Il dolore condiviso. La famiglia e gli affetti. Nursing...

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Il dolore condiviso. La famiglia e gli affetti. Nursing transculturale Dott. Alessandro Stievano & Dott. Ippolito Notarnicola 1

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Il dolore condiviso. La famiglia e gli affetti. Nursing transculturale

Dott. Alessandro Stievano & Dott. Ippolito Notarnicola

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Nel nostro paese sono rappresentati tutti i continenti del mondo e sono poco meno di 200 le nazionalità degli stranieri residenti in Italia, con gruppi abbastanza omogenei di persone immigrate giunte in Italia sulla base di reti migratorie.

Da dove vengono i migranti?

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I cittadini comunitari sono il 30,5% (1.537.223, di cui 1.168.552 romeni, che hanno in Italia il loro maggiore insediamento), mentre 1,1 milioni provengono dall’Europa non comunitaria. Africani e asiatici sono, rispettivamente, poco più di 1 milione. Solo 13 paesi hanno più di 100.000 residenti: Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina, Filippine, India, Moldavia, Bangladesh, Egitto, Pakistan, Sri Lanka e Senegal.

Dove vivono gli immigrati

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Continenti di origine dei residenti: Europa 51,7% di cui Ue 30,5% Africa 20,7% Asia 20,2% America 7,3% Oceania 0,0%

Prime 10 collettività di residenti: Romania 23,2% Albania 8,9% Marocco 8,3% Cina 5,6% Ucraina 4,6% Filippine 3,3% India 3,0% Moldavia 2,7% Bangladesh 2,4% Egitto 2,2%

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Ogni persona altra in Italia porta con sé una cultura, tradizioni e a volte una spiritualità/religione diversa.

Nel 2017 (Dati IDOS) il numero complessivo d’immigrati era superiore a 5.300.000 persone, pari al 8,8% della popolazione residente in Italia.

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L’ob i e t t i vo è d i c o n o s c e r e l e d i f f e r e n z e c u l t u r a l i i n s i t e i n o g n i p o p o l a z i o n e i n q u a n t o l a c u l t u r a è u n o s t r u m e n t o a m p i o e o l i s t i c o c h e p e r m e t t e d i c o m p r e n d e r e l a t o t a l i t à d e l l a v i t a a f f i n c h é s i p o s s a p e r s o n a l i z z a r e l ’a s s i s t e n za

M a d e l e i n e L e i n i n g e r

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E’ una disciplina pratica che si prefigge di rispondere al bisogno d’assistenza del paziente, ma non deve prescindere dallo studio e dalla conoscenza della persona assistita, con la sua storia, la sua cultura, ma anche con le sue aspettative, per rispondere ai suoi bisogni assistenziali con efficacia, efficienza, adeguatezza e rispettosità.

L’approccio transculturale permette l’annullamento dell’estraneità, affronta il problema dell’alterità culturale, tanto nel momento diagnostico, chiedendosi di quale problema infermieristico soffra la persona, tanto in quello prescrittivo, chiedendosi come può aiutarlo.

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A volte è il paziente straniero a creare una barriera con il personale che deve assisterlo, perché manca un rapporto di fiducia e nasce la paura dell’incomprensione.

I professionisti sanitari vivono in prima persona la difficoltà di un approccio permeato da pregiudizi reciproci e la fatica di rispondere quotidianamente ai bisogni Dell’altro.

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Culture-bound sindromes (malattie specifiche di determinate culture)

Una stessa malattia, in diversi gruppi etnici può manifestarsi con quadri sintomatologici sensibilmente diversi, in conseguenza di un’attenzione selettiva agli

stimoli fisici e alle esperienze psichiche

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Buongiorno. Scrivo raramente, ma dopo il turno di stanotte non vado a letto prima di aver condiviso con voi un episodio che mi ha

lasciato rabbia, delusione e frustrazione. Ho bisogno di sapere da colleghi più esperti un parere in merito, anche per capire se avrei dovuto/potuto gestire la situazione in maniera diversa. Forse sono anche alla ricerca di un po' di solidarietà. Lavoro in DEA. Ieri sera verso le 22.30 faccio entrare una signora che era venuta per malessere generalizzato e cefalea da alcuni

giorni. E' accompagnata dal marito, anche perché non parla la nostra lingua mentre lui sì. Entrambi di origini islamiche, con lei che

indossava un burqa dal quale si scorgevano solo gli occhi. Entrambi entrano in sala visita dove c'è la dottoressa, la quale inizia un

primo colloquio per inquadrare la situazione, capire segni e sintomi. Fatto ciò la dottoressa avvisa i signori che deve procedere alla

visita e per questo è necessario che la signora si spogli. Il marito la interrompe dicendo che ciò era possibile solo se io fossi uscito

dalla stanza, perché la loro cultura non accetta l'uomo veda o compia azioni sulla donna. Non sono una persona molto polemica e, prima che io possa controbattere, la dottoressa acconsente e mi chiede di convocare una collega di sesso femminile. Io, con la frustrazione alle stelle addosso, comunico al nostro Team Leader l'accaduto, la quale rifiuta di scendere a tale

compromesso; stesso rifiuto anche da parte di un'altra collega. Questa solidarietà in parte mi aveva rincuorato; la dottoressa esegue la visita da sola. Nel corso della serata poi, la dottoressa nota un po' di affanno al respiro nella signora e mi chiede di eseguire un EGA, sperando

entrambi che stavolta non ci siano problemi. Neanche il tempo di informare la signora della procedura che mi sento di nuovo

respingere da entrambi, moglie e marito, sempre per lo stesso motivo. Stavolta non posso stare in silenzio. Finché si parla di corpo

nudo, posso anche ingoiare, (a volte capita anche in qualche signora un po' pudica) ma sentirmi respinto anche per un prelievo di

sangue non posso accettare. Con tutta la calma e l'educazione del mondo, ma anche con fermezza, gli spiego che in Italia il SSN

prevede professionisti di entrambi i sessi, e che se loro si rivolgono a noi, devono accettare l'organizzazione del nostro servizio. Gli

dico che mi sento umiliato, come lo sarebbe stato un qualsiasi paziente che si sente negata l'assistenza solo perché è di un sesso

che a me non piace. La magra consolazione arriva un'ora dopo quando una paziente che aveva assistito alla scena si complimenta con me per l'educazione. Si parla molto di favorire l'Intercultura, ma finché non la si tocca con mano non si può capire la distanza siderale tra alcune realtà. Forse devo ancora smaltire l'accaduto, ma probabilmente avrò adesso un pregiudizio.

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Processo assistenziale

Progettare ed attuare in modo efficace l’assistenza sulla base di valori, teorie e modi di vita di ciascuna cultura

comunicando e instaurando un rapporto di fiducia

INFERMIERE

rimodellare il processo assistenziale sulla base dei bisogni di salute del paziente straniero

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Personalizzazione dell’assistenza infermieristica

soddisfacimento bisogno sicurezza e comunicazione soddisfacimento bisogno igiene personale soddisfacimento bisogno alimentazione rispetto della persona espressione propria religione relazione terapeutica

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Dolore transculturale

differenti modalità espressive

livello di tolleranza individuale

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Dolore transculturale

Uno studio di Lovering su atteggiamenti culturali e credenze su cause, trattamenti ed esperienze in tema di dolore, condotto su personale sanitario e non sanitario appartenente a diverse culture, ha rivelato somiglianze e differenze tra i vari gruppi culturali.

Lovering, S. Cultural attitudes and beliefs about pain. Journal of Transcultural Nursing. 2006; 17(4): 389-95

Quando un medico si relaziona con un malato terminale può adottare comportamenti diversi a seconda dell’etnia del paziente. Questo è ciò che sembra emergere da un recente studio americano appena pubblicato su The Journal of Pain and Symptom Management, per opera del professor Barnato e colleghi della Pitt’s School of Medicine.

Andrea M. Elliott, Stewart C. Alexander, Craig A. Mescher, Deepika Mohan, Amber E. Barnato. Differences in Physicians’ Verbal and Nonverbal Communication With Black and White Patients at the End of Life. Journal of Pain and Symptom Management, 2016

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Professionisti sanitari multietnici

La sanità italiana è sempre più multietnica. Nella 'mappa' dei professionisti della salute stranieri che lavorano nel nostro Paese i più numerosi sono gli infermieri professionali. Secondo gli ultimi dati Ipasvi, si attestano a 35 mila, per lo più di nazionalità romena (circa il 43%) e polacca (il 14%) e impiegati in prevalenza al Centro e al Nord dell’Italia.

Mentre i medici di origine straniera iscritti ai diversi Ordini d’Italia sono circa 15.000, per il 42,3% donne, e per il 67,5% in una fascia di età tra i quaranta e i sessantaquattro anni. In questo caso la maggior parte proviene da Paesi Ue o a sviluppo avanzato.

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