Il falco della regina e la biodiversitàsitare i propri strumenti di ratifica, la Comunità e gli...

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Editoriale ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007 un’ossessione, siamo ormai incapaci di vedere la realtà in modo razionale; aspetto, questo, paradossale in una società che ha fatto della razionalità l’unico elemento nei confronti del quale non dubitare. Ma come può definirsi razionale un modello di svi- luppo che appare a tutti insostenibile, sia a chi ne è vittima, sia a chi ne è responsabile? L’immaginario collettivo è purtroppo ancora in preda al mito dell’innovazione, vista come unica strada per risolvere i problemi dell’ambiente, della salute, della sicurezza ecc.; sembra impossibile modificare l’immaginario col- lettivo, ma così come se ne è creato uno centrato sulla tecnolo- gia e l’innovazione, non si capisce perché dovrebbe essere impossibile crearne uno alternativo, fondato sul valore delle diversità, di ciò che oggi definiamo imperfezione, quando in realtà la bellezza del nostro mondo è fondata sull’irregolarità, sia della natura, sia del genere umano, con infiniti volti e linea- menti che, a seconda delle diverse epoche e culture, hanno rap- presentato la bellezza. Il contrasto e le differenze, non la perfezione e l’omogeneizza- zione hanno da sempre caratterizzato la vita sul nostro pianeta; cercare di eliminarli significa creare le condizioni per eliminare la bellezza, fatta di luci e ombre. E anche la biodiversità assume un significato e un valore diverso a seconda del contesto di rife- rimento; un albero può essere fondamentale per la sussistenza di una comunità e può essere assolutamente indifferente a un’altra. Ma solo capendo l’interrelazione sistemica in cui viviamo potremo tentare di salvare il pianeta. In Italia è presente il 45% del patrimonio artistico mondiale, e una straordinaria biodivesità naturalistica, che si sviluppa dalla Sicilia alla Valle d’Aosta. Eppure, anche nel nostro straordinario paese, si continua a con- sumare il suolo a ritmi che ormai rischiano di portarci a un punto di non ritorno per quanto concerne la capacità di rigenerazione; consumare il territorio significa diminuire la biodiversità; conti- nuare a cementificarlo significa ridurne le differenze – di costumi, di comportamenti, di tradizioni – con conseguente per- dita complessiva di qualità della vita. È per questo che solo se saremo in grado di salvare il falco della regina, saremo in grado di salvare noi stessi. Francesco Bertolini Università Bocconi Milano In Oman, affascinante angolo di terra della penisola arabica, è ancora frequente incontrare persone con un falco sulla spalla e una scimitarra alla cintura; così diversa dalla nostra quotidianità, questa immagine ci colpisce, così come ogni immagine diversa dal nostro comune e consolidato modo di vedere la vita. Tutta- via, è la biodiversità umana e comportamentale che ci colpisce, sempre meno la biodiversità naturale, anche perché quest’ul- tima è spesso invisibile, costituita da milioni di esseri viventi sostanzialmente a noi sconosciuti e, quindi, non in grado di suscitare le nostre emozioni. Per quale motivo dovremmo dedicare risorse, tempo ed energia per tutelare il falco della Regina, splendido rapace a rischio estinzione? La biodiversità è un concetto che nella nostra epoca fatica a tro- vare una sua legittimazione. La nostra è un’epoca in cui si tende all’omogeneizzazione sia nei pensieri, sia nell’estetica, ma è sempre più difficile trovare un equilibrio in grado di mantenerci in linea. Una linea che richiede fatica, che genera ansia e che ci porta a frequentare palestre per la linea del corpo e analisti per la linea della mente. “Vai dall’analista” è una esortazione che ho sentito da un cen- tauro infuriato con una giovane automobilista; un “insulto” di questo tipo è sintomatico dell’era che stiamo vivendo; forse è solo un trasferimento del bisogno di ascolto dal confessionale della chiesa al lettino di uno studio, con la differenza dell’ag- giunta della parcella. Ma studi di analisti, centri yoga e ormai tradizionali palestre caratterizzano le nostre città ben più dei lustrascarpe del novecento delle città americane, dove – rilassati nella lettura di un giornale – ci si concedevano pochi minuti di pausa “estetica”, pausa che oggi è sempre più difficile conce- dersi. Si deve sempre essere al massimo della forma, non- ostante, o anche perché, ci si trova in un contesto sempre più regolamentato, disciplinato, che non ammette diversità. Già, le diversità! Oggi diversità assume un duplice significato; per essere politically correct ci si riempie la bocca sull’esigenza di tutelare le diversità culturali, religiose, sessuali, etniche, si pre- parano menu tradotti in cinque lingue negli ospedali. Ma non ci si accorge che per tutelare le diversità le stiamo eliminando, le stiamo normalizzando, le stiamo integrando con l’unico scopo di trasformare il mondo in un unico, enorme mercato, con le stesse logiche economiche, gli stessi prodotti, gli stessi sogni. La diversità fa paura, non quella che falsamente pensiamo di tutelare, ma quella vera, di persone che vedono la vita in maniera diversa, che non hanno come obiettivo l’arricchimento, atteggiamento che non è mai stato naturale per l’uomo che, da sempre, aveva posto i mercanti in fondo alla piramide sociale, al cui vertice c’erano poeti, musicisti e buffoni di corte, gente diversa, ma in grado di accendere le emozioni. Il nostro modello non può consentirsi i buffoni, sono difetti di fabbrica, così come tutto ciò che non può essere ottimizzato; viviamo in un mondo ossessionato dalla ricerca della perfezione, garanzia sicura dell’infelicità. Abbiamo trasferito l’approccio tecnocratico anche alle nostre vite e ai nostri corpi; dobbiamo essere perfetti, sempre, non possiamo più concederci emozioni che possano danneggiare la nostra immagine. Siamo in preda a una ossessione e, come spesso succede quando si è in preda a Il falco della regina e la biodiversità FOTO F. DALL’AQUILA, REGIONE EMILIA-ROMAGNA 1

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Editoriale ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

un’ossessione, siamo ormai incapaci di vedere la realtà in modorazionale; aspetto, questo, paradossale in una società che ha fattodella razionalità l’unico elemento nei confronti del quale nondubitare. Ma come può definirsi razionale un modello di svi-luppo che appare a tutti insostenibile, sia a chi ne è vittima, siaa chi ne è responsabile? L’immaginario collettivo è purtroppoancora in preda al mito dell’innovazione, vista come unicastrada per risolvere i problemi dell’ambiente, della salute, dellasicurezza ecc.; sembra impossibile modificare l’immaginario col-lettivo, ma così come se ne è creato uno centrato sulla tecnolo-gia e l’innovazione, non si capisce perché dovrebbe essereimpossibile crearne uno alternativo, fondato sul valore dellediversità, di ciò che oggi definiamo imperfezione, quando inrealtà la bellezza del nostro mondo è fondata sull’irregolarità, siadella natura, sia del genere umano, con infiniti volti e linea-menti che, a seconda delle diverse epoche e culture, hanno rap-presentato la bellezza.

Il contrasto e le differenze, non la perfezione e l’omogeneizza-zione hanno da sempre caratterizzato la vita sul nostro pianeta;cercare di eliminarli significa creare le condizioni per eliminarela bellezza, fatta di luci e ombre. E anche la biodiversità assumeun significato e un valore diverso a seconda del contesto di rife-rimento; un albero può essere fondamentale per la sussistenzadi una comunità e può essere assolutamente indifferente aun’altra. Ma solo capendo l’interrelazione sistemica in cuiviviamo potremo tentare di salvare il pianeta.In Italia è presente il 45% del patrimonio artistico mondiale, euna straordinaria biodivesità naturalistica, che si sviluppa dallaSicilia alla Valle d’Aosta.Eppure, anche nel nostro straordinario paese, si continua a con-sumare il suolo a ritmi che ormai rischiano di portarci a un puntodi non ritorno per quanto concerne la capacità di rigenerazione;consumare il territorio significa diminuire la biodiversità; conti-nuare a cementificarlo significa ridurne le differenze – dicostumi, di comportamenti, di tradizioni – con conseguente per-dita complessiva di qualità della vita. È per questo che solo sesaremo in grado di salvare il falco della regina, saremo in gradodi salvare noi stessi.

Francesco BertoliniUniversità BocconiMilano

In Oman, affascinante angolo di terra della penisola arabica, èancora frequente incontrare persone con un falco sulla spalla euna scimitarra alla cintura; così diversa dalla nostra quotidianità,questa immagine ci colpisce, così come ogni immagine diversadal nostro comune e consolidato modo di vedere la vita. Tutta-via, è la biodiversità umana e comportamentale che ci colpisce,sempre meno la biodiversità naturale, anche perché quest’ul-tima è spesso invisibile, costituita da milioni di esseri viventisostanzialmente a noi sconosciuti e, quindi, non in grado disuscitare le nostre emozioni.Per quale motivo dovremmo dedicare risorse, tempo ed energiaper tutelare il falco della Regina, splendido rapace a rischioestinzione?La biodiversità è un concetto che nella nostra epoca fatica a tro-vare una sua legittimazione.La nostra è un’epoca in cui si tende all’omogeneizzazione sianei pensieri, sia nell’estetica, ma è sempre più difficile trovareun equilibrio in grado di mantenerci in linea. Una linea cherichiede fatica, che genera ansia e che ci porta a frequentarepalestre per la linea del corpo e analisti per la linea della mente.“Vai dall’analista” è una esortazione che ho sentito da un cen-tauro infuriato con una giovane automobilista; un “insulto” diquesto tipo è sintomatico dell’era che stiamo vivendo; forse èsolo un trasferimento del bisogno di ascolto dal confessionaledella chiesa al lettino di uno studio, con la differenza dell’ag-giunta della parcella. Ma studi di analisti, centri yoga e ormaitradizionali palestre caratterizzano le nostre città ben più deilustrascarpe del novecento delle città americane, dove – rilassatinella lettura di un giornale – ci si concedevano pochi minuti dipausa “estetica”, pausa che oggi è sempre più difficile conce-dersi. Si deve sempre essere al massimo della forma, non-ostante, o anche perché, ci si trova in un contesto sempre piùregolamentato, disciplinato, che non ammette diversità.Già, le diversità! Oggi diversità assume un duplice significato;per essere politically correct ci si riempie la bocca sull’esigenza ditutelare le diversità culturali, religiose, sessuali, etniche, si pre-parano menu tradotti in cinque lingue negli ospedali. Ma non cisi accorge che per tutelare le diversità le stiamo eliminando, lestiamo normalizzando, le stiamo integrando con l’unico scopo ditrasformare il mondo in un unico, enorme mercato, con le stesselogiche economiche, gli stessi prodotti, gli stessi sogni. La diversità fa paura, non quella che falsamente pensiamo ditutelare, ma quella vera, di persone che vedono la vita inmaniera diversa, che non hanno come obiettivo l’arricchimento,atteggiamento che non è mai stato naturale per l’uomo che, dasempre, aveva posto i mercanti in fondo alla piramide sociale, alcui vertice c’erano poeti, musicisti e buffoni di corte, gentediversa, ma in grado di accendere le emozioni.Il nostro modello non può consentirsi i buffoni, sono difetti difabbrica, così come tutto ciò che non può essere ottimizzato;viviamo in un mondo ossessionato dalla ricerca della perfezione,garanzia sicura dell’infelicità. Abbiamo trasferito l’approcciotecnocratico anche alle nostre vite e ai nostri corpi; dobbiamoessere perfetti, sempre, non possiamo più concederci emozioniche possano danneggiare la nostra immagine. Siamo in preda auna ossessione e, come spesso succede quando si è in preda a

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ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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Sommario

RIV

ISTA

ISSN

-112

9-4

922

Rivista di ArpaAgenzia regionale prevenzione e ambiente dell’Emilia-Romagna

numero 4 • anno Xluglio-agosto 2007 sped. abb. postaleart. 2 comma 20/C legge 662/96Filiale di BolognaEuro 2.58

Abbonamento annuale: fascicoli bimestrali Euro 20,66 con versamentosul c/c postale n.751404,intestato a:Arpa

Servizio Meteorologico Regionale

Viale Silvani, 6 - 40122 Bologna

Segreteria: ArpaRivista, redazione

Via Po, 5 40139 BolognaTel 051 6223887 Fax 051 [email protected]

Redattore:Daniela Raffaelli

Segretaria di redazione: Claudia Pizzirani

Impaginazione e grafica: Mauro Cremonini, Odoya srl

Stampa:Tipografia Moderna - Bologna

Registrazione Trib. di Bolognan. 6164 del 21/1/1993

Stampa su carta:

Cyclus offset

Chiuso in redazione il:14-12-2007

DIRETTOREAlessandro BrattiDIRETTORE RESPONSABILEGiancarlo Naldi

COMITATO DI DIREZIONEVito Belladonna, Mauro Bom-pani, Vittorio Boraldi, FabriziaCapuano, Simona Coppi, Giu-seppe Dallara, Sandro Fabbri,Francesco Fortezza, GianfrancaGalliani, Paolo Lauriola, LiaManaresi, Giancarlo Naldi,Vanna Polacchini, Raffaella Raf-faelli, Massimiliana Razzaboni,Attilio Rinaldi, Leonardo Rive-ruzzi, Licia Rubbi, Franco Scar-poni, Mauro Stambazzi, Ste-fano Tibaldi.

COMITATO EDITORIALE Coordinatore:Leonardo Riveruzzi

Marco Biocca, Lea Boschetti,Giuseppe Caia, Giorgio Celli,Giorgio Corazza, Giorgio Fred-di, Cesare Maioli, Giorgio Mer-li, Carlo Pellacani, GiordanoRighini, Stefano Zan, GianniZapponi, Adriano Zavatti, CarloZoli.

1 EditorialeIl falco della regina e la biodiversitàFrancesco Bertolini

4 AgrobiodiversitàIl Trattato internazionale sulle risorse fitoge-netiche per l'alimentazione e l'agricolturaToby Hodgkin

6 Per la biodiversità politiche e mercatointervista a Guido Tampieri

7 Qualcuno perde la diversità dei gusti,molti perdono il ciboCarlo Petrini

8 Cos’è la biodiversità? Concetti e tesi a confrontoGiovanni Burgio, Stefano Maini

10 Campo, azienda e paesaggiole diverse scale d’interventoStefano Maini

12 Quali insetti bioindicatori utilizzarein campo agrario?Giovanni Burgio

15 Difendere le diversità per valorizzare le tipicitàTiberio Rabboni

16 Le Reti europee per le sementi contadine: un futuro possibile per coltivare la biodiversità Riccardo Bocci

18 Tutela delle razze e delle varietà locali,il progetto di legge della Regione Emilia-RomagnaValtiero Mazzotti, Francesco Perri

20 Biodiversità e zootecnia in Emilia-RomagnaAlberto Sabbioni, Valentino Beretti

22 I frutti della memoria, varietà adattabili e meno energivoreSergio Guidi

24 Valli ferraresi e produzioni d’eccellenzaClaudia Milan

26 Il recupero del suino nero, un esempio di tutela della biodiversitàEnrico Mozzanica

28 Biodiversità rurale in Romagnaa cura di Sergio Guidi

30 Le normative regionali e l’esperienza marchigianaOriana Porfiri

32 Fauna minore in Emilia-Romagna, la nuova stagione delle azioni di salvaguardiaGianluca Borghi

34 Scarsità idrica e siccitàScarsità idrica e siccità,verso Expo Saragozza 2008Lino Zanichelli

36 L’impegno dell’EuropaRosanna Bissoli, Emanuele Cimatti, Katia Raffaelli

38 Misure straordinarie e sinergie efficaci contro la grande sete della RomagnaEdolo Minarelli, Pierangelo Pratelli

40 Con la siccità migliora lo statodell’AdriaticoAttilio Rinaldi

42 Qualità dell’aria e saluteL’aria inquinata delle città fa male, sulle ultrafini resta il bisognodi saperne di piùFrancesco Forastiere, Annunziata Faustini

44 Ripensare le città per una societàche vada oltre la cultura del fossile Karl-Ludwig Schibel

46 Piani di risanamento, il quadro nazionale delle misure adottatePatrizia Bonanni, Maria Carmela Cusano,Roberto Daffinà, Cristina Sarti

48 Accordo di programma 2006-2009,oltre gli interventi di breve termineSergio Garagnani

50 Arpa, l’attività di supporto alla Regione per la gestione della qualità dell’ariaEriberto de’ Munari

51 La rete regionale di monitoraggio verso la configurazione definitivaCarla Nizzoli

53 Gli scenari futuri,quali obiettivi minimi di riduzione?Marco Deserti, Michele Stortini,Giovanni Bonafé, Enrico Minguzzi

54 I fattori di pressione sulla qualità dell’aria,le emissioni da traffico veicolareCristina Regazzi, Simonetta Tugnoli

56 I “veleni” dell’aria, morbilità e mortalità allo studioAlessandro Zanasi

58 Qualità dell’aria in ambiente confinato, più regole e più controlloPaolo Lauriola, Stefano Zauli

59 La tesiSviluppo urbano e competitività sostenibile, l’esperienza di RhoGiuliana Cirrincione

60 Il tempo e il clima

62 Legislazione news

63 LibriLa gestione dei rifiuti in Emilia-Romagna

Annuario dei dati ambientali 2007

Esposizione delle acque superficialiagli agrofarmaci

64 Memo/Eventi

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comune per il deposito contestuale degli strumenti diapprovazione del trattato internazionale da parte dellaComunità e degli Stati membri.(12) Per consentire la partecipazione della Comunità e degliStati membri all'organo direttivo del trattato internazionaleil più rapidamente possibile dopo la sua entrata in vigore,gli Stati membri dovrebbero sforzarsi di completare senzaindugio le procedure interne di approvazione.(13) È pertanto opportuno approvare il trattato internazio-nale oggetto della presente decisione,

Decide:

Articolo 1 Il trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'ali-mentazione e l'agricoltura (in proseguo: "trattato interna-zionale"), adottato dalla conferenza Fao nella XXXI ses-sione del novembre 2001, è approvato in nome dellaComunità. Il testo del trattato internazionale figura nell'al-legato A della presente decisione.

Articolo 2 1. Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare lapersona o le persone abilitate a depositare, in nome dellaComunità, lo strumento di approvazione e le dichiarazionidi cui agli allegati B e C della presente decisione presso ildirettore generale della Fao, in conformità degli articoli 26e 34 del trattato internazionale.2. Gli Stati membri si adoperano per intraprendere lenecessarie iniziative in vista del deposito dei loro strumentidi ratifica o di approvazione simultaneamente a quelli dellaComunità europea e degli altri Stati membri e, per quantopossibile, entro il 31 marzo 2004.3. Se a tale data uno o più Stati membri non possono depo-sitare i propri strumenti di ratifica, la Comunità e gli altriStati membri possono procedere al deposito.

Articolo 31. Nella procedura contenziosa prevista all'articolo 22 deltrattato internazionale la Comunità è rappresentata dallaCommissione.2. Se la Comunità e uno o più Stati membri sono parti incausa nella stessa controversia o sono coinvolti in più con-troversie nelle quali vengono sollevate le stesse o similiquestioni giuridiche, la Commissione e gli Stati membriinteressati difendono congiuntamente i loro interessi pre-sentando un'argomentazione fattuale e giuridica coerente,nel rispetto delle competenze comunitarie e nazionali.

Fatto a Bruxelles, 24 febbraio 2004.

Note(1) Parere reso il 29 gennaio 2004 (non ancora pubblicato nellaGazzetta ufficiale). (2) Gu L 309 del 13.12.1993, pag. 1.

Il testo integrale del trattato è consultabile all’indirizzo: ftp://ftp.fao.org/ag/agp/planttreaty/texts/treaty_italian.pdf

Consiglio Ue, Decisione 24 febbraio 2004, n. 2004/869/Ce,(Guue 23 dicembre 2004 n. L 378). Decisione del Consigliodel 24 febbraio 2004 concernente la conclusione, a nomedella Comunità europea, del trattato internazionale sullerisorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura.

Il Consiglio dell'Unione europea

- visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in par-ticolare l'articolo 37 e l'articolo 175, paragrafo 1, in combi-nato disposto con l'articolo 300, paragrafo 2, primocomma, e paragrafo 3, primo comma, - vista la proposta della Commissione- visto il parere del Parlamento europeo1

- considerando quanto segue:

(1) La sicurezza alimentare a livello mondiale e l'agricolturasostenibile dipendono dalla conservazione e dall'usosostenibile delle risorse fitogenetiche per la ricerca e laselezione agricole.(2) La Comunità è membro dell'Organizzazione delleNazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao).(3) Il trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche perl'alimentazione e l'agricoltura (in proseguo: "il trattatointernazionale") è stato adottato dalla conferenza Fao diRoma il 3 novembre 2001.(4) La Comunità europea e gli Stati membri hanno firmatoil trattato internazionale il 6 giugno 2002.(5) Il trattato internazionale istituisce un quadro globalegiuridicamente vincolante in materia di conservazionesostenibile delle risorse fitogenetiche per l'alimentazione el'agricoltura e un sistema multilaterale nell'ambito delquale tutte le Parti contraenti non solo hanno accesso a talirisorse, ma condividono anche i benefici commerciali e dialtra natura derivanti dal loro impiego.(6) La conservazione e l'uso sostenibile delle risorse fitoge-netiche per la ricerca e la selezione agricole sono essenzialiper lo sviluppo della produzione e la preservazione dellabiodiversità in agricoltura.(7) Facilitando l'accesso alle risorse fitogenetiche nell'am-bito di un sistema multilaterale, il suddetto trattato interna-zionale dovrebbe promuovere il progresso tecnico in agri-coltura, in conformità con l'articolo 33 del trattato che isti-tuisce la Comunità europea.(8) A norma dell'articolo 174 del trattato che istituisce laComunità europea, la politica della Comunità in materiaambientale contribuisce alla salvaguardia e alla tutela dellaqualità dell'ambiente.(9) Con la decisione 93/626/CEE2 la Comunità ha concluso laconvenzione sulla diversità biologica sotto gli auspici delprogramma delle Nazioni Unite sull'ambiente. Le misureintese alla preservazione della biodiversità agricola con-template dal trattato internazionale promuoveranno gliobiettivi della convenzione. (10) L'articolo 26 del trattato internazionale stipula che iltrattato è oggetto di ratifica, accettazione o approvazione.Gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione sonodepositati presso il direttore generale della Fao.(11) La competenza mista della Comunità e degli Statimembri, unitamente al principio di unità della rappresen-tanza internazionale della Comunità, inducono a un'azione

Il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricolturaDecisione 2004/869/Ce (Conclusione del trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura)

ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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sufficiente. Secondo le stimedella Fao, l’interdipendenza deiPaesi raggiunge il 70%. Perché per affrontare i nuovi pro-blemi, come i cambiamenti cli-matici, servono nuove caratteri-stiche delle colture, e per potertrovare queste caratteristichedobbiamo scambiarci materiale.

COME SIAMO ARRIVATI AL

TRATTATO

Il Trattato è stato negoziato dallaCommissione intergovernativadella Fao.La Commissione intergoverna-

tiva era composta dai 165 Paesimembri (più la Comunità euro-pea) ed è il foro intergovernativopermanente per la discussione ela negoziazione delle questionirelative alle risorse genetiche perl’agricoltura e l’alimentazione.Il Trattato si occupa prettamentedella natura speciale e dei requi-siti delle risorse fitogenetiche perl’alimentazione e l’agricoltura.Il Trattato è in armonia con ilCBD.

OBIETTIVI DEL TRATTATO

Il fine generale del Trattato è diperseguire un’agricoltura soste-nibile e la sicurezza alimentareattraverso• la conservazione e l’uso soste-nibile delle risorse fitogenetiche• un’equa e giusta condivisionedei vantaggi derivanti dalla loroutilizzazione.

Il Trattato riguarda tutte lerisorse fitogenetiche per l’ali-mentazione e l’agricoltura e creaun sistema multilaterale che, peril momento, riguarda soltantouna lista ristretta delle risorsefitogenetiche per l’alimentazionee l’agricoltura.Molto importante l’articolo 5 perla conservazione delle risorsefitogenetiche, in particolare que-sto articolo si propone di:- censire e inventariare le risorse- promuovere la raccolta e l’infor-mazione- incoraggiare e sostenere gli

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Agrobiodiversità ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

PERCHÉ UN TRATTATO

- per garantire il libero scambiodelle risorse fitogenetiche- per garantire il multilateralismo- per il riconoscimento dellerisorse come prodotto dei conta-dini- per favorire la conservazione el’uso sostenibile delle risorsefitogenetiche.Il Trattato è uno strumentomolto importante per la conser-vazione e l’uso della diversitàdelle coltivazioni. È essenzialecomprendere quali siano i prov-vedimenti più importanti e,soprattutto, le possibilità diimplementazione. Il Trattato riguarda, prima ditutto, i cereali, i legumi, gliortaggi, la frutta. Non dobbiamo,però, dimenticare coltivazioniminori come i cereali minori oltrea moltissime altre colture. Lerisorse fitogenetiche di cui par-liamo nell’ambito del Trattatocomprendono le varietà modernee tradizionali di queste coltiva-zioni, nonché foraggio e progeni-tori selvatici, riserve di germopla-sma e linee riproduttive. Prima del Trattato, l’impegno

Il Trattato internazionale sulle risorsefitogenetiche per l’alimentazione e l’agricolturaDa una breve presentazione di Toby Hodgkin, direttore del Global Partnerships Programme, Bioversity International

internazionale per le risorsevegetali era volto a garantire illibero scambio delle risorse fito-genetiche in ambito alimentare eagricolo. La Convenzione sulladiversità biologica (CBD) stabili-sce la conservazione e l’usosostenibile delle risorse geneti-che in generale e la giusta edequa distribuzione dei beneficiderivanti dal loro impiego.Più di centottanta paesi sonomembri firmatari del CBD.

L’IMPORTANZA DELLA

DIMENSIONE

INTERNAZIONALE DEL

TRATTATO, I FLUSSI DELLE

RISORSE FITOGENETICHE, IL

MULTILATERALISMO

Quando si è firmata la Conven-zione sulla biodiversità, è statoriconosciuto che la biodiversitàagricola non è come le altre, cheera necessario un altro tipo diTrattato. Perché? Perché tutti iPaesi hanno bisogno di numeroserisorse fitogenetiche per poterecreare nuove varietà e migliorarela produzione.Perché in materia di risorse fito-genetiche nessun Paese è auto-

http://news.bioversityinternational.org

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sforzi degli agricoltori e dellecomunità locali- promuovere la conservazione insitu- cooperare sulla realizzazione diun sistema globale di conserva-zione ex situ.L’articolo 6 propone di svilup-pare un uso sostenibile dellerisorse fitogenetiche, in partico-lare attraverso:- elaborazione di politiche leali- intensificazione delle ricerche- promozione della selezione perle varietà adatte- allargare le basi genetiche- promuovere un maggiore usodelle specie e varietà sotto-utiliz-zate, locali o adatte- incoraggiare un maggior uso didiverse varietà e specie- sorvegliare le strategie di sele-zione e la regolamentazione dellamessa in vendita delle varietà edella distribuzione delle sementiL’articolo 9 è dedicato ai dirittidegli agricoltori attraverso:

- il riconoscimento del contributodelle comunità locali e degli agri-coltori- i provvedimenti per promuo-vere i diritti degli agricoltoriattraverso:- la tutela delle conoscenze tradi-zionali- il diritto di partecipare nellaripartizione dei vantaggi- il diritto di partecipare al pro-cesso decisionale.Si riconosce, in questo caso, l’e-norme contributo che le comu-nità locali e autoctone, nonchégli agricoltori di tutte le regionidel mondo hanno fornito e conti-nueranno a fornire per la conser-vazione e la valorizzazione dellerisorse fitogenetiche.Spetta ai governi la responsabi-lità di tutelare i diritti degli agri-coltori.Una parte molto importante delTrattato, crea un sistema multilate-rale di accesso e ripartizione deivantaggi.

Il sistema multilaterale è statocreato per riflettere l’interdipen-denza globale. Per 64 specie èstato istituito un sistema di scam-bio ed equa ripartizione dei van-taggi derivanti da esse fra tutte leparti contraenti con gli stessidiritti.La ripartizione dei vantaggidovrebbe realizzarsi attraversol’applicazione di diversi princìpie misure, in particolare:- le risorse genetiche non sono laproprietà di un’unica persona conla quale si deve negoziare l’ac-cesso e ripartire i vantaggi- i costi di transazione sono bassia vantaggio dei contadini, agri-coltori, ricercatori e dei consuma-tori- i vantaggi devono essere divisiin modo multilaterale.

Altre componenti del Trattatosono:- il piano di azione mondiale perla conservazione e uso sosteni-

bile delle risorse fitogeniticheper l’alimentazione e l’agricol-tura adottato nel 1996- le raccolte ex situ di risorse fito-genitiche detenute dai Centriinternazionali di ricerca agrono-mica del gruppo consultivo per laricerca agricola, il cosidetto Cgiar- le reti internazionali di risorsefitogenetiche- un sistema mondiale d’informa-zione.

L’Italia ha ratificato il Trattato il 6aprile 2004.Come dice l’articolo 7 “impegninazionali e cooperazione internazio-nale” deve incorporare nelle suepolitiche e nei suoi programmiagricoli le attività di cui agli arti-coli 5 e 6 e anche all’articolo 9.

Toby HodgkinBioversity International

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ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

Le foto pubblicate in questo articolo sono di Bioversity International

Toby Hodgkin è Principal Scientist e direttoredel Global partnership Programme presso Bio-versity International, a Roma. È membro diBioversity dal 1989 e si occupa dei differentiaspetti inerenti la conservazione e l’uso delladiversità genetica nelle piante utili. Tobyvanta un ampio numero di pubblicazioni com-prensive di argomenti quali: conservazione euso di piante da coltura sotto-utilizzate,miglioramenti nella conservazione “ex situ”del germoplasma, e salvaguardia e impiegodella diversità genetica nei sistemi di produ-zione agricola. Prima di entrare a far parte del-l’Ipgri ha lavorato come genetista/ibridatore

delle piante nelle colture vegetali di Brassica. Tra i suoi articoli, recente-mente pubblicati The use of wild relatives in crop improvement: a survey of deve-lopments over the last 20 years”, luglio 2007, rivista Euphytica. Ha partecipatoalla stesura del manuale: A training guide for in situ conservation on-farm, pub-blicato nel 2000 e dedicato al concetto portante della conservazione in situ.Tale concetto viene ampiamente approfondito nel testo Genes in the field. On-

farm conservation of crop diversity di cui presentiamo una succinta recensione.Il libro, a cura di Stephen B. Brush, nasce dal contributo di vari autori, tra cuilo stesso Hodgkin, provenienti da una vasta gamma di diverse discipline:agronomi, antropologi, biologi, economisti, avvocati, specialisti dello svi-luppo agricolo. Il carattere multidisciplinare dello scritto ci fornisce una visione globaledella conservazione in situ, necessaria per poter sviluppare approcci realisticinelle aziende agricole. Un’importante fonte di geni per la salvaguardia dell’agrobiodiversità risiedenei campi dove, a opera dei contadini, si è verificata la domesticazione o piùin generale l’evoluzione delle colture.Purtroppo incombe una minaccia su questi preziosi frammenti di Dna, cheassume il volto ora della crescita della popolazione umana, ora dello sviluppoe uso di nuove tecnologie agricole e varietà vegetali, ora della commercializ-zazione dell’agricoltura.E allora si corre al riparo, cercando di catturare quanto più possibile delladiversità genetica delle specie vegetali nelle banche di geni.Lo scrigno sembra sicuro, ma perde di valore se al contempo non si conser-vano i sistemi ambientali in cui i geni delle colture si sono evoluti. La cartada giocare si chiama, in tal caso, “conservazione in situ”.

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anche solo pensabili in alcunimomenti e non in altri. Importanteè non andare oltre il punto di nonritorno. Per questo va fatto valere ilprincipio di precauzione, che non èun intralcio sulla via del progresso,ma uno dei paletti che ne indicanoil percorso. Dall’altro verso occorre contrastarechi, per risolvere le contraddizionidella modernità, vorrebbe sbaraz-zarsi dell’intero progetto.La società industriale che abbiamoconosciuto, direbbe Ulrich Beck,non coincide con la modernità, ne èun’espressione storicizzata e imper-fetta. Dobbiamo rimuovere le con-traddizioni attraverso il compi-mento della modernità, cercando diricongiungere tecnica e umane-simo.

Quindi un indirizzo forte di caratterenazionale e poi una competenza solidaper le regioni. E altri attori? I compor-tamenti individuali e l’economiaentrano in questo processo?

Ho maturato, con gli anni, un’accor-tezza metodologica, che esprimo collinguaggio di Chance Giardinierenel film Oltre il giardino: guardare lapianta sia dal lato delle radici, siadella chioma.C’è una linfa di carattere culturaleche percorre tutta la pianta, che noidobbiamo far fluire dal lato dell’of-ferta – con politiche territoriali ditutela delle condizioni di riproduci-bilità della biodiversità – a quellodella domanda, che va resa ricet-tiva, ospitale a queste proposte,attraverso la cultura.Posso cercare di tutelare la biodi-versità in spazi pubblici, ma sevoglio che viva, se non vogliocreare una riserva indiana, dovedeperisce e muore, devo fare inmodo che rappresenti un valore perla società moderna; non deve esserequalcosa che io custodisco, ma cheentra nel circolo vitale della nostrasocietà. Se non c’è l’apprezzamentosociale della comunità dei cittadini,se non c’è domanda da parte deiconsumatori sarà difficile vincerequesta battaglia. Si possono anchefare centri come quelli del Corpoforestale dello Stato, dove, per evi-tare l’estinzione, tengo caprette,asini e varietà vegetali, ma la pre-

termini quantitativi – non certoredistributivi, perché resta unasocietà ingiusta nella quale, anzi,negli ultimi anni si è insopportabil-mente allargata la forbice dei redditi– i suoi bisogni primari e avverte piùnitidamente i rischi di uno sviluppoinsostenibile, la deprivazione dibeni e valori cui attribuiamo impor-tanza crescente proprio in quanto cimancano.

Anche l’Italia ha ratificato il Trattatointernazionale sulle risorse fitogenicheper l’alimentazione e l’agricoltura. Oggidiverse Regioni stanno elaborando leggiregionali per la tutela del proprio patri-monio fitogenico. Si avverte il bisognodi una strategia nazionale?

Penso di sì, anche se devo precisareche il Governo può esprimere unindirizzo di carattere politico inquanto, costituzionalmente, la com-petenza è delle Regioni. Lo stru-mento di intervento più appropriatosono i Piani di sviluppo rurale.Abbiamo trattenuto a livello nazio-nale solo lo 0,3% delle risorse, ilresto è stato trasferito alle Regioni,convinti che la biodiversità nonnasca in piazza Colonna, ma si pra-tichi in campagna.Nel piano strategico nazionalesono fissati obiettivi importanti. Lapreservazione della biodiversità ètra questi. Ci sono poi misure sullaqualità della vita e dell’ambienteche interessano direttamente que-st’aspetto. E, più in generale, unapproccio innovativo relativo al rap-porto città-campagna, al paesaggio,all’agricoltura periurbana, ad areeche non devono più essere conside-rate entità anonime in attesa diurbanizzazione, ma un bene per lacomunità metropolitana, che forni-sce beni e servizi, anche per ciò cheattiene la qualità dell’aria.

A quali criteri ci si dovrebbe attenere perrisolvere un problema che appare, atutti gli effetti, legato ai modi di essere,di produrre, di consumare delle societàmoderne?

Non bisogna mai essere ingiusti conla propria storia. Non siamo più sen-sibili o più intelligenti delle vecchiegenerazioni. Ci sono cose possibili e

Giancarlo NaldiL’impoverimento della biodiversità – inparticolare di quella più strettamentelegata all’agricoltura e all’alimenta-zione – con la perdita di varietà e razzeè un dato di fatto; a suo parere è unfenomeno che riguarda solo l’agricol-tura o va oltre il settore?

Guido TampieriIl fenomeno è generale, legatocom’è alla perdita di identitàindotta dai processi omologanti chela globalizzazione determina neimodi di produzione e nei comporta-menti, individuali e sociali.Potremmo parlare delle lingue e,forse, dell’intero universo che clas-sifichiamo come biodiversità cultu-rale. La mia generazione ha vissutoquesto problema con una sensibilitàattutita dall’urgenza dei bisogni.La perdita è stata progressiva, eraconsiderata un effetto collaterale,un prezzo da pagare tutto sommatoaccettabile al grande processo diindustrializzazione che traeva fuoril’umanità da una costrizione mate-riale secolare. I contadini per primilo pensavano. La vita in campagnaera dura, altroché. Tutto ciò che pro-duceva di più, sementi o animali erail benvenuto.

È quindi una questione legata allaindustrializzazione dell’agricoltura eal cambiamento nella scala dei bisogni?

Sì, l’erosione della biodiversità pro-cede con l’evoluzione della tecnica,il carattere dominante della moder-nità, che scompone lo spazio,annulla il tempo, allunga la vita,sfama cinque miliardi di persone,riscalda, raffredda, illumina. Oggi siproduce in un giorno quello cheall’inizio del secolo scorso si produ-ceva in un anno.Via via che cresce l’esponenzialepotenza della tecnica – giunta, oggi,alle sorgenti della vita stessa – sidilatano e si stratificano le contrad-dizioni, si alza la soglia dei rischi, sicominciano a fare i conti.Lo sviluppo di ogni società attra-versa vari stadi, ciascuno dei qualiproduce esperienze, bisogni e cul-ture indissolubilmente intrecciate aessi.La nostra società ha soddisfatto, in

servazione della biodiversità èun’altra cosa. Il mio obiettivo èmantenerla conferendole una fun-zione, che non può essere soloquella della testimonianza di un’i-dentità perduta, bensì quella delriconoscimento di un’utilità pre-sente. Bisogna preservare per valo-rizzare, ma anche valorizzare perpreservare. Se il consumatore neapprezza il formaggio e lo compra,le capre non si estingueranno, maciò accadrà più facilmente se svol-geremo tutte le azioni necessarieper valorizzarle; gli esempi nonmancano dal lardo ai formaggi e viadiversificando.

Esemplare il bovino di razza roma-gnola, che era a rischio di estinzione:con politiche attive di sostegno il rischioè scampato. Gli allevatori hanno utiliz-zato le risorse, hanno allevato fattriciricavandone un reddito non trascura-bile. Oggi il pericolo di estinzione nonc’è più, tant’è che la Ue non dà piùrisorse a tal fine. Però ci si lamenta piùdelle mancate risorse che dei risultatipositivi raggiunti. Forse passare allalogica dello sviluppo e della valorizza-zione non è così semplice?

Non è mai semplice. Occorre essereorganizzati e mentalmente predi-sposti a farlo. Il resto dipende da chiacquista il prodotto.Io sono un sostenitore del benes-sere degli animali, ho una conside-razione quasi umana per i miei cani,ma sono creature d’affezione, liposso far vivere in casa. Ma sepenso di allevare un maiale, la moraromagnola, per esempio come unbene d’affezione, quella razza puògià essere considerata estinta. Chi laalleva e perché? È il mercato che,alla lunga, deve tenerla viva, comesta succedendo per la razza roma-gnola, bovina e suina. Bisognaabbandonare per un attimo la poe-sia per entrare nella prosa, che nonè meno nobile. Se scritta con intel-ligenza e passione.

Intervista a cura diGiancarlo NaldiArpa Emilia-Romagna

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Per la biodiversità politiche e mercatoStrategie nazionali, ruolo centrale delle Regioni e, inevitabilmente, il mercato perpreservare e valorizzare la biodiversità. Sull’argomento abbiamo intervistato GuidoTampieri, sottosegretario di Stato alle Politiche agricole, alimentari e forestali.

Agrobiodiversità ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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L’evidenza empirica principale èche il modello di agricolturaindustriale imperante hadistrutto e continua a distruggereinesorabilmente consistenti por-zioni della biodiversità planeta-ria, mettendo a rischio non sol-tanto il piacere della diversità ali-mentare e le identità culturalilegate al cibo del pianeta, ma glistessi concetti di sovranità e sicu-rezza alimentare.

Se sparisce una varietà vegetale ouna razza animale, sparisce unalimento e di conseguenza siestinguono il modo specifico dicoltivarlo/allevarlo, le tecnicheartigianali per trasformarlo incibo, gli strumenti utili a questatrasformazione, i modi di cuci-narlo, le tradizioni legate a que-sto consumo, spesso i luoghi e iriti; non senza influire in manieradisastrosa sulla piacevolezza deipaesaggi e dei territori. Da unpunto di vista gastronomico-cul-turale la perdita di biodiversità èl’inizio del disastro peggiore chepossa capitare.Questo appiattimento generaun’omologazione alimentare suscala planetaria pericolosa soprat-tutto per le popolazioni piùpovere perché le introduce in uncontesto commerciale che nonpossono sostenere e, più in gene-rale, rischia anche di diventareun boomerang in termini disalute pubblica: i dati sull’obesitàcome nuova pandemia di questosecolo e sulla malnutrizioneanche in Occidente sono più cheallarmanti e le cause sono prestoriconducibili al sistema agro-ali-mentare di stampo industriale.Ridurre la varietà delle coltiva-zioni è pericoloso perché le mettea rischio di epidemie che, senza ilserbatoio di ricchezza geneticache offre la biodiversità, potreb-

minimizzare i processi incerti e assi-curare una produzione efficiente dimerci commerciabili… l’agricolturaoggi consiste in un’intensificazione dipoche coltivazioni, il tutto al costodella perdita di una magnificentediversità genetica che era la risultantedi millenni di esperimenti. Le mono-colture di varietà valide dal punto divista commerciale hanno modellatola moderna agricoltura, che funzionacome un mezzo per eliminare rapida-mente forme di vita, impoverire isuoli, e distruggere i sistemi di sup-porto alla vita della Terra”. E, cosaancora più grave, questo modellosi sta rapidamente diffondendo suscala planetaria: “A dispetto dellapletora di evidenze empiriche sulleconseguenze avverse dell’agricolturaindustriale su larga scala, questa èdiventata la norma da seguire per losviluppo agricolo in tutte le nazioniche cercano di emulare il modello dicrescita occidentale.”

Nei soli Stati Uniti, i capofilamondiali del modello agricoloindustriale, l’80,6% delle varietàdi pomodori si è estinto dal 1903al 1983; e così il 92,8% dellevarietà di insalata, l’86,2% dellevarietà di mele e, sempre nellostesso periodo, il 90,8% dei maise il 96,1% dei mais dolci. Delle 5.000 varietà di patate esi-stenti, soltanto quattro costitui-scono la stragrande maggioranzadi quelle coltivate a fini commer-ciali negli Usa; due tipi di pisellioccupano il 96% delle coltiva-zioni americane e sei tipi di maisil 71% del totale.

In un saggio sulla contrapposi-zione tra agricoltura “industriale”e quella “ecologica”, l’indianoDebal Deb scrive: “La scienzaagricola e forestale moderna hacreato una semplificazione e unaomogeneizzazione della natura per

bero rivelarsi letali e senza solu-zioni. Si immaginino i disastri dalpunto di vista della sicurezza ali-mentare per molte popolazioni seuno scenario come questodovesse diventare realtà. E, certo,in questo modo non si aiuta laTerra a ristabilire un equilibrioecologico che è sempre più arischio a causa dei nostri stili divita e di consumo.

Il modo migliore per difendere labiodiversità è quello di salva-guardare, non soltanto i semi e lerisorse genetiche, ma tutto il con-testo agricolo e culturale a cuisono legati. Bisogna agire su più fronti,andando a implementare o difen-dere piccole economie locali, diterritorio che, con le possibilitàofferte dalla globalizzazione,potrebbero restare connesse ecollaborare in una rete mondialevirtuosa. È a livello locale che si vincequesta sfida: diversificando col-ture e culture. La diversità è l’u-nica grande forza creatrice cheabbiamo a disposizione, e lastiamo compromettendo inmaniera irreparabile.

Carlo PetriniPresidente di Slow FoodInternazionale

Qualcuno perde la diversità dei gusti,molti perdono il ciboCon l’impoverimento della biodiversità, ai ritmi imposti dall’agricoltura industriale, non perdiamo solo il piaceredei gusti che si rifanno ai prodotti e ai cibi delle tradizioni locali. Per molte popolazioni il fenomeno determina unavera e propria perdita di identità, di sovranità e di sicurezza alimentare. L’omologazione dell’agricoltura edell’alimentazione su scala planetaria è pericolosa soprattutto per le popolazioni più povere perché le costringe in uncontesto commerciale che non possono sostenere fino ad ampliare le aree di povertà e di vera e propria fame.

http://www.fondazioneslowfood.it/

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concetto di conservation biologicalcontrol anglosassone), e ha sem-pre fatto parte, come filosofia dibase, anche della “nostra” lottanaturale contro gli artropodi dan-nosi. La lotta agli artropodi nocivinelle agricolture sostenibili rien-tra pienamente, quindi, nei con-cetti di valorizzazione e conser-vazione della biodiversità funzio-nale, ed è associata ai servizi eco-logici svolti dagli organismi utiliche, opportunamente gestiti dal-l’agricoltore evoluto, possonoapportare benefici nella lottacontro i fitofagi o nell’impollina-zione. Organizzando la biodiversitàsecondo un criterio funzionale èpossibile avviare sinergie chefavoriscano i processi che hannoluogo nell’agroecosistema, for-

biodiversità permette di conse-guire nel campo coltivato. La lotta agli artropodi nociviall’interno delle agricolturesostenibili ha, infatti, comepunto di forza la valorizzazione econservazione della biodiversitàfunzionale, intesa come l’in-sieme delle relazioni multitrofi-che che si instaurano fra piantecoltivate e non coltivate, fitofagied entomofagi (Rossing et al.,2003) e che hanno il fine di con-tribuire a contenere le popola-zioni di specie dannose al di sottodella soglia di danno. In questoambito, come approfondiremo inseguito, la gestione delle areenon coltivate per potenziare l’a-zione e la moltiplicazione degliartropodi utili è considerata unavera e propria “tecnica” di lottabiologica conservativa (secondo il

La biodiversità è in definitiva un«grappolo di concetti», più cheun unico concetto (Contoli,1994) e assume diversi significatiin funzione della disciplinascientifica di riferimento. Moltedifficoltà in questa discussionerisiedono nel fatto che il terminebiodiversità richiama, oltre adargomentazioni tecniche e scien-tifiche, anche aspetti di naturaetica e sociale. Nelle definizionirecenti di agricolture sostenibili,a fianco della sostenibilità econo-mica ed ecologica del sistema, sitiene infatti in considerazioneanche quella sociale.Parleremo di quello che forse èl’aspetto più pragmatico dellabiodiversità in campo agrario,cioè la biodiversità funzionale, ter-mine usato in riferimento airisvolti pratici e ai vantaggi che la

nendo vari “servizi ecologici”come ad es. attivazione compo-nente biotica del suolo, riciclodei nutritivi, incremento artro-podi utili (predatori, parassitoidi,impollinatori), aspetto quest’ul-timo di cui ci occuperemo appro-fonditamente (Altieri, 1999).

La lotta biologica conservativa,nella sua più moderna defini-zione, comprende tecniche estrategie di gestione ambientaleche hanno lo scopo di: 1) aumentare la performance deinemici naturali (es. aumentandola loro fecondità o longevità)2) modificare il loro comporta-mento e la loro capacità di ricerca3) fornire protezione da condi-zioni ambientali avverse, o sop-perire rifugio in periodi in cui lecolture annuali sono raccolte(Landis et al., 2000).Tali aree andrebbero distintedagli incolti in senso stretto (fal-lows), per sottolineare come leECA (aree di compensazioneecologica) non dovrebbero maidiventare terreni abbandonati,ma essere strutture gestite dall’a-

Cos’è la biodiversità?Concetti e tesi a confrontoLa diversità biologica, compresa quella del campo coltivato, è solo apparentemente una definizione semplice einequivocabile. Recentemente molti autori parlano, infatti, di biodiversità intra-specifica, inter-specifica edecosistemica, includendo tutti i diversi aspetti di variabilità biologica ed ecologica. Nelle definizioni più recentiinoltre, molti scienziati contemplano non solo gli organismi viventi e le loro complesse interazioni, ma anche irapporti con la componente abiotica dell’ambiente.

Tab.1 Gestione della biodiversità nel campo coltivato, con lo scopo di aumentare la lotta biologica conservativa e prevenire leinfestazioni degli insetti dannosi. Le relazioni trofiche tra colture-piante non coltivate- insetti, rappresentate dalle frecce, possonoessere molto complesse. Frecce verdi = movimenti degli insetti utili, frecce rosse = movimenti insetti dannosi. Nel caso delle piantetrappola, si cerca di attrarre il fitofago e di sottrarlo alla coltura: per tale motivo la freccia è unidirezionale.

COLTURE

Fitofagi Entomofagi

ERBACEEannuali

e perenni

SIEPIarbustive e

arboreeperenni

PIANTETRAPPOLAtrap crop

BORDURENETTARIFEREINERBIMENTO

COVERCROPS

SEMINATEIMPIANTATE

PIANTE NONCOLTIVATE

SPONTANEE

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gricoltore al fine del consegui-mento di un beneficio pratico.Un ricco repertorio di ECA(oppure EI) è fornito appunto daBoller et al. (2004), che nel suotesto riporta numerosi esempiapplicativi (tabella 1 e figura 1).Per completare il quadro dellepiante non produttive o non col-tivate, sono da aggiungere lecover crops (o colture intercalari odi copertura), e le piante-trap-pola (Maini e Burgio, 2005),ambiti ancora poco studiati inItalia. Le fasce erbose vegetate, infine,vengono chiamate anche beetle-bank o island habitats dagli anglos-sassoni per il loro ruolo nel favo-rire siti di rifugio e svernamentoper l’entomofauna, in particolarei coleotteri carabidi (Thomas et

al., 1991). Buoni risultati sonostati ottenuti all’estero ad es. confasce vegetate a base di Dactylisglomerata (erba mazzolina), chehanno fatto registrare densità dicirca 1100 individui di carabidisvernanti per metro quadrato.Sono spesso considerate fra lestrutture non coltivate, le cosid-dette buffer zones, che consistonoin aree che possiamo definire“cuscinetto” tra campi trattaticon pesticidi e aree non trattate(Boller et al., 2004).Le funzioni delle ECA nei con-fronti dell’entomofauna utile (omeglio dell’artropodofauna) pos-sono essere sintetizzate in diversipunti (Landis et al., 2000):- funzione di rifugio faunistico (oserbatoio faunistico); tale azionedi “riparo fisico” comprende

anche le piante e gli ambientiche offrono siti di svernamento odi estivazione- funzione di approvvigiona-mento di alimento vegetale (es.nettare e polline) per adulti dientomofagi parassitoidi o peradulti glicifagi di alcuni predatori(es. ditteri sirfidi)- funzione di approvvigiona-mento di alimento animale(prede o ospiti alternativi) perentomofagi.Esiste un’abbondante bibliogra-fia che riporta esempi pratici dicome molte piante non coltivatesiano cruciali per l’alimentazionee il ciclo di entomofauna utile,compresi casi in cui la presenzadi piante «chiave» non coltivateabbia comportato un beneficiopratico nel controllo di un fito-

Fig. 1 Esempi di aree di compensazione ecologica (ECA) in azienda. 1: Piantata bolognese in campo di frumento, una storicaassociazione fra colture e strutture non coltivate; 2: margine erboso fiorito; 3 e 4: siepi miste con diverso rapporto fra alberi,arbusti e vegetazione erbacea; 5: striscia di piante nettarifere consociata a colture orticole in azienda biologica; 6: trap-crop dimedica associata a coltura di lattuga, per la protezione dagli attacchi da Lygus rugulipennis.

fago (Landis et al., 2000; Rossinget al., 2003; Maini e Burgio,2005).Ribadiamo inoltre come le areedi compensazione ecologicasiano fondamentali per la conser-vazione di specie animali (evegetali) rare e minacciate diestinzione (Samway, 1994; Ros-sing et al., 2003; Boller et al.,2004). Come risulta dalle recentinormative comunitarie, infatti,fra i diversi ruoli del paesaggioagrario nelle agricolture multi-funzionali, viene contemplataanche l’importante funzione con-servazionistica.Dal punto di vista pratico, al di làdi un contributo migliorativo ditipo generico sul livello di biodi-versità, in alcuni contesti la com-ponente non coltivata svolge unruolo chiave nel potenziamentodella lotta biologica conservativa.Considerando ad es. i sistemi col-turali annuali, solitamente fra ipiù instabili, l’azione regolatricesvolta dalla lotta biologica puòspesso fallire proprio a causa diuna colonizzazione non tempe-stiva della coltura da parte degliinsetti utili, che raggiungono lecolture a danno avvenuto o incoincidenza di una popolazionedel fitofago prossima alla sogliadi danno. Un’adeguata sincronizzazione franemici naturali e fitofagi puòprevenire tale fenomeno, otti-mizzando il controllo biologico;le pratiche per ottenere questasincronizzazione coincidono pro-prio con la gestione delle ECA. Un altro esempio è quello cheriguarda il ruolo di certe ECA nelregolarizzare i movimenti deicolonizzatori ciclici nell’agroeco-sistema (Landis et al., 2000),primi fra tutti molti predatoripolifagi come i carabidi. In taledirezione, la gestione degliambienti rurali deve tenere contodella biogeografia regionale dellespecie, e delle caratteristichelocali del paesaggio. La connetti-vità fra i diversi habitat all’in-terno di un paesaggio mantienele popolazioni di insetti utili, e lerelative reti trofiche, a livello dimeta-popolazione.

Giovanni BurgioStefano MainiUniversità di Bologna

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concimazione organica e i sovescisembrano mostrare effetti posi-tivi su questi bioindicatori, men-tre le rotazioni hanno evidenziatorisultati controversi; l’intercrop-ping, i bordi inerbiti e le infra-strutture biodiversità-incenti-vanti determinano incrementidelle popolazioni dei carabidi,anche se non è stato ancoradimostrato in modo inequivoca-bile un conseguente aumento dilotta biologica contro fitofagi spe-cifici (Kromp, 1999). Fra gli

conseguente aumento della lottabiologica (Kromp, 1999).

INTERVENTI A LIVELLO

AZIENDALE

Questi interventi riguardano laconservazione e la gestione delleinfrastrutture non coltivate inazienda, le rotazioni e gli avvi-cendamenti colturali, fino ad arri-vare alle vere e proprie consocia-zioni colturali (intercropping), pra-tica che ha avuto poco successoin Italia (Gliessmann, 1998;Maini e Burgio, 2005). Altriesempi, molto conosciuti sia inEuropa che in USA, riguardano ilruolo del rovo (Rubus spp.) nelfavorire la moltiplicazione degliimenotteri mimaridi, parassitoididelle cicaline, rendendo possi-bile un’efficace lotta biologicacontro questi fitomizi della vite(Landis et al., 2000; Rossing etal., 2003). Ricordiamo anche chela tradizionale “piantata bolo-gnese”, sistemazione a cavallettocostituita da filari di vite maritataad acero od olmo ai margini dicampi di frumento o altre erba-cee, può essere considerata comeun’arcaica associazione fra unacoltura e una struttura non colti-vata in grado di fornire alcunibenefici agronomici.Per quanto riguarda i carabidi, la

INTERVENTI A LIVELLO DI

CAMPO

Riguardano ad esempio la ridu-zione dell’intensità e frequenzadelle lavorazioni (minimum til-lage-no tillage), tecniche che favo-riscono maggiormente gli organi-smi utili rispetto alle lavorazioniconvenzionali. Tali accorgimenti,in particolare, possono avere unimpatto positivo su insetti utilidel terreno, come coleotteri cara-bidi e stafilinidi, nonché su altriartropodi come ragni e opilionidi,e altri invertebrati come i lombri-chi (Maini e Burgio, 2005). Icoleotteri carabidi in tale ambitosono stati molto studiati negliagroecosistemi e alcuni lavorihanno sintetizzato la vastissimabibliografia esistente (Kromp,1999; Holland, 2002). È statoinfatti visto come in generale lelavorazioni profonde mostrino uneffetto negativo sui carabidi; idati sembrano dimostrare inveceche le lavorazioni ridotte (mini-mum e no tillage) comportino uneffetto positivo su questi insetti.Uno studio sull’incidenza del-l’impatto della riduzione dellelavorazioni sui fitofagi ha rilevatoche il 28% dei fitofagi mostra unincremento, il 29% dei fitofaginon mostra differenze significa-tive, mentre il 43% dei fitofagimostra una diminuzione, per il

interventi, su scala aziendale, esi-ste un’ampia casistica di tentatividi valorizzare e implementarel’attività degli entomofagimediante la semina di miscuglidi nettarifere, tecnica utilizzata –forse troppo empiricamente enon accompagnata da raccoltesistematiche di dati – anche inmolte aziende biologiche e inte-grate. Tale strategia, in partico-lare con miscugli basati su facelia(Phacelia tanacetifolia), ha avutorisultati alterni e molto variabiliin funzione dell’areale di applica-zione (Landis et al., 2000; Wac-kers, 2005). Molti studi dicampo, in particolare, hannopreso in considerazione dei pre-datori come i sirfidi (Sommaggioe Burgio, 2004, per una review) emolte specie di parassitoidi(Wackers, 2005).

INTERVENTI A LIVELLO DI

PAESAGGIO

(livello comprensoriale o macroscala)Questi interventi riguardano lastruttura territoriale globale deisistemi produttivi e delle areenon coltivate, in un contesto di

Campo, azienda e paesaggiole diverse scale d’interventoLa gestione delle ECA può avvenire a diverse scale spaziali d’intervento: livello di campo, azienda e paesaggio(comprensorio). Per quest’ultima, in particolare, viene adottata sempre di più la dizione di landscape management,anche se quest’ultimo termine è spesso utilizzato in modo generico per indicare le strategie ecologiche di gestione delcampo coltivato.

Striscia di nettarifere consociate a lattuga, in un’azienda biodinamica dellaprovincia di Bologna

Adulti di Sirfidi su fiori

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macro-scala. Le specie animali,nemici naturali compresi, benefi-cerebbero dei paesaggi maggior-mente diversificati (a “mosaico”),rispetto a quelli semplificati(monocoltura), per la presenzaappunto di “corridoi ecologici”,cioè vie preferenziali di diffu-sione e spostamento di fauna(ecological networks). Tale circo-stanza si ripercuoterebbe positi-vamente sulla biodiversità localedegli artropodi utili, con beneficinella lotta naturale contro i fito-fagi e nella conservazione dellafauna. La gestione e progetta-zione del paesaggio rurale suscala territoriale viene chiamatasensu strictu landscape manage-ment, un argomento interdisci-plinare che ha lo scopo di valu-tare in che modo la complessitàecologica del paesaggio influenzale reti alimentari e la biodiversità.La complessità strutturale delpaesaggio agrario, inoltre,sarebbe un metodo per attenuare

e risolvere la frammentazionedegli habitat, che è considerataunanimemente come una dellecause maggiori di perdita di bio-diversità sul pianeta (figura 1).La struttura delle reti trofiche èmolto vulnerabile alla frammenta-zione degli habitat, fenomeno chepuò causare su scala locale la pre-carietà nel controllo naturale (acausa della destabilizzazione odistruzione delle relazioni multi-trofiche) e relativi outbreaks deifitofagi; sembra inoltre che i pae-saggi agrari più eterogenei ediversificati possano rallentare lacomparsa e l’evoluzione dei feno-meni di resistenza a insetticidi.Il buon funzionamento delle retiecologiche locali, come indicatoin precedenza, dipende dall’ade-guata strutturazione e organizza-zione della biodiversità regionale(Tscharntke e Brandl, 2004),quindi dalla complessità delle retiecologiche su scala territoriale.Dimostrare e quantificare come

la struttura del paesaggio colti-vato influenzi l’attività degliinsetti entomofagi non è sem-plice. Mentre all’estero sono statidimostrati effetti positivi delladiversificazione del territorioagrario sulla biodiversità globalesu alcuni artropodi bioindicatoricome i carabidi (Kromp, 1999;Paoletti, 1999), su macro-scalasono disponibili pochi dati, inparticolare in Italia, anche se esi-stono tentativi di approccio e diprogettazione delle reti ecologi-che su base territoriale. Per icarabidi in particolare sono statidimostrati effetti negativi dellaframmentazione degli habitat suspecie a basso potere di disper-sione e maggiormente specializ-zate nell’habitat (Holland, 2002). Sempre all’estero alcuni lavorihanno messo in relazione l’ecolo-gia del paesaggio agrario sull’atti-vità dei parassitoidi (Marino eLandis, 1996), anche se l’effetto

della struttura del paesaggio sulfenomeno del parassitismonecessita studi nel lungoperiodo, poiché la parassitizza-zione può subire notevoli varia-zioni temporali (Menalled et al.,2003). In uno studio eseguito in Emilia-Romagna (province di Reggio eModena) è stato dimostrato comeun incremento della complessitàecologica del paesaggio agrario sitraduca in un aumento delnumero di specie di alcuni insettiindicatori, come i carabidi e i sir-fidi (Genghini e Nardelli, 2005;Burgio, 2007) (figura 2); altriinsetti, come i lepidotteri diurnie gli imenotteri sinfiti, semprenello stesso contesto territoriale,non sono stati invece influenzatidalla complessità del paesaggio,ma dal tipo di vegetazione.

Stefano MainiUniversità di Bologna

Fig. 1 Esemplificazione dell’effetto della frammentazione sulle popolazioni animali. Da Sharov (1996), modificato

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Adulto del carabide Anchomenus dorsalis

Fig. 2 Analisi di un paesaggio agrario compreso fra le province di Modena e Reggio,mediante GIS. Nella foto sono evidenziate le infrastrutture ecologiche del paesaggio,il cui diverso sviluppo lineare (LDHN, in metri) definisce 3 macro-ambienti adiversa complessità ecologica; da notare come l’ambiente centrale risulti quellocaratterizzato da una maggior complessità ecologica (Da Genghini e Nardelli,2005). Le aziende campionate sono rappresentate con un cerchio bianco

Relazione tra complessità ecologica del paesaggio agrario e numero di specie di duebioindicatori. Il maggior numero di specie appartiene all’ambiente a maggiorcomplessità ecologica. Da Burgio (2007)

La bassa complessitàecologica del

paesaggio è causadella frammentazione

degli habitat edetermina un elevato

isolamento dellepopolazioni animali

L’elevata complessitàecologica del

paesaggio riduce laframmentazione e

comporta un bassoisolamento delle

popolazioni animali

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cazione personale) e uno studiorecente ha mostrato come essisiano in grado di discriminare ivari ambienti, mostrando rispostediversificate in funzione dellecaratteristiche vegetazionali del-l’habitat (Burgio, 2007); per con-tro questo gruppo mostra note-voli fluttuazioni delle popola-zioni nel tempo (Sommaggio,comunicazione personale), emanifesta una forte sensibilitàalla presenza di piante ospiti, fat-tori che rendono relativamenteproblematico il loro uso.Un interessante utilizzo degliortotteri come bioindicatori dipaesaggio nella provincia di Bel-luno è fornito da Fontana et al.(2004), mediante un sistemamolto pratico e agevole; sarebbeinteressante validare questoapproccio anche negli ambientiagrari.I Sirfidi sono considerati efficacibioindicatori del paesaggio agra-rio (Sommaggio et al., 2005),dove svolgono anche l’impor-tante ruolo di predatori di afidi edi impollinatori, e sono stati uti-lizzati anche negli agroecosistemiitaliani (Sommaggio e Burgio,2004). Un vantaggio dell’utilizzodi questi ditteri è la disponibilitàdi un sistema informatizzatochiamato SYRPH THE NET, chepermette un utilizzo standardiz-zato di questi bioindicatori

usato per questi insetti. È moltodifficile sintetizzare l’enormeinformazione esistente su questogruppo; da considerare che,finora, questo gruppo in Italia èstato studiato in campo agrariomeno intensamente rispetto alnord e centro Europa (Daccordi eZanetti, 1989: Molinari et al.,1990; Sciaky e Trematerra, 1991;Paoletti et al., 1996; Lozzia,1999). Anche i collemboli, tradi-zionali bioindicatori del suolo,sono stati utilizzati in Italia incampo agrario, per valutare l’im-patto delle pratiche agricole, l’ef-fetto degli erbicidi (Sabatini etal., 1997; 1998), o l’impatto dipiante geneticamente modifi-cate.Gli studi sui collemboli nel set-tore agrario sono comunqueancora sporadici e i maggioriostacoli riguardano la difficoltànella determinazione e i costi nelcampionamento e nella separa-zione del materiale.Secondo alcuni autori (Andersenet al., 2002), molti artropodibioindicatori del terreno, non-ostante possiedano qualità moltointeressanti, non sono ancoraentrati in molti Paesi nella valu-tazione di routine della qualitàdei suoli agrari, per alcuni pro-blemi tecnici.I sinfiti sono stati poco studiati incampo agrario (Pesarini, comuni-

Alcuni autori considerano, comegruppi fondamentali, i coleottericarabidi, i ditteri sirfidi e gli ime-notteri sinfiti (Speight,1986). Lostesso autore considera, comegruppi complementari, dolicopo-didi, sciomizidi, straziomidi,tabanidi, odonati, cerambicidi,elateridi. Le riflessioni di Speight sono dicarattere generale, e sono riferitesoprattutto per gli ambienti fore-stali, fermo restando che moltidei gruppi che l’autore indicapossano dare risposte soddisfa-centi anche in campo agrario.Qualche autore considera anche icoleotteri scolitidi, anche se que-sto gruppo sembrerebbe più pro-penso per ambienti forestali(Paoletti et al., 1996).È noto come i carabidi siano gliinsetti che hanno avuto il mag-gior utilizzo in capo agrario,soprattutto nel nord e centroEuropa (Kromp, 1999; Holland,2002) e non mancano esempi eproposte di utilizzo anche in Ita-lia (Vigna, Taglianti, 1993 e 2001;Brandmayr et al., 2005). Ilmotivo è legato, oltre alle caratte-ristiche intrinseche del gruppo,alla standardizzazione del cam-pionamento e alla disponibilità dinumerosi specialisti. Le trappolea caduta, pur non esenti da alcunilimiti e problemi, rappresentanoil metodo di campionamento più

(Speight, 2004). Questo approc-cio, inizialmente impostato perl’Europa settentrionale, è statovalidato, dopo opportune tara-ture, anche per gli ambientiagrari dell’Italia settentrionale,mostrando una buona versatilitàe praticità di utilizzo (Burgio eSommaggio, 2007). SYRPH THE

NET è in grado di fornire inter-pretazioni sulla qualità di unhabitat studiato, fornendo paral-

Quali insetti bioindicatori utilizzarein campo agrario?

Trappola a caduta, utilizzata percampionare insetti terricoli, fra cui icarabidi

Trappole Malaise, utilizzate percampionare insetti volatori. Questatecnica di campionamento è considerataun metodo standard per alcuni insetti,fra cui i Sirfidi

La scala di studio rappresenta una variabile che influenza da vicino la scelta di un bioindicatore

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Una risposta univoca e semplice a questa domanda non esiste. Tra i diversi parametri da considerare si ricordano:una sufficiente differenziazione nelle esigenze ecologiche delle specie, la presenza dell’organismo o del gruppo diorganismi in ambienti differenti per poter comparare ecosistemi diversi, la disponibilità di elenchi dettagliati eaggiornati e di chiavi facilmente accessibili anche a non specialisti con compiti di gestione delle politiche ambientali,la disponibilità di tecniche standardizzate di campionamento.

Agrobiodiversità ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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lelamente una valutazione sullaqualità del paesaggio circostantelo stesso habitat. Nonostante ilmetodo fornisca risultati incorag-gianti, sono necessari ulterioristudi per valutare il sistemaanche in altri ambienti.Anche i lepidotteri diurni sonoutilizzati come bioindicatori(Fiumi e Camporesi, 1991;Marini, 1998; Boriani et al.,2005), e molte specie sono inse-rite nelle liste della fauna da pro-teggere, anche se il loro uso negliambienti agrari è sicuramenteinferiore rispetto agli studi piùprettamente naturalistici.L’efficacia delle api come bioin-dicatori ambientali in campoagrario è stata ampiamentedimostrata da tempo (Porrini,1999). Questi insetti mostranouna grande versatilità per il bio-monitoraggio da pesticidi e sonodisponibili protocolli standardiz-zati per un loro utilizzo (Porrini,2007) e per il calcolo di un indicedi pericolosità ambientale (IPA)(Porrini, 1999). Una proposta diutilizzo degli apoidei selvaticicome bioindicatori degliambienti agrari è stata sintetiz-zata da Quaranta et al. (2004), inuno studio che comprende unadettagliata indagine faunistica di

questi insetti nel territorio ita-liano.Un aspetto che influenza moltis-simo la scelta di un insetto bioin-dicatore è sicuramente la scala diosservazione, fattore che deveessere tenuto in considerazioneper valutare l’efficienza di ungruppo di insetti. È molto diverso,infatti, monitorare un ambienteagrario a livello di campo, azienda,territorio; uno stesso gruppo diinsetti può rispondere in modomolto diverso a seconda dellascala d’indagine.

In campo agrario, in uno studiosvolto in Emilia-Romagna, èstato dimostrato, ad esempio,come sirfidi e carabidi rispon-dano chiaramente alla comples-sità ecologica del paesaggio,mentre altri gruppi come lepidot-teri diurni e sinfiti siano maggior-mente influenzati dalle caratteri-stiche della vegetazione delmicro-habitat (Burgio, 2007).Da queste considerazioni, lascelta dovrebbe ricadere proba-bilmente su un set di insetti indi-catori, che potrebbe mostraremaggiore versatilità per la com-plementarietà dei vari gruppi e leloro risposte differenziate. Èchiaro che una siffatta sceltanecessita un certo investimento

(anche economico) e di unapproccio interdisciplinare, fat-tori che spesso vanno contro cor-rente con la praticità e con lerisorse di un programma di moni-toraggio, che spesso richiederisposte rapide e semplici.Le esperienze sembranomostrarci come insetti bioindica-tori “universali” non esistano ecome la scelta debba essere accu-ratamente valutata tenendo sem-pre in riferimento lo scopo dellostudio, le risorse economiche, ladisponibilità di specialisti e lastandardizzazione dei metodi,tenendo ovviamente in conside-razione le caratteristiche ecologi-che di ogni gruppo che possonomeglio adattarsi a certe situazionispecifiche.

CONCLUSIONI

Le recenti politiche comunitarieche hanno posto le basi dell’agri-coltura multifunzionale hannocodificato e sancito importantiprincipi ecologici nelle disciplineapplicate alla lotta agli insetti,che storicamente la filosofia dellalotta biologica e della lotta inte-grata avevano già intuito e propo-sto. Oltre a questo aspetto pra-tico, che si identifica fondamen-talmente nella valorizzazionedella biodiversità funzionale peril potenziamento dei servizi eco-logici in seno all’azienda, le poli-tiche eco-compatibili prevedonoun ulteriore aspetto molto impor-tante, che consiste nella conser-vazione delle specie animali(inclusi insetti) rare o minacciatedi estinzione.È stato fondato un gruppo dilavoro internazionale all’interno

di IOBC chiamato Landscapemanagement for functional biodiver-sity, istituitosi durante il conve-gno svoltosi a Bologna (Rossinget al., 2003). In tale gruppo sonocontemplati casi pratici che pre-vedono la valorizzazione e lagestione delle ECA all’internodell’azienda agraria. Questoesempio stimolante è un trampo-lino importantissimo per proiet-tare il concetto di conservazionee valorizzazione della biodiver-sità su una scala operativa supe-riore all’azienda, cioè l’interopaesaggio agrario, che diventacosì un vero e proprio patrimoniosu cui investire non solo dalpunto di vista della produzioneagraria, ma che si fonda anchesulla multifunzionalità e sullasostenibilità sociale, un aspettoche occorrerà rivalutare sempredi più in discipline come l’ento-mologia agraria.

Giovanni BurgioUniversità di Bologna

Apparato Berlese-Tullgren, usato inlaboratorio per separare i campioni delterreno

Larva e adulto di macaone, un lepidottero di interesse faunistico che utilizza la carota selvatica e altre ombrellifere come piante nutrici

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Italy” che, in ogni caso, presup-pone il valore della biodiversità.Anche per questo, non crediamoin un futuro agricolo fondato sugliorganismi geneticamente modifi-cati, su coltivazioni standardizzatee completamente omologate sul-l’intero pianeta. Una parte nonsecondaria del futuro del nostrosistema agroindustriale è nellagenetica tradizionale finalizzataall’aumento della qualità e allariduzione dei fabbisogni energe-tici delle colture, nella tutela evalorizzazione delle risorse gene-tiche, sia animali che vegetali, arischio di scomparsa, che possonoconsentire al nostro sistema pro-duttivo di stare sul mercato conprodotti unici, non replicabili inaltre realtà perché frutto dell’inte-razione tra territorio, culturamateriale e grande capacitàimprenditoriale.

La Regione Emilia-Romagna haavviato, nel corso degli anni,diverse iniziative per la salvaguar-dia di importanti risorse geneti-che autoctone, in particolare nelsettore frutticolo, viticolo e zoo-tecnico. Il loro valore sta soprat-tutto nel fatto che la salvaguardiasi è incontrata con la valorizza-zione economica, fattore determi-nante se vogliamo dare basi dure-voli alla conservazione delle bio-diversità agricole. Se il latte per Parmigiano-Reg-giano continuerà a essere pagato,in modo indifferenziato, con un

unico prezzo per litro conferito, lerazze autoctone continueranno aessere penalizzate. Se, al contra-rio, saranno introdotti meccanismiin grado di premiare anche sulpiano economico la maggior resain formaggio, la migliore attitu-dine alla stagionatura, le miglioricaratteristiche organolettiche, sipotranno determinare le condi-zioni per una inversione di ten-denza. In ogni caso è necessario avviareun processo lungo, che richiedeampia condivisione degli obiettivie degli strumenti da parte deglioperatori del settore, risorse eco-nomiche e adeguati supporti dicarattere istituzionale, in partico-lare sul versante della ricerca,della sperimentazione e dellavalorizzazione.Il progetto di legge Tutela delpatrimonio di razze e varietà localidi interesse agrario del territorio emi-liano-romagnolo rappresenta unulteriore contributo alla costru-zione di questo processo, essen-ziale per garantire, ancor primadel futuro della nostra agricoltura,quello della nostra cultura mate-riale e del nostro territorio chehanno dato vita ai tanti capolavorienogastronomici che caratteriz-zano la Regione Emilia-Romagnae contribuito a promuoverne l’im-magine in tutto il mondo.

Tiberio RabboniAssessore all’Agricoltura Regione Emilia-Romagna

Pesca buco incavato

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elevata resa in Parmigiano-Reg-giano. Per ottenere una formaoccorrono circa 500 litri di latte diFrisona contro i 450 di Reggiana;inoltre il formaggio prodotto dallarazza autoctona si presta in modoparticolare all’invecchiamento eraggiunge traguardi qualitativi digrande rilievo. Oggi, grazie allalungimiranza e all’attaccamentoalla tradizioni di alcuni agricoltori,alla grande professionalità di qual-che casaro e agli aiuti previsti dastrumenti di intervento pubblico,tra i quali i Programmi di svilupporurale, la Reggiana è in lenta cre-scita.

L’industrializzazione dell’agricol-tura, la costante ricerca di nuovitraguardi produttivi ottenuti ascapito della qualità, le esigenzedi standardizzazione proprie delladistribuzione moderna, hannotolto la molla dell’interesse eco-nomico nei confronti di una parterilevante della nostra biodiversitàche, di conseguenza, è stataabbandonata a sé stessa e desti-nata all’oblio e alla successivascomparsa. Il danno che ne staderivando è incalcolabile. La diversità è il carattere distin-tivo della natura e il fondamentodella stabilità ecologica e dunqueridurre la biodiversità negli agroe-cosistemi significa indebolirli erenderli vulnerabili, alterare pro-fondamente la configurazione deiluoghi e del paesaggio, l’identitàculturale delle comunità, saperi eabilità contadine tramandate dauna generazione all’altra. Ed è un danno anche economico,soprattutto per una regione comel’Emilia-Romagna che fonda lareputazione delle proprie produ-zioni agricole e alimentari di altis-sima qualità nel rapporto con letradizioni, con le culture e idiversi territori e quindi, oggetti-vamente, con il valore della biodi-versità agricola.

Nel mondo della globalizzazionela nostra unica chiave per acce-dere ai mercati si chiama distinti-vità o se si preferisce “made in

Dall’inizio del ventesimo secolocirca 3/4 della diversità geneticadelle principali colture agrarie èscomparsa. Migliaia di varietà dipiante coltivate, selezionate natu-ralmente nei diversi ambienti dicoltivazione dalle condizioni cli-matiche e dalla sapienza di infi-nite generazioni di agricoltori,sono state sostituite da unnumero ridottissimo di varietàcommerciali che, nonostante l’e-levata capacità produttiva, pre-sentano una serie di limiti. Infattiqueste varietà hanno perso unaquota consistente della capacitàdi resistere alla malattie, ai paras-siti e alle avversità atmosferiche;si sono dimostrate particolar-mente esigenti dal punto di vistadella concimazione e dell’irriga-zione. In molti casi producono ali-menti di qualità inferiore rispettoalle varietà “tradizionali”.

La perdita di biodiversità e lasemplificazione estrema degliecosistemi agricoli hanno provo-cato un aumento esponenziale deifabbisogni energetici dell’agricol-tura, con enormi riflessi negativisull’economia di aree fondamen-tali – quelle in via di sviluppo –del nostro pianeta; nel contemposono aumentati in modo sensibilei problemi di inquinamento diacqua, suolo e aria causati dal set-tore primario.Anche numerose razze animali,frutto dell’interazione secolare traanimale, ambiente, forme di alle-vamento e destinazione delle pro-duzioni zootecniche, hanno rag-giunto numeri ridottissimi, conserie probabilità di scomparsa. Nel 1954 la razza bovina Reggianaaveva una consistenza numerica dicirca 140.000 capi. Nel 1995 erascesa a 600, soppiantata, come laBianca della Val Padana o Mode-nese, dalla Frisona, più produttivae più adatta alla mungitura mecca-nica ma con un latte di qualitàinferiore. In realtà il latte di Reg-giana presenta un particolare“polimorfismo” delle caseine(ovvero presenza di diversi tipi diproteine) che si traduce in una

Difendere le diversità per valorizzare le tipicitàCirca tre quarti della diversità genetica delle principali culture agrarie è scomparsa dall’inizio del ventesimo secolo.Nel mondo della globalizzazione occorre contrapporre alle coltivazioni completamente omologate sull’intero pianetail “made in Italy” del cibo. Ovviamente le tipicità affondano le radici nell’agrobiodiversità.

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approvvigionamento di seme daparte degli agricoltori sia esclusi-vamente legato alla vendita daparte dell’industria sementiera,ci si sbaglia di grosso. Come sivede nella tabella seguente, ela-borata a partire da dati dellaFederazione internazionale del-l’industria sementiera, il mercatodelle sementi certificate si atte-sta in media sul 50% del seme eparallelamente troviamo ancorala presenza di quello che sipotrebbe chiamare sistemasementiero informale e che l’in-

riprodurre e vendere in aziendasementi protette iscritte al cata-logo ufficiale e i secondi che cer-cano di limitare il più possibilequello che ai loro occhi non è undiritto, ma un “privilegio” equindi revocabile se non piùnecessario (Grain, 2007). È inter-venuta in proposito anche l’U-nione europea che ha definito iparametri entro cui gli agricoltoripossono legittimamente ripro-durre in azienda le varietà(Benozzo, 2004). Se si pensa,però, che in Europa il sistema di

Il mercato sementiero è moltoregolamentato in Europa, le esi-genze in materia di qualità dellesementi e di proprietà intellet-tuale fanno sì che i semi semprepiù siano dei prodotti commer-ciali standardizzati. In effetti, labiodiversità non abita più le cam-pagne, quantomeno quelle inse-rite nella filiera agro-industriale(Velvée, 1993). Anche in questoambito, però, continuano aesserci conflitti tra agricoltori eindustria sementiera, con i primiche rivendicano il loro diritto a

dustria sementiera definisce“illegale”. Si tratta di sementinon iscritte al catalogo ufficiale espesso definibili come varietàlocali o tradizionali (v. tabella).

Va, inoltre, aggiunto che altri fat-tori, come la politica agricolaeuropea (PAC) e la modernizza-zione delle campagne, hannospinto per allontanare sempre dipiù gli agricoltori dai semi. Ricerca, legislazione, politiche,sistemi economici, integrazionidi filiera: tutti hanno lavorato inuna sola direzione finalizzata afar assomigliare sempre più l’a-gricoltura a una qualsiasi altraattività economica del sistemacapitalistico. In questo passaggiol’agricoltore, non più contadino,ma ridefinito “imprenditore agri-colo”, diventa acquirente di benie tecnologia prodotte altrove,perdendo la capacità di saper leg-gere e interpretare il proprioambiente. Gli esperti, i tecniciavranno tutte le risposte alle suedomande.In tale quadro legislativo e cultu-rale, dal 2001 sono nate e sistanno sviluppando le Retisementi contadine in Francia(Réseau Semences Paysannes,www.semencespaysannes.org),Spagna (Red de Semillas,www.redsemillas.info) e Italia(Rete semi rurali, www.semiru-rali.net). Si tratta di gruppi diagricoltori – spesso biologici ocomunque non legati alla filieraagro-industriale – che cercano diriappropriarsi del futuro dellesementi, prendendo atto chequelle attualmente disponibilisul mercato non soddisfano leloro esigenze (Deléage, 2004).La loro critica si fonda essenzial-mente su tre aspetti:1. tecnico; sottolineano come lecaratteristiche di distinzione,

Le Reti europee per le sementi contadine: un futuro possibile per coltivare la biodiversità In Europa il mercato delle sementi certificate si attesta in media sul 50% del seme; parallelamente è presente quelloche si potrebbe chiamare “sistema sementiero informale” e che l’industria sementiera definisce “illegale”. In unquadro normativo europeo ancora in evoluzione, dal 2001 si sono sviluppate le Reti sementi contadine in Francia,in Spagna e in Italia; si tratta di gruppi di agricoltori – spesso biologici – che insieme cercano di riappropriarsiper il futuro delle sementi che danno origine a varietà locali e tradizionali.

Origine delle varietà di cereali, leguminose e patate in alcuni Paesi europei

(Le Buanec, 2005, modificato)

PAESE COLTURA

PROVENIENZA SEMENTI

CertificateRiprodotte

in azienda“Illegali”

Francia frumento 58 42

Germania cereali 54 40 6

patata 44 56

Polonia frumento 7 93

avena 5 95

Inghilterra frumento 51 31 18

orzo di inverno 55 15 30

orzo di primavera 66 14 20

fagiolo 37 18 45

Italia frumento duro 90 10

frumento tenero 70 30

erba medica 75 5 20

orzo 80 20

Olanda patata 61 39

cereali 65 35

Finlandia cereali e leguminose 30 47 23

Svezia cereali 72 28

patata 35 65

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uniformità e stabilità e il con-cetto di valore agronomico sianoincompatibili con le varietàadatte a un’agricoltura non indu-striale2. politico-giuridico; si chiedonoquale sistema legislativo sia il piùadatto per riavvicinare gli agricol-tori alle sementi e quali regimi diproprietà intellettuale sia possi-bile applicare alle sementi perfavorire lo sviluppo delle sementida parte degli agricoltori stessi3. scientifico; rivendicano la cen-tralità degli agricoltori e dei lorosaperi all’interno della ricercaagricola (Almekinders e Hardon,2007).È interessante notare che questeassociazioni hanno la capacità dimettere insieme soggetti diversi,ben aldilà delle tradizionali forzesindacali agricole, e mostranouna crescita molto elevata sia intermini di attività svolte, sia dipersone coinvolte. Inoltre, sicaratterizzano per riuscire acomunicare le loro preoccupa-zioni al grande pubblico, comin-ciando così a costruire un nuovolegame tra città e campagna e traagricoltore e cittadino, basatosulla condivisione di comuniobiettivi e punti di vista.In Francia il fenomeno si è

esteso anche alla ricerca agricola,dando vita a diversi progetti diselezione partecipativa, dove laricerca lascia il “laboratorio” pertornare nei “campi” in uno spi-rito di scambio reciproco con gliagricoltori (Chable e Berthellot,2005). Il dinamismo delle Reti europeesi è concretizzato nel gennaio2007 in un progetto europeotriennale all’interno del VI° Pro-gramma Quadro dal titolo Farmseed opportunities (www.farm-seed.net), che vede insieme inpartnership associazioni di pro-duttori biologici, reti sementi ecentri di ricerca di sei paesi euro-pei (Italia, Francia, Spagna,Olanda, Svizzera e Inghilterra).Si tratta di un progetto di ricercafinalizzato alle politiche chedovrà dare consigli, indicazioni epareri al fine di costruire unalegislazione sementiera europeapiù aperta alla biodiversità.Infatti, l’Unione europea nel1998 aveva cercato di proporreuna regolamentazione perrispondere all’esigenza di conser-vare la biodiversità nei campi,creando il concetto di “varietà daconservazione” e “varietà amato-riali” all’interno della direttiva98/95. Purtroppo, tale possibilità

non si è ancora concretizzata,visto che le norme attuative nonsono mai state elaborate dallegislatore europeo.È evidente che la posta in gioco èmolto alta: si tratta di affermareche esiste un altro modo di consi-derare l’agricoltura all’internodelle nostre società, rovesciandoun sistema di valori e di pregiu-dizi fortemente radicati nellanostra cultura (Bocci e Ricoveri,2006). Rilocalizzare l’agricolturae la ricerca è la chiave per

costruire sistemi agricoli sosteni-bili, al cui interno l’agricoltoredeve riacquistare la centralitàperduta (sociale, culturale e tec-nica). Le Reti sementi contadinesono consapevoli di tale sfida eper questo mettono in evidenzache senza agricoltori non si puòconservare, coltivare e svilupparela biodiversità agricola.

Riccardo Bocci Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab)

BIBLIOGRAFIA

- Almekinders C, Hardon J. (eds.), Bringing farmers back into breeding,Agromisa Special 5, Wageningen: Agromisa, 2007.- Benozzo M., Attività agricola e privativa vegetale. Agricoltura Istitu-zioni Mercati, rivista di diritto agroalimentare e dell’ambiente 2004;2: 197-217. - Bocci R, Ricoveri G. (a cura di), Agricultura Terra Lavoro Ecosistemi,EMI, 2006.- Brush S., Farmers’ Bounty, locating crop diversity in the contemporaryworld. New Haven and London: Yale University Press, 2004.- Cleveland DA, Soleri D., Farmers, scientists and plant breeding: inte-grating knowledge and practice. New York: CABI Publishing, 2002.- Chable V, Berthellot JF., La sélection participative en France: présenta-tion des expériences en cours pour les agricultures biologiques et paysannes.«Quelles variétés et semences pour des agricultures paysanne durables?». Lesdossiers de l’Environnement de l’INRA 2005; 30: 129-138.- Deléage E., Paysans de la parcelle à la planète. Paris: Edition Syllepse,2004.- Grain, The end of farm-saved seed? Industry’s wish list for the next revi-sion of UPOV. Grain Briefing 2007 ; February. - Le Buanec B., Enforcement of Plant Breeders’ Rights. Meeting on Enfor-cement of Plant Breeders’ Rights, UPOV/Enforcement/05/3, Geneva. 25October 2005. Not published on UPOV website, but available onhttp://www.grain.org/blr_files/ueisf.pdf.- Pistorius R, van Wijk J., The Exploitation of Plant Genetic Information.London: Oxford University Press, 2000.- Velvée R., The decline of diversity in European agriculture. The Ecolo-gist 1993.

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germoplasma a rischio di estin-zione iscritto nel repertorio - la rete di conservazione e sicurezza,che comprende gli agricoltoricustodi e i soggetti affidatari dellaconservazione ex situ delle risorsegenetiche (banca del germospla-sma); rappresenta una struttura dicollegamento tra più soggettiaccomunati dal compito di mante-nere in vita il patrimonio naturaledi interesse agrario emiliano-romagnolo e a garantire l’usodurevole del germoplasma.

Una disamina puntuale del testodel progetto di legge evidenziaquanto segue:L’articolo 1 enuncia le finalitàgenerali che la Regione Emilia-Romagna intende perseguire:preservare e tutelare il patrimoniodi razze e varietà locali. L’obiet-tivo di conservazione è collegato aragioni economiche, scientifiche eculturali.L’opportunità di proteggere lerisorse genetiche locali dal rischiodi erosione assume un significatoche trascende le esigenze dellaricerca scientifica per caricarsi diconnotazioni sociali ed economi-

suini, sette di equini e quattro diasini.Per porre rimedio a questo pro-cesso di erosione genetica e pro-muovere un organico sistema ditutela e salvaguardia della biodi-versità la Giunta regionale haapprovato nel mese di luglio 2007il progetto di legge “Tutela delpatrimonio di razze e varietà localidi interesse agrario del territorio emi-liano-romagnolo”. Il progetto dilegge ha lo scopo di salvaguardareil patrimonio di risorse geneticheautoctone a rischio di erosionegenetica e la titolarità delle comu-nità rurali sulle razze e varietàespressione del territorio e dellacultura locale; l'impianto del testoè funzionale alla conservazionetutela e valorizzazione del patri-monio genetico agrario locale.Con questa proposta di legge laRegione intende inoltre dareattuazione al Trattato internazio-nale sulle risorse fitogenetiche per l’a-limentazione e l’agricoltura, incoerenza all’articolo 3 (Politicheambientali) del nuovo Statutoregionale.Per raggiungere gli obiettivisopracitati, sono preordinati piùstrumenti funzionalmente legatitra loro:- il repertorio regionale in cui, pre-vio parere favorevole di un’appo-sita commissione tecnico-scienti-fica, vengono iscritte e catalogatele risorse genetiche tutelate- la conservazione ex situ dellerisorse genetiche (banca del germo-plasma) in cui confluiscono leaccessioni iscritte nel repertorioregionale e che risulta preordinataallo svolgimento di tutte le opera-zioni necessarie alla conserva-zione ex situ- gli agricoltori custodi, persone fisi-che che svolgono una funzione dipubblico interesse, che provve-dono alla conservazione in situ del

La biodiversità agricola non è soloil risultato dell’adattamento edella pressione ambientale, èanche il prodotto del lavoro delledonne e degli uomini che curanola terra e la mantengono viva. Le varietà tradizionali di ortaggi,frutta e cereali esistono soprat-tutto perché nel tempo lentodelle generazioni sono state sele-zionate, conservate e tramandate.Formano un patrimonio collettivodi saperi, tecniche e consuetudini,del quale sono titolari le comunitàrurali. Perdere biodiversità, quindi,equivale a perdita di identità cul-turale e abilità contadine che sisono tramandate da una genera-zione all’altra.Purtroppo, l’erosione della diver-sità è molto avanzata negli ecosi-stemi agricoli.La varietà dei raccolti è quasiscomparsa: nel periodo della Rivo-luzione verde la coltivazione dicentinaia di migliaia di specie si èridotta a un numero esiguo(grano, riso, mais, patata), tratti dauna ristretta base genetica.Il 95% del nostro fabbisogno ali-mentare complessivo è assicuratoda 30 specie di piante e almeno itre quarti della nostra dieta ècostituito da solo 10 colture.Nell’ultimo secolo oltre il 75%della diversità genetica delle prin-cipali colture agrarie è scomparsa.Migliaia di varietà eterogenee dipiante coltivate per generazionisono state sostituite da un numeroridotto di varietà commercialinotevolmente uniformi.

In Italia sono a rischio di estin-zione ben 1500 varietà di frutta.La stessa sorte è riservata agli ani-mali domestici: negli ultimi cin-quanta anni abbiamo persoalmeno cinque razze di bovini, tredi caprini, oltre dieci tra ovini e

che. Sono inoltre enunciate letipologie di attività che laRegione intende svolgere pertutelare e valorizzare il patrimoniodi razze e varietà locali.A tal fine, la Regione svolge diret-tamente e indirettamente inizia-tive volte alla conservazione dif-fusione, conoscenza e promozionedel patrimonio di razze e varietàdel proprio territorio. Per fornire un orientamento inordine alle attività e alle iniziativeche di volta in volta si ritienenecessario promuovere, sono pre-visti appositi programmi d’inter-vento, volti alla conservazionetutela e valorizzazione dellevarietà e razze locali d’interesseagrario, con particolare riguardo aquelle a rischio di erosione gene-tica.

L’articolo 2 definisce quelle che,ai fini della legge, possono consi-derarsi “risorse genetiche indi-gene”. Si enumerano, dunque,non solo specie, razze, varietà,popolazioni, ecotipi e cloni origi-nari del territorio emiliano-roma-gnolo, cioè autoctoni, ma anchequelli di origine esterna (alloc-

Tutela delle razze e delle varietà locali,il progetto di legge della Regione Emilia-RomagnaLe varietà tradizionali di ortaggi, frutta e cereali formano un patrimonio collettivo di saperi, tecniche e consuetudini,del quale sono titolari le comunità rurali. L’obiettivo del progetto di legge regionale dell’Emilia-Romagna èsalvaguardare questo patrimonio di risorse genetiche autoctone, oggi a rischio di erosione, e la titolarità dellecomunità rurali sulle stesse risorse. Il repertorio regionale delle risorse genetiche tutelate, la banca del germoplasma,gli agricoltori custodi, la rete di conservazione e sicurezza sono tra gli strumenti previsti.

Pomodoro costoluto di Parma (azienda Stuard)

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toni), purché presenti nel territo-rio regionale da un periodo ditempo definito semplicemente“lungo”, ma sufficiente all’inte-grazione nell’agricoltura e nell’al-levamento della regione. Vengono prese in considerazione,infine, quelle originarie dell'Emi-lia-Romagna, ma attualmentescomparse dal territorio regionalee presenti in orti botanici, alleva-menti o centri di ricerca di altreregioni o paesi. Vengono altresì richiamate le defi-nizioni contenute nell'art. 2 delTrattato internazionale sullerisorse fitogenetiche per l'alimen-tazione e l'agricoltura. Vieneinfine definito "l'ambito locale" diuna risorsa genetica.

L’articolo 3 attiene al patrimoniodelle risorse genetiche, di cuisono titolari le comunità locali alcui interno debbono essere equa-mente distribuiti i benefici, cosicome previsto dall'art. 8j dellaConvenzione di Rio de Janeiro sullabiodiversità (1992), ratificata conlegge 14 febbraio 1994, n.124 edall'art.9 del Trattato internazio-nale sulle risorse fitogeneticheper l'alimentazione e l'agricoltura.

L’articolo 4 riguarda l'approva-zione, ogni triennio, di un pianosettoriale di intervento nel qualesono stabilite le linee guida per leattività inerenti la tutela dellerisorse genetiche di interesseagrario.

L’articolo 5 disciplina l'istituzionedel repertorio volontario regionaledelle risorse genetiche, suddivisoin una sezione animale e in unavegetale, evidenziando in partico-lare l’esigenza di organizzarlosecondo criteri che consentano laconfrontabilità con analoghi stru-menti esistenti a livello nazionalee internazionale.

L’articolo 6 descrive la procedurada seguire per giungere – in baseal parere di apposita commissionetecnico-scientifica – all’iscrizionedi una razza o varietà locale nelrepertorio regionale e contiene unrinvio, nel comma 4, al regola-mento di attuazione che avrà ilcompito di dettagliare modalità eprocedure per l'iscrizione mede-sima.

L'articolo 7 definisce le funzioni ei compiti della Commissione tec-nico-scientifica in merito allerisorse genetiche locali.

L’articolo 8 riguarda la conserva-zione ex situ delle risorse geneti-che e ne prevede l’affidamento asoggetti pubblici e privati di com-provata esperienza. Tale conser-vazione sul territorio assume laconfigurazione di una “bancalocale del germoplasma”, finaliz-zata a garantire la sopravvivenzadelle razze e varietà locali attra-verso il metodo della “conserva-zione delle risorse fitogenetiche per l'a-limentazione e l'agricoltura al difuori del loro ambiente naturale". Il comma 4 dell'art. 8 istituisce uncollegamento tra le strutture perla conservazione ex situ e il reper-torio, stabilendo che tutte leaccessioni iscritte nel Repertorioconfluiscono in queste ultime,quindi di tutto il materiale catalo-gato nelle due sezioni del reperto-rio, e per tale ragione certamente“locale”, esisterà un “campione”concreto nella Banca che opereràaffinché lo stesso si conservi puroe inalterato.Le modalità di funzionamento egestione delle strutture per laconservazione ex situ sarannodefinite dal relativo regolamentodi attuazione della legge previstoall'art. 12.

L’articolo 9 contiene la defini-zione di “agricoltore custode”.

Questa figura è definita comecolui che provvede alla conserva-zione in situ e/o "on farm" dellevarietà e razze locali in via d'estin-zione. I commi 2 e 3 demandano al rego-lamento di attuazione la defini-zione dei criteri per il conferi-mento dell'incarico di agricoltorecustode e dei compiti a esso affi-dati, l'iscrizione in appositoelenco regionale, le modalità diriconoscimento di eventuali corri-spettivi per attività prestate dalcoltivatore medesimo.

L'articolo 10 istituisce la “rete diconservazione tutela e salvaguar-dia”. Essa è concepita prima ditutto come un “luogo” dove sisostanzia la garanzia dell'usodurevole delle risorse geneticheagrarie. I soggetti partecipanti alla Retesono le strutture per la conserva-zione ex situ (Banca regionale delgermoplasma), di cui all’articolo 8,gli agricoltori custodi, di cui all’ar-ticolo 9, e altri soggetti pubblici eprivati interessati alla valorizza-zione delle risorse genetichelegate a specifici ambiti territo-riali. Questi soggetti svolgono l'at-tività di conservazione dellevarietà locali a rischio di estin-zione sia ex situ (Banca regionaledel germoplasma), sia in campo(in situ) e rimettono in circola-zione, nell'ambito della Rete, lesementi e il materiale di moltipli-cazione di tali varietà.

Le modalità di adesione alla Retesaranno disciplinate dal regola-mento di attuazione della legge.Inoltre, poiché chi svolge attivitànella Rete compie inevitabil-mente attività di selezione gene-tica, si potrebbero verificare casidi deposito di domande di bre-vetto o di privativa varietale. Inquesti casi la Regione dovrà darepreventiva autorizzazione, in basea quanto previsto al comma 4.

L’articolo 11 disciplina la moltipli-cazione e la diffusione del mate-riale genetico in conformità allanormativa fitosanitaria regionale ea quanto stabilito dall’art.2 dellalegge regionale 20 gennaio 2004n. 3. Inoltre, autorizza la circola-zione e diffusione delle risorsegenetiche autoctone all’internodella Rete in modica quantità,secondo le modalità definite conl’atto deliberativo di cui all’art.12.

L’articolo 12 dispone che l’attodeliberativo della Giunta regio-nale di attuazione venga appro-vato entro 6 mesi dall’entrata invigore della legge.

Gli art.13 e 14 contengono rispet-tivamente la norma di trattamentodei dati personali e la normafinanziaria.

Valtiero MazzottiFrancesco PerriAssessorato all’AgricolturaRegione Emilia-Romagna

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Vigneto di Centesimino in zona Torre di Oriolo - Faenza

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- due razze ovine: cornigliese eCornella- quattro razze equine: bardi-giano, Caitpr, cavallo del Ven-tasso, asino romagnolo)Sono state individuate, inoltre,numerose razze o varietà incampo avicolo:- polli modenese e romagnolo- tacchini romagnolo e di Parma ePiacenza- oche e anatre romagnole- numerose razze di piccioni- i cani Lagotto romagnolo ebolognese

A questo elenco di razze di ori-gine regionale vanno poiaggiunte quelle cosiddette “dicrinale”, cioè soggetti originaridei territori confinanti, chehanno trovato nella nostraRegione le condizioni adatte a unimpiego economicamente van-

tempo dal circuito produttivo,rappresentano invece un serba-toio di variabilità molto impor-tante; la loro scomparsa potrebbeportare alla perdita di geni poten-zialmente utili, in relazione all'a-dattamento dei soggetti, alla qua-lità dei prodotti o alla resistenzaad agenti patogeni.In Emilia-Romagna la varietàdelle razze e dei tipi geneticilocali nell’ambito della produ-zione animale è soddisfacente;una recente ricognizione, svoltaper conto della Regione da unitàoperative delle Università diParma e Bologna(http://bizer.unipr.it/), ha indivi-duato- quattro razze bovine: roma-gnola, reggiana, modenese eottonese- due tipi genetici suini: Moraromagnola, Nero di Parma

La produzione zootecnica nazio-nale – almeno nei settori econo-micamente trainanti quali quellobovino, suino e avicolo – è per lamaggior parte sostenuta da razzecosmopolite (per i bovini le razzeFrisona o Bruna, per i suini lerazze Large White o Landrace,per i polli soprattutto incroci leg-geri e pesanti). Esse sono ingrado di fornire elevate produ-zioni e sono sostenute da pianiselettivi orientati al migliora-mento delle performance insenso quantitativo e qualitativo. In tale contesto la tutela dellabiodiversità non sembra trovarespazio; invece dovrebbe apparireoggi un obiettivo primario, nonsolo per motivi di ordine scienti-fico – legati alla progressiva ridu-zione della variabilità geneticaall'interno delle razze a più ele-vata diffusione –, ma anche diordine sociale e culturale(aumento della sensibilità nell'o-pinione pubblica verso proble-matiche di salvaguardia dellerazze animali e di recupero dellequalità delle produzioni alimen-tari tipiche di un territorio).Circa il primo punto, è noto che laperdita di variabilità genetica, cuisi sta assistendo nelle popolazionianimali cosmopolite, deve seria-mente preoccupare, dal momentoche potrebbe rendere gli animalimeno flessibili nelle loro rispostea improvvise variazioni ambien-tali o a patologie poco note oemergenti, espone le produzionianimali a un appiattimentoquanti-qualitativo, con ripercus-sioni negative per il consumatore,e infine contribuisce alla ridu-zione dell’attività zootecnica neicomprensori in possesso di minoripotenzialità economiche, contri-buendo al loro degrado sociale eambientale. Le razze cosiddette “autoctone”ancora presenti, escluse da

taggioso. Rientrano in questoelenco alcune razze ovine, qualila massese, la garfagnina, l’ap-penninica, la zerasca e la capraGarfagnana. Per continuare l’e-lenco delle diversità regionali, sipuò infine citare il cavallo deldelta, che ha trovato nel territoriodel delta del Po un ambientesimile a quello di origine, poten-dosi oggi considerare naturaliz-zato.L’elenco proposto è sicuramentesuscettibile di aggiornamenti(nei limiti di quanto ragionevol-mente ci possa essere oggi di nonconosciuto), sulla base delle indi-cazioni bibliografiche storiche. Intali casi si tratta, in genere, direcuperare in purezza animalipresenti sul territorio sotto formadi incroci (ad es. le pecore valta-rese, Zucca modenese, reggiana,pavullese, Cornetta), ma dei

Biodiversità e zootecnia in Emilia-RomagnaLa tutela della biodiversità nella produzione zootecnica dovrebbe essere un obiettivo primario, sia per combatterela progressiva riduzione della variabilità genetica all'interno delle razze a più elevata diffusione, sia per recuperarela qualità nelle produzioni alimentari tipiche di un territorio. Una recente ricognizione, svolta per conto dellaRegione da unità operative delle Università di Parma e Bologna, mostra che in Emilia-Romagna la varietà dellerazze e dei tipi genetici locali è soddisfacente: si è in parte invertita una tendenza pericolosa, soprattutto nelle areepiù svantaggiate e, oggi più che mai, è necessario puntare con forza al mercato.

Bovina romagnola

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quali non si hanno notizie certecirca la loro presenza in purezzanegli ultimi anni.

In zootecnia, l’interesse per unadeterminata razza non si deveperò esaurire nel sempliceriscontro della sua presenza sulterritorio. Infatti, la razza è solouno dei tanti strumenti della pro-duzione animale; alla scelta sidevono affiancare altri fattoriproduttivi, quali un’alimenta-zione rispettosa dei fabbisognidegli animali, in termini di quan-tità e qualità degli alimenti, l’a-dozione di ricoveri in grado digarantire il benessere animale ela produttività; la razza, poi, deveessere gestita dal punto di vistanumerico, assicurandole condi-zioni ottimali per lo sviluppo, perevitare il rischio di un eccessivoaumento della consanguineitànella popolazione.A tale proposito, la consistenzadelle razze regionali prima citate,vede situazioni differenti: alcunerazze, pur nei limiti della appar-tenenza a popolazioni di inte-resse locale, stanno mostrando isegni di una tendenza all’espan-sione numerica (suino Nero diParma, vacca reggiana); altre,invece, di una certa stasi se nondi un’involuzione numerica,legata essenzialmente alla diffi-coltà di trovare una giustifica-

zione economica al loro alleva-mento, alternativo a quello dellerazze cosmopolite a maggioreproduttività.Questo aspetto, a nostro avviso,contiene la maggior parte delleproblematiche della biodiversitàin zootecnia: la produzione ani-male è un’attività economica e,come tale, deve fornire un red-dito. La razza locale può contri-buire a questo, se viene inseritain un percorso virtuoso, che col-lega la razza al territorio e ai suoiprodotti. Basti vedere quanto staaccadendo con il formaggio Par-migiano-Reggiano prodotto dallebovine di razza reggiana o mode-nese. Aver ricostruito un’identitàrazza-prodotto e la sua tracciabi-lità, ha permesso il recupero diuna valenza economica che staalla base dello sviluppo numericodelle due razze.Diventano quindi strumentaliall’obiettivo di incrementare labiodiversità in zootecnia, tutte leazioni rivolte alla valorizzazionedelle produzioni, attraverso lanascita di consorzi fra allevatori,macellatori, trasformatori, ristora-tori, titolari di agriturismi, com-mercianti, attori della filiera ingrado convogliare l’interesseverso un unico obiettivo; unesempio di questa strategia e ilConsorzio di tutela del suinoNero di Parma, che garantisce

tutti i passaggi di filiera, dall’ali-mentazione, alla macellazione ealla trasformazione sia in carnefresca, sia in salumi, attraverso ilmarchio “Suino Nero di Parma”.Particolare attenzione va rivoltaalle denominazioni IGP (es. ilvitellone bianco dell’Appenninocentrale, che vede coinvolta larazza bovina romagnola) e alleazioni che possono intraprenderei parchi nazionali e/o regionalinei confronti di prodotti animalidel loro territorio di competenza(ad es. pecorino reggiano e dellaGarfagnana, nel Parco nazionaledell’Appennino Tosco-Emi-liano). A questo proposito gli esempiche vengono da altre regioni sonosignificativi – in Lombardia ilParco delle Groane si è impe-gnato nella salvaguardia dellapecora Brianzola – e indicanocome i parchi possano rappresen-tare una concreta risorsa anche atutela della biodiversità zootec-nica.In conclusione si può affermareche in Emilia-Romagna si stacreando una forte attenzione allasalvaguardia della biodiversità

zootecnica, a favore della qualesta per essere emanata una speci-fica legge regionale (Tutela delpatrimonio di razze e varietà localidi interesse agrario del territorioemiliano-romagnolo). La già ben documentata varietàdelle razze e dei tipi genetici pre-senti sul territorio può diventareun mezzo a sostegno dell’attivitàzootecnica, soprattutto nelle areepiù svantaggiate, purché riesca ainterfacciarsi con il mercato. In tal senso bisogna essere con-vinti che la biodiversità non puòessere fine a se stessa, ma rappre-sentare un valore aggiunto a unadeterminata produzione. Qualsiasi intervento al di fuori diun contesto economicamentepremiante, non può che essereun palliativo, che nell’immediatopotrebbe anche risollevare lesorti di una razza in pericolo diestinzione, ma che a lungo ter-mine non riuscirebbe certo asostenerla.

Alberto SabbioniValentino BerettiFacoltà di Medicina veterinariaUniversità di Parma

Bovina reggiana Lagotto romagnolo

Pecora cornigliese

Cavallo bardigiano

Le foto pubblicate in questo articolo sono di Valentino Beretti.

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22solo se un prodotto è richiesto cisarà sempre chi lo coltiva.I nostri nonni avevano selezionatocon cura una serie di vecchie culti-var di meli, peri, ciliegi, sorbi,nespoli che avevano buone carat-teristiche organolettiche, ma non siprestavano alla coltivazione inten-siva. Le moderne tecniche agrono-miche esigono piante tutte uguali,molto produttive e che maturano ifrutti nello stesso momento; perquesto abbiamo perso gran partedel patrimonio genetico e dellabiodiversità fruttifera del nostroterritorio che è anche la nostra cul-tura. La riduzione del consumo difrutta e verdura, che inveceandrebbero consumate anche cin-que volte al giorno, come segnalaanche la campagna lungimirantelanciata dalla Regione Emilia-Romagna, ha portato a una serie disquilibri alimentari che sono unadelle cause dell’alta percentuale dipersone obese in Italia. Altro pro-blema da ricordare è che abbiamoperso il senso della stagionalità etendiamo a consumare quasi tuttol’anno sempre le stesse cose,dimenticando che ogni frutto ha lasua stagione. Oggi, grazie anche ai marchi diqualità Dop e Igp, stiamo assi-stendo a un nuovo interesse per iprodotti garantiti, per gli antichisapori e anche per l’agricolturabiologica, fortemente orientata alrecupero e alla coltivazione diqueste vecchie varietà, ancorapresenti in Emilia-Romagna. Le antiche varietà sono spesso lepiù rustiche, le meno energivore equindi le più adatte per un’agri-coltura a basso impatto ambien-tale, per cui salvarle dall’estin-zione sarà molto utile per ilfuturo, visto che con i cambia-menti climatici in atto occorronopiante dotate di grande adattabi-

sperimentazione in agricoltura ela riduzione della caccia. La disgregazione di habitat chehanno decine di migliaia di anniporta con sé tutte le forme di vitacollegate; così, insieme agli alberidelle foreste, scompaiono associa-zioni uniche ed esperienze evolu-tive mai più ripetibili, anche ani-mali superiori, insetti, fiori, moltidei quali ancora da classificare eforse dalle proprietà medicinaliimportantissime.

Biodiversità è equivalente a ric-chezza, creatività, capacità diadattamento alle diverse condi-zioni ambientali. La diversità è lamateria prima dell’evoluzione el’evoluzione è il presupposto dellasopravvivenza. Perdendo biodi-versità perdiamo anche capacitàdi reagire ai cambiamenti clima-tici; puntare sulla biodiversitàsignifica gestire al meglio il terri-torio e favorire la biodiversità inagricoltura significa rendere soste-nibile lo sviluppo del sistema agri-colo.La biodiversità può essere consi-derata anche come una sorta dipolizza assicurativa per il futuro:infatti più è alta la variabilità degliorganismi viventi, più alta è lacapacità di questi di adattarsi esfruttare l’energia disponibile.Ridurre la biodiversità, significadiminuire le nostre scelte per ilfuturo e rendere più precaria lanostra stessa esistenza. I selezionatori non producononuove varietà per portare le vec-chie all’estinzione, ma in assenzadi efficaci programmi di conserva-zione le nuove varietà, più pro-duttive e commerciabili, condan-nano le vecchie all’estinzione. Si può ridurre questa tendenzacon l’educazione e la sensibilizza-zione del consumatore, in quanto

La biodiversità in ambiente natu-rale è tutelata dal progetto euro-peo Ribes. Per quanto riguarda,invece, la tutela del germoplasmadi interesse agrario, la RegioneEmilia-Romagna, in attuazione altrattato internazionale sullerisorse fitogenetiche per l’alimen-tazione e l’agricoltura, sta elabo-rando un progetto di legge. I frutti della memoria, con i loroprofumi e sapori, ritornano prota-gonisti? Arpa è già impegnata inquesta direzione.

La bibliografia scientifica con-corda nel prevedere che entro il2050 il 25% delle specie animali evegetali scomparirà al ritmo dicirca 40-100 specie al giorno (sestagrande estinzione, la prima aopera dell’uomo). Le specieminacciate sono oggi 12.259, dicui 3500 animali e 6700 vegetali,2000 in più rispetto al 2002, men-tre sono sempre più presenti gliorganismi alieni (specie esotiche)che creano ogni anno, nel mondo,perdite di reddito per 315 milionidi euro.In passato l’uomo è stato raccogli-tore (70% del cibo) e cacciatore(30%); solo 12.000 anni fa hainventato l’agricoltura, una rivolu-zione che ha cambiato la facciadel pianeta. Ma perché inventarel’agricoltura quando il cibo eradisponibile per le poche personeche vivevano? Sembra che lacausa non sia quella alimentare,ma quella di coltivare pianteapprezzate e scarsamente dispo-nibili come le piante coloranti,medicinali, per riti e magia, ovelenose per la caccia (es. l’ama-ranto forniva il pigmento rossousato nelle varie cerimonie da piùpopoli). Solo in seguito la vitasedentaria e la crescita demogra-fica hanno favorito una maggiore

lità. Frenare l’erosione geneticadei prodotti agricoli e cioè la per-dita di biodiversità rurale, che èun patrimonio della collettività,patrimonio ambientale, di storia,cultura, saperi e sapori tradizio-nali, significa anche garantire unaintegrazione al reddito degli agri-coltori, soprattutto quelli che ope-rano in aree di pregio ambientaleo svantaggiate, e con ciò ridurre latendenza all’abbandono delle col-tivazioni e scongiurare il conse-guente degrado territoriale, l’ero-sione e il dissesto ambientale.

La Sezione Arpa di Forlì-Cesena,attraverso l’Unità operativaNatura e Biodiversità, ha da anniavviato un’indagine per la indivi-duazione di antiche varietà frutti-fere presenti nel territorio roma-gnolo, meritevoli di tutela e valo-rizzazione. Per alcune di questevarietà è già stato scongiurato ilrischio di erosione genetica attra-verso la conservazione dei lorosemi nella banca genetica del Cnr,presso l’Istituto del germoplasmadi Bari. La legge regionale sullatutela del patrimonio di razze evarietà locali di interesse agrariotroverà in Arpa un partner chepuò elaborare, attraverso la cono-scenza del territorio, gli opportuniindicatori finalizzati a individuarele aree maggiormente vocate all’a-grobiodiversità. Arpa può suppor-tare le attività della Regione attra-verso la predisposizione di repor-tistica mirata a questa tematica,elaborare progetti specifici e par-tecipare all’attività della Commis-sione tecnico-scientifica di cuiall’art. 7 della proposta di leggesulla tutela del patrimonio dirazze e varietà locali.

Sergio GuidiArpa Emilia-Romagna

I frutti della memoria,varietà adattabili e meno energivoreI frutti della memoria, con i loro profumi e sapori, ritorneranno protagonisti? La Sezione Arpa di Forlì-Cesenaè impegnata da anni in un’indagine per l’individuazione di antiche varietà fruttifere presenti nel territorioromagnolo. Il lavoro svolto è coerente con le finalità della legge regionale in corso di elaborazione sulla tutela delpatrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario. Pera cocomerina, mela ruggine e pesca carota sono esempidi vecchie cultivar, probabilmente poco regolari nella forma, ma sicuramente dotate di grande adattabilità e menoenergivore.

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Proprietà. La mela, frutto antichissimo, simbolo della femminilità earchetipo del peccato originale, ha proprietà medicinali interes-santi. In passato la polpa della mela serviva per preparare medi-cine, il termine “pomata” deriva proprio dalla polpa di questopomo.

Pesca carotaDescrizione. Vecchia varietà strettamente legata alla Romagna, ècaratterizzata dalla sua forma sferica irregolare che era considerataun difetto per la commercializzazione a livello di grande distribu-zione e ciò probabilmente ne ha provocato l’abbandono, puravendo caratteristiche organolettiche interessanti.

Proprietà. La polpa è di un colore giallo intenso che ricorda lacarota, da cui ne deriva il nome e ciò è dovuto alla forte presenzadi flavonoidi

Pera cocomerinaDescrizione. Albero dotato digrande rusticità, se lasciato cre-scere spontaneamente assumeun portamento espanso conrami lunghi ed elastici che resi-stono bene alle sollecitazioninevose. È una pera d’alta quotache ha la sua culla d’origine neicomuni di Veghereto e Bagno diRomagna; il suo habitat natu-rale è oltre i 1000 metri diquota, dove fiorendo a maggioriesce a sfuggire ai ritorni difreddo. La pianta vegeta anchea quote minori, ma producemeno; nell’area dell’Altosavioproduce ottimi frutti. Il terminecocomerina deriva dalla suapolpa rosso vinosa, mentre inToscana viene chiamata perabriaca. Fino a pochi anni fa que-sto frutto era destinato all’ali-mentazione degli animali, oggiinvece è diventato un PresidioSlow Food ed è stato l’ele-mento attorno al quale si èaggregata una intera comunità,rappresentata dall’AssociazionePro Ville di Montecoronaro.

Proprietà. Il frutto matura a fine agosto e presenta una polpa gra-nulosa, ma di sapore molto gradevole (pera cocomera precoce).Purtroppo è poco serbevole per cui il consumo fresco è limitatoall’area dell’Altosavio. Nell’area di Verghereto si trova anche un’al-tra varietà (pera cocomera tardiva) che matura a ottobre e ha lapolpa completamente rossa, ciò è dato dalla presenza di antociani,provitamine molto importanti nei confronti del sistema cardiocir-colatorio.

Pera ruggine Descrizione. Questa varietà di pero è dotato di grande rusticità eriesce a vivere in ambienti dove il freddo e la neve possono protrarsifino a primavera inoltrata. Anche questa è una pera d’alta quota, chevegeta oltre i 1000 metri e fiorisce a maggio. Il suo nome derivadalla buccia dei frutti che si presenta rugginosa. Una varietà ormaidimenticata, ma la troviamo anche nel nord Italia e si presta moltobene per coltivazioni in aziende biologiche in quanto nel suo habitatnaturale non ha bisogno di trattamenti antiparassitari.

Proprietà. Come tutte le pere è ricca di zuccheri e sali minerali chela rendono molto digeribile. Il suo aroma è particolare: quando ilfrutto è ben maturo, ha un leggero gusto di moscato.

Pera campanellaDescrizione. Il nome di questo frutto deriva dalla sua forma similea una piccola campana. Varietà dotata di grande rusticità, la peracampanella predilige le altitudini superiori ai 1000 metri, doveriesce a sfuggire alle gelate e agli attacchi di insetti fitofagi come lacarpocapsa.

Proprietà. Come tutte le pere di elevata rusticità, anche la campa-nella si presta alla coltivazione biologica. Il frutto, che matura aottobre, ha una polpa molto consistente ma dal gradevole aromaed è una delle migliori pere da abbinare a un buon formaggiopecorino, magari fatto con latte della razza appenninica.

Mela ruggineDescrizione. Pianta caratterizzata da una elevata rusticità, predilige iterreni profondi delle aree collinari montane e gli ambienti ventilati.

Antiche varietà fruttifere della Romagna:

pera cocomerina, pera e mela ruggine, pera campanella

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Pesca carota

Frutti romagnoli

Le foto pubblicate in questo articolo sono di Sergio Guidi.

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italiano e ciascuno caratterizzòun’epoca: il Nostrale, di originenota da lontani incroci con semigiapponesi e asiatici, il Chineseoriginario, dalle selezioni deisemi giapponesi, il Lady Wright,importato dagli Stati Uniti nel1925.L’Originario è stato così chiamatoall’inizio del secolo scorso perdistinguere i risi puri (originalidel Giappone) da quelli localicaratterizzati da forte ibrida-zione; le sue caratteristiche sonograna corta e tonda, e aspettoperlaceo.L’Arborio, il Baldo, il Carnarolisono classificati come “risi super-fini”. Tale categoria comprendevarietà a granella lunga e concaratteristiche molto pregiate eparticolari.Nella tecnica colturale il diserboè un’operazione attualmentecompiuta con fitofarmaci, mentrein passato era effettuato manual-mente (le prime notizie sullamondatura risalgono al 1751).La diffusione nell’ambiente difertilizzanti, di fitofarmaci e lorometaboliti comporta un impattonegativo per l’ambiente, aggra-

varia a seconda del periodo in cuisono avvenuti gli interventi e aseconda dello sviluppo locale,sono tuttavia riconoscibili alcunitratti comuni come la monotonauniformità di grandi spazi e lacarenza di alberature e centri abi-tati. Caratteristica è anche la geo-metria dei canali di scolo e dellaviabilità rurale, in contrasto conl’andamento sinuoso di corsid’acqua naturali e di vecchiestrade rurali.La risicoltura è una tecnica defi-nita “miglioratrice” perchériduce l’acidità del terreno deter-minata dalla torba; nella pianuraPadana questa coltura ha assuntouna certa importanza nel XVsecolo estendendosi, grazie all’ir-rigazione, alle zone paludose.Nella provincia di Ferrara la col-tivazione del riso è al terzo postotra le colture cerealicole. Lesuperfici risicole sono in contra-zione, mentre le rese (q/ha) sonocomunque abbastanza stabili e ilprezzo medio (euro/q) è statosuperiore nel 2005 rispetto al2004 grazie all’entrata dei Paesidell’Est nella Comunità europea. Tre furono i capostipiti del riso

La pianura ferrarese, osservatadall’alto, appare come una tavolapiatta, disseminata di nuclei abi-tativi e di aree produttive, attra-versata da una fitta rete di stradee di canali. A nord scorre il Poche alimenta questo territorioprincipalmente coltivato a semi-nativi. Scendendo di scala è pos-sibile riconoscenere i maceri –testimonianza di un mondo agri-colo in cui si lavorava la canapa –,le siepi che segnano all’orizzontelinee di confine, le alberature(salici e pioppeti) che delimitanostrade e corsi d’acqua, e altri ele-menti che segnano la vocazioneagricola di questa provincia.È un territorio di delta, in cui lezone umide naturali hannosubito una forte contrazione perle trasformazioni del periododella “grande bonifica”, avve-nuta grazie all’impianto di solle-vamento a vapore di Codigoro(1873).È un territorio che può continuarea espletare una funzione produt-tiva, ma richiede “una rivaluta-zione dell’esistente in quanto ancoraindividuabile nel territorio vasto (perquanto alterato e frammentato)”,concetto chiave della proposta direte ecologica provinciale che èin corso di discussione in questimesi.

LA COLTIVAZIONE DEL RISO

Una particolarità di questa pro-vincia è l’essere la principale pro-duttrice di riso nella regione; levarietà Arborio, Carnaroli, Baldoe Volano, sono attualmente inattesa del riconoscimento comu-nitario come prodotti tipici IGP(indicazione geografica protetta).Le zone risicole – che si trovanonella parte orientale della provin-cia – sono importanti nella con-servazione degli equilibri ecolo-gici (azione mitigatrice del clima,diversità biologica ecc.) perchésostituiscono in parte le funzionisvolte dalle zone umide naturali.Il paesaggio delle aree bonificate

vato dalla richiesta di notevolivolumi idrici i quali, per le zonebonificate, determinano effettipositivi perché consentono:- il dilavamento del terreno dallasalinità- la correzione del pH- l’umettamento delle torbe, cheriduce il fenomeno dell’ossida-zione e la subsidenza dovuta acostipazione.

Le zone risicole del ferraresesono collegate alle zone umidedel Parco regionale del delta delPo mediante il reticolo idrogra-fico; per questo motivo nel 99 ilParco regionale del delta del Poincaricò Arpa di condurre, in col-laborazione con il Consorzio dibonifica I Circondario di Ferrara,un’azione di monitoraggio perconoscere l’impatto dei diser-banti immessi nell’ambiente dal-l’attività di risicoltura.Per la complessità del reticoloidrografico e del governo delleacque, il controllo ambientale sisvolse in comune di Codigoro suun bacino risicolo di 6000 ha lecui caratteristiche lo rendevanosimile a un’unica grande risaia

Valli ferraresi e produzioni d’eccellenzaIl riso nelle varietà Arborio, Carnaroli, Baldo,Volano e l’anguilla delle valli di Comacchio sono prodotti tipicidell’economia locale ferrarese. La presenza di zone umide, un tempo ampiamente diffuse in questo territorio, è ilpresupposto indispensabile alla produzione. La riqualificazione ambientale di quelle attualmente esistenti èessenziale per la conservazione degli equilibri ecologici (azione mitigatrice del clima, diversità biologica ecc.).

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con acque di alimentazione sepa-rate da quelle di scarico. I risul-tati del monitoraggio furonointerpretati in relazione:- agli stadi fenologici della colti-vazione del riso con le praticheagronomiche di asciutta e immer-sione dei terreni- ai periodi di trattamento per ildiserbo- ai principi attivi consentiti daidisciplinari 2078 e ammessi neiprodotti al consumo dalle norma-tive vigenti.

L’importanza di salvaguardare larisicoltura nel ferrarese è legataalla funzione di mantenimentodella biodiversità, al paesaggio,agli equilibri idrologici. La risaiaè un habitat importante per spe-cie come: il topolino delle risaie(Micromys minutus), l’airone cene-rino, la garzetta, alcuni anfibi(rana verde) e insetti acquatici(libellule, coleotteri acquatici).

L’areale delle risaie attorno aIolanda di Savoia è individuatodalla Provincia di Ferrara come uncontesto territoriale meritevole diessere tutelato e riqualificato per“ripristinare l’equilibrio di un agroe-cosistema che potenzialmente rappre-senta una grande risorsa per la con-servazione della natura” (Progettodi rete ecologica della Provincia diFerrara, Documento preliminare,aprile 2007).

L’ALLEVAMENTO

DELL’ANGUILLA

Un altro prodotto che ha rappre-sentato la principale voce dell’e-conomia locale, ed è in attesa diriconoscimento del marchio IGP,è l’anguilla delle valli di Comac-chio la quale ha fatto la storia dellacittadina lagunare.Il “lavoriero”, il più antico stru-mento da pesca per l’anguilla(inventato dai comacchiesi nel1600), permetteva di catturare ilpesce che rimaneva bloccato inuna delle varie sezioni, secondo lesue dimensioni, durante la risalitanei canali.La filiera di lavorazione dell’an-guilla consisteva nel depositare ipesci catturati in contenitori,denominati “bolaghe”, costruiticon fusti di salici e vimini intrec-ciati.Il pescato era trasferito successi-vamente allo stabilimento diComacchio che era collegato allevalli mediante canali. Le anguillevenivano cotte in grandi spiedifatti ruotare manualmente, damanodopera femminile, ed eranopoi messe in salamoia (fase diconservazione) e vendute in barilio lattine metalliche.La storia della vallicoltura aComacchio è fatta rivivere grazieal Museo delle valli e alla Sala deifuochi del vecchio stabilimento.Il Parco del delta del Po ha realiz-zato – nell’ambito dei programmiLeader Plus finanziati dall’U-

nione europea – un progetto checoniuga la qualità dei prodottiagricoli, acquacolturali e saliferi,con il territorio; tra questi è inclusal’anguilla marinata tradizionaledelle valli di Comacchio (presidiodi Slow food) che si avvale del-l’Emblema dei prodotti di qualitàParco delta del Po dell’Emilia-Romagna.

Le aziende aderenti all’iniziativadovranno impegnarsi a praticareesclusivamente l’acquacolturaestensiva, per esempio con unallevamento di tipo tradizionale inbacini naturali e con alimenta-zione dei prodotti ittici derivatacompletamente dalla rete troficadell’ambiente naturale (senzaalcuna integrazione alimentare).È previsto che l’uso dell’Em-blema sia disciplinato da un rego-lamento d’uso e da specifici disci-plinari aziendali. Inoltre, un’appo-sita commissione – formata darappresentanti del Parco e deiproduttori – valuterà le richiestedi adesione delle aziende e vigi-lerà sulla corretta applicazionedelle disposizioni previste.

Altre produzioni tipiche quali- asparago- carota- radicchio- melone- cocomero- patata- vino del Bosco Eliceo

potranno fregiarsi dell’emblemadel Parco, ma le aziende che vor-ranno avvalersene dovrannomigliorare le caratteristiche delpaesaggio favorendo il manteni-mento e la creazione di areenaturali, o effettuando interventidi rinaturalizzazione con siepi efilari ai margini dei campi e nellezone aziendali non vocate a finiproduttivi.Tra i prodotti elencati i vini delBosco Eliceo, prodotti dalle uvedel vitigno Fortana di antichetradizioni, hanno avuto il ricono-scimento di marchio DOC(denominazione di origine con-trollata). La denominazione“Bosco Eliceo” afferisce aiboschi di leccio, un tempo comu-nissimi in queste zone dove cre-scevano su suoli sabbiosi.

Claudia MilanArpa Emilia-Romagna

Nelle foto: Museo delle valli di Comacchio (www.vallidicomacchio.it); un casone e l’in-terno di uno stabilimento per la lavorazione dell’anguilla (cottura e confezionamento) Risaie nel ferrarese

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pedologiche – che caratterizzanogli areali dei nostri territori.In tale modo è rilevante la preser-vazione di tutte quelle entità chesi sono evolute sia in modo natu-rale, sia di tutte quelle la cui evo-luzione è stata guidata e accompa-gnata dall’evolversi dell’agricol-tura stanziale in questi ultimi10.000 anni.La tutela, o meglio la preserva-zione, del patrimonio di biodiver-sità degli agro-ecosistemi deveportare alla valorizzazione di tuttele peculiarità locali, fatto assoluta-mente antitetico nei confrontidella “omologazione” che caratte-rizza questo periodo culturale.Anche in Emilia-Romagna, unita-mente alla promulgazione dinorme territoriali che non semprehanno raggiunto gli obbiettivisperati, sono state intrapreseazioni (presenti nel Piano regio-nale di sviluppo rurale) che hannoportato alla realizzazione di unaRete di conservazione con la qualesi sono ottenuti importanti suc-cessi.I punti di snodo fanno perno sullarealizzazione della Banca per ilgermoplasma per la conservazionedelle specie vegetali rare e minac-ciate e il diretto coinvolgimentodi agricoltori indicati come “agri-coltori custodi” con il compito diallevare in situ e di tramandare i“saperi-sapori locali” nel con-fronto di vegetali e animali tipici

che spesso riguarda i terreni piùproduttivi. Nel Comune capoluogo è statocalcolato che, proseguendo l’at-tuale incremento di urbanizza-zione con il ritmo dell’ultimodecennio, entro un periodo varia-bile tra il 2040 e il 2080, tutta l’a-rea disponibile sarà stata urbaniz-zata.Da un altro versante, quelloirreale creato dalla pubblicità,sono particolarmente forti irichiami verso situazioni e modidi vita assolutamente sconosciuti,e improponibili, per la quasi tota-lità della popolazione.In seguito all’aumentata sensibi-lità al problema diversi soggetti(singoli cittadini, enti pubblici,mondo della ricerca) hanno rite-nuto indispensabile ricorrere aoperazioni di salvaguardia, recu-pero, rivalutazione di una serie dientità, vegetali e animali, avviateirrimediabilmente verso scom-parsa per estinzione.Se consideriamo la biodiversitànon solo come sommatoria delpatrimonio genetico delle diversepopolazioni colonizzanti un deter-minato areale, ma anche comeunione tra aspetti ecologici e cul-turali, prende consistenza l’e-norme importanza della preserva-zione in situ, non più mera conser-vazione di tutte quelle realtà –animali, vegetali ma anche geo-

La lettura delle statistiche territo-riali indica una rilevante diminu-zione del numero di aziende agra-rie registrata nel territorio provin-ciale parmense, ma più in gene-rale nell’intero comprensorio pro-duttivo padano. Questo, unito allaforte urbanizzazione di vaste areedella pianura, rende particolar-mente percepibile il cambia-mento in essere del paesaggio,concorrendo ad aumentare il dis-tacco tra territorio, inteso comeprocesso materiale in evoluzione,e paesaggio, inteso come produ-zione mentale.Se consideriamo come prodottodella nostra storia l’unione traambiente territorio e paesaggio, ildistacco creato nel volgere di unlasso temporale brevissimo (menodi una generazione) tra le variecomponenti di sistemi apparente-mente consolidati, è definibilecome “traumatico”.La lettura di dati e informazionidisponibili indicano – in com-prensori sempre più vasti – la pre-dominanza di superfici urbaniz-zate rispetto alle aree destinatealle attività agricole o di conserva-zione, fatto testimoniato anchedalla crescente marginalità econo-mica del settore primario.Di particolare insidia, specie nellearee di pianura e prospicienti lavia Emilia, è la dispersione dellearee urbanizzate (urban sprawl)

di determinati areali e in via discomparsa.A Parma sul tema della agro-bio-diversità si sono coalizzate forze eintraprese importanti azioni sottol’egida dell’assessorato Agricol-tura, coinvolgendo il mondo dellaricerca e singoli agricoltori volon-tari. La visibilità di tutte questeazioni – facilitata dai modernisupporti informatici – è confluitain un portale internet posto all’in-terno del sito dell’azienda agrariasperimentale Stuard della Provin-cia di Parma (www.stuard.it).

Dal 2005 è in corso uno specificoprogetto denominato Conservato-rio provinciale della biodiversitàagrozootecnica parmense, di duratatriennale, che si prefigge:- il censiemento del patrimonioagro-zootecnico esistente- l’individuazione degli agricoltoricustodi- la divulgazioneNello specifico sono state indivi-duate una serie di varietà vegetalie razze animali da salvaguardaredi cui si fornisce un parzialeelenco.Di particolare rilievo l’aver sotto-posto a preservazione agroecosi-stemi come i prati stabili, in for-tissima restrizione e in realerischio di scomparsa. È stata rico-nosciuta la loro complessità, laloro importanza per la sopravvi-venza di un’infinità di specie ani-

Il recupero del suino nero,un esempio di tutela della biodiversitàSi inserisce nel filone della “preservazione in situ” il progetto triennale “Conservatorio provinciale dellabiodiversità agrozootecnica parmense”, promosso dalla Provincia di Parma. Tra gli ecosistemi di interesse i pratistabili che costituiscono “anello di collegamento” tra aree naturali e agricoltura. Un caso di successo lareintroduzione di una razza molto simile a quella storica di suino nero.

Il prato stabile è uno dei maggiori punti di biodiversità negli agro ecosistemi

Tab. 1 Varietà vegetale e razze animali da salvaguardare

Frutta Ortaggi Ecosistemi Animali

Mele, pere, susine,pesche, fichi,castagne, uva, ciliege

Cipollavarietà Dorata diParma e borettana

Prati stabili

Tacchinorazza di Parmae Piacenza

Pomodorovarietà Rosso grosso

Suinorazza NeraParmigiana

Cavallorazza Bardigiano

Pecorarazza Cornigliese

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27mali e vegetali e il loro stato di“anello di collegamento” tra areenaturali – scomparse definitiva-mente o del tutto residuali – eagricoltura. Alcune limitate aree aprato stabile sono coltivate daoltre 250 anni e ben meritereb-bero l’appellativo rivolto adalcune specificità territoriali di“emergenze naturali”.Si vuole, brevemente, ripercor-rere il caso del suino come esem-pio di recupero di una razza quasidefinitivamente scomparsa e perla quale si è ottenuto un indubbiosuccesso locale.Il suino nero, o nero parmigiano,era una realtà locale ben diffusafino agli anni 50, soprattutto negliareali di collina e montagna. Si caratterizzava per una cutecolor ardesia e un mantello consetole molto scure, orecchiedirette in avanti, possibile pre-senza di tettole nella regione dellaguancia, tronco di media lun-ghezza e muscolosità con coscialarga e profilo posteriore convesso,arti di media lunghezza conunghielli neri. Questa razza disuino ha subito la sorte di “deriva”di molte altre, ed è stata progressi-vamente sostituita dalle biancheinglesi, prima, e olandesi poi. I nuovi suini introdotti sono staticonsiderati più produttivi, piùprolifici, con meno grasso e piùidonei a vivere in ambienti stal-lini, come entità connesse con la

produzione di siero di latte deri-vante dalla lavorazione del latteper Grana Parmigiano-Reggianoo, più recentemente, come entitàa sè stanti.A fine anni 90 sono state rintrac-ciate alcune scrofe con mantelloscuro e riconducibili, almeno par-zialmente, alle vecchie tipologiedi suino allevate fino a pochidecenni addietro.Dall’incrocio di questi suini concapi dalla cute chiara nascevanosuini con cute mista, indicaticome “borghigiana” o “fidentina”caratterizzati, rispetto alle razzebianche, da una diversa confor-mazione morfo-strutturale e unadiversa e più elevata capacità diaccumulare il grasso.Spesso si è assistito a incroci condiverse razze, ottenendo suini didifficile identificazione e classifi-cazione.L’intervento di tecnici dell’Uni-versità di veterinaria di Parma eazioni coordinate dalla Provinciahanno permesso di ottenere signi-ficativi miglioramenti verso unmorfotipo maggiormente definitoe stabile. Nel 2005 l’Associazionenazionale allevatori suini (Anas)ha approvato la richiesta presen-tata dalla locale Associazione pro-vinciale allevatori (Apa) dell’isti-tuzione del registro riproduttoriibridi del suino Nero di Parma,introducendolo nel Registro diselezione-moltiplicazione.

La Provincia di Parma, con unospecifico atto deliberativo(530/2006), ha approvato il disci-plinare del suino nero in cui:- è identificato il comprensorionel quale si deve integralmentesvolgere la filiera allevamento-lavorazione-stagionatura- si autorizza il solo allevamentodi suini iscritti al registro “Nero diParma”- si stabilisce una sezione per l’al-levamento stallino e una per alle-vamento allo stato brado o semibrado- si definisce il marchio di filiera.Successivamente si è formato, eha recentemente iniziato a lavo-rare, il Consorzio di tutela del suinonero di Parma che riunisce gli alle-vatori partecipanti.L’esempio del suino nero di Parmapuò essere presentato come casodi successo, pur se con numeroseproblematiche ancora non risolte,in cui la cooperazione di privati,enti pubblici e mondo della ricercaha permesso di reintrodurre unarazza molto simile a quella storicarecuperando aspetti e modalità diallevamento ormai scomparsi.Tra le principali possibilità di svi-

luppo di questa forma di alleva-mento possiamo ipotizzare duecasi:- realizzazione di allevamenti“semi-familiari”, con potenzialitàindividuali di decine o poche cen-tinaia di capi complessivi di tipostallino, e con possibilità di stazio-namento all’aperto in alcune bendeterminate aree della pianura incui valorizzare la peculiarità dellecarni di questi suini; i territoriconsiderabili come “elitari”potrebbero essere i Comuni rien-tranti nel Comprensorio del Cula-tello (Busseto, Colorno, PolesineParmense, Roccabianca, SanSecondo Sissa, Soragna e Zibello)- realizzazione di allevamenti allostato semi-brado di limitatedimensioni (difficile ipotizzare lostato completamente brado) inaree di collina e montagna, peroffrire ulteriori possibilità econo-miche alle popolazioni locali econtenere, per quanto possibile,l’incessante diaspora della popo-lazione verso le aree del piano.

Enrico MozzanicaArpa Emilia-Romagna

BIBLIOGRAFIA

- Provincia di Parma, 2006, Frutta e buoi… quaderno della biodiversità agricolaparmense, Assessorato Agricoltura Provincia di Parma- Podere sperimentale Stuard della Provincia di Parma, sito internet:www.stuard.it- Ballerini G., 2002, Storia sociale del maiale, Camera di Commercio diParma- Giannone M., 2002, L’allevamento biologico del suino, Ed agricole- Ferrari P., 2001, Allevare suini all’aperto, Centro ricerche produzioni ani-mali di Reggio Emilia- Gardi C., 2006, Urbanizzazione dei suoli, un problema dimenticato, Agricol-tura, aprile 2006, 108-109- Consorzio di tutela suino nero di Parma, sito internet: http://www.nerodi-parma.it

Suinetti di nera Eterogeneità delle razze

I numeri del suino nero di Parma (agosto 2007)

AllevatoriSuini

16841

Pianura 1Collina 15

complessivi

21 Verri 120 Scrofe 330 Castrati ingrasso 370 Scrofe ingrasso

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1 - Cos’è la biodiversità

La diversità biologica, o biodiversità, è il risultato delprocesso evolutivo che ha generato attraverso la sele-zione naturale, nel corso dei millenni, la grandevarietà delle specie viventi animali e vegetali.

2 - Suggerimenti per favorire la biodiversità

Nella scelta dei cibi sono da preferire quelli locali,di stagione, di qualità e quelli che derivano davarietà o razze autoctone; così favoriremo la biodi-versità locale e la nostra salute.

3 - Contribuire alla conservazione

Si può contribuire alla conservazione della biodi-versità rurale cercando, scambiando semi e piantedi antiche varietà ortive e fruttifere.

Biodiversità rurale inRomagna

Colombo romagnoloAsino romagnoloPecora appenninica

Bovino romagnolo

Pera cocomerina

Suino mora romagnola

Pollo romagnolo

Mela decio Mela tellina Pera angelica Cipolla bondadi Santarcangelo

Ciliegia duroncino di Cesena

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4 - Riscoprire usi e costumi

È importante riscoprire gli usi e i costumi locali:conoscere il nostro passato è utile per le scelte delnostro futuro.

5 - Partecipare alle iniziative

Partecipate a iniziative di Arpa e della RegioneEmilia Romagna sul tema della biodiversità, con-sultando i siti: www.arpa.emr.it, www.ermesagricol-tura.it.

6 - La biodiversità in Romagna

La biodiversità rurale presente in Romagna è assairilevante: nella presente mappa viene presa inconsiderazione solo quella principale e storica-mente legata al nostro territorio

ideazioni e immagini: Sergio Guidi, Arpa Emilia-Romagna; in collaborazione con Regione Emilia-Romagna

Ciliegia durone di Cesena Ciliegia corniola Carciofo violetto Pesca bella di Cesena Pesca carota

Pera mora

Uva burson

Pesca buco incavato

Grano gentil rosso

Pera volpinaCardo giganteAlbicocca reale d’ImolaUva centesiminoOliva nostranadi Brisighella

Bologna

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avviate, almeno due strumentiappaiono particolarmente utili alraggiungimento pieno degli obiet-tivi delle leggi regionali: • il repertorio delle varietà/razzelocali: è fondamentale per identifi-care i materiali genetici presentinel territorio regionale e dare lorouna precisa e inconfutabile iden-tità, elementi basilari a una lorosolida tutela giuridica e per unaconoscenza esatta del livello dierosione genetica• la rete di conservazione e sicurezzafra agricoltori, enti locali, organiz-zazioni pubbliche e private, citta-dini: una delle funzioni principalidella rete è quella di moltiplicare ediffondere il materiale geneticoiscritto al repertorio, garantendoanche il pieno rispetto dellenorme.Infine, appare indispensabile unafattiva azione di coordinamento frale diverse regioni per consentireun’efficace attuazione delle leggi,anche in funzione di un recepi-mento armonico degli strumentinormativi nazionali e comunitari.

L’ESPERIENZA DELLE MARCHE

La Regione Marche aveva già atti-vato in passato progetti di recu-pero, conservazione e valorizza-zione del germoplasma del proprioterritorio che hanno consentito diindividuare e collezionare nume-rosi materiali genetici di specieerbacee (fagiolo, pomodoro, mais

getta a numerose modifiche daparte dei diversi soggetti prepostialla sua valutazione; il fatto che iltesto sia alla versione n. 12 fa pen-sare che i tempi saranno ancoramolto lunghi!Pur nel quadro positivo del ricono-scimento “formale” nelle norma-tive comunitarie e nazionali, siadella conservazione in situ, sia delconcetto di “varietà da conserva-zione”, l’attivazione delle leggi inalcune regioni (in particolareToscana, Lazio e Marche) hamesso in luce numerosi limitidegli attuali impianti normativi: - mancanza e/o confusione su unadefinizione univoca di varietà daconservazione e/o varietà tradizio-nale- scarsa omogeneità delle schededi catalogazione del materiale col-lezionato e repertoriato, che deb-bono rispondere a esigenze disemplicità e praticità pur rispet-tando criteri scientifici minimi- necessità o meno della tradu-zione in norme legali di consuetu-dini rurali (come lo scambio infor-male di semi) che, oltre a caratte-rizzare il mondo agricolo, hannopermesso l’esistenza di una grandevariabilità genetica agricola; ilrischio è che la norma legale portiall’instaurarsi di barriere nelloscambio di materiale genetico e diinformazioni, e quindi si inne-schino meccanismi di erosionegenetica- necessità di aprire un dibattito sucome dovrebbero essere tutelati idiritti degli agricoltori: quali sonogli elementi di diritto, a chi si rivol-gono e soprattutto quali sono glistrumenti di applicazione di talidiritti (già enunciati nell’art. 9 delTrattato internazionale sullerisorse fitogenetiche, che lascia aigoverni locali le indicazioni esecu-tive)- individuazione di strumenti eresponsabili per la “protezione”dei diritti delle comunità locali.

Sulla scorta delle esperienze già

Le iniziative regionali italiane(tabella 1) sono oggi l’unico esem-pio operativo in Europa (e forsenel mondo) in ambito di tuteladelle risorse genetiche di interesseagrario e sono certamente anticipa-trici di quella chedovrebbe/potrebbe essere unanorma nazionale ed europea.Alcune (vedi Toscana) sono stateemanate ancora prima della diret-tiva CE 98/95.La direttiva europea 98/95 intro-duce esplicitamente la necessità diinterventi di salvaguardia dellespecie minacciate da erosionegenetica, mediante sistemi di con-servazione in situ1. Questo princi-pio è stato recepito in Italia con ildecreto legislativo n. 212 del 2001,che prevede l’istituzione di unasezione del Registro nazionale checomprenda le “varietà da conserva-zione” individuate “tenendo ancheconto di valutazioni non ufficiali, delleconoscenze acquisite con l’esperienzapratica durante la coltivazione, lariproduzione e l’impiego e delle descri-zioni dettagliate delle varietà e delleloro rispettive denominazioni, cosìcome notificate: questi elementi se suffi-cienti danno luogo all’esenzione del-l’obbligo dell’esame ufficiale”. L’ema-nazione del successivo Dpr322/2001 aveva lo scopo di faremaggiore chiarezza a livello praticoe operativo, in particolare sotto ilprofilo dello scambio fra agricoltoridella semente di varietà da conser-vazione. Solo l’emendamento allalegge 1096/71, approvato dalSenato il 14 marzo 2007, rappre-senta il primo passo verso l’attua-zione delle norme di cui sopra. La Commissione europea sta lavo-rando al testo di una direttiva “pro-viding for certain derogations foracceptance of agricultural landracesand varieties which are naturallyadapted to the local and regional con-ditions and threatened by genetic ero-sion and for marketing of seed andseed potatoes of those landraces andvarieties”. Si tratta di una normacomplessa, con un lungo iter, sog-

ecc.). La Regione ha affidatoall’Assam (Agenzia servizi settoreagroalimentare delle Marche) que-sto compito, che ha attivato unaserie di iniziative a partire dallafine degli anni Novanta, utiliz-zando strumenti finanziari regio-nali allora disponibili (esempioObiettivo 5B) e attivando la colla-borazione scientifica con l’Univer-sità politecnica delle Marche. Nel 2003 la Regione Marche, nellastessa ottica di molte regioni ita-liane – in seguito ai sempre cre-scenti e molteplici interessi emersinegli anni recenti intorno allerisorse genetiche di interesse agra-rio, alla necessità di dare maggioreforza alla conservazione svoltadagli agricoltori, all’urgenza dicoordinare numerose iniziativeavviate sul territorio regionale eall’impellenza di individuarequanto effettivamente presenteper poterlo tutelare – ha approvatola Lr 12/03 “Tutela delle risorse gene-tiche animali e vegetali del territoriomarchigiano”. La legge è stata resaoperativa nel 2004 con il regola-mento regionale n. 21/2004. Lafinalità della legge è quella di tute-lare le risorse genetiche animali evegetali del territorio marchigiano,in particolare quelle minacciate daerosione genetica, e gli agroecosi-stemi locali, anche per favorire losviluppo di produzioni di qualità(art. 1). Pertanto, questo atto nor-mativo non ha solo una funzione di

Le normative regionali e l’esperienza marchigianaNell’ambito della tutela delle risorse genetiche di interesse agrario alcune leggi regionali italiane risultano anticipareuna possibile norma a livello nazionale ed europeo. L’esperienza della Regione Marche con la legge “Tutela dellerisorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano”, approvata nel 2003, ha portato allo svolgimentodi una duplice funzione di conservazione e di qualificazione del patrimonio agricolo regionale. L’azione di tutelaprevede un approccio di sistema alla biodiversità, rivolgendosi anche agli agro-ecosistemi.

Treccia di mais da polenta; i tipi “otto file” e “dodici file”, sono ancora coltivati inridotte superfici in alcune aree delle Marche, in particolare nelle zone alto-collinariinterne. Sono utilizzati per autoconsumo e per piccole, ma apprezzate, nicchie di mercato

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tanto in poche delle specie colti-vate oggi nelle Marche è possibileritrovare ancora in coltivazionevarietà locali o vecchie varietà, adesempio mais (mais nostrani dapolenta), fagiolo (sia fagiolocomune sia fagiolo di Spagna),pomodoro. Nelle specie piùampiamente coltivate – comecereali, pisello, favino ecc. – difatto in Regione non esistono piùvarietà locali ancora in coltiva-zione. È possibile rintracciare incoltura materiali genetici intro-dotti da altre regioni o addiritturarecuperati da collezionisti o ban-che del germoplasma. Nel settore delle specie frutticolee dell’olivo la situazione apparemigliore rispetto alle erbacee, trat-tandosi di colture poliennali chehanno avuto maggiori possibilità disopravvivenza (alberi sparsi sonorimasti in numerosi contesti azien-dali, bordi di campi, siepi e scar-pate, presso orti familiari, mona-steri ecc.). Nella vite l’avvento dei vignetispecializzati ha comportato lascomparsa della coltivazione divecchi vitigni locali; tuttavia, l’As-sam è riuscita a recuperarne circa

una trentina, prima che scomparis-sero definitivamente, e a conser-varli in un campo catalogo.Oltre al lavoro di indagine sul ter-ritorio e al censimento delle risorsegenetiche ancora presenti, è statoavviato anche un lavoro di caratte-rizzazione e valutazione di alcunidei materiali genetici rinvenuti eorganizzate attività di conserva-zione mirate. Una parte ulteriore di valutazionedei materiali genetici di specieerbacee è stata condotta ed è tut-tora in corso presso il gruppo diricerca di genetica agraria delDipartimento di scienze degli ali-menti (Disa) dell’Università poli-tecnica delle Marche(http://www.phita.net/marche.htlm).Per il settore animale i numerisono ancora più ridotti: malgradole Marche siano sempre state unaregione prevalentemente agri-colo/zootecnica, nel suo territorionon si sono creati, nel tempo, “tipigenetici” differenti. Oggi esistonosolo 4 razze regionali appartenentia 3 specie diverse: la razza bovinamarchigiana, le razze ovine soprav-vissana e fabrianese e la razzaequina cavallo del Catria. Tuttavia,di queste soltanto la bovina mar-chigiana e la sopravvissana hannouna storia relativamente lunga(prima metà del XX secolo), men-tre le altre due sono di recentis-sima costituzione (1973, primolibro genealogico per la pecorafabrianese e addirittura 1980 per ilcavallo del Catria).

Oriana PorfiriPresidente della Commissione tecnico-scientifica settore vegetale, legge regio-nale 12/2003 Regione Marche

1 Direttiva 98/95/CE che modifica -per quanto riguarda il consolidamentodel mercato interno, le varietà geneti-camente modificate e le risorse gene-tiche delle piante - le direttive66/400/CEE, 66/401/CEE, 66/402/CEE,66/403/CEE, 69/208/CEE, 70/457/CEEe 70/458/CEE, concernenti la com-mercializzazione delle sementi dicereali, dei tuberi-seme di patate,delle sementi di piante oleaginose eda fibra e delle sementi di ortaggi e ilcatalogo comune delle varietà dellespecie di piante agricole (Gazzettaufficiale delle Comunità europee L25del 1/2/1999).

conservazione, ma anche di valo-rizzazione in funzione di unmiglioramento e di una qualifica-zione dell’agricoltura regionale.Inoltre, l’azione di tutela non èrivolta soltanto alle risorse geneti-che come sopra definite, ma ancheagli agro-ecosistemi, quindi l’ap-proccio alla biodiversità è unapproccio di sistema, sicuramenteil più efficace, che ben si integracon alcuni strumenti già in atto inregione. La legge ha attivato i seguentistrumenti operativi:- regolamento attuativo- commissioni tecnico-scientificheper il settore animale e per quellovegetale- repertorio regionale del patrimo-nio genetico, suddiviso in “sezioneanimale” e “sezione vegetale”, alquale sono iscritte varietà vegetalie razze animali su proposta di sog-getti pubblici e privati, singoli oassociati, e dietro valutazione dellecommissioni preposte - rete di conservazione e sicurezza,alla quale possono aderire soggettidiversi, sia pubblici sia privati.A oggi l’Assam (www.assam.mar-che.it), individuata dalla Regione

come ente gestore della legge, haavviato un’ulteriore attività diindagine sul territorio, tuttora incorso, avvalendosi di istituzioniscientifiche regionali (Universitàpolitecnica delle Marche, Diparti-mento di scienze degli alimenti eCra-Istituto sperimentale per l’or-ticoltura di Monsampolo delTronto).Inoltre, nella razionale ottica dinon creare sovrastrutture o dop-pioni, ha individuato nell’Istitutodi Monsampolo l’istituzione depu-tata alla creazione e gestione dellabanca regionale dei semi dellespecie erbacee di tutta la regione.Per le specie arboree (frutticole,olivo e vite) la conservazione èeffettuata dall’Assam presso icampi catalogo già impostati.Per le specie animali la conserva-zione continua a essere svolta dalleassociazioni degli allevatori chegestiscono, altresì, i libri genealo-gici delle diverse razze, con lasupervisione tecnico scientificadelle facoltà universitarie presentiin regione (Università di Camerinoe Università politecnica delle Mar-che).Dai primi risultati emerge che sol-

Quadro sintetico di riferimento delle leggi regionali finalizzate alla tutela delle varietà/razze locali

Regione Legge/pubblicazione TitoloEnte deputatoall’attuazione

Stato attuale

Toscana

n. 50 del 16/7/1997(BURT 26/7/1997, n. 30)sostituita da Lr n. 64del 16/11/2004

tutela delle risorsegenetiche autoctone

Arsia (Agenziaregionale per lo svi-luppo e l'innova-zione in agricoltura)

operativa

Lazio n. 15 del 1/3/2000(BURL 30/3/2000, n. 9)

tutela delle risorsegenetiche autoctonedi interesse agrario

Arsial (Agenziaregionale per lo svi-luppo e l’innova-zione in agricolturadel Lazio)

operativa

Umbria n. 25 del 4/9/2001(BURU 14/9/2001, n. 45)

tutela delle risorsegenetiche autoctonedi interesse agrario

Non identificato, ècompito dellaGiunta regionaleindividuarlo

non ancoraoperativa

Friuli-Venezia Giulia n. 11 del 22/4/2002(BURFVG 26/4/2002, n. 7)

tutela delle risorse geneti-che autoctone di interesseagrario e forestale

Ersa (Ente regionaleper la promozione elo sviluppo dell’agri-coltura)

parzialmenteoperativa

Marche n. 12 del 3/6/2003(BURM 12/6/2003, n. 51)

tutela delle risorse geneti-che animali e vegetali delterritorio marchigiano

Assam (Agenzia peri servizi nel settoreagroalimentaredelle Marche)

operativa

CampaniaDisegno di legge regionale (presentato nel 2004)

tutela delle risorse genetiche autoctonedi interesse agrario

-disegno maiconvertito inlegge

Emilia-Romagna testo di legge approvato dalla Giunta regionale il 27 luglio 2007

Sicilia avvio della fase istruttoria per la redazione di una bozza di legge ad oggi non ancora formaliz-zata da nessun gruppo politico o dagli organi istituzionali

Abruzzo bozza di legge presentata dal gruppo consiliare del Prc

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specie, anche mediante azioni diconservazione in situ ed ex-situ.Altro importante campo di inter-vento previsto riguarda l’elimina-zione o la riduzione dei fattorilimitanti, di squilibrio e didegrado ambientale nei terreni

minore. Oggi la legge c’è, ci dà lapossibilità di intervenire e dovràprodurre immediatamente effettipositivi per la salvaguardia dellespecie protette.

Per fauna minore vengono intesetutte le specie animali presentisul territorio emiliano-romagnolodi cui esistano popolazioniviventi stabilmente o tempora-neamente, compresi i micro-mammiferi e i chirotteri, conesclusione degli altri vertebratiomeotermi. La legge pone sotto tutela tuttele specie (e i loro habitat trofici,di riproduzione e di sverna-mento) di anfibi, rettili e chirot-teri presenti sul territorio emi-liano-romagnolo nonché le spe-cie che vengono considerate par-ticolarmente protette qualiquelle incluse negli Allegati II) eIV) della direttiva 92/43/CEE,quelle appartenenti all’Elencoregionale delle specie rare e/ominacciate (che sarà redatto eaggiornato dalla Giunta regio-nale) e le specie indicate comerare o minacciate da direttivecomunitarie o norme nazionali.

I compiti previsti, sui quali saràconcentrato l’impegno diRegione, Province, Enti digestione delle Aree protette,Comuni e Comunità montane,vanno dalla salvaguardia direttadella fauna minore tutelandonele specie, le popolazioni e i sin-goli esemplari, alla protezionedegli habitat naturali e seminatu-rali promuovendo anche la rico-stituzione degli stessi con la pro-mozione di interventi funzionalial recupero delle condizioni ido-nee alla sopravvivenza di queste

Innumerevoli sono le cause cheincidono negativamente sullespecie della fauna minore e fraqueste risaltano:- la distruzione e l’alterazionedegli habitat e dei siti riproduttivi- l’impiego di pesticidi in agricol-tura- l’inquinamento chimico e orga-nico delle acque superficiali- le catture a scopo commerciale- la distruzione intenzionale dellafauna minore a causa di atavici einfondati pregiudizi. A tutte queste cause si aggiun-gono le trasformazioni e le altera-zioni di cicli biologici a scala pla-netaria – buco nella ozonosfera,effetto serra, piogge acide, altera-zioni climatiche, con effettidiretti sulle temperature, la pio-vosità è in grado di determinarela scomparsa di habitat e la diffu-sione di patologie – che manife-stano inevitabilmente i loronegativi effetti anche su scalalocale.

Una legge a tutela della biodiver-sità è una legge a tutela della vitasotto qualsiasi forma essa si pre-senti. È una legge che vuolericondurre l’uomo a stretto con-tatto con la natura che lo circondain una dimensione di rispetto esalvaguardia degli esseri viventipiù deboli. È una assunzione diresponsabilità nei confronti diquelle forme di vita che troppospesso calpestiamo nel nome diuno sviluppo forsennato, incu-ranti della complessità delmondo attorno a noi. Sono convinto che si tratti di unprovvedimento necessario chepotrà consentire all’Emilia-Romagna di fare un salto di qua-lità nella tutela della fauna

agricoli e forestali, negli alvei deicorsi d’acqua e canali, nei bacinilacustri naturali e artificiali, neimaceri, nelle pozze e negli acqui-trini anche a carattere tempora-neo e nelle raccolte d’acqua arti-ficiali o semi artificiali quali

Fauna minore in Emilia-Romagna,la nuova stagione delle azioni di salvaguardiaNon solo divieti e sanzioni sono previsti nella nuova legge approvata dall’Assemblea legislativa regionale il 26luglio scorso: il cuore del provvedimento prevede studi, ricerche e interventi mirati di protezione proprio laddovese ne intraveda la necessità. Saranno Regione, Province, Comunità montane, Comuni ed enti di gestione delle areeprotette i motori delle azioni di salvaguardia delle specie protette nonché degli habitat dove ancora vivono. In collaborazione con le università e le associazioni di protezione ambientale, saranno attivate le opportune ricerchee realizzato il costante monitoraggio della situazione per sondare l’effettivo stato di salute e la reale consistenzadelle popolazioni di fauna minore. La legge è illustrata dal consigliere regionale Gianluca Borghi.

Tartaruga di Hermann Testudo hermanni, la cui presenza è ormai esclusiva delBosco della Mesola (FE) ed è rarissima nella Pineta San Vitale (RA)

Rana verde

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vasche, lavatoi e abbeveratoi e incorrispondenza di infrastrutture einsediamenti. Il tutto si svolgerà assieme allapromozione di studi e ricerchesulla fauna minore, oltre all’in-centivazione di iniziative didatti-che e divulgative volte a diffon-dere la conoscenza e il rispettoverso questi animali.È infatti previsto che, in formacoordinata con le misure e leazioni di tutela della biodiversità,di cui all'articolo 11 della leggeregionale n. 6 del 2005, i soggettipubblici interessati, con l'even-tuale supporto tecnico di Arpa odi altri istituti di ricerca, nell'am-bito dei loro strumenti regola-mentari di pianificazione territo-riale e urbanistica e della loroattività di programmazione egestione operino per:• individuare e adottare misuredi tutela e conservazione, anchetemporanee e limitate a partico-lari fasi del ciclo biologico, dellafauna minore• promuovere, anche mediante ilcoinvolgimento dei soggettigestori del reticolo idrografico edella rete infrastrutturale, unagestione coerente degli elementidel paesaggio che per la lorostruttura e ruolo di collegamentosono essenziali per la migrazione,la distribuzione geografica e loscambio genetico delle speciedella fauna minore, quali i corsid'acqua e i canali con relativesponde e arginature, le siepi cam-

pestri, le scarpate stradali e ferro-viarie, le aree intercluse deglisvincoli stradali.

Entro sei mesi dall’entrata invigore della legge, la Giuntaregionale emanerà, sentito ilparere del Comitato consultivoregionale per l'ambiente natu-rale, le direttive per la predispo-sizione delle misure di tutela econservazione e in generale perle azioni di cui sopra.

È poi previsto un sistema dimonitoraggio integrato a livelloregionale, provinciale e dellearee protette, con il coinvolgi-mento di Arpa, degli istituti uni-versitari, delle associazioni eorganismi scientifici riconosciuti,delle associazioni ambientaliste,delle associazioni di volontariatoaventi finalità di tutela ambien-tale e di protezione animale,iscritte nei registri regionali. Gliesiti del monitoraggio sono fina-lizzati anche alla stesura del rap-porto sullo stato di conservazionedel patrimonio naturale regio-nale, facente parte del Pro-gramma regionale di cui all’arti-colo 12 della legge regionale n. 6del 2005, e alla predisposizione eaggiornamento dell’elenco regio-nale delle specie rare e/o minac-ciate che sarà approvato dallaGiunta regionale entro sei mesi.L’aggiornamento avrà cadenzaalmeno triennale e sarà decisosentite le Province, gli Enti di

gestione delle aree protette, gliistituti universitari, le associa-zioni e organismi scientifici rico-nosciuti, le associazioni ambien-taliste riconosciute con decretodel ministero dell’Ambiente e leassociazioni che perseguono fina-lità di tutela ambientale e di pro-tezione animale riconosciute.

La vigilanza sull’applicazionedella legge è affidata ai corpi e ser-vizi di polizia locale, al Corpo fore-stale dello Stato, agli ufficiali eagenti di Polizia giudiziaria e aiguardaparco, oltre che alle guardieecologiche volontarie, agli agentigiurati delle associazioni di prote-zione ambientale riconosciute dalministero dell’Ambiente, ai sensi

dell’articolo 13 della legge n. 349del 1986, alle guardie volontariedelle associazioni venatorie e delleassociazioni di protezione deglianimali e altre associazioni o corpiriconosciuti da leggi nazionali eregionali. Le sanzioni per chi trasgrediscequesta legge vanno da unminimo di 10 a un massimo di5.000 euro.

Gianluca Borghi Consigliere regionaleRegione Emilia-Romagna

Il testo della legge è disponibile sulsito http://demetra.regione.emilia-romagna.it/

Farfalla appartenente al genereLicaena. La specie Licaena dispar ètutelata dalla Direttiva Habitat

Libellule

Le foto pubblicate in questo articolo sono di Federico Montanari

FAUNA MINORE DELL'EMILIA-ROMAGNA

Presentato in novembre un opuscolo informativo

Cos'è questa "fauna minore"? Perché le si dà questo nome? Perquali motivi è tanto importante? Quali sono le minacce che lariguardano? Cosa si può fare per evitare la perdita irreversibile ditanti organismi?A queste domande, il Servizio Parchi e risorse forestali dellaRegione Emilia-Romagna e il Museo di storia naturale di Ferrarahanno cercato di dare risposte semplici, ma esaurienti e scientifica-mente rigorose attraverso un opuscolo scritto da Carla Corazza eStefano Mazzotti del Museo e curata da Monica Palazzini e MariaVittoria Biondi della Regione Emilia-Romagna. Il volumetto èstato presentato il 17 novembre 2007, in concomitanza con l'inau-gurazione della mostra sui maceri del ferrarese; i maceri, infatti,sono habitat molto interessanti per la protezione di tante specie dianfibi, rettili, piccoli mammiferi, insetti, crostacei, ovvero una parteimportante delle specie tutelate dalla legge.

È possibile scaricare la versione pdf dell’opuscolo al sitohttp://ww2.comune.fe.it/storianaturale/, Eventi, Archivio notizie.

ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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neato due aspetti: da una parte unfabbisogno idrico in crescita,soprattutto per le prospettive disviluppo di diversi Paesi nell’Eu-ropa centro-orientale, dall’altra lanecessità che gli Stati membriadottino misure incisive sulla tarif-fazione, per un corretto uso delsuolo e della pianificazione territo-riale e per promuovere la culturadel risparmio idrico.Tutti gli studi e gli atti più recentiapprovati in ambito europeo pon-gono dunque l’accento su unapproccio interdisciplinare e inte-grato delle politiche, così come suuna strategia mirata a un minore epiù efficiente uso delle risorse

nare le proprie politiche su obiet-tivi cogenti. Appare evidente peròche, senza un pieno coinvolgi-mento di tutte le istituzioni, a par-tire dalle Regioni e dalle autono-mie locali che hanno competenzeimportanti nel governo del territo-rio, si rischia di non raggiungerequesti obiettivi: perché molteesperienze locali virtuose rimar-rebbero isolate e le politichenazionali senza il protagonismolocale perdono di incisività ed effi-cacia. Water scarcity and drought è il titoloche abbiamo dato a un convegnodi livello europeo e che, lo scorsoottobre, ha fatto il punto sulleazioni nel settore idrico. È lo stesso tema scelto per la gior-nata mondiale dell’acqua 2007, asottolineare la sua crescente rile-vanza e la necessità di una mag-gior integrazione e cooperazione,locale e internazionale, per assicu-rare una gestione sostenibile, effi-ciente ed equa delle risorse idri-che. Tre importanti Regioni europee –Emilia-Romagna, Assia e Aragona– hanno lavorato insieme per moltimesi, hanno portato e confrontatodati ed esperienze e hanno dimo-strato che le politiche di conserva-zione rappresentano un’opportu-nità strategica e un’azione priorita-ria per mitigare gli effetti del cam-biamento climatico e della siccitàe, in una visione più ampia, dellascarsità di acqua. L’intero territorioeuropeo è investito da questi pro-blemi e simili sono ovunque leripercussioni ambientali, sociali edeconomiche.Soltanto la siccità del 2003 ha inte-ressato più di 100 milioni di per-sone, con un costo per l’economiacomunitaria di almeno 8,7 miliardidi euro. Nel corso del convegnoStephanie Croguennec, della dire-zione generale Ambiente dellaCommissione Europea, ha sottoli-

“Il riscaldamento globale è effettivo,sta peggiorando assai rapidamente, ècausato in buona parte dalle attivitàumane… dobbiamo intervenire subitoper evitare conseguenze peggiori…Non è troppo tardi”. Queste parolescandiscono l’incipit della rela-zione della VIII Commissionedella Camera, approvata dall’as-semblea di Montecitorio il 18 set-tembre scorso. Il climate change staportando drammi e problemi ine-diti, come l’intensificazione diuragani e inondazioni che distrug-gono coltivazioni, contaminano lefalde acquifere e danneggiano lestrutture dove si conserva e si tra-sporta l’acqua. Inoltre, il riscalda-mento globale è il principaleresponsabile di periodi di siccitàsempre più frequenti. Se la popo-lazione mondiale – attestata a 6miliardi alla fine del secolo scorso– arriverà a 9 miliardi di esseriumani, come stimato dalleNazioni Unite, si proporrà unenorme problema per l’alimenta-zione e l’energia. Si immagina un aumento del 15%di consumo d’acqua nel prossimotrentennio. Dunque, o il sistema èsostenibile, oppure è destinato aspegnersi.

Una classe dirigente che vogliaguardarsi allo specchio e vedere ilproprio volto riflesso, non puòtenere la testa sotto la sabbia, madeve affrontare i problemi del pia-neta malato, sapendo che occorrepassione e ragione, utopia e con-cretezza per ottenere risultati.Occorre evitare ogni forma di ras-segnazione e di fatalismo e creareinvece consapevolezza assumen-dosi, ognuno per la propria parte,responsabilità precise.È quanto si sta facendo in Europadove l’Unione elabora strategie edirettive sempre più avanzate inogni settore ambientale impe-gnando gli Stati membri a decli-

naturali rispetto a un incrementodell’offerta. Vale per l’acqua al paridell’energia e, del resto, rispar-miare la prima significa ancherisparmiare la seconda, in quantol'estrazione, il trasporto e il tratta-mento dell'acqua comportanocosti energetici elevati. Ed è evi-dente che senza la conservazionee il risparmio delle risorse idrichenon c’è integrazione con le altrepolitiche territoriali e urbanisti-che, energetiche e geomorfologi-che. La carenza d’acqua di cui soffre ilnostro territorio romagnolo con-ferma la limitatezza di un approc-cio che punti sulle grandi infra-

Scarsità idrica e siccità, verso Expo Saragozza 2008Il climate change sta portando fenomeni inediti, anche drammatici, come l’intensificazione di uragani e inondazioni chedistruggono coltivazioni, contaminano le falde e danneggiano le strutture di conservazione e trasporto dell’acqua. Ilriscaldamento globale è il principale responsabile di periodi di siccità sempre più frequenti. A partire da questo scenario,tre regioni europee – Emilia-Romagna, Assia e Aragona – si sono confrontate nell’ottobre scorso a Bologna, nell’ambitodel convegno “Water scarcity and drought”, per mettere a punto politiche e azioni integrate finalizzate alla conservazionee alla protezione delle risorse idriche. Il prossimo appuntamento a Saragozza nel 2008, per proseguire un dialogo all’insegnadella concretezza.

Scarsità idrica e siccità ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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strutture senza un adeguato e con-testuale investimento sull’effi-cienza delle reti distributive, sulleconnessioni e sul contenimentodei consumi. Lo stesso confrontocon le altre Regioni europee cidice che una gestione sostenibiledella domanda, lo sviluppo diazioni tecnologiche ed educative,una buona informazione, consen-tono di ottenere risultati concretiche si consolidano nel tempo e alungo termine. In ogni caso, il cambiamento cli-matico richiede un approccio noregret, ovvero l’applicazione dimisure il cui tasso di ritorno eco-nomico le giustifica senza preoc-cuparsi dei futuri cambiamenti delclima. European environmentalagency (Eea) e Unep hanno stabi-lito che in Europa il risparmio el’uso efficiente dell’acqua sonopiù economici delle nuove forni-ture. La relazione tra governodella domanda e sviluppo dell’of-ferta è però ancora da definirenella sua interezza. Se alcuneimportanti risposte dovrebberogiungere dall’analisi economicadella Direttiva quadro sulle acque

(WFD), è nel frattempo fonda-mentale trovare il giusto equilibriotra sviluppi nuovi e misure dirisparmio, continuando a investiresu opere sostenibili finalizzate, adesempio, alla ricarica degli acqui-feri, al riuso dei reflui, alla desali-nizzazione, alla raccolta di acquepiovane.Questo importante momento diconfronto con le Regioni europeeha dimostrato che l’Emilia-Roma-gna ha imboccato per tempo lastrada giusta, con il Piano di tuteladelle acque e con il varo di unanuova tariffa idrica che rappre-senta lo strumento più forte perincentivare i gestori al risparmio ealla conservazione della risorsa.Un semplice meccanismo di con-guaglio e l’introduzione nel cal-colo di standard qualitativi legatial risparmio e alla riduzione delleperdite rende non solo ininfluentela quantità di acqua erogata, maconveniente per il gestore il suomigliore e minor consumo. In sintesi, tecnologie, investi-menti adeguati, una gestioneindustriale orientata all’efficienzae alla tutela, il radicamento sul ter-

ritorio, un’informazione capillareagli utenti supportata da forti cam-pagne comunicative. “L'acqua è la vita ed è una risorsacondivisa fra i Paesi della conca idro-grafica del Mediterraneo, per cui ènecessario gestirla congiuntamente aldi là delle frontiere politiche e ammi-nistrative”. Sono le parole del pre-sidente di Expo Saragozza 2008,una grande manifestazione mon-diale sull’acqua in programma dal

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prossimo giugno. Proprio in quel-l’occasione ci ritroveremo nellacapitale dell’Aragona per prose-guire un dialogo all’insegna dellaconcretezza.

Lino ZanichelliAssessore all’Ambiente e svilupposostenibileRegione Emilia-Romagna

Dal convegno “Water scarcity and drought”, Bologna 25-26 ottobre 2007; dasinistra il ministro all'Europa della Regione Assia Volker Hoff, il direttore generaledi Arpa Emilia-Romagna Alessandoro Bratti, l’assessore all’Ambiente della RegioneEmilia-Romagna Lino Zanichelli e il ministro all'ambiente della Regione AragonaAlfredo Boné Pueyo.

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Promosso dal Forum nazio-

nale per il risparmio e la con-

servazione della risorsa idrica,il Premio nasce con l'obiettivodi valorizzare le buone pratichenel campo del risparmio e dellaconservazione dell'acqua. Laconservazione e l’uso razionaledi questa risorsa esauribile èuna priorità e le tante espe-rienze realizzate – in Italia e inaltri paesi nel campo civile,agricolo e industriale – dimo-strano che risparmiare acquaed energia è possibile, graziealle nuove tecnologie e a com-portamenti più consapevoli. Tra i fattori che rallentano ladiffusione delle esperienzepositive c’è sicuramente unacarenza comunicativa. Per que-sto tra gli obiettivi primari delForum c’è la valorizzazionedelle esperienze virtuose, anchetramite una comunicazione più efficace. L’istituzione di un Pre-mio si muove proprio in questa direzione.Il Premio si suddivide in 4 ambiti:1. Esperienze in campo agricolo, industriale, civile e di gover-

nance. Esperienze concrete finalizzate a risparmiare, riutilizzareo conservare la risorsa idrica nei tre campi di utilizzo o espe-rienze che tramite innovazioni della governance della risorsaconsentano di conseguire risparmi idrici significativi.

2. Esperienze educative. Pro-getti per l’infanzia e i giovanitesi a sensibilizzare le nuovegenerazioni sull’importanza ela scarsità della risorsa idrica ea educarle a un suo uso razio-nale.3. Campagne di comunicazione.Iniziative e campagne di comu-nicazione rivolte a tutti i cittadinio a categorie particolari perinformarli sulle criticità relativealla risorsa idrica e per invitarlia un suo corretto utilizzo.4. Esperienze di solidarietà

internazionale. Esperienzevolte ad affrontare il tema dellaquantità e qualità della risorsaidrica in realtà estere che pre-sentano particolari criticità. Il Premio è rivolto alle istitu-zioni, public utility, aziende,associazioni, centri di educa-zione ambientale, scuole, agen-

zie di pubblicità e altri soggetti che hanno realizzato azioni fina-lizzate al risparmio e alla conservazione della risorsa idrica. Per partecipare è sufficiente compilare il modulo di partecipa-zione scaricabile dal sito www.forumrisparmioacqua.it einviarlo seguendo le istruzioni contenute nel bando scaricabiledallo stesso sito entro il 31 gennaio 2008. I premi saranno asse-gnati durante una manifestazione pubblica dedicata da tenersinell’ambito della Giornata mondiale dell’acqua 2008.

http://www.forumrisparmioacqua.it/

Premio nazionale Pianeta Acqua

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capacità di affrontare la sfidaenergetica cercando di utilizzarel’energia in modo più efficiente,prima ancora di cercare alterna-tive. Questo approccio vale anchenei casi di carenza idrica e siccità.Per affrontare i problemi dicarenza idrica e siccità è priorita-rio virare verso un’economia checonsenta il risparmio di risorseidriche e un loro utilizzo più effi-ciente. Risparmiare acqua signi-fica anche risparmiare energia inquanto l’estrazione, il trasporto eil trattamento dell'acqua compor-tano costi energetici elevati. Inquesto ambito è essenzialemigliorare la gestione delladomanda di acqua. Sarà necessa-rio pertanto prendere in conside-razione una pluralità di opzionistrategiche.Alla luce di quanto precede, la

a esercitare un impatto diretto suicittadini e i settori economici cheutilizzano l’acqua (agricoltura,turismo, industria, energia e tra-sporti), hanno anche un forteimpatto sulle risorse naturali ingenerale, in quanto esercitanoeffetti collaterali negativi sullabiodiversità e sulla qualità del-l’acqua e aumentano i rischi diincendi boschivi e di impoveri-mento del suolo (v. foto).In queste circostanze la defini-zione di strategie efficaci digestione del rischio siccità èdiventato un obiettivo prioritarioper la Commissione. Il 10 gen-naio 2007 la Commissione haadottato un pacchetto integratosull’energia e il clima per guidarel’UE verso una politica energe-tica sostenibile, competitiva esicura. Uno dei temi centrali è la

“Fronteggiare la scarsità d’acqua” èil tema della Giornata mondialedell’acqua per il 2007, che sottoli-nea la crescente rilevanza mon-diale della scarsità d’acqua e lanecessità di una maggior integra-zione e cooperazione locale einternazionale per assicurare unagestione sostenibile, efficiente edequa delle già scarse risorse idri-che. La Commissione europea harecentemente fatto il punto sucome affrontare il problema dellacarenza idrica e della siccità nel-l’Unione europea, con una comu-nicazione del 18 luglio 2007(COM 2007/414, definitiva) chedelinea il percorso verso l’ado-zione di un Piano d’azione euro-peo, previsto per settembre 2008.

Mentre il termine siccità indicauna diminuzione temporaneadella disponibilità di acquadovuta, ad esempio, a minori pre-cipitazioni, si parla di carenzaidrica quando la domanda diacqua è superiore alle risorse idri-che utilizzabili in condizionisostenibili. A tutt’oggi almenol’11% della popolazione e il 17%del territorio europeo sono statiinteressati da fenomeni di carenzaidrica che, secondo le tendenze inatto, tendono a diffondersi in tuttaEuropa (figura 1). Negli ultimi trent’anni i feno-meni di siccità nella Ue sonoaumentati drasticamente in fre-quenza e intensità, tanto che tra il1976 e il 2006 il numero di zone epersone colpite da siccità èaumentato di quasi il 20%, con uncosto totale pari a circa 100miliardi di euro. Uno dei feno-meni di siccità di maggiore por-tata si è verificato nel 2003 e hainteressato più di 100 milioni dipersone e un terzo del territoriodella Ue, con un costo per l’eco-nomia Ue di almeno 8,7 miliardidi euro. La carenza idrica e la siccità, oltre

Commissione ha presentato unaprima serie di opzioni strategichea livello europeo, nazionale eregionale per affrontare e ridurre iproblemi di carenza idrica e sic-cità all'interno dell'Unione euro-pea. La Commissione continueràad affrontare la questione nellesedi internazionali, in particolarenell'ambito della convenzionedelle Nazioni Unite sulla lottacontro la desertificazione e dellaconvenzione quadro delleNazioni Unite sui cambiamenticlimatici. La Comunicazionedella Commissione rispondeanche all’invito ad adottare inter-venti contro la carenza idrica e lasiccità formulato dal Consiglio“Ambiente” del giugno 2006.I focal point individuati (e svilup-pati nella Comunicazione) sono:- procedere verso la piena attua-

L’impegno dell’EuropaAlmeno l’11% della popolazione e il 17% del territorio europeo sono stati interessati da carenza idrica. Negli ultimitrent’anni i fenomeni di siccità nella Ue sono aumentati drasticamente in frequenza e intensità: tra il 1976 e il 2006il numero di zone e persone colpite da siccità è aumentato di quasi il 20%, con un costo totale pari a circa 100 miliardidi euro. Nell’articolo una sintesi delle opzioni strategiche proposte di recente dalla Commissione europea e le azionimesse in campo dalla Regione Emilia-Romagna per un utilizzo più efficiente delle risorse idriche e per il risparmio.

fig. 1 Scarsità idrica in Europa, scenario al 2030. Fonte: EEA Technical report n. 2/2007 “Climate change and wateradaptation issues” (http://reports.eea.europa.eu/technical_report_2007_2/en/eea_technical_report_2_2007.pdf)

Scarsità idrica e siccità ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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zione della Direttiva quadro sulleacque- analizzare criticamente e modi-ficare le politiche tariffarie rite-nute inefficaci: il principiosecondo cui “l’utente paga” èraramente attuato al di fuori degliambiti della fornitura di acquapotabile e del trattamento delleacque reflue; introdurre questoprincipio consentirebbe di met-tere fine agli sprechi e alle per-dite inutili, garantendo la dispo-nibilità di acqua per gli usi essen-ziali in tutta Europa e in partico-lare nei bacini idrografici trans-frontalieri- pianificare correttamente l'usodel suolo è uno dei fattori chemaggiormente incidono sull’usodell’acqua; una ripartizione ina-deguata delle risorse idriche trasettori economici si traduce insituazioni di squilibrio tra fabbi-sogno di acqua e risorse idricheesistenti; è necessaria una svoltapragmatica per modificare gliapprocci strategici e passare a unapianificazione più efficace del-l’uso del suolo ai livelli opportuni - incentivare e promuovere ilrisparmio idrico offre enormipotenzialità: esso deve diventareuna priorità e, pertanto, devonoessere esplorate tutte le possibi-lità per migliorare l’efficienza inquesto ambito; le scelte strategi-che nel settore idrico dovrebberoessere basate su una chiara“gerarchizzazione”: la costru-zione di ulteriori infrastruttureper l’approvvigionamento idricodovrebbe essere presa in conside-razione solo dopo avere esploratotutte le altre opzioni (tra cui

un’efficace politica tariffaria ealternative con un buon rapportocosti-benefici)- promuovere una cultura delrisparmio idrico attraverso l'inte-grazione delle problematicheidriche nelle politiche settorialiattinenti- approfondire e ampliare cono-scenze e informazioni di altolivello sull'entità dei problemi esulle evoluzioni previste; i pro-grammi di valutazione e monito-raggio europei non sono né inte-grati né completi; è pertantoessenziale porre rimedio allelacune conoscitive e garantire lacomparabilità dei dati a livellodella Ue; in questo ambito laricerca può svolgere un ruolosignificativo nel fornire informa-zioni e sostegno al processo deci-sionale.

LE POLITICHE DI CONSERVA-ZIONE IN EMILIA-ROMAGNA

Sviluppare e applicare politichedi conservazione appare essereuna strategia di base per affron-tare la scarsità d’acqua, soprat-tutto attraverso un approcciotwin-track (“doppio binario”:governo della domanda e svi-luppo dell’offerta): interventimirati in tutti i settori idroesi-genti, associati a un “pacchetto”di misure istituzionali che pro-muovano una maggiore efficienzae conservazione della risorsa, pos-sono ridurre sensibilmente i pro-blemi derivanti dalla water scarcitye assicurare una migliore sosteni-bilità ambientale.Più in dettaglio:- misure per una maggiore effi-

cienza e conservazione dellarisorsa: riduzione delle perdite,riuso delle acque, programmispeciali di mitigazione deglieffetti derivanti dagli “eventiestremi” collegati all’acqua, dif-fusione di nuove tecnologie e uti-lizzo di risorse idriche non-con-venzionali, educazione e informa-zione (campagne) ecc.- azioni di governo delladomanda: riduzione delle connes-sioni, miglioramento delle tecno-logie irrigue, miglioramento delletecnologie di riuso, valutazionedella water bank e del sistemadelle quote, sistema tariffarioincentivante il risparmio ecc.- sviluppo dell’offerta: tutela deiserbatoi naturali e recupero diquelli perduti/compromessi,miglioramento dell’uso efficientedelle infrastrutture (invasi, trasfe-rimento inter-bacino ecc.),obbligo di un’analisi costi/bene-fici di soluzioni alternative per iprogetti inerenti l’uso di nuovefonti idriche ecc.

Nel Piano di tutela delle acquedell’Emilia-Romagna, approvatodall’Assemblea legislativa conDeliberazione 40/2005, sono svi-luppate ed espresse le strategie dirisparmio e conservazione dellarisorsa acqua che la Regioneintende applicare sul proprio ter-ritorio; tali strategie si basanoprincipalmente su un approcciointegrato, che concilia misure tipi-camente infrastrutturali e misuredi risparmio e conservazione. Inoltre, il legame tra risparmiodell’acqua e risparmio dell’ener-gia è già stato affrontato e svilup-pato dalla Regione Emilia-Roma-gna, non solo nel Piano di tuteladelle acque che, attraverso lemisure in esso previste, dovrebbeconsentire un risparmio energe-tico di circa 90.000 tep, ma anche

in progetti pilota e dimostrativi(ad esempio Bagnacavallo).

In Italia, lo sviluppo e l’applica-zione di politiche di conserva-zione e risparmio presentanomaggiori difficoltà rispetto ad altripaesi. Le principali ragioni sono:- una “consueta” disponibilitàd’acqua (almeno al nord e cen-tro), che ha attenuato la consape-volezza del problema- una maggiore difficoltà a svilup-pare politiche integrate- una forte propensione alla rea-lizzazione di opere infrastrutturalied edili come volano anche per laripresa e l’occupazione- una politica di risparmio cherisulta “orfana” di interessi con-centrati e organizzati.

La diffusione delle esperienzepositive e significative viene soli-tamente rallentata dall’elevataframmentazione territoriale dellestesse e dalla grave carenza comu-nicativa. In questo contesto, l’isti-tuzione di un Forum nazionale sulrisparmio e la conservazionepotrebbe portare a un importantecontributo, sostenendo meglio leiniziative condotte e in atto, eriducendo sensibilmente i tempidi adozione e diffusione dellestesse in altre realtà territoriali.L’Emilia-Romagna ha di recentepromosso il Forum nazionale sulrisparmio e sulla conservazionedella risorsa acqua, basandosi su:validità, efficacia e forza dellepolitiche di risparmio e conserva-zione (esempi internazionali elocali), necessità di dialogo e con-fronto, diffusione di notizie edesperienze (“vetrina telematica”).

Rosanna BissoliEmanuele CimattiKatia RaffaelliRegione Emilia-Romagna

LINK UTILI:

- Water policy in European Union - Communication on Water Scar-city and Droughtsec.europa.eu/environment/water/quantity/scarcity_en.htm

- L’acqua in Emilia-Romagnawww.ermesambiente.it/ermesambiente/acque/servizio_acqua/

- Forum nazionale sul risparmio e la conservazione della risorsaacqua: www.forumrisparmioacqua.it

- La campagna regionale “Acqua, risparmio vitale”www.acquarisparmiovitale.it

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Il programma dei prelievi è statosostanzialmente rispettato, mal-grado ciò apparisse arduo.Le condizioni meteorologichefavorevoli hanno mantenuto elevatii fabbisogni di rete per effetto di:- temperature e umidità elevateche hanno sostenuto gli usi dome-stici e per il mantenimento delverde- elevate richieste del settore turi-stico della riviera.Non essendo stata decisa e attuataalcuna azione di limitazione deiconsumi d’utenza, il rispetto di taleprogramma è stato reso possibile:- dalla massimizzazione delle pro-duzioni idriche dalle altre fonti, conparticolare riferimento ai campipozzi- dall'attuazione di alcuni inter-venti infrastrutturali finalizzati agarantire tali livelli di produzione e

26 Mmc (+13% circa). In ottobre ilprelievo si attestava attorno a 1,9Mmc; quest’anno è stato pari a 2,7Mmc (+44%). Un’altra considerazione che scatu-risce dall’analisi dei prelievi dafalda è che negli ultimi 12 mesi l’e-mungimento è stato pari a 31 Mmc,mentre il prelievo da RomagnaAcque solo 10 Mmc.Quest’azione di contenimento deiconsumi è stata poi estesa alle altreprovince romagnole e programmatain vista dell’estate: alla fine dell'a-prile scorso infatti, tenuto contodelle condizioni dell'invaso diRidracoli, Romagna Acque ed Herahanno definito un programma diprelievi estivi dall'acquedotto dellaRomagna basato sulle seguenti ipo-tesi cautelative: - che gli apporti naturali all'invasofossero uguali a quelli minimi regi-strati nell'estate 2003 - che i fabbisogni fossero in lineacon quelli registrati negli ultimianni - che le produzioni dalle fontigestite da Hera fossero mantenuteal più alto livello possibile, perridurre al minimo i prelievi dall’Ac-quedotto della Romagna. I volumi programmati per ilperiodo considerato sono molto aldi sotto dei valori mediamente for-niti dall'Acquedotto della Roma-gna:- inferiori di oltre 3,4 Mmc (-12%)rispetto all'anno siccitoso 2003(27.7 Mmc)- inferiori di oltre 4,0 Mmc (-20%)rispetto al 2006 (30,4 Mmc).

Per monitorare la difficile situa-zione idrica il Servizio IdroMeteoregionale (ArpaSim) ha istituito unosservatorio sulla siccità dal qualeemerge la criticità della situazione.Le condizioni meteo sono risultatefra le peggiori degli ultimi decenni:infatti rispetto ai valori medi storici,negli ultimi dodici mesi si è regi-strata una riduzione di precipita-zioni su tutto il territorio regionale(figura 1); sul bacino imbrifero diRidracoli la riduzione delle precipi-tazioni è di oltre il 30% e la ridu-zione degli afflussi all’invaso è dicirca il 50%. L'invaso non è riuscitoa completare il proprio ciclo risul-tando all'inizio della stagione estivanon completamente pieno (circa 27Mmc - milioni di metri cubi -rispetto ai 33 Mmc di massimoinvaso, figura 2). L’importanza dell’invaso per l’ap-provvigionamento dell’area roma-gnola è evidenziata dalla seguentetabella 1 che mostra la percentualedell’acqua acquistata da RomagnaAcque sul totale di quella immessain rete.L’azione immediata messa incampo fin dall’ottobre 2006 è statala riduzione dei prelievi dall’Ac-quedotto della Romagna; in parti-colare per la Provincia di Rimini siè aumentata la produzione localeda pozzo.Negli anni 2004 e 2005 (che pos-sono essere assunti come annimedi) il prelievo da falda si atte-stava nei primi dieci mesi attorno ai23 Mmc; nel 2006 esso è stato paria 25 Mmc (+9% circa) e nel 2007 a

ottimizzare il sistema di addu-zione/distribuzione, attivando dovenecessario nuove interconnessionidi rete che verranno illustrate nelseguito (questi lavori hanno con-sentito di ridurre progressivamenteil prelievo da Romagna Acque). Già a fine 2006 era chiaro che isegnali di un “cambiamento clima-tico” rispetto alle medie degliultimi anni avrebbero potuto por-tare a situazioni critiche nei mesiestivi e soprattutto nei mesi autun-nali del 2007. Poichè era altrettantochiaro che sarebbe stato necessariocontinuare l’azione di conteni-mento dei prelievi da RomagnaAcque e che le falde, a causa delnotevole utilizzo, sarebbero calate,Hera Rimini ha pensato di pro-grammare interventi ad hoc per lastagione estiva e per l’autunno2007. In particolare si è prioritaria-mente voluto assicurare lo stessoemungimento dai pozzi in corri-spondenza del prevedibile calo dipiezometrica. Si doveva quindi ipo-tizzare – in uno scenario sfavore-vole di bassi apporti meteorici e dialti consumi – quali fossero i pozzipiù stressati e bisognosi di inter-venti di manutenzione straordina-ria.Nell’ambito del progetto denomi-nato Studio della conoide alluvionaledel fiume Marecchia: analisi quali-quantitativa a supporto della gestione

Misure straordinarie e sinergie efficaci contro la grande sete della RomagnaNegli ultimi dodici mesi si è registrata una riduzione di precipitazioni sul bacino imbrifero di Ridracoli di oltreil 30% e una riduzione degli afflussi all'invaso di circa il 50%. Si tratta di una situazione anomala eparticolarmente critica che ha richiesto interventi straordinari per garantire l’approvvigionamento in Romagna.Romagna Acque ed Hera, con il supporto di Arpa, hanno programmato e realizzato azioni di massimizzazionedelle produzioni idriche dai campi pozzi e importanti interventi infrastrutturali.

Fig 1 Anomalie di precipitazione in Emilia-Romagna, periodo 1/9/2006-8/10/2007,clima di riferimento 1991-2005.

Tab.1 - Acqua acquistata da Romagna Acque sul totale di quella immessa in rete

2004 2005 2006

SOTImmessa

in reteRomagna

AcqueImmessa

in reteRomagna

AcqueImmessa

in reteRomagna

Acque

Imola 22.793.288 3.164.892 13,89% 22.697.890 3.164.892 13,94% 22.500.551 3.172.792 14,10%

Ravenna 31.882.808 18.294.632 57,38% 31.884.617 19.541.287 61,29% 31.486.427 17.895.995 56,84%

Forlì-Cesena 34.124.281 22.765.360 66,71% 33.223.379 23.871.288 71,85% 33.700.868 22.439.646 66,58%

Rimini 42.103.354 12.742.366 30,26% 42.366.880 12.732.956 30,05% 43.191.973 11.047.128 25,58%

Scarsità idrica e siccità ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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sostenibile della risorsa idrica, Arpa-Ingegneria ambientale ha curato lamodellistica numerica per la simu-lazione del flusso dell’acqua e deltrasporto di nitrati. Il progetto havisto coinvolti, quali firmatari delprotocollo di intesa per la sua rea-lizzazione, oltre alla Regione Emi-lia-Romagna (Servizio tutela e risa-namento risorsa acqua e Serviziogeologico, sismico e dei suoli), laProvincia di Rimini, l’Autorità dibacino interregionale del Marec-chia-Conca, Hera e RomagnaAcque.Tra i risultati del lavoro risultavadisponibile un modello numericoper la simulazione del flusso delleacque utilizzabile che ha orientatola scelta sugli interventi da attuare.Hera Rimini ha quindi affidato unnuovo incarico ad Arpa-Ingegneriaambientale per la simulazione delflusso delle acque sotterranee dellaConoide del Marecchia, inserendodiversi scenari meteo con proie-zioni per la primavera-estate 2007,allo scopo di verificare i livelli difalda e quindi orientare i tecnici

negli eventuali lavori di manuten-zione straordinaria sui pozzi volti almantenimento della stessa portatain corrispondenza degli abbassa-menti della tavola liquida (inseri-menti di inverter, sostituzionepompe ecc.). Le attività dell’inca-rico sono state organizzate sostan-zialmente in due fasi:1. attualizzazione e aggiornamentodel modello portandolo dal 2003(fine periodo di taratura dello stu-dio originale) al 2007, ciò al fine dicreare una valida configurazionedel sistema da utilizzare come statoiniziale per il successivo sviluppodegli scenari.2. definizione delle ipotesi di sce-nario e delle specifiche necessità direstituzione delle informazioni daparte del modello numerico (dove,quando ecc.)Sono stati ipotizzati tre scenari (dalpiù pessimistico a quello più otti-mistico):1 - prelievi + nessuna ricarica2 - prelievi + ricarica fluviale3 - prelievi + ricarica fluviale + rica-rica meteorica

Sono state fatte alcune simulazioniche hanno permesso di confrontarei risultati relativi ai diversi scenari(quali il confronto del carico idrau-lico nello scenario 1 con il caricoidraulico minimo misurato nellaserie storica).Si sono così individuati i pozzi con imaggiori abbassamenti di falda e suquesti si è intervenuti con la sosti-tuzione delle elettropompe e l’in-serimento di inverter.Sempre a marzo 2007, sono statiapprovati dal Consiglio di ammini-strazione una serie di lavori indivi-duati come strategici per superareper quanto possibile lo stato diemergenza, avvalendosi degli artt.75 e 84 del Disciplinare tecnicoallegato alla convenzione del servi-zio idrico integrato Ato 9 che dannola possibilità al Gestore (informatol’Ato stesso) di eseguire per motiviurgenti lavori non previsti dal Pianod’ambito. Queste opere – per untotale di 1.804.000 euro – sono staterealizzate prima e durante la sta-gione estiva (tabella 2). Meritano menzione gli interventiche hanno consentito il trasferi-mento di risorsa autoprodotta daipozzi della conoide del Marecchiaverso altre aree altrimenti alimen-tate per la gran parte o quasi total-mente da Romagna Acque (Veruc-chio, zona sud della provincia: Ric-cione, Misano, Cattolica). Con que-sti lavori il territorio della Provinciadi Rimini gestito da Hera è riuscitoa essere praticamente autonomo daRomagna Acque per quasi tutti isuoi comuni (a eccezione di Tor-riana, Poggio Berni e parte diVerucchio).All’acuirsi della crisi nei mesiautunnali di quest’anno HeraRimini è riuscita, grazie alle operesommariamente richiamate, a limi-tare i prelievi da Ridracoli agliattuali 60 l/s (80 l/s, ottobre) contro

i 250 l/s dell’ottobre 2006 e i 330 l/sdell’ottobre 2005.Questi prelievi così bassi nel terri-torio riminese stanno consentendodi limitare a circa 55.000 mc/giorno(per la SOT, società operativa terri-toriale Hera di Rimini, circa 5.000mc/giorno) il prelievo complessivodelle SOT di Hera permettendo, inalcune delle altre province fornitein maniera quasi esclusiva daRomagna Acque, di evitare drasti-che azioni di contenimento deiconsumi alle utenze (razionamentia fasce orarie ecc.).Non sono mancati gli incontri conle istituzioni per coordinare lediverse azioni di intervento illu-strate in precedenza sia a livelloregionale, sia a livello locale. In particolare nell’ultimo incontrotenuto in Provincia, il presidentedella Giunta ci ha comunicato diaver contattato il Vescovo di Riminiaffinché anche la Chiesa, con lecapacità di penetrazione nei con-fronti dei propri fedeli, facesse pro-pria la campagna di sensibilizza-zione/informazione sul grave statodi crisi idrica.La risposta del Vescovo non si èfatta attendere, tanto che ha orga-nizzato una preghiera per il 22 otto-bre alla Madonna dell’acqua(insieme a San Gaudenzo, protet-trice di Rimini) nella Basilica Cat-tedrale. Beh, proprio in quei giorni ci sonostate piogge abbondanti come nonsi vedevano da tempo (in un sologiorno a Rimini 40 mm di pioggia)e nell’invaso di Ridracoli il volumeè aumentato in pochi giorni dialcuni milioni di mc!

Edolo MinarelliPierangelo PratelliSocietà operativa territoriale Rimini,Gruppo Hera

Tab.2 - Opere realizzate nel 2007

Intervento

Portata

aggiuntiva

(l/s)

Costo

totale

(€)

Mantenimento e potenziamento della portataemungibile da pozzi (fornitura e posa dielettropompe, inverter e potenziamento disollevamento per trasferimenti portata)

90 510.000

Collegamenti fra reti di acquedotto nei comunidi Montescudio e San Clemente (realizzazionetratti di condotte per il collegamento di zone arischio nei due comuni finalizzatoall’approvvigionamento idrico)

37.000

Potenziamento della centrale di Miramare pertrasferimento portata verso la zona sud dellaProvincia (vettoriamento della portata emuntadai pozzi della falda di Rimini in sostituzionedei prelievi da Romagna Acque)

40 60.000

Filtri a carboni attivi presso il potabilizzatoredella diga sul Conca per il raddoppio dellaportata trattabile

60 50.000

Connessione della rete di Verucchio alla rete diRimini (posa in opera di pompaggio governatoda inverter e realizzazione di un tratto dicondotta di collegamento alla rete diVerucchio)

10 366.000

Rifacimento di condotta di adduzione dai pozzidi Bellaria (sostituzione per obsolescenza dellacondotta e contestuale potenziamento dellastessa per circa 1,8 km)

5 550.000

Attivazione pozzo Brancona nuovo (messa infunzione di un nuovo pozzo medianterealizzazione di clorazione e condotta ditrasporto)

30 231.000

Totale 1.804.000

ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

Fig 2

Diga di Ridracoli

Curva volumi invaso

Acqua potabilizzata

mili

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2006 2007

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anche in condizioni di massimanaturalità, non potrà mai avereacque incolori e dalla straordina-ria trasparenza. L’Adriatico“mare verde” veniva cosìdescritto da Gabriele Dannunziooltre un secolo fa; credo si possaaffermare che la sua fertile opa-cità sia da considerare una suafisiologica peculiarità.

MUCILLAGINI

Nel 2007 non si sono avute pre-senze massive di aggregati mucil-laginosi nel periodo estivo. Inmaniera del tutto anomala enuova la loro presenza ha interes-sato il periodo invernale, dalnovembre 2006 all’aprile 2007. Il primo evento invernale nellasequenza dei casi che si sonoverificati negli ultimi 20 anni. Lostato di aggregazione del mate-riale mucillaginoso a forma direticoli, filamenti e masse di piùgrandi dimensioni ha interessatosoprattutto la colonna d’acquamentre gli affioramenti sono statilimitati e del tutto sporadici.L’impatto conseguente al mani-festarsi del fenomeno ha gene-rato ricadute soprattutto nel set-tore della pesca, particolarmentenelle zone centrali e meridionalidell’Adriatico occidentale. Diverse marinerie di quei terri-

Diatomee in vaste aree di mareprospicienti la nostra Regione. È importante ricordare che talifioriture non hanno mai provo-cato, nel periodo invernale e pri-maverile, ricadute sull'ambiente(anossie nelle acque di fondo,morie di pesce di fondo ecc.),sono al contrario necessarie all'in-nesco di quella catena alimentareche rende particolarmentepescoso l'alto e il medio Adria-tico. Segue un periodo che si pro-trae fino all’autunno in cui lascarsità degli apporti fluviali siripropone con riflessi positivisulla trasparenza delle acque.Fanno eccezione brevi tratti dimare davanti a Riccione e a Cer-via dove si sono manifestatelocali fioriture microalgali diFibrocapsa japonica. A Riccionenelle giornate del 2 e del 18 e 20luglio e a Cervia il 14 e 17 agosto.Questi eventi negli anni prece-denti, laddove si sono presentati,hanno avuto persistenze di 2-3settimane con pesanti ricadutenei confronti del turismo bal-neare. Si ricorda che questo tipodi fioritura non genera anossienelle acque di fondo ma soloalterazione del colore, le acqueappaiono brune e torbide. Anchei fenomeni di ipossia e anossia(carenza o mancanza di ossigeno)nelle acque di fondo sono stati discarso rilievo e in tutti i casi infe-riori per durata ed estensione adistrofie analoghe verificatesi nelpassato.Nel merito della questione legataalla parola chiave “trasparenza”,termine che viene normalmenteassociato a un buon stato di qua-lità ambientale, penso sia neces-sario riflettere sul fatto che l’A-driatico non può e non potrà maiavere le stesse caratteristiche delmare di Sardegna. La sua confor-mazione geomorfologica e laquantità di apporti fluviali chericeve, conferiscono a questomare uno stato idrologico che,

È noto che l’apporto di acquefluviali rappresenta un fattoremolto importante nell’innescodei fenomeni che possono inci-dere sullo stato qualitativo dell’e-cosistema marino-costiero. In tale contesto assume un ruoloimportante l’innesco dei processidi eutrofizzazione indotti daicarichi di sostanze a effettoeutrofizzante quali l’azoto e ilfosforo (si aggiungano microele-menti e composti organici didiversa origine e composizione).Le portate del fiume Po, e inmaniera proporzionata tutti glialtri fiumi minori, nel 2007hanno registrato un andamentocaratterizzato da modeste por-tate. A tal riguardo va eviden-ziato che il valore medio annualedi portata del Po (dati all’11novembre) è stato straordinaria-mente basso con soli 709 m3/sec;la metà rispetto al valore medioannuale di 1472 m3/sec calcolatosul periodo 1917-2006. Un’evi-dente anomalia che da alcunianni si sta riproponendo e che,pertanto, si sta affermando cometendenza. Forse un segnale diquel processo che viene da moltidefinito come sintomo di deserti-ficazione le cui ricadute già simisurano in termini di carenzaidrica nei settori connessi allenecessità civili e produttive.

EUTROFIZZAZIONE

Dal punto di vista dei fenomenidi eutrofizzazione, il 2007 è stato,per quanto riguarda la qualitàambientale delle acque costiere,un anno straordinario. Si ricon-ferma anche una condizione cheda tempo si sta riproponendo eche evidenzia un significativo eprogressivo miglioramentorispetto alle critiche condizioniche hanno caratterizzato gli anni70 e 80. Tra fine febbraio e la metà delmese di aprile si sono manife-state fioriture algali sostenute da

tori hanno avuto difficoltà ogget-tive nello svolgimento delle loroattività. Le reti si intasavano, siappesantivano fino a rompersi.Lo stesso ministero alle Politicheagricole e forestali istituì unGruppo di crisi per seguire l’e-volversi del fenomeno e assistereil settore. Da comunicazioni pro-venienti da alcuni Istituti diricerca collocati sulle sponde delTirreno (e dai canali mediatici),pare che il fenomeno si sia ripre-sentato nei mesi di agosto e set-tembre nel medio e basso Tir-reno, Sicilia compresa. Tornando al caso Adriatico èparere diffuso, tra l’altro da noicondiviso, che l’evento invernalesia stato favorito dalla stabilitàmeteo-marina e dalla rilevanteanomalia termica delle acque(temperature superiori alla mediadel periodo di 3-4 °C). Comenegli eventi che si sono verificatiin epoca recente (9 casi dal 1988a oggi) è stata riscontrata la pre-senza di flagellate del genereGonyaulax spp. Un organismounicellulare capace di generaremassive quantità di essudatimucillaginosi.

ALTRE CONDIZIONI

Ricompare la medusa Carybdeamarsupialis nel periodo luglio-

Con la siccità migliora lo stato dell’AdriaticoLe evidenze più rilevanti che caratterizzano lo stato ambientale delle acque marino-costiere in Emilia-Romagnanel 2007 sono la diminuzione degli apporti fluviali dal Po, la modesta entità dei fenomeni di eutrofizzazione edei casi di anossia e ipossia delle acque di fondo, la presenza di mucillagini solo nel periodo invernale, le fiorituredi Fibrocapsa japonica con estensioni e tempi di permanenza minori rispetto al 2005 e al 2006, un innalzamentotermico delle acque che favorisce fenomeni di “tropicalizzazione” e “meridionalizzazione”.

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Bussatella leachi

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settembre, anche se in quantitàinferiori rispetto all’estate 2006. Si tratta di una specie con potereurticante medio che predilige leacque strettamente costiere. Nel2007 sono state registrate nuovespecie animali provenienti damari extramediterranei. Tra que-ste merita d’essere segnalata laBursatella leachi, un mollusco ori-ginario del mar Rosso sino a oranon segnalato nelle acque dell’A-driatico nord-occidentale. Signifi-cativa la presenza di specie ittiche(lampuga, pesce serra) prove-nienti dal Mediterraneo meridio-nale. Sono soprattutto i pescatorisportivi a segnalare tali catture.Anche in questo caso pare pren-dere consistenza l’ipotesi che l’in-nalzamento termico delle acquenei periodi estivi e autunnalifavorisca quel fenomeno cono-sciuto con il termine di “meridio-nalizzazione”, vale a dire lo spo-stamento di specie termofileverso aree più settentrionali.

In sintesi si può affermare che:

- si riconferma la diminuzionedegli apporti fluviali, del Po inparticolare. La sua portata nel2007 corrisponde alla metà diquella calcolata sul lungo periodo- i fenomeni di eutrofizzazionesono stati in genere di modestaentità con indici di trofia inferioria quelli, già bassi, registrati nel2006- limitati i casi di anossia e ipossiadelle acque di fondo, nessunriflesso negativo sugli organismibentonici (morie di pesce difondo, molluschi, crostacei)- le mucillagini, per quanto con-cerne l’Adriatico, si sono avutenel solo periodo invernale(novembre 2006- aprile 2007). Laloro presenza ha interessatosoprattutto il versante italianodell’Adriatico centro-meridio-nale- permane il problema delle fiori-ture costiere di Fibrocapsa japo-

nica che, anche se con estensionie tempi di permanenza minoririspetto al 2005 e 2006, hannointeressato aree di mare prospi-cienti il riccionese e nel cervese- si riconferma l’importanza del-l’innalzamento termico delle

acque nel favorire i fenomeni di“tropicalizzazione” e “meridio-nalizzazione”.

Attilio RinaldiArpa Emilia-Romagna

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La Struttura oceanografica Daphne dell'Arpa Emilia-Romagnasvolge da trent’anni programmi di monitoraggio e di studio nell'areadi mare prospiciente l'Emilia-Romagna. Daphne, da sempre parte costituente del Centro ricerche marine diCesenatico, si avvale di 11 ricercatori con formazionemultidisciplinare. Nel 2007 l’attività è incentrata su 18 programmi,gran parte dei quali sono dedicati allo studio dell'ecosistemamarino-costiero.Oltre alla parte oceanografica, stimabile in 140-150 giorni nave/anno,viene sviluppata una rilevante attività analitica in laboratorispecialistici.Nell'ambito del monitoraggio dell'eutrofizzazione, a frequenzasettimanale, vengono controllate 41 stazioni, sia attraverso prelievidi campioni da analizzare nei laboratori specialistici.

Solo i dati chimico-fisici (temperatura, salinità, ossigeno disciolto,pH, clorofilla "a" e trasparenza) di 14 stazioni poste a 500 m didistanza da riva vengono utilizzati per la stesura di un bollettino, cheviene organizzato immediatamente a fine monitoraggio. I dativengono mediati per 3 subaree denominate A, B e C. Talesuddivisione non è artificiale, ma scaturisce dall'individuazione nellafascia costiera (nel corso di 20 anni di elaborazioni dati) di tre zoneomogenee che si diversificano tra loro per condizioni chimico-fisiche. Il bollettino rappresenta una sintesi dei dati settimanali rilevati,corredata da breve commento. A integrazione dello stesso bollettinotutti i dati di temperatura, salinità, clorofilla "a" e ossigeno sul fondorilevati durante il monitoraggio vengono elaborati per la produzionedi mappe tematiche.

Struttura oceanografica Daphne

2007, trentesimo anno di attività

Alcune mappe dal Bollettino settimanale del 19-20 novembre 2007 - www.arpa.emr.it/daphne

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sono molteplici, diversi aspettidevono essere approfonditi. Maggiori conoscenze sono neces-sarie sulla frazione del PMresponsabile degli effetti sullasalute. La frazione ultrafine (UF)(PM0,1) presenta un interesseparticolare per la capacità di que-ste particelle di indurre un dannoossidativo e per la loro maggioreprobabilità di traslocare dai pol-moni al sangue e agli organiinterni [1, 13]. Di particolareimportanza è l’effetto cardiova-scolare delle polveri ultrafini[16].

La composizione chimica del parti-colato, oltre alla dimensione delleparticelle, sembra avere un ruoloimportante nella determinazionedel danno all’organismo umano.Crescente è l’interesse per imetalli di transizione (nickel,zinco, cadmio e mercurio) per laloro capacità di indurre uno stressossidativo [17]. Alcuni autori hanno sottolineatol’opportunità di approfondire glieffetti dei metalli, delle frazioni

Nel complesso si è osservata unariduzione della speranza di vitain chi vive in città più inquinate[1].

Tra i vari inquinanti ambientali,il materiale particolato di dimen-sione inferiore ai 10 micron(PM10) e il particolato fine(dimensione inferiore 2,5 micron,PM2,5) sono ritenuti responsabilidei danni osservati nei diversistudi. L’attenzione è ancherivolta alla frazione di particolatocon diametro inferiore a 0.1micron, le polveri ultrafini. Altriimportanti inquinanti sono quellidi natura gassosa, quali il bios-sido di azoto (NO2), l’anidridesolforosa (SO2), l’ossido di carbo-nio (CO) e l’ozono (O3) [1, 12]. Meccanismo principale deldanno attribuibile al particolatoatmosferico è l’induzione e ilsuccessivo mantenimento del-l’infiammazione. Tale meccani-smo è stato dimostrato nel-l’uomo, negli animali da esperi-mento e in cellule di coltura [13].L’attività cancerogena dell’inqui-namento atmosferico è attribuitasoprattutto ai composti chimiciaromatici, i più importanti deiquali sono gli idrocarburi polici-clici aromatici (IPA) [14].

L’intensità degli effetti sullasalute umana è direttamente pro-porzionale alla concentrazionedegli inquinanti, e la relazione èdi tipo lineare senza soglia. L’Or-ganizzazione mondiale dellasanità ha recentemente indicatodei “valori guida” per gli inqui-nanti ambientali [15] al fine dellaprotezione della popolazione.Per il PM10 e il PM2,5 sono statiraccomandati i seguenti valorimedi annuali: 20 µg/m3 per ilPM10 e 10 µg/m3 per il PM2,5.

Anche se le conoscenze acquisitesugli effetti dell’inquinamento

Gli effetti dell’inquinamentoatmosferico sulla salute sono ditipo acuto e cronico. Gli effettiacuti sono associati all’aumentodegli inquinanti atmosferici conun breve intervallo (ore o pochigiorni) tra l’esposizione e l’insor-genza del danno. Numerosi studiepidemiologici riportano unaumento della mortalità generalee per cause cardio-vascolari erespiratorie, l’insorgenza di pato-logie acute quali l’infarto delmiocardio, l’ictus cerebrale, leinfezioni delle vie respiratorie(polmoniti e bronchiti), l’esacer-bazione di patologie cronichequali la broncopneumopatia cro-nico ostruttiva (BPCO) e l’asmabronchiale [1]. Gli aumenti dellamortalità generale e specifica el’aumento della ospedalizzazioneper patologie respiratorie e car-diovascolari sono stati riportatinegli Stati Uniti [2-4] e inEuropa [5, 6]. In Italia, è statodocumentato l’aumento dellamortalità per cause naturali edelle ospedalizzazioni per malat-tie cardiache e respiratorie inseguito all’aumento degli inqui-nanti atmosferici [7]. Infarto delmiocardio e patologie coronari-che sono direttamente influen-zate dall’aumento degli inqui-nanti [8, 9].

Gli effetti cronici sono dovuti aesposizioni prolungate agli inqui-nanti atmosferici: sono statiriportati sintomi respiratori, qualila tosse e il catarro, riduzionedella funzionalità polmonare,bronchite cronica e tumore pol-monare [10]. Studi recenti su ani-mali da esperimento suggeri-scono che i processi di arterio-sclerosi possono essere facilitatidalla esposizione a inquinantiambientali. I disturbi respiratoricronici dell’infanzia si sono con-fermati come importanti conse-guenze dell’inquinamento [11].

volatili e semi-volatili anche intermini di potere mutageno ecancerogeno [14].

L’ozono è un irritante delle vierespiratorie superiori; sono statiriportati effetti più importantisull’apparato respiratorio, qualil’aumento della ospedalizzazioneper polmoniti e BPCO [18] el’aumentato ricorso al pronto soc-corso per episodi di asma pedia-trica [19]. Non è chiaro l’effettodell’ozono su altri sistemi dell’or-ganismo oltre l’apparato respira-torio. Si è osservato anche unaumento della mortalità totale[20] in rapporto alle concentra-zioni ambientali di ozono.

Occorre un’attenta valutazionedel ruolo delle condizioni climatichedurante il periodo primaverile-estivo. Studi epidemiologici inItalia [7] hanno segnalato unmaggiore effetto del PM10durante il periodo aprile- settem-bre. Le ragioni di questo maggioreeffetto vanno approfondite in

L’aria inquinata delle città fa male, sulle ultrafini resta il bisogno di saperne di più

Qualità dell’aria e salute ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

L’inquinamento atmosferico rappresenta un rischio per la salute umana, con un impatto di sanità pubblica elevatoper il grande numero di persone esposte soprattutto in ambiente urbano. Numerosi studi hanno dimostrato aumentidella mortalità generale e specifica e l’aumento dell’ospedalizzazione per patologie respiratorie e cardiovascolari.Servono ulteriori indagini per affinare la conoscenza, in particolare sulla frazione ultrafine del particolato atmosferico.

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rapporto alle diverse caratteristi-che degli inquinanti e anchedella possibile combinazione diPM10, ozono e alta temperatura.

Per ragioni di sanità pubblica èestremamente importante carat-terizzare il rischio sanitario e indi-viduare le persone particolarmentevulnerabili agli effetti dell’inquina-mento [21]. Oltre alla suscettibi-lità innata, legata a fattori gene-tici, la suscettibilità agli effettidell’inquinamento atmosferico ècaratteristica di alcune fasced’età. Nei neonati, gli effetti simanifestano con l’aumento dellamortalità perinatale e della fre-quenza del basso peso allanascita [22]; in età pediatrica, l’e-sposizione a inquinanti peggioralo stato di malattia in bambiniaffetti da compromissione cro-nica delle vie aeree e provoca unincremento dei ricoveri per asmae bronchiti [23]. Negli anziani sono stati riportatiaumenti di mortalità [3,24] e diricoveri per patologie cardio-vascolari [25]. Una maggiore vul-nerabilità agli effetti dell’inqui-namento atmosferico si manife-sta in condizioni di deprivazionesocio-economica [26] e per lapresenza di patologie pregresse,quali il diabete [27], la BPCO[28-30], lo scompenso cardiacocongestizio [31], l’infarto pre-gresso [32], le aritmie cardiache[33]. Le conoscenze su questiaspetti sono ancora molto limi-tate.

Dev’essere potenziata la ricercasui meccanismi biologici e tossicolo-gici che possono spiegare glieffetti riscontrati in studi epide-miologici. I possibili meccanismimolecolari della infiammazionesono riconducibili allo stress ossi-dativo indotto dai radicali liberi eresponsabile della infiamma-zione. Oltre alla infiammazione,si è ipotizzato che le alterazionidel processo di coagulazione delsangue siano i meccanismi d’a-zione responsabili degli effetticardio-vascolari, ma sono ancorapoco chiari i meccanismi a livellomolecolare [34].

Francesco ForastiereAnnunziata FaustiniAzienda sanitaria locale Roma E

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sorgere dei dubbi se la minacciadei cambiamenti climaticipotrebbe non bastare come forzapropulsiva per una trasforma-zione così drammatica dellanostra cultura fossile.I cambiamenti climatici, infatti,sono solo una ragione per usciredal fossile e sarebbe da discuterese è quella più imminente o senon ci sarebbe da preoccuparsipiù dell’insicurezza dell’approv-vigionamento, delle vicissitudinidei prezzi o degli effetti sullasalute, nel territorio d’estrazionee nei territori di combustione delpetrolio, del carbone e delmetano. L’insicurezza dell’approvvigiona-mento e la crescente dipendenzadell’Unione europea dall’impor-tazione di fonti fossili da paesigeopoliticamente instabili era illeitmotiv del libro verde delcommissario Layola nel novem-bre 2000. Sette anni dopo questapreoccupazione non ha persominimamente di attualità. Anzi.È falsa la naturalezza con la qualesi presume che i metanodottidalla Russia e dall’Algeria ci por-teranno anno dopo anno ilmetano di cui abbiamo bisognoin Italia. Può essere, anzi ce loauguriamo, ma fidarsene cieca-mente è leggero e irresponsabile.O viceversa, una responsabilepolitica energetica territoriale

lascia dubbi: i cambiamenti cli-matici sono in atto e le conse-guenze di uno scenario business asusual sono inaccettabili in Italia eancora di più nel sud del mondo.È vero che si tratta di afferma-zioni probabilistiche, ma è anchevero che le probabilità di conse-guenze gravi causa lo sposta-mento delle zone vegetazionali,l’aumento degli eventi meteoro-logici estremi, dei periodi di sic-cità, delle inondazioni sono cosìalte che le rimanenti insicurezzenon possono servire come prete-sto per non fare.

Sull’ordine del giorno è l’uscitadal fossile, meno non basteràSi comprende facilmente l’esita-zione, se non la resistenza, diimboccare in modo deciso unapolitica del clima, perché mentrequalche associazione ambientali-sta, ma anche qualche pro-gramma dell’Unione europea,fanno credere che si tratti dimodifiche abbastanza contenutenello stile di vita, nel nostromodo di fare – usare un po’ menola macchina e gonfiare un po’ dipiù le gomme, spegnere la luce elo stand-by quando si esce,abbassare la temperatura di ungrado in casa – diventa semprepiù chiaro che per affrontare consuccesso la minaccia dei cambia-menti climatici ci vuole di più.Molto di più. Gli addetti ai lavoripreferiscono usare il gergoinglese e parlare di una societàlow carbon, che è un altro modoper dire che dobbiamo uscire dalfossile. Impossibile dire oggi fino a chepunto si arriverà entro la metà diquesto secolo in un tale percorso.La Svizzera punta sulla società a2.000W, cioè ridurre il consumodi fonti fossili di due terzi entro il2050, lo scenario di Greenpeaceprevede di dimezzare global-mente l’uso del fossile. Obiettiviambiziosi che giustamente fanno

I prezzi sono troppo alti, i rischi troppo grandiPotrebbe non essere ancora tra-scorsa la sua metà quando lagente si guarderà indietro chie-dendosi come si faceva, all’iniziodi questo secolo, a sopravviverenelle nostre città. Ogni 3 personec’erano 2 automobili, 23 ore algiorno immobili sotto casa,pronte per portare quasi sempreuna sola persona nella maggiorparte dei casi per un chilometro odue a prendere le sigarette o farela spesa bruciando nei motori ascoppio petrolio o nel casomigliore metano. Le case erano riscaldate con minicaldaie da 15/20 o 25 kW alimen-tate da carburanti fossili con con-trolli solo nominali sulle emis-sioni di sostanze inquinanti, irifiuti finivano, salvo qualchegiornale, cartone o bottiglia, incassonetti all’angolo dove i citta-dini potevano liberarsi di tuttoquello di cui non avevano biso-gno, che era “da buttare”,pagando una modica cifraannuale. I 41.500 morti dal traffico moto-rizzato nell’Unione europea, dicui 5.000 in Italia, i 46.000 mortidall’inquinamento atmosferico inEuropa, di cui 8.000 in Italia,erano un prezzo da pagare al pro-gresso, al benessere, ai posti dilavoro.

Guardando indietro sarà difficiledire quale era la causa principaleper la svolta verso una societàsostenibile: gli sconvolgenti sce-nari economici del rapporto diNicolas Stern sui costi dell’igno-rare i cambiamenti climatici? laresistenza diffusa contro l’ariairrespirabile nelle città? il quartorapporto dell’Ipcc?Certo le conoscenze non man-cano. Sappiamo tutto. Cono-sciamo i problemi e conosciamole soluzioni. Il quarto rapporto dell’Ipcc non

oggi promuove la produzione dienergia sul luogo anche in unaprospettiva di possibili restrizioninel flusso per esempio delmetano. Lo scenario dell’Autonomiaenergetica Altotevere del 2006era un tentativo di dare consi-stenza e plausibilità a una pro-spettiva di crescente indipen-denza in un determinato territo-rio dall’arrivo di energia da lon-tano. Più vicino al principio direaltà è per esempio un progettocome quello di costruire a Cittàdi Castello una centrale a bio-massa legnosa proveniente dai38.000 ettari di boschi del territo-rio per procurare caldo, freddo edelettricità all’ospedale. Un’idearassicurante per i cittadini sapereche il proprio ospedale rimarràfunzionante anche nell’eventua-lità che l’arrivo di metano in Ita-lia dovesse subire qualche oscil-lazione. Lontani dalle visioni catastrofi-cheVanno ripensate le nostre città inuna prospettiva di uscita dal fos-sile, dell’efficienza energetica,delle energie rinnovabili e dirifiuti zero. Non in chiave cata-strofica – le catastrofi non sonoda escludere, ma sono un pes-simo punto di partenza per unosviluppo capace di futuro –, manella consapevolezza che il pro-

Ripensare le città per una societàche vada oltre la cultura del fossile Le conoscenze che la scienza ci fornisce sono sufficienti per comprendere l’entità dei danni alla salute e anche permettere a punto strategie di uscita dalla cultura del fossile. Deve affermarsi una cultura dell’agire che parta dallaconsapevolezza che la spinta propulsiva delle fonti fossili è davvero esaurita.

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gresso tecnologico permette digarantire forme di trasporto dibeni e merci, di servizi energeticiper le case e le industrie ad altaefficienza energetica rinunciandoprogressivamente alle energiefossili per evitare i danni che cau-sano al clima, alla salute e all’eco-nomia. Potrebbe rivelarsi unimportante punto di svolta lasentenza del Tar della Bavieradel giugno di quest’anno che hadato ragione a un cittadino cheaveva fatto causa al Comune diMonaco e al Land della Bavieraper l’elevato carico di polveri sot-tili sotto casa sua nella “Lands-huter Allee”, parte del raccordoanulare di Monaco. I giudici hanno sottolineato chel’interesse alla salute di questo edi altri cittadini ha la precedenzasulla libera circolazione di auto-mobili e camion e che non è suf-ficiente che il Comune e il Landabbiano elaborato dei piani perabbassare le polveri sottili. Il cit-tadino ha il diritto alla protezionedella sua salute con delle azioniimmediate e non con dei pianiche potrebbero avere effettochissà quando.Con piccoli passi in avanti e fre-quenti passi indietro è partito unprocesso probabilmente irrever-sibile: l’eliminazione del tra-

sporto motorizzato individualedai territori urbani, se non conqualche eccezione per i veicoli aemissione zero. Potrebbe sorprendere che un’e-sperienza d’avanguardia dellaprima città senz’auto sta pernascere in un paese arabo dove ilpetrolio non manca: Abu Dhabi.L’ecocity di Masdar, progettatada Norman Foster e Partners saràla prima città a emissioni e rifiutizero; nascerà su 600 ettari nellostile delle antiche città murate econ le moderne tecnologie dispo-nibili per garantire un rapido spo-stamento con il trasporto pub-blico a energie rinnovabili, confermate mai a più di 200 metri didistanza, con strade strette eombreggiate. Si svilupperà inquesto emirato arabo, con i soldiricavati dalla vendita del petrolio,quello che si potrebbe fare intante “antiche città murate” del-l’Italia.

Per concludereSono reali i segnali di crisi delfossile che ci impongono lenostre città, il modo di produrre edistribuire, i nostri stili di vita.Ma è anche vero che i danni allasalute e all’ambiente della cul-tura fossile, le minacce dei cam-biamenti climatici, della volati-

lità del prezzo del petrolio, delleinsicurezze geopolitiche diapprovvigionamento sono soloun lato della medaglia. L’altro èche tutte le conoscenze, le politi-che e le misure per uscire dal fos-sile esistono. Il nuovo va verso ilno carbon anche se nel pacchettopotrebbero trovarsi alcune solu-zioni low carbon come quella delsequestro del carbonio. Negli ultimi 150 anni il fossileera il carburante dell’innova-zione, oggi le soluzioni innova-

tive puntano sul fare meglio conmeno e con il solare.

Karl-Ludwig SchibelAlleanza per il clima

Alleanza per il Clima è la rete piùgrande di enti locali e territorialiimpegnati nella salvaguardia delclima. Hanno aderito 1500 enti inEuropa, 170 in Italia. I partner del-l’Alleanza sono i popoli indigenidelle foreste pluviali del bacinoamazzonico.

http://www.climatealliance.it/http://www.utopieconcrete.it

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caratteristiche del territorio, dellefonti di emissione degli inquinantiin aria (inventari delle emissioni),delle condizioni climatiche emeteorologiche tipiche del territo-rio- fase valutativa, che consiste nellavalutazione della qualità dell’ariaeffettuata mediante misure pun-tuali di concentrazione fornite dallarete di rilevamento e mediante tec-niche di modellazione- fase propositiva, che comprendel’analisi degli scenari e i provvedi-menti o “misure” di risanamentoche la regione ha individuato eadottato. Secondo quanto contenuto nelDlgs 351/1999 (art. 12, comma 3) leregioni e le province autonomedevono trasmettere, per il tramiteApat, i piani e/o i programmi di risa-namento della qualità dell’aria alministero della Salute (MINSAL) eal ministero dell’Ambiente e dellatutela del territorio e del mare(MATTM) entro diciotto mesidalla fine dell’anno durante il qualeè stato registrato il superamento delVL + MDT3; il MATTM a suavolta, trasmette i piani e i pro-grammi di risanamento alla Com-missione europea entro due annidalla fine di ciascun anno in cui si èregistrato il superamento del VL +MDT.Le informazioni sui piani o pro-grammi vengono trasmessesecondo le modalità stabilite dallaDecisione 2004/224/CE, attraversoun questionario, indicato comequestionario sui piani e programmidi risanamento o questionario PPs,costituito da sette moduli in cuivengono riportate in modo sinteticotutte le informazioni contenute neipiani: “il modulo 1 fornisce informa-zioni generali sul piano o sul pro-gramma in questione; nei moduli da 2a 6 ogni colonna descrive una situa-zione di superamento presa in conside-razione dal piano o dal programma,mentre ogni riga contiene un elementodescrittivo della situazione di supera-mento; nei moduli 5, 6 e 7 sono descrittesinteticamente le singole misure”

dano, tra gli altri aspetti, i provvedi-menti volti alla tutela della qualitàdell’aria e al rispetto dei valorilimite imposti per gli inquinantialla luce delle caratteristiche delterritorio e delle sorgenti emissive.L’elaborazione di un piano o pro-gramma di risanamento avvieneattraverso le seguenti fasi:- fase conoscitiva, che comprende l’a-nalisi del quadro normativo, delle

La Direttiva 96/62/CE1, recepita inItalia tramite il Dlgs 351/992, defini-sce i criteri per la valutazione e lagestione della qualità dell’ariaambiente. Essi si basano su unaserie di passaggi che vanno dallavalutazione della qualità dell’ariaall’elaborazione di piani e pro-grammi di tutela (piani d’azione,piani di risanamento, piani di man-tenimento), i cui contenuti riguar-

[Decisione 2004/224/CE]. In tabella 1 è stata rappresentata lasituazione relativa alla trasmissionedelle informazioni (questionari) suipiani di risanamento dall’anno 2001al 2005 (per quest’ultimo anno latrasmissione da parte delle Regioniè ancora in corso). Il Dlgs 351/1999 impone a Regionie Province autonome di prevederee adottare misure di risanamentoatte a garantire il miglioramentodella qualità dell’aria nelle zone incui i livelli di uno o più inquinantisuperano i valori limite fissati dallanormativa.Il formato stabilito dalla Decisione2004/224/CE richiede che ogniprovvedimento adottato vengaidentificato, in base alla sua tipolo-gia, secondo la seguente classifica-zione: A - economico/fiscale B - tecnico C - educazione/informazioneD - altro Dall’analisi (figura 1) è risultato cheper il 2004 su un totale di 221misure il 27% è di tipo tecnico,mentre il 23% dei provvedimentinon è stato classificato secondo unadelle quattro tipologie sopra indi-cate, ma con una “combinazione”di queste (es: A-B-C, A-B, B-D,ecc.) e infine il 32% è classificatosotto la voce altro.

All’interno del questionario perogni provvedimento è riportato illivello amministrativo al quale èpossibile adottarlo. Dalla figura 2 siosserva che, sempre per il 2004, il47% delle misure è stato attuato alivello regionale (B), il 39% a livellolocale (A) e solo l’1% a livello nazio-nale (C). Da notare che nel 12% deicasi le misure sono state adottate dapiù amministrazioni a diversi livelli.

Un altro dato interessante ai finidella descrizione delle misure dirisanamento adottate è la scala tem-porale di riduzione degli inqui-nanti, ossia il periodo di tempo pre-visto affinché quel dato provvedi-mento determini una riduzione

Piani di risanamento, il quadro nazionale delle misure adottateL’analisi delle misure di risanamento, individuate dalle autorità competenti per il 2004, rivela che la maggiorparte degli interventi previsti o realizzati riguarda il settore dei trasporti (54%) e che il livello amministrativo èquello regionale (47%). La scala temporale di riduzione degli inquinanti prevista in seguito all’adozione di talimisure è la combinazione dei tre parametri “breve - medio - lungo termine”.

Legenda:a Dati provvisori: l’invio da parte delle regioni è ancora in corso* Assenza di superamenti, nessun obbligo di piano** Mancata comunicazione di informazioni

Tab. 1 - Trasmissione dei questionari sui Piani o Programmi di

risanamento. Anni 2001-2005. Fonte: elaborazione Apat su

dati forniti dalle Regioni/Province autonome

Anno di riferimento

del piano2001 2002 2003 2004 2005a

Anno trasmissione

questionario2003 2004 2005 2006 2007

Piemonte SI SI SI SI SI

Valle d’Aosta * * * * NO

Lombardia SI SI SI SI SI

Bolzano * * * SI NO

Trento * * * SI SI

Veneto SI SI SI SI NO

Friuli Venezia Giulia * SI SI SI SI

Liguria SI SI SI SI SI

Emilia-Romagna SI SI SI SI SI

Toscana SI SI SI SI SI

Umbria SI SI SI SI NO

Marche SI SI SI SI SI

Lazio SI SI SI SI SI

Abruzzo SI SI SI SI NO

Molise * * NO ** **

Campania SI SI SI SI SI

Puglia SI SI SI SI NO

Basilicata * * * * NO

Calabria * * * NO *

Sicilia SI SI NO NO NO

Sardegna SI SI SI SI NO

Qualità dell’aria e salute ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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delle concentrazioni di inquinantiin aria.La scala temporale può essere abreve termine (A), medio termine(circa un anno) (B) o lungo termine(C). Dall’analisi effettuata è risultatoche nel 35% dei casi non è stataindicata un’unica scala temporalema una combinazione di “scale”;gli interventi a lungo termine (C)rappresentano il 30% dei casi, men-tre quelli a medio e a breve terminerispettivamente il 17% e il 15%(figura 3).Per ogni provvedimento deve poiessere individuato il settore in cuiesso ricade: Trasporti, Industria,Agricoltura, Attività commerciali edomestiche, Altro; si è rilevato cheil 54% dei provvedimenti riguardail settore dei Trasporti.Disaggregando i dati al livelloregionale dal 2001 al 2005 risultache la Lombardia è la regione cheha adottato il numero maggiore diprovvedimenti (62 nel 2005),

seguita da Emilia-Romagna (36),Piemonte (32) e Lazio (19).

Un approfondimento è stato dedi-cato alle misure che riguardano ilsettore Trasporti (le più adottatedalle regioni), e in particolarequelle che promuovono la mobilitàsostenibile4 e cioè:1. Il controllo dei parametri emis-sivi dei gas di scarico di tutti gliautoveicoli - Bollino blu2. Interventi a favore della mobilitàalternativa5

3. Provvedimenti di limitazione deltraffico4. Misure di carattere strutturaleper la mobilità5. Incentivi per l’utilizzo del tra-sporto pubblico locale (TPL)6. Promozione e diffusione dimezzi di trasporto merci a BassoImpatto Ambientale (BIA)7. Promozione e diffusione dimezzi di trasporto privato a BIA 8. Promozione e diffusione dimezzi di trasporto pubblico a BIA

9. Utilizzo di sistemi telematici disupporto per la mobilità sostenibile10. Redazione Piano urbano deltraffico (PUT)11. Redazione del Piano urbanodella mobilità (PUM)12. Regolamentazione della distri-buzione delle merci nei centriurbani.

Dal quadro complessivo (anno2004) delle misure attuate nell’am-bito della mobilità sostenibile alivello nazionale – suddivise per le12 tipologie individuate – emergeche le iniziative più adottate dalleregioni (16%) sono risultate quellea favore della mobilità alternativa,seguite dai provvedimenti di pro-mozione e diffusione di mezzi ditrasporto privato a basso impattoambientale (15%) e da quelli dilimitazione del traffico e di promo-zione e diffusione di mezzi di tra-sporto pubblico a BIA (14%). La figura 4 mostra la ripartizionedelle misure di mobilità sostenibile

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all’interno delle singole regioni:l’Emilia-Romagna, risulta laregione che ha realizzato il maggiornumero di interventi a favore dellamobilità sostenibile (22), seguitadalla Lombardia (21).

Concludendo dall’analisi dellemisure di risanamento, che le auto-rità locali competenti hanno indivi-duato per il 2004, è emerso che lamaggior parte degli interventiriportati nei questionari riguarda ilsettore Trasporti (54%); il livelloamministrativo a cui è possibilericondurli è in genere di tipo regio-nale (47%); inoltre, la scala tempo-rale di riduzione degli inquinanti,prevista in seguito all’adozione ditali misure è da ricondursi, soprat-tutto (35%), a una combinazionedei tre parametri “breve - medio -lungo termine”. Analizzando inparticolare i provvedimenti chepromuovono la mobilità sosteni-bile, le iniziative più adottate dalleregioni (16%) sono risultate quellea favore della mobilità alternativa(car sharing, car pooling, taxi collet-tivo, servizi a chiamata, ciclomobi-lità), seguite dai provvedimenti dipromozione e diffusione di tra-sporto privato a basso impattoambientale. In questo caso l’Emi-lia-Romagna, si è dimostrata, laregione più sensibile a tali inter-venti, seguita dalla Lombardia.

Patrizia BonanniMaria Carmela CusanoRoberto DaffinàCristina SartiSettore Piani di risanamentoe impatti, Apat

NOTE1 Direttiva 1996/62/CE del Consigliodel 27 settembre 1996 in materia divalutazione e di gestione della qualitàdell'aria ambiente - Gazzetta ufficialeL 296 del 21/11/19962 Attuazione della direttiva 96/62/CEin materia di valutazione e di gestionedella qualità dell'aria ambiente - G.U.13 Ottobre 1999, n.2413 VL + MDT: valore limite di concen-trazione di inquinante aumentato delmargine di tolleranza4 Con l’espressione mobilità sosteni-bile si intende “un sistema di trasporto emovimentazione di merci e persone che siacapace di assicurare a ciascuno l'eserciziodel proprio diritto alla mobilità e che tengaconto degli aspetti economici e sociali, delconsumo delle risorse e dell’impatto sul-l’ambiente”.5 Esempi di interventi a favore dellamobilità alternativa: iniziative per laciclomobilità, sistemi di trasporto col-lettivo, car sharing, car pooling, servizia chiamata, taxi collettivo.Fig. 4 Misure di risanamento nell’ambito della mobilità sostenibile per regione

Fig. 1 Tipologia di misure adottate Fig. 2 Livello amministrativo dellamisura adottata

Fig. 3 Scala temporale delle riduzioni

Regolamentazione della distribuzionedelle merci

Redazione del piano urbanodella mobilità

Redazione del piano urbano del traffico(PUT)

Realizzazione di sistemi telematicidi supporto per la mobilità sostenibile

Promozione e diffusione di mezzidi trasporto pubblico a BIA

Promozione e diffusione di mezzidi trasporto privato a BIA

Promozione e diffusione di mezzidi trasporto merci a BIA

Misure di carattere strutturaleper la mobilità

Limitazione del traffico

Interventi a favore della mobilitàalternativa

Incentivi per l’utilizzo del TPL

Bollino blu

Pie

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Legenda

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c) la realizzazione di infrastrut-ture che favoriscano l'uso delmezzo pubblico, come le corsieriservate e controllate, i sistemidi preferenziamento semaforicoe di gestione delle flotte del Tra-sporto pubblico. 3. interventi negli ambiti territo-riali interessati con misure, fina-lizzate:- al governo degli accessi e deipercorsi, per regolare nel modomigliore l’uso delle infrastruttureviarie, mediante definizione difinestre orarie, realizzazione eriserva di corsie e piazzole dedi-cate, definizione di percorsi otti-mizzati da consigliare o imporre adeterminate categorie di veicoli- alla riduzione delle emissioniprodotte dai veicoli commerciali,mediante azioni di stimolo allasostituzione o alla trasformazionedel parco mezzi, verso veicoli abasso impatto.Sul versante dell’edilizia sosteni-bile e del risparmio energetico sirichiama:a) il miglioramento del rendi-mento energetico in campo resi-denziale anche proseguendo lacampagna “calore pulito” avviatadalla Regione per il controllodegli impianti di riscaldamentodomestico

delle linee indicate dalla Com-missione europea in tema diambiente urbano, sintetizzatinella Comunicazione Verso unastrategia tematica sull'ambienteurbano. In tale Comunicazione siafferma che l'ambiente urbanocostituisce una priorità le cuistrategie di intervento vannointegrate con tutte le altre azioniche riguardano, più in generale,l’intero territorio regionale. I set-tori prioritari nei quali è possibileottenere i progressi più significa-tivi sono rappresentati da:• trasporto urbano sostenibile elogistica urbana • edilizia sostenibile ed energia• produzione sostenibile.Sul primo punto, anche ilrecente Accordo, sottoscritto il31/07/2007, ha confermato eimplementato importanti inizia-tive alcune delle quali vengonodi seguito elencate:1. il consolidamento del controlloannuale dei gas di scarico (bol-lino blu) dei veicoli dei cittadiniregionali2. la promozione e il sostegnoall’uso del Trasporto pubblicolocale (TPL), in coerenza con l’Atto di indirizzo triennale 2007-2009 in materia di programma-zione e amministrazione del tra-sporto pubblico regionale,mediante:a) un aumento del 20% dei ser-vizi ferroviari e un incrementodelle risorse per il TPL dialmeno il 5% da raggiungere neltriennio b) il potenziamento e ammoder-namento dei veicoli del Tra-sporto pubblico, anche mediantela riqualificazione del parco esi-stente, per il miglioramento del-l’accessibilità e l’utilizzazione dimezzi a basso impatto ambien-tale

L’Accordo di programma sullaqualità dell’aria per il triennio2006-2009 – il cui aggiornamento2007-2008 è stato sottoscritto il31 luglio 2007 – costituisce il pro-seguimento di un percorsoavviato dal sistema Regione-Entilocali fin dal 2002 e che si esau-rirà, presumibilmente, alla finedel 2009.Gli Accordi di programma, sotto-forma di strumenti volontari,nascono dall’esigenza di dareconcreta attuazione all’art. 7 delDlgs 351/99 (Piani d’azione), inattesa della definizione dei Pianiprovinciali di tutela e risana-mento della qualità dell’aria (art.8) che, proprio in questi giorni,hanno completato il processo diapprovazione. Si fa riferimento,in particolare, ai commi 2 e 3 incui si prevede “l’adozione dimisure da attuare nel breve periodo,affinché sia ridotto il rischio di supe-ramento dei valori limite e dellesoglie di allarme e, se del caso, pre-vedere misure di controllo e disospensione delle attività, ivi com-preso il traffico veicolare”.In verità lo strumento messo incampo dalla Regione Emilia-Romagna, in accordo con gli Entilocali, è molto più di un pianod’azione vero e proprio, avendostanziato anche cospicue risorseper interventi strutturali di medio elungo periodo, che hanno, succes-sivamente, trovato coerenza esinergia con quelli previsti neipiani provinciali di tutela e risa-namento della qualità dell’aria.Infatti, nel triennio 2003- 2005 laRegione Emilia-Romagna hastanziato risorse proprie per oltre94 milioni di euro per la realizza-zione di oltre 215,5 milioni dieuro di investimenti.Gli Accordi più recenti infattisono stati redatti anche sulla base

b) l’introduzione nei regolamentiedilizi comunali, di rigorosi stan-dard di prestazione di rendi-mento energetico c) la previsione per i nuovi inse-diamenti abitativi, accanto alletradizionali opere di urbanizza-zione, di nuove "reti energetiche"per il teleriscaldamento e lacogenerazione.

Queste sono solo alcune delleazioni previste negli Accordi chehanno trovato una maggioredeclinazione nei Piani provincialidi tutela e risanamento della qua-lità dell’aria e in coerenza con lapianificazione sovraordinata(Piano energetico regionale ePiano regionale integrato dei tra-sporti).Non va sottovalutato il fatto chepur operando in settori prioritari,anche attraverso una sinergia diintervento dei vari Piani regionalie provinciali, la problematicitàmeteoclimatica dell’interobacino padano non consente ilraggiungimento degli obiettivifissati dalla Ue senza un’azioneconcertata e resa sistemica daparte di tutte le Regioni delbacino.Da qui la stipula dell’Accordo tratutte le Regioni padane e le Pro-

Accordo di programma 2006-2009,oltre gli interventi di breve termineL’Accordo di programma sulla qualità dell’aria per il triennio 2006-2009 prosegue un percorso avviato dallaRegione Emilia-Romagna e dagli enti locali fin dal 2002. Oltre alle azioni a breve termine è previsto lostanziamento di cospicue risorse per interventi strutturali di medio e lungo periodo nei settori prioritari: trasportourbano sostenibile e logistica urbana, edilizia sostenibile ed energia, produzione sostenibile. Per il raggiungimentodegli obiettivi fissati dalla Ue è necessaria un’azione concertata tra tutte le Regioni coinvolte. L’Accordo stipulatotra tutte le Regioni padane e le Province autonome di Trento e Bolzano è un passo importante in questa direzione.

Qualità dell’aria e salute ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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vince autonome di Trento e Bol-zano per sviluppare alcune tema-tiche di primario interesse quali:a) condivisione dell’inventariodelle emissioni, con l’utilizzo delmodello INEMAR e in succes-sione il confronto dei risultatidella modellazione mediantel’ottimizzazione delle catene dimodelli, la valutazione di scenariper piani/programmib) definizione dei contenuti del-l’autorizzazione in via generaleper impianti termici civili daadottare entro il 29 luglio 2007,come disposto dall’art. 281, c. 3del Dlgs 152/2006c) definizione di standard emissivi

comuni per le sorgenti puntuali,con particolare riferimento aigrandi impianti tesi alla riduzionedelle emissioni di ossidi di azotod) definizione di una regolamen-tazione per l’utilizzo a fini ener-getici della “risorsa” legna daardere e biomassa e) individuazioni di criteri comunisulla certificazione energeticadegli edifici a partire dalle espe-rienze già consolidate sui vari ter-ritori. Il tavolo di bacino, inoltre,intende formalizzare al Governola richiesta di avviare un tavolo diconcertazione per affrontareorganicamente il problema del-

l’inquinamento originato dal traf-fico autostradale sia nell’imme-diato, con misure di riduzionedella velocità massima, sia in pro-spettiva, con interventi fiscali suimezzi più inquinanti.

Sul versante delle azioni a brevetermine, anche sulla base dellapositiva esperienza dell’Accordo2006-2007, sono state confermatele limitazioni dei veicoli Euro 0 ediesel Euro 1 dal lunedì alvenerdì in tutto il semestre cheva da ottobre a marzo e la limita-zione della circolazione il giovedìnel periodo gennaio-marzo.In particolare il blocco program-

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mato della circolazione il giovedì,revocato solo in particolari situa-zioni meteo (neve ecc.) è risul-tato maggiormente incisivo, cosìcome confermato dalle analisistatistiche effettuate da Arpa afine campagna, per cui si è rite-nuto opportuno confermarne lavalidità anche per la stagione2007-2008. Inoltre, a partire dal 7gennaio e fino a fine marzo, èstata introdotta una ulteriorelimitazione della circolazione dallunedì al venerdì dei veicoli die-sel Euro 2.

I sottoscrittori dell’Accordohanno voluto, infine, ribadire chefino al termine di validità delmedesimo – e fino alla fine dellalegislatura – non verranno intro-dotti ulteriori provvedimenti dilimitazione della circolazione.Sul versante degli incentivi,occorre ricordare che anche nelbilancio 2008 saranno stanziati gliultimi 5 milioni di euro dei 15previsti per le conversioni deiveicoli a benzina, fino a Euro 3,con metano e gpl, per raggiun-gere così l’obiettivo previsto dioltre 30.000 trasformazioni. Il processo di adeguamento dellarete di rilevamento della qualitàdell’aria, che vede un investi-mento regionale di 3 milioni dieuro, è in fase di avanzata attua-zione così che, a partire dal 2008,si potrà cominciare a monitorareanche il PM2,5.

Occorre ricordare, in conclu-sione, che è in corso di perfezio-namento l’Accordo di pro-gramma tra ministero dell’Am-biente e Regione Emilia-Roma-gna, ai sensi del Dm 16/10/2006Programma di finanziamenti perle esigenze di tutela ambientaleconnesse con il miglioramentodella qualità dell'aria e la ridu-zione di materiale particolato inatmosfera nei centri urbani” cheprevede il cofinanaziamento daparte del ministero dell’Am-biente di interventi previsti neiPiani provinciali di tutela e risa-namento della qualità dell’aria,per un importo di 15 milioni dieuro.

Sergio GaragnaniRegione Emilia-Romagna

“Valutazione preliminare della qualità dell’aria” a livello provin-ciale e “zonizzazione” del territorio di ogni Provincia

Quadro della pianificazione regionale in materia di qualità dell’aria

Costi

Definizione degli obiettiviregionali di miglioramento eindividuazione degli scenari

tra cui quello di riduzioneminima degli inquinanti per

raggiungere gli obiettivi fissatinella normativa

Avvio del processo di realiz-zazione dei piani provincialiper il risanamento della qua-

lità dell’aria da parte dellaRegione

Accordo

di programma

sulla qualità dell’aria

“Per la gestione delle emer-genze da PM10 e per il pro-gressivo allineamento aivalori fissati dalla UE al 2005di cui al DM 02/04/2002, n.60”

Accordo

di Bacino Padano

Le azioni già attuate oin fase di sviluppo siinseriscono tra quelledei piani di azione e

quelle strutturali

Piano di azione

Nel periodo invernale.1. Fermo auto inqui-

nanti2. Fermo scooter

inquinanti3- Blocco totale del traf-

fico programmatoalmeno un giorno asettimana

Azioni strutturali

per il risanamento

della qualità dell’aria

- Mobilità sostenibile e logi-stica della distribuzionemerci (11 linee di indirizzo)

- edilizia sostenibile e rispar-mio energetico (6 linee di indirizzo)

- attività produttive e aziendedi servizi (7 linee di indirizzo)

L’efficacia delle azioniindividuate nei pianiprovinciali e di quelleindividuate in ambitoregionale, classificateper macroaree, viene

valutata all’interno del-l’intero bacino.

Scenario

di piano regionale

Scenari qualità aria

ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

Affidamento alle Province delle competenze in materia di qualità dell’aria.La Regione mantiene il coordinamento e le linee di indirizzo in materia. Artt. 121 e 122 - LR 3 del 21/04/’99

Nove piani provinciali

adottati

È stato seguito un percorsoche prevede il coinvolgi-mento della società civile ela verifica da parte dellaRegione degli obiettivi pre-visti

Le azioni individuate- previste nelle linee di

indirizzo e negli accordi diprogramma

- relative a specifiche criti-cità presenti nell’area (es. comparto ceramiche,petrolchimico e altro)

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50 quindi, fondamentali per cercare lamassima integrazione delle azioniai vari livelli e sulle differenti scalesu cui si articola il fenomeno.Un’agenzia quindi non più esclusi-vamente impegnata nella misura-zione dello stato – area in cui ilsupporto continua comunque aessere fondamentale, come testi-monia il progetto di ristruttura-zione della rete di misura regio-nale attualmente in corso – maanche in prima linea nella messa apunto di strumenti di valutazionedelle proposte e delle azioni deci-sive per il risanamento dell’aria.Arpa diventa sempre più impor-tante nel supporto alle Provincenella definizione dei Piani di risa-namento della qualità dell’aria, allaRegione nella definizione delPiano regionale derivante dall’in-tersezione dei nove piani provin-ciali, partecipando nel contempoalle attività del Tavolo di bacinopadano, al Tavolo tecnico delministero dell’Ambiente sulla qua-lità dell’aria e collaborando conApat per individuare una letturadel territorio nazionale, con l’o-biettivo di creare scenari di risana-mento congrui e integrati.

Le attività finora svolte hanno per-messo ad Arpa, grazie alle compe-tenze dei tecnici delle varieSezioni provinciali, di essere pre-sente in ciascuna provincia e difornire il necessario supporto infase di realizzazione del quadroconoscitivo sulla qualità dell’aria,ma anche di mettere a punto stru-menti di valutazione delle singoleazioni locali più significative. Sonostate sviluppate metodologie d’a-nalisi per la stima del risparmio intermini di “inquinanti nonemessi”, valutando sia i determi-nanti più significativi in ciascunaarea del territorio, sia gli effetti distrutture di valenza sovra provin-

I piani di risanamento della qualitàdell’aria sviluppati a livello localenon possono che vedere il suc-cesso nella loro integrazionemediante l’applicazione di azionicomuni su scale più grandi comequelle regionali o, nel caso dellapianura padana, di bacino. Insediamenti di grossi impianti dicombustione – siano essi volti allaproduzione di energia o d’altro –possono avere ripercussioni suaree più vaste del territorio diquelle semplicemente previstenella loro insediazione. Azioni con finalità differenti, senon governate nella loro comples-sità, possono indurre risultati diffe-renti. La combustione di biomasse– sebbene produca effetti positiviper la riduzione dell’anidride car-bonica, come previsto dal proto-collo di Kyoto – se non è comple-tamente governata, imbocca unastrada sicuramente contraria allarisoluzione del problema delleemissioni di PM10, a causa dell’e-levato fattore di emissione speci-fico dell’attività di combustionedella legna. Coerenza deve diven-tare la parola chiave di tutto il pro-cesso: coerenza spaziale, ovveroazioni integrate su ampie aree diterritorio, e coerenza gerarchica delleazioni previste come integrazionedei vari gradi di responsabilitànecessari al governo del processo,dal livello nazionale al comunale.

Servono nuovi strumenti tecniciche ci consentano di capire egovernare una materia così com-plessa: questa è la sfida che ArpaEmilia-Romagna si trova a doveraffrontare. Riuscire ad avere stru-menti di valutazione efficaci perl’individuazione e la valutazionedelle politiche necessarie al risana-mento della qualità dell’aria èormai indispensabile. Le attività di Arpa diventano,

Parlare di qualità dell’aria oggi-giorno significa sicuramente par-lare di qualcosa di differenterispetto a solo qualche anno fa: lecompetenze, le conoscenze e glistrumenti di valutazione sono sicu-ramente cambiati e migliorati,come differente è l’inquinamentoche misuriamo.Nel discorrere comune siamoinfatti sempre portati a considerarel’inquinamento come un’entitàunica che soggiace sempre allemedesime regole più che allasomma di inquinanti che, oltre ainteragire tra di loro, rispondono aleggi differenti. Questo porta ine-vitabilmente, per giungere allacomprensione delle regole chegovernano la sua produzione e dif-fusione, a valutare con attenzionele caratteristiche chimico-fisiche ele interazioni in atmosfera di cia-scun inquinante. L’elemento determinante che ciconsente di governare i fenomeniche cerchiamo di contrastare è ine-vitabilmente il fattore di scalainteso come la corretta compren-sione dell’estensione del feno-meno e dell’entità delle azioninecessarie per contrastarlo.

Gli inquinanti che oggi sono pre-dominanti nell’aria che respiriamorisultano avere grosse componentisecondarie e quindi interagire suampie aree del territorio. Se lamaggior parte degli inquinanti pri-mari risulta sotto controllo – grazieal lavoro di riduzione delle emis-sioni, attuato con le varie politicheper la qualità dell’aria adottate nelcorso degli anni – relativamente aquesta forma di inquinamento nonpossiamo utilizzare l’ambito locale,ma dobbiamo necessariamenteragionare su aree di territorio che,sostanzialmente, includono l’in-tero bacino padano.

ciale quali le autostrade o gliimpianti di produzione di energia. Nel contempo è stato attivato alivello regionale un gruppo dilavoro – formato dall’EccellenzaValutazione e gestione della qua-lità dell’aria, dall’Area Modellisticaambientale del Servizio IdroMe-teo, che ha messo a punto lamodellistica regionale per la qua-lità dell’aria, e dall’Area Atmosferae rumore di Ingegneria ambien-tale, che si occupa degli inventariregionali delle emissioni in atmo-sfera – per mettere a punto un’a-nalisi integrata dei piani di risana-mento provinciali. Questo contri-buto è stato ritenuto necessarioper elaborare un piano regionaledelle azioni previste per il risana-mento della qualità dell’aria cheillustrasse, oltre che i finanzia-menti necessari alla realizzazionedelle attività, anche una stima deibenefici ottenibili.

Lo sviluppo tecnico raggiunto haposto Arpa Emilia-Romagna tra lepiù avanzate realtà nel campodella valutazione e stima degli sce-nari sulla qualità dell’aria, al puntoda essere individuata come capo-fila nell’ambito dei progetti intera-genziali di Apat per la parte dimodellazione della qualità dell’a-ria nell’area del nord Italia.La competenza sviluppata si è

Arpa, l’attività di supporto alla Regione per la gestione della qualità dell’aria

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Qualità dell’aria e salute ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

Le conoscenze e gli strumenti di valutazione della qualità dell'aria sono migliorati sensibilmente nel giro di pochi anni.Questo ha portato alla necessità di valutare un elemento essenziale per la comprensione dell'inquinamento: l'ampiezzadi scala dei fenomeni osservati. Gli inquinanti predominanti nell’aria che respiriamo risultano avere significativequantità di componenti secondarie che ci obbligano a ragionare considerando l’intero bacino padano. Servono nuovistrumenti tecnici per capire e governare una materia così complessa: questa è la sfida che Arpa Emilia-Romagna staaffrontando. Fornire uno strumento unico di analisi della matrice che comprenda i modelli, gli inventari e le azioni èl’obiettivo di un progetto presentato di recente al ministero dell’Ambiente.

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quindi dimostrata utile anche persupportare la Regione Emilia-Romagna nel Tavolo tecnico delbacino padano sulla qualità dell’a-ria. Il Tavolo, creato a supportodell’accordo siglato agli inizi del2007, ha definito una serie di atti-vità – quali l’individuazione dimodalità di autorizzazione compa-rabili, relativamente a determinatiimpianti produttivi – e la valuta-zione di una serie di azioni di risa-namento della qualità dell’aria,definite in modo comune, in cuiArpa Emilia-Romagna ha potutogarantire la competenza e la capa-cità di elaborare strumenti che,oltre che essere significativi dalpunto di vista tecnico, hanno per-messo d’individuare alcune indica-zioni sull’entità degli interventi daporre in atto fruibili a tutte le scale.

Le attività di Arpa a supporto dellaRegione proseguono anche nelladefinizione di un progetto di

bilancio ambientale degli Accordidi programma sulla qualità dell’a-ria siglati tra Regione, Province,Comuni capoluogo e con più di50.000 abitanti. La novità è costituita dalla consa-pevolezza di quanto sia fondamen-tale il processo di rendicontazione,cioè la capacità di verificare se leazioni messe in atto abbianomigliorato l’ambiente, e di misu-rare tali eventuali miglioramenti. La “rendicontazione ambientale”è applicabile anche a piani e pro-grammi di attività e, insieme allaconoscenza dei dati e all’applica-zione modellistica per la costru-zione di scenari, costituisce un for-midabile strumento di controllodell’efficacia delle azioni proposte. Tali strumenti diventano assoluta-mente necessari in un contestopubblico caratterizzato da limitaterisorse da investire, nel quale dun-que è necessario scegliere – fratutte le attività possibili – quelle in

grado di fornire i risultati più signi-ficativi di miglioramento ambien-tale.Il ruolo svolto da Arpa è essen-ziale, in questa prospettiva di foca-lizzazione su metodi, dati e sce-nari, e l’Agenzia potrà svolgere consempre più efficacia il proprioruolo di supporto per consentire aidecisori politici scelte sempre piùcoerenti con i criteri della sosteni-bilità.

In conclusione, la sfida più com-plessa al momento progettata èquella di mettere a regime, in uncontesto fruibile e integrato, tuttele attività finora realizzate sumodelli, inventari, azioni, in mododa fornire uno strumento unico dianalisi della matrice che consentaun utilizzo dello schema DPSIR(Determinanti, Pressioni, Stato,Impatti, Risposte) non tanto ascopo esclusivamente accademico,quanto operativo e incisivo nell’in-

dividuazione di politiche che con-sentano a tutti i cittadini di viveremeglio, in un territorio in cui l’at-tenzione per la qualità dell’arianon sia limitata al dato misurato,ma si sposti sempre più sugli inter-venti da realizzare e sulla loro effi-cacia. Questo, in sostanza, il contenutodi un progetto integrato messo apunto da Arpa recentemente pre-sentato dalla Regione Emilia-Romagna al ministero dell’Am-biente, ai sensi del decreto mini-steriale del 16/10/2006 “Pro-gramma di finanziamenti per le esi-genze di tutela ambientale connesse almiglioramento della qualità dell'ariae alla riduzione delle emissioni dimateriale particolato in atmosfera neicentri urbani”.

Eriberto de’ MunariArpa Emilia-Romagna

Questo è stato possibile grazie allaconsapevolezza maturata, anche alivello normativo, che un approc-cio troppo localistico al problema –e nel nostro caso prioritariamenteprovinciale e comunale – crea reticon punti di misura ridondanti epoco distribuiti sul territorio. Ciòdetermina maggiori costi operativi

degli interventi di tutela, risana-mento e miglioramento della qua-lità dell’aria.Perseguendo quindi tali obiettivie nel contempo volendo fornire aicittadini il massimo delle informa-zioni possibili in materia, laRegione Emilia-Romagna, inaccordo con i Comuni e le Pro-vince del territorio, e con il sup-porto tecnico di Arpa, ha predi-sposto quella che sarà la nuovarete di monitoraggio della qualitàdell’aria per gli anni futuri.L’evoluzione necessaria è stataprogettata individuando i punti dimisura più significativi all’internodelle stazioni esistenti sul territo-rio e individuando nuovi siti adhoc che consentano una letturauniforme dell’inquinamento del-l’aria sul territorio sia per la prote-zione della salute, sia per la prote-zione degli ecosistemi naturali.

L’evoluzione degli strumenti attia monitorare lo stato dell’am-biente ha seguito un percorsoparallelo al mutamento dellecaratteristiche dell’inquinamentoatmosferico e della normativa aesso associata (tabella 1). Punti chiave dell’attuale impiantonormativo sono:• la suddivisione del territorio regio-nale in Zone, aree omogenee percaratteristiche di qualità dell’aria• la valutazione della qualità dell’a-ria, intesa come un processo che –attraverso metodologie di misura,calcolo e stima – è in grado di sti-mare il livello di un inquinantenell’aria ambiente• la gestione della qualità dell’aria,l’insieme delle azioni intrapresealle diverse scale istituzionalifinalizzate ad affrontare in modosistematico e dinamico la pro-grammazione e la pianificazione

e valutazioni non omogenee sulterritorio. La rete deve essere rap-presentativa delle singole realtà,che devono poter essere confron-tate e lette sull’intero territorio;non può essere la semplice sommadi stazioni comunali e provinciali,ma deve essere una rete omoge-nea e integrata.

La rete regionale di monitoraggio verso la configurazione definitivaDefinito lo schema di configurazione definitiva della rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria, il 29maggio è stato firmato il contratto per la realizzazione della prima fase di ristrutturazione, che corrisponde a unfinanziamento di 1.549.000 euro; rispetto al progetto originale, resta invariato il numero delle stazioni di misura(63). I 207 analizzatori previsti sono individuati secondo criteri volti a ottenere informazioni più rappresentativedi realtà territoriali omogenee e meglio confrontabili.

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rete sono attualmente presenticirca l’80% di strumenti con più di10 anni di funzionamento e ciò siripercuote sulla frequenza dellamanutenzione e conseguente-mente sulla percentuale di dativalidi. Si è così giunti alla conclu-sione di rivedere l’assetto stru-mentale delle stazioni giungendoalla proposta seguente (v. anchetabella 2), valutando costante-mente varie economie di scala econsiderando che inquinanticome monossido di carbonio ebiossido di zolfo sono talmentediminuiti da rasentare la non rile-vabilità da parte degli strumenti:• misura del monossido di carbonioe del benzene solo nelle stazioniTraffico della rete: 1 per ciascunAgglomerato + Bologna Zona A(14 stazioni contro le 38 del pro-getto originario)• mantenimento della misura dibiossido di zolfo su tutti i mezzimobili e in due siti significativi perciascuna delle Zone di Ravenna eFerrara (4 stazioni fisse contro le14 del progetto originario)• misure di PM10 relativamentealle stazioni Fondo rurale esclusi-vamente nelle stazioni della ZonaA relative a Parma-Badia Torre-chiara, Bologna-S. Pietro Capo-fiume, Ferrara - Iolanda di Savoia,Forlì-Cesena-Santa Sofia (4 sta-zioni contro 9 previste)• misura di PM10 orario nelle sta-zioni di S. Pietro Capofiume eIolanda di Savoia, a soli finimodellistici • misure di PM2,5 in tutte le sta-zioni Fondo rurale e Fondourbano (nessuna variazione diprogetto)

Carla NizzoliArpa Emilia-Romagna

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Non solo, rispetto alla configura-zione attuale – in cui sono sostan-zialmente analizzate esclusiva-mente le criticità dei sistemiurbani più grandi, tipicamente icapoluoghi di provincia – si è pas-sati a misure più diffuse per otte-nere informazioni anche sulleZone A e Zone B del territorio.Nella progettazione del nuovoassetto regionale è prevista unaconfigurazione di base, che vedeuna struttura della rete analogaper ciascuna provincia rispon-dente alle precise necessità delterritorio indagato; a tal fine sonostate individuate almeno 3 sta-zioni (Fondo urbano, Fondo resi-denziale e Traffico) per ciascunAgglomerato, almeno 2 stazioni(Fondo suburbano e Fondorurale) per le Zone A e almenouna stazione di Fondo remotoogni due province, situate nellearee appenniniche o nelle areeverdi del delta del Po.Dalla prima ipotesi si è procedutoa un ulteriore adattamento dellarete mediante confronti a livelloprovinciale e comunale che hannoportato alla configurazione defini-tiva proposta.

Il 29 maggio 2007 è stato firmato ilcontratto per la realizzazione dellaprima fase relativa alla ristruttura-zione della rete regionale di moni-

richieste per le centraline (si va daiparchi naturali ai centri storici). Nonostante il forte impegnofinanziario sostenuto dellaRegione per l’attuazione di taleprogetto, una fonte importante dipreoccupazione risulta esserel’anzianità strumentale della reteregionale. Il processo di gestionedella rete attualmente in esserenon ha mai visto infatti attivareprocessi di revamping e aggiorna-mento della strumentazione pre-sente, se non in caso di rotturemanifeste e palesi degli stru-menti. Questo ha portato neltempo sostanzialmente a unaumento delle stazioni presenti,ma non a un rinnovo delle esi-stenti cosicché attualmente sulla

toraggio della qualità dell’aria,corrispondente a un finanzia-mento di 1.549.000 euro; per laseconda fase (fondi previsti pari a2.032.400 euro) in accordo con laRegione, si è ipotizzato un avvionel 2008, al termine della realizza-zione della prima tranche, chedovrebbe attuarsi entro il31.12.2007 o al più tardi nel primotrimestre 2008.La principale criticità riscontrata inquesta prima fase è stata l’allunga-mento dei tempi e le differentimodalità nell’espletamento delleprocedure autorizzatorie da partedei soggetti istituzionali; sonoinfatti diverse le procedure adot-tate dai Comuni, anche in fun-zione delle differenti collocazioni

Provincia Stazioni Pm10 Pm2.5 NOx CO BTX SO2 O3 Totale

Piacenza 6 4 2 6 1 1 - 4 18

Parma 5 4 2 5 1 1 - 3 16

Reggio Emilia 7 5 2 7 2 2 - 4 22

Modena 9 7 4 9 2 2 - 5 29

Bologna 11 10 4 11 3 3 - 6 37

Forlì-Cesena 6 5 2 6 1 1 - 4 19

Ferrara 6 5 3 6 1 1 2 4 22

Ravenna 7 6 3 7 2 2 2 4 26

Rimini 6 4 2 6 1 1 - 4 18

Totale 63 50 24 63 14 14 4 38 207

Tab. 2 - Ipotesi di configurazione definitiva della rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria in

Emilia-Romagna

Periodo Inquinamento Normativa Monitoraggio

Anni 60-70

Prodotto dai grandiimpianti industrialie in particolare daigrandi impianti dicombustione edalle raffinerie,PTS, SO2

Legge 615/1966, la cosiddetta leggeantismog e successivo decreto diattuazione Dpr 322/1971.

L’esigenza primaria erail controllo del rispettodei limiti dell’inquina-mento prodotto dal sin-golo impianto in deter-minate aree del territo-rio nazionale

Fine anni 70-80 PTS, SO2, CO

Dpcm del 28 marzo 1983: concetto diSQA, non limiti dovuti al contributodel singolo impianto, ma limiti evalori guida derivanti dal contributoglobale delle diverse sorgenti, validisu tutto il territorio nazionale.

Nascita delle prime retilocali

Anni 90miglioramento della qualitàdei combustibili e, limita-zioni alle emissioni,crescitaincontrollata del numero diveicoli circolanti

PTS, NO2, CO, O3,microinquinanti

Nascita del ministero dell’Ambientenel 1986: Dpcm 1991 + numeroincontrollato di decreti e ordinanzeministeriali

Creazione di tutte le retiprovinciali in regione

Fine anni 90 a oggiNO2, PM10, PM2,5,O3, IPA, metallipesanti

Dlgs 351/1999Dm 60/2002Dlgs 183/2004

Zonizzazione del territo-rio, redazione di un pro-getto regionale per lacostituzione di unsistema integrato dimonitoraggio

Tab. 1 - Sintesi dell’evoluzione degli strumenti di monitoraggio, della conoscenza

sulle caratteristiche dell’inquinamento atmosferico e della normativa associata

Qualità dell’aria e salute ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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emissioni del 50%-60%. In que-sto caso si otterrebbe il rispettodei limiti di QA in tutto il territo-rio regionale, con un buon mar-gine di sicurezza, per tutti gliinquinanti, a esclusione dell’o-zono, che presenterebbe comun-que riduzioni apprezzabili. Sola-mente alcuni grandi agglomeratiurbani a nord del Po resterebbero

ritorio regionale possono otte-nere risultati significativi.Scenari emissivi realistici sonostati costruiti sulla base delleindicazioni fornite nell’ambitodel programma Clean Air ForEurope dell’Ue.Lo scenario CLE2010 – nell’ipo-tesi di un’applicazione rigorosa ditutte le norme che si presumonoessere in vigore al 2010 – pre-vede riduzioni delle emissionidel 30%-40%. Se applicate sututto il Nord Italia, consentireb-bero di ottenere il rispetto deilimiti di qualità dell’aria (QA) perNO2 e PM10 in quasi in tutta l’E-milia-Romagna, mentre l’ozonocontinuerà ad avere un numerodi superamenti ampiamente oltreil valore obiettivo per la prote-zione della salute. Tuttavia inquesto scenario si otterrebbe ilrispetto dei limiti di QA con unoscarso margine di sicurezza: lezone immediatamente a norddell’Emilia-Romagna e partedella provincia di Piacenza ver-rebbero a trovarsi in condizioniancora critiche.Lo scenario CLE2020, relativo aun orizzonte temporale piùlungo, prevede riduzioni delle

Per stimare il massimo grado diriduzione della concentrazione diinquinanti ottenibile in Emilia-Romagna attraverso l’applica-zione di misure limitate al soloterritorio regionale, è stato stu-diato uno scenario puramenteipotetico (EmrZero) corrispon-dente all’azzeramento di tutte leemissioni in regione. In questocaso la riduzione della concentra-zione della media annuale delPM10 sarebbe approssimativa-mente del 40-50% nella zonacentrale della regione, mentre inprossimità dei confini regionali, acausa del trasporto di inquinantidalle regioni vicine, la riduzionesarebbe compresa tra il 20% e30%. Meno marcato invece l’im-patto sulle concentrazioni diozono: il numero di superamentidel livello di protezione dellasalute subirebbe una riduzionemassima del 20%, rimanendoben al di sopra dei 25 supera-menti consentiti. Ciò suggerisceche per l’O3 occorrono politichea scala almeno di bacino padano,mentre per NO2 e PM10 azioniincisive di riduzione delle emis-sioni che interessino l’intero ter-

prossimi al limite relativo allamedia giornaliera di PM10.Infine è stato definito uno scena-rio (EMR1) risultante dall’ado-zione di ulteriori azioni, rispettoal CLE2010, nel solo territoriodell’Emilia-Romagna, tecnica-mente fattibili, ma molto impe-gnative dal punto di vista dell’at-tuazione pratica quali:

Gli scenari futuri, quali obiettivi minimi di riduzione?Quali azioni sono necessarie per raggiungere il rispetto degli standard di qualità dell’aria in Emilia-Romagna?Per rispondere a questa domanda sono stati analizzati gli impatti sull’inquinamento atmosferico di 4 scenari diriduzione delle emissioni simulati utilizzando il sistema modellistico Ninfa (network dell´Italia del Nord perprevisioni di smog fotochimico e aerosol), gestito da Arpa Emilia-Romagna. L’azzeramento ipotetico di tutte leemissioni in regione porterebbe a una riduzione della media annuale del PM10 del 40-50% nella zona centraledella regione, mentre in prossimità dei confini, a causa del trasporto di inquinanti dalle regioni vicine, la riduzionesarebbe compresa tra il 20% e 30%.

Fig. 1 Rispetto dei limiti di legge sulla media giornaliera del PM10 caso base. Lalinea rossa delimita le aree in cui i limiti non sono rispettati. Le stime tengono contodel bias del modello.

5160

5130

5100

5070

5040

5010

4980

4950

4920

4890

4860

4830

4800

300 360 420 480 540 600 660 720 780 840

5 10 20 35 50 65 80 95

PM10, Long 4 UB, apr 2003 - mar 2004

Number of days with daily average exceeding 50 µg/m3

Fig. 2 Rispetto dei limiti di legge sulla media giornaliera del PM10 in alcune cittàed in località rurali nello scenario base, CLE2010 e CLE2020. Le stime tengonoconto del bias del modello.

Fig. 3 Rispetto dei limiti di legge sulla media giornaliera del PM10 nei capoluoghidell’Emilia - Romagna, nello scenario base ed EMR1 Le stime tengono conto delbias del modello.

ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

(segue a pag. successiva) t

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Fig. 1 PM10, fattori di emissione medi delle autovetture

viene soddisfatta attraverso l’usodel mezzo privato (più dell’80 %degli spostamenti). Il peso dei trasporti in termini diconsumi finali di energia in Italiaè passato dal 16% del 1971 avalori sempre superiori al 30%dopo il 2000 e questo si rifletteanche nel suo rilevante contri-buto alle emissioni in atmosferadei diversi inquinanti.Un'altra fonte di preoccupazioneè rappresentata dal progressivoincremento della consistenza delparco auto di grossa cilindrata,caratterizzato da maggiori con-

Nei paesi industrializzati ilsistema dei trasporti risulta stret-tamente legato allo sviluppo eco-nomico; all’incremento delladomanda di mobilità è corrispo-sto in generale un aumento delnumero di mezzi circolanti edelle percorrenze con conse-guente crescita dell’importanzadel settore dei trasporti comefonte di inquinamento atmosfe-rico. Attualmente l’Italia è ilsecondo Paese europeo pernumero di autovetture per abi-tante e nelle aree urbane granparte della domanda di mobilità

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- passaggio a Euro5 di tutto ilparco circolante, promozione esostegno del trasporto pubblicourbano (azioni previste nell’am-bito dell’accordo regionale sullaqualità dell’aria) ed extraurbano- completa trasformazione ametano delle centrali esistenti enessuna nuova centrale- interventi di riqualificazioneenergetica degli edifici e ridu-zione dell’uso della legna per ilriscaldamento.In questo caso, a fronte di unariduzione delle emissioni nel ter-

ria per gli inquinanti ozono, bios-sido di azoto, PM10 nella regioneEmilia– Romagna” disponibile inArpaweb all’indirizzo:http://www.arpa.emr.it/sim/,sezione Qualità dell’aria, paginaScenari futuri di qualità dell’aria.

Marco DesertiMichele StortiniGiovanni BonaféEnrico MinguzziArpa Emilia-Romagna

Nel caso base risultano oltre illimite tutti i capoluoghi dell’E-milia e anche diverse aree indu-striali (il distretto delle cerami-che di Sassuolo, i poli industrialidi Ferrara e Ravenna). In tutti gliscenari le concentrazioni medieannuali in regione sono inferiorial limite.La metodologia e l’analisi appro-fondita dei risultati sono descrittinel rapporto tecnico “Individua-zione degli obiettivi minimi di ridu-zione delle emissioni regionali per ilrispetto dei limiti di qualità dell’a-

ritorio regionale del 40%-50%, siotterrebbe un rispetto generaliz-zato dei limiti per il PM10, men-tre rimane la possibilità che illimite sulla media annuale diNO2 sia superato in aree circo-scritte in prossimità dei grandiimpianti industriali. Anche inquesto caso i valori obiettivo perl’ozono non sarebbero rispettati.Per completare il quadro è statoesaminato anche il PM2.5, consi-derando la soglia di 25 µg/m3 perla media annuale, come propostonella bozza di direttiva europea.

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sumi ed emissioni e più elevatoingombro rispetto alle auto dicilindrata inferiore a 1400 cc. In molte città del Nord Italia trail 2000 e il 2005 tale incrementoè stato superiore al 40%, mentrele auto di cilindrata intermediasono cresciute da pochi puntipercentuali a più del 30%(G.Cattani, L. Di Matteo in Laqualità dell’aria in Italia: dati, pro-blemi, prospettive, Apat, 2006).Il disaccoppiamento fra crescitaeconomica e incremento del traf-fico è diventato quindi un obiet-tivo ambizioso, ma irrinunciabile.Sul fronte degli interventi risultaessenziale integrare strategieambientali e politiche per il tra-sporto con spostamento di quotesignificative di mobilità dal tra-sporto stradale al trasporto surotaia e dal trasporto privato altrasporto collettivo. A questiinterventi si associano quelli rela-tivi al miglioramento delle pre-stazioni ambientali del parco cir-colante con riduzione dei fattoridi emissione sia per gli inqui-nanti primari (cioè emessi diret-tamente), sia per i precursorid’inquinanti secondari (che siformano in atmosfera per rea-zione degli inquinanti primari)

quali O3 e PM secondario e i gasa effetto serra (CO2). Va anche sottolineata l’impor-tanza della sensibilizzazione edella responsabilizzazione indivi-duale: ogni singola azione cheporta alla riduzione delle emis-sioni è da ritenersi corretta. Tuttii motori che utilizziamo sonofonte di emissione, indipenden-temente dal combustibile utiliz-zato (e una parte delle emissionidi particolato deriva dall’usuradei freni e dei pneumatici e dal-l’abrasione della strada: la com-ponente definita non exhaust).

La Regione Emilia-Romagna –

I fattori di pressione sulla qualità dell’aria, le emissioni da traffico veicolare

Considerato che il grado medio diriempimento di un’autovettura è pari acirca 1,2 persone (in auto viaggiamoquasi sempre soli), per lo spostamentodi una persona del peso medio di 60-90kg usiamo l’energia necessaria aspostare un’automobile il cui peso vada 0.8 a 2.5 tonnellate!

PM10 - Fattori di emissione medi (autovetture)

Usura freni e pneu-matici + abrasionestradeCombustione

t

L’Italia è il secondo Paese europeo per numero di autovetture per abitante e nelle aree urbane più dell’80 % degli spostamentiavviene attraverso l’uso del mezzo privato. Il peso dei trasporti, in termini di consumi finali d’energia, è passato dal16% del 1971 a valori superiori al 30% dal 2000 in poi. Un altro elemento di criticità è il progressivo incremento delleauto di grossa cilindrata. Dal Bilancio ambientale dell’Accordo di programma alcune valutazioni sugli interventi dimitigazione dell’inquinamento atmosferico in Emilia-Romagna.

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rispetto alla benzina, mentre nonapportano miglioramenti rispettoalle emissioni di PM10 primario eNOx. Per il PM10 le informazioni suifattori di emissione (FE) da com-bustione di veicoli a benzina con-vertiti a gas sono scarse. I pochidati sperimentali disponibili(Grechi, 2006) mostrano come leemissioni risultino dello stessoordine di grandezza dei veicoli abenzina di partenza. In partico-lare le emissioni di PM10 dei vei-coli Euro risultano in entrambi icasi (benzina o gas) molto bassee rappresentate prevalentemente(98%) dalle emissioni da usura eabrasione. La sostituzione del parco dieselcon veicoli nuovi a gas risultainvece efficace anche per la ridu-zione delle emissioni di PM10primario e NOx. Il trend in crescita del parco vei-colare diesel (in Emilia-Romagnadal 2000 al 2004 le autovettureimmatricolate alimentate a gaso-lio sono passate da circa 300.000 a600.000 unità) rappresenta, daquesto punto di vista, un pro-blema, in quanto i veicoli dieselsono caratterizzati da fattori diemissione mediamente più ele-vati per NOx e PM10. In particolare per quest’ultimoinquinante, come evidenziato infigura 1, gli autoveicoli dieselEuro 3 ed Euro 4 hanno FE medisimili a quelli dei benzina pre

Euro, mentre i benzina Eurohanno FE estremamente bassi ecomposti quasi esclusivamentedalla componente non exhaust. Va detto che l’avanzare della tec-nologia ha portato nei diesel unaforte riduzione del numero diparticelle emesse, in particolaredi quelle con diametro maggioredi 50 nm (figura 2). Inoltre il fil-tro antiparticolato (FAP) riducein modo significativo le emissionidi polveri, soprattutto quellimontati di serie sulle autovetturedi nuova costruzione. Il pesodelle particelle emesse vieneridotto di circa 42 volte, mentre ilnumero di particelle di circa10.000 volte. I sistemi di filtra-zione installati su veicoli già incircolazione presentano rendi-menti inferiori (dal 30% al 60% eoltre con riferimento alla massadel particolato). I fattori di emissione specifici ele elevate percorrenze dei veicolialimentati a gasolio determinano,secondo le elaborazioni condottenell’ambito dell’inventario regio-nale delle emissioni dell’Emilia-Romagna, la distribuzione delleemissioni per tipologia di veicoloriportate in figura 3, da cui si evi-denzia come i mezzi alimentati agasolio abbiano un ruolo deter-minante nelle emissioni di PM10,NOx e SOx.

Cristina RegazziSimonetta Tugnoli Arpa Emilia-Romagna

privata nella giornata del giovedì(Comune di Bologna). Sulle arte-rie cittadine, nelle fasce orarie divalidità del provvedimento, èstata registrata una riduzionemedia dei flussi di traffico pari acirca il 40% e la stima delle emis-sioni “risparmiate” risulta di circa50 kg/g di PM10, 610 kg/g diNOx, 1190 kg/g di NMVOC. Un altro intervento oggetto divalutazione è stato quello rela-tivo alla conversione dei veicolida benzina a Gpl/metano. Laconversione risulta avere uneffetto positivo nella riduzionedelle emissioni di composti orga-nici volatili (che sono fra i pre-cursori del PM secondario) e diCO2, grazie al minor contenutodi carbonio di Gpl e metano

attraverso gli accordi di pro-gramma sulla qualità dell’aria fir-mati a partire dal 2002 daRegione, Province e Comunicapoluogo e con più di 50.000abitanti – ha previsto diversiinterventi rivolti alla riduzionedell’impatto del settore dei tra-sporti. Dal 2006 l’Accordo di Pro-gramma è stato accompagnato daun importante strumento di ren-dicontazione, il Bilancio ambien-tale, che ha consentito di effet-tuare una valutazione quantita-tiva degli effetti di alcuni inter-venti per la riduzione delle emis-sioni da traffico. Nell’ambito del Bilancio è statovalutato, ad esempio, l’inter-vento di blocco della circolazione

Fig. 2 Caratterizzazione del particolato emesso (autovetture diesel)DPF= filtro anti particolato

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ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

Fig. 3 Emissioni per categoria di veicoli e alimentazione. Fonte Inventario regionaledelle emissioni in atmosfera, Regione Emilia-Romagna e Arpa, 2003.

Regione Emilia-Romagna

Emissioni % per categorie di veicoli e alimentazione

mc-pes-diesel

mc-pes-benzina

mc-legg-diesel

mc-legg-benzina

auto-metano

auto-GPL

auto-diesel

auto-benzina

t

5,50 E+106,71 E+10

Autovetture diesel - caratterizzazione del PM

<50 nm

EuroIll DPF

EurollI

Euroll

Eurol

7,90 E+13

1,64E+14

7,60 E+13

2,12 E+14

8,50 E+13

4,04 E+14

Total PM

(n° particelle/km)

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Molti altri inquinanti (metalli,idrocarburi ecc.) possono poiessere presenti e causare effetti alungo termine, tra questi, di parti-colare interesse è l’ossido di car-bonio (CO) per i possibili effettisull’apparato cardiovascolare.Il problema dell’inquinamentoambientale, con il conseguenterischio di danno respiratorio pre-vede il coinvolgimento non solodi aerocontaminanti esterni maanche di agenti irritanti presentiindoor e di molteplici sostanzepresenti in ambito lavorativo.

LE POLVERI

Tra i molteplici inquinanti cheinteressano i centri urbani, unaparticolare e crescente attenzioneviene rivolta alle cosiddette “pol-veri sottili”. Studi epidemiologicicondotti in numerose città ameri-cane ed europee, nel corso degliultimi 20 anni, documentano unastretta relazione fra concentra-zione ambientale di polveri sottilie problematiche respiratorie. Le polveri atmosferiche definitecome PTS (polveri totali sospese)o PM (materiale particolato),sono un’insieme molto eteroge-neo di particelle solide o liquideche, a causa delle ridotte dimen-sioni, restano in sospensione nel-l’aria. Il diametro delle particellepuò variare da 0.005 µm a un mas-simo di 100 µm. Si definisconoPM10 quelle polveri con un dia-metro inferiore a 10 µ; questecomprendono un sottogruppoPM2.5 avente un diametro infe-riore a 2.5 µ. Tanto più piccola è ladimensione della particella, tantomaggiore è la capacità di pene-trare nei polmoni e produrreeffetti dannosi per la salute. Perquesto le PM10 e soprattutto lePM2.5 presentano un interessesanitario superiore rispetto allePTS nel loro complesso. Le pol-veri PM10 sono dette anche “ina-

riale e dipende dalla loro naturachimica, dalla loro concentra-zione, dalle condizioni climatiche,e da fattori costituzionali. Gliinquinanti più frequentementecoinvolti nel causare i danni allasalute dell’uomo, in particolarmodo all'apparato respiratorio(ogni giorno inaliamo da 10 a20.000 litri di aria) sono:- anidride solforosa o biossido dizolfo (S02)- il particolato totale sospeso(PTS): PM10 e PM2.5 - il biossido di azoto (NO2)- l’ozono (O3)

Fino a qualche anno fa il ruolopredominante nell'inquinamentooutdoor veniva svolto dalle parti-celle aerosolizzate di acido e daiprodotti della combustione delcarbone. Attualmente prevalgonogli inquinanti prodotti dal trafficostradale, quelli fotochimici e l'o-zono. Nelle aree urbane si pos-sono distinguere due diversi tipidi inquinamento: • da smog di tipo invernale, caratte-rizzato prevalentemente da unaumento dei livelli di SO2 e PTS;• da smog di tipo estivo, caratteriz-zato soprattutto da un aumentodei livelli di O3 e NO2.

È noto come il polmone sia il“bersaglio privilegiato” dell’in-quinamento e una serie di episodiambientali – Valle della Mosa(Belgio-1930), Londra ( Inghil-terra-1952), Los Angeles (Usa-1960), Indonesia, Malesia, Bor-neo, Filippine (settembre-ottobre1997) – hanno messo in luce glieffetti nocivi dei tossici atmosfe-rici, stimolando la ricerca scienti-fica in questo campo. È indubbio che i processi di indu-strializzazione, urbanizzazione esoprattutto l’aumento del trafficoveicolare, abbiano alterato inmaniera progressiva e profondal’aria che si respira e la qualitàdella nostra vita, soprattutto nellecittà.I dati che emergono dai piùrecenti studi epidemiologici rela-tivi agli effetti nocivi degli inqui-nanti, concordano nell’esistenzadi una stretta correlazione traaerocontaminanti e morbilità emortalità, non solo per patologierespiratorie, ma anche cardiova-scolari.

INQUINANTI ATMOSFERICI

Il tipo e l’entità di effetto pro-dotto degli inquinanti atmosfericisulla salute umana è multifatto-

labili”, in quanto sono in grado digiungere nel tratto superiore del-l’apparato respiratorio (naso-laringe).Le polveri PM2.5 sono definite“respirabili” in quanto sono ingrado di penetrare in profonditàfino agli alveoli. Una volta pro-dotte, le polveri PM10, possonorimanere in sospensione nell’ariafino a 12 ore, mentre le PM2.5anche settimane e questo le rendeparticolarmente insidiose.Le sorgenti di PM10 nei centriurbani, sono essenzialmente i vei-coli con motore a combustioneinterna, alcuni insediamenti pro-duttivi e gli impianti di riscalda-mento a gasolio. Tra i motori attualmente in uso, ilmotore diesel è il maggior respon-sabile della produzione di mate-riale particolato. Le auto conmotori diesel vengono general-mente pubblicizzate come “eco-logiche”, dal momento che pro-ducono fino al 25% in meno diCO2, che contribuisce in manieraconsiderevole all’effetto serra.Rispetto ai motori a benzina senzapiombo producono però da 10 a100 volte più NO2, aldeidi e PMrespirabili.

EFFETTI SULLA SALUTE

L’apparato respiratorio rappre-senta la più importante interfacciadell’uomo con l’ambiente, dun-que è quello che maggiormenterisente dei fattori ambientali diusura e invecchiamento (superfi-cie respiratoria 60 m2 + alberobroncopolmonare 70 m2 =130 m2).Ogni giorno nelle nostre cittàsiamo sottoposti a un aerosol diagenti inquinanti da 0,7 a 1 gr di“veleni” per m3 di aria inspirata,nelle 24 ore inaliamo mediamenteda 7 a 12 gr di sostanze pericolose.La quantità (concentrazione) diparticolato aereo disperso è l'indi-catore di inquinamento atmosfe-

I “veleni” dell’aria, morbilità e mortalità allo studioL’apparato respiratorio rappresenta la più importante interfaccia dell’uomo con l’ambiente e il polmone è bersaglioprivilegiato dei tossici atmosferici. Ogni giorno nelle nostre città respiriamo un aerosol composto da 0,7 a 1 gr di“veleni” per m3 di aria inspirata; nelle 24 ore inaliamo mediamente da 7 a 12 gr di sostanze pericolose. Un bolognesesu 5 soffre di tosse persistente per circa tre mesi l’anno. La stretta correlazione tra aerocontaminanti, morbilità emortalità – sia per patologie respiratorie, sia cardiovascolari – è un fatto dimostrato da numerosi studi.

Tab. 1 - Meccanismo di azione degli inquinanti atmosferici

1. Alterano la frequenza del battito ciliare aumentando il danno epi-teliale e la permeabilità; questo comporta:

• Una ridotta clearance muco-ciliare.• Una facilitazione per gli agenti irritanti aerodispersi di interagire

a livello mucosale con cellule infiammatorie attivate qualimastociti, macrofagi, cellule dendritiche.

2. Riducono i livelli antiossidanti fisiologici quali la glutatione, cherivestono particolare importanza nel mantenere l’integrità di mem-brana della cellula epiteliale.

3. Favoriscono il rilascio dalle cellule epiteliali di citochine proin-fiammatorie e l’espressività di molecole di adesione cellulare chemediano il danno tissutale prodotto dalla attivazione di celluleinfiammatorie quali eosinofili , mastociti e linfociti.

Qualità dell’aria e salute ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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rico maggiormente associato aglieffetti dannosi per la salute.Numerosi studi epidemiologicicondotti sia in Italia, sia a livellointernazionale ne hanno dimo-strato gli effetti a breve (acuti) e alungo termine (cronici). Unagente atmosferico viene conside-rato inquinante quando è in gradodi danneggiare una funzione del-l’organismo umano, innescandouna catena di eventi che condu-cono a una alterazione funzionale.Per il PM10, le conoscenze attualiindicano che non esiste un valoredi concentrazione al di sotto delquale non siano attesi effetti perla salute; si tratta cioè di un inqui-nante caratterizzato da un anda-mento “dose-risposta senzasoglia”. In altre parole, gli effettinocivi aumentano per frequenza egravità con l'aumentare delle con-centrazioni di polveri fini e non èdimostrabile, comunque, unlivello di concentrazione al disotto del quale non si manifestinoeffetti sulla salute.Il meccanismo d’azione del parti-colato si svolge sia mediante unacompromissione della clearancemucociliare, sia attraverso un’a-zione ossidante (tabella 1). Le principali cellule coinvoltenelle risposte proinfiammatorieiniziali al particolato sono i macro-fagi e le cellule epiteliali.L’ipotesi centrale per l’induzionedell’infiammazione da PM10 sibasa sull’induzione di uno stressossidativo causato dalle intera-zioni con gli ossidanti derivantidai metalli di transizione e l’am-pia superfice del particolato ultra-fine proveniente dalla combu-stione. Tuttavia possono avvenireanche interazioni con altri compo-nenti di PM10 soprattutto l’endo-tossina (costituente della paretedei Gram-negativi, molto potentinel causare infiammazione). IlPM10 può semplicemente provo-care, soprattutto se associato al

fumo di sigaretta, disturbi di tipoirritativo al sistema respiratorio.Può però causare problemi disalute più gravi in “persone parti-colarmente sensibili” quali bam-bini e anziani, nonché in sotto-gruppi di popolazione cosiddetti arischio (broncopneumopatici, car-diopatici, diabetici); ben docu-mentata è l’associazione fraaumento di PM10 e attacchi diasma e BPCO.I dati raccolti su numerosi inqui-nanti (monossido di carbonio,biossido di azoto, ozono, benzenee polveri sospese) sono statiimpiegati per misurare il trenddell'inquinamento negli anni,mentre la stima dell'impatto sullasalute dei vari studi epidemiolo-gici si è avvalsa delle concentra-zioni di PM10, che viene utilizzatocome indicatore/tracciante affida-bile per lo studio degli effetti sullasalute dell'inquinamento atmo-sferico. Va evidenziato come l'inquina-mento funga non solo da fattorescatenante in soggetti già affettida problematiche respiratorie, mafavorisca la slatentizzazione, insoggetti predisposti, di risposteinfiammatorie e ostruttive dellevie aeree che non si sarebberoespresse in un contesto ambien-tale diverso (tabella 2). Le evi-denze che correlano gli effettinegativi dell’inquinamento atmo-sferico sull’apparato respiratoriosono sempre più numerose eattendibili. Gli studi attualmente disponibilisuggeriscono chiaramente che lasalute pubblica beneficia conside-revolmente da una migliore qua-lità dell’aria. È fondamentalequindi che, in questo contesto, iprofessionisti della salute sianocoinvolti nei processi di “deci-sioni politiche” per supportareattivamente provvedimenti miratia un miglioramento della qualitàdell’aria.

UN BOLOGNESE SU CINQUE

SOFFRE DI TOSSE

Da un recente studio policentricocondotto dall’Associazione ita-liana per lo studio della tosse(Aist) è emerso come circa il 20%della popolazione soffra di tossepersistente (per almeno 3 mesiall’anno), è singolare come unabuona percentuale di questi sog-getti siano persone sane, nonfumatori, in attività lavorativa. Lapercentuale sale al 30% se ven-gono considerate le formeacute/occasionali di breve durata.La ricerca (Studio Iceberg) con-dotta in collaborazione con l’Apie il Cnr su un campione di circa10.000 lavoratori della provincia diBologna ha fornito dati moltointeressanti che confermano ilcostante aumento di sintomi emalattie respiratorie.Questi possono essere così sinte-tizzati:- le donne rispetto agli uomini 1) hanno una percezione piùnegativa del loro stato di salute2) riferiscono una percentualemaggiore di sintomi respiratori,gastrici e fanno maggior uso difarmaci3) mostrano una prevalenza signi-ficativa di asma, rinite e sinusite.- I valori di prevalenza di tosseemersi dallo studio sono sostan-zialmente simili nei due sessi e in

linea con quanto registrato in altreindagini epidemiologiche.- Chiara è l’associazione fra fumoattivo e sintomatologia respirato-ria (tosse, catarro e dispnea), cosìcome ha rilevanza statistica ladistribuzione della diagnosi dibronchite cronica e BPCO (bron-copneumopatia cronica ostrut-tiva) nel gruppo di fumatori.- Un’importante quota di tossenon è in rapporto ad alcuna pato-logia, si manifesta come un sensodi prurito, un vellichio alla gola eviene scatenata da stimoli aspeci-fici climatico/ambientali quali:nebbia, smog, odori intensi o sgra-devoli, ambienti fumosi, ambientilavorativi insalubri, variazioni cli-matiche (caldo/freddo) oppure dalridere o dal parlare intensamente,ma anche da sforzi fisici anchemodesti. Questo tipo di tosse è daricondurre a una “iper-attivitàaspecifica” dei recettori delle altevie aeree: sono sempre più nume-rose le evidenze scientifiche cheindicano nell’inquinamentoatmosferico una delle cause prin-cipali di questo fenomeno.

Alessandro ZanasiPresidente Associazione italiana per lo studio della tosse (Aist) Azienda ospedaliera S. Orsola-Malpighi, Bologna

Fonte: Studio Iceberg, condotto dall’Associazione italiana per lo studio della tosse, incollaborazione con Cnr e Associazione piccole e medie imprese (Api)

Tab. 2 - Effetti principali dell’esposizione a inquinanti ambientali

sulle vie respiratorie

- irritazione e infiammazione delle vie aeree intra ed extra toraciche- riduzione della funzione polmonare- riacutizzazioni asmatiche o bronchitiche in pazienti cronici- aumento delle infezioni delle vie aeree inferiori- aumento della frequenza di crisi asmatiche- aumento delle visite e dei ricoveri ospedalieri- aumento della mortalità- aumento della prevalenza di tumori polmonari

Tab. 3 - Prevalenza dei sintomi respiratori stratificati per sesso

Soggetti (n) Maschi % Femmine% Tot % (505)

Tosse (242) (261) (503)

cronica 19,8 23,8 21,9

occasionale 7,4 9,2 8,3

Espettorato (211) (227) (438)

cronico 6,6 10,1 8,4

occasionale 3,8 1,3 2,5

Sibili (216) (238) (454)

persistenti 14,4 19,7 17,2

occasionali 2,8 2,1 2,4

Attacchi (241) (264) (505)

attuali 0,8 1,5 1,2

pregressi 7,1 11,4 9,3

Rinite (237) (254) (491)

persistente 14,3 18,5 16,5

pregressa 2,5 3,1 2,9

ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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l’importanza di questa particolaretipologia di esposizione.

Il secondo aspetto da tenere inconsiderazione è rappresentatodall’esposizione agli inquinantitipici dell’ambiente indoor. L’ambiente indoor contieneinfatti centinaia di agenti dinatura chimica e biologica poten-zialmente irritanti e/o sensitiviz-zanti. L’inquinamento di origineindoor è quindi complesso dadefinire e da caratterizzare.Quello di tipo chimico – peresempio diversi composti orga-nici e la formaldeide – origina daprodotti utilizzati per le pulizie,per la costruzione degli edifici odegli arredi, dalle già citate atti-vità di cottura e dal riscaldamentodegli ambienti. L’inquinamentodi natura biologica è invece asso-ciato al proliferare di batteri evirus, muffe, acari e allergeni incondizioni che ne favoriscono losviluppo (sovraffollamento, altaumidità, scarsa igiene, presenzadi moquettes, mobili imbottiti,carte da parati ecc.).

µg/m3 sia per il PM10 che per ilPM2,5). È questo anche il casodell’accensione di candele cheprovoca un aumento del numerodi particelle ultrafini (quelle didiametro inferiore a 0.1µm) pari a6-7 volte al valore di fondo abi-tuale. Sempre in questo contesto,significativo ma non macrosco-pico come i due precedenti, è ilcaso del contributo della cotturadei cibi che comporta l’emissionedi ossidi di azoto e particolato.

Oggetto di attenzioni crescenti èun ambiente confinato moltoparticolare: l’automobile. Sullabase di numerosi studi è infattiormai assodato che spesso all’in-terno dell’abitacolo si raggiun-gono concentrazioni elevate diparticelle ultrafini e altri inqui-nanti primari da traffico. Consi-derato che in media, nelle grandicittà europee, il tempo impiegatoin spostamenti è pari a circa 2 oreal giorno (altre indagini riportanovalori inferiori, ma comunqueanaloghi, per città di medio-pic-cole dimensioni), si può intuire

Gli aspetti fondamentali datenere in considerazione perquanto riguarda la relazione trasalute e qualità dell’aria inambienti confinati o “indoor”sono due. Il primo è legatoall’importanza dell’ambienteindoor rispetto alla quantifica-zione dell’esposizione personaleagli inquinanti tipici dell’inqui-namento outdoor. In questo con-testo il discorso diventa moltospecifico in rapporto all’inqui-nante considerato. In generale èperò possibile dire che l’am-biente confinato è “protettivo”,nel senso che è contrassegnato dalivelli di concentrazione inferioririspetto all’ambiente outdoor.Esistono tuttavia una serie diambienti e di attività dove i con-tributi delle sorgenti indoor sonosignificativi o addirittura prepon-deranti. È questo il caso del con-tributo dell’accensione di unasigaretta che, in un ambiente dipiccole dimensioni, induce unaumento immediato di concen-trazione di PM10 e PM2,5 di circa2 ordini di grandezza (fino a 5000

Risulta quindi evidente quantola salvaguardia della salute pub-blica, rispetto agli effetti dell’in-quinamento atmosferico, si gio-chi in modo detrminante sull’a-nalisi e gli interventi in qustoambito. Nel 2003 la Commis-sione europea ha adottato unanuova strategia su ambiente esalute in cui la qualità dell’ariaviene indicata come una dellemaggiori cause dei problemisanitari legati all’ambiente. Alladefinizione di questa strategia hafatto seguito un Piano d’azionecomunitario nel quale (azione 12)il problema dell’inquinamentoindoor viene riconosciuto comeprioritario. A causa del carattere privatodella maggior parte degliambienti confinati, risulta tutta-via evidente come, al riconosci-mento dell’importanza dellatematica, non possano automati-camente fare seguito provvedi-menti di fissazione di limiti diconcentrazioni o azioni di abbat-timento delle stesse. Ciono-stante, la consapevolezza del-l’importanza della salubrità del-l’ambiente indoor sta portando auna maggior regolamentazionenell’uso dei materiali (sia per lacostruzione degli edifici, sia perl’arredo) e del controllo dellescuole e degli edifici pubblici. A questo proposito, nell’ambitodi un progetto internazionale, lastruttura Epidemiologia ambien-tale di Arpa Emilia-Romagna,con il supporto della Sezione diModena, sarà presto impegnatanel controllo delle condizioniambientali in una scuola media(vedi box).

Paolo LauriolaStefano ZauliArpa Emilia-Romagna

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Qualità dell’aria in ambiente confinato, più regole e più controlloIn Europa, la popolazione impiega circa il 90% del proprio tempo in ambienti confinati o “indoor” e tra questil’abitacolo dell’auto. Tra gli inquinanti dell’aria indoor di maggiore interesse il particolato, le sostanze chimicheche si liberano dai prodotti per la pulizia e dagli arredi, la componente biologica costituita da batteri, virus, acari,allergeni. Arpa Emilia-Romagna sarà impegnata nel controllo delle condizioni ambientali all’interno di una scuolamedia, nell’ambito di un progetto internazionale.

Progetto SEARCHChe aria si respira a scuola?

Il ministero dell’Ambiente, in collaborazione con il REC (RegionalEnvironmental Center for Central and Eastern Europe), ha pro-mosso uno studio internazionale chiamato SEARCH (School Envi-ronment And Respiratory health of CHildren) con lo scopo di valu-tare l’esposizione ai principali inquinanti atmosferici all’internodegli edifici scolastici. Oggetto dell’indagine sarà un campione discuole in Albania, Austria, Bosnia-Erzegovina, Norvegia, Ungheria,Italia, Serbia e Slovacchia. Arpa Emilia-Romagna è partner di que-sto progetto che a livello italiano prevede anche il coinvolgimentodelle Agenzie regionali di protezione ambientale di Lombardia, Pie-monte, Lazio, Campania e Sardegna. Il progetto prevede il monitoraggio, oltre che della temperatura edell’umidità relativa, del biossido di azoto, della formaldeide, delbenzene, del toluene, dello xilene, del monossido di carbonio, e delPM10. Al monitoraggio ambientale si affiancherà una valutazionedella condizione di salute dei bambini tramite questionari e provedi funzionalità respiratoria.

Qualità dell’aria e salute ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

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posto da Hemphill, Berry eMcGreal (“An indicator-basedapproach to measuring sustainableurban regeneration performance: con-ceptual foundations and methodologi-cal framework”, Urban Studies, Vol.41, N. 4, 725-755, April 2004), incui la sostenibilità viene misurataattraverso un set di indicatoririconducibili a cinque macro-areetematiche: - economia e lavoro- utilizzo delle risorse- qualità urbana e uso del suolo- trasporti e mobilità- benefici per la comunità locale.

Le ipotesi alla base dello schemadi misurazione – il peso attribuitoalle aree tematiche, il numero diindicatori, il massimo punteggioconseguibile da ciascuna macro-classe di indicatori (da 2 a 10 puntiper ogni singolo indicatore) sonosintetizzate nella tabella 1. Il pun-teggio viene attribuito a ciascunindicatore secondo criteri di voltain volta specificamente individuatida un panel di esperti attraversotecniche Delphi (o riadattati) e lasomma dei punteggi conseguiti perogni macrocategoria sintetizza conun valore numerico la performanceregistrata. Infine è stato necessarioesprimere il valore di sintesi comepercentuale del massimo punteg-gio teoricamente conseguibile econfrontarlo con la seguente grigliadi valutazione (tabella 2).Nel caso di Rho il percorso di svi-luppo intrapreso è risultato sufficien-temente sostenibile, con un punteggiocomplessivo pari al 57% del mas-simo punteggio ottenibile. Anchedal confronto con i risultati sinteticidei tre scenari ipotizzati, emergeuna situazione attuale di sostenibi-

Di fronte alla significatività dellarealtà rhodense ci si è chiesti in chemodo il territorio urbano si stiaattrezzando in risposta al processodi trasformazione perché essopossa innescare un percorso di svi-luppo effettivamente sostenibile.A poco più di due anni di distanzadall’inaugurazione del NPF, valu-tare la capacità di risposta di Rhorispetto alle opportunità e minacceveicolate dall’arrivo della Fiera hasignificato partire dall’analisi didinamiche ancora in corso di for-mazione: allo stato attuale moltesono le variabili incognite rispettoa cui giudicare se e in che misura lenuove pressioni sulla città si sianorivelate compatibili con una qualitàdella vita sostenibile anche dalpunto di vista sociale e della qua-lità dell’ambiente. Per questo, èapparso significativo affiancare alladescrizione dello status quo tre pos-sibili scenari di sviluppo urbano inaccordo con diverse ipotesi circa lacapacità degli attori locali e sovralo-cali di gestire il cambiamento:• percorso equilibrato• la Fiera come “cattedrale neldeserto” • competitività “a tutti i costi”e, in seconda battuta, proporre unmodello di misurazione del livellodi sostenibilità dello sviluppo incorso e di quelli delineati in corri-spondenza di ogni scenario, perevidenziare le variabili critiche damonitorare.Per il livello di sostenibilità si èfatto riferimento a un modello pro-

L’esperienza della città di Rho, aseguito dell’insediamento delNuovo polo fieristico (NPF) entro isuoi confini, offre un esempio signi-ficativo di un percorso di sviluppourbano tracciato in corrispondenzadi una radicale trasformazione delterritorio: il recupero e la riqualifica-zione di vaste aree dismesse, l’arrivodi funzioni rilevanti su scala territo-riale, i flussi di nuove merci e dinuove popolazioni. L’apertura delpolo esterno di Fieramilano ha rap-presentato insomma un’occasioneper la ridefinizione di alcuni grandisistemi: industriale, infrastrutturale,ambientale, culturale, commerciale,della formazione professionale, delmercato immobiliare; le strategieche la città deciderà di assumererispetto a queste differenti dimen-sioni costituiscono gli scenari delsuo sviluppo futuro. La sfida per lacittà di Rho – e, in generale, pertutte le realtà urbane interessate datrasformazioni territoriali di grandeportata – è quella di riuscire a gover-nare tali trasformazioni in modo dabilanciare gli obiettivi legati all’e-sclusiva massimizzazione delritorno economico con il persegui-mento dei principi di uno sviluppopiù sostenibile.Il concetto di sostenibilità è accoltoin questo caso nella sua accezionepiù ampia e complessa, in virtùdella quale un percorso di sviluppoviene definito sostenibile rispettoalle dimensioni ambientale, eco-nomica e sociale (Fusco Girard eNijkamp, 2004).

lità che si colloca quasi a metà stradatra lo scenario più ottimistico (svi-luppo equilibrato) e quello della com-petitività come obiettivo prioritarioa tutti i costi – a suggerire quantopossa essere vicina, proprio in que-sto stadio iniziale di trasformazioneurbana, la deriva verso percorsi disviluppo meno sostenibili.Questo caso di analisi suggerisce,su un piano più generale, i presup-posti indispensabili perchè lenostre città siano in grado di perse-guire una competitività davverosostenibile: • l’assunzione – da parte di ammi-nistrazioni pubbliche locali e sovra-locali, privati cittadini e operatorieconomici – di un atteggiamentoproattivo e consapevole di fronte aivantaggi e alle minacce potenzialiche una certa scelta (o non scelta)comporta sul percorso di sviluppodi una città• una maggiore centralità dellagestione ambientale, in grado dipromuovere modelli di produzionee di consumo più puliti.

Giuliana Cirrincione Greenmanagement.org

Sviluppo urbano e competitività sostenibile,l’esperienza di RhoA due anni dall’inaugurazione del Nuovo polo fieristico di Rho, la tesi di laurea qui presentata è stata un’occasioneper analizzare se e in che misura le nuove pressioni sulla città si siano rivelate compatibili con le dimensioni socialee ambientale della sostenibilità.

LO SVILUPPO URBANO TRA COMPETITIVITÀ E SOSTENIBILITÀ:L'ESPERIENZA DI RHO ALLA LUCE DEL NUOVO POLO FIERISTICO

Tesi di laurea anno accademico 2006/2007

Università commerciale Luigi Bocconi (Milano), Facoltà di economiaCorso di laurea in Economia e management delle amministrazionipubbliche e delle istituzioni internazionali

Autore: Giuliana CirrincioneRelatore: Lanfranco SennControrelatore: Marco Percoco

LA TESI ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

MacrocategoriePeso

(%)Ranking

# sotto-

indicatori

Massimo

punteggio

categoria

Massimo

punteggio

ponderato

Economia e lavoro 21.5 (2) 5 50 1075

Utilizzo delle risorse 17.5 (5) 5 50 875

Qualità urbana e uso del suolo

18.9 (4) 5 50 945

Trasporti e mobilità 22.1 (1) 5 50 1105

Benefici per lacomunità

20.0 (3) 7 70 1400

Massimo punteggio

complessivo

conseguibile

100 27 250 5400

Tab. 1 - Ipotesi del modello: peso relativo dei macroindicatori

e massimo punteggio teorico corrispondente

Intervallo %

max punteggio

raggiungibile

(% di 5400)

Livello

di sostenibilità

< 40% Basso

40 – 49% Medio

50 – 59% Medio-buono

60 – 69% Buono

70 – 79% Ottimo

> 80% Eccellente

Tab. 2 - Griglia di valutazione

sintetica

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ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007Il tempo e il clima

Luglio

SITUAZIONE METEOROLOGICA

A GRANDE SCALA

La mappa del geopotenzialemedio nella figura in questapagina non riesce a mostrare ildoppio volto che questo mese hamostrato: durante la prima metàdelle giornate, infatti, ha visto lapredominanza di correnti nordoccidentali, fresche e asciutte, chehanno mantenuto le temperaturesu valori inferiori alla media. Itemporali sono stati poco fre-quenti anche sull’Italia settentrio-nale, salvo che sulle Alpi. A partesporadici episodi sul resto dellapenisola, il Centro e il Sud sonorimasti in pratica all’asciutto e nonsolo durante i primi quindicigiorni. E questo perché laseconda metà del mese ha visto larimonta dell’anticiclone subtropi-cale, con una persistente ondatadi caldo, che è stata meno accen-tuata al Nord, soprattutto nel suo

settore alpino. Al Sud, la fase piùacuta del caldo è stata rimarche-vole, con temperature che hannosuperato i 40 gradi in molte zone.Le punte più alte (45°), come giàera successo in giugno, si sonoavute in Puglia, probabilmenteperché più vicina all’Europa bal-canico-danubiana, che ha regi-strato le anomalie più consistentia livello europeo. Giorno 30, unfronte freddo irrompe con la Borasull’Adriatico, portando, oltre auna diminuzione sensibile delletemperature, anche alcuni tempo-rali sulla riviera romagnola equindi sulle Marche. Le tempera-ture medie mensili, nel com-plesso, non si sono discostatemolto dalla norma, con valori piùbassi sul lato tirrenico e più alti suquello Adriatico; la Puglia è stata,invece, la zona che ha visto un’a-nomalia positiva accentuata fino a+ 3°. Precipitazioni virtualmente

assenti, con valori vicino allanorma solo sulle Alpi nord occi-dentali.

IL TEMPO IN EMILIA-ROMAGNA

Anche in regione le condizionimeteorologiche hanno seguitol’andamento del resto d’Italia:giornate fresche nella prima quin-dicina del mese, calde o moltocalde nella seconda parte. Legiornate più calde sono statequelle del 20 e 21 luglio con mas-sime di 37° a Piacenza e 38,8° aBologna e del 22 e 23 su Rimini,per via del vento di caduta dairilievi verso il mare (garbino), con37°; si sono avute tredici giornatecon temperature pari o sopra i 35°a Bologna, quattro a Piacenza etre a Rimini. Caratteristica delcaldo di questo luglio, però, èstata la secchezza dell’aria. Ciò haprovocato una forte escursionetermica, con valori alti di giorno,ma ha permesso al calore dovuto

al riscaldamento solare di disper-dersi rapidamente durante lanotte. La tabella con i valori medimostra, infatti, che, se da unaparte i valori massimi delle tem-perature sono stati superiori allanorma di circa 2,5°, i valori minimisono stati più freddi del normalesulla pianura interna. Tale situa-zione d’aria secca e notti relativa-mente fresche ha così provocatopoche situazioni con disagio bio-climatico. L’aria secca, inoltre,non ha certamente favorito lo svi-luppo dei temporali, tanto che leprecipitazioni sono mancate deltutto in buona parte della regione.Gli unici eventi degni di notariguardano i temporali del 30luglio che hanno interessato conquantitativi anche superiori ai 25mm la costa ferrarese e parte dellapianura romagnola. Molto scarsiin genere durante il mese gliapporti pluviometrici anche sulcrinale appenninico.

Fig. 3 Mappa della pioggia accumulata

Fig. 2 Mappa media della pressione al livello medio del mare. Isolinee ogni 1 hPa. Lamappa è stata calcolata a partire dalle analisi oggettive delle ore 00GMT rea-lizzate dal Centro meteorologico europeo di reading (ECMWF)

Fig. 1 Mappa media dell’altezza del geopotenziale a 500 hPa. Isolinee ogni 20 dam.La mappa è stata calcolata a partire dalle analisi oggettive delle ore 00GMTrealizzate dal Centro meteorologico europeo di reading (ECMWF)

Valori mensili della temperatura massima, minima e del totale mensile di precipitazione con relativi dati climatici di riferimento (anni 1960-1990) eanomalie rispetto agli stessi, rilevati in alcune località della regione Emilia-Romagna

Comune Pioggia Pioggia Anom. Tmax Tmax Anom. Tmin Tmin Anom.osserv. clima pioggia mese clima Tmax mese clima Tmin

PC 1 37 -36 31.8 29 2.8 16.5 16.8 -0.3PR 10 39 -29 32.9 30.9 2 17.7 18.9 -1.2RE 4 41 -37 33 30.9 2.1 14.8 16 -1.2MO 0 41 -41 33.3 31.3 2 15.4 16.4 -1BO 1 40 -39 33.3 30 3.3 19 18.6 0.4FE 2 41 -39 32.6 30.1 2.5 19.7 20.3 -0.6RA 15 49 -34 31.3 28.6 2.7 17.2 17 0.2FC 7 52 -45 31.4 29.1 2.3 16 16 0RN 7 53 -46 30.6 27.9 2.7 18.8 17.9 0.9

25

25

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ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

SITUAZIONE METEOROLOGICA

A GRANDE SCALA

La mappa del geopotenzialemedio mostra come le correntiatlantiche, per buona parte delmese, abbiano interessato in pro-fondità l’Europa occidentale eanche l’Italia, con numerosiimpulsi d’aria fredda e instabileche già dal giorno 2 portano tem-porali sul Nord Ovest e il 3 sulNord Est. Un altro nucleo freddoil 7 genera temporali sulle Alpi e ilPiemonte e l’8 sulla Lombardia;temporali forti interessano ancheLa Spezia, Firenze e la zonaprealpina; temperature in sensi-bile calo. Il 10 i temporali presentisulle regioni centrali adriatiche sispostano verso nord, andando ainteressare il Nord Est. Quindiventi freschi e temporali più loca-lizzati si susseguono al Nord eparte del Centro fino al 14. Nelfrattempo al Sud tempo stabile

ma fresco. Giorno 19 un sistemanuvoloso atlantico porta temporalianche forti al Nord (deboli sull’E-milia Romagna) e sulla Toscanasettentrionale. Giorno 21, mentreun nuovo impulso freddo portapiogge moderate al Nord, al Meri-dione inizia la terza invasionecalda della stagione, che raggiun-gerà il suo culmine sulla Sicilia tir-renica dove i forti venti di cadutaalimenteranno numerosi incendi.Sul resto d’Italia, invece, il contra-sto tra le masse d’arie generaancora piogge che interesserannoanche la Sardegna. Solo nell’ul-tima settimana il caldo si spingepiù a nord: Roma, complici i ventidall’interno, raggiunge i 40°. Allafine del mese numerosi temporaliinteressano il Nord, alcuni intensitra Milano e Venezia, e il 31 som-mergono Ravenna. Nel com-plesso il mese si presenta piovosoa nord di una linea che congiunge

Roma con Pescara, con le signifi-cative eccezioni di Emilia-Roma-gna e zone al confine tra Lombar-dia e Veneto; completamentesecco rimane il Sud. Le tempera-ture saranno inferiori alla media alCentro Nord e superiori al Sud esull’Abruzzo.

IL TEMPO IN EMILIA-ROMAGNA

Il mese di agosto in EmiliaRomagna è stato instabile e contemperature inferiori alla media.Le piogge e i temporali chehanno interessato in manieraestensiva le regioni settentrionalie la Toscana, però, non si sonoconcretizzati in egual misuraanche in regione. La mappa conla precipitazione cumulata nelmese mostra, infatti, come sol-tanto le due parti estreme del ter-ritorio, cioè costa adriatica e pia-centino occidentale, hanno rice-vuto piogge abbondanti. Nelresto della regione le precipita-

zioni sono state o normali (laRomagna) o addirittura scarse (ilresto dell’Emilia e il ferrareseinterno). Rilevante l’evento tem-poralesco del 31 agosto che hainteressato con temporali intensie stazionari la fascia a ridossodella costa, in particolare l’areaurbana di Ravenna dove in pocheore sono caduti 107 mm di piog-gia, di cui la metà in poco più diun’ora. In quella stessa giornata aRimini sono stati misurati 33 mm,mentre, all’altro estremo dellaregione, forti temporali hannocolpito anche la Val Tidone. Letemperature medie sono stateintorno ai valori stagionali perquanto riguarda le massime, pre-valentemente inferiori al valormedio nei valori minimi. Poconumerose sono state le giornate,durante l’ultima settimana, in cuile condizioni di umidità e tempe-ratura hanno provocato condi-zioni di disagio bioclimatico.

Fig. 3 Mappa della pioggia accumulata

Fig. 2 Mappa media della pressione al livello medio del mare. Isolinee ogni 1 hPa. Lamappa è stata calcolata a partire dalle analisi oggettive delle ore 00GMT rea-lizzate dal Centro meteorologico europeo di reading (ECMWF)

Fig. 1 Mappa media dell’altezza del geopotenziale a 500 hPa. Isolinee ogni 20 dam.La mappa è stata calcolata a partire dalle analisi oggettive delle ore 00GMTrealizzate dal Centro meteorologico europeo di reading (ECMWF)

A cura di: Area previsionale e Sala operativa, Arpa-Servizio IdroMeteo

Agosto

Valori mensili della temperatura massima, minima e del totale mensile di precipitazione con relativi dati climatici di riferimento (anni 1960-1990) eanomalie rispetto agli stessi, rilevati in alcune località della regione Emilia-Romagna

Comune Pioggia Pioggia Anom. Tmax Tmax Anom. Tmin Tmin Anom.osserv. clima pioggia mese clima Tmax mese clima Tmin

PC 43 66 -23 29.2 28.3 0.9 17.3 16.8 0.5PR 15 69 -54 29.6 30.1 -0.5 17.1 18.6 -1.5RE 22 57 -35 30.3 30.4 -0.1 14.9 16.1 -1.2MO 14 54 -40 30.5 30.8 -0.3 15.2 16.5 -1.3BO 19 53 -34 30 29.6 0.4 17.9 18.5 -0.6FE 16 56 -40 29.5 29.8 -0.3 18.9 20.3 -1.4RA 140 59 81 27.8 28.4 -0.6 16.6 17.1 -0.5FC 59 62 -3 28.8 29.1 -0.3 15.9 16.1 -0.2RN 84 58 26 28.1 27.7 0.4 18.5 17.8 0.7

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50

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5050

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ARPA Rivista N. 4 luglio-agosto 2007

zione è concessa. Nelle more delrilascio dell’autorizzazione inte-grata ambientale, gli impiantigià in esercizio per i quali siastata presentata nei termini pre-visti la relativa domanda, pos-sono proseguire la propria atti-vità nel rispetto della normativavigente o delle condizioni stabi-lite nelle autorizzazioni ambien-tali di settore già rilasciate. Taliautorizzazioni si ritengonoimplicitamente prorogate sinoalla scadenza del termine fissatodal provvedimento di autorizza-zione integrata ambientale perl’attuazione delle relative condi-zioni.

IL TAR DI BOLOGNA SI PRO-NUNCIA SUI RAPPORTI TRA

VIA E AIASentenza Tar Bologna, Sezione I n.3365 del 26 novembre 2007Solleva diverse e rilevanti pro-blematiche giuridiche questadecisione del giudice ammini-strativo che ha annullato l’Auto-rizzazione integrata ambientale(AIA) rilasciata dalla Provincia diModena a un impianto di termo-valorizzazione di rifiuti.Innanzitutto il Tar ha ricono-sciuto la legittimazione proces-suale non soltanto delle associa-zioni ambientaliste nazionali for-malmente riconosciute, maanche – e questo è un elementodi differenziazione rispetto arecenti Sentenze dello stessoTribunale (ad esempio la n.692/2006 e la 3216/2006 – di unComitato costituito a livellolocale e di una parte dei privaticittadini che si sono qualificaticome proprietari di immobilinelle vicinanze dell’impianto. Secondo aspetto significativodella pronuncia è quello di averaffrontato il rapporto tra Valuta-zione di impatto ambientale eAIA. Per il giudice, mentre laVIA investe i profili localizzativie strutturali, l’AIA incide speci-ficatamente sugli aspetti gestio-nali dell’impianto, pertanto que-st’ultima non può configurarsicome atto strettamente conse-quenziale rispetto alla prima, maanzi, in quanto produttiva dispecifici effetti, può essereimpugnata autonomamenteanche in caso di precedente VIA

una maggiore ridefinizione e diun rafforzamento delle attivitàdelle Arpa, la proposta di leggerimarca come l’efficacia e l’effi-cienza dell’attività di controllodelle Agenzie sia strettamenteconnessa a un pieno e costantecoinvolgimento delle stessenelle attività istruttorie prope-deutiche al rilascio delle autoriz-zazioni. Non meno significativo,infine, il riconoscimento delcarattere di ufficialità, quasi dicertificazione, degli elementiconoscitivi prodotti dalle Agen-zie tramite le attività di monito-raggio e controllo. È quest’ul-tima una forte valorizzazione delpatrimonio informativo elabo-rato in continuo dalle Agenzie,le quali potranno tra l’altro dive-nire soggetti protagonisti nel-l’applicazione del Dlgs 195/2005sull’accesso al pubblico dell’in-formazione ambientale.

CORRETTIVO UNIFICATO

DLGS 152/2006 APPROVATO

DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI

www.reteambiente.itApprovato lo scorso 23 novem-bre dal Consiglio dei ministri inseconda lettura lo schema diDlgs recante modifiche sullenorme in materia di acque,rifiuti e VIA del Dlgs 152/2006(cd. Codice ambientale). Loschema di decreto – nel qualesono confluiti i precedentischemi di decreto di modifica almedesimo Dlgs 152/2006 cadu-cati dal mancato rispetto dei ter-mini sanciti dalla legge delega308/2004 – torna ora alle compe-tenti Commissioni parlamentariper il parere definitivo, per poiessere trasmesso nuovamente alGoverno per l'approvazionefinale.

AIA: DIFFERIMENTO TER-MINI

Decreto legge 30 ottobre 2007, n.180 GU 254 del 31 ottobre 2007È differito al 31 marzo 2008 iltermine massimo di legge che leamministrazioni competentidevono assegnare per l’attua-zione delle prescrizioni dell’Au-torizzazione integrata ambien-tale (AIA) negli impianti esi-stenti, per i quali tale autorizza-

UNA NUOVA LEGGE

PER LE ARPA?Camera dei Deputati, proposta dilegge 1561www.parlamento.itDopo tredici anni dall’approva-zione della prima legge istitutivadell’Agenzia nazionale per laprotezione dell’ambiente(Anpa), istituita con Decretolegge 496/1993 convertito conmodificazioni dalla legge61/1994, e dopo il completa-mento da parte di Regioni e Pro-vince autonome del quadro isti-tutivo delle relative agenzieregionali, il sistema agenzialeconclude la fase costitutivaavviandosi verso quella di conso-lidamento.La proposta di legge 1561, di ini-ziativa dei deputati Realacci eFranceschini, presentata il 2agosto scorso, ha formalmenteiniziato a settembre il proprioiter parlamentare, con l’esame insede referente presso la Com-missione Ambiente dellaCamera. Lo scorso 4 dicembre si è svolta,presso il Comitato ristretto dellaCommissione Ambiente dellaCamera, l’udienza delle Agenzieambientali, con l’obiettivo difornire al Comitato una primabase di valutazioni e proposte inmerito al provvedimento.L’obiettivo principale della pro-posta di legge è quello di dive-nire la nuova legge quadro per ilsistema agenziale, dando mag-giore corpo a strumenti e logichedi rete, formalizzando l’esi-stenza di un sistema di soggettiistituzionali autorevole dalpunto di vista scientifico. In par-ticolare tale provvedimentoattribuisce al sistema l’obiettivodi assicurare omogeneità ed effi-cacia all’esercizio dell’azioneconoscitiva e di controllo a sup-porto delle politiche di sosteni-bilità. Altro elemento di granderilievo è la previsione dei livelliessenziali di tutela ambientale(LETA) che le Agenzie sarannotenute a garantire, a livellonazionale, per assicurare su tuttoil territorio un’omogenea azionedi prevenzione, controllo emonitoraggio dell’inquinamentoambientale, in analogia a quantoavviene per i LEA in ambitosanitario. Nell’ambito invece di

positiva.Infine per il Tar – ed è questo ilpunto di merito sul quale è statadecisa la causa – la procedura diAIA avrebbe dovuto riguardarenon solo il termovalorizzatorevero e proprio, ma anche gli altriimpianti, come quello di tratta-mento chimico-fisico dei rifiuti,presenti sul sito e strettamenteconnessi a quello principale, unascelta diversa contrasterebbequindi con la vigente normativaIppc. È molto probabile che orala parola passi al Consiglio diStato.

OPERATIVO IL SISTEMA RAEE

Decreto del ministero dell'Ambientee della tutela del territorio e delmare n. 185 del 25 settembre 2007GU 5 novembre 2007, n. 257È stato istituito presso il mini-stero dell’Ambiente e della tuteladel territorio e del mare il Regi-stro nazionale dei soggetti obbli-gati al finanziamento dei sistemidi gestione dei rifiuti di apparec-chiature elettriche ed elettroni-che, previsto dal Decreto legisla-tivo 25 luglio 2005, n. 151, attua-zione della direttive 2002/95/CE,2002/96/CE e 2003/108/CE, rela-tive alla riduzione dell’uso disostanze pericolose nelle appa-recchiature elettriche ed elettro-niche, nonché allo smaltimentodei rifiuti. Il registro è predispo-sto, gestito e aggiornato dalComitato di vigilanza e di con-trollo, che si avvale dell’Agenziaper la protezione dell’ambiente eper i servizi tecnici (Apat). I datidel registro sono raccolti dalleCamere di Commercio, chegarantiscono la trasmissione delleinformazioni raccolte attraversol’interconnessione telematicadiretta ai sistemi informativi delComitato di vigilanza e controlloe dell’Apat. L’iscrizione al Regi-stro è effettuata dal produttorepresso la Camera di Commercionella cui circoscrizione si trova illegale rappresentante dell’im-presa.

A cura diGiovanni FantiniLaura CampaniniArpa Emilia-Romagna

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Libri

Apat - Agenzia per la protezionedell’ambiente e per i servizi tecniciANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI

2007 Scaricabile all’indirizzowww.apat.gov.it

Giunto alla sua sesta edizione, l'An-nuario Apat si presenta con una vestenuova. L'edizione integrale, con l'in-tera base conoscitiva, sarà predispo-sta solo in formato elettronico fruibilesul sito www.apat.gov.it.A stampa sono presentati duenuovi prodotti, con i quali Apatintende analizzare le situazioni dicontesto ambientale relative alletematiche prioritarie di intervento:il volumetto Tematiche in primopiano e il Vademecum, in versionetascabile.Altra novità introdotta con l’edi-zione 2007 dell’Annuario è costi-tuita dall’istituzione di un premioai comportamenti più virtuosi nellagestione di una specifica area diintervento ambientale. La perfor-

mance sarà valutata in base a opportuni indicatori di prestazione.Quest’anno la scelta dell’area tematica è ricaduta sulla gestione dellaqualità dell’aria. L’Annuario è presentato ufficialmente il 18 dicembrea Roma e l’evento è trasmesso in diretta streaming sul sito di Apat.

LA GESTIONE DEI RIFIUTI

IN EMILIA-ROMAGNA

REPORT 07Regione e Arpa Emilia-RomagnaScaricabile agli indirizzi www.regione.emilia-romagna.itwww.arpa.emr.it, Ingegneria ambien-tale

I dati presentati nel report proven-gono sia dagli archivi che costitui-scono il sistema informativo regio-nale sui rifiuti (Allegato 1, Dgr1620/2001), sia da altre fonti qualiIstat, Apat, Conai e Consorzi difiliera, Gestori degli impianti,Autorità regionale per la vigilianzadei servizi idrici e di gestione deirifiuti, Università di Bologna.

Nel campo della raccolta differenziata, determinante per il recupero eil riciclaggio, l’Emilia-Romagna si conferma tra le regioni più virtuosea livello nazionale, con un dato medio del 36,3%. Diminuisce progres-sivamente anche l’indifferenziato smaltito in discarica (dal 77% al 59%in dieci anni). Per contro, sale la produzione di rifiuti (+2,6% rifiutiurbani, +7% rifiuti speciali). Le linee di azione e gli investimenti dellaRegione tengono conto delle diverse performance e del percorso trac-ciato dall’Unione europea per una corretta gestione dei rifiuti secondouna precisa gerarchia: prevenzione, riduzione, riciclaggio e smalti-mento in sicurezza con recupero energetico. Un’accelerazione versotrend positivi sarà determinata a partire dalla concreta applicazionedegli strumenti di contabilità che affiancano gli indicatori sociali eambientali a quelli economici.

A cura diLaura Padovani ed Ettore CapriESPOSIZIONE DELLE ACQUE SUPER-FICIALI AGLI AGROFARMACI

Editore Pitagora, 2006190 pagine, 30,00 euro

Nel volume – una qualificata e auto-revole monografia che si collocaall’interno della collana Quaderni ditecniche di protezione ambientale – gliautori prendono in esame gli effettidi contaminazione ambientale pro-dotta, così come definito dal Dpr290/01 art. 2, dai prodotti fitosani-tari. Si tratta di sostanze chimicheimpiegate in agricoltura per la difesadelle piante, delle derrate alimen-

tari, per il diserbo delle coltivazioni o che favoriscono o regolano le pro-duzioni vegetali. I prodotti fitosanitari sono molecole importanti e dirilevante impiego, che con il loro utilizzo consentono la presenza sulmercato di prodotti ortofrutticoli di buona qualità a prezzo ridotto. Inaltre parole, l’impiego di queste sostanze in agricoltura garantisce, ognianno, forniture affidabili di prodotti agricoli, in quanto contribuiscono aevitare fluttuazioni nelle rese produttive. I prodotti fitosanitari, attra-verso processi dettagliatamente descritti nel volume, possono interes-sare il comparto ambientale e nel caso specifico le acque superficiali. Imonitoraggi effettuati, previsti da norme di settore, servono per studiarel’eventuale presenza dei residui delle sostanze attive e dei loro metabo-liti nelle acque, e per valutare l’ impatto ambientale nel breve e lungotermine. La Regione Emilia-Romagna conduce da anni monitoraggidelle acque superficiali e sotterranee, ricercando le sostanze attive prio-ritarie e quelle più utilizzate nel territorio.

I risultati contribuiscono alla realizzazione del Piano nazionale di con-trollo degli effetti ambientali dei prodotti fitosanitari previsto dal Dlgs194/1995. I dati emersi dai monitoraggi degli ultimi anni evidenzianouna presenza rilevante di residui appartenenti alle classi degli erbicidi,in misura minore per gli insetticidi e i fungicidi (tra questi terbutilazinae desetil terbutilazina, metolaclor, oxadiazon, procimidone, atrazina, eto-fumesate ecc.). Sembra delinearsi, inoltre, un inquinamento di tipo dif-fuso dovuto all’utilizzo di prodotti fitosanitari in agricoltura (grandisuperfici con dosaggi generalmente ridotti). L’inquinamento di tipopuntiforme (sversamenti, utilizzo non corretto, inadeguate condizioni diconservazione dei prodotti), dove ci si aspetta che la sostanza percoli piùrapidamente, e arrivi in falda a concentrazioni più elevate – riportatodagli autori come possibile fonte di inquinamento – dai dati a disposi-zione in Emilia-Romagna sembra non costituire il problema prioritario.Apat, nel rapporto annuale 2005, riconosce la discordanza di opinioni frai diversi autori su quale possa essere il peso della contaminazione punti-forme nel complesso della contaminazione derivante dalle pratiche agro-nomiche (diffusa). Considerando quale esempio la sostanza attiva terbu-tilazina e il metabolita desetil-terbutilazina, si evidenzia che nella mag-gioranza dei casi sembra attuarsi un inquinamento di tipo diffuso. Per-tanto, prendendo spunto anche dalle indicazioni degli autori, a livelloregionale si dovranno eventualmente effettuare approfondimenti perdimensionare il “problema” dell’inquinamento puntiforme.Gli autori riportano anche un intero capitolo su come realizzare un pro-gramma di monitoraggio per la tutela delle acque superficiali; ritroviamoin esso molte delle azioni da tempo adottate in Emilia-Romagna per ilmonitoraggio delle acque superficiali.

Marco Morelli, Arpa Emilia-Romagna

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Memo/Eventi

18 novembre 2007-27 gennaio 2008FerraraMostra temporanea Le stagioni deimaceri: passato, presente e futuro dellenostre "isole d'acqua", presso ilMuseo civico di storia naturale. Imaceri, con il loro attuale elevatovalore nella protezione della bio-diversità, sono il soggetto del per-corso espositivo che si avvale diimmagini, mappe, reperti e rico-struzioni tridimensionali. Per informazioni:http://www.comune.fe.it/storiana-turalehttp://ww2.comune.fe.it/

10 dicembre 2007-29 febbraio 2008BolognaAppuntamento al Museo dell’E-voluzione dell’Università di Bolo-gna per la mostra di fotografia edisegno naturalistico Volti diNatura: 50 tracce di biodiversità,realizzata in collaborazione conSma (Sistema museale d’Ateneo),Wwf e Unione bolognese naturali-sti. Si tratta di un percorso esposi-tivo che partendo dal tema "geolo-gia" e passando per il "paesaggio"arriva a descrivere la "vita natu-rale" e il rapporto "uomo-natura",conducendo così attraverso i variaspetti della biodiversità.Per informazioni:http://www.ermesambiente.it

16-17 gennaio 2008RomaWorkshop Bioindicatori ed ecotossi-cologia del suolo e delle altre matrici:ricerca e applicazione, organizzatoda Apat. Una finestra di discus-sione e confronto sul mondo degliindicatori biologici e dell’ecotossi-cologia, quali cardini fondamentalidell’analisi e della tutela degli eco-sistemi.Per informazioni:http://www.apat.gov.it

17-20 gennaioBolzanoKLIMAHOUSE 08, fiera internazio-nale specializzata per l'efficienzaenergetica e l'edilizia sostenibile.CasaClima propone una nuova cul-tura edile, quale alternativa allemoderne abitazioni estremamenteenergivore. Il modello di casa pro-posto da CasaClima unisce soste-nibilitá, drastica riduzione deicosti energetici e una perfetta cli-matizzazione dell´ambiente. Pre-visto un nutrito programma dicongressi, workshop e visite gui-

date a “case clima” e impianti diteleriscaldamento.Per informazioni:[email protected]://www.fierabolzano.it

18-20 gennaioGonzaga (Mantova)Quinta edizione di FORAGRI

EXPO, la fiera dedicata alleaziende del settore della produ-zione di energia da fonti rinnova-bili che guardano al mondo dell’a-gricoltura e della zootecnia. Per informazioni:http://www.foragriexpo.it/

29 gennaioRomaWorkshop Sindrome dello spopola-mento degli alveari in Italia: approc-cio multidisciplinare alla individua-zione delle cause e delle strategie dicontenimento, organizzato dalDipartimento Difesa della natura-Servizio Uso sostenibile dellerisorse naturali di Apat. Da diversianni sono stati segnalati fenomenidi mortalità, disorientamento espopolamento di famiglie di api innumerosi Paesi, tra cui l’Italia.L’incontro sarà l’occasione per unaverifica dello stato dell’arte inmateria e per individuare possibilistrategie di intervento.Per informazioni:http://www.apat.gov.it

11-15 marzoMilanoNEXT ENERGY, il salone biennalededicato all’efficienza energetica ealle fonti rinnovabili. Tra glieventi, un appuntamento-chiave:la mostra Verso la classe A, un per-corso interattivo che permetterà diavvicinarsi ai temi del risparmioenergetico in modo concreto, per‘toccare con mano’ prodotti,sistemi e soluzioni capaci di massi-mizzare l’efficienza energetica diun edificio.Per informazioni: http://www.nextenergy.biz/

1-4 aprileCorvara14° convegno di igiene industrialeLe giornate di Corvara. Già negliincontri degli anni precedenti erastata data particolare rilevanza ailavori tecnico- scientifici delsistema delle Agenzie ambientali,dedicando sessioni specifiche alletematiche ambientali e al com-plesso rapporto ambiente-salute.Quest´anno, per la prima volta,

sono previste due giornate (artico-late in quattro sessioni), esplicita-mente dedicate al lavoro delleAgenzie per l´ambiente, su argo-menti di particolare rilevanza eattualità:

- il Regolamento Reach (ricerca,controlli, metodi, applicazioni)

- strumenti integrati di sostenibi-lità (Via, Vas, Ippc, Emas, Ecola-bel, Epd, Gpp, Bilancio ambien-tale)

- monitoraggio e metodi analiticiper l´ambiente.Ulteriori dettagli e le modalità /argomenti per eventuali contributiscientifici sono riportati nel“primo annuncio”.Per informazioni: tel. 02/20240956 [email protected], http://www.aidii.it/

13 aprileLombardia17a edizione della Giornata delverde pulito, promossa dallaRegione Lombardia. La manife-stazione rappresenta un appunta-mento significativo durante ilquale le amministrazioni pubbli-che e i cittadini organizzano inizia-tive concrete all'insegna delrispetto e della tutela del verdepubblico.

Per informazioni:http://www.ambiente.regione.lombardia.it

18-20 giugnoModenaCongresso mondiale Ifoam dell’A-gricoltura biologica, organizzato dalConsorzio ModenaBio 2008. Saràaccompagnato da tre conferenzetematiche che lo anticiperannonelle giornate del 16 e 17 giugno:conferenza sul vino e viticoltura bio-logica, coordinata da Aiab e previ-sta a Vignola (nelle colline mode-nesi); conferenza sul tessile biolo-gico, coordinata da Icea e prevista aCarpi (in provincia di Modena);conferenza sulla frutta biologica,coordinata da Ishs (InternationalSociety for Horticultural Science) aVignola. Altre conferenze si svol-geranno durante il congresso,organizzato in due filoni princi-pali: presentazione e scambio diesperienze pratiche, esposizione ediscussione di importanti ricercheaccademiche.Per informazioni:http://www.modenabio2008.org/

Pagine a cura di Daniela Raffaellie-mail: [email protected] eventi alla pagina www.arpa.emr.it/eventi

Dicembre-gennaio 2008Cambiamenti climatici: una prima valutazione economica

L’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e per i servizi tec-nici (Apat) realizza uno studio sulla valutazione economica degli impattidei cambiamenti climatici e relative misure di adattamento in Italia.Allo scopo rivolge un invito alla comunità scientifica di riferimento aproporre suggerimenti e commenti da integrare nella versione di pros-sima pubblicazione. Eventuali osservazioni dovranno essere inviateentro la fine di gennaio 2008 all’indirizzo [email protected]. Nel sitodell’Agenzia ulteriori informazioni e rapporti scientifici di sintesi.

http://www.apat.gov.it