-no nella necessi-

tà di un impegno parti-colare per salvare i diritti inviolabili dei cittadini sono chiamati a sostenere questa occasione di de-mocrazia , tutti insieme e senza medaglie.Noi diciamo no all’acqua privata – no all’energia nucleare – no al legittimo impedimento.noi diciamo si alla demo-crazia e ai diritti dei citta-dini.Il 12 e 13 Giugno invitia-mo a votare 4 SI per dire 4 NO.

Salvatore MessanaVice segretario

Italia dei Valori Sicilia

Referendum, una occasione di democrazia

Salvatore Messana

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