IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso...

31
IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO MMXV 8 Musica 00 frontespizi_Contributo Musica 14/11/17 12:48 Pagina 3

Transcript of IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso...

Page 1: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO

MMXV

8 Musica 00 frontespizi_Contributo Musica 14/11/17 12:48 Pagina 3

Page 2: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

©PROPRIETÀ ARTISTICA E LETTERARIA RISERVATA

ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANAFONDATA DA GIOVANNI TRECCANI S.p.A.

2018

ISBN 978-88-12-00089-0

StampaABRAMO PRINTING & LOGISTICS S.p.A.

Catanzaro

Printed in Italy

8 Musica 00 frontespizi_Contributo Musica 14/11/17 12:48 Pagina 4

Page 3: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

ISTITVTO DELLA

ENCICLOPEDIA ITALIANAFONDATA DA GIOVANNI TRECCANI

PRESIDENTEFRANCO GALLO

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

VICEPRESIDENTI

MARIO ROMANO NEGRI, GIOVANNI PUGLISI

LUIGI ABETE, PAOLO AIELLI, DOMENICO ARCURI, GIAMPIETRO BRUNELLO, MASSIMILIANO CESARE, PIERLUIGI CIOCCA, MARCELLO CLARICH, GIOVANNI DE GENNARO,

DANIELE DI LORETO, MATTEO FABIANI, LUIGI GUIDOBONO CAVALCHINI GAROFOLI,MASSIMO LAPUCCI, MONICA MAGGIONI, MARIO NUZZO, GUIDO GIACOMO PONTE,

GIANFRANCO RAGONESI, DOMENICO TUDINI, FRANCESCO VENOSTA

DIRETTORE GENERALE

MASSIMO BRAY

COMITATO D’ONORE

GIULIANO AMATO, FRANCESCO PAOLO CASAVOLA, FABIOLA GIANOTTI,TULLIO GREGORY, GIORGIO NAPOLITANO, PIETRO RESCIGNO

CONSIGLIO SCIENTIFICO

ENRICO ALLEVA, ANNA AMATI, LINA BOLZONI, IRENE BOZZONI, GEMMA CALAMANDREI, SILVIACANDIANI, LUCIANO CANFORA, ENZO CHELI, MICHELE CILIBERTO, ESTER COEN, ELENA CONTI, SAMANTHA CRISTOFORETTI, JUAN CARLOS DE MARTIN, LUDOVICO EINAUDI, AMALIA ERCOLIFINZI, LUCIANO FONTANA, RENZO GATTEGNA, EMMA GIAMMATTEI, CARLO GUELFI, FERNANDOMAZZOCCA, MARIANA MAZZUCATO, MELANIA G. MAZZUCCO, ALBERTO MELLONI, ALESSANDROMENDINI, DANIELE MENOZZI, ENZO MOAVERO MILANESI, CARLO MARIA OSSOLA, MIMMO PALADINO,GIORGIO PARISI, TERESA PÀROLI, GIANFRANCO PASQUINO, GILLES PÉCOUT, ALBERTO QUADRIOCURZIO, FABRIZIO SACCOMANNI, LUCA SERIANNI, SALVATORE SETTIS, GIANNI TONIOLO,

VINCENZO TRIONE, CINO ZUCCHI

COLLEGIO SINDACALE

GIANFRANCO GRAZIADEI, Presidente; GIULIO ANDREANI,FRANCESCO LUCIANI RANIER GAUDIOSI DI CANOSAFABIO GAETANO GALEFFI, Delegato della Corte dei Conti

8 Musica 00 frontespizi_Contributo Musica 18/01/18 18:26 Pagina 5

Page 4: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

Direttore scientificoSANDRO CAPPELLETTO

DIREZIONE EDITORIALE

REDAZIONE ENCICLOPEDICA

RESPONSABILE

Monica Trecca

COORDINATORE DELLE ATTIVITÀ REDAZIONALI

Francesca R. Scicchitano

SEGRETERIA DI REDAZIONE

Mirella Aiello, Angela Damiani

PRODUZIONE E ATTIVITÀ TECNICO-ARTISTICHE

ART DIRECTOR

Gerardo Casale

ICONOGRAFIA

Tavole fuori testo: Marina Paradisi; Fabrizia Dal Falco, Anna Olivieri

PIANIFICAZIONE E PRODUZIONE

Gerardo Casale; Antonella Baldini, Graziella CampusMagazzino: Fabrizio Izzo

Segreteria: Carla Proietti Checchi

Ha contribuito con un servizio editoriale adHoc srl (per la lavorazione e la revisione dei testi: Lulli Bertini, CeciliaCausin, Sara Esposito, Maria Isabella Marchetti, Riccardo Martelli, Stefano Oliva, Federico Vizzaccaro)

IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO

MUSICA

8 Musica 00 frontespizi_Contributo Musica 14/11/17 12:48 Pagina 7

Page 5: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

IL CONTRIBUTO ITALIANOALLA STORIA DEL PENSIERO

Musica

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 14/11/17 12:50 Pagina IX

Page 6: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

xxi Introduzionedi Sandro Cappelletto

Dalle origini al Quattrocento3 Il labirinto della nostra identità musicale

di Sandro Cappelletto

7 L’eredità greca e latinadi Eleonora Rocconi

Paradigma e paradigmiLe riscritture del mitoContraffazioni antiquarieI numeri della musicaL’anima e il cosmoApologia di un’assenzaBibliografia

14 Le origini e gli sviluppi del cantocristianodi Giacomo Baroffio

Storiografia e realtà della musica nella tardaAntichità e nel MedioevoIl contesto culturale e cultuale alle origini delcanto liturgicoDalla tradizione mediterranea alla culturaindoeuropea Tradizione orale e trasmissione scrittaLe fonti documentarie musicali del cantoIl canto gregorianoOmologazione romana e semplificazione dellemelodieTropi e sequenzeTempi e spazi riservati al cantoChi canta il canto gregoriano?Uno specifico linguaggio musicale Contatti e scambi nel canto liturgicoBibliografia

27 Il suono nel Medioevodi Carlo Fiore

Il suono nella prima età cristianaIl paesaggio sonoro nel MedioevoIl suono della cittàSuono e gustoSuono, scrittura, architetturaBibliografia

33 Gli inizi della scritturadi Gianluca Capuano

Lectio e memoria: una comunità diborbottantiIl canto liturgico in OccidenteL’origine della scrittura musicaleLa notazione alfabeticaGuido d’ArezzoBibliografia

43 Musica e architettura tra Medioevo e Rinascimentodi Vasco Zara

Dispositivi acustici: echèia, vasi, campaneCastel del MonteModelli architettonici e modelli musicaliForma mentis

Bibliografia

52 I trovatori e la musica nelle cortidi Maria Sofia Lannutti

Poesia e musicaI trovatori in ItaliaLa corte di Federico II e la Scuola sicilianaPoesia e musica nell’Italia settentrionaleBibliografia

XI

Indice generale

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 14/11/17 12:50 Pagina XI

Page 7: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

60 La lingua nuova: Dante e la musicadel Duecentodi Carlo Vitali

Con nuovi volgari Contro li malvagi uomini d’Italia Alla ricerca del volgare illustre Le nuove lingue e la musica Dante musicus? Viaggi musicali nei tre regniLa polifonia in Dante: vecchie interpretazionie nuovissime polemiche Bibliografia

71 Il secolo di Petrarca, Boccaccio edell’ars novadi Marco Gozzi

La Chiesa e il canto liturgicoI mottettiLa lauda

Il palazzoLa città

PadovaVerona e MilanoFirenzeRoma

Bibliografia

81 L’Italia del Quattrocento: le cappellemusicalidi Francesco Rocco Rossi

Preliminari considerazioni terminologiche estoricheLa gestazione delle prime cappelle musicaliLa diffusione delle cappelle musicali in ItaliaNatura istituzionale delle cappelle musicaliitalianeRepertori e produzione musicaleBibliografia

88 Questa fanciulla, amor, fallami pia:madrigale e ballata nel Trecentodi Carlo Fiore

ContestoFontiProtagonistiMadrigaleBallataRicezioneBibliografia

Cinquecento e Seicento101 Nuovi orizzonti

di Sandro Cappelletto

105 Da Luca Marenzio a CarloGesualdo: l’età d’oro del madrigaledi Walter Testolin

Prima del madrigale: la musica in Italia nelQuattrocento Frottola, chanson, la riforma di Pietro Bembo,la nascita della stampa musicale Intermezzo ferrareseLa nascita del madrigale cinquecentesco:Roma, Firenze e FerraraVeneziaLa musica nella società italiana alla metà del CinquecentoNuove formeIl madrigale cromatico: Cipriano de Rore, il ‘primo rinovatore’Roma e il madrigale spirituale: Luca MarenzioFerrara e Mantova, le piccole capitali Carlo Gesualdo e il madrigale nell’ItaliameridionaleLa ‘seconda pratica’ e la comparsa del bassocontinuoIl madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’Evoluzione e declino del madrigaleBibliografia

114 Giovanni Pierluigi da Palestrinadi Marco Della Sciucca

La vitaIl mito nei secoliTra Riforma e ControriformaLa personalità umana e artisticaL’estetica collettiva e la poetica individualeBibliografia

124 Nuove musiche, nuovi pensieridi Tim Carter

Dal Quadrivium al Trivium

Compositori e interpretiLa retorica e Le nuove musiche

Le origini dell’opera a FirenzeGli esercizi spiritualiBibliografia

135 Claudio Monteverdidi Paolo Fabbri

La vitaGli esordi di un compositoreIl madrigaleAlla corte dei GonzagaNorma ed eccezione, gusto medio ed élite

Il canto a voce sola: la camera e il teatro

XII

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 14/11/17 12:50 Pagina XII

Page 8: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

Stile antico e stile moderno: una frattura nellamusica liturgicaA VeneziaSacro e profano: un ditticoIl mercato teatrale per musicaBibliografia

146 Girolamo Frescobaldidi Dinko Fabris

La vitaIl «mostro degli organisti»: la creazione di unmitoFiandre, Ferrara e Napoli: la novitàdell’‘antico’Vedere e ascoltare le toccate: versol’autonomia della musica strumentaleMusica da chiesa e musica speculativaIl periodo fiorentino e la monodia vocaleAllievi reali e idealiBibliografia

156 Amazzoni e sovrani, la festa e ilteatrodi Nicola Badolato

Venezia 1637: nasce il teatro d’operaSonni, lamenti e follie: convenzioni e tecnichedi scritturaCaratteri musicali dell’opera venezianaI professionisti dell’opera: le ‘dive’La diffusione del modello venezianoVerso il SettecentoFuori VeneziaL’opera buffaUn teatro alla modaBibliografia

164 La danza in Italia nel Rinascimento enel Baroccodi Ilaria Sainato

La danza nel RinascimentoI maestri

Domenico da PiacenzaGuglielmo Ebreo da PesaroAntonio Cornazzano

I trattatiIl Cinquecento e il Seicento: le primetestimonianzeMaestri e trattati

Fabrizio CarosoCesare NegriErcole Santucci

Intermedi e danza teatraleLa Pellegrina: ballo e intermedioIl pastor fido e il Ballo della cieca

Il Ballo delle ingrate

Danza barocca in ItaliaBibliografia

179 Cantata e oratoriodi Arnaldo Morelli

Uno snodo della cultura occidentaleUn nuovo stile di cantoPrime testimonianze a stampaLo stile recitativoLa cantataContesti e occasioniL’oratorio: da luogo a genere musicaleDiffusione dell’oratorioL’oratorio ‘di palazzo’Bibliografia

187 Il libretto d’operadi Lorenzo Bianconi

Libretto e librettistaLeggere librettiScrivere librettiForma del testoContenuto del drammaAi margini del testo Discrepanze necessarieBibliografia

209 Tra Sei e Settecento: ArcangeloCorelli, la sonata e il concertodi Antonella D’Ovidio

La creazione di un modelloUna nuova sintassi: «affetto» e «secondaprattica» nella musica strumentale seicentescaArcangelo Corelli: la formazione bologneseNella città papale: «la prattica de’ più valorosiprofessori musici di Roma»La sonata a tre: da chiesa e da cameraLa scuola del violino: le sonate op. 5Corelli «regolatore» d’orchestre: la prassiorchestrale romana«Una più squisita armonia instromentale»:ascesa e declino del concerto grossoDopo CorelliBibliografia

Settecento221 Antico e moderno, aurore e tramonti

di Sandro Cappelletto

225 Il primo Settecento operistico:Scarlatti e Pergolesidi Franco Piperno

XIII

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 14/11/17 12:50 Pagina XIII

Page 9: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

Lo stile di ScarlattiDa Roma a NapoliIl declinoLe ‘scene buffe’Il ritorno a NapoliPergolesi: il Raffaello della musicaGli esordiIl trionfo: La serva padrona

Pergolesi e MetastasioBibliografia

236 Antonio Vivaldidi Federico Maria Sardelli

La vitaIl compositore: forme e metodoIl catalogo, le opereLe sonateI concerti da cameraI concerti e sinfonie per archiI concerti per violinoI concerti per violoncelloI concerti per flautoI concerti per oboeI concerti per fagottoI concerti per più strumenti solistiLa musica sacraLa musica vocale profana: cantate, serenate,opere teatraliSfortuna e fortuna postumeBibliografia

249 Giuseppe Tartini di Agnese Pavanello

La vitaTartini fra virtuosismo, espressione e gusto‘secondo natura’La natura maestra: disquisizioni armoniche epensiero estetico La «scuola delle Nazioni»L’eredità umana e artisticaBibliografia

256 Pietro Metastasiodi Andrea Chegai

La vitaLa drammaturgiaLa costruzione dell’intreccioI recitativi e le arieI duettiLa sequenza come unità strutturale fondativaIl superamento, fra identità e alteritàBibliografia

269 L’intermezzo, Napoli e l’Europadi Lucio Tufano

L’emancipazione del comicoLa scena napoletanaMorfologia e drammaturgiaLa circolazione europeaBibliografia

279 Goldoni e l’opera buffadi Renato Bossa

La formazione: gli intermezziIl periodo centrale: le opere buffeI musicisti di Goldoni: Baldassarre GaluppiLa collaborazione con Niccolò Piccinni: La buona figliuola

I finali d’attoGli ultimi lavori italiani e il periodo franceseBibliografia

289 Il trionfo della vocedi Marco Beghelli

Voluttà canoreIl genere della voceUn canto (quasi) senza parolaVoci e stili di cantoBibliografia

303 Un primato italiano: gli eviraticantoridi Sandro Cappelletto

«Un grido di dolore e di piet໫I voli del mio capriccio»«Pfui! Pfui su questo fiacco secolo di castrati»Bibliografia

316 Artigianato, arte, lavoro: la liuteriadi Donatella Melini

L’eccellenza liutaria: un nome, tanti nomiLiuto, liutaio, liuteriaLe origini della liuteria italianaMusica e liuteriaBrescia o Cremona?Vernici, legni e segretiNon solo violiniStrumenti antichi o strumenti moderni?A latere della liuteria: gli archettiImparare la liuteriaBibliografia

324 La musica strumentale da Scarlatti aBoccherinidi Matteo Giuggioli

XIV

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 14/11/17 12:50 Pagina XIV

Page 10: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

Tra due epocheMigranti e stanzialiUna nuova concezione della musicastrumentale: forma, espressione, pensieroNel teatro del mondo: le sonate perclavicembalo di Domenico ScarlattiVirtuosismo diabolico: il violino da Corelli aTartiniEspressione e rappresentazione in BoccheriniBibliografia

334 L’opera tra Illuminismo e Rivoluzionedi Paolo Russo

«Nuovo gusto della musica»: orientamentinell’opera di fine secolo

Un episodioOpere esemplari di un’arte europeaAggiornare l’opera: utopie teoriche e praticheimpresariali

Nel dettaglio: forme, generi, drammaturgieOpere serieOpere giocose

Bibliografia

345 Händel, Mozart e il viaggio in Italiadi Angela Romagnoli

I musicisti europei e il viaggio in ItaliaGeorg Friedrich Händel e l’ItaliaL’Italia prima dell’ItaliaLe tappe e i committenti

I colleghiLa musicaPartenze, ritorni e bagagli

I Mozart e l’ItaliaIl primo viaggio: tappe e storie scelteIl secondo e il terzo viaggio

Altri viaggi e altri viaggiatoriBibliografia

354 Lorenzo Da Pontedi Daniela Goldin Folena

La vitaFormazione e modelliDa Ponte librettista: temi, stile e metroI tre libretti per MozartI libretti londinesiOpereBibliografia

Ottocento369 Il Paese dei melodrammi

di Sandro Cappelletto

373 Musica e politica nell’Ottocentoitalianodi Antonio Rostagno

‘Subire’ o ‘fare’ politica con la musicaDonizetti, la ‘libertà negativa’, l’arte‘ansiogena’Verso VerdiVerdi e la ‘libertà positiva’Bibliografia

385 Virtuosismo e camerismo tra Sette eOttocentodi Marco Mangani

La ricezione ottocentesca di Boccherini Impresari, concertisti, virtuosi: gli italiani e lospazio musicale pubblico

Viotti e ClementiPaganini

L’arte del quartetto: il modello viennese e lealtre versioni

Il quartetto d’archi prima dello stile classicovienneseTipologia del quartetto d’archi tra Sette eOttocentoL’esperienza quartettistica di CherubiniUn capitolo dibattuto: le Sonate a 4 di Rossini

BibliografiaWebgrafia

394 L’età rossiniana prima di Rossini:l’interregnodi Daniele Carnini

Bibliografia

399 Gioachino Rossinidi Daniele Carnini

La vitaRossini e PesaroRossini compositore dell’interregnoIl periodo ‘realista’Le opere napoletaneGli anni di pellegrinaggio e le opere francesiLa musica sacra e la musica profanaBibliografia

408 Vincenzo Bellinidi Maria Rosa De Luca

La vitaLe ‘riscoperte’ di BelliniLe origini del musicistaL’apprendimento dei modelli compositiviAlla conquista della famaIl drammaturgo musicale

XV

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 14/11/17 12:50 Pagina XV

Page 11: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

A Parigi «primo dopo Rossini»Bibliografia

421 Gaetano Donizettidi Luca Zoppelli

La vita«Una guerra d’invasione»«Le passioni più vive»«Quando il soggetto piace»«Un nuovo mondo musicale»«Il faut partir»«Presto!»«Con voce soffocata»«Begli orrori musicali»Opere Bibliografia

433 L’opera italiana fuori d’Italia traRivoluzione e Imperodi Lorenzo Mattei

Un fiorentino, anzi due, a Parigi tra operabuffa e opéra-comique (1789-1801)Salieri, Paer e i ‘napoletani’ a Vienna (1790-1806)Gli italiani di Napoleone da Paisiello aSpontini (1801-1810)Bibliografia

442 Giuseppe Verdidi Markus Engelhardt

La vitaVerdi e il RisorgimentoL’identità musicale della nuova nazione e ilsuo prestigio letterarioUno straordinario orizzonte letterarioSoggetti inconsueti e originalità dei personaggiL’importanza del coro e il trionfo dell’azionescenicaInfluenza e fascino del grand-opéra

Verdi uomo di teatro: l’importanza dellamessa in scenaRinascimento verdianoBibliografia

456 Giacomo Puccinidi Riccardo Pecci

La vitaVerso il palcoscenicoDalle «nebulosità della leggenda» al «vero» diManon Lescaut

Una sartina, una mousmé, una cantanteNella modernità a passo di danzaMaschereBibliografia

468 Il fenomeno verista tra Ottocento eNovecentodi Marco Targa

L’ultima stagione dell’opera italianaIl verismo musicale: una nozione controversaLa novità di Cavalleria rusticana

La fortuna all’esteroI diversi filoniUna nuova vocalitàBibliografia

477 La danza dalla riforma allamodernitàdi Sergio Trombetta

La nascita della danza come genere autonomoFra Neoclassicismo e RomanticismoSalvatore ViganòGaetano GiojaBlasis e la scuola italianaLe ballerine romanticheCosì balla il RisorgimentoGli anni di Excelsior

Futurismo ed espressionismoBibliografia

489 L’identità del canto liturgicodi Alberto Brunelli

I primi millecinquecento anniDal periodo barocco all’OttocentoDal motuproprio sulla musica sacra di papaPio X al Concilio ecumenico Vaticano IIDal Concilio ecumenico Vaticano II a oggiSituazione attualeBibliografia

Novecento501 Invenzioni, regole, censure, memorie

di Sandro Cappelletto

505 Teatri e pubblici: dall’impresariatoalle politiche culturalidi Cecilia Balestra

Il sistema operistico a gestione impresarialeL’opera di repertorio e il ruolo dell’editoreL’internazionalizzazione dell’opera italianaLe politiche postunitarie e la crisi dei teatriL’organizzazione musicale nel ventenniofascistaPolitiche e pubblici dal dopoguerra alla leggenr. 800 del 1967

XVI

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 14/11/17 12:50 Pagina XVI

Page 12: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

Politiche pubbliche, finanziamenti einterventi di riforma: cinquant’anni in breveLa necessità di una visione europea per lepolitiche nel settore musicaleBibliografia

519 Arturo Toscaninidi Ivano Cavallini

La vitaQuestioni preliminariPersonalitàIl riformatorePalindromi e chiasmoUna memoria fuori dal comuneIl gestoProve d’orchestraFedeltà alla partituraMediatic turn

Bibliografia

531 Ottorino Respighi e IldebrandoPizzettidi Susanna Pasticci

Ritratto di una generazione idealeLa vocazione internazionale di RespighiLa dimensione nazionale di Pizzetti Il culto dell’anticoPizzetti e la centralità del drammaRespighi e gli equivoci del modernismoBibliografia

541 Alfredo Casella e Gian FrancescoMalipierodi Simone Ciolfi

Melodramma versus musica strumentaleLa generazione dell’80: il ‘neoclassicismo’Casella: Parigi, sinfonismo e italianità

Modernità e SettecentoTeatro musicale e musica sacra

Malipiero: gli inizi, la natura e il ‘vero’La Prima guerra mondiale e la tradizionemusicale italianaLe glorie del SettecentoConcerti per orchestra e concerti solisticiTeatro e favola

Bibliografia

551 Eccentrici, nostalgici, dimenticatidi Guido Salvetti

Un verismo da nobilitareLe sirene del simbolismo europeoLa ‘morte’ dell’operaBibliografia

559 Il jazzdi Marcello Piras

L’arrivoPrecursoriPionieriDagli equivoci ai maestriConsolidamento e isolamentoGuerra e dopoguerraRiflusso e manierismoBibliografia

569 La musica sotto il fascismodi Fiamma Nicolodi

I primi anni del regimeI provvedimenti governativi negli anni Venti eTrentaIl fascismo e le istituzioni musicaliVerso l’alleanza con la Germania nazistaLa censura fascistaLa produzione musicale di soggetto romanoI musicisti e la guerra d’EtiopiaBibliografia

581 Luigi Dallapiccola e GoffredoPetrassidi Mila De Santis

Origini comuni: esordire in Italia nei primianni TrentaPer coroQuestioni di drammaturgia musicale: traletteratura, pittura e danzaAttraverso la guerra e oltre: preghiera eimpegno, disincanto e fedeLe strade italiane della dodecafoniaRicercare e sperimentareBibliografia

592 I grandi interpreti: direttori estrumentistidi Lorenzo Arruga

I direttoriLe orchestre da cameraI neoantichiI miticiI violinisti e i violoncellistiI complessi da cameraBibliografia

606 «Com’è bello, quale incanto»: alcunevoci del Novecento e oltredi Sandro Cappelletto

«Se quel guerrier io fossi!»«Sempre libera degg’io»

XVII

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 05/04/17 19:21 Pagina XVII

Page 13: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

«M’apparì, tutt’amor»Altre vociBibliografia

611 L’avanguardia classica: Bruno Maderna,Luciano Berio, Luigi Nonodi Mario Messinis

Bruno Maderna: tra arcaismo edespressionismo

Sempre nel segno di John CageDa Hyperion a Satyricon

Gli ultimi lavori orchestraliMaderna direttore d’orchestra

Luciano Berio: sperimentazione, folclore,teatro

Il rapporto con la neoavanguardia La musica vocale: Cathy BerberianLa musica strumentale: Sequenze e Chemins

Il teatro musicaleLuigi Nono: ricerca sperimentale e impegnopolitico

Venezia e DarmstadtGli anni Cinquanta: un’ineditadrammaturgia vocaleGli anni Sessanta: la ricerca elettronicaNono e il teatroGli anni Ottanta: territori letterari e filosofici

Bibliografia

623 L’avanguardia ‘eccentrica’:Donatoni, Sciarrino e la musica dopogli anni Settantadi Gianluigi Mattietti

La figura e il giocoTradizioni e memorie personaliMateriali eterogeneiLa riscoperta del suonoL’armonia e la percezione: influenze dellospettralismoLa riscoperta del teatro musicale Modelli storici nell’opera contemporaneaNuove forme drammaturgicheBibliografia

632 L’esperienza elettronica traavanguardia e intrattenimentodi Alvise Vidolin

Principali fasi dell’esperienza elettronicaI pionieri della musica elettronicaLa ricerca allo Studio di fonologia musicaleLa computer music

Pietro GrossiIl Centro di sonologia computazionale

Computer music in tempo realeIl centro Tempo reale

Live electronics

Il suono e lo spazioDal multimediale al multimodaleConservazione dei beni musicali elettroniciGli strumenti musicali elettronici e l’industriaLa musica elettronica tra passato recente efuturoBibliografia

642 La musica leggera nell’epoca dei mass media e la canzone d’autoredi Serena Facci

Questioni di definizionePrecedenti ottocenteschi: l’editoria musicale ela canzoneIl teatro, la registrazione sonora e la discografiaLa radioCinema e canzoneIl microsolco e la televisione: la canzoneitaliana nel periodo del boom economicoLong playing: la discografia al servizio dellaricerca di nuovi linguaggi musicali

Rock italianoCanzone d’autore e ‘cantautori’

Evoluzione elettronica e informaticaLa voce e l’immagine del cantante: dai videomusicali ai talent showBibliografiaWebgrafia

654 Musica popolare tra riscoperte emalintesidi Maurizio Agamennone

Due punti di vista e ascoltoIl ‘canto popolare’Le prime ricerche di interesse musicologicoDirigismo di regimeTenui tracce nella musica coltaLa registrazione su nastro magnetico: il primoarchivio sonoro per la musica popolareUn ‘viaggio in Italia’ (1954-55)Le raccolte di Pasolini e CalvinoL’estate del 1959: il SalentoI decenni Sessanta e Settanta: l’insorgenzaoperaia e studentesca, i Canzonieri regionaliGli archivi regionali, i festival Il riconoscimento accademico Tutto cambia in questo mondoBibliografia

663 Musica e cinema attraverso ilNovecentodi Roberto Calabretto

XVIII

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 05/04/17 19:21 Pagina XVIII

Page 14: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

La musica e lo schermo silenziosoLe prime partiture cinematograficheL’avvento del sonoro all’insegna della canzoneIl NeorealismoGatti, la Lux film e il mito della colonnasonora d’autoreCauti segnali innovatoriNino Rota: «l’amico magico»Un nuovo paesaggio sonoro: il cinema diMichelangelo AntonioniEnnio Morricone«L’altrove fisico dello schermo»: la musica nelcinema di Pier Paolo PasoliniLuchino ViscontiIl cinema in termini musicaliLe ultime generazioniIl domaniBibliografia

Duemila677 Ascoltare

di Sandro Cappelletto

681 La regia dell’opera liricadi Angelo Foletto

PrologoAtto primoAtto secondoAtto terzoAtto quartoAtto quintoEpilogoBibliografia

693 La musica contemporanea: tramonto delle ‘scuole’ e tendenzeinternazionalidi Marco Betta

Oltre il sistema tonaleTra Ottocento e NovecentoTradizione e sperimentazioneDagli anni Sessanta agli anni OttantaGli anni Ottanta e NovantaL’esperienza dell’ascolto e il materiale sonoroLe nuove generazioniLe prospettive attuali e futureBibliografia

702 Insegnare, apprendere, diffonderedi Antonello Farulli

Vittorino da Feltre e l’inclusione della musicacome praticaIl faticoso cammino della musica nella scuolaMusica e diversitàGiuseppe Tartini e il dibattito con glienciclopedistiFrancesco Geminiani: un emigrato fra tantiE gli uomini vollero piuttosto le tenebre che laluce Le campane della MontessoriMusica e democraziaIl 21° secolo e le prospettive: la musica e leneuroscienze Per una didattica prossima venturaBibliografia

715 La popular music tra Novecento e Duemiladi Alessandro Bratus

Pluralità e continuità nella canzone italianadal secondo dopoguerraIl panorama industriale: la popular music e imedia

Il rapporto con la tradizione e la musicapopolare L’appropriazione degli stili internazionaliCantautori e canzone d’autoreVoci dall’undergroundBibliografia

725 Organizzare musica: l’Italia nelcontesto globaledi Andrea Estero

Il quadro normativoGli attori della produzione e delladistribuzione musicaleLe fonti di finanziamentoLa dinamica incrociata della domanda edell’offertaIl lavoro come risorsaBilanci e prospettiveBibliografia

737 L’editoria musicale italianadall’apogeo alla colonizzazione di Bianca Maria Antolini

Invenzioni italiane: l’eleganza delRinascimentoUn percorso accidentatoMusica privataConcerti e partiture tascabiliEditori e melodrammaIl NovecentoBibliografia

XIX

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 05/04/17 19:21 Pagina XIX

Page 15: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

746 Live, streaming, fonolatria,schizofoniadi Alessandro Cecchi

Il problema dell’ascoltoProspettive del 20° secolo: Benjamin eAdornoArte acusmatica, paesaggio sonoro,schizofonia

Nuovi orizzonti dell’ascolto musicaleNuovi consumi, nuovi ascoltiNuove prospettive teoriche

Oltre l’ascoltoAscoltare audiovisioniParadossi del liveIl ritorno del vinile

Bibliografia

757 Indice dei nomi

783 Autori del volume

784 Referenze iconografiche delle tavole fuori testo

XX

8 Musica 00 indice generale_Contributo Musica 11/04/17 13:02 Pagina XX

Page 16: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

Percorrere lo spazio e il tempo, la geografia e la storia, i viaggi degli uomini, delle idee,delle tecniche. Studiare i compositori, gli interpreti, il pubblico, le circostanze, la tensionecreativa, il contesto sociale, le loro relazioni. Confrontare le fonti, le memorie, le testi-monianze. Garantire la scientificità, senza dimenticare l’emotività.

Sessantacinque Autori tessono la trama di una vicenda per la quale è impossibile stabilireuna data di nascita e neppure degli ambiti geografici definiti. Le radici si inabissano nei mil-lenni e spesso riaffiorano, i confini smarginano. La musica è arte leggera, viaggia, vola, donae ruba, insegna e impara, si fa ascoltare e ascolta. Esistono molti modi per raccontarla e inquesto volume si incrociano le competenze e la soggettività dello studioso e del compositore,del cantante e dello strumentista, del teorico e del pratico, nell’incontro di generazioni diverse.

Qualunque sia l’immagine che ciascuno di noi ha della musica italiana, le pagine cheseguono probabilmente la modificheranno, ampliandola.

Tuttora, cinque tra i dieci compositori d’opera più eseguiti al mondo sono italiani: Bel-lini, Donizetti, Rossini, Puccini e Verdi. Il primato della musica italiana è stato dunquecostruito e consolidato grazie al melodramma dell’Ottocento e del primo Novecento? Cer-tamente sì, ma è impossibile dimenticare Emilio de’ Cavalieri e Claudio Monteverdi,Jacopo Peri e Francesco Cavalli, che tra Cinquecento e Seicento hanno creato un pensieromusicale che anela alla rappresentazione, alla scena, offrendola al genio che verrà di Ales-sandro Scarlatti e Giovanni Battista Pergolesi. Nasce un’esperienza nuova presto desti-nata a dilagare, trasformandosi da svago, da aristocratico intrattenimento occasionale a«negozio», se nel 1637 si inaugura a Venezia la stagione del teatro a pagamento per un pub-blico ora composto da una più articolata base sociale.

Ma è riduttivo limitare al genere dell’opera in musica il contributo che la musica italia -na ha dato alla storia del pensiero, della creatività e del gusto. C’è molto altro, prima e dopo.

Il repertorio che chiamiamo gregoriano occupa un posto rilevante nella storia europeae a esso sono riconducibili le sole testimonianze scritte della cultura musicale dell’altoMedioevo; decisiva è la messa a punto della notazione musicale operata attorno al Milleda Guido d’Arezzo; reciprocamente fertile è il rapporto che si instaura tra la nuova lin-gua nostra, il volgare, e il canto nella trecentesca ars nova e nei suoi sviluppi, dalla ballataal madrigale, quando a ispirare i compositori sono i principali poeti italiani. E sarà la ten-sione espressiva raggiunta dal madrigale nell’affascinante esasperazione dei suoi intreccipolifonici, a far sorgere il desiderio di una nuova monodia, di un nuovo cantare. Mentrerimane centrale la presenza della danza, irrinunciabile componente spettacolare, alla qualein questo volume sono dedicati due saggi.

Italiano è il bel canto, una tecnica e una civiltà vocali che svincolano il canto dal dettatodella parola scritta e gli riconoscono un’irriducibile autonomia espressiva. Nasce in Italia

XXI

INTRODUZIONE

8 Musica 00 intro generale Cappelletto_Contributo Musica 05/04/17 19:22 Pagina XXI

Page 17: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

l’intermezzo buffo che, quando giungerà in Francia, darà vita alla querelle des bouffons,combattuta nel nome di una rinnovata vitalità e credibilità delle vicende scelte per venirerappresentate sui palcoscenici d’opera. Italiana è l’esperienza tragica dell’evirazione com-piuta sui bambini, prima della muta della voce, in modo da creare un tipo di vocalità chein natura non esiste, quella dell’evirato cantore, del soprano maschio. Atroce meravigliabarocca, capace di produrre – si narra – perfino l’estasi in chi la ascoltava. Esempio insu-perato del prevalere del piacere estetico su ogni considerazione etica.

* * *La storia della musica italiana è anche la vicenda di una nazione che, secondo un’ardita intui-zione di Massimo Mila, ha cominciato ad avere percezione di sé, prima ancora che comeentità politica, nei suoi teatri d’opera. Erano circa mille quelli attivi alla metà dell’Ottocento,motori di un’industria dello spettacolo che rappresentava, per un insieme di mestieri e diprofessioni, un concreto sbocco occupazionale. E nei teatri italiani si cantava, da Nord aSud, nella stessa lingua, si condividevano le stesse emozioni. La biografia artistica di Giu-seppe Verdi, dagli esordi alla maturità, non può essere separata da tale contesto. Seguendoed estendendo questa indicazione, emerge spontaneo un ritratto non consueto del nostroPaese e del ruolo che, grazie alla musica, ha avuto e ha in Europa e nel mondo.

Le opere di Frescobaldi, Corelli, Vivaldi, Domenico Scarlatti, Tartini, Paganini testi-moniano di un primato anche nel campo della musica strumentale: la sonata, il concerto,la sinfonia sono forme espressive segnate, al loro sorgere, dai lavori di tanti musicisti ita-liani. Prima della battuta d’arresto subita tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Otto-cento, quando l’affermarsi di un pensiero filosofico europeo critico e dialettico, le cui con-seguenze sulle forme musicali sono rapide ed evidenti, stenta a trovare eco in un’Italiadominata dalla produzione e dal consumo di melodrammi. Una frattura che inizierà aricomporsi soltanto nel Novecento, grazie a una nuova generazione di compositori con-sapevoli del molto lavoro da compiere, e all’emergere, dopo il concludersi della parabolacreativa di Giacomo Puccini, di significative figure di autori e di interpreti capaci di assu-mere posizioni di rilievo nelle molteplici traiettorie della contemporaneità.

* * *Scarsa è la considerazione che all’educazione e alla pratica musicali è stata finora riservatadalla scuola dell’obbligo. La musica non è, per gran parte del periodo di formazione deinostri studenti, una materia curricolare: eppure, con particolare rilievo negli ultimi anni,sono nate esperienze didattiche ed esecutive di grande ricchezza, qui documentate. Ladidattica rimane questione centrale, nella persuasione che la pratica musicale abbia unvalore fondante nella formazione dell’individuo e nella sua capacità di relazioni sociali.

La storia della musica non si risolve nel racconto e nell’analisi delle sue forme, dei suoigeneri e della loro evoluzione. Ecco il motivo della presenza di contributi dedicati alla liu-teria, quella antica e la contemporanea, che si avvale anche della risorsa dell’elettronicaapplicata alla creazione di strumenti e di suoni; all’editoria musicale; all’evoluzione deirapporti tra spettacolo e legislazione; alle modalità di consumo, tra scelte consapevoli epassive consuetudini; agli spazi dove la musica vive e viene ospitata, dalle chiese ai palazzi,dai teatri alle sale da concerto, dalla TV al computer. Alle piazze, dove per secoli è statoaffidato anzitutto alla musica il compito di conservare e tramandare racconti d’amore, dilavoro, di vita e di morte, di speranza e di rabbia. È la vicenda, tante volte schiacciata dallamacina della storia, della musica popolare e del suo patrimonio, spesso affidato soltantoalla memoria orale. Sapremo mai quale canzone cantava la mamma di Dante Alighieri peraddormentare suo figlio?

* * *

XXII

8 Musica 00 intro generale Cappelletto_Contributo Musica 05/04/17 19:22 Pagina XXII

Page 18: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

Il ricorrere dell’aggettivo italiano non deve far sorgere dubbi; la musica del nostro Paeseha dato molto e moltissimo ha saputo accogliere: dall’eredità greco-latina e mediorientale,alle polifonie francesi e fiamminghe, alla novità rappresentata dalla nuova concezione delwagneriano dramma in musica, alle esperienze delle avanguardie del Novecento europeo.

Questo volume traccia molti percorsi, offre tanti punti di vista diversi dai quali osser-vare, ripensare oppure avvicinare e imparare a conoscere la storia e la vita della musica inItalia e dall’Italia verso l’Europa e il mondo. Per realizzare un progetto così ricco modu-lando i contributi di tanti Autori prestigiosi era indispensabile il costante impegno cultu-rale e il solido impianto redazionale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana.

E infine, queste pagine sono anche un invito all’ascolto. Perché, attraverso la praticadei più diversi repertori, il percorso che conduce la musica da chi la scrive a chi la eseguea chi la ascolta – tre modi inscindibili di viverla – permette di condividere un’esperienzache mantiene aspetti rituali. Tanto più se tali necessari riti sociali vivono in luoghi dovei muscoli, i nervi, gli sguardi, le memorie, l’intelletto, le passioni e l’arte di tutti i suoi‘celebranti’ sono simultaneamente raccolti in quella dimensione fisica e spirituale che lamusica rende possibile.

Sandro Cappelletto

XXIII

8 Musica 00 intro generale Cappelletto_Contributo Musica 05/04/17 19:22 Pagina XXIII

Page 19: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

783

MAURIZIO AGAMENNONE: Musica popolare tra riscoperte emalintesiBIANCA MARIA ANTOLINI: L’editoria musicale italianadall’apogeo alla colonizzazioneLORENZO ARRUGA: I grandi interpreti: direttori e strumentistiNICOLA BADOLATO: Amazzoni e sovrani, la festa e il teatroCECILIA BALESTRA: Teatri e pubblici: dall’impresariato allepolitiche culturaliGIACOMO BAROFFIO: Le origini e gli sviluppi del cantocristianoMARCO BEGHELLI: Il trionfo della voceMARCO BETTA: La musica contemporanea: tramonto delle‘scuole’ e tendenze internazionaliLORENZO BIANCONI: Il libretto d’operaRENATO BOSSA: Goldoni e l’opera buffaALESSANDRO BRATUS: La popular music tra Novecento eDuemilaALBERTO BRUNELLI: L’identità del canto liturgicoROBERTO CALABRETTO: Musica e cinema attraverso ilNovecentoSANDRO CAPPELLETTO: Il labirinto della nostra identitàmusicale; Nuovi orizzonti; Antico e moderno, aurore etramonti; Un primato italiano: gli evirati cantori; Il Paesedei melodrammi; Invenzioni, regole, censure, memorie; «Com’èbello, quale incanto»: alcune voci del Novecento e oltre;AscoltareGIANLUCA CAPUANO: Gli inizi della scritturaDANIELE CARNINI: L’età rossiniana prima di Rossini:l’interregno; Gioachino RossiniTIM CARTER: Nuove musiche, nuovi pensieri (trad. dall’ingl.di MANUELA ESPOSITO)IVANO CAVALLINI: Arturo ToscaniniALESSANDRO CECCHI: Live, streaming, fonolatria, schizofoniaANDREA CHEGAI: Pietro MetastasioSIMONE CIOLFI: Alfredo Casella e Gian Francesco MalipieroMARCO DELLA SCIUCCA: Giovanni Pierluigi da PalestrinaMARIA ROSA DE LUCA: Vincenzo BelliniMILA DE SANTIS: Luigi Dallapiccola e Goffredo PetrassiANTONELLA D’OVIDIO: Tra Sei e Settecento: ArcangeloCorelli, la sonata e il concertoMARKUS ENGELHARDT: Giuseppe Verdi (trad. dal tedescodi CAROLINA PACE)ANDREA ESTERO: Organizzare musica: l’Italia nel contestoglobalePAOLO FABBRI: Claudio MonteverdiDINKO FABRIS: Girolamo FrescobaldiSERENA FACCI: La musica leggera nell’epoca dei mass mediae la canzone d’autoreANTONELLO FARULLI: Insegnare, apprendere, diffondere

CARLO FIORE: Il suono nel Medioevo; Questa fanciulla,amor, fallami pia: madrigale e ballata nel TrecentoANGELO FOLETTO: La regia dell’opera liricaMATTEO GIUGGIOLI: La musica strumentale da Scarlatti aBoccheriniDANIELA GOLDIN FOLENA: Lorenzo Da PonteMARCO GOZZI: Il secolo di Petrarca, Boccaccio e dell’ars novaMARIA SOFIA LANNUTTI: I trovatori e la musica nelle cortiMARCO MANGANI: Virtuosismo e camerismo tra Sette eOttocentoLORENZO MATTEI: L’opera italiana fuori d’Italia traRivoluzione e ImperoGIANLUIGI MATTIETTI: L’avanguardia ‘eccentrica’:Donatoni, Sciarrino e la musica dopo gli anni SettantaDONATELLA MELINI: Artigianato, arte, lavoro: la liuteriaMARIO MESSINIS: L’avanguardia classica: Bruno Maderna,Luciano Berio, Luigi NonoARNALDO MORELLI: Cantata e oratorioFIAMMA NICOLODI: La musica sotto il fascismoSUSANNA PASTICCI: Ottorino Respighi e Ildebrando PizzettiAGNESE PAVANELLO: Giuseppe TartiniRICCARDO PECCI: Giacomo PucciniFRANCO PIPERNO: Il primo Settecento operistico: Scarlatti ePergolesiMARCELLO PIRAS: Il jazzELEONORA ROCCONI: L’eredità greca e latinaFRANCESCO ROCCO ROSSI: L’Italia del Quattrocento: lecappelle musicaliANGELA ROMAGNOLI: Händel, Mozart e il viaggio in ItaliaANTONIO ROSTAGNO: Musica e politica nell’OttocentoitalianoPAOLO RUSSO: L’opera tra Illuminismo e RivoluzioneILARIA SAINATO: La danza in Italia nel Rinascimento e nelBaroccoGUIDO SALVETTI: Eccentrici, nostalgici, dimenticatiFEDERICO MARIA SARDELLI: Antonio VivaldiMARCO TARGA: Il fenomeno verista tra Ottocento eNovecentoWALTER TESTOLIN: Da Luca Marenzio a Carlo Gesualdo:l’età d’oro del madrigaleSERGIO TROMBETTA: La danza dalla riforma alla modernitàLUCIO TUFANO: L’intermezzo, Napoli e l’EuropaALVISE VIDOLIN: L’esperienza elettronica tra avanguardia eintrattenimentoCARLO VITALI: La lingua nuova: Dante e la musica delDuecentoVASCO ZARA: Musica e architettura tra Medioevo eRinascimentoLUCA ZOPPELLI: Gaetano Donizetti

Autori del volume

8 Musica indice dei nomi_Contributo Musica 28/03/17 10:47 Pagina 783

Page 20: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

519

Toscanini fu il solo direttore d’orchestra ad avere ricevutoin vita gli onori che di norma spettavano a un grande com-positore. Un fenomeno straordinario, se si considera chealla fine del 19° sec. la didattica del dirigere deficitava dicorsi e si compendiava in un numero esiguo di manualiediti in Francia e Germania. In virtù di una scrupolosafedeltà alla partitura, Toscanini si distinse sia quale inno-vatore della giovane disciplina, sia quale interprete eccelso.Fu altresì uno dei primi artisti mediatici. Nonostante lasua ritrosia nei confronti dei mezzi di riproduzione delsuono, grazie alla radio, al disco e alla televisione, eglidivenne celebre presso qualsiasi tipo di pubblico. Per festeg-giare i suoi sessant’anni la rivista «Il pianoforte» gli dedicòun numero monografico e nel 1957 la notizia della scom-parsa apparve sulle prime pagine dei giornali di moltiPaesi, a conferma del fatto che anche per la gente comune,ignara di musica, egli era il simbolo della direzione.

La vita

Arturo Toscanini nacque a Parma il 25 marzo 1867.Figlio di Claudio, sarto e fervente garibaldino di ideedemocratiche, nel 1878 fu ammesso alla Regia Scuoladi musica. Studiò il violoncello con Leandro Carinie la composizione con Giusto Dacci. Nel 1885 sidiplomò con lode e ricevette un premio quale miglioreallievo dell’anno. Alla privazione degli affetti fami-liari, e alla vita spartana cui fu costretto, il giovanereagì dedicandosi con foga allo studio. Conseguito ildiploma, l’impresario Claudio Rossi lo scritturò comeprimo violoncello in una compagnia di giro diretta aSan Paolo in Brasile. Il direttore titolare, LeopoldoMiguéz, si rivelò un incapace e a fronte di contrastiinsanabili si dimise alla seconda recita di Aida. I can-tanti ottennero che sul podio del Theatro Constitucio-nal di Rio de Janeiro salisse il giovane violoncellista.Constatato il clamoroso successo, l’impresario lo pregòdi continuare con le dodici opere in cartellone. Al rien-tro in Italia, il tenore Nikolaj Figner lo invitò a Milanoe lo introdusse nell’ambiente che segnò il suo futuro.

La fede wagneriana lo avvicinò a Giovannina Lucca,l’editrice che deteneva i diritti di rappresentazione delleopere del compositore tedesco in Italia. Divenne amicofraterno di Alfredo Catalani, del quale diresse l’Edmea.Dal 1895 al 1898 lavorò principalmente a Torino, con-volando a nozze con Carla Martini dalla quale ebbe trefigli: Wally, Walter e Wanda. Sempre in quel giro dianni, a Torino iniziò a sperimentare le prime riformenel teatro d’opera dopo essere stato apprezzato per ladirezione di Götterdämmerung e La bohème. Con Gia-como Puccini stabilì un sodalizio duraturo. Nel 1926portò alla Scala Turandot e depose commosso la bac-chetta nel punto in cui la partitura era rimasta sospesaper la sopravvenuta morte dell’autore nel 1924.

Chiusa la mirabile, seppur contrastata stagione sca-ligera, nel 1908 partì alla volta di New York, ove con-quistò il pubblico del Metropolitan con le sue inter-pretazioni wagneriane e La fanciulla del West (1910).Nel 1915 fece ritorno in Italia per dare il proprio aiutoal Paese in guerra e nel 1916 si ritrovò a dirigere un’or-chestra militare sul Monte Santo, ancora sotto il tirodegli austriaci nella battaglia dell’Isonzo.

Sensibile all’impegno politico, nel 1920 sostennecon la musica i legionari dell’amico Gabriele D’An -nunzio durante l’impresa di Fiume. Si candidò poinelle liste del neonato Partito nazionale fascista, di cuicondivideva il programma sociale. Della qual cosaebbe immediatamente a pentirsi e si votò alla più ener-gica opposizione alla dittatura. Per la prima di Turan-dot minacciò di abbandonare la Scala se si fosse pre-sentato Benito Mussolini. A Bologna, nel 1931, sirifiutò di eseguire la Marcia reale e Giovinezza primadel concerto in memoria di Giuseppe Martucci. Rite-nendosi offesi, gli squadristi lo schiaffeggiarono all’in-gresso del teatro e il suo telefono fu tenuto sotto costantecontrollo. La polizia trascrisse dialoghi pieni di livoreper la soppressione della libertà di stampa e per l’ema-nazione delle leggi razziali nel 1938. Il duce si vendicòcon la revoca del passaporto alla famiglia Toscanini,nonostante le suppliche della figlia Wanda, moglie delpianista Vladimir Horowitz. Ma il protrarsi di quella

Ivano Cavallini

Arturo Toscanini

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 519

Page 21: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

misura restrittiva avrebbe causato uno scandalo nocivoal regime, per cui i documenti di espatrio venneroriconsegnati e il maestro poté lasciare il Paese perrecarsi negli Stati Uniti.

Nel 1920 era stato nominato direttore artistico delteatro alla Scala. Esausto, si ritirò dopo nove anni diduro lavoro, spesi a riorganizzare la vita del teatro. Trail 1928 e il 1936 fu più volte a capo dell’orchestra filar-monica di New York e nel 1930 la Georgetown Uni-versity di Washington gli conferì la laurea honoris causa.Sempre nel 1930 e poi nel 1931 diresse il Fest spielhausdi Bayreuth. Era quella la prima volta che nella Meccadei wagneriani veniva affidato l’incarico di dirigere auno straniero. L’idillio con Winifred Wagner, mogliedi Siegfried, nuora di Richard e direttrice del festival, durò poco. Nel 1933, all’espulsione dei musicisti ebreie al boicottaggio di quanti contestavano il nazismo,Toscanini, a capo di una decina di musicisti di famamondiale, rispose con un telegramma di protesta indi-rizzato ad Adolf Hitler e recise i rapporti con la Ger-mania. Nelle sue parole vibra il drammatico appello per

la fine delle persecuzioni dei [...] colleghi in Germa-nia, per ragioni politiche o religiose [...], [noi spe-riamo] che tali persecuzioni nella Germania di ogginon siano basate sulle Vostre istruzioni e che il Vostrodesiderio non sia quello di danneggiare l’alta stima dicui, sino ad ora, ha goduto la cultura tedesca agli occhidell’intero mondo civile (cit. in Toscanini heads pro-tests to Hitler: he and ten other musicians of world fameask end for persecution of colleagues, «New York Times»,2 aprile 1933).

A causa della brutale annessione dell’Austria, troncòquindi ogni contatto con Salisburgo, ove, tra il 1934 eil 1937, aveva diretto il Salzburger Festspiele. Nel bien-nio 1938-39 organizzò il festival di Lucerna con unorganico largamente composto di rifugiati, dopo averetenuto a battesimo la Palestine Symphony Orchestradi Tel Aviv nel dicembre del 1936. Con l’entrata inguerra diresse concerti per la raccolta di fondi a favoredella Croce Rossa e riadattò l’Inno delle Nazioni diGiuseppe Verdi per un film a scopo propagandistico.Dopo l’8 settembre 1943 rinunciò a collaborare con laMazzini Society, guidata da Gaetano Salvemini e daaltri fuoriusciti. L’associazione, infatti, diede il pro-prio assenso al governo provvisorio del marescialloBadoglio e del re, invece di considerarli dei «misera-bili traditori», colpevoli alla stregua di Mussolini, comechiedeva il maestro (Gaetano Salvemini - Walter Tosca-nini. Carteggio 1943-1948, a cura di M. Affinito, 2007,pp. 22-23).

La creazione nel 1937 della NBC (National Broad -casting Company) Symphony Orchestra per la radioconsacrò la fama mediatica di Toscanini. Dopo dicias-sette anni di permanenza, e una breve parentesi nel1946 per dirigere a Milano il concerto per la ricostru-zione del teatro alla Scala, si ritirò dalle scene nel 1954.Si spense nella sua casa a Riverdale il 16 gennaio 1957.

Questioni preliminari

Arturo Toscanini fu un «direttore virtuoso» che«scatenò una guerra fanatica contro il virtuosismo»(Adorno 1959; trad. it. 2004, p. 41). Postosi al servi-zio dell’interpretazione oggettiva, egli bandì gli arbi-trii della superfetazione romantica e plasmò la dire-zione moderna. Gli asserti di Theodor W. Adorno, aun anno dalla morte del «Settembrini della musica» (p.39), si possono sottoscrivere per intero, anche se il filo-sofo intravide in quella riforma un asservimento aisistemi di produzione dell’industria culturale. Unatendenza implicita nell’Aufklärung, che comportò ilsacrificio del ‘soggetto’, l’interprete e insieme l’autore,in nome del buon funzionamento del meccanismo.

Quale che sia il peso effettivo delle innovazionioperate da Toscanini, occorre precisare che il suoapporto alla tecnica direttoriale si situa nel contestodi profondi mutamenti epocali. Tra i più importantisono da elencare la separazione tra il comporre e ildirigere, la scomparsa della direzione con violino, incui si alternava il suono dello strumento al movimentodell’arco come fosse una bacchetta, nonché l’elimi-nazione della guida a due, surrogata dalla figura deldirettore unico che impugna la bacchetta o dirige conle mani, a fronte delle annose lamentele sulla mancataintesa tra il primo violino e il maestro al cembalo (ossiaal pianoforte). La transizione alla figura del maestrodirettore-concertatore avvenne in parallelo allo svi-luppo del concetto di repertorio e al connesso canoneestetico dal quale scaturì il problema dell’interpreta-zione. La circolazione degli stessi programmi, pro-posti da organismi orchestrali di alto profilo, portò alsuperamento delle tradizioni esecutive particolari coneffetti benefici sulla preparazione dei direttori. Inol-tre, la diffusione della musica per il tramite dei nuovimedia, principalmente il disco e la radio, accrebbe lafama di molti di loro, il cui divismo si poteva ormaiparagonare a quello dei cantanti.

Personalità

In questo quadro eccelle la determinazione diToscanini a sconfiggere due pregiudizi duri a morire.Nei primi decenni del 20° sec. era opinione comuneche i direttori fossero in grado di misurarsi solo conla musica dei rispettivi Paesi di origine, ossia conl’arte alla quale erano stati educati. Nonostante alcuneeccezioni, non si può negare il fatto che l’opera ita-liana, i drammi di Richard Wagner, la musica sinfo-nica centroeuropea e francese non erano alla portatadi tutti. Con Toscanini, attivo in ogni angolo d’Eu-ropa e nelle Americhe, l’eccezione si tramutò in regola.La sua stessa celebrità derivò da codesto fenomeno,e le testimonianze raccolte su questo aspetto della suapersonalità sono così numerose che vi è soltanto l’im-barazzo della scelta.

520

IVANO CAVALLINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 520

Page 22: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

Procedendo per generi, è appena il caso di ricor-dare la calorosa accoglienza dei viennesi nel 1933,quando Toscanini fu invitato a dirigere i Wiener Phil-harmoniker. Egli riuscì ad ammaliare una compagine‘autocratica’, avvezza alla direzione di Richard Strauss,Felix Weingartner, Bruno Walter e Otto Klemperer.Il fagottista e presidente Hugo Burghauser confessòal biografo americano Bernard H. Haggin che

l’orchestra toccò il punto culminante dell’esperienzadi ogni musicista. E non solo perché lui era superioreagli altri direttori [...], ma perché ci rese superiori anoi stessi e questo fu il fenomeno inspiegabile [...].Poi accadde che la vecchia Settima [sinfonia] diBeethoven, che tutti noi avremmo potuto suonare aocchi chiusi, e anche Brahms e Mozart, ci apparveroappena creati (Sachs 1978; trad. it. 1998, p. 252).

Per quanto concerne l’opera, la maggioranza dei cri-tici non era disposta ad accogliere ‘l’italianizzazione’ diWagner sotto la bacchetta dello sconosciuto direttore,anche se nel 1899 egli aveva assistito alla messa in scenadella tetralogia a Bayreuth. Nel 1901, Siegfried Wagner,il figlio di Richard, fu letteralmente sedotto dalla messain scena di Tristan und Isolde al teatro alla Scala sottola direzione del nostro. Cadute le ultime resistenze deifamiliari, nel 1930 l’Italiener si recò a Bayreuth.

L’esito felice, quanto inatteso a causa della proter-via dei wagneriani, fu raggiunto grazie allo studio e allacostante programmazione dei Musikdramen da partedel maestro fin dagli anni giovanili. Se le lodi di GiulioRicordi alla rappresentazione scaligera di Die Meister-singer von Nürnberg nel 1898 potrebbero apparire scon-tate ‒ «Esecuzione di primissimo ordine, quale non cifu mai dato di gustare né a Vienna, né a Berlino, né aParigi e nemmeno [a] Bayreuth» (p. 81) ‒, a fugare ognidubbio è la messa in scena di Götterdämmerung alMetropolitan di New York dieci anni dopo. La provafu talmente convincente da far dire a Max Smith, il cri-tico del «Press», che nella concertazione il maestro avevasuperato i «massimi direttori tedeschi» (Horowitz 1987;trad. it. 1988, p. 74), non escluso il magnifico AntonSeidl. La vera sfida, alla quale il parmigiano non vollesottrarsi, fu l’allestimento del Tristan, per di più direttodue stagioni prima da Gustav Mahler nello stesso tea-tro. Walter J. Henderson scrisse nel «Sun» che l’ottimariuscita dello spettacolo giustificava

gli entusiasmi degli italiani e le calde lodi tributatedai critici tedeschi. [...] Toscanini [aveva] occupatoil posto che gli [spettava] di diritto fra i più interes-santi direttori wagneriani (Sachs 1978; trad. it. 1998,p. 128).

Il maestro, dunque, si cimentò con un numero cospi-cuo di partiture e vi si applicò con eguale impegno, sesi escludono quelle dei compositori che non capiva onon amava (per esempio Mahler e Arnold Schönberg).Non disdegnò la musica di compositori a lui con-temporanei quali Claude Debussy, Richard Strauss,

Maurice Ravel, Ildebrando Pizzetti, Igor′ Stravinskij,Zoltán Kodály, Sergej Prokof′ev, Arthur Honegger,George Gershwin, Francis Poulenc, Dmitri Šostakoviče Samuel Barber, per citare solo alcuni dei nomi pre-senti nel suo vasto catalogo. Nella sua lista figuravanoanche brani di Arcangelo Corelli, Antonio Vivaldi,Georg Friedrich Händel, Johann Sebastian Bach,Francesco Geminia ni e Christoph Willibald Gluck.Sino alla Prima guer ra mondiale, alcuni di questierano riservati a una cerchia ristretta di amatori chefrequentavano i ‘concerti storici’. La loro inclusionenei programmi di mu sica moderna e contemporanea,precocemente voluta da Toscanini che non era un cul-tore di musica antica alla stregua di Ottorino Respighio Gian Francesco Malipiero, si configura come unatto di legittimazione per nulla trascurabile.

Dallo stupore per tanta larghezza di vedute sorseimmediato il quesito sulle modalità di accesso che con-sentivano all’artista di impadronirsi delle pagine piùostiche e lontane dalla cultura degli italiani. I seguacidel maestro, ma soprattutto i sospettosi che avreb-bero preferito sminuire la gloria dell’astro nascente,si chiesero spesso in che cosa consistesse il segreto ditanta dimestichezza con le sinfonie e le opere com-poste in un arco di tempo di oltre due secoli (ossiadalla fine del Seicento alla contemporaneità). La rispo-sta degli specialisti a cotanto eclettismo fu quasi sem-pre unanime: la fedeltà alla partitura.

Nel 1913, vinte le reticenze, Max Smith affermòche diversamente da Arthur Nikisch, Mahler e FelixMottl, «il maestro italiano» non si accontentava «di for-nire vaghe indicazioni», bensì affrontava «il suo com-pito obiettivamente, mai soggettivamente», pervenendo«a esiti mirabili con musiche appartenenti a scuole e aepoche diverse» (cit. in Horowitz 1987; trad. it. 1988,p. 83). Antonino Votto, suo assistente e famulus, nel1967 replicò il medesimo giudizio:

il criterio che guidava Toscanini era sempre lo stesso.Lui trattava la musica in un modo solo, fosse sinfo-nica, fosse teatrale, fosse sacra; i segni [...] sulla par-titura rappresentavano per lui delle virtualità (A. Votto,Come concertava l’opera lirica, in La lezione di Tosca-nini, 1985, p. 232).

Sia dato per certo che l’abolizione del concetto discuola deve molto a Toscanini, ma l’approccio ogget-tivo, sul quale varrà la pena soffermarsi, poggia comun-que su un elemento palese a quanti ebbero il privile-gio di vederlo sul podio. Désiré-Emile Inghelbrecht,il direttore intimo di Debussy, racconta di avere assi-stito a una prova di La Mer e di avere udito i com-menti di due colleghi che classificavano come tipica-mente italiana la pretesa del maestro di sentire semprela melodia. A detta del direttore francese

avevano decisamente torto [...]. Quello che [...] chie-deva era qualcosa di specificamente musicale; ciò cheegli chiamava melodia era in realtà la linea, quel filo

521

ARTURO TOSCANINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 05/04/17 18:33 Pagina 521

Page 23: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

d’Arianna che l’esecutore non può mai far perdereall’ascoltatore (cit. in Sachs 1978; trad. it. 1998, pp.274-75).

Questa idea, consentanea a qualsivoglia genere dimusica, era l’asse portante della direzione di Tosca-nini. Alle contestazioni mosse sulla sua presunta ame-todicità si può obiettare che la ricerca caparbia delcanto, termine da intendersi in senso lato, fu il prin-cipio motore della sua arte sin dagli anni trascorsi nellanatia Parma. All’epoca, si è detto, vi era una turma discettici che considerava impossibile per un direttorecresciuto nel mondo del melodramma concertare unasinfonia con inusitata perfezione. Ma nel 1913, alMetropolitan, egli diede una prova talmente superbacon la Nona di Ludwig van Beethoven da lasciare distucco anche il corrispondente del «New York Times».Richard Aldrich scrisse che l’italiano era un direttoredi altissimo ingegno per la finezza con cui si era appro-priato della lezione di Wagner su Beethoven nel rive-lare la «linea melodica essenziale» (Haggin 1972, pp.304-07). Anche nelle «nuances» essa scorreva in rilievo,senza subire interruzioni; inoltre, la musica assumevauna forma plastica, mai disturbata dalla vitalità delritmo reso vivace da sottili modulazioni di tempo.Anche più avanti negli anni, a dispetto delle accuse deldirettore d’orchestra George Szell sulla carenza dimetodo nelle prove, William Carboni, un violista dellaNBC, ammise che Toscanini usava ripetere più voltei passi per fare emergere il filo logico attorno al qualesi aggrumano armonicamente le voci. A tal fine impo-neva di estrarre il ‘canto’ dalle singole parti («egli erainte ressato alla linea [portante] della musica, e questasareb be emersa dal canto», Music chronicle, «Hudsonreview», 1969-70, 22, 4, p. 693). Per lo stesso motivoesigeva di ascoltare gli ‘a solo’ degli strumenti, in spe-cie quando le frasi erano di natura tematica e quindi instretta relazione con la struttura compositiva. Anchese gli orchestrali della NBC erano i professionisti miglio -ri degli Stati Uniti, se non si riteneva soddisfatto dellacondotta tematica il maestro non si tratteneva dal gri-dare loro: «Cantare, non solfeggiare! Sing! Dont’ dosolfeggio exercises» (cit. in B. Haggin, Toscanini legendand reality, «The Sewanee review», 1967, 75, 4, p. 713).

Oggi, come all’inizio del secolo scorso, non puòsfuggire che la melodia di Toscanini è prossima al con-cetto di mélos propugnato da Wagner in Über das Diri-gieren del 1869, ossia l’elemento che attraversa e col-lega le sezioni, svolgendo una funzione aggregante dacui nasce la forma. A validare l’ipotesi concorrono iricordi di Ernest Ansermet, il quale rigettò le dedu-zioni indebite sulla presunta indole italiana del mae-stro. Per il direttore svizzero egli era un uomo senzavincoli, «in rapporto [...] intimo con la musica. [...] Lamusica per lui era prima di tutto canto», per cui «sce-glieva il tempo che gli pareva [...] mettere in luce que-sto canto» (E. Ansermet, Ricordo di Toscanini, in Lalezione di Toscanini, 1985, p. 126).

Il riformatore

Al teatro alla Scala Toscanini ricevette la primanomina nel 1898. Affrontò con coraggio l’ardua impresadi superare l’avversione di notabili e critici, spesso aiz-zati dall’editore Giulio Ricordi, nei confronti dei cam-biamenti radicali che egli intendeva mettere in atto.Nonostante gli intralci, assieme al direttore generaleGiulio Gatti Casazza, compì egualmente il miracolo.Con molta pazienza tolse di mezzo il ballo alla fine deglispettacoli, cancellò i bis, impose il fascio di luce per ildramma wagneriano, aumentò il numero dei compo-nenti del coro e dell’orchestra, pretese il buio in sala eil sipario a scorrimento laterale come a Bayreuth. Daultimo proibì alle signore di tenere il cappello durantele recite. In breve, educò il pubblico a pensare all’operacome a una forma d’arte complessa, non già a un generedi divertimento fondato sul protagonismo dei cantanti.Quando costoro non erano preparati non esitava a pro-testarli e talvolta a cassare le re cite, con grave rischioper sé e per gli amministratori, come accadde con laNorma di Vincenzo Bellini nel 1899. Nello stesso annosi arrogò il diritto di non far dirigere il compositoreper la messa in scena di Iris, provocando lo sconcertodi Pietro Mascagni. Tra il 1920 e il 1929 accentrò sudi sé il potere della storica istituzione, rinata come enteautonomo con il sostegno finanziario del Comune econ la raccolta degli abbonamenti. A lui spettò pure ilcompito di formare l’orchestra con cento professori ecentoventi coristi di suo gradimento, con i quali intra-prese una serie di fortunate tournées in Europa, Canadae negli Stati Uniti. Fece allargare la buca dell’orche-stra e si avvalse della collaborazione dello scenografowagneriano Adolphe Appia.

Le accuse di wagnerismo, avanzate dai milanesinei suoi riguardi, non erano del tutto infondate. Nel1902, e poi con il secondo ingaggio alla Scala, Tosca-nini provvide a emendare le opere più note di Verdi,oggetto di tagli e infarcimenti vocali a piacere. L’af-fezione per Otello e Falstaff, che si richiamano allaformula dell’‘opera continua’ di ascendenza wagne-riana, la disciplina con cui concertava lo stesso Wagner,ma anche le opere moderne meno frequentate, comeAriane et Barbe Bleue di Paul Dukas, Oceana diAntonio Smareglia, Salome di Richard Strauss e Pél-leas et Mélisande di Debussy furono la premessa peruna rilettura dei titoli verdiani cari tanto ai teatri diprovincia quanto agli enti lirici di prim’ordine. Eglisi era sempre tenuto alla larga dalla trilogia popolare,ma nel 1902 si convinse dell’opportunità di inscenareuna versione inedita del Trovatore, ripulita dalle ese-crabili scorrettezze del virtuosismo canoro. Risvegliòle ire di Ricordi, deciso a rimuovere l’opera, e riuscìcomunque nel suo intento. L’esibizione conquistò ilplauso dei meno indulgenti e si percepì la sensazioneche stesse per iniziare una nuova era, grazie all’acri-bia con la quale il maestro rilesse il titolo, giudicato atorto tra i più triviali del corpus verdiano. Le difficoltà

522

IVANO CAVALLINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 522

Page 24: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

si ripresentarono puntuali con La traviata nel 1923,inopinatamente rimaneggiata, come sentenziò unaparte del pubblico. Nel 1924 passò al torchio Rigo-letto e alle repliche obbligò il tenore nella parte delDuca a osservare un contegno più sobrio.

Palindromi e chiasmo

Per quanto paradossale possa sembrare, era piùdifficile per Toscanini far accettare una nuova vesteper la trilogia verdiana, che non predisporre uno qual-siasi dei drammi di Wagner, con i quali gli italianiavevano scarsa familiarità. La ragione per cui si astennea lungo dal portare alla Scala la musica del conterra-neo è dovuta alla grande popolarità di cui godeva unamaniera a dir poco esibizionistica di concepire il cantoa detrimento della drammaturgia. I restauri verdianisono il frutto di un itinerario a ritroso, ossia di unarivisitazione del melodramma nazionale mediata dallafiducia assoluta nel Gesamtkunstwerk, l’opera d’artetotale del compositore tedesco. Il paradigma wagne-riano, tuttavia, conferì a Toscanini una fisionomia piùeuropea che ‘filogermanica’ stricto sensu, comprovatadalle felici incursioni nei repertori più disparati. Peressere chiari, il nostro non trattò le opere di Verdicome se fossero dei Musikdramen, bensì entrò nelletrame verdiane alla luce di una studiata convergenzatra la musica e i valori scenici, collocando sullo stessopiano il canto, l’orchestra e la regia.

Un altro aspetto singolare della sua formazioneriguarda l’approccio con la musica strumentale. Nellaseconda metà del 19° sec., la didattica dei conserva-tori comprendeva tra gli esercizi curricolari la stesuradi pezzi per orchestra. Cresciuto alla scuola di Dacci,il quale nel 1867 guadagnò una menzione d’onore conla Ridda al concorso indetto a Firenze dalla Societàdel Quartetto, l’allievo maturò un vivo interesse perle musiche di Jacopo Foroni, Antonio Bazzini, LuigiMancinelli, Giovanni Sgambati e Martucci, alcunedelle quali non furono mai espunte dai suoi programmi.Si trattava di lavori dalla vita effimera, ouvertures similiai brani orchestrali tratti dalle opere, destinati a nonattecchire nelle sale da concerto. In essi vi era qual-che influsso dedotto dal poema sinfonico e, in misuraassai contenuta, dalla sinfonia classico-romantica.Concluso l’apprendistato, Toscanini si affrancò daquel regime tuffandosi nell’autentica tradizione sin-fonica, ancora elitaria per il costume del nostro Paese.La conquista di un patrimonio pertinente alla WienerKlassik e alla Romantik avvenne con un altro percorsoa ritroso, svolto però in senso opposto rispetto a quellocompiuto con l’opera. Nel ‘chiasmo geografico’ di To -scanini si incrociano il viaggio di ritorno dalla civiltàtedesca a quel la italiana, per quanto attiene il teatromu sicale, e il viaggio di andata dalla cultura italiana aquella tedesca, per quanto concerne lo strumentalismo.Il singolare scarto di qualità, nel passaggio subitaneo

all’acquisizione del sinfonismo straniero, richiede unariflessione ulteriore.

Dal calcolo statistico condotto sui programmi delleprincipali società dei concerti di Lipsia, Parigi, Lon-dra e Vienna (il Gewandhaus, la Société des Concertsdu Conservatoire, la Philharmonic Society e la Gesell - schaft der Musikfreunde) è emerso che, nel periodocompreso tra il 1820 e il 1870, la musica di autori viventiera scesa da un buon 70-80% a un modesto e oscillante10-30%. Nel giro di un cinquantennio le linee-guidadi un gusto diffuso si erano attestate su una serie distandard atti a formare una collezione virtuale di capo-lavori. La fondazione di questo ‘museo immaginario’determinò la nascita di una rapida storicizzazione, coneffetti duraturi sulle preferenze del pubblico e sulleattività compositive. Non si può spiegare altrimenti larestrizione a una rosa di pochi connazionali nel Par-naso di Toscanini e la sua immediata confidenza congli autori dei Paesi all’avanguardia nel settore dellamusica per orchestra. Il che induce a moderare sia ilgiudizio negativo sull’arretratezza dell’Italia, bollatacome «Siberia dell’arte» da Louis Spohr nel lontano1816, sia a non sopravvalutare la lungimiranza del mae-stro. Nel 1896, a Torino e alla Scala di Milano, accantoa quelle degli italiani, Toscanini introdusse senza pro-blemi le partiture di Franz Joseph Haydn, Beethoven,Franz Schubert, Johannes Brahms, Edvard Grieg ePëtr I. Čajkovskij. Ancora a Torino, durante l’Espo-sizione del 1898, ai brani degli autori nostrani affiancòle composizioni di Wolfgang Amadeus Mozart, Hec-tor Berlioz, Felix Mendelssohn Bartholdy, CésarFranck, Édouard Lalo, Bedřich Smetana, AntonínDvořák, Nikolaj Rimskij-Korsakov, Vincent d’Indye di molti altri che qui non occorre menzionare. Unsalto di qualità da imputarsi sia al maestro, che neldecennio 1887-97 si avvicinò ai repertori internazio-nali, sia alla specialità dell’evento, ma soprattutto allacapacità recettiva delle istituzioni pungolate dal geniodi Giuseppe Depanis, patron dei Concerti popolari,nonché raffinato cultore della musica d’Oltralpe. Percoronare infine il desiderio di una vita, imporre l’in-tegrale delle sinfonie di Beethoven, Toscanini dovetteattendere il centenario della morte del compositore(cinque serate alla Scala e altrettante a Torino nel 1927).Una conquista senza precedenti, ma minima se postaa confronto con l’idea grandiosa che aveva sfiorato lasua mente dopo il Falstaff a Busseto nel 1926: darevita a un festival verdiano eguale a quello di Bayreuth.Si trattava di un sogno, anzi, della stessa utopia vagheg-giata anni addietro da Gabriele D’Annunzio, che conEleonora Duse voleva erigere un teatro-tempio per la‘musica italica sotto il cielo latino’ di Albano Laziale.

Una memoria fuori dal comune

Sin dai tempi del conservatorio, Toscanini si fece no -tare per la straordinaria capacità di ritenere a memoria

523

ARTURO TOSCANINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 523

Page 25: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

qualsiasi composizione. Una qualità di cui si era accortala maestra di scuola elementare, per via delle poesieche il piccolo Arturo sapeva ripetere all’impronto dopoil primo ascolto. Negli anni dello studio coltivò que-sta dote per concertare con i compagni pagine di musicada camera, eludendo il veto posto dal direttore Dacci,contrario alla libera iniziativa dei convittori. Duranteil viaggio via mare per il Brasile ripassava le parti coni cantanti, entusiasti del diciannovenne improvvisa-tosi accompagnatore al piano, il quale, come scrisse la«Gaceta de notiças» due giorni dopo il debutto conAida, conosceva a memoria una sessantina di opere.

In quei decenni guidare l’orchestra senza la parti-tura era diventata una moda. Spesso si trattava di unosterile esibizionismo, volto a far mostra di una bravurapiù apparente che reale, in specie quando la musicaera ben provata o non particolarmente difficile. Il casodi Toscanini è diverso. Consapevole della propria abi-lità, ma anche della forte miopia di cui era affetto, pre-feriva affrontare l’orchestra senza alcun impedimentovisivo. Per cui si sbarazzava sia della partitura, sia degliocchiali a pince-nez, per tenere lo sguardo fisso sugliorchestrali e dirigere anche con gli occhi.

Qualche ragguaglio. Per l’Esposizione di Torino(maggio-ottobre 1898) ricevette l’incarico di dirigerequarantatré concerti con musiche nuove e conosciutedi ben cinquantaquattro autori. Paul Stefan, il rino-mato critico dell’«Anbruch» di Vienna, notò che Tosca-nini dirigeva sempre a memoria ed era in grado di impa-rare il contenuto di una partitura in pochi giorni.Ferruccio Busoni, ospite a New York nel febbraio del1911, dopo l’esecuzione della Berçeuse sotto la guida diMahler, incontrò Toscanini ed ebbe con lui un piace-vole scambio di opinioni sull’estetica della Entwurf einerneuen Ästhetik der Tonkunst (1907). Busoni scrisse allamoglie che la memoria del connazionale era «un feno-meno negli annali della fisiologia», poiché «aveva appenastudiato la difficilissima partitura di Ariane et Barbe-bleue di [Paul] Dukas, e il mattino dopo doveva diri-gere la prima prova a memoria» (F. Busoni, Letters tohis wife, ed. R. Ley, 1975, p. 184).

La memoria, in realtà, si sposava felicemente conun udito finissimo. A Bayreuth Toscanini riuscì a sco-prire a orecchio una serie di imprecisioni sulle partid’orchestra, dopo anni di esecuzioni affidate ai cele-bri allievi di Wagner: Hans Richter, Hermann Levie Felix Mottl. Stravinskij, che con i direttori non fumai tenero, nelle Chroniques de ma vie ebbe parole diencomio per il maestro alle prese con Petruška e LeRossignol. Nel 1926, alla Scala di Milano, osservò che«dal modo minuzioso con cui [...] studiava», il nostrodimostrò di conoscere i dettagli più nascosti delle duepartiture. E incalzò:

Questa qualità è nota a tutti, ma fu solo allora che ebbioccasione di vederla applicata ad una mia opera [...].La sua memoria è proverbiale, non gli sfugge un par-ticolare; basta assistere ad una sua prova per render-sene conto (cit. in Della Corte 1981, pp. 383-84).

D’altra parte, se i numeri hanno un valore inequi-vocabile, il conteggio delle musiche da lui provate edirette a memoria ammonta a 117 opere e a 480 la -vori per orchestra, tra concerti e sinfonie. In terminisommari, Toscanini concertò e diresse senza l’ausiliodella partitura sul leggio all’incirca 600 partiture di190 compositori.

Il gesto

Del dirigere, la gestualità è l’elemento che più diogni altro provoca un forte impatto emotivo sul pub-blico. Il processo di fascinazione aumentò a dismi-sura nel corso dell’Ottocento. ‘Suonare l’orchestra’,secondo l’arguta definizione di Berlioz, parve unaforma di maieutica concessa a pochi eletti, i quali dove-vano possedere le chiavi di un’arte pregna di misteroparagonabile a una pratica esoterica. Nel secolo scorsofu paragonata da Elias Canetti al potere autoritario,ossia all’uso della sentenza inappellabile da parte dichi comanda, stante l’accondiscendenza irrazionaledelle masse verso il Führer. Come dirigeva Tosca-nini, al di là dell’inquietante metafora coniata dalloscrittore di Masse und macht? Rispondere a tale que-sito non è facile.

Il parere dei direttori, dei critici, e soprattutto degliartisti che lavorarono con Toscanini, è unanimeriguardo alla personalità eccezionale del maestro. Menoconcordi, invece, le opinioni in merito al gesto.Rispetto agli attestati di stima sulle conseguenze tan-gibili delle innovazioni da lui avviate, quella del gestoera una componente del dirigere meno consueta perquanti gli furono vicini. Sull’uso della bacchetta, e sulcarattere dei movimenti, il numero dei testimoni èpiuttosto ridotto. Della qual cosa non v’è da stupirsi,poiché solo i colleghi e gli orchestrali che lo videro inazione furono in grado di dare giudizi concreti, ancor-ché non sempre obiettivi, né positivi.

Uno dei grandi direttori del passato, Sir AdrianBoult, nel 1935 invitò Toscanini a Londra per il festi-val estivo della BBC. Dopo la prova iniziale, Boultconcluse un po’ frettolosamente che l’anziano colleganon lavorava di cesello: si limitava a indicare talunidifetti in tre passi della Quarta sinfonia di Brahms econcedeva all’orchestra la massima libertà. Nei suoiThoughts on conducting (1963) scrisse che WilhelmFurtwängler era completamente negato a muoverecon precisione la bacchetta, mentre il suo antagoni-sta Toscanini, per quanto versato nella gestualità, nonpoteva reggere il confronto con l’eleganza di ArthurNikisch. Quest’ultimo usava la bacchetta con tre dita,pollice, indice e medio, riuscendo a trasmettere ilmovimento alla punta come oggi si pretende nellescuole di direzione. L’italiano, invece, impugnava labacchetta con quattro dita e il mignolo teso, che alzavacome fosse un uncino per integrare l’espressività delgesto. I pochi filmati oggi a disposizione avvalorano

524

IVANO CAVALLINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 524

Page 26: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

la tesi di Boult, che cercò a sua volta conforto nel sag-gio di Nikolaj Mal′ko The conductor and his baton(1950). Nella postura di Toscanini l’impulso princi-pale veniva dalla spalla. Esso si espandeva all’avam-braccio per giungere al gomito e quindi alla mano assairobusta, in quanto dotata di un pollice più lungo delnormale (per Ugo Ojetti misurava quanto l’indice!).La posizione del gomito, alto e ben distanziato dalbusto, gli provocava spesso dolori acuti – con moltaprobabilità delle infiammazioni muscolari, per lenirele quali il fido Bruno Walter gli suggerì di seguire unadieta vegetariana. Dell’intero arto il polso è la partemobile che consente all’indice e al pollice di trasmet-tere con elasticità i colpi alla punta della bacchetta, dacui il caratteristico effetto di rimbalzo, stretto o largoa seconda del ritmo. Al contrario, l’impugnatura conquattro dita, e i movimenti larghi del braccio, indu-cono una costrizione al polso, per cui il disegno diToscanini si concentrava più sulla mano destra benserrata e meno sulla bacchetta. Nello Scherzo dellaNona sinfonia di Beethoven, registrata per la televi-sione con la NBC Symphony Orchestra nel 1948, egliusa lo ‘strumento’ come un prolungamento della ma -no, anche quando il suo indice si sposta verso l’altoper segnare il ritmo nervoso e tesissimo di quella pa -gina. Rispetto ai direttori della generazione del dopo-guerra – si pensi a Herbert von Karajan, a Georg Soltio a Leonard Bernstein – il suo gesto è eloquente, mameno flessibile poiché la mano resta chiusa, in speciequando procede alla roteazione nel ‘tutti’. Eppure l’or-chestra cammina compatta e suona alla perfezione,come si può constatare nelle pagine più delicate dellaouverture del Guglielmo Tell, filmata alla Carnegie Hallnel 1952. Toscanini dirige Rossini con grazia femmi-nea, ma, come Strauss, è assai parsimonioso con lamano sinistra.

Bernard H. Haggin cercò la risposta a questa de-sueta, seppur coinvolgente forma di chironomia, inter-rogando i membri della NBC Symphony Orchestra.Dalle sue indagini risulta che il maestro rompeva glischemi elementari dei manuali di direzione per seguireil flusso costante della musica e si limitava a marcarei principali punti di entrata degli strumenti. Inoltre,allo scopo di rendere fluida l’esecuzione, egli cantavaininterrottamente e riusciva con il suo magnetismo a‘far cantare’ l’orchestra. Nei momenti di maggioreintensità egli passava al movimento circolare, e sulcambio di tempo non aveva bisogno di spiegare alcun-ché, né di evidenziare con appositi segnali la diversi-ficazione della dinamica. Gli orchestrali intuivanoall’istante il significato della nuova figura e il violini-sta Josef Gingold riferì che il moto a mulinello, incom-prensibile a quanti non erano in grado di penetrare ladottrina di Toscanini, serviva a dare espansione oenfasi alla frase. Per Gingold la pulsazione era co -munque perspicua (cfr. Galkin 1988, pp. 653-54). Sitrattava di un espediente per liberarsi dalla schiavitùdella battuta.

Sebbene Toscanini non fosse uno specialista deldirigere, a detta del compositore Virgil Thomson avevaun senso straordinario del ritmo e lo si poteva para-gonare a un human metronome, un metronomo umanoin grado di trasmettere dei tic invisibili che rendevanoil suono cullante e ipnotico (cfr. «New York Heraldtribune», 1° novembre 1943). A un anno di distanzadall’esecuzione dell’Eroica di Beethoven, il violinistaricorda che nel riproporre la stessa sinfonia, la cuidurata è di quarantotto minuti circa, vi fu uno scartodi soli cinque secondi! La sensazione generale, perstrumentisti e cantanti, era di essere sempre accom-pagnati, a dispetto della preparazione da autodidattadel parmigiano d’Oltretorrente che non frequentò idirettori, né tantomeno le scuole di direzione.

Su questo aspetto della lezione del maestro è con-corde l’opinione di Ernest Ansermet:

Il suo gesto non batteva i tempi: piuttosto imprimevaall’esecuzione l’impulso cadenzale [...], il che gene-rava la forma. [...] Il suo tempo non era meccanico;restava sempre vivo e poteva subire, nelle grandidimensioni della forma, impercettibili modificazioni(Ricordo di Toscanini, in La lezione di Toscanini, 1985,p. 125).

Di tutt’altro avviso Edgar Varèse, per il quale To-scanini era un barbiere capace di dirigere solo la liri -ca, e Sergiu Celibidache, che non esitò a definirlo «undirettore perfetto, e un musicista povero [...] un igno-rante» (cfr. H.C. Schonberg, Celibidache arrives at lastand speaks his mind, «New York Times», 26 febbraio1983). Il giudizio lapidario, ancorché eccessivo delcollega rumeno, non è completamente errato. Tutta-via Toscanini non era ignorante, costituiva piuttostoun caso a sé, un esempio più unico che raro di chi fadi necessità virtù. La descrizione più saggia che scio-glie ogni dubbio in merito alla vexata quaestio viene daWinthrop Sargeant. Il violinista della PhilharmonicOrchestra di New York entrò con dovizia di partico-lari nel cuore del problema e argomentò con toni equi-librati che la maestria dell’italiano compensava l’as-senza di uno specifico metodo. Il che non significa chela sua direzione fosse carente, ma come un grandeattore egli sapeva dissimulare l’arte e rendere reale il‘racconto’. Con la sua personalità, ossia grazie alla forzadi suggestione che promanava dal gesto e dallo sguardopenetrante, egli raggiungeva lo scopo. Alle paroletediose preferiva «trattare la musica in termini musi-cali» (J.W. Freeman, Di fronte alla critica, in La lezionedi Toscanini, 1985, p. 32). Cantan do interi passaggi, emediante un originale procedimento mimetico, sapevacomunicare emotivamente con gli orchestrali:

Toscanini non perdeva tempo in conferenze [...]. Eraispirato non logico. Ogni suo movimento era un gestoteatrale [...] esempio perfetto di arte che nascondel’arte. Il maestro apparteneva a quella suprema schieradi attori che possono far dimenticare a chi li osservale convenzioni del teatro [...]. Descrivere il suo modo

525

ARTURO TOSCANINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 525

Page 27: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

di dirigere è praticamente impossibile perché To -scanini non aveva metodo. Di tutti i direttori con iqua li abbiamo suonato, era il meno metodico, il piùfunzionale e diretto. [...] Comunicava un entusiasmogalvanizzante [...]. Ogni esecuzione era suonata comese dalla sua perfezione dipendesse la nostra vita. Que-sto strano potere di suggestione non era una questionedi tecnica analizzabile, [...] era unicamente una que-stione di personalità. [...] Trattava la musica in termi -ni musicali, generalmente cantando brani di melodia,invece di spiegarli. E con la sostanza emotiva della mu -sica trattava emotivamente, puntando direttamente sul -la sensibilità dei suoi uomini (W. Sargeant, Geniuses,godness and people, 1949, pp. 95-96).

Con il conforto di questa verità elementare, si capi-scono meglio gli elogi di Walter Damrosch, compo-sitore e direttore d’orchestra («ha illuminato qualsiasicosa egli ha toccato»), e le assennate riflessioni delcritico musicale Howard Taubman:

ha radicalmente semplificato la tecnica [...] e ha con-ferito schiettezza a tutta l’interpretazione del nostrotempo, il che non può non facilitare il problema ese-cutivo dei compositori viventi (cit. in Galkin 1988,p. 665).

Prove d’orchestra

Come scrisse George Szell, sulle prove d’orchestradi Toscanini si è fatto troppo «gossip» (così nell’ori- ginale inglese,Toscanini and the history of orchestralperformance, «Saturday review», 1967, 12, p. 54). Chiha suonato con lui è stato spesso vittima di violentesfuriate. Di qui un profluvio di aneddoti spassosi,come le allusioni di carattere meteorologico del per-sonale della NBC Symphony Orchestra che cercavadi indovinare l’umore del maestro prima delle prove,o la conditura di frasi in italiano pronunciate conardore, quando al sommo della collera egli smettevadi parlare in inglese. Nessuno, tuttavia, si permette -va di replicare al cospetto degli ottimi risultati da luiconseguiti.

La disciplina di Toscanini consisteva nel forzare icomponenti dell’orchestra a materializzare l’idea cheegli aveva della musica e non, come accadeva ad altrinon meno capaci, nel verificare le proprie convinzionie alla bisogna modificare la lettura in corso d’opera.Per comprendere il suo straordinario talento è inevi-tabile isolare qualche testimonianza sul modo in cuiegli studiava le partiture e come preparava l’orchestra.

Restio a occuparsi di analisi da un punto di vistaprettamente teorico, ossia a scrivere qualche paginasulla fase che precede le due operazioni citate, la suabiografia inibisce il tentativo di carpire qualche det-taglio minuto sul modo di segmentare la partitura. Unospiraglio si apre con le annotazioni sulle musichefacenti parte del suo lascito (la Toscanini Legacy pressola New York Public Library), ma che egli procedesse

per gruppi di battute, frasi, sviluppo dei temi, rapportidi dipendenza o studio delle dinamiche è il frutto ditestimonianze dal vivo, fornite dai musicisti che hannoassistito al certosino lavoro di concertazione. Questionidi non poco momento, che emergono solo a tratti dalprofilo dell’artista tracciato dai molti estimatori. Inmerito alle prove, bisogna accontentarsi di qualchedescrizione dall’‘esterno’, come quella preziosa for-nita da Max Smith, in occasione della messa in scenadel Boris Godunov di Modest Petrovič Musorgskij aNew York nel 1913. A quanto narra il critico, l’ap-prendimento e la concertazione avvenivano all’in-circa in cinque momenti distinti. Dapprima il diret-tore leggeva la partitura al pianoforte; dopo averlamemorizzata, la studiava comodamente a letto o inpoltrona senza servirsi dello strumento. Quindi pas-sava alle prove di canto con un maestro sostituto,senza mai guardare lo spartito, intonando egli stessole parti e battendo il tempo. La prova di scena lovedeva impegnato a decifrare i valori drammatici del-l’opera. Appropriatosi del ruolo di regista, insegnavaai cantanti i movimenti e l’espressione, aggiungendoalla lezione alcune critiche minuziose. Infine, la provad’orchestra, e quella d’insieme sulla scena, scorre-vano senza intoppi avendo egli montato con cura lospettacolo onde calibrare i colori nel rapporto tra vocie strumenti (M. Smith, Toscanini at the baton, «Thecentury», 1913, 85, pp. 691-701).

Agli appunti di Smith fanno eco quelli di BernardShore (The orchestra speaks, 1938, pp. 161-82), primaviola della BBC Symphony Orchestra inglese. Nellememorie raccolte in The orchestra speaks, questi pre-cisò che Toscanini, estremamente guardingo persinocon i pezzi più semplici, non amava le lunghe spiega-zioni, detestate anche da quella formazione. Eranosufficienti la bacchetta, il gesto e il canto. Nelle sin-fonie di Beethoven e Brahms il suo sforzo consistevanel far concordare il tutto con il particolare, medianteuna meditata dialettica in cui il secondo non dovevaprevalere sul primo.

Curioso a dirsi, ma una delle illustrazioni più esau-rienti dell’arte di Toscanini non proviene dal mondodella musica, bensì da quello della letteratura. Nel1935 Stefan Zweig redasse un saggio ben ponderatodal titolo Arturo Toscanini: ein Bildnis. Pubblicato inpremessa alla monografia di Paul Stefan Arturo Tosca-nini, il ‘ritratto’ dello sfortunato scrittore viennese hail pregio di mettere in relazione causale ‘l’idea plato-nica’, ossia l’immagine della partitura che dominavala mente del direttore, con la realizzazione sonoradurante le prove. Il che comportava uno sforzo tita-nico, dovuto alla ferrea volontà di far coincidere la‘musica interiore’ con il ‘suono esteriore’ dell’orche-stra. «L’orecchio interno» era la sua unica guida; ilgesto la conseguenza di un lungo travaglio analiticoper avvicinare quanto più possibile l’ideale al reale.Assorto, con «lo sguardo straniato come se vi fosseuna barriera tra lui e il mondo», il maestro stentava

526

IVANO CAVALLINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 526

Page 28: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

talvolta a riconoscere un amico, essendo «ermetica-mente precluso a tutto ciò che non [fosse] la musica»(Zweig 1935; trad. it. 1994, pp. 81, 83). Da quellostato di assenza egli si liberava alle prove. Allora lo«spettacolo» diventava «grandioso e terrificante comeuna tempesta». Dopo avere svelato a sé stesso «i segretipiù reconditi» della partitura, proseguiva con la ripe-tizione silente: una sorta di monologo per elaborare ivalori espressivi prima della concertazione. Conclusaquesta fase, in cui avveniva l’autentica ricreazione del-l’opera, egli si portava in orchestra per dare concre-tezza a un ‘oggetto sonoro’ che si potesse accostarealla sua «visione interiore» (p. 78):

per Toscanini [...] l’interpretazione di un’opera noncomincia mai durante le prove, ma ogni capolavorosinfonico viene a lungo elaborato interiormente, finnelle più piccole sfumature ritmiche e plastiche, primadi avvicinarsi al podio. Provare significa per lui nongià creare, ma solo avvicinarsi a questa magnifica eprecisa visione interiore: il suo lavoro interpretativoè già da tempo compiuto, quando i musicisti inizianoappena il proprio. [...] La sua straordinaria sensibi-lità ha soppesato ogni sfumatura, il suo scrupolomorale si è interrogato con rigore filologico su ogniaccentazione, su ogni singolarità ritmica. Ormai iltutto si è fissato nella sua infallibile, prodigiosa memo-ria fin nei dettagli: non ha più bisogno della parti-tura, la può gettar via come un guscio vuoto, super-fluo. [...] Toscanini sa quello che vuole con diabolicachiarezza: adesso dovrà imporre agli altri questavolontà, trasformare l’idea platonica, la visione com-piuta, in suono d’orchestra (pp. 78-79).

Il rigore filologico evocato da Zweig non corri-sponde alla riproduzione puntuale delle note, e menche meno alla filologia del suono attinente alla prassidi quanti si dedicano oggi al ricupero degli strumentie degli assetti orchestrali del passato. Per cui, le sot-tolineature dello scrittore sul lavoro preliminare diToscanini non destano oggi tanta meraviglia comeallora. Ciò nonostante, senza quel modello virtuoso,l’arte del moderno dirigere non sarebbe la stessa. Esolo a fronte di questa consapevolezza devono esseresoppesate le parole di Zweig che, a seguire, esaminal’abilità di Toscanini nel mimare con il gesto il suonodi ogni strumento. Una dote attoriale che gli consen-tiva di raffigurare la musica con le mani e con gli occhi:mobili, severi, spiritati, sempre vigili e magnetici:

Solitamente vellutati, gli occhi vigili e attenti man-dano lampi di fuoco da sotto le sopracciglia arruffate,la bocca assume una rigida piega volitiva, ogni nervodelle mani, ogni organo si pone immediatamente nellostato di massima allerta. [...] A poco a poco si spri-giona da lui la forza della persuasione, e il grande donodella gestualità, tutto italiano, trova nelle sue manimagnificamente espressive geniale espressione. Per-sino chi è negato alla musica riuscirebbe a capire daisuoi gesti cosa intende e cosa vuole quando scandisceil ritmo, quando allarga scongiurando le braccia o le

preme ardentemente sul cuore [...]. Con crescenteardore adopera tutte le arti persuasive, prega, scon-giura, implora, gesticola, enumera, canta a voce alta,si immedesima in ogni singolo strumento per ispi-rarlo, le sue mani imitano i movimenti del violino,dei fiati, dei timpani, e uno scultore che volesse sim-bolicamente rappresentare l’umana impazienza, lapreghiera, il desiderio, lo sforzo, il fervore, non tro-verebbe modello più adatto di questi gesti mimeticidi Toscanini (pp. 81, 83-84).

Fedeltà alla partitura

L’ammirazione di Toscanini per Verdi fu a dirpoco smisurata. Nel 1887 il neodirettore si fece assu-mere alla Scala come violoncellista per assistere allapreparazione della prima di Otello. I comuni riscon-tri sul Falstaff, per una edizione del 1893, furonoimprontati a un rapporto di reciproca stima. Poi un’ul-tima visita prima della morte e la tumulazione nel feb-braio del 1901 presso la Casa di riposo per musicistia Milano, ove il direttore fece intonare a ottocentocoristi il Va’ pensiero dal Nabucco.

Deferenza a parte, le comuni origini parmensi nullahanno a che vedere con i gusti di Toscanini. Egli amavail Verdi della maturità. In esso riconobbe sia le paren-tele velate, sia il connubio profondo con la musa diWagner. Anche dopo la revisione dell’usurata trilogiapopolare, la sua predilezione per Aida, Otello e Fal-

staff rimase sempre intatta. E per amor di teatro, nel-l’ultimo dei tre capolavori egli chiedeva ai solisti direcitare la commedia e di badare un po’ meno al canto.

La passione verdiana funse pure da deterrente con-tro le insidie che si annidavano nella querelle sullaesatta esecuzione. Nel 1913 Arrigo Boito donò a Tosca-nini l’edizione dei Copialettere di Verdi. Il nostro stilòun appunto sulle pagine in cui è riportata una letterainviata a Giulio Ricordi l’11 aprile 1871, nella qualeil compositore deprecava «la divinazione dei direttori»e la «creazione» a ogni recita. A detta di Verdi tale pra-tica avrebbe condotto «al barocco e al falso», come eraaccaduto con i cantanti del Settecento, ai quali erastata concessa troppa libertà nel fiorire la parte. Intro-durre «effetti non immaginati» equivaleva per Verdia un tradimento del pensiero del compositore (I copia-

lettere di Giuseppe Verdi, 1913, p. 29). E a tal fine se -gnalò a Ricordi nella stessa lettera un errore clamo-roso commesso dal pur bravo Angelo Mariani, il quale,nella sinfonia d’introduzione della Forza del destino,inserì un colorito contrario a quello richiesto dal-l’opera. Verdi ammetteva «un solo creatore» e un di -rettore che si limitasse a leggere «quello che è scritto».La nota «da osservare», vergata da Toscanini a mar-gine della lettera, ha il sapore di un monito per sé eper quanti trascuravano il senso della musica con inde-bito scambio di ruoli tra esecutore e autore.

527

ARTURO TOSCANINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 527

Page 29: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

Sulla scia di Verdi, Toscanini avrebbe edificato ilmito della fedeltà alla partitura, come se nelle arti per-formative fosse possibile sfuggire dal problema del-l’interpretazione. Con buona pace di entrambi, è risa-puto che l’uso scambievole di termini come esecutoree interprete doveva finire negli anni Venti del secoloscorso, quando in Europa musicologi e intellettualiiniziarono a interrogarsi sul significato da attribuireall’interpretazione, quale elemento mutevole nel pro-cesso di attualizzazione. Nel 1930, citando l’esempiodi Toscanini, Guido M. Gatti diede una lucida decrit-tazione del rapporto tra la pagina notata e le infinitepossibilità esecutive. L’opus musicale era finalmenteconsiderato una virtualità, ossia una strategia narra-tiva in cui le intenzioni dell’autore si congiungono conla sensibilità dell’interprete, al quale si rimette il com-pito gravoso di farle affiorare. Non per questo egliassume il ruolo di coautore, come protestavano in Ita-lia i corifei più ortodossi dell’estetica crociana. È inveceil ricreatore di un oggetto intenzionale, o intersog-gettivo, sul quale si pronuncerà nel dopoguerra, conargomenti meno opinabili, il fenomenologo polaccoRoman Ingarden.

Le questioni ontologiche dell’arte erano estraneealla mentalità di Toscanini. Egli era abituato a con-templare la materia in termini apodittici, quanto prag-matici, per scindere il vero dal falso. Il suo diniegoalle letture enfatizzate a sproposito, per intenderciquelle dei direttori del ‘tempo rubato’, fu decisivonello stabilire il principio di autorialità contro ogniforma di abuso. Da un altro punto di vista fu consu-stanziale alla coeva poetica della neue Sachlichkeit.Lazare Saminsky, direttore di origini russe cui si deveun Essentials of conducting (1958), fu uno dei primi acogliere l’analogia tra il rifiuto opposto da PaulHindemith, Darius Milhaud e Poulenc alle effusionitardoromantiche, e il traguardo conseguito dal mae-stro italiano nel censurare le consimili incrostazionisul piano dell’esecuzione. Ragion per cui etichettòToscanini con il sagace epiteto di ‘musicista neoclas-sico, tanto ellenico quanto moderno’. Anche Adornopervenne alle medesime conclusioni, ma solo per for-mulare congetture di ordine sociologico versus Tosca-nini. «L’allergia contro l’espressione», ribadì il filo-sofo, fece maturare una responsabilità estetica nuovadella quale, in piena autonomia, si fecero banditoriHindemith, Schönberg e Stravinskij. A quella «presadi coscienza» contribuì Toscanini, da sempre ostilealle «proiezioni arbitrarie di impulsi soggettivi». Perdi più, con la sua autorità obbligò le istituzioni adaccogliere la prassi instaurata da quei compositori,scatenando «una guerra fanatica contro il virtuosismo»(Adorno 1959; trad. it. 2004, pp. 40-41).

Il tenace lavoro di decostruzione svolto da Tosca-nini ha lasciato una traccia indelebile nella culturamoderna. Da allora essa cerca nell’interprete il doubledel compositore, come recita il titolo di un libro famosodi René Leibowitz (Le compositeur et son double, 1971).

Nell’ottica toscaniniana il ripristino dell’autorialità fuuna questione etica prima che estetica. A Berlino, nel1929, il critico della «Berliner Börser Zeitung» para-gonò la sua direzione del Falstaff a un «servizio reli-gioso», per esprimere l’atto di sottomissione con il qualeegli rinunciava alle «interpretazioni creative» in nomedella verità. E il giovane Herbert von Karajan fucostretto a ricredersi sulla banalità della Lucia di Lam-mermoor, quando il maestro diresse l’opera di GaetanoDonizetti come se si trattasse del Parsifal. Parecchianni prima, nel 1913, Max Smith si avvide della pro-fonda differenza tra il rigore dell’italiano e la spregiu-dicatezza di Nikisch, adorato dalla potente coloniatedesca che orientava la vita musicale di New York.Mentre Nikisch si concedeva troppe licenze, alterandola natura della musica, Toscanini ambiva al rispettodel dettato originale per entrare in comunione con «lospirito della mente creatrice» (Horowitz 1987; trad. it.1988, p. 83). Il secondo dei due rilievi permette di farechiarezza sul concetto di fedeltà in Toscanini.

È risaputo che il maestro non si attenne sempre aquanto prescrive la composizione. Le sue revisioni,tuttavia, erano mirate a soddisfare le esigenze postedal numero e dalla qualità degli strumenti. Alla finedell’Ottocento, infatti, la fisionomia delle orchestreaveva subito notevoli mutamenti: il numero degli archiera raddoppiato, le sezioni dei fiati avevano cambiatola meccanica e nuovi strumenti avevano sostituito ipiù obsoleti. Wagner, Hans von Bülow, Mahler, OttoKlemperer, e anzitutto Felix Weingartner, con i suoi‘consigli’ per approntare le sinfonie dei classici (Rat-schläge für Aufführungen klassischer Symphonien, 3voll., 1906-1923), indicarono la via da seguire per risol-vere i problemi dell’orchestrazione. Toscanini li superòseguendo il proprio istinto, talvolta in modo assai dif-forme dagli illustri predecessori, che avevano mani-polato con disinvoltura i brani più famosi – Wagnerdocet con il suo Zum Vortrag der neunten SymphonieBeethovens del 1873, il saggio che racchiude il rac-conto delle sperimentazioni con la Nona di Beethoven,alle quali si rifece anche Strauss: spostamenti di otta -va, aggiunta degli ottoni per raddoppiare i legni nelloScherzo, accorpamento delle trombe con i legni nel-l’incipit del movimento finale. Dal confronto tra lesin fonie di Beethoven, e le relative incisioni realizzatecon la New York Symphony Orchestra e la NBC Sym-phony Orchestra, si intuisce che in alcuni frangentile soluzioni proposte da Toscanini erano tese a miglio-rare gli effetti che lo strumentale di cui disponeva ilmaestro di Bonn non avrebbe potuto realizzare. Provane sono i contrabbassi nel registro profondo alla chiu-sura del primo movimento della Settima, contro l’uni-sono all’acuto con i violoncelli della partitura auto-grafa, o l’uso dei timpani a varia intonazione nel finaledella Quinta.

Ad avallare la sapienza del maestro sono i ritocchiattuati in accordo con gli autori. Debussy, impossibi-litato a recarsi alle prove di Pelléas et Mélisande, diede

528

IVANO CAVALLINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 528

Page 30: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

il suo benestare alle decisioni del direttore (teatro allaScala, 1908). Puccini, per una ripresa di Manon Lescaut(teatro alla Scala, 1922), acconsentì compiaciuto allemigliorie apportate dall’amico, mentre, per le corre-zioni a La fanciulla del West, è acclarata una fattivacollaborazione tra i due. Le aggiunte ai tre schizzi sin-fonici La Mer di Debussy, documentate a Salisburgodal suo assistente Erich Leinsdorf, passarono poi nellatradizione. Non sempre, tuttavia, vi era una ragionestorica o il consenso del compositore a garantire le‘limature’ di Toscanini. Per cui il confine tra lecito eillecito in taluni momenti si fece risibile; si veda, atitolo di esempio, l’aggiunta di una tromba per ren-dere più ‘chiaro’ il finale della Vltava (Moldava), peril quale Smetana aveva prescritto i soli tromboni. Purtralasciando qualche episodio di ordi ne opposto, latensione a mettersi sempre al servizio dell’autore fuper Toscanini un ideale irrinuncia bile. Un modo dipensare che segnò il discrimine tra riscrittura e ritocco,e pose fine alle modificazioni sconsiderate del passatorecente. Nel 1930, dopo avere rassegnato le dimis-sioni alla Scala per il lavoro massacrante cui era statosottoposto, Toscanini si apprestò a sostenere una lungatournée in Europa con la Symphony Orchestra di NewYork. A Firenze, a colloquio con Ugo Ojetti, dissecon il consueto tono perentorio:

Chi pensa che Mozart, Beethoven, Wagner, Verdihanno sbagliato e sono da correggere, è un imbecille.[...] Quelli non hanno scritto musica per far fare bellafigura a me. Sono io che devo far fare buona figuraa loro, rivelandoli come sono, avvicinando me e l’or-chestra a loro, più che posso [...]. Il direttore nondeve creare: il direttore deve eseguire (Sachs 1978;trad. it. 1998, p. 223).

Mediatic turn

Diversamente dagli Stati Uniti, in Italia la radioebbe una gestazione assai lenta. Nata nel 1924, l’URI(Unione Radiofonica Italiana, dal 1927 EIAR, EnteItaliano per le Audizioni Radiofoniche) stentò a pro-grammare un palinsesto decente. Alla Scala Toscaniniera contrario alla installazione dei microfoni, anchese nel giro di pochi anni le emissioni radiofonichefurono accettate dalla stragrande maggioranza deglienti lirici, che non vedevano più nel nuovo mezzo dicomunicazione un antagonista in grado di erodere ilnumero dei frequentatori dei teatri. David Sarnoff,presidente della RCA (Radio Corporation of America),nel 1937 persuase l’ormai celebre direttore a sceglierei migliori strumentisti degli Stati Uniti per costituireun’orchestra sotto la tutela della NBC. Il sodalizio duròsino al 1951, e l’orchestra, capeggiata da Toscanini,trasmise centoventi opere e cinquecento lavori sinfoni -ci. Meno ricco, in quanto recente, il catalogo delle appa-rizioni televisive, che ammonta a dieci filmati prodottitra il 1948 e il 1952. Per i concerti televisivi l’orchestra

si trasferì nello studio 8H, ove l’acustica era molto più‘secca’ a confronto di quella ‘morbida’ della sala adi-bita alle trasmissioni via radio.

Al Lincoln Center di New York è depositato il fondoRodgers and Hammerstein Archives che assomma sei-mila ore di registrazioni in disco, cassetta e nastro.Anche se la messe di incisioni toscaniniane è elevata,tentare oggi un bilancio critico esente da imperfezioniè un azzardo. Un primo impedimento è dovuto a ragio-ni di natura ambientale. I supporti tecnici nell’età diToscanini erano qualitativamente modesti, e il mae-stro, per aggirare l’ostacolo, fu costretto ad adattare siala disposizione degli organici, sia taluni particolari dellepartiture (per esempio la riscrittura delle arcate).

Un’altra barriera invalicabile è costituita dall’in-terpretazione, che non può essere considerata un uni-verso statico, inaccessibile alle leggi dell’evoluzione.Prima di tutto, le incisioni nate negli studi attestanouna condotta rigida dell’orchestra, di contro a quellapiù plastica tenuta dal direttore nelle registrazioni dalvivo. Inoltre, per ovvi motivi, non è ammissibile il raf-fronto tra le opere a teatro, ove i cantanti sono in azione,e le opere in studio, ove questi restano immobili. Irre-solubili poi le discrasie tra le poche incisioni dei primianni Venti e il numero cospicuo di quelle impressedalla RCA e dalla NBC Symphony Orchestra, quandoToscanini aveva raggiunto la ragguardevole età deisettanta anni. Un lasso di tempo enorme, durante ilquale vi furono parecchi ripensamenti, coscienti einvolontari, da parte del maestro. Alcuni casi istrut-tivi, in merito alla tormentata questione dello staccodei tempi, aiutano a capire con quanta circospezionedev’essere trattata la materia.

Della Missa solemnis di Beethoven sono disponi-bili tre incisioni: una del 1935 con la New York Phil-harmonic Orchestra, un’altra del 1940 con la NBCSymphony Orchestra, e una terza del 1953 con la stessaformazione per la RCA. La differenza tra la prime dueè minima, ma nell’ultima la durata cala di ben noveminuti. Da notare, al riguardo, che le registrazioni sisvolsero sempre alla Carnegie Hall. La Sinfonia Haff-ner KV 385 di Mozart conta quattro edizioni: una del1929 con la filarmonica newyorkese, una del 1935 conl’orchestra della BBC di Londra, e un paio del 1943 edel 1946 con quella della NBC. Tra la prima del 1929e l’ultima del 1946, ambedue realizzate in studio, siriscontra una divergenza marcata. Da un’agogica flut-tuante, determinata da rallentamenti e accelerazioni,Toscanini cede a una sorprendente uniformità nellaversione più tarda. La compressione della dinamicatalvolta deluse anche il maestro. Con la finezza esege-tica che gli era propria, nel 1967 Ansermet rammen -tò che nella Settima sinfonia di Beethoven Toscaninitendeva ad accelerare progressivamente il finale. Vi -ceversa, dopo avere ascoltato l’incisione della Quar -ta sinfonia di Mendelssohn (l’Italiana), il giorno se-guente il maestro era furibondo. Constatò di averepreso dei tempi troppo spediti, e dovendo dirigere la

529

ARTURO TOSCANINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 529

Page 31: IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO · Il madrigale all’estero e il ‘caso Inghilterra’ ... orchestrale romana «Una più squisita armonia instromentale»: ascesa

stessa partitura alla Carnegie Hall convocò gli orche-strali per raccomandare loro di rallentare, con il fineprecipuo di dare maggiore evidenza al ‘canto’.

Nel 1972 Haggin riesaminò il problema invero deli-cato e giunse alla constatazione che in linea di massimala direzione del giovane Toscanini era «expansive»,ossia espressiva e varia nella dinamica, seppure sta-bile nella gestione del ritmo. In vecchiaia, invece, subìuna parziale mutazione: si fece «simpler» a discapitodella cantabilità cui si era appellato nell’arco della sualunga carriera (Haggin 1959, p. 182). Con tutte le cau-tele del caso, suggerite dalla limitata affidabilità delpatrimonio riversato in ottantadue CD (RCA, 1998),la dottrina di Toscanini può sopportare anche questaclassificazione di comodo. La rivoluzione compiutadal maestro si regge infatti su cardini solidi, e nem-meno l’analisi più severa può vanificare le conseguenzepositive che da essa discesero.

Bibliografia

S. Zweig, Arturo Toscanini: ein Bildnis, in P. Stefan, ArturoToscanini, Wien-Leipzig-Zürich 1935 (trad. it. ArturoToscanini: un ritratto, in Id., La resurrezione di Haendel ealtri scritti, a cura di L. Venturi, Firenze 1994, pp. 65-89).

H. Taubman, Toscanini, London 1951.

Th.W. Adorno, Die Meisterschaft des Maestro, in Id.,Klangfiguren. Musikalische Schriften, 1° vol., Frankfurtam Main-Berlin 1959 (trad. it. La maestria del maestro,in Id., Immagini dialettiche: scritti musicali 1955-65, acura di G. Borio, Torino 2004, pp. 40-53).

B.H. Haggin, Conversations with Toscanini, New York 1959.B.H. Haggin, The Toscanini musicians knew, New York 1967.B.H. Haggin, Toscanini and uses of criticism, «The Sewanee

review», 1972, 80, 2, pp. 298-314.H. Sachs, Toscanini, London 1978 (trad. it. Milano 1998).A. Della Corte, Toscanini, Pordenone 1981.La lezione di Toscanini, Atti del Convegno di studi toscaniniani

al XXX Maggio musicale fiorentino, a cura di F.d’Amico, R. Paumgartner, Firenze 1985.

J. Horowitz, Understanding Toscanini, London 1987 (trad.it. Toscanini: come diventò un dio della cultura americanae contribuì a creare un nuovo pubblico per la musica classica,Milano 1988).

E.W. Galkin, A history of orchestral conducting in theory andpractice, New York 1988, pp. 647-65.

B.H. Haggin, Arturo Toscanini: contemporary recollections ofthe maestro, New York 1989.

G. Marchesi, Toscanini, Torino 1993.Gabriele D’Annunzio e Arturo Toscanini. Scritti, a cura di C.

Santoli, Roma 1999.M.H. Frank, Arturo Toscanini: the NBC years, Portland 2002.Arturo Toscanini: il direttore e l’artista mediatico, a cura di M.

Capra, I. Cavallini, Lucca 2011.K.A. Christensen, The Toscanini mystique: the genius behind

the music, Bloomington 2014.

530

IVANO CAVALLINI

8 Musica 05_03 Cavallini_Contributo Musica 21/03/17 16:03 Pagina 530