Il deflusso superficiale del Bacino - SSL AREA · Il Torrente S.Vito e il TorrenteSpin fanno parte...

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Il Biferno alla Sciumara Il deflusso superficiale del Bacino

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Il Biferno alla Sciumara

Il deflusso superficiale del Bacino

Bacino Idrografico dell’Alto Biferno

Rete idrografica

Linea dello sprtiacque morfologico

Rete idrografica

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La rete idrografico

Le acque di scorrimento superficiale formano la rete idrografica di superficiedel Bacino configurata dalle seguenti entità:

- emergenze sorgentizie pedemontane e montane,- fiumi, rii, ruscelli, rivoli e fossi,- torrenti,- invasi artificiali di ritenuta idrica.

Le emergenze sorgentizie rappresentano una risorsa idrica tra le più importanti siadal punto di vista del bilancio idrologico globale sia come componente principa-le della rete idrografica del Bacino; provengono da scaturigini naturali della circo-lazione idrica sotterranea; sono distinte in pedemontane e di alta quota.

Le sorgenti pedemontane:- gruppo Maiella,- gruppo Pietrecadute,- gruppo Riofreddo,- Santa Mariella,- Santa Maria del Molise.

Le sorgenti d’alta quota:- Capo Quirino,- Fonte Franconi,- S.Egidio,- Capo d’Acqua,- altre di tipo stagionale

I fiumi, rii, ruscelli, rivoli e fossi del Bacino costituiscono i corsi d’acqua dellarete idrografica a deflusso continuo; sono rappresentati dalle seguenti pertinen-ze idrologiche:

- Biferno,- Quirino,- Il Rio,- Santa Mariella,- ruscelli, rivoli e fossi di scarsa rilevanza per la loro portata.

I torrenti, la più parte di notevole portata stagionale, di grande importanza nellaevoluzione morfologica dell’intero Bacino ed in particolare della Vallata di Bojano,

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sono presenti con:- La Valle di Campochiaro,- Fosso del Perito,- Rio Cupo-Fosso Cardarelle,- Vallone S.Paolo,- Le Valli di Civita Superiore,- Fosso S.Vito-Fosso di Spin,- Callora,- Borrello,- Vallefredda,- Rio Petroso.

Gli invasi artificiali di ritenuta idrica, realizzati dall’ uomo per fini essenzial-mente economici, sfruttano in genere il deflusso continuo di corsi d’acqua; sonopresenti nell’area del Bacino con le seguenti opere:

- Invaso dell’Arcichiaro, di notevole interesse,- piccoli invasi di Maiella, S.Mariella, Pitti, S.Maria del Molise.

Le entità idrologiche elencate si distinguono nei seguenti sottobacini, ognunodei quali fa capo ad un corso d’acqua principale o/e ad una sorgente o gruppo sor-gentizio con una propria rete idrografica:

- Sottobacino di Bojano,- “ del Quirino,- “ de Il Rio,- “ del Callora.

Il Sottobacino di Bojano

Il sottobacino raccoglie le acque sorgentizie pedemontane e torrentizie monta-ne sottese al Territorio Montano Matesino di Bojano pro parte e alla maggior partedel Territorio Montano Matesino di S.Polo Matese; comprende le entità idrologiche

- Sorgentizie di Bojano,- Sorgenti di S.Mariella,- Torrente Le Valli di Civita Superiore, - Torrente S.Paolo.

Il Torrente S.Vito e il Torrente Spin fanno parte anch’essi, dal punto di vista morfologico, dell’uni-tà naturale del sottobacino.Dal punto di vista idrologico, invece, le acque dei torrenti, dopo i lavori di sistemazione idraulica effet-tuati dagli anni del 1960 in poi, sono state deviate e fatte defluire nel torrente Il Callora.Le modifiche apportate nell’idrografia del sottobacino tutelano il centro urbano di Bojano e il territorioadiacente da allagamenti che prima erano una costante annuale in occasione delle piogge stagionali.

Bacino Idrografico dell’Alto Biferno

Sottobacino di Bojano

Il sottobacino comprende

- Le sorgentizie di Bojano

- Le sorgenti di S. Mariella

- I torrenti di Le Valli di Civita Superiore e di S. Paolo

1 - Sorgentizie di Bojano

2 - Sorgenti di S. Mariella

3 - Torrente Le Valli di Civita Superiore

4 - Torrente S. Paolo

Linea dello sprtiacque morfologico del bacino

Rete idrografica del sottobacino

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Le Sorgentizie di Bojano sono rappresentate dai gruppi sorgivi di- Maiella,- Pietrecadute,- Riofreddo.

I tre acquiferi hanno una origine idrogeologica comune costituendo lo sfioro diun tamponamento che, formato da terreni marnosi ed arenacei misti ad argille ros-sastre e verdastre, identifica un piano di faglia non visibile in superficie, messo inevidenza da perforazioni effettuate in corrispondenza degli stessi gruppi sorgivi.

Tale faglia si presenta- subverticale a Maiella,- con andamento SSW, come faglia inversa, a Pietrecadute,- suborizzontale a Riofreddo.

In tutti e tre i gruppi le acque sono emergenti solo in parte, poichè per altraparte sono scorrenti sotto un notevole spessore di materiali detritici ed alluvionali.

Le scaturigini, inoltre, si collocano a quote diverse in tutte e tre le sorgentiziele cui portate, pari a 4,500 m3 /s, sono misurate secondo periodi decennali e curvedi esaurimento stagionali e annuali.

Il gruppo Maiella

Il gruppo è costituito dalle Sorgenti di Maiella e dalle Sorgenti di S.Maria deiRivoli. Ambedue scaturiscono da più polle.

Le prime, quelle di Maiella, sgorgano a quota 490 circa in una vallecola rico-perta da uno spesso strato di detrito calcareo misto ad argilla.

Le acque, raccolte in otto grandi peschiere e due piccole collocate a diverse altezze inun’ area di circa 2200 m2, utilizzate per l’allevamento di Salmonidi (Salmo trutta; Salmotrutta fario), defluiscono a quota 485 circa per raccogliersi, attraverso un canale naturaledi pochi metri largo e di circa m 80 di lunghezza, a quelle di S.Maria del Rivoli che sca-turiscono da sei o sette polle dislocate tutte intorno alla chiesa da cui si denominano.

Le scaturigini di S.Maria dei Rivoli sono alimentate da acque in forte pressionedella falda acquifera sifonata naturalmente nel sottosuolo. Le emergenze correntidel gruppo hanno una portata media annua complessiva di circa 1 m3 /s. Il deflussototale presenta un massimo tra marzo e luglio, un minimo tra ottobre e novembre.

L’alimentazione dell’acquifero varia nel tempo e nello spazio. Le variazioni, tut-tavia, non assumono grande importanza pratica (M.Civita, 1969).

Le acque formano il Fiume Calderari di recente sistemazione idraulica.Lavori di scavo per la sistemazione idraulica del Calderari hanno messo in luce

un tratto di pavimentazione di una via di epoca romana ricoperta da sedimentialluvionali fluitati nel corso del tempo in massima parte dal Torrente S.Vito e dalTorrente Spin, attualmente deviati per ragioni ecologiche.

Sottobacino di Bojano

Sorgentizie di BojanoGruppo Maiella

Peschiera di q. 485

Trote in allevamento

- Salmo trutta L. Berg.- Salmo trutta fario Gilb

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Sottobacino di Bojano

Sorgentizie di BojanoGruppo Maiella

Peschiere per l’allevamento delle trote.q. 490

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Sottobacino di Bojano

Sorgentizie di BojanoGruppo MaiellaScaturigini di S. Maria dei Rivoli

Fonte S. Maria dei Rivoli

Sottobacino di Bojano

Sorgentizie di BojanoGruppo Maiella

Scaturigini di S. Mariadei Rivoli

Quella di sinistra, incana-lata, proviene da uno sca-rico della finestra di accessoin galleria di captazionedelle acque.

Una veduta del FiumeCalderari, di recente sistema-zione idraulica ed ambientale,che raccoglie le acque delGruppo Maiella.

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Sottobacino di Bojano

Sorgentizie di BojanoGruppo MaiellaFiume Calderari

Parte della pavimentazione di una via romana messa in luce da alcuni scavi operati per la siste-mazione idraulica del Fiume Calderari.

Il tratto di via, di grande interesse archeologico, era ricoperto da uno strato di detriti, ghiaie,sabbie e argille alluvionali di oltre due metri di spessore, fluitati in parte da un breve torrentemontano che si colloca tra i rilievi di Civita Superiore e la Crocella, la maggior parte dal TorrenteS. Vito e Torrente Spin attualmente deviati per opportunità ecologica nel Torrente Il Callora.

I sedimenti alluvionali di cui sopra si presentano in copertura, come si evince da alcune indagi-ni stratigrafiche, di tutta l’area pianeggiante del centro urbano di Bojano e del territorioadiacente.

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Il gruppo Pietrecadute

Le sorgenti del gruppo, che denominano il Fiume Biferno, sono costituite dallescaturigini di

- Pietrecadute,- Turno,

le quali occupano l’intera fascia pedemontana sud-orientale dell’abitato diBojano, da Pietrecadute al Palazzo Ducale di Salita Pandone, lungo Via Biferno eVia Turno.

Le Sorgenti Pietrecadute, ad est di Bojano, sono le più importanti per quantità diacque dell’intero sistema sorgentizio del Biferno; sgorgano da numerose polle tra icalcari della montagna e le marne impermeabili di tamponamento.

Un acquifero di Pietrecadute forma un piccolo bacino di ritenuta idrica, un tempoutilizzato sia per alimentare una piccola centrale idroelettrica, sia per fornire acqua allalavorazione della ginestra raccolta nelle zone collinari della Vallata di Bojano.

Nel passato, in economia autarchica degli anni 1920-30, la ginestra veniva uti-lizzata, tra l’altro, nella preparazione di un filato tessile per vestiti e biancheria.

Il deflusso dal bacino forma il primo tratto del corso del Fiume Biferno alimen-tato ad ovest da altri acquiferi che sgorgano da sotto le case di Via Turno nei pres-si del piccolo invaso, anch’essi di buona e costante portata.

La portata complessiva delle acque di Pietrecadute è di circa 1,4 m3/s.Le Sorgenti Turno sono numerose, di cui alcune si collocano sotto le case di Via

Turno, Via Biferno e sotto il Palazzo Ducale, defluendo sotto uno strato spesso dighiaie, sabbie e argille per contribuire alla formazione della falda freatica della val-lata di Bojano.

Le scaturigini sono denominate- Lavatoio,- Mulinello (ru mul∂niell∂), oggi dismesso,- Pozzo di casa Fraraccio, oggi di casa Quaranta.

Altra scaturigine anche se insignificante si rileva nella cripta della Cattedraledi Bojano. Qui l’acqua scorre lentamente e può essere considerata già parte dellafalda freatica innanzidetta.

La portata complessiva delle Sorgenti Turno è di circa 300-400 l/s, massima damarzo a luglio, minima in ottobre-novembre.

Sottobacino di Bojano

Sorgentizie di BojanoGruppo PietrecaduteSorgenti Pietrecadute

Scaturigini

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Sottobacino di Bojano

Sorgentizie di BojanoGruppo Pietrecadute

Sorgenti Turno

Il lavatoio

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Il Gruppo Pietrecadute, secondo le stime di M.Civita (1969), presenta leseguenti caratteristiche idrologiche primarie

- elevata portata,- esaurimento lento delle riserve,- alimentazione profonda.

Le riserve del gruppo (Pietrecadute e Turno), pari a circa 1,8 m3/s potrebbero dareuna portata costante pari a 1,863 m3/s per circa due anni senza ricarica del serba-toio alimentatore (M.Civita, 1969).

Zi T∂r∂sina Frarac∂ (zia Teresa Fraraccio) era una negoziante degli anni 1930 che vendeva, tra l’altro, le gazzo-se (acqua gasata in bottiglie da un quarto di litro) che teneva in fresco in un pozzo la cui acqua, con temperaturasui 4° C, scorreva appena sotto il pavimento del negozio. L’acqua era ed è di una scaturigine delle Sorgenti Turno.

Il mulino di Via Turno(ru mul∂ni∂ll∂)

Margherita Lucarellidocente di lettere del Liceo Scientifico di Bojano

Nel grafico della Reintegra del tratturo del 1811, l’area della Chiesa di S.Biase, presso la porta omoni-ma, mostra la biforcazione delle acque affioranti in superficie in Fiume Turno e in Fosso della Valchiera.Oggi esiste ancora il toponimo Valcaturo per indicare l’area del Fosso della Valchiera detto ancheLa canala che, situata a ridosso delle mura di Porta S.Biagio sul percorso del tratturoPescasseroli-Candela, costituiva un servizio della stazione degli armenti di S.Antonio Abate.Nell’Annuario d’Italia del 1927 è nominata la Soc. An. S.Antonio Abate proprietaria del muli-no ad acqua di via Turno di cui gestiva anche l’uso.Le Valchiere o Gualchiere erano macchine associate ai mulini per lo sfruttamento dell’energiaidrica in punti dove il flusso dell’acqua era forte o faceva un salto generato da un dislivello.Sussistevano quindi connessioni di tipo economico tra le Gualchiere e i mulini, determinate dalleattività della trasmumanza. Presso la porta S. Biagio è presente ancora un dislivello di alcuni metri.Sul punto del salto maggiore del Fosso della Gualchiera, detto poi La canala, è individuabileuna struttura muraria in pietra a crociera che insiste sul dislivello e sul letto de La canala stes-sa inclusa nella struttura. Ciò ne fa suppore lo sfruttamento nel periodo di massimo splendo-re della transumanza, cioè coevo alle Gualchiere del secolo XVIII.Considerate le distruzioni generate dai terremoti, verosimilmente si ebbero interruzioni delleattività e successive riprese.Nell’Annuario d’Italia del 1927 è nominata la Soc. An. S.Antonio Abate proprietaria del muli-no ad acqua di via Turno di cui gestiva anche l’uso.Nell’intonaco della struttura è impressa la data 1920, riferita probabilmente ad una ristrut-turazione e sopraelevazione del fabbricato sull’antica struttura a crociera.L’ultima persona ad aver esercitata l’attività di mul∂nar∂ è stato il sig. Lucio Lucarelli, recen-temente scomparso, nato nel 1926 da una famiglia il cui destino era legato all’acqua da alcu-ne generazioni: il nonno aveva posseduto un mulino ad acqua, trasformato intorno al 1920 incentrale idroelettrica; il padre aveva impiantato un mulino a pietra mosso elettricamente.Luci∂ lu mul∂nar∂ riferisce di aver acquistato nu mulin∂ a ru Turn∂ in occasione di un’asta giu-diziaria del Tribunale di Campobasso in data 3.6.1960 per Lire 4.000.000,= più spese di ven-

dita (somma allora considerevole).Secondo l’atto citato Luci∂ acquistò un mulino a palmenti azionato da una turbina idraulica chemuoveva due mole. I resti della turbina sono ancora visibili nella struttura del vecchio mulino.Una mola era destinata allo sfarinato d∂ rantinia, una varietà di mais dolce e profumato oggiquasi introvabile, per cui sarebbe il caso di chiederne la DOP in tempo di OGM.La farina d∂ rantinia era alla base dell’alimentazione della gente della vallata come risulta dall’Inchiesta Murattiana.La macinatura doveva avvenire lentamente, ovvero a basso ma costante numero di giri dellamola per evitare la cottura della farina. Se lo sfarinato si fosse cotto se ne sarebbero perse lecaratteristiche organolettiche. Una volta tarato il flusso dell’acqua e, quindi, della rotazionedella macina, il mulino poteva funzionare ininterrottamente anche per una settimana.La scrivente, figlia d∂ ru mul∂nar∂, unitamente a suo fratello Nicola, provvedevano all’assistenza dellamacinatura, regolando continuamente il flusso del cereale immesso manualmente da loro stessi.La cassa di accumulo dell’acqua, il cui flusso azionava la turbina, passava sotto il pavimento appe-na dopo la porta d’ingresso del fabbricato. Il flusso era accessibile attraverso una botola per per-mettere la ripulitura della grata-filtro-acqua dagli scarichi di una una Beccheria poco lontana.La mola per lo zea mais, il grano tenero mentana, il grano duro cappelli, doveva essere battuta conuna martellina ogni 10 giorni circa da un vecchio mul∂nar∂, zi Umberto.La mola per la vettuaglia degli animali (biada, orzo, leguminose) poteva essere martellinata unavolta all’anno essendo di granito grigio, pietra molto dura, e poteva girare più velocemente. Lo sfarinato, setacciato, serviva anche a fare un pane integrale, nero, molto profumato.Con gli anni del 1960, a seguito della industrializzazione, ci fu la crisi dell’agricoltura a con-duzione diretta che coincise con la captazione delle acque sotterranee del Matese. Il mulino de Luci∂ fu ridotto ad un semplice tritatutto mosso da un rigagnolo d’acqua, ben lon-tano dalla copiosa e pescosa canala. Luci∂ non potè trasmettere l’arte del mul∂nar∂.

Prof.ssa Margherita Lucarelli

La turbina obsoletadel vecchio mulino

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Il Gruppo Riofreddo

Le scaturigini di Riofreddo vengono alla luce in una vallecola depressa sullato nord di Monte La Costa, propaggine del Massiccio del Matese centro-set-tentrionale.

Le acque sono emergenti tra i carbonati del Cenomaniano superiore del montee le marne impermeabili del Miocene medio-superiore che li bordano attraversonumerose polle acquifere dislocate a quote diverse, da quota 515 a quota 510, lequali emergono tra il detrito di falda che nasconde il contatto calcari-marne.

Alcune perforazioni operate negli anni 1960 hanno messo in evidenza un pianodi faglia suborizzontale da cui scaturisce l’acqua.

Le sorgenti, nel loro insieme, hanno una portata di oltre 1700 l/s.Come per gli altri gruppi sorgentizi, anche le scaturigini di Riofreddo hanno

un massimo di portata in aprile-luglio, un minimo di portata in ottobre-novem-bre, mentre nei confronti del gruppo di Pietrecadute

- l’esaurimento è più rapido,- le riserve minori,- l’alimentazione differente.

Gli acquedotti

Le acque dei gruppi sorgivi di Maiella-Pietrecadute-Riofreddo sono attual-mente utilizzate

- dall’ Acquedotto Molisano Destro,- dall’ Acquedotto Campano,- per una alimentazione del Fiume Biferno.

Fino ai primi anni del decennio 1950-60 nella vallecola erano attivi, utilizzando le acque dicaduta delle scaturigini,

- due impianti molitori con macine a pietre La Fertè o Anconetana,- una piccola centrale idroelettrica.

Monte la Costa, propaggine che si estende dal Massiccio del Matese verso la Vallata di Bojano per circakm 4, è costituito da una serie ininterrotta di calcari e calcari organogeni a Rudiste del Barremiano-Cenomaniano, di grande interesse paleontologico.La macrofauna presente è costituita essenzialmente da Lamellibranchi, tra cui le Rudiste, daGasteropodi, Antozoi, Briozoi, Brachiopodi, Foraminiferi, Alghe, ecc.(Si rimanda a M.Mainelli 1975; 1983; 1986; 1990; 1999; 2000; 2002 per le opportuneconoscenze)

Sottobacino di Bojano

Sorgentizie di BojanoGruppo Riofreddo

1 - Finestra di accesso e di servizio alla Galleria di Captazione di Riofreddo

I circoletti indicano le polle sorgive

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Le acque convogliate negli acquedotti sono captate e canalizzate in una galle-ria, completa di finestre di accesso e di servizio, della lunghezza complessiva dicirca 18.500 m, distinta in

- gallerie di captazione e di trasporto,- gallerie di solo trasporto,

le quali hanno la successione qui appresso descritta:

1 - Galleria di Captazione Maiella-Pietrecadute della lunghezza di circa 1800 m checapta dagli acquiferi del Gruppo Maiella e del Gruppo Pietrecadute.

2 - Galleria di Trasporto Fosso Abate della lunghezza di circa 2000 m che trasportale acque di Maiella-Pietrecadute.

3 - `Galleria di Captazione Riofreddo della lunghezza di circa 450 m che capta dagliacquiferi del Gruppo Riofreddo e riceve le acque di trasporto Fosso Abate.

Le acque, captate dai gruppi sorgivi di Maiella, Pietrecadute e Riofreddo, perun totale di 3,93 m3/s, sono quindi convogliate nell’impianto di smistamento collo-cato nella finestra-galleria di servizio di Riofreddo, lunga 200 m, e distribuite

- nell’Acquedotto Molisano Destro,- nell’Acquedotto Campano.

L’Acquedotto Molisano Destro riceve 0.80 m3/s di acque che vengono fatte deflui-re naturalmente (da quota 508 a quota 494) dall’impianto di smistamento diRiofreddo in una tubazione sotterranea in cemento armato precompresso di tra-sporto del diametro di 0,80 m in un primo tratto e di 0.50 m in un secondo trat-to, lunga 4.500 m fino a S.Maria delle Macchie di Vinchiaturo, dove una Centrale diSollevamento le eleva da quota 494 a quota 914 e le immette nel Serbatoio diMonteverde di Vinchiaturo per la distribuzione in rete.

Il volume di acqua sollevato è di circa 24.000.000 di m3/anno.

L’Acquedotto Campano- è costituito da una galleria di trasporto che da Riofreddo conduce a

S.Maria di Guardiaregia da cui valica, sempre in galleria, il Massicciodel Matese, sotto Monte Mutria, per arrivare a Cusano Mutri inCampania;

- attraversa i terreni limosi-sabbiosi-ghiaiosi del Conoide di deiezioneCampochiaro-S.Polo Matese, e le argille scagliose dell’area di S.Maria diGuardiaregia (a letto dei terreni suindicati si rilevano argille lacustri doveè presente gas),

- trasporta 3,13 m3/s max di acque.

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La galleria è provvista di- una finestra di servizio Fosso del Perito,- una finestra-galleria di servizio S.Maria di Guardiaregia, in discenderia

della lunghezza di m 250.

Il Fiume Biferno riceve dai gruppi sorgivi Maiella, Pietrecadute eRiofreddo una prima alimentazione di circa 1,00 – 1,70 m3/s, come daseguente calcolo:

per sorgentizie- Gruppo Maiella ...................... min 0,50 max 1,40 m3/s - Gruppo Pietrecadute .............. “ 1,10 “ 2,50 m3/s - Gruppo Riofreddo .................. “ 0,50 “ 1,80 m3/s totali ........................................ “ 2,10 “ 5,70 m3/s

per utilizzazioni- Acquedotto Bojano ......................................................0,10 m3/s- Acquedotto Molisano Destro........................................0,80 m3/s - Acquedotto Campano ..................................................3,10 m3/s totale .................................................................. max 4,00 m3/s

per prima alimentazione fiume Biferno................min1,00 max 1,70 m3/s

La galleria di captazione delle acque dei tre gruppi è lunga complessivamente2250 m, completa di cinque finestre di servizio.

I tratti Maiella-Pietrecadute e Riofreddo sono stati realizzati nella roccia cal-carea, il raccordo da Pietrecadute a Riofreddo è stato aperto in roccia di marne,argille e arenarie.

La finestra di servizio di Pietrecadute comprende un impianto per l’ emungi-mento di 0,9 m3/s di acqua mediante 14 pozzi che pescano in profondità nellafalda freatica non sottoposta a strato impermeabile, il cui livello è variabile nonsolo negli anni ma anche con le stagioni, alzandosi nei periodi piovosi, abbassan-dosi nei periodi di scarse precipitazioni e di freddo.

Allo stato attuale delle cose sia l’ acqua del piccolo invaso di Pietrecadute, sial’acqua del fiume che in parte da esso è alimentato non appaiono in drenaggio, percui il livello della falda idrica non appare in diminuizione.

Il livello piezometrico risulta positivo.L’acqua emunta viene immessa nel flusso della galleria di captazione.Un eventuale impoverimento della falda freatica può essere comunque e sem-

pre colmato da una sana politica di gestione.

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Acquedotto Molisano Destro

Tubazione di trasporto nella galleria di captazione

Comuni serviti: 74 di cui 41 nel Molise, 21 nella Campania, 12 nelle Puglie

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Le sorgenti di S. Mariella

Le emergenze di S.Mariella sono costituite da un insieme considerevole di polledistribuite nelle contrade Fragneto, Ponte Liguri, Sterparo, Quagliaglione eFonteiaova di S.Polo Matese, Veticara di Bojano, con una alta concentrazione nellacontrada Schieti di S.Polo Matese.

Le scaturigini sono sostenute da un acquifero sotterraneo identificato come faldaartesiana che affiora nella zona basale del Conoide di Deiezione di Campochiaro-S.PoloMatese e la cui formazione è descritta dalla seguente successione di momenti:

1 - le rocce carbonatiche del Massiccio del Matese cedono per gravità unaparte delle loro acque di circolazione sotterranea in acque sorgentiziesotterranee (alcune, Fonte Litania, Fonte Maggiore, Fonte Frascariello,emergono nella zona pedemontana di Campochiaro),

2 - le quali scorrono sullo strato impermeabile di sedimenti lacustri su cuisi sono depositati i sedimenti alluvionali del conoide, grossolani e ingrandi spessori nelle zone apicale e mediana, assottigliati in spessore e agranulometria fine nella zona frontale,

3 - dove le acque affiorano in pressione come falda artesiana perché tampo-nate non solo dagli stessi sedimenti della zona frontale ma anche daisedimenti impermeabili lacustri di cui al punto 2 qui riemersi,

4 - generano la zona delle sorgive testè indicata, dove possono essere fattesgorgare anche artificialmente come fontanili.

Le Sorgenti S.Mariella si raccolgono nel Rio S.Mariella nel quale confluisconoanche le acque di Fosso del Perito. Il rio si immette poi nel Fiume Biferno.

Il Conoide è stato generato nel Post Glaciale Wurm (Pleistocene superiore-Olocene) essenzialmente dalle precipitazioni atmosferiche (piogge, scioglimentodelle nevi e del ghiacciaio wurmiano del Massiccio del Matese) che hanno prodotto

- l’erosione dei calcari del massiccio,- la fluitazione di detriti attraverso solchi di versante e il Torrente La Valle

in condizioni di energia cinetica molto elevata,- il deposito dei sedimenti alluvionali (detriti, ghiaie, sabbie e argille) nelle

immediate adiacenze dell’area di erosione, ovvero sui territori pedemonta-ni di Guardiaregia, Campochiaro e S.Polo Matese.

I sedimenti, distribuiti a ventaglio a causa del continuo spostamento di alveidi trasporto, hanno costituito con il loro accumulo un conoide a forma molto con-vessa, quasi piatta che si estende nella zona suindicata.

L’accumulo, in detriti, ghiaie, sabbie e argille, quasi smpre stratificati e rara-mente embriciati, presenta spessori elevati con granulometria generalmente gros-solana degli elementi nella parte apicale e mediana, spessori sempre minori congranulometria minuta degli elementi verso la parte basale.

Sottobacino di Bojano

Sorgenti S. Mariella

1 - Area delle Sorgenti S. Mariella

2 - Area dell’acquifero in parte in falda artesiana, sotteso al Conoide di Deiezione Guardiaregia-Campochiaro-S. Polo Matese

3 - Conoide di Deiezione costituito da colate di ghiaie, sabbie e fanghi depositati a ventaglio econ profilo convesso su sedimenti lacustri del Pleistocene

4 - Torrente La Valle, corso d’acqua di montagna che ha origine dalle pendici di LaGallinola (1923 m.) nel Massiccio del Matese e che ha generato il conoide.Attualmente il torrente fa parte del Sottobacino del Quirino

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Sottobacino di Bojano

Sorgenti S. MariellaConoide di Deiezione di Campochiaro-S. Polo Matese-Guardiaregia

Il Torrente La Valle attualmente fa parte del Sottobacino del Quirino

Campochiaro

Sorgenti S. Mariella

la fronte del Conoide

l’apice del Conoide

Torrente La Valle

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Allo stato attuale il conoide non è più attivo poiché il Torrente La Valle che lo ali-mentava è stato canalizzato defluendo nel Fiume Quirino del cui sottobacino fa parte.

Nella fascia dell’acquifero che copre tutta l’area a valle della superstrada, daS.Polo Matese a Bojano, è impossibile calcolare la quantità di acque delle sor-gentizie poiché queste variano secondo i ricarichi stagionali e annuali delle pre-cipitazioni.

Alcuni rilevamenti degli ultimi dieci anni stimano che il flusso medio annuodell’acquifero in superficie è pari a 0,30 m3/s.

Questo dato, tuttavia, risulta incompleto poiché manca la definizione quanti-tativa dell’acquifero sotterraneo.

Si pone in rilievo il fatto che dall’acquifero sottostante la zona industriale diCampochiaro-S.Polo Matese, impiantata sul conoide, vengono prelevati gior-nalmente con impianti di emungimento una imprecisata quantità di acqua pergli usi del luogo.

Da questo si evince che sotto la zona industriale suddetta scorre un acquiferoda tutelare da ogni sorta di inquinamento e da gestire per gli usi antropici.

In contrada Schieti di S.Polo Matese alcune scaturigini alimentano due invasiartificiali, dei quali il più grande occupa una superficie di circa 6000 m2 ed è abi-litato alla pesca sportiva di trote, il più piccolo di alcune centinaia di metri qua-drati è adibito ad allevamento di trote.

Specie di trote esistenti nei due invasi:- Salmo irideus Gilb.,- Salmo trutta fario L.Berg.

Sempre in contrada Schieti sono stati rinvenute testimonianze archeologiche epaleontologiche eccezionali.

I reperti archeologici riguardano resti di una villa di epoca romana; le testimo-nianze paleontologiche si riferiscono a resti di un cranio con corna di Bos primigeniusBojan, rinvenuti da alcuni operai negli anni 60 del secolo scorso in occasione di scavieffettuati per la messa in opera di tubazioni dell’ Acquedotto Molisano Destro.

I resti erano sicuramente uniti a tutto lo scheletro dell’animale che giaceva inun sedimento lacustre del Postglaciale Wurm, ricoperto da una coltre di terrenicostituiti da ghiaie, sabbie e argille fluitate nella zona basale del conoide dalTorrente La Valle a quel tempo con carattere di fiume.

La specie Bos primigenius, originaria dell’Europa centro-settentrionale, si diffuse in Italia nelNeozoico sospinta verso sud dai rigori dei periodi glaciali.Ai tempi dei Romani e nel Medioevo il Bos era ancora comune nell’Europa centrale.L’ultimo esemplare di cui si ha notizia è del 1627, morto nel Giardino Zoologico di Masovia in Polonia.

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Sottobacino di Bojano

Sorgenti S. Mariella

Una scaturigine dilagante

Il livello della falda arte-siana risulta alto neiperiodi di massima porta-ta dell’acquifero sotterra-neo e l’acqua scaturisce edilaga

Una scaturigine

Sottobacino di Bojano

Sorgenti S. Mariella

L’invaso- è alimentato da lacune scaturigini di contrada Schieti di S. Polo Matese,- ha una superficie di circa 6000 metri quadrati,- è abilitato alla pesca sportiva delle trote.

Specie- Salmo irideus Gilb.,- Salmo trutta fario L. Berg.

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Il Torrente S.Paolo, il Fosso del Perito e il Torrente Le Valli di Civita

I torrenti sono di piccola portata.Il primo, il Torrente S.Paolo, ha origine dal bacino intramontano di Fosso

Varriconi-Fonte Iacia per un ramo, dal bacino intramontano di Fonte Giardino, Fossodella Foce, Fonte Malmerunte, Fonte S.Maria per l’altro ramo.

Il secondo, il Torrente Le Valli di Civita, ha origine dal bacino intramontano diLe Valli di Civita-La Crocella.

Ambedue si canalizzano a valle in uno unico alveo che si immette nel Fiume Biferno.Fosso del Perito ha origine da Fonte Malanotte, raccoglie in parte le acque di

Colle Rapina, Colle Morotti, Colle Salva Signore, Cese d’Addario, scorre nella valleattraversando Ponte dei Liguri, si immette nel Rio S.Mariella.

Come tutti i torrenti del versante centro-settentrionale del Matese anche que-sti nel primo tempo del Posglaciale di Wurm erano fiumi e pertanto luoghi di inse-diamento antropico.

Lungo le sponde o nelle immediate vicinanze di questi corsi d’acqua, oggi tor-renti di media montagna, si rinvengono, spesso in terreni appena arati, interessan-ti reperti paletnologici che raccontano la vita di gente primitiva.

In contrada Sbaraglio di S.Polo Matese, presso il Torrente S.Paolo, sono stati rin-venuti, a testimonianza della presenza umana nel luogo, della probabile età delMesolitico:

- numerosi arnesi in calcarenite e un grosso masso anch’esso in calcareniteadibito alla macellazione, concentrati tutti in uno spazio ristretto di pochedecine di metri quadrati;

- un graffito su un grosso ciottolo calcareo raffigurante un cervo.

Inoltre, le erosioni delle sponde del Torrente S.Paolo, provocate dalle piene,spesso mettono in evidenza gli strati silico-marnosi del Miocene superiore, tra iquali è possibile rilevare fossili di uccelli, di lucertole e di piante terrestri fluitatidall’emerso di Monte La Costa nel neritico del mare miocenico che lo bordava e quisedimentati.

Fossili rinvenuti nel Miocene del Torrente S.Paolo:- resti di Corvus sp.(familia Corvidae, genus Corvus) in sedimento silico-marnoso,- resti di Lacerta sp. (familia Lacertidae, genus Lacerta), in sedimento silico-

marnoso,- impronte di foglie su lamina calcarenitica e in sedimento lutitico, in via

di accertamento sistematico.

Sottobacino di Bojano

Sorgenti S. Mariella

Evidenze paleontologiche

Bos primigenius BojanResti di corna e di cranioEtà: Postglaciale di WurmProvenienza: Schieti - S. Mariella di S. Polo MateseGiacimento: Sedimenti lacustri (argille, sabbie, resti vegetali, ecc.)

I resti furono rinvenuti durante alcuni scavi per la posa in opera di tubi dell’AcquedottoMolisano Destro negli anni ‘60 del secolo scorso.

Sicuramente nel posto di rinvenimento doveva esserci l’intero scheletro dell’animale.I resti che si presentano furono recuperati casualmente

cm 80

cm 60

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Sottobacino di Bojano

Torrente S. Paolo

Contrada Sbaraglio di S. Polo Matese

Mesolitico

Graffito raffigurante un cervo

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Sottobacino di Bojano

Torrente S. PaoloContrada Sbaraglio di S. Polo MateseMesolitico

Arnesi litici

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Sottobacino di Bojano

Torrente S. PaoloContrada Sbaraglio di S. Polo MateseMiocene Superiore

Resti di Corvus sp.

Resti di Lacerta sp.

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Sottobacino di Bojano

Torrente S. PaoloContrada Sbaraglio di S. Polo MateseMiocene Superiore

Foglie fluitate dall’emerso Monte La Costa nel mare neri-tico che bordava il monte.Le foglie sono in impronta sul sedimento- calcarenitico fogliettato in facies sublitorale nell’esem-

plare di sinistra,- lutitico in facies batiale nell’esemplare di sotto.

Le foglie sono composite imparipennate, disposte su cia-scun lato della nervatura centrale.

La specie è in via di accertamento sistematico.

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Il sottobacino del Quirino

Il sottobacino comprende- il Fiume Quirino,- il Torrente La Valle,- i torrenti del displuvio intracollinare di Vinchiaturo-Baranello.

Il Quirino, tra i maggiori corsi d’acqua del Bacino Idrografico dell’Alto Biferno,nasce da un gruppo sorgentizio che raccoglie le acque dal bacino intramontanodelimitato a est, a sud e a ovest dalla linea di displuvio Montagna Vecchia-MonteTreConfini-Monte Mutria-Passo La Crocella-Costa S.Angelo-Costa Chianetta.

Le scaturigini che emergono quasi tutte da terreni costituiti in genere da are-narie e marne argillose del Tortoniano solcate da formazioni calanchifere, com-prendono le Sorgenti Piscigli, la Fonte della Ratica, la Fonte Liseretta, la FonteVateferrone, la Fonte La Tagliata, il Rio Vivo.

Le Sorgenti Bricciarello scaturiscono da un deposito di brecce, da cui il nome,prodotte dall’erosione di Monte Mutria; le Sorgenti di Capo Quirino, le più copiose,sgorgano da rocce carbonatiche del massiccio.

Il flusso medio annuo dell’ intero acquifero è di circa 0,50 m3/s.Le acque sono incanalate nell’ invaso artificiale di ritenuta idrica dell’Arcichiaro,

Invaso di Arcichiaro, da qualche anno ultimato ed attualmente in via di riempimento.Il secondo tratto del Quirino comprende il Canyon del Quirino, dalla diga del-

l’invaso a S.Maria di Guardiaregia, raccogliendo le acque meteoriche del displuvio.Il terzo tratto scorre nella Vallata di Bojano per immettersi nel Biferno nei

pressi di Mignaniello (territorio di Baranello), raccoglie- il Torrente La Valle che si origina da La Gallinola nel Matese centro-set-

tentrionale e ha generato nel Post Glaciale Wurm il Conoide di Deiezionedi Campochiaro-S.Polo Matese, attualmente inattivo,

- il Rio Cupo e il Fosso Cardarelle che scorrono in territorio di Vinchiaturo,- il Fosso Mignaniello nel territorio di Baranello.

Il Canyon del Quirino nel Matese nord-orientale, Oasi WWF, è tra i paesaggi più stupendidell’Appennino meridionale, non solo per il notevole complesso delle strutture che costitui-scono la sua morfologia, ma anche per la singolarità delle associazioni floristiche e faunisticheche lo caratterizzano in specifiche nicchie ecologiche.Dirupi inaccessibili, anfiteatri maestosi, colli ameni, speroni di roccia, ripiani e cenge strettissimeche talora formano camminamenti tra le stesse strutture, depositi detritici e di massi persino smi-surati, slocati sul letto e sul greto del fiume, istoriati dalla millenaria, inesorabile erosione, chinesu cui si aprono innumerevoli piccole e grandi grotte generate dal carsismo delle quali alcune sicu-ramente abitate nella preistoria, configurano essenzialmente l’imponenza del luogo.

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Estese, rigogliose faggete, l’altezza delle quali supera a volte i 30 metri, abeti anche rarissimi,questi ultimi in via d’estinzione, ginepri nani impenetrabili, tassi longevi fino a mille anni inforte regresso, chiamati “alberi della morte” per l’uso dell’ornamento funebre, agrifogli dallebacche rosse, morbidi muschi, licheni e felci, licopodie ed equiseti, selaginelle dal lontano pas-sato geologico, fiori del sottobosco esili ma di colori smaglianti identificano in parte la vege-tazione in associazione-climax del territorio considerato, evolvente lentamente nel tempo.Lupi solarini, volpi, lepri, gatti selvatici, cinghiali, scoiattoli, criceti, muridi, vipere e colu-bridi, innumerevoli specie di insetti e altri artropodi, rapaci tra cui la poiana e passeriformianche non comuni distinguono le comunità di animali del territorio, competitori e tolleranti.Chi per la prima volta si affaccia sul ciglio della gola o sul ponte Arcichiaro che lo attraversasospeso a 100 metri e più di altezza, è colpito subito, innanzitutto, dal timore inconsapevoleche tutto precipiti da un momento all’altro tanto è la suggestione degli spazi grandiosi e delleforme che sembrano in bilico, poi è preso dal sentimento di immergersi fantasticamente inuna ridda di congetture sulla genesi e la storia evolutiva del paesaggio, orrido, mirabile, segre-gato, selvaggio, misterioso, che suscita nell’animo una indicibile esaltazione.La genesi e la storia evolutiva del canyon, invece, si leggono in quelle più ampie e globali delMatese, compatto massiccio calcareo cui appartiene.In questo contesto il Canyon si è originato essenzialmente in una linea di faglia su una seriedi calcari generati da sedimento marino di età Cretacico, compressi e sollevati nell’attuale dis-locazione.Con l’emersione dell’area del Canyon, segnata dalla frattura principale e da una retedi fratture secondarie, inizia l’erosione dei calcari da parte degli agenti atmosferici.Le acque meteoriche penetrano nelle fessurazioni imbevendo il calcare come un grande spu-gnone e originando le sorgenti, scorrono infine lungo la frattura principale generando il lettodel fiume Quirino con la sua rete idrografica.La formazione del Canyon, quindi, è dovuta alla concomitanza di più fattori che si identifica-no essenzialmente:

- nella particolare struttura tettonica dell’area distinta da una rete di fratture cheimpostano la rete idrografica;

- nella litologia del territorio, fatta di calcari in strati e banchi dislocati in monoclinali;- nella erosione fluviale che ha inciso profondamente l’area in corrispondenza delle fratture.

Le acque che alimentano il Quirino provengono non solo dai rilievi carsici laterali alla gola, maanche dalla valle ai piedi di Monte Mutria, costituita da calcareniti e marne poco permeabilidi età Miocene superiore e da argilliti di età Pleistocene, incise da formazioni calanchifere.Nella valle anzidetta è stata appena ultimata la costruzione di una diga.Le rocce del Canyon sono distinte da calcari e calcari organogeni in strati e grosse bancate dellospessore complessivo di oltre 300 metri, inclinati NNE di 30-50°, secondo i luoghi, e carat-terizzati da intensa fratturazione e fessurazione, da cavità ipogee ed epigee dovute al carsismo.La serie stratigrafica è datata Albiano-Miocene con due lacune di cui la prima di età Albiano basale- Turonianosegnata da un lieve orizzonte bauxitico, la seconda di età Senoniano (Maastrichtiano)-Miocene inferiore.Nei calcari organogeni del Cretacico si rinvengono, tra l’altro, resti di Rudiste.Tra le specie significative si rinvengono:

-Requienia tortilis Mainelli dell’Albiano basale;-Vaccinites gosaviensis Douvillè del Santoniano-Campaniano-Vaccinites taburni Guiscardi del Coniaciano-Santoniano

(da M.Mainelli in “ Molise” n.4, 1992)

Bacino Idrografico dell’Alto Biferno

Sottobacino di Quirino-Vinchiaturo

Linea dello spartiacque morfologico del Bacino

Rete idrografica del Sottobacino

1 - Fiume Quirino

2 - Torrente La Valle

3 - Fosso Cardarelle e Fosso S. Pietro

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Sottobacino del Quirino

Invaso di Arcichiaro

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Sottobacino de Il Rio

Il sottobacino comprende la parte settentrionale del Bacino Idrografico dell’AltoBiferno con una estensione di circa 1/3 dell’intera area ed è delimitato dalla dis-pluviale delle seguenti entità morfologiche:

- versanti nord-orientale dei monti La Montagnola, Colle di Mezzo, MontePatalecchia,

- versante occidentale della collina di Cantalupo del Sannio-S.Massimo, - versante sud-orientale dei Monti di Castelpetroso-S.Angelo in Grotte-

Macchiagodena,- versanti sud-orientale dei rilievi di tipo collinare di Macchiagodena-

S.Elena Sannita-Spinete,- versante meridionale della collina di Colledanchise.

La rete idrografica del sottobacino, a struttura radiale irregolare, è regolata dalFiume Il Rio che nasce dalle sorgentizie di S.Maria del Molise, scorre nella Vallatadi Bojano lungo le Colline di Nord-est, confluisce nel Biferno sotto Colledanchise.

Si legge in un avviso turistico di S.Maria del Molise:“Percorrendo la Statale SS 17 Appulo Sannita da Isernia alla volta di Campobasso si

perviene a S.Maria del Molise, comunemente detto Capo d’Acqua, sul punto ove attraver-so un suggestivo e articolato reticolo di canaletti d’acqua perenne, nasce il fiume Rio, prin-cipale affluente del Biferno in agro di Bojano”.

Che S.Maria del Molise fosse denominata nel passato Capo d’Acqua è senz’altrovero poiché è proprio lì che hanno origine le prime acque del Fiume Il Rio.

Le sorgenti, sapientemente incanalate, muovevano una volta le macine di pie-tra anconetana di tre mulini dismessi da lungo tempo, dei quali uno riattato recen-temente per fini turistici, e una piccola centrale idroelettrica anch’essa non piùfunzionante impiantata in uno dei mulini; oggi alimentano come per gioco unaserie di piccoli bacini che abbelliscono il luogo e lo rendono di forte richiamo turi-stico durante la stagione estiva.

La salubrità dell’aria e l’esposizione assolata di Capo d’Acqua erano note anchenell’antichità poiché nel luogo si rinvengono resti paletnologici e più recenti restiarcheologici a testimonianza di insediamenti preistorici e romani.

Alcuni elementi di una Fonte Romana diruta oggi decorano la Fonte Tre Cannelleche utilizza una delle scaturigini.

Più a valle altre sorgenti alimentano un laghetto artificiale che a breve verràapprestato per la pesca sportiva di trote.

Poi Il Rio, riuniti i canaletti in un unico letto, defluisce tortuosamente nellaVallata di Bojano dove raccoglie più a sinistra che a destra brevi affluenze di rii,ruscelli, torrenti e fossi in buona fittezza idrografica in relazione al substrato di ter-reni scarsamente permeabili.

Bacino Idrografico dell’Alto Biferno

Sottobacino de Il Rio

Linea dello spartiacque morfologico del Bacino

Rete idrografica del Sottobacino

Il Rio

- nasce a Santa Maria del Molise con più scaturigini,

- riceve numerosi affluenti (rivoli, fossi e torrenti),

- sfocia nel Biferno in agro di Colledanchise

1 - Sorgenti de Il Rio

2 - Rio Petroso

3 - Confluenza col Biferno

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Tra le affluenze di sinistra è da tener presente Rio Petroso che nasce da Monte PescoLa Messa (1383 m) e da alcune polle tra Macchiagodena e S.Elena Sannita; riceve FossoFaito presso Spinete; alimenta con una sua deviazione il Laghetto di Pitti abilitato allapesca sportiva delle trote; si immette giù nella vallata di Bojano nel Fiume Il Rio.

Più avanti Il Rio riceve il Torrente Callora. Da questo punto le acque si inqui-nano fortemente per scarichi fognari ed acque reflue.

Non si conoscono le portate massima e minima de Il Rio alla sua foce; quelledelle sorgentizie di S.Maria del Molise sono di 0,350-0,250 l/s, massima danovembre a giugno, minima da luglio a ottobre.

I mulini ad acqua di Santa Maria del Molise

Nicolino BertoneSindaco di S.Maria del Molise

A S.Maria del Molise, anticamente denominata S. Maria e Giacomo, conosciuta comeCAPO D’ACQUA sin dalle sue origini, non potevano mancare i MULINI AD ACQUA.

Di certo si sa che tre mulini, ognuno con caratteristiche socio-economiche diverse,furono fatti costruire tra la prima e la seconda metà dell’ottocento dal marchese MORRA.

Essi erano collocati lungo la strada che dalla località MING-NOT (nei pressidel passaggio a livello) portava all’agglomerato di S.Maria e Giacomo. La suddet-ta strada era di fondamentale importanza sia per gli abitanti dei paesi limitrofi cheutilizzavano i mulini sia per i carrettieri che dopo un lungo viaggio sostavano pres-so un’osteria ivi situata, gestita da Ming-not ed adibita a luogo di ristoro.

PRIMO MULINOIl primo mulino chiamato di SCIASCELLA fu fatto costruire nelle vicinanze del

bivio Caporio-Macchiagodena, al fine di favorire l’accesso agli impianti e le opera-zioni di carico e scarico che avvenivano con asini, muli e qualche carretto.

Il mulino veniva alimentato direttamente dalle acque provenienti dalle sor-genti in prossimità della Chiesa Parrocchiale attraverso una condotta semiforzata,ed era adibito alla macinazione d’ l’rantin, del granoturco.

Disponeva di una sola macina formata da un unico blocco di pietra di formacircolare che veniva fatta girare dal RITRECINE, affidato a Zappitelli Felice dettoru senza cossa, marito di Frantiello Luisa detta sciascella, che oltre a fare il mugnaio,ru mulunar, ne curava anche la manutenzione.

SECONDO MULINOIl secondo mulino, di cui non è noto il nome, alimentato da una condotta for-

zata ancora esistente, fu trasformato nel 1908 a impianto per la produzione dienergia elettrica.

Sottobacino de Il Rio

Sorgentizie di S. Maria del Molise

Le acque oggi alimentano come ungioco una serie di suggestivi picco-li bacini di forte richiamo turisticoestivo.

Il laghetto della pesca sportiva diprossima apertura

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Sottobacino de Il Rio

Sorgentizie di S. Maria del MoliseFonte Le Tre Cannelle

La Fonte, alimentata da una delle sca-turigini di S. Maria del Molise, èstata costruita da pochi anni utiliz-zando gli elementi delle cannellerecuperati da un’antica Fonte Romanadiruta.

La figura di sotto riporta ingranditi glielementi decorativi dell’antica FonteRomana.

A sinistra la Ninfa.A destra la Divinità Fontus.Al centro un fiore di... Ninfea ?

I Romani dedicavano le fonti alleninfe che venivano raffigurate insie-me a divinità maschili, Fontus, Ermes,Pan, altri, e a fiori di Ninfea, piantaacquatica, celebravano la festa dellefonti, Fontinalia, tra la prima e laseconda decade di ottobre

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Sottobacino de Il Rio

Sorgentizie di S. Maria del MoliseLe acque che muovono la macina

del vecchio mulino recentemente riattato

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TERZO MULINOIl terzo mulino, mulin d’ l’ ran, venne costruito più a valle della officina idroe-

lettrica dai marchesi ROSSI di Castelpetroso. Veniva alimentato dall’acqua che,fuoriuscendo dalla officina attraverso un canale, riempiva un serbatoio sito poste-riormente alle due macine che servivano una per la preparazione dei farinacei pergli animali, l’altra per grano e granoturco.

Quest’ultimo di pietra focale era di provenienza francese essendo stata fornita dallaSOCIETE’ GENERALE MEULIERE LA FERTE’ SOUS JOUARRE (FRANCE).

I mugnai che si sono alternati nella gestione dei mulini sono stati diversi. Nelperiodo compreso tra le due guerre mondiali vengono annoverati GiacominiEnrico di Taverna di Cantalupo, i coniugi Armenti Domenico di Castelpetroso e ziCarlina da S.Massimo.

In seguito la gestione fu affidata al Sig. Iadisernia Luigino, ru guardabosc, fino al 1953.

Successivamente, ultimo in ordine di tempo, il terzo mulino fu gestito dal Sig.Franco Bertone che dovette stipulare un contratto di comodato con il Comune pereffettuare sia il restauro sia la rimessa in funzione degli impianti che hanno fun-zionato fino al 1965.

Dopo tale data ogni cosa è rimasta nell’abbandono totale: la struttura comple-tamente crollata, i luoghi circostanti ricoperti di rovi, sterpaglie e rifiuti di ognigenere erano dovunque.

Nel 1991, su iniziativa del Sindaco Prof. Nicolino Bertone, l’AmministrazioneComunale con una numerosa partecipazione di volontari Sanmarianesi e non, haripristinato lo stato dei luoghi ricostruendo il terzo mulino nei minimi particola-ri, tale da renderlo nuovamente funzionante.

Attualmente il mulino in funzione e quelli diruti sono di proprietà del Comune.

Queste memorie sono state attinte dai racconti a viva voce di Antonio Arcaroe delle persone più anziane di Santa Maria del Molise.

Chiediamo scusa per qualche inesattezza o dimenticanza e invitiamo i lettoriattenti ed i ricercatori a dare il loro contributo di notizie che possono essere utiliallo studio e alla ricostruzione più ampia e completa della storia dei mulini.

prof. Nicolino Bertone

Il ritrecine (sinonimi retecine, rittrecine, ritrecino, livornese ritrecino, lombardo rodesim; forsedal francese retrousser, ripiegare, volgere, girare ) è una ruota di legno costituita da tante pale, unadietro l’altra, con asse verticale, che, mossa dall’acqua, imprime il movimento rotatorio alla macina diun mulino (mulino a ritrecine).

Il vecchio mulino riattato

I disegni, opera del prof.Nicolino Bertone Sindaco di S.Maria del Molise, descrivonotutti gli elementi costitutividel mulino.

L’impianto molitorio, dismesso nel1965, è stato riattato recentementesu l’iniziativa dell’AmministrazioneComunale e con la partecipazione divolontari Sanmarianesi.

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S. Maria del Molise

Il mulino ricostruito

L’impianto molitorio in funzione

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S. Maria del Molise

L’Officina Idroelettrica

La piccola officina idroelettrica- sorgeva “sul posto dell’antico molino

idraulico già proprietà dei Rossi marche-si di Castelpetroso”;

- fu “montata nel 1908 con un macchina-rio elettrico della ditta Siemens & C. resi-dente in Roma, e macchinario idraulicodella ditta Ing. Riva & C. di Milano”;

- disponeva “della forza di circa 60cavalli nominali”.

L’“energia” veniva “adibita all’illumina-zione privata e pubblica di Macchiagodena,S. Angelo in Grotte e le case Bertoni... e perforza motrice allo stabilimento della stessaditta a Macchiagodena”.

I ruderi dell’Officina Idroelettrica

L’Officina Idroeletrica in un disegnodel prof. Nicolino Bertone

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Sottobacino de Il Rio

Rio PetrosoLaghetto di Pitti

Il piccolo bacino artificiale èabilitato alla pesca sportivadella trota

Specie di trote:- Salmo irideus Gilb.,- Salmo trutta fario L. Berg.

Ai suoi bordi cresce Typha martini, piantaacquatica, erbacea, rizomatosa.(vedi scheda in Appunti di Ecologia)

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Sottobacino de Il Rio

Rio PetrosoLaghetto artificiale di Pitti abilitato alla pesca sportiva della trota

Sottobacino de Il Rio

Fiume Il Rio

Il Rio alla confluenza col fiume Biferno.Le acque del fiume risultano fortemente inquinate a causa di scarichi fognari e di acque reflue

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Sottobacino de Il Rio

Fiume Il Rio

Effetti dell’inquinamento sull’ecosistemaTaxa considerati: vertebrati e invertebrati

VertebratiPesci: Salmonidi, Gasterosteidi, Cyprinidi, AnguillidiAnfibi: Bufonidi, Ilidi, Ranidi

InvertebratiCrostacei: PotamobidiInsetti: Tricotteri, Plecotteri, Efemeridi, Collemboli, Anellidi, Rincoti

ossigeno a c q u a

limpida e pura

torbida, riccadi

sostanze organiche

con fenomeni didecomposizione,

fanghiglie sospese

vertebrati invertebrati

+

-

+

-

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Sottobacino del Callora

Il sottobacino è costituito dal Torrente Callora e dalle connesse affluenze di FossoSpin e Fosso S.Vito.

Il Callora è il maggiore tributario del Biferno nella Vallata di Bojano ed è uncorso d’acqua singolare non solo per alcuni suoi aspetti geomorfologici non comu-ni e per la presenza di tanti fossili nei ciottoli del suo letto, ma anche per le testi-monianze di frequentazione antropica in età storica antica e protostorica venutealla luce presso alcuni tratti del suo corso.

Dal punto di vista idrologico il torrente nasce, come accertano alcuni rilevamen-ti riportati in vecchie mappe, nel territorio montano di Roccamandolfi, da FonteMascillo in Val di Scino e da Acqua dell’ Olmo tra Monte Acerone e Serra Soda. Secondoaltre vedute, accreditate dalla idrologia, il Callora si origina dall’acquifero, distintoin numerose polle, dell’area compresa tra Serra Soda, Monte Acerone e Val di Scino.

Le scaturigini, come quasi tutte le sorgenti di alta montagna, sono effimere poichèsi originano da acque di raccolta sotterranea scorrenti su strati impermeabili di arena-rie e marne e derivanti dai carbonati permeabili sovrapposti, saturi di acque meteori-che le cui quantità dipendono strettamente dall’andamento pluviometrico stagionale,ad alta affluenza da novembre a giugno, a bassissima affluenza da luglio ad ottobre.

Durante la stagione secca le acque ancora sgorganti si perdono per infiltrazio-ne tra i calcari nel primo tratto di scorrimento superficiale. Nella stagione piovo-sa, invece, esse, in relazione alle caratteristiche stratigrafico-strutturali delle roccedel luogo, scorrono copiose lungo le solcature, i fossi e le valli.

Un gruppo sorgentizio perenne è presente in contrada La Trainara diRoccamandolfi con numerore scaturigini raccolte in parte in fontane.

La rete idrografica del Callora, considerando tutte le sue principali affluenzemontane di destra, Acqua dell’ Olmo, La Trainara, Torrente Il Rio, Torrente ValloneGrande, Capo d’Acqua-Acqua Santa-Vallone della Fonticella, Vallone delle Coste, e pic-cole affluenze collinari di sinistra, appare abbastanza estesa ma a bassa fittezza.

Per l’estensione la rete idrografica del sottobacino è sottesa ad un’ ampia dis-pluviale che interessa più di un quarto della superficie del Bacino Idrograficodell’Alto Biferno, ovvero la maggior parte del territorio montano di Bojano, i terri-tori montani di S.Massimo e Roccamandolfi, la parte sud-orientale del territoriodi Cantalupo del Sannio.

Recentemente tale rete idrografica è stata ampliata dalla inclusione nel sotto-bacino del Fosso della Neve-Fosso Spin e del Fosso della Strega-Fosso S.Vito, incanalatie deviati appunto nel Callora per ragioni ecologiche come già precisato nel capito-lo Sottobacino di Bojano.

Bacino Idrografico dell’Alto Biferno

Sottobacino del Torrente Callora

Linea dello spartiacque morfologico del Bacino

Rete idrografica del Sottobacino

I segmenti idrografici della rete appaiono con una densità molto bassa a causa della elevatapermeabilità dei carbonati e dei depositi alluvionali che caratterizzano il sottobacino e che nonpermettono uno scorrimento di superficie

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La bassa fittezza della rete idrografica del sottobacino è in relazione all’alta per-meabilità del substrato portante, costituito essenzialmente da rocce carbonatichecarsificate, come riferito nella parte riguardante i lineamenti stratigrafico-struttu-rali del Matese nord-occidentale.

L’intensa carsificazione dei calcari del sottobacino ha generato la formazione dinumerose escavazioni e gallerie sotterranee ove si convogliano torrenti sotterranei chesgorgano in sorgenti effimere, spesso con buona portata durante la stagione pluviale.

E’ il caso della sorgente stagionale sita in località Ariella di Roccamandolfi laquale fa defluire le acque torrentizie sotterranee dei calcari immediatamente a monte.

Presso Campitello di S.Massimo l’acquifero di Capo d’Acqua è incanalato in unacondotta forzata con un salto di circa 700 metri, ed alimenta la centrale idroelet-trica di S.Massimo, oggi attiva solo per alcuni mesi all’anno in relazione all’anda-mento pluviometrico stagionale e alla gelificazione delle acque nei mesi invernali.

Si calcola che il deflusso delle acque montane del sottobacino, dal PostglacialeWurm all’attuale, attraverso la sua rete idrografica che fa capo al Torrente Callora edannessi Fosso Spin e Fosso S.Vito, ha depositato nella vallata ad ovest di Bojano su unsubstrato costituito da fondali di tipo lacustre e palustre, circa 9 miliardi di metricubi di sedimenti, costituiti da ghiaie, sabbie ed argille, erosi per la maggior partedal Matese nord-occidentale.

Questi sedimenti, unitamente a quelli erosi e defluiti dai monti di CastelPetroso-Macchiagodena e dai rilievi di tipo collinare di Macchiagodena-Spinete eColledanchise pro parte, hanno formato l’attuale morfologia pianeggiante dellavallata nord-ovest di Bojano con leggera pendenza Ovest-Est.

La deposizione dei sedimenti trasportati dal Callora nella vallata presenta unaclassazione sia in senso orizzontale sia in senso verticale, ambedue definite daldecremento dell’energia di flusso delle acque torrentizie relative ad ogni eventoalluvionale, dalla montagna alla vallata e nella vallata stessa.

Dalla classazione orizzontale si rileva che le acque, riducendo improvvisamen-te la loro energia di scorrimento verso il basso, depositano

- nella zona pedemontana materiale alluvionale grossolano pesante,- nella zona pianeggiante, via via che ci si allontana dalla montagna, mate-

riali sempre più minuti per il graduale decremento della stessa energia del mezzo. Ciò identifica una successione granulometrica che procede dalla zona pede-

montana alla vallata e che è strettamente legata all’energia dell’ acqua.La classazione verticale, che si osserva in sezioni stratigrafiche naturali messe in

luce dall’erosione delle sponde del torrente, è un aspetto del fenomeno regolato dallariduzione della stessa energia del mezzo riferita al ciclo di ogni evento alluvionale.

La classazione produce una stratificazione lenticolare non regolare nella quale, tral’altro, gli elementi grossolani trasportati, specialmente quelli piatti, si dispongonoad embrici, ovvero con un margine rialzato nel senso del flusso dell’acqua.

Gli strati si presentano incrociati.

Le strutture rilevate nella sua zona pianeggiante del torrente, mostrate dall’e-rosione e generate dalla deposizione di sedimenti, sono molteplici.

Ad esempio l’erosione del versante montuoso teso alla rete idrografica delCallora produce il relativo arretramento mettendo a nudo il substrato roccioso del-l’alveo in una superficie di spianamento o di erosione a debole inclinazione chenella letteratura geomorfologia è denominata pediment.

Il pediment è ricoperto in parte da sedimenti successivi al suo denudamento,in parte è visibile ed è attraversato dal torrente che esce dalla valle montana.

Altre strutture di rilievo sono le stratificazioni dei depositi alluvionali, variabili inspessore e deposizione da luogo a luogo e rilevabili lungo l’altezza delle ripe del torrente.

Esse sono costituite da una alternanza di ghiaie, sabbie e argille, bene compat-tate con riempimenti sindeposizionali di argille.

Le ghiaie, bene arrotondate, hanno natura litologica diversa, essendo costituiteda calcari e calcari organogeni del Mesozoico-Cenozoico e da calcareniti con eleva-to contenuto di ossidi e solfuri di ferro di età Miocene.

Nelle ghiaie si rinvengono anche alcuni clasti di granito la cui origine è di dif-ficile determinazione perché allo stato attuale delle conoscenze non si conosconogli elementi di rapporto stratigrafico-strutturale.

Nel pediment è possibile rilevare strati di calcarenite sulla cui superficie si pre-sentano inseriti piccoli cristalli addensati di pirite, … l’oro dei poveri o degli stolti !

La Pirite (solfuro di ferro = Fe S2 ) è un minerale che- si presenta sotto forma granulare, reniforme, stalattitica, ecc., e in cristalli cubici, ottae-

drici, pentagonododecaedrici,- ha durezza 6-6,5 e peso specifico 5,01,- ha lucentezza metallica e colore giallo ottone, pallido,- all’aria può alterarsi in ossido di ferro,- si può trovare anche in depositi alluvionali.

La Pirite è uno dei tanti minerali di colore giallo che nei secoli scorsi è stato confuso con l’oro.

Gli Spagnoli, al tempo della conquista dell’America, spedirono in Europa bastimenti di pirite credendofosse oro, imparando a loro spese che non tutto è oro ciò che riluce.

In alcuni carteggi del 1800 dell’ Archivio Comunale di Roccamandolfi si legge che tra i sedimenti delTorrente Callora si trova l’oro.

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Sottobacino dell’Alto Biferno

Torrente Callora

L’immagine ritrae una sezione stratigrafica naturale dei depositi torrentizi di circa 8000 anni. Lo spesso-re dei sedimenti alluvionali è di circa 6 metri. La sezione è messa in luce dall’erosione diluviale che ha let-teralmente troncato un tratto della sponda destra del torrente tra il territorio di Castellone di Bojano e quel-lo di S. Massimo.

Il tasso di sedimentazione è molto irregolare per fissare delle medie. Il deposito di una piena può essere di centimetri,di decimetri, di metri di spessore e può essere rimosso in parte o in tutto dalla piena successiva.

La stratificazione incrociata che si nota nella parte mediana della sezione esprime il passaggio da lingue didune a lingue di barre, a lingue di onde di sabbie e argille.

Le strutture linguoidi coprono anche per migliaia di metri i paleoalvei del torrente.

La freccia rossa indica il senso della corrente.

m 0,50 circa

m 1,50 circa

m 0,60 circa

m 0,60 circain evidenza

ghiaie, sabbie e argille del letto attuale

m 2,80 circa

terreno pedologico

ghiaie poligeniche e sabbie in gradazionenormale

ghiaie e sabbie in gradazione inversa

argille lacustri

ghiaie poligeniche,sabbie e argille in stratificazione incrociata

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Le evidenze paleontologiche si rilevano in una quantità di ciottoli di varia ori-gine ed età dal Mesozoico al Miocene superiore.

In genere i fossili si riferiscono a resti di molluschi tra cui le Rudiste, piante,coralli, microfossili, la maggior parte dei quali derivano dalla erosione della piat-taforma carbonatica del Matese nord-occidentale.

I ritrovamenti relativi ad insediamenti umani del passato sono anch’essi nume-rosi e strettamente legati alla storia evolutiva del torrente.

Nel postglaciale di Wurm il Callora era un fiume alimentato sia dal continuoafflusso di acque derivanti dallo scioglimento del ghiacciaio del Matese, sia dall’abbondante piovosità che caratterizzò il postglaciale stesso.

Nel primo postglaciale, tuttavia, le sponde del Callora non erano abitate perle notevoli e continue esondazioni che dilagavano nella vallata colmando i fondalilacustre e palustre con ghiaie, sabbie e argille provenienti dalla erosione delle roccedel versante nord-occidentale del Matese tramite la sua rete idrografica.

Quando il regime idrico del Callora si regolarizzò, riducendo l’ alimentazioneniveo-pluviale per il cambiamento delle condizioni climatiche, si attuò la frequen-tazione antropica delle sue sponde con l’insediamento di nuclei umani che trova-rono nella zona abbondanza di mezzi di sussistenza quali

- ciottoli del fiume usati per la costruzione di arnesi, di abitacoli e perespressioni artistiche in graffiti,

- legno per fabbricare utensili e costruire abitacoli,- pesca, caccia e prodotti spontanei della terra di che nutrirsi.

Testimonianze di insediamenti umani in età storica, risalenti al VI secolo A.C,sono state rinvenute nel letto e in sponda destra del torrente tra Castellone diBojano e S.Massimo.

I ritrovamenti riguardano- alcune sepolture con corredi messi in luce dall’erosione della ripa destra in

località Noce di Massaro in territorio di S.Massimo e a seguito degli scavioperati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise, direttidalla Dottoressa Valeria Ceglia della stessa Soprintendenza,

- alcuni manufatti litici, un esempio di manipolazione di argilla da parte diun bambino, un graffito su ciottolo di calcarenite,

- un escremento di …cane ?.

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Torrente Callora

Veduta di un tratto del pediment

L’immagine ritrae un tratto del pediment che affiora dall’alveo del torrente nei pressi dell’abi-tato di S. Massimo.

Il pediment è una superficie del substrato roccioso dell’alveo messo a nudo dall’erosione e dallanon deposizione di materiali di flusso in zona pedemontana.

Il substrato è costituito da calcari grossolani con intercalazioni di marne, calcari selciferi e dia-spri varicolori di età Triassico.

La bassa permeabilità dei litotipi del substrato ostacola in gran parte la penetrazione delleacque nel sottosuolo, le quali si raccolgono e scorrono sulla struttura anche nel periodo di fortesecca come è visibile nell’immagine.

La pendenza della superficie di erosione è di 2-5° NNE.

agosto 1992: escursione nel Torrente Callora

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Torrente Callora

stagione secca

Piccola depressione dell’alveo gene-rata dal flusso della corrente, costi-tuita da sabbia e argilla, circondatada deposito di ghiaie e ciottoli.

La freccia rossa indica il senso del flusso.

Il circoletto rosso indica l’area riporta-ta ingrandita nell’immagine di sotto.

Il fondale della depressione è costi-tuito da argilla disseccata in mud-cracks (fessure da disseccamento), sucui appare, anch’essa disseccata, l’im-pronta della zampa di un cane.

Il ciottolo, bene arrotondato dal tra-sporto, deposto sul fondale quasi cer-tamente dall’energia dell’acqua, ècostituito da elementi di silt bruno-rossiccio a spigoli vivi in matricecalcarea bianca sindeposizionale.

Il ciottolo deriva dall’erosione di car-bonati di piattaforma in probabilefacies di piede di scarpata.

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Torrente Callora

Mineralizzazioni di pirite rinvenute nel substrato roccioso del pediment

Sopra.Calcarenite in straterelli fogliettati sulla cuisuperficie appaiono piccoli cristalli di pirite,l’oro dei poveri o degli stolti!

In alcuni carteggi del 1800 dell’ArchivioComunale di Roccamandolfi si legge che trale ghiaie del torrente si trova l’oro... l’orodegli stolti.

A sinistra.Pezzo di calcare con piccole cavità nelle qualivi erano cristalli di pirite decomposti in ossi-do di ferro con la esposizione prolungataall’aria.

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Torrente Callora

Uno dei tanti pezzi di granito rinvenuto tra le ghiaie del torrente nei pressi della confluenza conil Vallone della Fonticella

L’esemplare, costituito da quarzo, ortoclasio e albite, presenta una struttura granulare dovutacertamente al rapido raffreddamento del magma intruso.

La sua origine è di difficile determinazione per la mancanza di dati tettono-sedimentari dell’area.

Molto probabilmente si tratta di una giacitura filoniana in roccia carbonatica venuta alla luceper eventi tettonici e a causa della erosione.

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Torrente Callora

Evidenze paleontologiche

Resti di conchiglie in calcarenite

1 - Cardita sp., valve incomplete,2 - sezione longitudinale di gasteropode.

Età: probabile Miocene superiore

Resti indeterminati di foglie in calcarenite

Età: probabile Miocene superiore

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A sinistra.Resti di Rudiste racchiusi in un ciot-tolo di grosse dimensioni:

- valve destre in sezioni longitudina-li di Caprotina sp. immerse in unsedimento calcareo-siltoso scuro;

- età Barremiano-Aptiano.

In alcune sezioni si notano elementidella cerniera.

Sotto.Tritume conchigliare addensato in unsedimento carbonatico sottile, scuro.Specie indeterminabili

Torrente Callora

Evidenze paleontologiche

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Lo schema si ispira ai lavori di N. Chiarelli (1975) e F. Fedele (1986)

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Sottobacino del Callora

Impronta di mano sinistra di bambino su pezzo di argilla rinvenuto tra i materiali di scarto degliscavi di un sepolcreto effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise pressola sponda destra del torrente tra Castellone di Bojano e S. Massimo

Le tombe furono rinvenutecasualmente nel 1980-81da Adelelmo Gentile oggiscomparso.Probabile età: VI secolo a.C.

mignolo

anulare

pollice

indice

medio

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Sottobacino del Callora

Torrente Callora

Ciottolo in calcarenite rinvenuto nelle ghiaie del torrente, istoriato con un graffito da un artistadi circa 2500 anni fa in ricordo della morte di un cane?

Interpretazione:Il ciottolo rappresenta la testa di un cane.Sul ciottolo a sinistra è rappresentato il profilo della testa di un cane.Le crociere potrebbero rappresentare dei numeri, ovvero l’età del cane espressa in stagioni? in lune?

Sono rappresentate:- una doppia crociera che potrebbe significare 20,- due crociere semplici che potrebbero significare 10+10=20

cm 19

cm 10

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Sottobacino del Callora

Torrente Callora

Paleontologia: resto di escremento... di probabile cane?Il resto fu rinvenuto tra il materiale di scarto degli scavi di un sepolcreto del VI secolo a.C. effet-tuati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise nel 1980-82 in sponda destra delTorrente tra Castellone di Bojano e S. Massimo

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Sottobacino del Callora

Torrente Callora

Testimonianze di insediamento umano in sponda destra del Torrente tra Castellone di Bojanoe S. Massimo.Probabile età: 2000-2500 anni

Piccoli utensili litici in calcarenite.

Grumi di ferro colato da ciottoli di calcarenite usati per focolari.

cm 4

cir

ca

cm 2

cir

ca

cm 3 circa

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Un sepolcreto di bambini sull’argine del torrente Callora

Angela Di NiroMinistero per i Beni e le Attività Culturali

Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise

Quando, nei primi anni Ottanta del secolo scorso, la piena del Callora erose unaltro tratto della sua sponda destra, là dove il torrente forma un’ansa ampia nellalocalità detta Noce di Massaro in agro di San Massimo, erose anche le estremità dialcune sepolture che, così, vennero allo scoperto sulla parete.

Fu allora che la Soprintendenza del Molise intervenne con una campagna discavo con la quale si volevano acquisire gli elementi utili alla definizione, cronolo-gica e topografica, di questa necropoli *.

La località, oltre a trovarsi proprio sulla riva del fiume, è anche strettamenterelazionata a quello che era il percorso del tratturo Pescasseroli-Candela, che, pro-prio in questo punto, comincia ad avvicinarsi dolcemente verso l’area pedemonta-na in modo da poter toccare Bojano. Un’area pianeggiate, poco nota fino ad alloradal punto di vista archeologico dal momento che la maggior parte delle testimo-nianze trovavano più fitta concentrazione in aree prossime a Bojano, su entrambi ilati del tratturo.

Si può parlare di sepolcreto in quanto i saggi allora effettuati effettivamen-te rivelarono la presenza di sepolture, purtroppo danneggiate ampiamente nonsoltanto dall’azione del Callora ma anche da quella umana. Le tombe sicura-mente riconoscibili nelle loro unità individuali sono quattro (tt. 1, 2, 4, 7), allequali sono da aggiungere i resti di altre sepolture che furono manomesse già inantico: parte degli scheletri, con prevalenza di ossa lunghe, erano state infatti“ricoverate” in una ulteriore tomba, appositamente costruita a mo’ di piccoloossario (t. 6).

La stratigrafia del suolo si presenta tutt’oggi come un libro aperto sull’arginedel fiume, con una sequenza, di un paio di metri di spessore, che prevede, imme-diatamente sotto l’humus, uno strato alluvionale di pietrisco seguito da uno stra-to argilloso di colore giallognolo nel quale, ad una profondità di circa mt. 1,20,sono ubicate le sepolture. Segue al di sotto una lente di terreno scuro seguito dinuovo da uno spesso strato di natura alluvionale. Sembra evidente l’azione delfiume che, mantenendo il suo carattere torrentizio, ha contribuito nel corso deltempo alla formazione degli strati paludosi e argillosi alternati a strati alluvionali;di questi ultimi il più superficiale è senza dubbio di epoca storica essendosi for-mato quando le sepolture erano state già ubicate, quindi successivamente al VI-Vsecolo a.C.

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Stratigrafia del suolo di rinvenimento del sepolcreto

200

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Il rituale funerario, a quanto è dato sapere dalle limitate sepolture individua-te, prevedeva esclusivamente l’inumazione distesa, con fosse orientate tutteovest/est e la testa posta sempre ad ovest; il corpo è disteso supino e in un caso ilcranio è reclinato sulla spalla destra (t. 2). Le fosse, cavate nello strato argilloso,sono molto semplici, talvolta con ciottoli di fiume a mo’ di copertura, utilizzatianche per rincalzare la fossa lungo i margini; in un caso (sempre la t. 2) deglischeggioni di arenaria costituiscono una specie di letto funebre su cui era stato dis-teso il corpo. Le braccia e le gambe sono parallele, con scarse variabili, quale quel-la della t. 2 che presenta l’avambraccio destro flesso ad angolo sul petto. Sono, tuttequeste, particolarità che si riscontrano un po’ ovunque, nelle necropoli di quell’e-poca in area molisana, da Termoli a Larino, da Guglionesi a Pozzilli, particolaritàche erano iniziate già da tempo e che perdureranno molto a lungo, dal momentoche si ritrovano senza sostanziali variazioni almeno fino al III secolo a.C., come cidimostra il sepolcreto di Morgia della Chiusa a Gildone, di piena epoca sannitica.

Da questa tipologia si differenzia la cosiddetta t. 6 che presenta un piano dilastre con “muretti” laterali di ciottoli e frammenti di tegoloni uniti con malta; alsuo interno, come si è detto, si sono trovate le ossa di più individui; sembra evi-dente quanto successo: persa le memoria della presenza del sepolcreto, spariti glieventuali segnacoli di superficie che ne segnalavano l’esistenza, per una sconosciu-ta contingenza, o forse solo a causa di lavori agricoli, alcune sepolture rimaserosconvolte; le ossa affioranti furono raccolte da mani pietose e ricoverate in un ricet-tacolo appositamente costruito. Questo, stando ad alcuni frammenti ceramici rin-venuti, dovrebbe essere avvenuto attorno al I secolo d.C.

A giudicare dalle dimensioni degli scheletri (ma anche dalle dimensioni e dalletipologie delle fosse), certamente tre delle quattro sepolture (tt. 1, 4, 7) appartene-vano a bambini o adolescenti. Nella t. 1, di un individuo infantile probabilmentemaschile, si è recuperata parte del corredo di vasi che si trovava deposto presso la testaad un livello inferiore rispetto al piano di deposizione; era composto da una tazza, unboccale e una coppa nonché da due fondi di vasi di cui uno di più grosse dimensio-ni. La t. 2, l’unica forse appartenente ad un individuo adulto (o giovanile) presenta-va invece i vasi deposti ai piedi, su un gradino ad un livello più alto del piano dideposizione; esso è composto da due tazze, un boccale ed un’olletta.

Ad una bambina seppellita supina, con la testa leggermente reclinata alla suadestra ed il braccio destro flesso sul petto, apparteneva la t. 4, una fossa semplicis-sima senza alcuna particolarità; di questa tomba non si è recuperato alcun elemen-to di corredo vascolare, forse deposto ai piedi e scivolato via sull’argine del fiumeinsieme alla parte inferiore dello scheletro. Che si trattasse di una bambina si dedu-ce dagli unici elementi di corredo personale rinvenuti nella tomba, alcune perlinedi pasta vitrea di colore azzurro presso il cranio, probabilmente una collanina dal

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momento che presentavano tutte il foro passante. Verosimilmente ad un neonatoapparteneva infine la t. 7, nella quale a mala pena si riescono a leggere il cranio aalcune ossa lunghe. Ai piedi era un vasetto consunto del quale non è stato possibi-le riconoscere la forma.

Troppo limitati (ed uniformi) gli elementi del corredo per poter avanzare ipo-tesi definitive sulle comunità che abitavano nella zona all’epoca della frequenta-zione di questo sepolcreto. Siamo in epoca arcaica, in un periodo collocabile attor-no al VI secolo a.C., epoca caratterizzata, a quanto è dato sapere dallo stato attua-le delle indagini archeologiche in Molise, da piccoli insediamenti sparsi a vocazio-ne agricolo-pastorale. I vasi delle due sepolture che ne sono provviste sono tutti diceramica di impasto scuro piuttosto grossolano, senza ricercatezze estetiche e diforme semplici in cui si ricerca l’essenzialità funzionale; l’assenza di un qualcheoggetto personale, che quasi sempre contraddistingue le sepolture dei bambini inqueste epoche nella stessa area molisana, quali potevano essere fibule o braccialet-ti, conferma ancora una volta la sobrietà dei costumi della comunità insediata inquesta parte della vallata ai piedi del Matese.

I vasi sono generalmente di piccole dimensioni; la tazza e il boccale, come pure laciotola della t. 1, si trovano, ad esempio, nella necropoli di Alfedena; in questa necro-poli, che per numero e tipologia di sepolture, oltre che per sequenza cronologica, è digran lunga la meglio conosciuta in territorio sannitico, il boccale è frequente proprionelle sepolture di bambini – difficile distinguere se questa occorrenza dipenda dai ritifunerari praticati specificamente per i bambini oppure se tale oggetto si trovi nelletombe in quanto usato in vita nelle normali abitudini alimentari dei bambini -; latazza, nelle numerose varianti con vasca più o meno ampia, con pareti più o menoespanse e con orlo più o meno rientrante, ad Alfedena si trova ancora una volta intombe infantili, mentre nelle coeve sepolture di Termoli e di Larino, per non trascu-rare qualche altro esempio, è presente anche in sepolture di adulti.

Vale anche la pena di sottolineare che una tazza analoga a quelle di Noce diMassaro fu rinvenuta anni fa nel corso di lavori che sconvolsero alcune sepolture inlocalità Guasto, nei pressi dello snodo viario di Castelpetroso, non lontano quindidal nostro sito; dall’altro lato, lungo lo stesso percorso tratturale, si trovano mate-riali di impasto, tra cui un boccale, in agro di San Polo Matese.

Stupisce, nella t. 1, la presenza del fondo di un vaso di maggiori dimensioni,forse un’olla da derrata che, non tanto per la forma ma per la funzione, ricordaquelle che si rinvengono nei sepolcreti costieri del Molise ma presenti anche nel-l’area interna (Pozzilli, Alfedena) pressoché esclusivamente nelle tombe di adulti emai in quelle infantili come questa. I vaghi di collana di pasta vitrea della t. 4 tro-vano anch’essi confronti un po’ in tutti i sepolcreti citati dove, peraltro, si presen-tano anche in forme più complesse e con l’aggiunta di elementi decorativi.

Sepoltura T7 di un neonato

Piccolo ossario T6

203

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Anche per quanto attiene al rituale della deposizione, strette parentele con lenecropoli di Termoli e di Larino sono senz’altro nell’adozione del rito dell’inuma-zione, che in queste epoche è pressoché l’unico praticato dalle popolazioni proto-sannitiche e protofrentane; in una delle sepolture si nota la presenza di un osso dianimale, che può alludere ad una offerta (o ad un pasto) funebre a base di carne,elemento connotante una distinzione che va sottolineata soprattutto in considera-zione del fatto che tale ritualità, pressoché sconosciuta in queste epoche, restacomunque una eccezionalità anche nei secoli successivi.

D’altro lato le sepolture sono così limitate numericamente e così poco arti-colate tipologicamente che risulta difficile avanzare ipotesi sull’articolazione digruppi sociali all’interno delle comunità stanziate in questa parte del Molise inepoca arcaica. Il fatto che si tratti prevalentemente di sepolture di bambini edadolescenti potrebbe far pensare che ci si trovi di fronte ad un settore del sepol-creto appositamente destinato a tale scopo, cosa del resto non inusuale altrove:i bambini, proprio perché tali, non erano considerati parte della comunità atti-va nella “città dei vivi” e pertanto ad essi era destinato uno spazio definito nella“città dei morti”.

Altre osservazioni, per concludere, possono riguardare la stessa ubicazione delsepolcreto, che attualmente si trova collocato proprio sull’argine del torrente.Difficile dire se il fiume, oltre due millenni e mezzo fa, seguisse lo stesso precorsodi quello attuale; certo è, ad ogni modo, che una stretta relazione con l’acqua èadombrata nello stesso uso dei ciottoli di fiume per la copertura ed il rincalzo dellefosse. L’uso dei ciottoli di fiume si ritrova, analogo, a Termoli. Riti apparentemen-te semplici, che però tali non sono: se a Noce di Massaro i ciottoli di fiume sono aportata di mano, non così a Termoli, dove la necropoli affaccia sì verso il torrenteSinarca, ma dista da esso qualche chilometro, peraltro dal percorso impervio. Comenon evocare, in fondo, quelle pianure dell’oltretomba, di lontani ricordi omerici,dove l’Acheronte si snoda con il suo percorso sinuoso e che le anime dei mortidevono guadare se vogliono raggiungere i Campi Elisi, e possono farlo solo se i lorocorpi hanno ricevuto la sepoltura?

Angela Di Niro

*Ringrazio vivamente la dott.ssa Valeria Ceglia, sotto la cui direzione si svolse lo scavo, che miha messo a disposizione, incondizionatamente, tutta la documentazione da lei elaborata.

Le foto di questo articolo sono state concesse dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delMolise.