Il discorso del presidente Picchioni alla cerimonia di premiazione di Javier Cercas

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Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura Via Santa Teresa, 15 – 10121 Torino – Tel. 011 518 4268 – Fax 011 561 2109 – www.salonelibro.it – e-mail: [email protected] 1 Grinzane Cavour, 19 novembre 2011 Intervento del presidente Rolando Picchioni Consegna del Premio Salone Internazionale del Libro a Javier Cercas Con la cerimonia di oggi riprende la tradizione di consegnare un grande premio letterario nel castello di Grinzane Cavour. È una tradizione che, non solo per l’austerità dei tempi ma per la precisa filosofia di lavoro cui ci ispiriamo da sempre, abbiamo voluto contrassegnare con sobrietà e informalità. È un piacere poter consegnare il Premio Salone Internazionale del Libro 2011 a uno dei più importanti esponenti della cultura iberica contemporanea: lo scrittore e saggista Javier Cercas. Ringrazio le autorità: il «padrone di casa» senatore Tomaso Zanoletti, presidente dell’Enoteca Regionale Piemontese Cavour; il sindaco di Grinzane Cavour Franco Sampò; la presidente della Provincia di Cuneo Gianna Gancia; l’assessore al Turismo e Istruzione della Regione Piemonte Alberto Cirio; il professor Giovanni De Luna che introdurrà l’intervento del nostro ospite e ci guiderà alla scoperta del suo pensiero. L’impegno che ci siamo assunti due anni fa per restituire al territorio piemontese quanto gli era stato sottratto dalla dissipazione di risorse e dal disfacimento di progetti pur nati con le migliori intenzioni è stato di rinsaldare il rapporto con l’anima dei luoghi e con la loro gente. Era l’impegno a non indulgere più a operazioni di natura coloniale mascherate da finzione quasi missionaria, a non promuovere «grandi eventi» che planano come un disco volante e ripartono senza lasciare nulla, se non il miraggio di un effetto speciale. Il Premio Salone Internazionale del Libro è nato proprio con questo spirito. Portare sul territorio un grande autore internazionale, un interprete lucido e autorevole della nostra contemporaneità. Farlo incontrare con i giovani, con gli studenti delle scuole, con la gente in una interazione reciproca, da cui lo scambio di esperienze e conoscenze si realizza in un dialogo vero e proprio. La formula ha avuto un debutto felicissimo lo scorso autunno con Amos Oz. Quest’anno con Javier Cercas il tour si allarga ad altre

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Il discorso del presidente della Fondazione per il libro, Rolando Picchioni, in occasione del conferimento del Premio Salone del Libro 2011 a Javier Cercas

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Grinzane Cavour, 19 novembre 2011

Intervento del presidente Rolando Picchioni Consegna del Premio Salone Internazionale

del Libro a Javier Cercas

Con la cerimonia di oggi riprende la tradizione di consegnare un grande premio letterario nel castello di Grinzane Cavour.

È una tradizione che, non solo per l’austerità dei tempi ma per la precisa filosofia di lavoro cui ci ispiriamo da sempre, abbiamo voluto contrassegnare con sobrietà e informalità.

È un piacere poter consegnare il Premio Salone Internazionale del Libro 2011 a uno dei più importanti esponenti della cultura iberica contemporanea: lo scrittore e saggista Javier Cercas.

Ringrazio le autorità: il «padrone di casa» senatore Tomaso Zanoletti, presidente dell’Enoteca Regionale Piemontese Cavour; il sindaco di Grinzane Cavour Franco Sampò; la presidente della Provincia di Cuneo Gianna Gancia; l’assessore al Turismo e Istruzione della Regione Piemonte Alberto Cirio; il professor Giovanni De Luna che introdurrà l’intervento del nostro ospite e ci guiderà alla scoperta del suo pensiero.

L’impegno che ci siamo assunti due anni fa per restituire al territorio piemontese quanto gli era stato sottratto dalla dissipazione di risorse e dal disfacimento di progetti pur nati con le migliori intenzioni è stato di rinsaldare il rapporto con l’anima dei luoghi e con la loro gente.

Era l’impegno a non indulgere più a operazioni di natura coloniale mascherate da finzione quasi missionaria, a non promuovere «grandi eventi» che planano come un disco volante e ripartono senza lasciare nulla, se non il miraggio di un effetto speciale.

Il Premio Salone Internazionale del Libro è nato proprio con questo spirito. Portare sul territorio un grande autore internazionale, un interprete lucido e autorevole della nostra contemporaneità. Farlo incontrare con i giovani, con gli studenti delle scuole, con la gente in una interazione reciproca, da cui lo scambio di esperienze e conoscenze si realizza in un dialogo vero e proprio.

La formula ha avuto un debutto felicissimo lo scorso autunno con Amos Oz. Quest’anno con Javier Cercas il tour si allarga ad altre

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province del Piemonte, pur mantenendo saldo il suo cuore e la sua anima in questo castello che si rinsalda come uno dei simboli stessi della vivacità culturale della nostra regione e che diventa altresì una delle bandiere più significative del Parco Culturale Paesaggio Umano.

Un nome simbolico, questo, che riunisce nella sua aggettivazione la sintesi storica, morale e creativa di un territorio con le sue pietre, persone e anima che esaltano lo spirito autentico di questo spicchio di Piemonte.

Il progetto del Parco sembrava defunto alla fine della scorsa legislatura regionale, ma è stato volitivamente ripreso in quella attuale dall’assessore Alberto Cirio, tant’è che stamane ha ripreso l’abbrivio con un’importante riunione di lavoro che ha visto confrontarsi tanti amici del territorio: comuni, istituzioni, fondazioni e realtà culturali.

Quest’idea ha già avuto modo di essere apprezzata nel mettere in rete i tre grandi premi letterari del territorio: il Premio Cesare Pavese, il Bottari Lattes Grinzane e, oggi, il Premio Salone Internazionale del Libro.

Il Premio, assegnato per la prima volta nel 2010, è destinato ogni anno a una grande personalità straniera della letteratura mondiale che con la propria opera ha saputo esprimere in modo alto e originale i valori del nostro tempo e fornire indispensabili strumenti di conoscenza e di interpretazione della realtà.

Si tratta di un riconoscimento alla carriera volto a favorire l’incontro fra un grande esponente della cultura internazionale e il pubblico di giovani e adulti, grazie a una serie di incontri e appuntamenti sul territorio.

Ogni anno, selezionata dal Consiglio d’Indirizzo della Fondazione per il Libro – che desidero qui ringraziare - una terna di nomi viene sottoposta al voto elettronico del pubblico e degli espositori del Salone.

Il pubblico del Salone 2011 ha scelto in modo netto e convinto Javier Cercas. Mi pare di poter cogliere in questa scelta il desiderio di indagare e riflettere sul ruolo della storia e della memoria nell’elaborazione di un presente che ci appare indecifrabile, contraddittorio, forse oscuro.

Il metodo di lavoro di Cercas sposa in modo mirabile la scrupolosa interrogazione dei fatti con la dote divinatoria dell’intuizione letteraria, e ha per questo un’attualità che non ci può sfuggire.

Fa testo di ciò la riflessione da lui affidata a un’intervista con Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera di mercoledì 16, dove analizza la

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situazione continentale con un registro di assoluta obiettività e scevro da pregiudizi partigiani: «Non mi sono mai sentito tanto europeo come in questi giorni. Noi europei ci ostiniamo a ragionare in termini nazionali mentre è l’Europa che deve trovare una soluzione. L’Europa è la nostra utopia razionale: dobbiamo realizzarla. Altrimenti anche un risultato storico cambierà ben poco la nostra storia».

Questa riflessione mi sembra si leghi molto bene a un’altra che Cercas ha rinvenuto nelle parole di Thomas Stearns Eliot. Le grandi opere, dice Eliot, non sono solo quelle che determinano il futuro, bensì quelle che riordinano la tradizione, costringendoci a leggerla sotto una nuova luce.

È un insegnamento che si attaglia molto bene alla riflessione sul valore della Storia e all’energia che essa può dare alla nostra capacità di interpretare il mondo che ci cambia intorno. Ma dà anche un senso più profondo al lavoro che stiamo compiendo con il Parco Culturale: ricongiungere passato e futuro, tradizione e innovazione, e restituire alla memoria dei luoghi quel senso prospettico che accompagna sempre chi sa da dove proviene.

Sotto questo aspetto, caro Cercas, ci piace concludere con le parole che Lei ha usato per descrivere a La Stampa lo spirito con cui Lei è qui oggi: tenere dei «dialoghi, non delle conferenze, delle jam session come nel jazz», perché «non ha delle verità da depositare».

Mi pare che questo approccio dialettico si realizzi in modo mirabile e accogliente qui nelle Langhe, che proprio dalla loro natura di crocevia ospitale e terra d’incontro hanno saputo trarre da sempre la loro ricchezza e creatività.