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Il Diritto nella Storia

Prof. Nino Rebaudo

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Le organizzazioni primitive

Clan: gruppo chiuso di persone legate da interessi reciproci o vincoli di discendenza da un comune antenato (matriarcale, patriarcale o totemico).

Totem: oggetto naturale, più spesso animali, a cui gli appartenenti a determinati gruppi umani ritengono di essere uniti da legami magici o religiosi o di discendenza e che venerano.

Tabù: si trattava del divieto di assumere determinati comportamenti o del comando di non compiere alcune azioni che avrebbero provocato una contaminazione di tutta la comunità.

Tribù: gruppo sociale e politico i cui membri hanno un’origine comune e parlano lo stesso dialetto.

Orda selvaggia: raggruppamento sociale nel quale l’istituto familiare e l’organizzazione sociale sono ancora molto vaghi.

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I Babilonesi e il “Codice di Hammurabi”

Il nome di Hammurabi è legato a una raccolta di 282 leggi che ha una notevole importanza, perché fornisce informazioni preziose sul diritto del tempo.

Oggi questo documento è conservato a Parigi nel Museo del Louvre; si tratta di una stele a caratteri cuneiformi che è stata ritrovata nella città di Susa agli inizi del Novecento

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Contenuto del “Codice di Hammurabi”

Dalla decifrazione del documento sono emerse numerose regole di diritto penale e disposizioni relative ai rapporti tra i proprietari, alla famiglia, alle vendite, alle associazioni commerciali, ecc., un vero e proprio compendio della tradizione giuridica babilonese.

Il codice è anche una testimonianza di una coscienza morale e di un senso di giustizia molto avanzato per quei tempi così remoti.

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I fondamenti del “Codice di Hammurabi”

Legge del taglione Pena di morte anche per i reati meno

gravi Irrilevanza della responsabilità

personale

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La civiltà egizia

La società egiziana era ordinata in senso piramidale ma, a differenza della mesopotamica, in Egitto la distinzione in classi era rigida. Al vertice della piramide vi era il faraone, simbolo dell’Egitto, capo dell’esercito, legislatore e sommo sacerdote; un sovrano assoluto, considerato di origine divina e un dio lui stesso (teocrazia) e, come tale, adorato dai suoi sudditi.

Proprio perché il faraone esercitava il potere per mezzo di norme ritenute di origine divina, da lui dipendevano l’esistenza dello Stato e del popolo.

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Forma di governo

Forma di governo nell’antico Egitto

MONARCHIA

Assoluta Teocratica Ereditaria

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L’organizzazione politico - amministrativa

Il faraone era affiancato da due grandi personalità: Il primo ministro (visir), un giudice scelto dal sovrano

stesso e responsabile dell’apparato amministrativo; Un grande sacerdote, che era allo stesso tempo

consigliere del faraone e capo della casta sacerdotale e occupava un ruolo centrale non solo nella vita religiosa, ma anche in quella politica e culturale.

In una posizione di minor prestigio si trovavano i militari: gli ufficiali erano egiziani, mentre i soldati erano prevalentemente mercenari.

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Organizzazione politico - amministrativa

L’organizzazione politico – amministrativa nell’antico Egitto

Governo centrale

Amministrazione periferica

Corte del faraone

Due viceré

Faraone

Gran visirGran

sacerdote

Consiglio dei dieci

Governatori delle

province

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Il papiro e il diritto internazionale

Diversi aspetti della storia dell’Egitto ci sono pervenuti dai papiri, particolari fogli usati dagli scriba, da cui è stato possibile individuare gli usi, le conoscenze scientifiche, i rapporti con gli altri popoli. L’uso del papiro infatti, ha reso più facili le “relazioni internazionali” tra Stati diversi; è grazie a questo particolare “foglio” pieghevole e facilmente trasportabile che le comunicazioni sono diventate più facili e ha avuto origine il primo nucleo del futuro diritto internazionale. I messaggi trasportati con celerità dai corrieri hanno assunto un linguaggio diverso (diplomatico), si sono diffuse le prime regole comuni relative ai trattati e, poco alla volta, è nata la diplomazia.

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La civiltà micenea

La civiltà micenea era caratterizzata da tanti piccoli Stati (Micene, Tirinto, Argo, Pilo, ecc.) a capo dei quali vi era un sovrano che viveva in un palazzo, protetto da mura e costruito su un’altura (acropoli = città alta); era circondato dai nobili che appartenevano alle famiglie più potenti per ricchezza e valore e si consideravano non dei veri e propri sudditi, ma suoi “pari”. Il re si riteneva investito della propria autorità direttamente dagli dei e saliva al trono per diritto ereditario; era supremo sacerdote, amministrava la giustizia e comandava l’esercito in guerra.

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La nascita della polis Agli elementi di divisione (natura del territorio, diversità di stirpi,

rivalità tra popoli diversi) che in passato avevano ostacolato la formazione di uno stato unitario, intorno all’VIII° sec. A.C. se ne aggiungono altri (rivoluzione agraria, crescita demografica, colonizzazione) che favoriscono la formazione di città-stato (polis). Questo nuovo organismo politico ha origine nell’Asia minore a opera dei coloni greci che, trovandosi in un paese straniero, sentono la necessità di difendersi; così organizzano le loro comunità in luoghi elevati e protetti da fortificazioni. I coloni erano per lo più o artigiani e mercanti insoddisfatti, o piccoli contadini, che per timore di cadere nella “schiavitù per debiti” preferivano emigrare. Fin dall’inizio le colonie danno origine a un sistema politico-sociale più equo che poi influenzerà anche la città madre.

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La struttura della polis

I centri vitali della polis erano l’antica acropoli, il tempio e l’agorà. I membri della polis partecipano attivamente alla vita della città:

Nell’agorà, la piazza sede del mercato, si trattavano gli affari e si tenevano le assemblee per decidere sui problemi comuni;

Sull’acropoli aveva sede il governo e vi si trovava anche il tempio, luogo d’incontro per le cerimonie religiose.

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Struttura della polis

La polis

Fulcro attorno al quale si sviluppano

Motivi della nascita

Acropoli

Agorà

Parte alta della città dove si trovava anche il tempio della

divinità protettrice

Piazza del mercato dove il popolo si riuniva anche in

assemblea

Rivoluzione agraria

Crescita demografica

Colonizzazione

Necessità di una nuova organizzazione del potere

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Il passaggio alla Timocrazia e alla Tirannide

Tra il VII e il VI sec. a.C. dall’aristocrazia si passa alla timocrazia (governo della ricchezza) caratterizzata dalla partecipazione al governo della polis di cittadini che dispongono di una ricchezza fondiaria. I contrasti civili, però, sono continui e il popolo, cui è richiesto solo di ubbidire, rimanendo escluso dal potere, spesso si ribella provocando disordini. In alcuni casi l’introduzione della codificazione scritta da parte del governo aristocratico – borghese consente di contenere almeno in parte i conflitti.

In diverse poleis, invece, le lotte civili tra chi detiene il potere e coloro che ne sono esclusi portano alla tirannide, una forma di governo caratterizzata dalla concentrazione del potere in una sola persona. I tiranni sono individui abili, ambiziosi e audaci che, facendo leva sul malcontento del popolo, prendono il potere, eliminano qualunque opposizione e governano a loro arbitrio, soffocando ogni libertà.

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Il passaggio alla democrazia

Il desiderio del popolo di partecipare al governo della città in alcune poleis determina la nascita di repubbliche democratiche

La sovranità non era più concentrata in poche persone, ma apparteneva a tutti i politai (membri della polis)

Per partecipare alla vita (amministrativa e militare) della polis era indispensabile la qualifica di polites

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Democrazia

Civiltà = Libertà

La libertà più elevata è la

libertà di parola

Diritto dei politei di parlare

liberamente nell’assemblea

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Il governo nella polis

La partecipazione dei cittadini alla vita della

polis

Tramite

Assemblee popolari

Consiglio degli

anziani

Potere giudiziario

Potere legislativo

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Le due poleis più importanti: Sparta e Atene

Tra le diverse poleis, Sparta e Atene, hanno assunto un’importanza particolare non solo perché sono state le più potenti, ma anche perché rappresentano ciascuna il simbolo di due sistemi di governo diversi, imitati dalle altre poleis; chi preferiva un regime oligarchico si ispirava a Sparta; chi, invece, prediligeva istituzioni democratiche aveva come riferimento Atene. Mentre Sparta ha mantenuto per anni una forma di governo rigidamente aristocratica, ad Atene si sono succedute nel tempo tutte le forme istituzionali, dalla monarchia all’ordinamento democratico.

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SPARTA

La struttura sociale a Sparta

Spartiati

Perieci

Iloti

La classe sociale dominante (proprietari terrieri), aveva pieni

diritti civili e politici e si dedicava all’attività militare

Privi dei diritti politici e esclusi dalle cariche pubbliche, godevano dei diritti civili e potevano esercitare

qualsiasi attività

Trattati come schiavi, non godono di alcun diritto e sono

costretti a lavorare la terra degli Spartiati, cui assegnano la maggior parte del raccolto

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LA COSTITUZIONE DI LICURGO

La vita dello Stato si basava sulla costituzione di Licurgo che sarebbe stato ispirato dall’oracolo di Apollo.

Al vertice dello Stato vi erano due re, la cui carica passava al primo figlio nato dopolo l’elevazione al trono del genitore. I re presiedevano i riti religiosi ed erano a capo della gherusia (Consiglio degli anziani) e amministravano la giustizia. Ai geronti spettava il potere legislativo e il potere giudiziario per i crimini più gravi (tradimento, infamia, ecc.) per i quali erano previste le condanne a morte o l’esilio. Tutti gli Spartiati che avevano compiuto 30 anni facevano parte dell’apella, l’assemblea popolare cui spettavano diversi compiti: eleggeva i geronti e i magistrati, approvava o respingeva le leggi, decideva sulle controversie per la successione al trono, conferiva la cittadinanza in casi eccezionali.

Il potere esecutivo spettava agli éfori (=sorveglianti). Gli éfori assumono poteri di controllo anche sulla gherusia e diventano i veri e propri capi dello Stato. Gli éfori potevano condannare alla prigione o ad ammende chiunque, anche i re.

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ATENE

La struttura sociale di

Atene

EUPATRIDI

DEMIURGI

GEOMORI

La classe sociale dominante (proprietari terrieri) godevano dei

diritti civili e politici

I plebei ricchi godevano soltanto dei diritti civili

I plebei poveri che rischiavano la schiavitù

per debiti

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LA LEGISLAZIONE DI DRACONE

I presupposti della legge penale di Dracone

Una pena diversa per l’omicidio volontario (morte) e per quello involontario (esilio)

Chi era accusato di omicidio poteva essere punito solo dopo

che la sua colpa era stata accertata con un pubblico

processo

L’omicidio non veniva punito nel caso di “omicidio

legittimo” (es. legittima difesa)

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LA COSTITUZIONE DI SOLONE

Gli organi dello Stato e le relative

competenze secondo la

costituzione di Solone

Ecclesia

Bulè

Areopago e arconti

Eliea

Potere consultivo

Eleggeva la bulè

Eleggeva gli arconti

Preparava argomenti da discutere e proposte da votare nell’ecclesia

Nominava i membri dell’areopago

Eleggeva i membri dell’eliea

Poteri politici

Potere giudiziario

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L’ETA’ DI PERICLE Dopo Clistene si susseguono anni di guerre e soltanto con Pericle (460-430

a.C.) si torna a parlare di riforme sociali. Pericle è il massimo esponente della democrazia ateniese e mira a rafforzare la

componente popolare all’interno delle istituzioni ridimensionando le funzioni dell’areopago (competente solo per i delitti di sangue), potenziando i poteri degli organi democratici (ecclesia, bulè, eliea) e attribuendo un compenso a tutti i cittadini che ricoprono cariche pubbliche. Proprio questo provvedimento rende effettiva la partecipazione di tutti i cittadini al governo della cosa pubblica e verrà poi ripreso dalla Costituzione italiana (art. 69) segnando il passaggio allo Stato democratico.

Ad Atene però la democrazia e l’uguaglianza non erano generalizzate: erano applicate soltanto all’interno della polis e nei confronti dei cittadini maschi. Le donne, gli stranieri e gli schiavi erano esclusi dalla vita politica.

Tra l’altro, secondo una legge del 451 a.C., era cittadino soltanto chi discendeva da genitori ateniesi, perciò su una popolazione di circa 300 mila persone potevano accedere all’ecclesia in 40 mila.

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SCHEMA DELL’ETA’ DI PERICLE

I presupposti del sistema democratico

ateniese

Il diritto di parola nelle assemblee e nei

tribunali era riconosciuto a tutti i

cittadini

Tutti i cittadini avevano pari

diritti giuridici

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ROMA NELL’ETA’ MONARCHICA

In origine a Roma la struttura sociale era molto semplice: la base era rappresentata dalla familia (famiglia) patriarcale, a capo della quale era il padre (pater familias) con potestà illimitata su tutti i componenti del nucleo familiare.

Più famiglie, legate da parentela, interessi economici, politici, ecc. costituivano la gens (gente) e l’insieme delle gentes formava il popolo.

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IL DIRITTO DI FAMIGLIA

Si fanno risalire al primo re (Romolo) l’introduzione del matrimonio monogamico, la punizione dell’adulterio e il divorzio che poteva essere richiesto solo dal marito; infatti sarebbe più opportuno definirlo ripudio.

Era consentito ricorrere al divorzio soltanto per adulterio della moglie (se il marito rinunciava al diritto di ucciderla), per sottrazione delle chiavi della cantina (era vietato consumare il vino che vi era custodito) e per aborto procurato senza il consenso del marito.

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LE CLASSI SOCIALI I patrizi: discendenti delle più antiche famiglie, erano gli unici ad

avere la proprietà della terra, il possesso dell’agro pubblico e l’accesso alle cariche pubbliche (magistrati, senatori, sacerdoti).

I plebei: erano sia coloro che non avevano alcuna proprietà fondiaria perché non erano riusciti a mantenersela, sia chi si era trapiantato a Roma dalle città vinte. Potevano esercitare qualsiasi attività (agricola, pastorale, artigianale) ma erano esclusi dalla vita politica e dalla proprietà terriera.

I clienti: erano i plebei che si appoggiavano a un patrizio cui offrivano servigi e ricevevano in cambio il mantenimento e la protezione.

Gli schiavi: erano privi di qualsiasi diritto e considerati come cose; potevano essere uccisi e venduti, ma il padrone poteva concedere loro la libertà (liberti)

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LE ISTITUZIONI DURANTE IL PERIODO MONARCHICO

I poteri fondamentali

del re

I poteri del senato

Le funzioni dei comizi

curiati

Comandava le truppe in guerra

Rappresentava la città davanti agli dei

Risolveva tutte le controversie private

Amministrava il patrimonio della comunità

Emanava ordinanze vincolanti (leges regiae)

Veniva consultato dal sovrano sulla politica interna e estera

Esprimeva il suo parere sulle leggi proposte dal re

Si pronunciava sulle decisioni dell’assemblea popolare

Eleggere i senatori e i re

Dichiarare la guerraEsercizio temporaneo del potere alla morte del re

Contribuire alla formazione dell’esercito

Deliberare sulle controversie che comportavano la pena di morte

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Roma durante la Repubblica

Con la cacciata dei re (509 a.C.) per Roma inizia la lunga fase repubblicana.

Il periodo della repubblica è caratterizzato dai contrasti tra patrizi e plebei, che difficilmente riescono a trovare un’intesa.

Nei primi anni, in seguito ad un accordo, i due consoli erano uno patrizio e uno plebeo, ma ben presto una legge emanata dagli aristocratici riserva ai patrizi le cariche pubbliche e il V secolo a.C. è caratterizzato da accesi scontri sociali in quanto i plebei rivendicavano una maggiore integrazione sociale ed economica.

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LE RIVENDICAZIONI DELLA PLEBE

Le rivendicazioni

della plebe

Leggi scritte

Abolizione della schiavitù per debiti

Abolizione del divieto di matrimonio

tra patrizi e plebei

Accesso alle magistrature

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LE ISTITUZIONI NEL PERIODO DELLA REPUBBLICA

I consoli erano i due magistrati che avevano il governo della città e godevano di pieni poteri; venivano eletti ogni anno dai comizi centuriati ed esercitavano il potere collegialmente, per evitare che uno dei due potesse diventare tiranno.

I pretori amministravano la giustizia civile (praetor urbanus), rimanevano in carica un anno e, finché non esistevano leggi scritte, emanavano un editto, valido per la durata dell’incarico, nel quale fissavano i criteri che avrebbero seguito per amministrare la giustizia.

Il senato era l’unico organo permanente ed aveva l’esercizio temporaneo del potere esecutivo in assenza dei consoli (fino al IV sec. a.C., allorché viene nominato un magistrato speciale). Soltanto in caso di estrema necessità il senato, usando la formula: “Curino i consoli che lo Stato non abbia alcun danno”, rimetteva ogni potere ai consoli.

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I COMIZI CENTURIATI

La composizione dei comizi centuriati, istituiti secondo la tradizione verso la fine della monarchia, viene modificata in seguito a una nuova divisione in classi basata, non più sulla ricchezza fondiaria, ma espressa in denaro. In tal modo, la partecipazione ai comizi centuriati è estesa ai plebei ricchi. Si perde così la distinzione tra patrizi e plebei e subentra quella tra ricchi e poveri.

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I POTERI DEI COMIZI CENTURIATI

I POTERI DEI COMIZI

CENTURIATI

Eleggevano i consoli, i censori e i pretori

Approvavano o respingevano le proposte di legge

Collaboravano con la funzione legislativa

Decidevano in merito alla pace e alla guerra

Potevano condannare a morte i cittadini

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LA CODIFICAZIONE DELLE NORME

Nel 451 a.C. i decemviri pubblicano la legge delle XII tavole. Le dodici tavole di bronzo vengono esposte nel foro perché tutti possano conoscere le leggi. E’ questa la prima codificazione del diritto romano, con la quale viene sancita l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e, con l’avvio della parificazione giuridica, viene garantita ai plebei la certezza del diritto.

Nel complesso il testo era un misto di principi arcaici e norme più moderne, a dimostrazione che la legislazione era frutto di una stratificazione nel tempo.

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LE LEGGI DELLE XII TAVOLE

Esse abbracciano ogni campo del diritto: Per il diritto di famiglia viene limitata la potestà del pater

familias. Riguardo al diritto di successione viene riconosciuta la libertà di

fare testamento e viene stabilito a quali parenti e in quale ordine doveva essere spartita l’eredità nel caso in cui il defunto non avesse lasciato il testamento.

Nel campo del diritto civile viene riconosciuta la validità del contratto sulla base di un semplice accordo orale e il diritto di proprietà del romano rispetto allo straniero.

Per il diritto penale vale ancora la legge del taglione. In sostanza queste leggi erano conservatrici e favorevoli alle

classi più abbienti.

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LA CRISI DELLE ISTITUZIONI REPUBBLICANE

La vera fine della repubblica sarà segnata da un comandante militare (Cesare), che diventa console, poi dittatore a vita e accresce poco alla volta il suo potere facendosi attribuire tutte le magistrature e l’appellativo di “imperator”, titolo che da allora assume il significato di “capo supremo”.

Una volta dittatore, Cesare concede un’amnistia generale e provvede alla riforma delle istituzioni, in quanto la costituzione repubblicana non è adatta per l’impero.

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LE RIFORME DI CESARE

Le riforme di Cesare

Assegnazione delle terre ai veterani e ai cittadini poveri

Protezione del lavoro libero e della piccola proprietà

Ammissione al senato dei rappresentanti delle province

Rafforzamento dell’autorità dello Stato nell’interesse di tutti

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ROMA NEL PERIODO DELL’IMPERO (OTTAVIANO

AUGUSTO)

Le cariche dell’imperator

e

I poteri dell’imperator

e

Console=capo dell’esecutivo

Pontefice massimo=capo supremo della religione

Proconsole=capo dell’esercito

Principe del senato=primo fra i senatori

Potestà tribunizia a vita=diritto di veto

Potestà censoria

Costituisce e convoca il senato

Dichiara la guerra

Fa le leggiNomina i magistratiConvoca i comizi

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LE RIFORME DI DIOCLEZIANO

Le riforme di

Diocleziano

Istituzione della monarchia assoluta

Riforma dell’esercito

Riforma territoriale

Riforma istituzionale (tetrarchia)

Riforma sociale

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IL CORPUS IURIS CIVILIS

L’imperatore d’oriente Giustiniano si propone di riorganizzare l’impero, mirando anche a una ridefinizione e risitemazione del diritto romano. Nell’arco di pochi anni (528-534) la legislazione viene coordinata e raccolta nel Corpus Iuris Civilis, l’opera alla quale l’imperatore ha legato il suo nome (denominato anche Codice giustinianeo) e che costituirà un fondamento della giurisprudenza europea.

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LA STRUTTURA DEL CORPUS IURIS CIVILIS

Il Corpus è una raccolta di diritto civile distinta in quattro parti:

1. Il Codice vero e proprio, in dodici libri, dove sono raccolte le più importanti leggi imperiali dal II secolo in poi.

2. Il Digesto, diviso in 50 libri, contenente i pareri e i giudizi dei massimi giureconsulti dell’età classica.

3. Le Istituzioni, un’esposizione più contenuta del Codice e del Digesto a uso delle scuole, che costituisce uno dei primi manuali di diritto.

4. Le Novelle, comprendenti le leggi emanate da Giustiniano dopo la pubblicazione del Codice.

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L’IMPORTANZA DEL CORPUS IURIS CIVILIS

Era dai tempi delle leggi delle XII tavole (451 a.C.) che il diritto romano (editti dei pretori, costituzioni imperiali, leggi, pareri dei giureconsulti) non era stato organizzato, ma era un patrimonio giuridico immenso che, grazie a Giustiniano, non solo viene raccolto, ma viene anche interpretato, corretto e arricchito.

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DAL “CORPUS IURIS CIVILIS”

Nessuno è obbligato a difendere una causa contro la propria volontà.

Nessuno può essere forzatamente allontanato dalla sua casa.

Nessuno è punibile per le sue opinioni. Delle prove è responsabile la parte che le presenta e

non la parte che le nega. Un padre non può testimoniare per un figlio, come

neppure il figlio per il padre. Nell’infliggere delle pene bisogna tener conto dell’età

e dell’inesperienza del colpevole.

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I REGNI ROMANO-BARBARICI IN EUROPA TRA IL V E VI

SECOLO Tra i sovrani Longobardi assume un’importanza particolare

Rotari (636-652), perché nel 643 l’editto che porta il suo stesso nome (Editto di Rotari) sancisce il passaggio per il popolo longobardo, dal diritto consuetudinario alla codificazione. Nell’Editto di Rotari prevale lo spirito del diritto germanico, anche se in gran parte attenuato. Il diritto longobardo è senz’altro più primitivo rispetto al diritto romano, ma questa raccolta di leggi, nonostante contenesse norme ingiuste e discriminanti, per questo popolo rappresenta un progresso poiché per la prima volta hanno leggi scritte e la giustizia spetta allo Stato e non all’individuo.

con l’Editto di Rotari, infatti, la vendetta privata (faida) viene sostituita dal guidrigildo, un indennizzo in denaro previsto per le offese, le ferite, le uccisioni, ecc. e commisurato alla condizione sociale dell’offeso.

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IL FEUDALESIMO E LA PIRAMIDE FEUDALE

Così come il re si era creato una corte di vassalli, ogni vassallo aveva potuto istituire la propria, cercando la fedeltà di altri (valvassori) mediante la concessione di feudi minori. I valvassori, adottando lo stesso sistema, avevano trovato l’appoggio di loro fedelissimi (valvassini). il risultato di questi legami è una società a struttura piramidale, divisa in classi e basata su privilegi e rapporti di gerarchia.

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LA PIRAMIDE FEUDALE

In un primo tempo il vertice della piramide sociale è occupato dall’imperatore o da uno dei sovrani dei tre regni in cui viene diviso l’impero; ma nel momento in cui questo si sfalda al vertice si può trovare un grande feudatario o il papa.

Le prime classi sociali, rappresentate dalla nobiltà e dall’alto clero, comprendevano una minima parte della popolazione che era formata in maggioranza da uomini liberi (artigiani, piccoli proprietari) e da servi della gleba (contadini). I rapporti tra la base (liberi e servi) e il vertice della società feudale (signori laici ed ecclesiastici) erano caratterizzati dal sistema servile.

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LA STRUTTURA DEL LATIFONDO E L’ECONOMIA CURTENSE

Il beneficio (feudo) poteva consistere in territori molto estesi (latifondo) che, proprio per la vastità, non potevano essere gestiti unitariamente. Il latifondo, infatti, veniva diviso in ville o curtis, da cui la denominazione di “economia curtense”.

La villa comprendeva tutte le terre coltivate dai servi sotto la direzione del signore (pars dominica) e i mansi (pars massericia) cioè i terreni concessi ai servi e agli ex piccoli proprietari che si erano messi sotto la direzione del signore.

Il mansardo doveva sopportare una serie di prestazioni lavorative, oneri ed obblighi. I servi erano legati alla terra in maniera più stretta perché la loro persona apparteneva al signore che poteva disporre anche della loro forza lavoro; da qui il diritto alle corvée (giornate di lavoro per il signore). E’ proprio sulla base dell’economia curtense che tra il X e XI secolo si afferma il feudalesimo.

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I PRESUPPOSTI GIURIDICI DEL FEUDO

IL SOVRANO O IL

GRANDE FEUDATARI

O

IL VASSALLO, IL VALVASSORE O IL VALVASSINO

Con il beneficio e l’investitura

concedeva il feudo e la protezione

Con l’omaggio prometteva obbedienza e assumeva una serie di

obblighi

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IL COMUNE

Tra la fine delll’XI e l’inizio del XII secolo gli abitanti delle città, favoriti dalla crescita economica, si organizzano per governarsi da soli, così, come la “corte” aveva sostituito la “villa”, la città sostituisce la corte e in essa ha origine una nuova forma di governo: il Comune.

I borghesi, non solo sentono la necessità di essere liberi di scegliere il proprio lavoro, di sposarsi e di disporre dei propri beni, ma anche di stabilire nuove regole per disciplinare le relazioni economiche; nasce così il diritto commerciale.

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LE ISTITUZIONI COMUNALI

PARLAMENTO (o Arengo)

CONSIGLIO

CONSOLI

Assemblea generale di tutti i cittadini (nobili e borghesi)

Stabiliva le leggi (Statuto)

Eleggeva i capi (giurati, consoli)

Eletto dal Parlamento, restava in carica un anno e aveva il potere legislativo

Da 2 a 20; erano eletti dal Parlamento ogni anno e

avevano il potere esecutivo

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LE CLASSI SOCIALI Nel Comune c’è maggiore libertà, ma non esiste l’uguaglianza giuridica;

non tutti i cittadini godono dei diritti politici (donne, uomini più poveri) e persiste la divisione in classi con differenze profonde tra una classe e l’altra:

I nobili (aristocrazia), feudatari trasferiti in città che erano diventati imprenditori e si erano riuniti in associazioni di famiglia (consorterie).

Il popolo grasso (ricca borghesia), cittadini potenti economicamente, godevano dei diritti politici, ma, in un primo momento, erano esclusi dal governo della città (appartenevano alle corporazioni delle arti maggiori).

Il popolo minuto (media e piccola borghesia), escluso dalla vita pubblica (faceva parte delle corporazioni delle arti minori).

I salariati, lavoratori dipendenti che non potevano associarsi ed erano esclusi dalla vita politica.

I coloni, coloro che lavoravano la terra in affitto o a mezzadria; anch’essi erano esclusi dal governo della città.

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DALLO STATO DEI SUDDITI A QUELLO DEI CITTADINI

Gli Stati nazionali e le

spinte democratiche

L’Inghilterra e la prima carta costituzionale

La scoperta di nuovi mondi e i problemi della colonizzazione

L’epoca dell’assolutismo monarchico

L’Inghilterra, prima monarchia costituzionale

Le idee illuministiche e l’età delle rivoluzioni

L’Europa e il dominio napoleonico

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LA MONARCHIA INGLESE

Il regno d’Inghilterra, la cui origine risale al IX secolo dalla fusione dei due regni romano-barbarici degli Angli e dei Sassoni nell’XI secolo viene assoggettato prima dai Danesi e poi dai Normanni. Il duca di Normandia, Guglielmo il Conquistatore, realizza un sistema feudale particolare a favore del potere regio: pur distribuendo le terre ai vassalli, si riserva una proprietà maggiore di quella dei feudatari. In tal modo i signori inglesi avevano poteri sicuramente più limitati rispetto al resto dell’Europa feudale.

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LA MAGNA CHARTA Nonostante la solidità del potere monarchico, i signori feudali, nel XII

secolo, contrastano l’autorità regia e nel 1215 costringono il sovrano a concedere la Magna Charta Libertatum (Grande Carta delle Libertà), una specie di carta costituzionale in 65 articoli con la quale venivano regolati i rapporti tra il sovrano, i grandi feudatari (baroni), il clero e l’alta borghesia, indicando rispettivamente le prerogative dell’uno e i privilegi degli altri. In tal modo il potere assoluto del re risulta limitato e sottoposto al controllo della classe dominante.

“Nessuna imposta sarà decentrata senza il consenso del Comune consiglio. Per tenere il Comune consiglio noi (il re) convocheremo gli arcivescovi, i conti e i grandi baroni in un giorno fissato e indicheremo la causa della convocazione…La Chiesa sarà libera e saranno rispettati i suoi diritti e i suoi privilegi…Nessun uomo libero sarà imprigionato o esiliato se non per giudizio legale dei suoi pari e secondo le leggi del paese”. (Dalla Magna Charta)

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LO SCHEMA DELLA MAGNA CHARTA

Le principali libertà della

Magna Charta

Nessun uomo libero poteva essere arrestato, imprigionato o privato delle

sue proprietà se non in seguito al giudizio dei suoi pari

L’imposizione di nuovi tributi doveva essere stabilita dal

Consiglio del regno

Alla città di Londra e a tutte le altre città, borghi, porti, ecc. venivano riconosciute tutte le libertà e le

libere consuetudini

La Chiesa inglese era libera, i suoi diritti integri e le sue

libertà intatte

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LE ORIGINI DEL PARLAMENTO INGLESE

In origine, i componenti del Consiglio del regno, che prende il nome di Camera dei pari (lords), venivano convocati dal sovrano singolarmente. A partire dal 1265, per contenere i poteri dell’aristocrazia, oltre ai baroni e agli ecclesiastici, tale diritto viene esteso anche a due cavalieri per ciascuna contea e a due borghesi per ogni città e viene istituita la Camera dei comuni, costituita appunto dalla nobiltà di campagna e dalla borghesia cittadina (uomini comuni). Nasce così il primo parlamento bicamerale della storia, anche se gli affari di maggiore importanza il re continuerà a discuterli solo con i baroni e singolarmente.

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IL REGNO DI FRANCIA

La trasformazione della Francia in stato nazionale ha inizio verso la fine del X secolo, ma saranno necessari 300 anni per ridurre all’obbedienza i diversi feudatari e imporre loro un sovrano e una legge comune.

Per governare un territorio tanto vasto, oltre al parlamento di Parigi, organo supremo della giustizia regia, vengono istituiti il Consiglio del re e la Corte dei Conti. Entrambi questi organi, con funzioni amministrative, sono gestiti da “dipendenti statali” appartenenti alle classi dei cavalieri e della borghesia. E’ questo il primo germe di quella che poi sarà la burocrazia.

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L’ISTITUZIONE DEGLI STATI GENERALI

Nel 1302 il sovrano istituisce gli Stati generali, un’assemblea nazionale, composta dai rappresentanti del clero, della nobiltà e del terzo stato (borghesia cittadina) con poteri ben diversi da quelli del parlamento inglese.

I membri degli Stati generali, infatti, potevano esprimere soltanto dei pareri non vincolanti (poteri consultivi) e l’assemblea si riuniva soltanto quando il re la convocava.

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LA FORMAZIONE DEGLI IMPERI COLONIALI IN

AMERICA

SPAGNA

PORTOGALLO

INGHILTERRA

FRANCIA

1492

1519-37

1509

1497

1584/89

‘600

1523-25

1534-41

‘600

Scoperta dell’America

Conquista di Messico, America centrale, Cile, Paraguay, Uruguay,

Argentina, Perù

Colonizzazione del Brasile

Prima esplorazione dell’America del Nord

Formazione del primo nucleo dello Stato della Virginia

Fondazione di altre colonie

Prima esplorazione dell’America del Nord

Primo tentativo di colonizzare il Canada

Colonizzazione della Nuova Scozia e del Canada

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LA REALTA’ DEL XVI SECOLO

La situazione di instabilità e di debolezza dell’Italia favorisce la spartizione della penisola tra Spagna (Italia meridionale) e Francia (Ducato di Milano).

Mentre il sistema degli Stati regionali si disgrega, nei territori italiani sotto il dominio spagnolo regnano l’oppressione politica, il disordine amministrativo e uno spietato sfruttamento economico, per cui il loro declino è rapido e inevitabile.

Il Ducato di Savoia, invece, accresce la sua influenza politica, accompagnata anche da importanti riforme amministrative e dalla riorganizzazione interna. Per il piccolo Ducato non è facile mantenere l’indipendenza dalla Francia e dalla Spagna, ma, grazie ad alleanze indovinate, i duchi di Savoia nel corso del XVI secolo, non solo non cadono sotto il dominio straniero, ma accrescono il proprio territorio e il Ducato diventerà un importante elemento per l’unità d’Italia.

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L’ASSOLUTISMO IN FRANCIA

I punti di forza del regime di Luigi XIV

Stato burocratico accentrato

Rappresentanti regi nelle province

Esercito permanente

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L’INGHILTERRA VERSO LA MONARCHIA

COSTITUZIONALE Alla morte del Lord Protettore (Cromwell), che era a capo della

repubblica, viene ristabilita la monarchia (1660). Il nuovo sovrano mira a ripristinare il regime assoluto, ma il Parlamento gli si oppone e in seguito, come testimonianza del ritrovato accordo tra il sovrano e il Parlamento, viene emanato l’Habeas Corpus Act (1679), un insieme di leggi per tutelare i cittadini dagli arresti illegali.

I contrasti tra il Parlamento e la Corona però si riacutizzano e cacciato il re (Giacomo II), il trono viene offerto al governatore d’Olanda (Guglielmo d’Orange), che sarà re per volontà della nazione, e alla moglie Maria (figlia di Giacomo II), sovrana per diritto divino.

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LA RIVOLUZIONE GLORIOSA E IL BILL OF RIGHTS

Nel 1688 viene siglata la Dichiarazione dei diritti (Bill of rights) che segna la fine del potere assoluto e l’Inghilterra diventa una Monarchia costituzionale. Il Bill of rights, riconosce un insieme di libertà (diritto di voto, libertà di parola, di opinione, ecc.) e sancisce il principio del potere dal basso in quanto il sovrano aveva ricevuto il potere dal popolo e non da Dio.

Questa rivoluzione, definita gloriosa, ha avuto il merito di aver aperto una breccia nel regime assoluto.

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L’ILLUMINISMO E LA NUOVA IDEA DI STATO

L’Illuminismo critica le istituzioni politiche, sociali e religiose del passato e si propone la realizzazione di una società migliore. L’attenzione si incentra sulla riforma dello Stato; è inconcepibile avallare l’esistenza dell’assolutismo monarchico. Se tutti gli uomini nascono uguali non è ammissibile che il re sia onnipotente; perciò, per abbattere le ingiustizie e i privilegi, il sovrano deve sottostare a una legge che regoli l’organizzazione dello Stato e i diritti e doveri di tutti i cittadini, compreso il re. E’ questa l’idea moderna di Costituzione.

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MONTESQUIEU E LA SEPARAZIONE DEI POTERI

Proprio in base a questi principi si avverte la necessità che i poteri dello Stato (legislativo, esecutivo, giudiziario) siano sottratti al re e assegnati ad appositi organi. La divisione dei poteri, concepita nel 1749 dal barone di Montesquieu, avrebbe consentito di superare i limiti dello Stato assoluto, in quanto la sovranità, anziché essere concentrata nella persona del sovrano, viene divisa fra tre organi indipendenti, che si bilanciano e si controllano a vicenda.

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Da “L’ESPRIT DES LOIS” di MONTESQUIEU

“Il potere giudiziario deve essere esercitato da persone prese dal popolo a formare un tribunale, il potere legislativo sia affidato a un corpo di nobili e a chi sarà scelto a rappresentare il popolo, il potere esecutivo deve essere nelle mani di un monarca”.

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IL DISPOTISMO ILLUMINATO

Nella seconda metà del XVIII secolo alcuni sovrani accolgono le idee illuministiche e trasformano le monarchie assolute in dispotismo illuminato. In Prussia, Austria e Russia vengono introdotte importanti riforme tese a migliorare la vita delle classi sociali più povere (abolizione o allentamento della servitù della gleba), il sistema giudiziario (abolizione della tortura e in alcuni Stati della pena di morte) e fiscale (estensione dei tributi a tutti). Nella sostanza questo sovrani, pur rimanendo dei despoti, “nell’esercizio del potere mirano a promuovere il benessere dei sudditi”.

Le riforme però non erano dei diritti, ma delle “concessioni”, che il sovrano avrebbe potuto abolire.

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IL CODICE LEOPOLDINO E L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI

MORTE In Toscana, il Granduca (Pietro Leopoldo), oltre a ristrutturare lo

Stato da un punto di vista amministrativo e fiscale, cerca di riformare anche l’apparato legislativo. Nel Codice penale del 1786 (Codice leopoldino) il Granduca accoglie le idee di Cesare Beccaria contenute nell’opera “Dei delitti e delle pene” (1764) e, oltre a rendere più umane le procedure processuali, elimina la tortura e, per primo in Europa, la pena di morte. Il Codice leopoldino è uno dei programmi di riforma più organici e concreti attuati nel ‘700, ed è improntato principalmente sulle libertà e sui diritti dei sudditi, piuttosto che sull’autorità e la forza dello Stato. E sarà di modello per tutta l’Italia fino al Codice napoleonico.

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LA RIVOLUZIONE AMERICANA

La Dichiarazione d’indipendenza dalla Gran Bretagna (4 luglio 1776) rappresenta il preludio della Costituzione americana, la legge fondamentale del nuovo Stato che, a conclusione dell’aspra lotta per la conquista dell’indipendenza, sarà introdotto nel 1787. E’ la prima Costituzione, tuttora in vigore, in cui viene applicato il principio della separazione dei poteri:

Il potere legislativo è affidato al Congresso, composto dal Senato e dalla Camera dei rappresentanti;

Il potere esecutivo spetta al presidente, eletto ogni quattro anni, e a un governo federale, i cui membri sono designati dal presidente;

Il potere giudiziario è esercitato dalla Corte Suprema federale e dalle Corti federali dei singoli Stati.

Gli Stati Uniti d’America (USA) diventano, infatti, uno Stato federale.

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LA RIVOLUZIONE FRANCESE

La convocazione degli Stati generali (5 maggio 1789) da parte del re per risolvere la grave situazione finanziaria, scatena la reazione del terzo stato, i cui rappresentanti si riuniscono in Assemblea nazionale e giurano di non sciogliersi prima di aver dato una costituzione alla Francia.

Gli avvenimenti precipitano dopo che il popolo insorge e assalta le prigioni di Parigi (presa della Bastiglia 14 luglio 1789). Questo evento è importante, perché segna la fine del dispotismo monarchico, ma anche l’ascesa delle classi borghesi.

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LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL

CITTADINO Il 24 agosto 1791 l’Assemblea costituente adotta la

Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, con la quale vengono stabiliti i principi fondamentali per cui gli uomini non sono più sudditi, ma cittadini.

Art. 1 – Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.

Art. 4 – La libertà consiste nel poter fare ciò che non nuoce agli altri.

Art. 5 – La legge ha diritto di vietare solo le azioni nocive alla società.

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LA COSTITUZIONE DEL 1791

L’attribuzione dei poteri

secondo la Costituzione del

1791

Potere legislativo

Potere esecutivo

Potere giudiziario

Assemblea legislativa eletta dal popolo per due anni

Re, coadiuvato da ministri di sua

nomina

Magistrati eletti dal popolo

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LA COSTITUZIONE DEL 1795

L’attribuzione dei poteri secondo la Costituzione del

1795

Potere legislativo

Potere esecutivo

Potere giudiziario

Camera dei Cinquecento

Camera degli Anziani

Direttorio

Magistrati elettivi

Elette dai cittadini maschi per censo

Cinque membri

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IL DOMINIO NAPOLEONICO Fin da quando assume la carica di console a vita, Napoleone

riorganizza la pubblica amministrazione, instaurando un sistema centralizzato teso a limitare l’autonomia dei dipartimenti.

In particolare si diffonde in quasi tutta l’Europa il Codice civile (Code Napoléon) e diventa fonte d’ispirazione degli ordinamenti liberali, per l’instaurazione di un quadro legislativo adatto agli interessi borghesi. Il Codice napoleonico (1804) è ispirato ai principi illuministici fusi con le leggi e le consuetudini del passato e con esso lo Stato, per la prima volta, si arroga il monopolio di regolamentare i rapporti tra i privati.

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IL CODICE NAPOLEONICO

I contenuti fondamentali del

Codice napoleonico

Riconoscimento dell’uguaglianza di

tutti i cittadini

Riconoscimento della libertà di iniziativa

economica e della libertà contrattuale

Inviolabilità della proprietà privata

Regolamentazione del diritto di famiglia

(matrimonio civile, divorzio)

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LA RESTAURAZIONE E LE IDEE DI LIBERTA’

Dopo gli sconvolgimenti della Rivoluzione francese e del dominio napoleonico, le potenze europee (Russia, Austria, Prussia, Inghilterra), riunite a Vienna (1815), ritengono di poter ripristinare l’ordine secondo le concezioni assolutistiche dell’antico regime. La Restaurazione, rappresentata dal reinsediamento delle vecchie dinastie sui troni dai quali erano state spodestate, in apparenza sembra realizzarsi, ma in realtà le istanze nazionali e democratiche, suscitate dalla Rivoluzione francese, non potevano rimanere sopite a lungo e scoppiarono i primi moti di rivolta.

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IL CONGRESSO DI VIENNA (1815)

In seguito al Congresso di Vienna, l’Europa risulta divisa in tre settori:

La zona orientale, che comprende l’impero russo, l’impero d’Austria, il regno di Prussia e l’impero ottomano.

La zona centrale, costituita da numerosi Stati di piccole dimensioni destinati a unificarsi (Germania, Italia).

La zona nord occidentale, occupata dagli Stati nazionali (Francia, Spagna, Portogallo, Inghilterra, Paesi scandinavi).

Vengono costituiti anche due nuovi Stati: il Regno dei Paesi Bassi (comprendente il Belgio e l’Olanda) e la Confederazione Svizzera (divisa in ventitre cantoni). In Italia domina direttamente o indirettamente l’Austria.

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L’INIZIO DEL RISORGIMENTO IN ITALIA E GIUSEPPE MAZZINI In Italia il fallimento del moti del 1820 e 1830 provoca la crisi delle associazioni

segrete e in particolare della Carboneria, le cui azioni avevano coinvolto soltanto alcuni aristocratici illuministi, intellettuali, ricchi borghesi, ma non avevano fatto presa sul popolo.

Di questo si rese ben conto Giuseppe Mazzini che cerca di elaborare un programma politico per condurre una lotta più efficace contro i regimi reazionari.

Il suo programma si incentra sull’idea che la liberazione della patria si può raggiungere soltanto mediante una rivoluzione nazionale unitaria, di cui il popolo deve essere protagonista. Ogni tentativo di sommossa che esuli dalla partecipazione popolare è destinato a fallire; per questo il popolo deve essere indotto a riflettere sulle condizioni umilianti in cui è costretto a vivere.

L’Italia, una volta unita, dovrà essere una repubblica e dovrà costituirsi come Stato unitario e non come federazione di Stati.

Mentre Mazzini prospettava una repubblica unitaria, altri intellettuali impegnati nella lotta per l’indipendenza (Carlo Cattaneo) pensavano invece a una confederazione repubblicana sul modello degli Stati Uniti.

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LA SVOLTA DEL 1848 Con il diffondersi della rivoluzione industriale, la borghesia mira

a conquistare il potere politico e ad applicare i propri ideali che si traducono nell’idea di uno Stato liberale.

La classe borghese riteneva che soltanto coloro che avevano una certa posizione sociale, per ricchezza o per istruzione, fossero interessati alla gestione delo Stato. Ma non era proprio così: una nuova classe sociale, il proletariato, dopo essere stato per anni una vittima impotente della rivoluzione industriale, aspira a sollevarsi dalla sua condizione miserabile con rivendicazioni politiche e sociali. Le aspirazioni dei proletari coincidevano con l’idea di sovranità popolare, intesa come governo di tutto il popolo.

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I MOTI DEL 1848 IN ITALIA

La notizia delle insurrezioni, ma soprattutto l’esito positivo della rivoluzione in Austria, spingono i patrioti italiani a sollevarsi un po’ dovunque:

Venezia proclama l’indipendenza dall’Austria e costituisce una repubblica.

Milano insorge e scaccia gli Austriaci. I sovrani italiani (re di Sardegna, Granduca di

Toscana, re di Napoli) e il papa (Pio IX) concedono gli statuti e promettono la formazione di governi costituzionali.

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LO STATUTO ALBERTINO La costituzione concessa da Carlo Alberto il 4 marzo 1848 era

una carta di stampo liberale: Era flessibile, poteva cioè essere modificata facilmente da

leggi ordinarie. Era concessa, elargita dal sovrano e non elaborata e votata da

un’assemblea costituente, ma preparata dai funzionari del re. Era breve, in quanto riconosceva “poche libertà” e si limitava a

considerare l’uguaglianza dei cittadini solo in senso formale (come enunciato).

Il potere legislativo apparteneva al re e al Parlamento. Il potere esecutivo era attribuito esclusivamente al re che poteva nominare e revocare i ministri a suo piacimento. Il potere giudiziario faceva capo alla Magistratura, un corpo di funzionari dotati di un’indipendenza limitata, perché erano nominati dal re e dovevano “esercitare la giustizia” in suo nome.

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LA NASCITA DEL REGNO D’ITALIA

Nonostante il Veneto fosse ancora sotto l’Austria e a Roma rimanesse il potere temporale del papa, il 17 marzo 1861 il primo Parlamento nazionale eletto secondo la legge elettorale in vigore nel Regno di Sardegna, proclama il Regno d’Italia e Vittorio Emanuele II il primo re dello Stato unitario.

La piena sovranità territoriale sarà raggiunto solo nel 1870 con la proclamazione di Roma capitale; da un punto di vista istituzionale, però, il nuovo regno, persegue nella politica liberale che aveva caratterizzato il Regno di Sardegna dal 1848 in avanti. Lo Statuto albertino viene applicato in maniera estensiva e i poteri del Parlamento sono potenziati a scapito di quelli riconosciuti al re, tanto che l’Italia, è una monarchia parlamentare.

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LE CONSEGUENZE POLITICHE DELLA PRIMA GUERRA

MONDIALE In seguito alla guerra (1914-1918), la carta politica dell’Europa e

quella del Medio Oriente subiscono notevoli trasformazioni: In Europa, dallo sfaldarsi dell’Impero austro-ungarico,

Ungheria, Iugoslavia e Cecoslovacchia diventano indipendenti e viene unificata la Polonia.

In Medio Oriente, dallo smembramento dell’impero ottomano hanno origine, tra l’altro, l’Iraq, la Siria e la Palestina.

Durante la Conferenza di pace, a Parigi, il presidente degli Stati Uniti (Wilson) propone di costituire la Società delle Nazioni, una specie di foro internazionale, con sede a Ginevra, dove i rappresentanti di tutti i paesi avrebbero potuto cercare soluzioni pacifiche alle loro controversie.

In futuro le controversie internazionali non si sarebbero più dovute risolvere con l’uso della forza e non si sarebbero più dovute verificare ingerenze negli affari interni di un altro paese.

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LA SOCIETA’ DELLE NAZIONI

La Società delle Nazioni, il primo organismo internazionale teso a perseguire il mantenimento della pace e della sicurezza, la soluzione delle controversie internazionali e la cooperazione tra gli Stati membri, avrebbe dovuto prevenire nuovi conflitti mondiali, ma i suoi fini falliranno più volte. La sua impotenza dipenderà anche dalla mancata adesione degli Stati Uniti (il senato americano non ratificherà il Trattato di pace di Parigi) e dalla tardiva o solo temporanea partecipazione della Germania, del Giappone e dell’Unione Sovietica.

La Società delle Nazioni sarà sciolta nel 1946 e sostituita dall’ONU.

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LA RIVOLUZIONE RUSSA E IL NUOVO REGIME TOTALITARIO Nel corso del conflitto mondiale la Russia è costretta a firmare anzitempo la

pace (1918) per fronteggiare una rivoluzione interna, nata come una rivolta liberale (marzo 1917) ma trasformata in una rivoluzione socialista (ottobre 1917), che cambierà sia il volto della Russia, sia la fisionomia della politica mondiale. In Russia i disastri della guerra avevano aggravato una situazione politico-sociale già compromessa: in meno di un anno (luglio 1918) si passa dal regime assolutistico dello zar alla “dittatura del proletariato” e il paese diventa l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Gli effetti della rivoluzione si fanno subito sentire: il nuovo governo presieduto da Lenin, cambia nel profondo la struttura del paese (abolizione della grande proprietà terriera a vantaggio dei contadini, controllo delle fabbriche agli operai, nazionalizzazione delle banche, ecc.).

Nel 1923 l’URSS ha una nuova costituzione e si organizza come una federazione di repubbliche in cui il potere legislativo spetta ai Soviet e quello esecutivo al Consiglio dei Commissari del popolo.

Nel 1924 viene introdotto il socialismo di Stato e ogni decisione passa attraverso il partito comunista che, tramite i suoi capi, mira a raggiungere, attraverso la pianificazione, la collettivizzazione dell’agricoltura e l’industrializzazione del paese.

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LA SECONDA GUERRA MONDIALE (1939-1945)

Forte del potere interno e del totalitarismo imperante, la Germania viola il Trattato di pace della prima guerra mondiale e il 1° settembre 1939 invade la Polonia. Ha inizio così la seconda guerra mondiale che vede schierati da una parte gli Stati fascisti (Germania, Italia, Giappone) insieme ad altri Stati satelliti (Romania, Ungheria, Bulgaria) e dall’altra la coalizione antifascista (Inghilterra, Stati Uniti, Unione Sovietica). La guerra sarebbe durata sei anni (1939-1945) e avrebbe coinvolto 61 nazioni: non è circoscritta agli eserciti, ma raggiunge, anche con armi nuove e micidiali, le popolazioni indifese.

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L’ITALIA COME STATO TOTALITARIO

L’Italia come Stato totalitario

25/7/1943: seduta del Gran Consiglio del fascismo

e caduta del regime

1940: Entrata in guerra dell’Italia al fianco della

Germania

8/9/1943: Armistizio e nascita della

Repubblica di Salò

1943: formazione del CLN e inizio della guerra

partigiana

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IL PATTO DI SALERNO

I contenuti del Patto di

Salerno

Passaggio del potere all’erede al trono con il ruolo di Luogotenente

del Regno

Formazione di un nuovo governo formato dai partiti antifascisti

Rinvio della decisione sulla forma di governo (repubblica o monarchia) al

termine del conflitto

Elaborazione di una nuova costituzione da parte di un’Assemblea costituente eletta a suffragio universale (alla fine della guerra)

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LA LIBERAZIONE NAZIONALE E LA MORTE DI MUSSOLINI

Nella primavera del 1945, mentre le forze armate tedesche si stanno dissolvendo e la tirannia nazista è ormai alla fine, anche la Repubblica di Salò si sfalda e il CLN dà il segnale dell’insurrezione in alta Italia (25 aprile 1945) assumendo tutti i poteri civili e militari nelle regioni liberate. In pochi giorni le grandi città del Nord (Milano, Genova, Torino) sono libere e il resto dell’Italia settentrionale viene liberato prima dell’arrivo delle truppe alleate.

Mussolini, condannato a morte dal CLN, viene catturato e fucilato dai partigiani insieme ad alcuni gerarchi fascisti (28 aprile 1945).

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LA NASCITA DELLO STATO DEMOCRATICO

Il 2 giugno 1946 viene indetto il referendum istituzionale e, contemporaneamente, vengono eletti i membri dell’Assemblea costituente, che ha il compito di preparare una nuova costituzione da sostituire allo Statuto albertino.

Le elezioni del 2 giugno 1946 sono un momento importante per l’Italia non solo da un punto di vista istituzionale, ma anche per il riconoscimento dei diritti civili e politici; sono le prime elezioni politiche a suffragio universale.

I risultati del referendum sono favorevoli alla repubblica: il nuovo re (Umberto II), che era salito al trono il 9 maggio in seguito all’abdicazione del padre, deve lasciare l’Italia e il 29 giugno l’Assemblea costituente elegge il Capo provvisorio dello Stato (Enrico De Nicola); l’Italia diventa una Repubblica democratica.

L’Assemblea costituente è composta per la maggior parte da cattolici, socialisti e comunisti (80%), ma anche i rappresentanti dei partiti minori (liberali, azionisti) daranno un importante contributo alla fusione delle diverse tendenze politiche nelle convinzioni comuni trasferite in una carta costituzionale democratica.

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LA COSTITUZIONE DEL 1948

Nell’ambito dell’Assemblea costituente viene eletta una commissione ristretta (75 deputati) con il compito di elaborare il progetto di Costituzione. Era un lavoro lungo e impegnativo ma i Costituenti erano uniti da comuni intenti ed erano sostenuti dall’aspirazione di dare al Paese una costituzione che rappresentasse i sentimenti e i bisogni della collettività e, allo stesso tempo, istituzioni che garantissero una democrazia solida.

La Costituzione, approvata dall’Assemblea il 22 dicembre 1947, entra in vigore il 1° gennaio 1948. E’ una Costituzione “piena di libertà” e mira ad affermare, oltre che riconoscere, l’uguaglianza sociale e la democrazia.

La Costituzione è composta da 139 articoli ed è divisa in due parti (Diritti e doveri dei cittadini e Ordinamento della Repubblica), precedute dai Principi fondamentali e seguite dalle Disposizioni transitorie.

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LA STRUTTURA DELLA COSTITUZIONE

La struttura della Costituzione

Ordinamento della Repubblica

(artt. 55-139)

Disposizioni finali e transitorie (XVIII

artt.)

Diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-

54)

Principi fondamentali (artt. 1-12)

Principio di uguaglianza

Sovranità popolare

Diritti inviolabili

Ripudio della guerra

Libertà personali

Diritti etico-sociali

Diritti economici e politici

Organi dello Stato e loro competenze

Norme che dovevano consentire il passaggio

dal vecchio al nuovo ordinamento

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CARATTERI DELLA COSTITUZIONE

I caratteri fondamentali della Costituzione sono i seguenti:1. Votata: è stata redatta e votata da un’Assemblea eletta dal popolo.2. Lunga: oltre ai diritti civili e politici, riconosce quelli sociali ed

economici.3. Rigida: le norme costituzionali non possono essere cambiate da

leggi ordinarie, ma con una procedura più complessa per evitare facili sovvertimenti dell’ordine democratico.

4. Democratica: sono previsti istituti di democrazia diretta (referendum, petizioni, proposte di legge) oltreché rappresentativa (elezione dei membri degli organi istituzionali).

5. Programmatica: consiste in un programma che le forze politiche hanno il compito di attuare per farne una costituzione sostanziale.

6. Compromissoria: è frutto dell’intesa tra i partiti antifascisti, espressione di ideologie diverse, ma unanimi nel ricercare un solido patto costituente a tutela dei diritti umani e di una effettiva democrazia.

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L’ATTUAZIONE DELLA COSTITUZIONE

Il clima di unità politica che aveva caratterizzato l’immediato dopoguerra (1946-47) ben presto si è dissolto e gli organi istituzionali (Corte costituzionale, Consiglio superiore della Magistratura), l’ordinamento regionale e i nuovi istituti (referendum abrogativo) previsti dalla Costituzione sono stati attuati a distanza di tempo. Al riguardo, il periodo più proficuo è stato quello degli anni settanta dello scorso secolo. Già a partire dagli anni ottanta si è cominciata invece ad avvertire la necessità di procedere a una revisione della Costituzione riguardo all’ordinamento dello Stato, ma le forze politiche finora non sono riuscite a trovare un accordo sulle modalità da seguire e sulle modifiche da apportare.