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C R E D O IO CREDO Per il cristiano credere in Dio è inseparabilmente credere in Colui che Egli ha mandato , “il suo Figlio prediletto”, nel quale si è compiaciuto (Mc 1, 11). Dio ci ha detto di ascoltarlo. Possiamo credere in Gesù Cristo perché Egli stesso è Dio, il Verbo fatto carne: “Dio nessuno lo ha mai visto; proprio il Figlio unigenito, che è ne l seno del Padre Lui ce lo ha rivelato” ( Gv 1, 18). Poiché Egli “ha visto il Padre” ( Gv 6, 46) è il solo a conoscerlo e a poterlo rivelare. ( CCC 151 ) SIMBOLI Le principali verità rivelate da Gesù Cristo sono indicate nelle professioni di fede, chiamate “simbolo”, ossia “segno di riconoscimento”, “tessera”. I simboli come formulazioni scritte e pregate, sono l'esito di una lunga storia di riflessione, dibattiti, e fede vissuta. Condensano in sé una grande profondità storica: nei loro articoli si è «sedimentata la memoria della lunga storia di Dio con gli uomini». In genere i Simboli sono costruiti secondo uno schema ternario, con riferimento alle persone della Trinità. I loro enunciati sono detti “articoli”, cioè piccoli arti (come le ali), che non hanno autonomia in sé ma in quanto parti di un organismo vivente. Avevano mosso i primi passi gli apostoli, proponendo brevi formule imperniate su Cristo o la Trinità, che risultano simboli in embrione. Per esempio Paolo: «Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» {Rm 10,9). (Brani simili si trovano in At 2,36; I Cor 15,3-5; Mi 28,19; Ef 4,4-6). Nei secoli successivi i cristiani delle varie denominazioni hanno elaborato testi via via più ampi, ma sempre essenziali, che esprimevano le principali verità di Fede. Sono simboli di fede quello atanasiano, attribuito a sant'Atanasio, ma in realtà composto da un autore ignoto fra il 430 e il 542, e anche il recente limpido credo del popolo Di Dio, dettato da Paolo VI nel 1968: una versione arricchita e autorevole dei Simboli antichi. I Simboli più noti della Chiesa cattolica sono due e vengono recitati alternativamente nei giorni festivi durante la Santa Messa.

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C R E D O

IO CREDO

Per il cristiano credere in Dio è inseparabilmente credere in Colui che Egli ha mandato , “il suo Figlio prediletto”, nel quale si è compiaciuto (Mc 1, 11). Dio ci ha detto di ascoltarlo. Possiamo credere in Gesù Cristo perché Egli stesso è Dio, il Verbo fatto carne: “Dio nessuno lo ha mai visto; proprio il Figlio unigenito, che è ne l seno del Padre Lui ce lo ha rivelato” ( Gv 1, 18). Poiché Egli “ha visto il Padre” ( Gv 6, 46) è il solo a conoscerlo e a poterlo rivelare. ( CCC 151 )

SIMBOLI

Le principali verità rivelate da Gesù Cristo sono indicate nelle professioni di fede, chiamate “simbolo”, ossia “segno di riconoscimento”, “tessera”. I simboli come formulazioni scritte e pregate, sono l'esito di una lunga storia di riflessione, dibattiti, e fede vissuta. Condensano in sé una grande profondità storica: nei loro articoli si è «sedimentata la memoria della lunga storia di Dio con gli uomini». In genere i Simboli sono costruiti secondo uno schema ternario, con riferimento alle persone della Trinità. I loro enunciati sono detti “articoli”, cioè piccoli arti (come le ali), che non hanno autonomia in sé ma in quanto parti di un organismo vivente. Avevano mosso i primi passi gli apostoli, proponendo brevi formule imperniate su Cristo o la Trinità, che risultano simboli in embrione. Per esempio Paolo: «Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» {Rm 10,9). (Brani simili si trovano in At 2,36; I Cor 15,3-5; Mi 28,19; Ef 4,4-6).

Nei secoli successivi i cristiani delle varie denominazioni hanno elaborato testi via via più ampi, ma sempre essenziali, che esprimevano le principali verità di Fede. Sono simboli di fede quello atanasiano, attribuito a sant'Atanasio, ma in realtà composto da un autore ignoto fra il 430 e il 542, e anche il recente limpido credo del popolo Di Dio, dettato da Paolo VI nel 1968: una versione arricchita e autorevole dei Simboli antichi. I Simboli più noti della Chiesa cattolica sono due e vengono recitati alternativamente nei giorni festivi durante la Santa Messa.

Il SIMBOLO DEGLI APOSTOLI

è la più antica formula di fede adottata nella Chiesa latina, già usata a Roma nel 3° secolo per i battesimi. Lo si riteneva redatto dai dodici apostoli, ed era suddiviso in dodici articoli. Gli apostoli lo avrebbero composto a Gerusalemme prima di separarsi per portare il vangelo fino ai confini della terra. La notizia non è certa, ma di fatto «il testo risulta fedele alla fede degli apostoli» (sant'Ambrogio). E ha avuto un ruolo sostanzioso nella crescita della Chiesa. Il testo è il seguente :

Io credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra. E in Gesù Cristo, suo unico Figlio,nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

IL SIMBOLO NICENO-COSTANTINOPOLITANO

è il simbolo niceno, approvato dal Concilio di Nicea nel 325 e arricchito nel Concilio di Costantinopoli del 381. Il testo del Simbolo, introdotto nella Messa nel 5° secolo in Spagna e Gallia, e stabilmente a Roma nel secolo undicesimo, è il seguente : Credo in un solo Dio, Padre onnipotente Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e da’ la vita e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen In questo opuscolo si prende in esame il Simbolo di Nicea-Costantinopoli, che alle tre parti riservate alle persone della Trinità aggiunge articoli sulla Chiesa e la Vita Eterna.

DIO

UN SOLO DIO

Credo in un solo Dio.

Gli uomini religiosi sono giunti per svariate vie a riconoscere l’esistenza di una “potenza nascosta”, che hanno visto come energia o come ordine impersonale, o come una moltitudine di dei e di spiriti, o come un Essere supremo o anche come Dio unico o almeno come un Dio supremo. Anche i filosofi sono giunti a vedere la “potenza nascosta” come l’Ente supremo, onnipotente e perfetto. Ma per una conoscenza più autentica di Dio è stata necessaria la Rivelazione fatta al popolo di Israele e giunta alla sua pienezza in Gesù di Nazaret, che ha detto di sé: “ Io

sono la via, la verità la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. (Gv 14, 1-21) Perché ha la rivelazione, Israele, in seno ad un mondo politeista, fa professione di un monoteismo rigoroso, che appare come la caratteristica più notevole del suo pensiero religioso. Il popolo eletto rende culto a un Dio unico, che non ammette nessun altro dio in concorrenza, che ha autorità universale, che agisce dovunque, che è creatore di tutto, che ama il suo popolo. Il credente colloca al centro il Dio presentato dalla Rivelazione, che è indicibile, “misterioso”, padre di tutti gli uomini, provvidente, misericordioso. E’ quel Dio che come diceva l'antico poeta citato da Paolo, è Colui in cui « viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At

17,28). E, come asserisce un autore moderno, è « silenzio infinito, che con la sua parola crea i mondi. Ha un solo pensiero, e ogni pensiero viene da lui. Ha un solo amore, e tutto l'amore viene da lui. Dio è Dio. È il solo. È. » (Jacques Loew).

DIO E’ AMORE

In Israele vi è una nuova immagine di Dio. Nelle culture che circondano il mondo della Bibbia, l'immagine di Dio e degli dei rimane, alla fin fine, poco chiara e in sé contraddittoria. Nel cammino della fede biblica diventa invece sempre più chiaro ed univoco ciò che la preghiera fondamentale di Israele, lo Shema, riassume nelle parole: «Ascolta, Israele:

il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo » (Dt 6, 4). Esiste un solo Dio, che è il Creatore del cielo e della terra e perciò è anche il Dio di tutti gli uomini. Questo Dio ama l'uomo. L'unico Dio in cui Israele crede, ama personalmente. Il suo amore, inoltre, è un amore elettivo: tra tutti i popoli Egli sceglie Israele e lo ama, con lo scopo però di guarire, proprio in tal modo, l'intera umanità. « Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui » (1 Gv 4, 16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell'esistenza cristiana: « Noi abbiamo riconosciuto l'amore che Dio ha per noi e vi

abbiamo creduto ». Nel suo Vangelo Giovanni aveva espresso questo avvenimento con le seguenti parole: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché

chiunque crede in lui ... abbia la vita eterna “ (3, 16).

DIO MISERICORDIOSO

Il Padre del Signore Gesù Cristo è «Dio di Israele» (Mt 15,31), il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che cammina con il suo popolo e partecipa con intensità alle vicende degli uomini; ama appassionatamente e vuole essere amato «con tutto il cuore, con tutta l’anima e

con tutte le forze» (Dt 6,5); prova compassione per la sofferenza; reagisce al peccato con il fuoco divoratore della sua santità; combatte energicamente per la causa della verità e della giustizia. Mentre rimane sublime nella sua trascendenza, si china a guardare con predilezione chi giace nella miseria più profonda, nella “polvere”, nel “letamaio”. Inserendosi nella storia, Dio rimane il Signore trascendente della storia. Dice il suo nome e nello stesso tempo rifiuta di dirlo completamente. «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Il suo coinvolgimento è sovranamente libero. «Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver

misericordia» (Es 33,19).

Nessun altro amore è così universale, fedele e misericordioso come quello di Dio. La Bibbia presenta in continuazione Dio come misericordioso, e la misericordia di Dio è proclamata soprattutto da Gesù, con il suo insegnamento ( es. la parabola del Figlio prodigo ), con la sua vita e soprattutto con la morte e risurrezione, che è il vertice della rivelazione della misericordia di Dio. Credere nel Cristo crocifisso significa che l’amore di Dio, eterno e senza limiti, è presente nel mondo come misericordia.

DIO UNO E TRINO

«Dio è amore» (1Gv 4,8). Il principio originario di tutta la realtà è «uno, ma non solitario»: è Amore e comunicazione infinita. Prima ancora di creare le creature e di partecipare ad esse un limitato riflesso della sua vita, egli da sempre comunica tutta la propria perfezione al Figlio eterno e allo Spirito Santo. Il Padre è dunque la pura gioia del donare senza riserve, il principio senza principio delle altre persone divine e poi di tutta la realtà creata, verso il quale tutto deve ritornare nella gratitudine, nella lode e nell’obbedienza. «Io sono l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente» (Ap 1,8). Davanti a lui riconosciamo: «Tutto il bene è Dio; tutto il bene viene da Dio; tutto il bene ritorna in Dio». È opportuno che, secondo l’uso del Nuovo Testamento, il nome “Dio” indichi normalmente il Padre, perché egli solo è Dio da se stesso e principio senza principio, «sorgente e origine di tutta la divinità», mentre il Figlio è «Dio da Dio» e lo Spirito Santo è Dio «dal Padre e dal Figlio». L’uguaglianza delle persone divine non contraddice l’ordine tra di loro. Gesù stesso riceve tutto dal Padre, anche ciò che gli appartiene più intimamente, le opere che compie, l’amore per i fratelli, la vita stessa: «Chi ha visto me ha visto il Padre... Le parole che io vi dico,

non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre

e il Padre è in me» (Gv 14,9-11). Il Figlio viene dal Padre e va al Padre; e tutto in lui viene dal Padre come dono e torna incessantemente al Padre come lode, gratitudine o obbedienza. Chi accoglie Gesù partecipa alla sua vita filiale e riceve in sé lo Spirito che gli fa gridare: “ Abbà, Padre” ( Rm 8, 15). Allora conosce Dio in modo nuovo.

Gesù rivela la Trinità La nostra riflessione sulla vita di Gesù e su quanto Egli ci ha rivelato su Dio conducono alla scoperta sorprendente che Dio non è solitudine, è amore, comunione, relazione di tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo. E’ un mistero oscuro, ma che illumina tutto e a tutto dà significato.

Il mistero della vita intima di Dio si rende accessibile attraverso la storia di Gesù, perché in essa sono coinvolti Padre, Figlio e Spirito Santo, ciascuno con un suo ruolo proprio.

Gesù riceve il battesimo nelle acque del Giordano ed ecco la voce del Padre presentarlo al mondo e lo Spirito scendere su di lui, per sostenerlo nella missione.

Gesù compie esorcismi e miracoli: è il regno del Padre che giunge con la forza dello Spirito. Gesù prega ed è esultanza nello Spirito Santo che si leva verso il Padre.

Gesù si consegna volontariamente nelle mani dei peccatori e va liberamente incontro alla morte; ma è il Padre che per primo lo consegna, gli ispira amore per i peccatori e misteriosamente “soffre” per la sua passione e per il peccato degli uomini; ed è lo «Spirito eterno» (Eb 9,14), che Cristo riceve dal Padre, a trasformare la croce in sacrificio redentore.

Infine, Gesù risorge vittorioso dalla morte per virtù propria, come Signore e Salvatore; ma è il Padre che lo fa risorgere, donandogli in modo nuovo lo Spirito Santo, perché possa a sua volta comunicarlo agli altri e rigenerarli come suoi fratelli e figli di Dio.

Il Padre risuscita il Figlio, il Figlio è risuscitato e rivive, lo Spirito è la potenza della risurrezione: «Il Figlio da sé non può far nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello

che egli fa, anche il Figlio lo fa... Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il

Figlio dà la vita a chi vuole» (Gv 5,19.21).

Mistero fulgente Le persone divine agiscono sempre insieme, ma ciascuna con una relazione e

caratteristica propria. Con la Pentecoste inizia il cammino storico della comunità cristiana, Chiesa di Dio, corpo del Cristo e tempio vivo dello Spirito. In essa si entra con il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. I carismi, che sostengono la sua vita e la sua missione, sono “operazioni” del Padre, “ministeri” del Signore Gesù, “doni” dello Spirito Santo.

Davanti al mistero della Trinità c’è solo la fede e il silenzio. Anche i mistici possono solo dire: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna

mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai».

Ogni parola rimane al di sotto della realtà, anche se indica la giusta direzione” . Ma la Trinità è una luce che dà significato e bellezza a tutto, sebbene in se stessa

non possa essere fissata, perché troppo intensa. In Cristo e nella sua Chiesa Dio ha dato se stesso, come egli è, Padre e Figlio e Spirito Santo.

La fede cristiana La fede cristiana fin dalle origini professa il monoteismo trinitario, escludendo da

una parte il politeismo e dall’altra il monoteismo rigido; ma, per trovare un’espressione linguistica accurata e precisa, ha impiegato molti secoli; anzi, si può dire che la ricerca continua ancora, perché l’intelligenza del mistero, per quanto inadeguata e debolissima, risulta sempre ardua da formulare.

Le formule trinitarie, proposte con autorità dal magistero ecclesiastico, mettono in evidenza sia l’uguaglianza e l’opera comune delle persone divine sia l’ordine reciproco e dinamico tra di loro. Una delle più complete e analitiche è quella del concilio di Firenze, nell’anno 1442, che riportiamo quasi integralmente: «Un solo, vero Dio, onnipotente,

immutabile e eterno, Padre, Figlio e Spirito Santo; uno nell’essenza, trino nelle persone, Padre

non generato, Figlio generato dal Padre, Spirito Santo procedente dal Padre e dal Figlio...

Queste tre persone sono un solo Dio e non tre dei, poiché dei tre una sola è la sostanza, una

l’essenza, una la natura, una la divinità, una l’immensità, una l’eternità, e tutto è uno, dove non

si opponga la relazione. Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il

Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel

Figlio... Tutto quello che il Padre è o ha, non lo ha da un altro, ma da se stesso, ed è principio

senza principio. Tutto ciò che il Figlio è o ha, lo ha dal Padre, ed è principio da principio.

Tutto ciò che lo Spirito Santo è o ha, lo ha dal Padre e dal Figlio insieme. Ma il Padre e il

Figlio non sono due principi dello Spirito Santo, ma un solo principio, come il Padre, il Figlio e

lo Spirito Santo non sono tre principi della creazione, ma un solo principio».

L’analogia dell’amore Sarebbe ingenuità e presunzione cercare una chiarezza completa. Tuttavia un

barlume di luce può venire attraverso la debole, ma preziosa analogia dell’amore umano, che comporta sempre distinzione e comunione di persone, in quanto è trasferire se stesso nell’altro, riporre in lui le ragioni del vivere, la propria vita più vera. «Se vedi la carità, tu vedi la Trinità». La carità divina in quanto donazione infinita senza riserve è il Padre; in quanto accoglienza attiva è il Figlio; in quanto perfetta unità di colui che dona e di colui che accoglie è lo Spirito Santo. «Ecco sono tre: l’Amante, l’Amato e l’Amore».

Partecipi alla vita trinitaria La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita

dell’uomo. L’uomo, creato a immagine di Dio è chiamato a partecipare alla sua vita nell’amore.

Per noi uomini la Trinità è l’origine, il sostegno, la direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua vita di amore. Il Signore Gesù, quando prega il Padre, perché “tutti siano uno... come anche noi siamo uno” (Gv

17,21-22), mettendoci davanti orizzonti impervi alla ragione umana, ci suggerisce una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé».

Un discorso analogo va fatto per tutte le realtà sociali, dalle piccole comunità ai popoli: anch’esse possono svilupparsi solo nella comunicazione reciproca, libera e rispettosa. L’impegno cristiano nella storia mira a realizzare la più grande libertà nella più grande solidarietà, evitando da una parte la solitudine dell’individualismo e dall’altra l’oppressione del collettivismo.

Esso riserva un’attenzione privilegiata alla famiglia, riflesso della comunione trinitaria, esperienza primaria della reciprocità, in cui la persona vive e cresce.

La Chiesa, da parte sua, deve porsi come immagine viva e concreta della Trinità, edificandosi come un solo corpo con molte membra, nella comunicazione incessante dei fedeli e delle loro varie aggregazioni. La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita dell’uomo.

Tintoretto: La Trinità

PADRE

“Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili”.

DIO PADRE

Dio è riconosciuto come padre da molte religioni, anzitutto quella ebraica. Il popolo eletto si è sentito oggetto di un'intensa relazione di amore da parte di Dio, che si è preso cura di lui, lo ha protetto, lo ha accompagnato tenendolo per mano, lo ha portato in braccio, lo ha nutrito, lo ha educato.

Gesù ha portato quest'idea di padre fino al limite. I padri umani donano la vita ma non possono impedire la morte; invece il Padre di Gesù ci considera generati in un rapporto d'amore più forte della morte, che sfocia nella vita senza fine. Gesù chiama Dio “Abbà”, “Padre”.

Il termine “Padre” è analogico; indica il principio da cui il Figlio riceve tutto, ciò che è e fa. In realtà Dio si colloca al di là delle differenze di sesso e riunisce in sé i valori della paternità e della maternità. Dice Clemente Alessandrino: «Per la sua misteriosa divinità, Dio è padre. Ma la tenerezza che ha per noi lo fa diventare madre». È il Padre materno, autorità che responsabilizza e tenerezza accogliente. È comunque un soggetto personale, che pone davanti a sé altre persone e non un tutto indefinito, immergendosi nel quale ognuno perde la propria identità.

Il nome “Padre”, attribuito a Dio già nell’Antico Testamento, assume un significato ben più profondo, per il fatto che Dio si rivela nel Figlio unigenito e comunica agli uomini lo Spirito del suo Figlio. Con questo nuovo significato diventa il nome definitivo: «Il nome che conviene propriamente a Dio è quello di “Padre” piuttosto che di “Dio”... Dire “Dio” significa indicare il dominatore di tutte le cose; dire “Padre” significa invece raggiungere una proprietà

intima... “Padre” è dunque in certo modo il nome più vero di Dio, il suo nome proprio per eccellenza».

ONNIPOTENTE

Già Israele aveva sperimentato l'onnipotenza di Dio, nel progetto di salvezza che si compiva lungo la storia: il progetto si realizzava in modo imprevisto, non nella forza ma nel tenero amore paterno. Poi in Gesù si accentua l'aspetto paradossale: l'onnipotenza di Dio si stempera nell'apparente impotenza. Nell'abbassamento del Figlio con l'incarnazione, nel suo annientamento sulla croce. L'autore delle galassie con miliardi di stelle, ridotto alla piccola ostia bianca sul palmo della mano. La grandezza del Figlio di Dio dissimulata nel nascondimento. Un progetto misterioso che si realizza nel mondo, e che chiamiamo Vangelo cioè buona notizia per noi. Oggi l'onnipotenza di Dio è guardata con sospetto. Si constata la frequente vittoria del male sul bene, la malattia, la morte inesorabile. C'è chi ritiene che dopo Auschwitz non si può più credere nella bontà di Dio. Nella visione cristiana, l'onnipotenza è considerata dai credenti un attributo divino: la qualità di colui che domina ogni cosa, e tiene in pugno ogni realtà. Ma non è percepita come un comportamento capriccioso o arbitrario: Dio dispone tutto secondo ordine e misura, la sua è signoria di amore. Diceva Tommaso d'Aquino: «L'onnipotenza di Dio si manifesta soprattutto nel perdono e nella misericordia».

CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA

E’ la risposta a una delle domande di senso: «Da dove vengo?»: l'Onnipotente è creatore dei ciclo e della terra, cioè, come indica questa trasparente espressione semitica, di tutto. Colui che Gesù chiama familiarmente “Abbà” è il Creatore, la prima sorgente nascosta di tutte le cose, che la fede della Chiesa riconosce come l’unico Dio vivo e vero, «onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito nel suo intelletto, nella sua volontà ed in ogni perfezione, che essendo una sostanza spirituale, unica e singolare, assolutamente semplice e immutabile, deve essere dichiarato realmente ed essenzialmente come distinto dal mondo, sovranamente beato in se stesso e per se stesso ed ineffabilmente elevato al di sopra di tutto ciò che è e che può essere concepito al di fuori di lui». Davanti a lui l’universo, popolato di stelle e galassie, malgrado la sua immensità che dà le vertigini, appare come un granello di polvere sulla bilancia, «come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra» (Sap

11,22). Nulla aggiunge alla perfezione del suo Creatore; la sua esistenza è puro dono, assolutamente libero e gratuito. Dio è infinitamente perfetto: nulla può perdere o acquistare; in lui «non c’è variazione né ombra di cambiamento» (Gc 1,17); egli «è da sempre e per sempre» (Sir 42,21), senza inizio, senza successione e senza fine. Perfino i cieli si logorano come una veste e passano, ma il Signore resta sempre lo stesso e i suoi anni non hanno fine. Di fronte a lui l’uomo si sente «polvere e cenere» (Gen 18,27). Ma la trascendenza non significa lontananza. Dio contiene l’universo nella sua intelligenza e volontà; penetra intimamente ogni cosa con il suo Spirito, per dare «esistenza, energia e vita». È «altissimo e vicinissimo, remotissimo e presentissimo».

Dio creatore di tutto Il mondo esiste perché Dio lo vuole. Dio è il Signore incondizionato di tutta la

realtà. Mentre la scienza è interessata a proporre teorie sull’origine dell’universo, la Bibbia non intende dire come Dio lo ha creato, ma che lo ha creato dal nulla, che comunica alle creature tutto il loro essere. Alla luce della Rivelazione sappiamo che il mondo esiste perché Dio, che è il Signore incondizionato di ogni realtà, lo ha voluto. L’universo dipende sempre da Dio, sia nel suo iniziare che nel suo continuare ad esistere. La creazione non è solo il gesto compiuto da Dio in un tempo remoto, ma il dono di ogni giorno: “In lui viviamo, ci muoviamo

e siamo” ( At 17, 28 ). Dio ha creato tutto ciò che esiste. Della creazione fa parte l’uomo creato da Dio a sua immagine e somiglianza: “ Dio creò l’uomo a sua immagine, maschio e femmina

li creò” ( Gn 1, 27 ) . L’uomo tratto dalla terra è partecipe del mondo materiale; ma riceve direttamente da Dio il soffio della vita spirituale. Dio ha creato anche gli angeli, che sono creature personali, puri spiriti, immortali, più intelligenti e potenti dell’uomo. La libertà umana non è sola nell’universo e il mondo è più vasto e profondo di quanto la mentalità razionalistica possa supporre.

Creazione ed evoluzione Questione oggi dibattuta con accanimento è: creazione o evoluzione? La creazione, ovviamente negata dagli atei, riceve un pessimo servizio anche dai cosiddetti creazionisti, movimento diffuso specie negli Stati Uniti, che pensa di combattere l'evoluzionismo con una lettura fondamentalista (e sbagliata) della Bibbia. Nella visione cristiana, la Chiesa ha preso posizione in vari documenti ufficiali. Le risulta che creazione ed evoluzione non si escludono. E aperta all'evoluzione, è contraria al creazionismo dei fondamentalisti e guarda con ammirazione e gratitudine a Dio creatore e Padre.

Perché la creazione?

Tommaso d'Aquino crede di saperlo: «L'amore non ha permesso a Dio di rimanere solo ». Per il cristiano il creato è segno dell’amore di Dio, immenso, contagioso. Tutte le cose sono buone, perché partecipi della sapienza e della bontà di Dio. Dopo l'atto creatore, «Dio vide quanto aveva fatto, ecco era molto buono» (Gn 1,31). L’uomo che riflette davvero si sente unico e irrepetibile e capisce che non si è dato da sé l’esistenza. Sa che il centro dell’universo non è lui, ma Dio, e verso Dio orienta la sua esistenza. Ha per lui uno sguardo di amore, come pure verso il mondo da lui creato, che lo orienta a riconoscere il suo creatore. Il pittore Saul Steinberg ha confidato: “Ogni volta che ammiro un angolo di campagna, cerco sempre la firma dell’autore, in basso a destra”. Il Salmo 18 dice: «i cieli narrano la gloria di Dio, e l'opera delle sue mani annuncia

il firmamento» (Sal 18,1). E l’uomo si associa a questa lode.

Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza

FIGLIO

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato da Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato. Morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà nella gloria, a giudicare i vivi ed i morti e il suo regno non avrà fine.

UN SOLO SIGNORE

Gesù nel Credo è proposto anzitutto come Figlio, nel suo rapporto col Padre, nell'intimità divina, formante un tutt'uno con lui, fin dalla creazione del mondo. Il suo profilo è delineato da cinque appellativi, che descrivono la sua vera identità: nomi traboccanti di senso, di storia, e della fede intensamente vissuta dai primi cristiani. Essi sono: Gesù. In ebraico significa «Dio salva», e indica l'identità e la missione di chi lo porta; perciò i cristiani presero presto a chiamare Gesù semplicemente «il Salvatore». Cristo. Dal greco Christòs: unto, consacrato. Corrisponde all'ebraico Messia. I primi cristiani, gli attribuirono subito questo titolo ritenendolo il vero e definitivo inviato di Dio. Signore. Il termine greco usato dagli evangelisti è Kyrios, (= Signore) applicato ben presto dai primi cristiani a Gesù, dopo la risurrezione. E chiamandolo Signore, intendevano proclamarne la divinità. Figlio di Dio. Nei Vangeli troviamo spesso questa qualifica di Gesù. Gli apostoli la testimoniarono con estrema coerenza e determinazione, fino al martirio. Unigenito. Giovanni già nel Prologo del suo Vangelo segnala questa caratteristica del Verbo incarnato. Gesù per questa sua unicità può dire di sé: «Io e il Padre siamo una cosa

sola» (Gv 10.30). La figura di Gesù, così inclusa nell'unicità di Dio, non si stempera nelle vicende della storia umana, ma si colloca al di sopra, come Signore degli eventi.

NATO DAL PADRE prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Generato, non creato, della stessa sostanza del Padre.

Tutto ciò, recitando il Credo, lo diciamo non di una realtà spirituale, eterea, impalpabile, ma di Gesù uomo storico, uno come noi, «nato da donna, nato sotto la legge» (Gal

4,4). La natura (sostanza) del Figlio è del tutto identica a quella del Padre, in quanto il Figlio procede dal Padre per generazione e non per creazione (come sostenevano gli ariani). “Il Figlio non è solo simile al Padre, ma anche perfettamente uguale a lui, perché attraverso la sua eterna generazione dal Padre partecipa alla stessa sostanza o natura divina”.

PER MEZZO DI LUI

tutte le cose sono state create

Giovanni afferma a chiare lettere: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di

lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv 1,3); subito dopo insiste: «II mondo fu fatto

per mezzo di lui» (Gv 1,11). Del Figlio di Dio è detto nella Lettera agli Ebrei: «Tu, Signore, da

principio hai fondato la terra, e opera delle tue mani sono i cieli» (Eb 1,10). È logica conseguenza del fatto che Gesù è Dio. Ma i passi ora riportati riguardano la prima creazione, mentre Paolo nelle sue Lettere va ben oltre, e indica Cristo come autore della nuova creazione: «Se uno è in Cristo, è

una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove» (2 Cor 5,17); e sollecita i discepoli: «Ciò che conta è... essere creatura nuova» (Gal 6,15).

Cristo introduce il cristiano in una nuova creazione, e il cristiano vive in essa da figlio di Dio, in unione con il Figlio risorto. Così Dio risulta solidale con l'umanità al massimo grado, arrivando per mezzo di Gesù a inserire gli uomini suoi fratelli nel mistero stesso della divinità. Perché dunque l'incarnazione? Detto in sintesi: «II Verbo di Dio si è fatto uomo, per fare di noi una creatura divina» (S. Atanasio).

PER NOI UOMINI

e per la nostra salvezza discese dal cielo.

E’ il grande mistero dell'Incarnazione. Dio, in Gesù, realizza l'unione della natura umana e della natura divina nell'unica Persona del Verbo incarnato. Egli è il massimo punto d'incontro tra la realtà dell'uomo e quella di Dio. Il Credo negli articoli che seguono si rifà a questo preciso momento storico. Il tempo dell'incontro decisivo di Dio con gli uomini è avvenuto improvviso, ma in realtà preparata a lungo. Dice Paolo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio» (Gal 4,) L'incontro fra terra e cielo avviene nella convergenza di un doppio movimento. Da una parte, c'è il progressivo crescere, lungo secoli e millenni, dell'umanità. E dall'altra parte c'è la sapiente pedagogia di Dio, che ha scelto tra gli uomini un popolo (eletto), lo ha accompagnato con guide adatte (patriarchi, profeti), e condotto pian piano a maturazione. Fino alla pienezza del tempo, al momento dell'incontro col Figlio. Gesù a sua volta preannuncia traguardi ulteriori (cioè il Regno, che è già e non ancora). Gesù, venuto, dice infatti: «II tempo è compiuto, e il regno di Dio è vicino: convertitevi

e credete al vangelo» (Mc 1,15). «Discese», precisa l'articolo del Credo, riguardo a Gesù. «Discese» richiama un abbassarsi, del Figlio di Dio. Il Verbo abbandona le sue prerogative divine e assume la condizione umana: diventa uno dei tanti piccoli uomini brulicanti nel sovraffollato formicaio terrestre. Accetta i rischi della nostra condizione; è soggetto a ingiustizie e soprusi, incapperà nell'infamante morte di croce. Tutto ciò era stato espresso dai primi cristiani in un inno cristologico che Paolo ha riportato in una delle sue lettere. Vi si legge tra l'altro che Gesù «pur

essendo di natura divina... spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2,6-11). Questo svuotamento di sé, che inizia con l'Incarnazione e tocca il punto più basso nella morte, è un altro aspetto sconcertante del mistero di Dio.

PER OPERA DELLO SPIRITO SANTO

si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo

SPIRITO SANTO-MARIA

II Credo ci dice che è lo Spirito Santo a operare in Maria il concepimento di Gesù. Due protagonisti, lo Spirito e Maria, da accogliere nella fede (perché qui soprattutto constatiamo quanto il linguaggio umano è inadeguato a spiegare il mistero). Abbiamo dunque il concorso di una donna all'opera dello Spirito: «Sono la serva

del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Il sì di Maria ha aperto la strada all'irruzione del divino. Maria genera il Figlio di Dio senza intervento di uomo: «Lo Spirito Santo, spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica, è mandato a santificare il grembo della Vergine Maria, e a fecondarla divinamente, facendo sì che ella concepisca il Figlio eterno del

Padre in un'umanità tratta dalla sua» (CCC 485). Così, nel seno della Vergine Maria si compie una maternità verginale. La Madonna, in quanto è la madre del Figlio eterno di Dio fatto uomo, è veramente Madre di Dio. È madre della Chiesa, di tutti i credenti. La Chiesa, affascinata dalla sua figura, l'ha fatta oggetto di lunga e affettuosa riflessione. Ha scoperto la sua concezione immacolata, la sua maternità verso la Chiesa stessa e tutti i credenti, la sua assunzione in ciclo, la sua esemplarità: ogni cristiano guarda a Maria come a modello, in ordine alla fede, alla carità, alla perfetta unione con Cristo. Come ogni essere umano anche lei è stata redenta da Cristo; però nella storia della salvezza occupa un posto che non compete ad alcun altro. «Dando alla luce il Verbo, ha osservato san Fulgenzio di Ruspe , Maria divenne come la finestra del Ciclo».

SI E’ FATTO UOMO

Gesù non ha altro Padre che Dio. Ma, ha notato Giovanni Paolo II, «grazie a Maria, Gesù ha una vera nascita, e la sua vita sulla terra comincia in modo simile a quella di tutti gli altri uomini. Maria permette al Figlio di Dio di avere uno sviluppo umano e un inserimento normale nella società degli uomini» (Udienza del 04/01/84). Così Gesù risulta il nuovo Adamo, inaugura una nuova creazione, introduce in essa gli uomini suoi fratelli rendendoli figli adottivi del suo Padre celeste. Gesù ricapitola in sé tutto il creato, la sua storia e il suo destino. Paolo ci ha introdotti nel mistero della volontà di Dio ricordando «il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le

cose, quelle del ciclo come quelle della terra» (Ef 1,10). Paolo ha anche indicato il traguardo che ogni uomo è chiamato a conseguire: «finché arriviamo tutti... allo stato di uomo perfetto,

nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13). Scopriamo così la dignità vertiginosa del discepolo di Cristo: «Riconosci, cristiano, la tua dignità; e divenuto partecipe della divina natura, guardati dall'avvilire con atti indegni la tua grandezza!» (San Leone

Magno).

FU CROCIFISSO

per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.

MORI’

Ponzio Pilato non è presenza casuale nel testo del Credo: fa parte dei fatti. Fu procuratore romano, e governò la Giudea dal 26 al 36 d.C.. Pilato è l'uomo che decretò la condanna a morte di Gesù. In realtà il Signore non subì la propria morte, ma donò la propria vita. Per amicizia, per amore. Però fu crocifisso per noi. Anzitutto: perché crocifisso? I responsabili furono coloro che lo consegnarono al Governatore e Pilato che cedette alle loro pressioni. Una domanda di peso ben maggiore verte sul cosiddetto silenzio di Dio. La risposta è già nella comunione indissolubile di Gesù: “ Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30 ). Tra Gesù e il Padre non c’è opposizione. Tra loro c’è unità profonda di esistenza e di intenti, che nessuna vicenda terrena può spezzare. Ma la risposta risulta più completa considerando ciò che segue al dramma della croce. In quel crescendo di avvenimenti e realtà: risurrezione, ascensione, regno futuro. Quel silenzio alla fine risulterà eloquente, anzi fragoroso...

IL TERZO GIORNO E’ RISUSCITATO

secondo le Scritture. È salito al cielo, siede alla destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine.

SALI AL CIELO

Ora che il Figlio di Dio ha toccato l'abisso dello svuotamento, nessun uomo può rinfacciargli che egli non può capire perché non ha provato. Ha provato tutto. Ma alla morte di Cristo fa seguito la risurrezione e questa dice inequivocabilmente che lo sconfitto non è Cristo, ma il peccato. La morte per Gesù non è la fine di tutto: sfocia nella vita nuova definitiva. E’ solo a partire da qui che si può capire anche il significato vero della croce. Il Risorto è davvero il Signore, assiso nel Regno di Dio e partecipante pienamente alla gloria del Padre. “ Elevazione alla destra di Dio non significa rapimento in un empireo ultraterreno, ma essere presso Dio, trovarsi nella dimensione di Dio, della sua potenza e della sua gloria. Non si tratta quindi di un allontanamento dal mondo ma piuttosto di un nuovo modo di essere vicino a noi. Ora Gesù è con noi e con Dio e nel modo di Dio. ( Kasper)

DI NUOVO VERRA’

Alla fine Gesù tornerà, come ha promesso: «Quando sarò andato e vi avrò preparato

un posto, ritornerò e vi prenderò con me» (Gv 14,3). L'ultimo giorno era stato previsto e definito dai profeti antichi come giorno del giudizio. Ma vestire i panni del giudice non sembra la preoccupazione di Gesù. Quel giorno non si avranno sceneggiate da tribunale, ma ognuno giudicherà se stesso. Verranno alla luce i comportamenti di ognuno, i segreti dei cuori. Sarà vittoria della verità, della giustizia, dell'amore, della vita. Nicodemo si era sentito dire da Gesù: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per

giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,17). Alla fine sarà il momento della verità. Certamente. Ma quel giorno il creato sarà «liberato dalla schiavitù della

corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).

IL SUO REGNO NON AVRA’ FINE

Il concetto del Regno ritorna nei Vangeli, sulla bocca di Gesù, con riferimento alla sovranità del Padre, creatore e salvezza dell'umanità. Ma il Padre ha trasferito il Regno al Figlio. Il Regno di Dio è già in cielo, ora Gesù lo estende in terra. Un Regno che abbraccia tutti gli spazi e tutti i tempi, e per questo non avrà mai fine.

SPIRITO SANTO

Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con

il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.

CREDO NELLO SPIRITO SANTO

Si fa menzione dello Spirito in apertura e in chiusura della Bibbia: tutta la storia, dalla creazione al compimento ultimo, si svolge sotto il potente “soffio” di Dio. Lo Spirito è l’onnipotenza dell’amore con cui Dio attua il suo progetto nel mondo: produce le cose, dà la vita, suscita i profeti, giustifica i peccatori, fa risorgere i morti. Come mai allora rimane in ombra nella coscienza di molti cristiani? Qual è la sua identità personale e il suo rapporto con noi?

Gesù è il Cristo, il consacrato con l’unzione di Spirito Santo: lo riceve dal Padre e lo dona agli uomini. La missione dell’uno è inseparabile da quella dell’altro. Vera missione è quella pubblica di Gesù; missione diversa, ma non meno vera, è quella interiore dello Spirito Santo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... E... ha

mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,4.6). Il suo compito è quello di introdurci nella comunione con Dio. Per mezzo di lui l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori e il Padre e il Figlio prendono dimora in noi. Per mezzo di lui noi diventiamo fratelli di Cristo, a lui uniti come suo corpo, partecipi del suo rapporto filiale verso il Padre, capaci di condividere la sua carità verso tutti, coeredi della sua gloria. Il dono dello Spirito compendia la realtà della nuova alleanza e della salvezza. Lo Spirito Santo è un soggetto personale, una persona divina, che agisce liberamente, desidera, intercede, si rattrista, è amico, difensore, “Paraclito”. E’ Dio insieme al Padre e al Figlio e procede «dal Padre e dal Figlio non come da due principi, ma come da uno solo», nel senso che il Padre è la sorgente principale e il Figlio è quella derivata. Per questo diciamo anche, in accordo con i cristiani d’oriente, che lo Spirito procede «dal Padre attraverso il Figlio». D’altra parte, proprio perché procede dal Padre in quanto tale, procede anche dal Figlio e suppone la sua generazione.

Lo Spirito Santo «è Persona-amore; è Persona-dono»; è amore donato dal Padre e accolto dal Figlio, dinamismo infinito e bellezza dell’essere insieme, per cui il Donatore e il Recettore sono uno nell’altro: «È il soffio del Padre, mentre dice il Verbo». Il Padre genera il Figlio attirandolo a sé nello Spirito; il Figlio è attivamente rivolto al Padre nello Spirito. In questo «Amore-dono» increato, trovano il loro supremo motivo i doni fatti da Dio alle creature: la vita, la santificazione, la gloria. Da lui proviene la novità inesauribile; da lui la tensione verso la perfezione e l’unità. Lo Spirito è la forza dell’amore, il movimento per

condurre ogni cosa al suo pieno compimento in Dio. L’infinita energia dell’Amore viene dal Padre e a lui risale, attraverso il Figlio, attirando a lui tutte le creature, perché vivano pienamente. Lo Spirito «soffia dove vuole» (Gv 3,8); è misterioso e inafferrabile, come i suoi simboli biblici: vento, acqua, fuoco, nube, unzione. Arriva ovunque, come presenza attiva del Padre e del Figlio che fa vivere e santifica.

CHE E’ SIGNORE

Nella messa festiva noi facciamo cinque solenni professioni di fede nello Spirito. magari senza pensarci troppo. Rifletteremo ora su quelle parole, per comprendere meglio la natura divina dello Spirito, la sua presenza nella vita di ogni cristiano, l'animazione che svolge nella Chiesa. Signore (Kyrios) era l'appellativo dato da Israele a Dio, e dai cristiani a Gesù. Anche nel Simbolo il termine Signore è applicato a Cristo, e ora viene ripetuto per lo Spirito Santo. Il Simbolo proclama così la sua dignità divina, alla pari con il Padre e il Figlio. Signore si applica dunque indistintamente, nel significato più alto e denso, a tutte e tre le persone della Trinità. Dà la vita. La riflessione della Chiesa sullo Spirito Santo vivificante ha seguito lo stesso percorso dell'appellativo Signore. «Dare la vita» risultava prerogativa del Dio di Israele, riconosciuta alla pari nel Vangelo a Gesù. Dichiarare così che lo Spirito Santo dà la vita, equivale proclamare la sua divinità, insieme al Padre, e al Figlio che vivifica chi vuole. Il Card. Carlo Maria Martini ha detto: «Tutto ciò che di bello e di positivo viene nel mondo, è opera dello Spirito Santo». Procede dal Padre e dal Figlio Anche quest'espressione del Simbolo trova fondamento nel Vangelo. Gesù promette ai suoi discepoli lo Spirito, dicendo: «Quando verrà il

Consolatore, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi

renderà testimonianza» (Gv 15,26). Lo Spirito, inviato da Gesù per una missione (rendere testimonianza), procede dal Padre: un procedere che, quanto alla sua comprensione per parte nostra, rimane un mistero. «...e dal Figlio...». Queste parole non si trovano nel testo greco del Simbolo, ma in quello latino: «Filioque». Sono state aggiunte in Spagna nel 6° secolo. E sono divenute occasione di un gran contendere con la Chiesa Ortodossa, fino ai nostri giorni e oltre: è la cosiddetta - famosa fra i teologi - questione dei Filioque. Certo un gran contendere, ma agli effetti pratici si tratta di sfumature che non incidono sul nostro essere cristiani.

Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato. Con lo stesso atto di culto noi adoriamo indissolubilmente il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo; li glorifichiamo tutti e tre. Con un atto di culto supremo verso lo Spirito Santo, uguale a quello offerto al Padre e al Figlio, riconosciamo che lo Spirito è Dio. E ha parlato per mezzo dei profeti. E un'ulteriore precisazione sull'agire divino dello Spirito: egli ha svolto un'attività ispiratrice nei confronti degli antichi profeti di Israele. I profeti hanno potuto parlare in nome di Dio di cose riguardanti Dio, perché erano divinamente ispirati dallo Spirito che è Dio. Il prodigio non si è certo esaurito ma si rinnova, dilatato nel tempo, con lo Spirito inviato ai cristiani e alla Chiesa, da Gesù, dopo l'ascensione al Padre. Lo Spirito Santo parla anche oggi alla sua Chiesa. Aiutare i cristiani ad approfondire la fede è un compito che Gesù ha indicato come proprio dello Spirito: «Lo Spirito, che il Padre manderà nel mio nome, vi

insegnerà ogni cosa, e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,27); «Egli vi guiderà

alla verità tutta intera» (Gv 16,13).

LA CHIESA

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica.

CREDO LA CHIESA

Questo articolo del Credo dipende interamente dal precedente sullo Spirito, perché è lo Spirito la sorgente della santità della Chiesa ed è soprattutto la Chiesa il luogo dove «fiorisce lo Spirito». Dice Ignatios Hazim: «Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il

Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione,

l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione, l’agire

cristiano una morale da schiavi. Ma in lui il cosmo è sollevato e geme nel parto del Regno;

l’uomo lotta contro la carne; Gesù Cristo Signore risorto è presente; il vangelo è potenza di

vita; la Chiesa è segno di comunione trinitaria; l’autorità è servizio liberatore; la missione è

una Pentecoste; la liturgia è memoriale e anticipazione; l’agire umano è deificato».

La Chiesa è stata edificata da Gesù Cristo ; preparata durante la sua missione terrena con la chiamata dei discepoli e degli apostoli è nata dal dono totale di Gesù Cristo per la nostra salvezza, anticipato nell’istituzione dell’eucaristia e realizzato sulla croce, è stata manifestata pubblicamente il giorno di Pentecoste con la venuta dello Spirito Santo ed ebbe inizio con la predicazione e diffusione del Vangelo. Figura esemplare della Chiesa è la prima comunità di Gerusalemme, in cui i cristiani erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” ( At 2, 42 ) , che realizzava le note caratteristiche che deve avere ogni Gruppo di Chiesa: annunzio, liturgia. comunione, servizio. Nell’assemblea immensa di quanti vivono in comunione con Cristo ha una posizione del tutto singolare la Vergine Maria, Madre del Signore, modello perfetto di vita cristiana e sostegno sicuro per chi è in cammino verso la patria celeste.

La chiesa è la forma definitiva del popolo di Dio sulla terra. Sebbene segnata dai peccati dei suoi membri, è “ la stirpe eletta, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato

perché proclami le opere meravigliose di lui” ( 1 Pt 2, 9 ).

UNA, SANTA, CATTOLICA, APOSTOLICA

Il Simbolo che porta i cristiani a dire : “Credo la Chiesa”, esprime la sua natura, che cosa essa sia, elencando le sue quattro note caratteristiche: una, santa. cattolica, apostolica. La Chiesa è una. Essa ha un solo Signore, professa una sala fede, nasce da un solo Battesimo. Forma un solo Corpo, vivificato da un solo Spirito, in vista di un’unica speranza, al compimento della quale saranno superate tutte le divisioni. L’'unità non è compromessa dal pluralismo, dal confluire nel suo seno di uomini, popoli, razze, culture e lingue diverse. All'unità si oppongono invece lo scisma e l'eresia. L'ecumenismo ha lo scopo di ricostruire l'unità, superando le divisioni.

La Chiesa è santa. La Chiesa ha in sé la potenza della santità, Dio che la convoca è il Santo per eccellenza, Cristo, suo sposo, che ha dato se stesso per lei, per santificarla, è santo; lo Spirito di santità la vivifica. Ha nei sacramenti i mezzi di santità. Da essi deve scaturire la santità morale dei suoi membri, chiamati a vivere il comandamento dell'amore. In Maria è già la tutta santa è nei santi risplende la sua santità.

Ma gli uomini sono peccatori. e nella Chiesa convivano luci e ombre, santi e peccatori, grano e zizzania Perciò, come ha detto il Concilio Vaticano II, “la Chiesa è nel contempo santa, e sempre bisognosa di purificazione”. La Chiesa è cattolica. Essa annunzia la totalità della fede; porta in sé e amministra la pienezza dei mezzi di salvezza; è mandata a tutti i popoli; si rivolge a tutti gli uomini; abbraccia tutti i tempi; ed esprime la sua cattolicità attraverso l'attività missionaria, come apertura fraterna e condivisione della fede con tutti i popoli e in tutte le culture. La Chiesa è Apostolica. Essa si fonda sulla testimonianza degli Apostoli: il loro annuncio, recepito dalla Scrittura e dalla Tradizione, è norma vincolante per la Chiesa di tutti i tempi. S'ispira al modello di vita e di azione che gli Apostoli hanno praticato nel dare inizio alla Chiesa. Prolunga l'impegno di evangelizzazione che gli Apostoli iniziarono al loro tempo: annuncio del Vangelo, celebrazione dei sacramenti, guida autorevole, e premurosa, delle

comunità di fede. Cristo la governa per mezzo dei successori di Pietro e degli Apostoli . «La Chiesa - ha spiegato Giovanni XXIII - è come la vecchia fontana del villaggio, che disseta le varie generazioni. Noi cambiamo, la fontana resta». “Essa sussiste nella Chiesa cattolica governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui, ancorché al di fuori del suo organismo visibile si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità”. ( CCC 870 ).

COMUNIONE DEI SANTI

Nel “Credo”, detto “Simbolo degli Apostoli”, si trova anche la seguente professione: “credo… la comunione dei santi”, che è, per certi aspetti, una esplicitazione del credo nella Chiesa, assemblea di tutti i santi. L’espressione designa prima di tutto la comunione delle cose sante, e innanzitutto l’Eucaristia, con la quale viene rappresentata e prodotta l’unità dei fedeli che costituiscono un solo Corpo in Cristo. Il termine designa anche la comunione delle persone sante nel Cristo, che è morto per tutti, in modo che quanto ognuno fa e soffre in e per Cristo porta frutto per tutti. “Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi santi ascolta costantemente le nostre preghiere” ( Paolo VI ). ( vedi CCC 946- 960-962 )

VITA ETERNA Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e

la vita del mondo che verrà.

UN SOLO BATTESIMO

La Chiesa, animata dallo Spirito, dà agli uomini la pienezza di vita mediante i sacramenti. Nel Simbolo sono nominati il Battesimo, il primo di essi, che fa zampillare la vita della grazia; e poi la Penitenza, che restituisce questa stessa vita, quando si fosse spenta col peccato. “Nostro Signore ha legato il perdono dei peccati alla fede e al Battesimo: “ Andate

in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà

salvo” ( Mt 16, 15-16). Il Battesimo è il primo e principale sacramento per il perdono dei peccati, perché ci unisce a Cristo, messo a morte per i nostri peccati… e risuscitato per la nostra giustificazione” e ci dona lo Spirito Santo. Secondo la volontà di Cristo, la Chiesa possiede il potere di perdonare i peccati dei battezzati e lo esercita per mezzo dei vescovi e dei sacerdoti, normalmente nel sacramento della penitenza. I sacerdoti e i sacramenti sono strumenti per il perdono dei peccati, strumenti per mezzo dei quali Gesù Cristo, autore e dispensatore della salvezza, opera in noi la remissione dei peccati e genera la grazia” . ( CCC 984-987 )

II Battesimo dei primi secoli, amministrato molto spesso a catecumeni adulti, era un rito suggestivo. Il catecumeno, entrato nel battistero, si toglieva i vestiti e con la sua nudità significava lo spogliamente dal peccato; quindi s'immergeva nell'acqua per indicare la morte dell'uomo vecchio e la risurrezione dell'uomo nuovo in Cristo. «Per mezzo del Battesimo - ha

spiegato Paolo - siamo stati sepolti insieme con lui nella morte, perché come Cristo fu

risuscitato dai morti... anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4 )

Poi si sa, la Chiesa è senza peccato ma non senza peccatori. Allora la Confessione, che ai cristiani ricaduti restituisce la novità di vita dei risorti in Cristo.

RESURREZIONE – VITA ETERNA

Vita terrena e vita eterna Il credo cristiano culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti e nella vita eterna. Come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, che nell’ultimo giorno risusciterà i morti. La vita terrena non è tutta la vita alla quale Dio ci ha chiamato; è un tempo limitato che ci è concesso per realizzare la nostra esistenza, secondo le indicazioni di Dio. La morte appare come la fine normale della vita, ma è una conseguenza del peccato, infatti da essa l’uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato. Essa è la fine del pellegrinaggio terreno, del tempo della grazia e della misericordia che Dio ci offre per rispondere alla sua chiamata e per decidere del destino eterno. La Chiesa ci incoraggia a prepararci con una vita coerente alla fine dell’esistenza terrena, con la certezza che con la morte, come dice la liturgia, “la vita non è tolta ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo”. Dopo la morte sopravvive l’io personale, dotato di coscienza e di volontà, che chiamiamo anima. Esso perde il corpo, ossia l’insieme dei rapporti sensibili con il mondo naturale e umano, ma continua a sussistere nella sua singolarità in attesa di raggiungere la completa perfezione, al termine della storia, con la risurrezione. Il soggetto umano percorre una vicenda lineare di partecipazione alla vita del Signore risorto. Comincia a risuscitare già adesso sulla terra con una vita di fede e di carità. Al termine dell’esistenza terrena passa ad un’esistenza ancora più alta, dando la sua adesione definitiva a Dio, senza più pericolo di perderlo. Infine, al termine della storia, la resurrezione si estenderà alla dimensione corporea e cosmica. Dice San Paolo: “ La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come

salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, il quale trasformerà il nostro misero corpo per

conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose. “

(Fil 3, 20-21 ).

Il giudizio La vita dopo la morte non avrà mai fine e la condizione sarà quella che ognuno avrà

scelto liberamente nella vita terrena. Le scelte umane infatti sono tutte cariche di conseguenze e sono tutte sottoposte al giusto giudizio di Dio. Già durante la vita terrena ogni incontro con il

Signore ha carattere di giudizio, in quanto provoca l’uomo a decidersi per lui o contro di lui e a manifestare il segreto del proprio cuore. La giustizia di Dio, rivelata in Cristo, è diversa da quella degli uomini: vuole rendere giusto anche chi non lo è; offre a tutti la sua grazia, indipendentemente dai meriti, perché possano convertirsi. Ma la conversione deve avvenire, altrimenti ci si esclude dalla salvezza. L’amore rifiutato diventa condanna. “ il giudizio è questo:

la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro

opere erano malvagie” ( Gv 3, 19 ). Il giudizio opera già in questo mondo, ma va verso un momento supremo: “Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno

per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male”

( 2 Cor 5, 10). E’ il giudizio definitivo, che per le singole persone avviene al termine della vita terrena ( giudizio particolare ) e per il genere umano nel suo insieme, al termine della storia ( giudizio universale).

La vita nell’eternità La sopravvivenza dei defunti non è indifferenziata, ma felice per i giusti, triste per i malvagi. La nostra libertà ha una drammatica serietà: siamo chiamati alla vita eterna, ma possiamo cadere nella perdizione eterna : “Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a

ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà” ( Sir. 15. 17 ). Dio vuole che tutti siano salvati e vivano come suoi figli in Cristo, eppure per ciascuno c’è la triste possibilità di dannarsi: mistero inquietante, ma richiamato tante volte nella Bibbia con parole accorate di minaccia e di ammonimento. Anche la Chiesa avverte i fedeli della triste e penosa realtà della morte eterna, chiamata anche “inferno”. L’inferno è il peccato divenuto definitivo, il rifiuto eterno di Dio e del mondo creato, in lacerante contraddizione con la nativa vocazione a vivere in comunione. La pena dell’inferno consiste principalmente nella separazione eterna da Dio; in Dio soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alla quali aspira.

I giusti, coloro che muoiono nella grazia del Cristo, costituiscono il Popolo di Dio, al di là della morte e vivono nella suprema perfezione e nella felicità ineffabile. Per evocare la loro condizione la Bibbia si serve di immagini derivate dalle esperienze più gratificanti: cielo, città di pietre preziose, convito, nozze, festa liturgica, canto, giardino o paradiso, ma i frammenti di bellezza e di gioiosa comunione che germogliano sulla terra sono soltanto un tenue barlume di quanto ci attende. Il paradiso è esperienza immediata di Dio, comunione perfetta di amore con lui; il Signore perfeziona la vita di grazia e apre il nostro spirito perché possiamo vederlo e amarlo direttamente come è in se stesso : “noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò

che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi

saremo simili a lui, perché lo vedremo così come Egli è” ( 1 Gv 3, 2 ). Non è pensabile per l’uomo un destino più alto della visione beatifica: partecipare alla comunione trinitaria; conoscere, amare, essere felici, come Dio conosce, ama, è felice. Il paradiso è anche comunione perfetta di amore con gli angeli e i santi, nell’armonia universale del mondo creato. Nel gaudio eterno si quieterà il desiderio illimitato del cuore, sarà il riposo, la festa, il giorno del Signore senza tramonto e la persona umana otterrà il suo compimento gioioso. Tutto ciò non è comprensibile dalla ragione umana, occorre la fede. Perciò professiamo queste verità dicendo ogni domenica alla Messa: «Credo».

AMEN

II Simbolo si apriva con una paroletta pesante: «Credo», e ora chiude con una paroletta altrettanto densa: «Amen». Amen viene dall'ebraico, indica fermezza, solidità, come dire: «Così è, ne sono certo». Qualcosa di percepito nell'oggi come vero. Gesù, in Ap 3,14, è detto l'Amen di Dio, ossia la fedeltà di Dio fatta uomo ora per noi. Ma Amen significa pure «Così sia»: esprime desiderio, speranza, fiducia in un progetto da costruire. Amen, così è. Dal Simbolo traspare che l'oggi della vicenda umana è in divenire. Dio non si accontenta del mondo com'è, si aspetta che noi lo trasformiamo, lo miglioriamo, secondo una crescita che è nel suo progetto. Gesù ne è l'esempio: annuncia la buona notizia ai poveri, compie gesti di potenza sulla linea delle guarigioni, porta liberazione a lebbrosi, prostitute, pubblicani, eccetera, scioglie catene, favorisce ogni crescita. Per i cristiani il suo stile di vita diventa il programma. Oggi lo possiamo imitare in mille modi: ricerca scientifica, giustizia sociale, promozione umana, volontariato, assistenza caritativa, ogni forma di solidarietà. Amen, così sia. Sul dopo questa vita, il Simbolo ha un annuncio anche più forte. Senza Gesù l'esperienza della morte è drammatica, per troppi significa la fine di tutto. Ma Gesù ci ha assicurati molti posti nella Casa del Padre suo. Fuori metafora, ci ha promesso l'immortalità, l'esistenza dopo e oltre la morte fisica. La morte non è più l'ultima cosa ma solo penultima. Segue la vita eterna. Il Simbolo recitato sulle ginocchia della Chiesa è atto di fede, e speranza. E, se vissuto, diventa atto d'amore.

Questo fascicolo fa riferimento a Il Catechismo della Chiesa Cattolica L.a.v. La verità vi farà liberi : (cap. 9 - 19 – 32) C.e.i E. Bianco Quando diciamo Credo L.d.c. B. Forte Trinità come storia S.P. L. Gallo Dio nostro Padre L.d.c. J. Ratzinger Introduzione al Cristianesimo Quer.