IL CONTRIBUTO DELL'ARCHEOZOOLOGIA ALLA ... 2 Convegno AIAZ Asti 1997 Tozzi...Atti del 2 Convegno...

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Atti del 2° Convegno Nazionale di Archeozoologia (Asti, 1997) - ABACO Edizioni, Forlì, 2000 IL CONTRIBUTO DELL'ARCHEOZOOLOGIA ALLA CONOSCENZA DEL MESOLITICO SARDO-CORSO Carlo TOZZr, Jean Denis VIGNE" 'Dipartimento di Scienze Archeologiche, Università di Pisa "CNRS (ESA 8045), Muséum National d'Histoire naturelle, Parigi Riassunto Gli scavi archeologici condotti negli ultimi anni nel sud della Corsica e nel Nord della Sardegna hanno permesso di sviluppare le conoscenze sui gruppi umani che sono vissuti nelle due isole intorno al IX e Vili millennio a.C. Il loro modo di vita permette di qualificarli come Mesolitici. I dati archeozoologici, in particolare quelli del sito di Monte Leone (Bonifacio. Corsica) mostrano che questi gruppi umani sono essenzialmente vissuti di caccia alla pic- cola selvaggina terrestre (Prolagus sardus), ma in cui figura anche la grande otarda (Otis tarda). L'alimentazione era completata dalla pesca costiera, dallo sfruttamento dei mammiferi marini e dalla raccolta dei molluschi, anche se queste attività non sono testimoniate in tutti i siti. Nella maggior parte della regione, se non in tutta, la macrofauna endemica (Megaloceros cazioti e Cynotherium sardous) era già scomparsa in quel periodo. Queste ossen'azioni permettono di discutere il sistema di sfruttamento delle risorse e dei territori da parte dei Mesolitici sardo-corsi. Parole chiave Mesolitico, Corsica, Sardegna, fauna, sussistenza. Summary ARCHAEOZOOLOGICAL CONTRIBUTION TO THE CORSICO-SARDINIAN MESOLITHIC Recent excavations in Southern Corsica and Northern Sardinia improved knowledge of human groups who lived on both islands around the 9th-8th millennia cal. BC. According to their subsisten- ce, they can be considered as true Mesolithic people. Archaeozoological data, specially from the Monte Leone shelter (Bonifacio, Corse), show that their subsistence was mainly drawn from hunting small terrestrial game, mostly composed of Prolagus sardus but also of the great bustard (Otis tarda). It was completed by fishing on the seashore, exploiting sea mammals and cropping shellfish. These activities are not attested altogether on all sites. In most of the areas if not everywhere, large endemic mammals (Megaloceros cazioti and Cynotherium sardous) were already extinct at this time. These obsen'ations allow first discussions about the subsistence system and territory of these Corsico- Sardinian Mesolithic people. Keywords Mesolithic, Corsica, Sardinia, fauna, subsistence. Il popolamento umano delle isole mediterranee nel Mesolitico Eccettuata la Sicilia e alcune isole del Mar Egeo (Eubea), le grandi isole del Mediterraneo sono rimaste separate dal continente da bracci di mare durante tutta la parte finale del- l'ultima glaciazione (van Andel, 1989, 1990; Ulzega, Martini, 1989-90). Finora nessuna di esse ha fornito indizi di presenza umana alla fine del Paleolitico (Vigne, 1999a), con la possibile eccezione dei dati di Akiotiri-Aetokremnos (Chypre) (Simmons, 1991; Bunimovitz e Barkai, 1996) e di quelli ancora più controversi della Grotta Corbeddu (Oliena, Sardegna) (Sondaar et al., 1986; Klein Hofmeijer et al., 1987). Le testimonianze archeologiche più sicure sono quel- le del 9-8° millennio cal. BC, in Sardegna e Corsica, e indi- cano trattarsi di gruppi di cacciatori raccoglitori contempo- ranei al Mesolitico, che non praticavano né l'agricoltura né l'allevamento. Come si sono adattati questi gruppi umani agli ambienti insulari, isolati dal continente spesso da centinaia di migliaia di anni e dove le faune terrestri erano poco diversificate e composte da specie endemiche? Quali strategie di sfrutta- mento hanno adottato di fronte a questi ambienti dove era assente la grande fauna selvatica, che costituiva la base delle loro risorse sul continente? Hanno dovuto affrontare situa- zioni di penuria alimentare e, in caso affermativo, perché si sono stanziati su queste isole? Queste domande, che riguar- dano la conoscenza del comportamento delle società del tardo Mesolitico, poco prima della neolitizzazione, comin- ciano a trovare qualche risposta grazie all'analisi delle asso- ciazioni faunistiche provenienti dai siti "preneolitici" della Corsica e della Sardegna. Il termine "preneolitico", che è stato giustamente introdotto da Lanfranchi (1967) per indi- care in via provvisoria i complessi litici anteriori alla com- parsa della ceramica e della economia produttiva, potrebbe ora essere abbandonato a favore di Mesolitico (Lanfranchi, 1998). Questo Mesolitico corso-sardo, pur non avendo fino- ra restituito un'industria microlitica, può essere così defini- to sia in base a criteri paleoeconomici, sia perché corrispon- de ai gruppi di cacciatori dell'Olocene, contemporanei al Mesolitico continentale. Il Mesolitico corso-sardo Attualmente il massiccio corso-sardo ha restituito otto siti attribuibili al Mesolitico, di cui sei in Corsica e due in Sardegna (Fig.l). In Corsica il primo giacimento Mesolitico è stato scoperto alla fine degli anni 60 da F. de Lanfranchi (1967): si tratta del riparo di Curacchiaghiu, situato a circa 700 metri di quota. Durante gli anni 70 e 80 sono stati scoperti altri quat- tro siti mesolitici, tutti nelle piane costiere del nord e del sud 177 Atti del 2 0 Convegno Nazionale di Archeozoologia (Asti, 1997) - ABACO Edizioni, Forll, 2000 IL CONTRIBUTO DELL'ARCHEOZOOLOGIA ALLA CONOSCENZA DEL MESOLITICO SARDO-CORSO Carlo TOZZr, Jean Denis VIGNE * . Dipartiment o di Scienze Archeoiogiche, Univers it a di Pi sa "CNRS (ESA 8045), Museum National d' Hi stoire nature ll e, Parigi Riassunto Gl i scavi archeo lo gici condotti negli ultimi anni nel sud della Corsica e nel Nord della Sardegna hanno permesso di sviluppare le conoscenze sui gruppi umani che sono vissuti ne ll e du e isole intomo al IX e VIII millennio a. C. 11 loro modo di vita permette di qualificarli come Mesolitici. I dati archeo'Zoologici, in particolare quelli del sito di Monte Leone (Bonifacio, Corsica) mostrano che questi gruppi umani sono essenzialmente vissuti di caccia alia pic- cola se lvaggina terrestre (Prolagus sardus), ma in cui fig £Ira anche la grande otarda (Otis tarda). L'alimentazione era completata dalla pesca costiera, dallo sfruttamento dei mammiferi marini e dalla raccolta dei mollusc hi, anche se queste attivita non sono t estimoniate in tutti i siti. Nelta maggior parte delta reg ione, se non in tutta, la macrofauna endemica (Mega loceros cazioti e Cynotherium sardous) era gia scomparsa in que I periodo. Queste osservazioni permettono di discutere if sistema di sfruttamento delle risorse e dei territori da parte dei Mesolitici sardo-corsi. Parole chiave Mesolitico, Corsica, Sardegna, fauna, sussistenza. D popolamento umano delle isole mediterranee nel Mesolitico Eccettuata la Sicilia e alcune isole del Mar Egeo (Eubea), le grandi isole del Mediterraneo sono rimaste separate dal continente da bracci di mare durante tutta la parte finale del- l'ultima glaciazione (van Andel, 1989, 1990; Ulzega, Martini, 1989-90). Finora nessuna di esse ha fomito indizi di presenza umana alIa fine del Paleolitico (Vigne, 1999a), con la poss ibile eccezione dei dati di Akrotiri-Aetokremnos (Chypre) (Simmons, 1991; Bunimovitz e Barkai, 1996) e di queUi ancora piu controversi della Grotta Corbeddu (Oliena, Sardegna) (Sondaar et aI., 1986; Klein Hofmeijer et aI., 1987). Le te stimonianze archeologiche piu sicure sono quel- le del 9-8 0 millennia cal. BC, in Sardegna e Corsica, e indi- cano trattarsi di gruppi di cacciatori raccoglitori contempo- ranei al Mesolitico, che non praticavano ne l'agricoltura ne I'allevamento. Come si sono adattati questi gruppi umani ag li ambienti insulari, isolati dal continente spesso da centinaia di rni gliaia di anni e dove le faune terrestri erano poco diversificate e co mpo ste da specie endemiche? Quali strategie di sf rutta- mento hanno adottato di fronte a questi ambienti dove era assente la grande fauna selvatica, che costituiva la base delle loro risorse sui continente? Hanno dovuto affrontare situa- zioni di penuria alimentare e, in caso affermativo, perche si Summary ARCHAEOZOOLOGICAL CONTRIBUTION TO THE CORSICO-SARDINIAN MESOLITHIC Recent excavations in Southern Corsica and Northern Sardinia improved knowledge of human groups who li ved on both islands around the 9th-8th millennia ca l. BC. According to their subsisten- ce, they can be considered as true Mesolithic people. Archaeozoological data, specially from th e Monte Leone shelter (Bonifacio, Co rse), show that their subsistence was mainly drawn from hunting small terrestrial game, mostly composed of ProJagus sardus but also of the great bustard (Otis tarda). It was completed by fishing on the seashore, exploiting sea mammals and cropping shellfish. These activities are not attested altogether on all sites. In most of the areas if not everywhere, large endemic mammals (MegaJoceros cazioti and Cynotherium sardous) were already extinct at this time. These observations allow first discussions about the subsistence system and territory of these Corsico- Sardinian Mesolithic people. Keywords Mesolithi c, Corsica, Sardinia, fauna, subsistence. sono stanziati su queste isole? Queste domande, che riguar- dano la conoscenza del comportamento delle societa del tardo Mesolitico, poco prima della neolitizzazione, comin- ciano a trovare qualche risposta grazie all'analisi delle as so- ciazioni faunistiche provenienti dai si ti "preneolitici" della Corsica e della Sardegna. Il terrnine "preneolitico", che e stato giustamente introdotto da Lanfranchi (1967) per indi- care in via provvisoria i complessi Iitici anteriori alI a com- parsa della cerarnica e dell a economia produttiva, potrebbe ora essere abbandonato a favore di Mesolitico (Lanfranchi, 1998). Questo Mesolitico corso-sardo, pur non avendo fino- ra restituito un' industria microlitic a, pu o essere cosl defini- to sia in base a criteri paleoeconomici, sia perche corrispon- de ai gruppi di cacciatori dell'Olocene, contemporanei al Mesolitico continentale. Il Mesolitico corso-sardo Attualmente il mass iccio corso-sardo ha restituito otto siti attribuibili al Mesolitico, di cui sei in Corsica e due in Sardegna (Fig. 1 ). In Corsica il primo giacimento Mesolitico e stato scoperto alla fine degli anni 60 da F. de Lanfranchi (1967): si tratta del riparo di Curacchiaghiu, situato a cLrca 700 metri di quota. Durante gli anni 70 e 80 sono stati scoperti altri quat- tro siti mesolitici, tutti nelle piane costiere del nord e del sud 177

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Atti del 2° Convegno Nazionale di Archeozoologia (Asti, 1997) - ABACO Edizioni, Forlì, 2000

IL CONTRIBUTO DELL'ARCHEOZOOLOGIA ALLA CONOSCENZA DEL MESOLITICO SARDO-CORSO

Carlo TOZZr, Jean Denis VIGNE" 'Dipartimento di Scienze Archeologiche, Università di Pisa "CNRS (ESA 8045), Muséum National d'Histoire naturelle, Parigi

Riassunto Gli scavi archeologici condotti negli ultimi anni nel sud della

Corsica e nel Nord della Sardegna hanno permesso di sviluppare le conoscenze sui gruppi umani che sono vissuti nelle due isole intorno al IX e Vili millennio a.C. Il loro modo di vita permette di qualificarli come Mesolitici. I dati archeozoologici, in particolare quelli del sito di Monte Leone (Bonifacio. Corsica) mostrano che questi gruppi umani sono essenzialmente vissuti di caccia alla pic-cola selvaggina terrestre (P ro l agus sardus) , ma in cui figura anche la grande otarda (Otis tarda). L'alimentazione era completata dalla pesca costiera, dallo sfruttamento dei mammiferi marini e dalla raccolta dei molluschi, anche se queste attività non sono testimoniate in tutti i siti. Nella maggior parte della regione, se non in tutta, la macrofauna endemica (Megaloceros cazioti e Cynotherium sardous) era già scomparsa in quel periodo. Queste ossen'azioni permettono di discutere il sistema di sfruttamento delle risorse e dei territori da parte dei Mesolitici sardo-corsi.

Parole chiave Mesolitico, Corsica, Sardegna, fauna, sussistenza.

Summary ARCHAEOZOOLOGICAL CONTRIBUTION TO THE CORSICO-SARDINIAN MESOLITHIC

Recent excavations in Southern Corsica and Northern Sardinia improved knowledge of human groups who lived on both islands around the 9th-8th millennia cal. BC. According to their subsisten-ce, they can be considered as true Mesolithic people. Archaeozoological data, specially from the Monte Leone shelter (Bonifacio, Corse), show that their subsistence was mainly drawn from hunting small terrestrial game, mostly composed of Prolagus sa rdus but also of the great bustard (Ot is tarda). It was completed by fishing on the seashore, exploiting sea mammals and cropping shellfish. These activities are not attested altogether on all sites. In most of the areas if not everywhere, large endemic mammals (Megaloceros cazioti and Cynotherium sardous) were already extinct at this time. These obsen'ations allow first discussions about the subsistence system and territory of these Corsico-Sardinian Mesolithic people.

Keywords Mesolithic, Corsica, Sardinia, fauna, subsistence.

Il popolamento umano delle isole mediterranee nel Mesolitico

Eccettuata la Sicilia e alcune isole del Mar Egeo (Eubea), le grandi isole del Mediterraneo sono rimaste separate dal continente da bracci di mare durante tutta la parte finale del-l'ultima glaciazione (van Andel, 1989, 1990; Ulzega, Martini, 1989-90). Finora nessuna di esse ha fornito indizi di presenza umana alla fine del Paleolitico (Vigne, 1999a), con la possibile eccezione dei dati di Akiotiri-Aetokremnos (Chypre) (Simmons, 1991; Bunimovitz e Barkai, 1996) e di quelli ancora più controversi della Grotta Corbeddu (Oliena, Sardegna) (Sondaar et al., 1986; Klein Hofmeijer et al., 1987). Le testimonianze archeologiche più sicure sono quel-le del 9-8° millennio cal. BC, in Sardegna e Corsica, e indi-cano trattarsi di gruppi di cacciatori raccoglitori contempo-ranei al Mesolitico, che non praticavano né l'agricoltura né l'allevamento.

Come si sono adattati questi gruppi umani agli ambienti insulari, isolati dal continente spesso da centinaia di migliaia di anni e dove le faune terrestri erano poco diversificate e composte da specie endemiche? Quali strategie di sfrutta-mento hanno adottato di fronte a questi ambienti dove era assente la grande fauna selvatica, che costituiva la base delle loro risorse sul continente? Hanno dovuto affrontare situa-zioni di penuria alimentare e, in caso affermativo, perché si

sono stanziati su queste isole? Queste domande, che riguar-dano la conoscenza del comportamento delle società del tardo Mesolitico, poco prima della neolitizzazione, comin-ciano a trovare qualche risposta grazie all'analisi delle asso-ciazioni faunistiche provenienti dai siti "preneolitici" della Corsica e della Sardegna. Il termine "preneolitico", che è stato giustamente introdotto da Lanfranchi (1967) per indi-care in via provvisoria i complessi litici anteriori alla com-parsa della ceramica e della economia produttiva, potrebbe ora essere abbandonato a favore di Mesolitico (Lanfranchi, 1998). Questo Mesolitico corso-sardo, pur non avendo fino-ra restituito un'industria microlitica, può essere così defini-to sia in base a criteri paleoeconomici, sia perché corrispon-de ai gruppi di cacciatori dell'Olocene, contemporanei al Mesolitico continentale.

Il Mesolitico corso-sardo Attualmente il massiccio corso-sardo ha restituito otto siti

attribuibili al Mesolitico, di cui sei in Corsica e due in Sardegna (Fig.l).

In Corsica il primo giacimento Mesolitico è stato scoperto alla fine degli anni 60 da F. de Lanfranchi (1967): si tratta del riparo di Curacchiaghiu, situato a circa 700 metri di quota. Durante gli anni 70 e 80 sono stati scoperti altri quat-tro siti mesolitici, tutti nelle piane costiere del nord e del sud

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Atti del 20 Convegno Nazionale di Archeozoologia (Asti, 1997) - ABACO Edizioni, Forll , 2000

IL CONTRIBUTO DELL'ARCHEOZOOLOGIA ALLA CONOSCENZA DEL MESOLITICO SARDO-CORSO

Carlo TOZZr, Jean Denis VIGNE* . Dipartimento di Scienze Archeoiogiche, Universita di Pi sa "CNRS (ESA 8045), Museum National d ' Histoire naturelle, Parigi

Riassunto Gli scavi archeologici condotti negli ultimi anni nel sud della

Corsica e nel Nord della Sardegna hanno permesso di sviluppare le conoscenze sui gruppi umani che sono vissuti nelle due isole intomo al IX e VIII millennio a. C. 11 loro modo di vita permette di qualificarli come Mesolitici. I dati archeo'Zoologici, in particolare quelli del sito di Monte Leone (Bonifacio, Corsica) mostrano che questi gruppi umani sono essenzialmente vissuti di caccia alia pic­cola selvaggina terrestre (Prolagus sardus), ma in cui fig £Ira anche la grande otarda (Otis tarda). L'alimentazione era completata dalla pesca costiera, dallo sfruttamento dei mammiferi marini e dalla raccolta dei mollusc hi, anche se queste attivita non sono testimoniate in tutti i siti. Nelta maggior parte delta regione, se non in tutta, la macrofauna endemica (Megaloceros cazioti e Cynotherium sardous) era gia scomparsa in que I periodo. Queste osservazioni permettono di discutere if sistema di sfruttamento delle risorse e dei territori da parte dei Mesolitici sardo-corsi.

Parole chiave Mesolitico, Corsica, Sardegna, fauna, sussistenza.

D popolamento umano delle isole mediterranee nel Mesolitico

Eccettuata la Sicilia e alcune isole del Mar Egeo (Eubea), le grandi isole del Mediterraneo sono rimaste separate dal continente da bracci di mare durante tutta la parte finale del­l'ultima glaciazione (van Andel, 1989, 1990; Ulzega, Martini, 1989-90). Finora nessuna di esse ha fomito indizi di presenza umana alIa fine del Paleolitico (Vigne, 1999a), con la possibile eccezione dei dati di Akrotiri-Aetokremnos (Chypre) (Simmons, 1991; Bunimovitz e Barkai, 1996) e di queUi ancora piu controversi della Grotta Corbeddu (Oliena, Sardegna) (Sondaar et aI., 1986; Klein Hofmeijer et aI., 1987). Le testimonianze archeologiche piu sicure sono quel­le del 9-8 0 millennia cal. BC, in Sardegna e Corsica, e indi­cano trattarsi di gruppi di cacciatori raccoglitori contempo­ranei al Mesolitico, che non praticavano ne l'agricoltura ne I'allevamento.

Come si sono adattati questi gruppi umani agli ambienti insulari, isolati dal continente spes so da centinaia di rnigliaia di anni e dove le faune terrestri erano poco diversificate e composte da specie endemiche? Quali strategie di sfrutta­mento hanno adottato di fronte a questi ambienti dove era assente la grande fauna selvatica, che costituiva la base delle loro risorse sui continente? Hanno dovuto affrontare situa­zioni di penuria alimentare e, in caso affermativo, perche si

Summary ARCHAEOZOOLOGICAL CONTRIBUTION TO THE CORSICO-SARDINIAN MESOLITHIC

Recent excavations in Southern Corsica and Northern Sardinia improved knowledge of human groups who lived on both islands around the 9th-8th millennia cal. BC. According to their subsisten­ce, they can be considered as true Mesolithic people. Archaeozoological data, specially from the Monte Leone shelter (Bonifacio, Corse), show that their subsistence was mainly drawn from hunting small terrestrial game, mostly composed of ProJagus sardus but also of the great bustard (Otis tarda). It was completed by fishing on the seashore, exploiting sea mammals and cropping shellfish. These activities are not attested altogether on all sites. In most of the areas if not everywhere, large endemic mammals (MegaJoceros cazioti and Cynotherium sardous) were already extinct at this time. These observations allow first discussions about the subsistence system and territory of these Corsico­Sardinian Mesolithic people.

Keywords Mesolithic, Corsica, Sardinia, fauna, subsistence.

sono stanziati su queste isole? Queste domande, che riguar­dano la conoscenza del comportamento delle societa del tardo Mesolitico, poco prima della neolitizzazione, comin­ciano a trovare qualche risposta grazie all'analisi delle as so­ciazioni faunistiche provenienti dai siti "preneolitici" della Corsica e della Sardegna. Il terrnine "preneolitico", che e stato giustamente introdotto da Lanfranchi (1967) per indi­care in via provvisoria i complessi Iitici anteriori alIa com­parsa della cerarnica e dell a economia produttiva, potrebbe ora essere abbandonato a favore di Mesolitico (Lanfranchi, 1998). Questo Mesolitico corso-sardo, pur non avendo fino­ra restituito un ' industria microlitica, puo essere cosl defini­to sia in base a criteri paleoeconomici, sia perche corrispon­de ai gruppi di cacciatori dell'Olocene, contemporanei al Mesolitico continentale.

Il Mesolitico corso-sardo

Attualmente il massiccio corso-sardo ha restituito otto siti attribuibili al Mesolitico, di cui sei in Corsica e due in Sardegna (Fig. 1 ).

In Corsica il primo giacimento Mesolitico e stato scoperto alla fine degli anni 60 da F. de Lanfranchi (1967): si tratta del riparo di Curacchiaghiu, situato a cLrca 700 metri di quota. Durante gli anni 70 e 80 sono stati scoperti altri quat­tro siti mesolitici, tutti nelle piane costiere del nord e del sud

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Tozzi C. - Vigne J.D.

Carta di distribuzione dei siti mesolitici in Corsica e in Sardegna.

dell'isola (Fig.l; Vigne e Desse-Berset, 1995): Araguina-Sennola (Lanfranchi et al., 1973) e Longone (Lanfranchi, 1987) vicino a Bonifacio, Strette vicino a Saint-Florent (Magdeleine et Ottaviani, 1986) e Pietracorbara nel Capo Corso (Magdeleine, 1991). Sono stati scavati tutti su una superficie molto piccola e hanno restituito una scarsa docu-mentazione.

Tuttavia si è potuto notare che l'industria litica era fabbri-cata esclusivamente con rocce locali (quarzo, riolite; non ci sono in Corsica né selce né ossidiana) scheggiati in maniera grossolana; gli strumenti, soprattutto denticolati, erano molto rari.

Due sepolture, una all'Araguina-Sennola (Duday, 1975) l'altra a Pietracorbara (Bouville, 1995), attestano un seppel-

limento in posizione dorsale, secondo l'uso mesolitico. Dal punto di vista fisico le caratteristiche dei due inumati rien-trano nella variabilità delle popolazioni mesolitiche e del neolitico antico dell'area mediterranea.

Nel 1992 fu scoperto un nuovo sito mesolitico nel Riparo di Monte Leone, anch'esso vicino a Bonifacio (Vigne et Desse-Berset, 1995; Vigne et al., 1998; Vigne, 1999b). Era questo di consistenza assai maggiore e lo si è potuto scava-re su quasi 20 mq. Vi sono state trovate strutture di stoccag-gio e di combustione, una industria litica abbondante e simi-le a quella già osservata negli altri siti, e una grande quanti-tà di resti organici: semi, carboni, conchiglie e ossa.

Le date radiometriche sull'insieme dei siti, e specialmente quelle di Monte Leone in numero di sei, permettono di defi-nire meglio il periodo in cui il Mesolitico si è sviluppato in Corsica all'incirca verso la parte centrale e nella seconda metà dell'VIII millennio a.C. in date calibrate (Tab.l).

Attualmente solo due attestazioni mesolitiche sono state individuate in Sardegna, l'occupazione a Porto Leccio e nella Grotta Corbeddu.

Nel 1991 e 1992 uno di noi ha scavato un piccolo riparo o "tafone" sulla costa N della Sardegna in località Porto Leccio (Trinità d'Agultu - SS; Tozzi, 1996), già segnalato da Ozer (Ulzega e Ozer, 1982), nel cui deposito sabbioso, parzialmente rimaneggiato, erano presenti numerosi resti di Prolagus e una industria litica, ottenuta con tecnica di scheg-giatura elementare, in quarzo, selce, riolite, identica a quel-le della Corsica; i rari strumenti, ottenuti con ritocchi par-ziali, spesso marginali e discontinui, comprendono preva-lentemente raschiatoi e denticolati.

Nella Sardegna centro-orientale, alle falde del massiccio calcareo del Monte Corrasi, la Grotta Corbeddu, in corso di scavo dal 1982 da parte di P.Y. Sondaar e collaboratori (Klein Hofmeijer et ai, 1987-88), contiene sotto un livello neolitico e dell'Età del bronzo (strato 1) un esteso deposito a breccia calcarea a spigoli vivi e terra rossa con abbondan-ti resti di megacero, di Prolagus, di Cynotherium sardous.

La parte inferiore di questo deposito (strati C, D, E della sala 1 e strato 3 della sala 2) potrebbe testimoniare la pre-senza di un popolamento umano in Sardegna durante il Paleolitico superiore, tra 20.000 e 12.000 anni a.C., ma que-sta ipotesi è ancora controversa (Cherry, 1992; Vigne, 1999a).

La parte superiore del riempimento, in particolare lo stra-to 2 della sala 2, si è invece deposto durante il Mesolitico, come indicano le date radiometriche calibrate, comprese tra 9820 _ 140 e 7860 _ 130 BP. In questo deposito molti resti

Siti Livelli Materiale Dati bp Dati calibrati a.C. (2s) Strette II 24 Carbone Ly-2867: 9080 + 300 8989-7501 Araguina-Sennola XVIII Carbone Gif-2705: 8 5 2 0 + 150 7923-7254 Curacchiaghju 7 Carbone Gif-797: 8560 ± 170 7591-6758 Curacchiaghju 7 Carbone Gif-1963: 8300 ± 180 7967-7254 Monte Leone 5 Osso AA-18112: 8415 + 65 7546-7294 Monte Leone 4 Osso AA-18111: 9750 + 175 8465-9279 Monte Leone 3 Osso AA-18110: 8335 + 70 7505-7233 Monte Leone 2b Osso AA-18109: 8 9 6 5 1 7 0 7892-8095 Monte Leone 2a Osso AA-18108: 8 0 5 0 1 6 0 6697-7098 Pietracorbara 8 Carbone LGQ-507: 7 8 4 0 1 3 1 0 7496-6013 Pietracorbara 9 Carbone LGS-508: 6 9 2 0 1 3 0 0 6373-5263 Corbeddu Hall2, C2, mid-toD Carbone GPN-11434: 9 1 2 0 1 3 8 0 9089-7410

Tab.l. Date radiometriche per il Mesolitico della Corsica e della Sardegna. 178

To--i C. - Vigne J.D.

./ lll.4 ITE M ... SSII .... O ~ I!EGI1~ SSIVO PlErSTOC

8 "Ro~orJO ll"

S A R D E G N A

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Fig. l . Cana di distribuzione dei siti mesolitici in Corsica e in Sardegna.

dell'isola (Fig.l ; Vigne e Desse-Berset, 1995): Araguina­Sennola (Lanfranchi et al. , 1973) e Longone (Lanfranchi, 1987) vicino a Bonifacio, Strette vicino a Saint-Florent (Magdeleine et Ottaviani, 1986) e Pietracorbara nel Capo Corso (Magdeleine, 1991). Sono stati scavati tutti su una superficie molto piccola e hanno restituito una scarsa docu­mentazione.

Tuttavia si e potu to notare che l'industria litica era fabbri­cata esclusivamente con rocce locali (quarzo, riolite; non ci sono in Corsica ne selce ne ossidiana) scheggiati in maniera grossolana; gli strumenti, soprattutto denticolati , erano molto rari .

Due sepolture, una all'Araguina-Sennola (Duday, 1975) I'altra a Pietracorbara (Bouville, 1995), attestano un seppel-

Siti Li velti Materiale Strette Il 24 Carbone Araguina-Sennola XVIIl Carbone Curacchiaghju 7 Carbone Curacch iaghju 7 Carbone Monte Leone 5 Osso Monte Leone 4 Osso Monte Leone 3 Osso Monte Leone 2b Osso Monte Leone 2a 0550

Pietracorbara 8 Carbone Pietracorbara 9 Carbone Corbeddu Ha112, C2 mid-top Carbone

Tab. l . Date radiometriche per il Mesolitico delta Corsica e delta Sardegna.

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limento in posizione dorsale, secondo i'uso mesolitico. Dal punto di vista fisico le caratteristiche dei due inumati rien­trano nella variabilita delle popolazioni mesolitiche e del neolitico antico dell ' area mediterranea.

Nel 1992 fu scoperto un nuovo sito mesolitico nel Riparo di Monte Leone, anch'esso vicino a Bonifacio (Vigne et Desse-Berset, 1995; Vigne et aI., 1998; Vigne, 1999b). Era questo di consistenza assai maggiore e 10 si e potuto scava­re su quasi 20 mq. Vi sono state trovate strutture di stoccag­gio e di combustione, una industria litica abbondante e sirnj­le a quell a gia osservata negli altri siti , e una grande quanti­ta di resti organici : serm, carboni, conchiglie e ossa.

Le date radiometriche sull'insieme dei siti, e specialmente quelle di Monte Leone in numero di sei, permettono di defi­nire meglio il periodo in cui il Mesolitico si e sviluppato in Corsica all'incirca verso la parte centrale e nella seconda meta dell'VIII rmllennio a.c. in date calibrate (Tab. I).

Attualmente solo due attestazioni mesolitiche sono state individuate in Sardegna, l'occupazione a Porto Leccio e nella Grotta Corbeddu .

Nel 1991 e 1992 uno di noi ha scavato un piccolo riparo 0

"tafone" sulla costa N della Sardegna in localita Porto Leccio (Trinita d' Agultu - SS; Tozzi, 1996), gia segnalato da Ozer (Ulzega e Ozer, 1982), nel cui deposito sabbioso, parzialmente rimaneggiato, erano presenti numerosi resti di Prolagus e una industria litica, ottenuta con tecnica di scheg­giatura elementare, in quarzo, selce, riolite, identica a quel­le della Corsica; i rari strumenti , ottenuti con ritocchi par­ziali , spes so marginali e discontinui, comprendono preva­lentemente raschiatoi e denticolati.

Nella Sardegna centro-orientale, alle falde del massiccio calcareo del Monte Corrasi, la Grotta Corbeddu, in corso di scavo dal 1982 da parte di P.Y. Sondaar e collaboratori (Klein Hofmeijer et aI. , 1987-88), contiene sotto un livello neolitico e dell 'Eta del bronzo (strato 1) un esteso deposito a breccia calcarea a spigoli vivi e terra rossa con abbondan­ti resti di megacero, di Prolagus , di Cynotherium sardous.

La parte inferiore di questo deposito (strati C, D, E della sala 1 e strato 3 della sala 2) potrebbe testimoniare la pre­senza di un popolamento umano in Sardegna durante il Paleolitico superiore, tra 20.000 e 12.000 anni a.c. , ma que­sta ipotesi e ancora controversa (Cherry, 1992; Vigne, 1999a).

La parte superiore del riempimento, in particolare 10 stra­to 2 della sala 2, si e invece deposto durante il Mesolitico, come indicano le date radiometriche calibrate, comprese tra 9820 _ 140 e 7860 _ l30 BP. In questo deposito molti resti

Dati bp Dati calibrati a.C. (2s) Ly-2867: 9080 ± 300 8989-750 I Gif-2705 : 8520 ± 150 7923-7254 Gif-797: 8560± 170 759 1-6758 Gif- 1963: 8300 ± 180 7967-7254 AA- 18 11 2: 84 15 ± 65 7546-7294

AA- 18 111 :9750± 175 8465-9279 AA- 18 110: 8335 ± 70 7505-7233 AA- 18 109: 8965 ± 70 7892-8095 AA- 18 108: 8050 ± 60 6697-7098 LGQ-507: 7840 ± 310 7496-60 13 LGS-508: 6920 ± 300 6373-5263

GPN-1 1434: 9 120+380 9089-74 10

Archeozoologià e Mesolitico Sardo-Corso

di macrofauna presentano secondo Sondaar (Sondaar et al., 1986; Klein Hofmeijer, 1997) tracce di modificazioni inten-zionali da parte dell'uomo: si tratta di incisioni, tagli, graffi, lisciature, di usure innaturali sui molari di alcune mandibole di megacero, di ossa lunghe spezzate e con apici appuntiti e lievemente levigati; anche la distribuzione e la posizione delle ossa sulle paleosuperfici appare innaturale e ciò fa sup-porre a Sondaar l'esistenza nella sala 2 di una officina per la lavorazione delle ossa. A nostro avviso queste testimonianze appaiono poco convincenti e possono essere attribuite a cause naturali; avvalora le nostre perplessità anche il fatto del tutto insolito dell'assenza di focolari, della debole fram-mentazione delle ossa dei macromammiferi e della scarsità dei manufatti litici rispetto a quelli, ipotetici, in osso.

Scarsa industria litica con caratteri indifferenziati, preva-lentemente su calcare, proviene ugualmente dallo strato 2. Questa industria presenta somiglianze con quella di Porto Leccio per l'assenza di strumenti specializzati e per la tecni-ca di scheggiatura rudimentale; ne differisce tuttavia per l'uso frequente di supporti naturali in calcare, per la presen-za di bulini e di numerose pièces écaillées.

Tre resti umani sono stati rinvenuti: un frammento prossi-male di ulna nella sala 1 e un temporale e un mascellare nella sala 2 in un livello datato a 8750 ± 140 anni B.P. (Klein Hofmeijer et al., 1987; Sondaar et al., 1995). Questa data non è significativamente differente da quelle dei siti corsi di Curacchiaghiu (2 date, T = 1,78 e 3,36), di Strette (T = 0,01) e di Monte Leone (strato 4, T = 2,24; strato 5, T = 3,30 e stra-to 2b, T = 0,16), secondo il test di paragone di probabilità delle datazioni (Stuiver e Reimer, 1993). Sembra dunque che nella Grotta Corbeddu sia testimoniata una debole frequen-tazione, contemporanea al Mesolitico corso. Si tratta del medesimo gruppo umano che ha occupato i siti della Corsica e il Riparo di Porto Leccio nel Mesolitico oppure di un popolamento che deriva da una eventuale popolazione pre-sente in Sardegna durante il Paleolitico superiore? La domanda resta per ora aperta.

Quadro ambientale e risorse naturali disponi-bili

I dati palinologici sul periodo Boreale, contemporaneo al Mesolitico, sono numerosi in Corsica, ma riguardano soprat-tutto le zone d'alta quota. I lavori di M. Reille (1990; Reille et ai, 1997, 1999) hanno mostrato che il miglioramento ter-mico era già ben sviluppato e che le zone a bassa quota dovevano essere assai boscose; tuttavia i biotopi aperti, step-pici potevano essere installati sulle basse colline granitiche e sui substrati calcarei della regione di Bonifacio, di Saint Florent e probabilmente anche nella Sardegna settentrionale. Questo quadro è confermato anche dai primi dati palinologi-ci, antracologici, carpologia e malacologici del sito di Monte Leone: essi confermano una vegetazione aperta (AP/NAP tra 0 e 11%), xerofila e di tipo da mesomediterra-neo inferiore a termomediterraneo, la cui composizione flo-ristica corrisponderebbe alle macchie basse a lentisco (Pistacia lentiscus) e a quelle aperte a ginepro di Fenicia (Juniperus phoenicea), conosciute attualmente in posizione litorale sulle falesie di Bonifacio (Vigne et ai. 1998).

In Sardegna e in Corsica i dati sulle faune terrestri alla fine

del Pleistocene superiore e all'inizio dell'Olocene sono poco numerose e, soprattutto, sono difficilmente databili con pre-cisione tanto che spesso è stata fatta confusione tra le asso-ciazioni faunistiche dell'inizio del Würm e quelle del Tardiglaciale. Sono soprattutto i siti sardi, più numerosi, che hanno fornito le informazioni. Completamente endemico, il popolamento a mammiferi era allora limitato a un piccolo cervide (Megaloceros cazioti), a un piccolo canide (Cynotherium sardous), a un piccolo lagomorfo ochotonide, Prolagus sardas, molto abbondante, a tre specie di micro-mammiferi, a un toporagno (Episoriculus similis-corsica-nus), a un topo campagnolo (Rhagamys orthodon) e a una microtina (Tyrrhenicola henseli) (Kotsakis, 1980; Palombo, 1985; Sondaar et al., 1986).

I recenti lavori, ancora inediti, che sono stati condotti da uno di noi nella Grotta di Gritulu (Magdeleine e Vigne, 1994, 1997) nel Capo Corso, hanno permesso di confermare che in Corsica alla fine del Tardiglaciale il popolamento era identico. Tuttavia la stratigrafia di Gritulu sembra indicare che il Megaloceros cazioti e forse anche il Cynotherium sar-dous erano scomparsi poco prima del Mesolitico. Questa osservazione sembra essere confermata dall'assenza di gran-di mammiferi terrestri nei siti mesolitici corsi dell'8° millen-nio, compreso Monte Leone dove sono stati determinati cen-tinaia di migliaia di resti. Non sappiamo ancora se si tratta di una estinzione naturale oppure se i primi gruppi mesolitici hanno determinato queste estinzioni a causa di una eccessi-va pressione venatoria, di cui tuttavia stranamente non si ha alcuna traccia archeologica (Vigne, 1996). In tutti i siti tro-viamo che la fauna a mammiferi terrestri che viveva in Corsica nell'8° millennio a. C. era limitata al Prolagus e alle tre specie di micromammiferi.

I dati raccolti nel Riparo di Porto Leccio mostrano una situazione simile a quella descritta per la Corsica. La situa-zione sembra essere alquanto differente nella Grotta Corbeddu dove il megacero, abbondante nei livelli tardigla-ciali, è ancora presente nell'Olocene antico (sala 2, strato 2), associato ai resti umani che noi abbiamo in precedenza attri-buito al Mesolitico (Kein Hofmeijer, 1997). Questa contrad-dizione tra i due siti sardi è attualmente difficile da spiegare.

Dati archeozoologici In tutti i siti studiati i resti più abbondanti sono quelli di

Prolagus. A Monte Leone appartengono a più di 12.000 indi-vidui nella sola superficie scavata, che corrisponde a un numero compreso tra 50 e 150.000 individui per tutto il gia-cimento! Lo scavo degli strati non antropizzati, che nel Riparo di Monte Leone si sovrappongono a quelli mesoliti-ci, indica che i carnivori (in particolare il piccolo gufo reale endemico, Bubo insularis) hanno introdotto alcuni di questi resti con i loro rigetti, ma essi costituiscono non più del 3-7% della massa di ossa accumulate nello strato mesolitico principale. D'altra parte, nonostante l'assenza di tracce di scarnificazione (Flon, 1997), un gran numero di queste ossa hanno delle bruciature alle estremità, che testimoniano una cottura alla fiamma (Vigne e Marinval-Vigne, 1983).

A Porto Leccio i resti di Prolagus sono molto abbondanti e sono rappresentate tutte le regioni dello scheletro; le trac-ce di combustione interessano tutto l'osso e non solo le estre-

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di macrofauna presentano secondo Sondaar (Sondaar et aI. , 1986; Klein Hofmeijer, 1997) tracce di modificazioni inten­zionali da parte dell'uomo: si tratta di incisioni, tagli, graffi, lisciature, di usure innaturali sui molari di alcune mandibole di megacero, di ossa lunghe spezzate e con apici appuntiti e lievemente levigati ; anche la distribuzione e la posizione delle ossa sulle paleosuperfici appare innatura1e e cia fa sup­porre a Sondaar l' esistenza nella sala 2 di una officina per la lavorazione delle ossa. A nostro avviso queste testimonianze appaiono poco convincenti e possono essere attribuite a cause naturali ; avvalora le nostre perplessita anche il fatto del tutto insolito dell'assenza di focolari , della debole fram­mentazione delle ossa dei macromarruniferi e dell a scarsita dei manufatti litici rispetto a quelli , ipotetici , in osso.

Scarsa industria litica con caratteri indifferenziati , preva­lenternente su calcare, proviene ugualrnente dallo strato 2. Questa industria presenta somiglianze con quella di Porto Leccio per l'assenza di strurnenti specializzati e per la tecni­ca di scheggiatura rudimentale; ne differisce tuttavia per l'uso frequente di supporti naturali in calcare, per la presen­za di bulini e di numerose pieces ecaillees.

Tre resti urn ani sono stati rinvenuti: un frammento prossi­male di ulna nella sala 1 e un ternporale e un mascellare nella sala 2 in un livello datato a 8750 ± 140 anni B.P. (KJein Hofrneijer et aI. , 1987; Sondaar et aI., 1995). Questa data non e significativamente differente da quelle dei siti corsi di Curacchiaghiu (2 date, T = 1,78 e 3,36), di Strette (T = 0,01 ) e di Monte Leone (strato 4, T = 2,24; strato 5, T = 3,30 e stra­to 2b, T = 0,16), secondo il test di paragone di probabilita delle datazioni (Stuiver e Reimer, 1993). Sembra dunque che nella Grotta Corbeddu sia testimoniata una debole frequen­tazione, contemporanea al Mesolitico corso. Si tratta del medesirno gruppo umano che ha occupato i siti della Corsica e il Riparo di Porto Leccio nel Mesolitico oppure di un popolarnento che deriva da una eventuale popolazione pre­sente in Sardegna durante il Paleolitico superiore? La dornanda resta per ora aperta.

Quadro ambientale e risorse naturali disponi­bili

I dati palinologici suI periodo Boreale, contemporaneo al Mesolitico, sono numerosi in Corsica, ma riguardano soprat­tutto le zone d'alta quota. I lavori di M. Reille (1990; Reille et aI., 1997, 1999) hanno mostrato che il migliorarnento ter­mico era gia ben svi1uppato e che le zone a bassa quota dovevano essere assai boscose; tuttavia i biotopi aperti , step­pici potevano essere installati sulle basse colline granitiche e sui substrati calcarei della regione di Bonifacio, di Saint Florent e probabilmente anche nella Sardegna settentrionale. Questo quadro e conferrnato anche dai primi dati palino10gi­ci, antracologici , carpologici e malacologici del sito di Monte Leone: essi conferrnano una vegetazione aperta (APINAP tra ° e 11 %), xerofila e di tipo da mesomediterra­neo inferiore a terrnomediterraneo, la cui composizione flo­ristica corrisponderebbe alle macchie basse a lentisco (Pistacia lentiscus) e a quelle aperte a ginepro di Fenicia (Juniperus phoenicea), conosciute attualmente in posizione Iitorale sulle falesie di Bonifacio (Vigne et al., 1998).

In Sardegna e in Corsica i dati sulle faune terrestri alIa fine

Archeozoologia e Mesolitico Sardo-Corso

del Pleistocene superiore e all'inizio dell'Olocene sono poco numerose e, soprattutto, sono difficilmente databili con pre­cisione tanto che spes so e stata fatta confusione tra le asso­ciazioni faunistiche dell ' inizio del Wiirm e quelle del Tardiglaciale. Sono soprattutto i siti sardi, piu numerosi, che hanno fomito le inforrnazioni. Completamente endemico, il popolamento a mammiferi era allora limitato a un piccolo cervide (Megaloceros cazioti) , a un piccolo canide (Cynotherium sardous), a un piccolo lagomorfo ochotonide, Prolagus sardus, molto abbondante, a tre specie di micro­marruniferi , a un toporagno (Episoriculus similis-corsica­nus), a un topo carnpagnolo (Rhagamys orthodon) e a una rnicrotina (Tyrrhenicola henseli) (Kotsakis, 1980; Palombo, 1985; Sondaar et al. , 1986).

I recenti lavori, ancora inediti, che sono stati condotti da uno di noi nella Grotta di Gritulu (Magdeleine e Vigne, 1994, 1997) nel Capo Corso, hanno perrnesso di conferrnare che in Corsica alIa fine del Tardiglaciale il popolamento era identico. Tuttavia la stratigrafia di Gritulu sernbra indicare che il Megaloceros cazioti e forse anche il Cynotherium sar­dous erano scomparsi poco prima del Mesolitico. Questa osservazione sembra essere conferrnata dall'assenza di gran­di marruniferi terrestri nei siti mesolitici corsi dell'8° millen­nio, compreso Monte Leone dove sono stati deterrninati cen­tinaia di migliaia di resti. Non sappiamo ancora se si tratta di una estinzione naturale oppure se i primi gruppi mesolitici hanno determinato queste estinzioni a causa di una eccessi­va pressione venatoria, di cui tuttavia stranamente non si ha alcuna traccia archeologica (Vigne, 1996) . In tutti i siti tro­viamo che la fauna a rnarruniferi terrestri che viveva in Corsica nel1'8° millennio a. C. era limitata al Prolagus e alle tre specie di micromarruniferi.

I dati raccolti nel Riparo di Porto Leccio mostrano una situazione simile a quella descritta per la Corsica. La situa­zione sembra essere alquanto differente nella Grotta Corbeddu dove il megacero, abbondante nei livelli tardigla­ciali, e ancora presente nell'Olocene antico (sala 2, strato 2), associato ai resti umani che noi abbiamo in precedenza attri­buito al Mesolitico (Kein Hofmeijer, 1997). Questa contrad­dizione tra i due siti sardi e attualmente difficile da spiegare.

Dati archeozoologici

In tutti i siti studiati i resti piu abbondanti sono quelli di Prolagus. A Monte Leone appartengono a piu di 12.000 indi­vidui nella sola superficie scavata, che corrisponde a un numero compreso tra 50 e 150.000 individui per tutto il gia­cimento! Lo scavo degli strati non antropizzati, che nel Riparo di Monte Leone si sovrappongono a quelli mesoliti­ci, indica che i camivori (in particolare il piccolo gufo reale endemico, Bubo insularis) hanno introdotto alcuni di questi resti con i loro rigetti, ma essi costituiscono non piu del 3-7% della massa di ossa accumulate nello strato mesolitico principale. D' altra parte, nonostante l'assenza di tracce di scamificazione (Flon, 1997), un gran numero di queste ossa hanno delle bruciature alle estremita, che testimoniano una cottura alIa fiamma (Vigne e Marinval-Vigne, 1983).

A Porto Leccio i resti di Prolagus sono molto abbondanti e sono rappresentate tutte le regioni delle scheletro; le trac­ce di combustione interessano tutto l'osso e non solo le estre-

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Tozzi C. - Vigne J.D.

mità, come è stato messo in evidenza nei giacimenti della Corsica. Giacobini e collaboratori hanno analizzato le super-fici ossee con stereomicroscopio Wild M 420; su alcuni campioni sono state realizzate repliche in negativo in elasto-mero siliconico ad alta definizione (Profil L, Bayer) e in positivo in resina acrilica (Araldite LY 554) per l'osserva-zione con S.E.M. e con microscopio Cambridge Stereoscan 120. L'analisi microscopica della superficie delle ossa ha evidenziato la presenza in rari casi di strie allungate a sezio-ne trapezoidale e a V, del tipo di quelle prodotte da strumen-ti litici e, più frequentemente, di solchi corti a fondo piatto o arrotondato di origine incerta, che presentano affinità con le tracce lasciate da denti di piccoli carnivori, ma che potreb-bero in alcuni casi essere causate dallo scorrimento di sabbie derivanti dal granito (Aimar et al, in stampa).

In alcuni siti, come Pietracorbara (Vigne, 1995) o Strette (Vigne, 1988), sono gli invertebrati marini in seconda posi-zione come numero di resti. Nelle zone rocciose sono le Monodonta e le patelle (Patella ferruginea, P. ulyssiponen-sis-coerulea, P. rustica), mentre sono più abbondanti i muscoli (Mytilus galloprovincialis) e altri bivalvi nei giaci-menti vicini alle lagune o alle insenature riparate, come nel caso di Monte Leone (Vigne et al., 1998). A Porto Leccio, pur in prossimità della costa, il consumo di molluschi mari-ni non è attestato con sicurezza in quanto le conchiglie pre-senti (Patella, Monodonta, Thais in prevalenza) provengono da livelli parzialmente rimaneggiati.

I pesci sono in generale poco numerosi, salvo a Monte Leone dove sono in seconda posizione come numero di resti dopo il Prolagus (Vigne e Desse-Berset, 1995). Ciò potreb-be spiegarsi con il fatto che è il solo giacimento della Corsica in cui è stata messa in opera una setacciatura con l'acqua e con una maglia fine (2 mm) ed è stata fatta una scelta sistematica dei resti setacciati, nei quali i resti di pesce sono per lo più di piccole dimensioni. Tra questi piccoli esemplari N. Desse-Berset ha determinato delle anguille (Anguilla anguilla), delle sardine (Sardina sp.), dei pelami-di (Sarda sarda), dei saraghi (Diplodus sp.), ma essa ha pure riconosciuto alcuni individui più grandi (cernie, Epinephelus sp.; spigole, Dicentrarchus labrax\ orate, Sparus aurata-, paraghi, S. pagrus) (Vigne et al, 1998). È da notare che le parti del cranio dei pesci di piccola taglia sono assenti dal sito.

Tra i resti più rari si trovano tre gruppi di animali. In primo luogo si tratta dei roditori endemici, Tyrrhenicola henseli e Rhagamys orthodon, il cui uso alimentare è attestato dalla presenza di alcune ossa bruciate alla estremità; ciò prova che sono stati arrostiti a una fonte di calore, come è stato dimo-strato da Vigne e Marinval-Vigne (1983). Questi micro-mammiferi sono molto rari a Porto Leccio.

Vi sono inoltre degli uccelli, probabilmente cacciati nelle vicinanze. J. Cuisin ha determinato il cormorano (Phalacrocorax aristotelis), il circaeto (Circaetus gallicus), le anatre e le oche (Anas platyrhyncos, Anser sp.), alcuni corvidi (Pyrrhocorax cf. pyrrhocorax, Corvus corone) e soprattutto la grande otarda (Otis tarda). Questo grande uccello corridore era probabilmente abbondante nei paesag-gi aperti della regione di Bonifacio e costituiva una delle rare specie di "grande" selvaggina terrestre (Cuisin e Vigne, 1998).

Infine, i Mesolitici hanno sfruttato pure i mammiferi mari-ni seppure in modo molto limitato per quanto riguarda la foca monaca, che è rappresentata da due soli resti, uno a Monte Leone, l'altro all'Araguina-Sennola (Vigne, 1988; Vigne et al., 1998); i piccoli delfinidi sono presenti con una quindicina di resti, che testimoniano il recupero di animali spiaggiati o pescati casualmente.

Sistema di sussistenza I resti di Prolagus, di piccoli pesci costieri e di conchiglie

marine sono i più numerosi nei siti mesolitici corso-sardi, ma si tratta di individui di piccole dimensioni, che lasciano un gran numero di elementi. La loro abbondanza in numero di resti non è sufficiente per documentare l'importanza che avevano realmente nella dieta di origine animale. Così, sui siti corsi, abbiamo tentato una stima dei vari componenti dell'alimentazione in termini di peso di sostanza commesti-bile e moltiplicando il numero minimo di individui per il peso medio di ciascuno (Vigne, 1988, 1992). Questo meto-do può essere applicato quando viene raccolta scrupolosa-mente la totalità del materiale (cosa che esclude i giacimen-ti scavati senza setacciatura fine) e quando tutto lo studio è terminato. Nessuno dei nostri siti si trova realmente in que-sta situazione, ed anche l'analisi dei resti faunistici di Monte Leone è ancora in corso, tuttavia abbiamo tentato un primo approccio su un campione proveniente dai sondaggi prelimi-nari di questo sito (Fig.2). E stato così messo in evidenza che la principale fonte di cibo era il Prolagus, mentre i pesci non fornivano più del 25% e le altre specie un apporto molto secondario.

Questo approccio può essere però pericoloso se i Mesolitici hanno tolto la conchiglia agli invertebrati o pre-parato la carne seccata o affumicata sul luogo di raccolta, di pesca o di caccia, senza che quindi le testimonianze ossee compaiano nei giacimenti. L'assenza dei pezzi del cranio dei pesci piccoli a Monte Leone ne è un esempio (Vigne e Desse-Berset, 1995). È per questo motivo che è iniziata una analisi del tasso di isotopi stabili dell'azoto e del carbonio nelle fasi organiche e minerali di alcune ossa umane trovate a Monte Leone, in collaborazione con H. Bocherens e E. Pouydebat (1997). I primi risultati sembrano confermare che Prolagus era la principale fonte di proteine. I cibi vegetali sembrano aver avuto un ruolo molto secondario, ma è pro-babile che i Mesolitici utilizzassero particolarmente i vege-tali della macchia e delle zone palustri salmastre, come sug-geriscono i dati carpologia raccolti da M.-P. Ruas a Monte Leone (Vigne et al., 1998).

2 1 %

7 4 %

B Prolagus • Pesci marini

• Uccelli e Roditori

Fig.2. Composiz ione ponderale del l 'a l imentazione carnea a Monte Leone.

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To~i C. - Vigne i .D.

rnita, come e tato me so in evidenza nei giacimenti della Cor ica. Giacobini e collaboratori hanno analizzato le super­fici 0 ee con stereornicroscopio Wild M 420; su alcuni campioni ono state realizzate repliche in negativo in elasto­mero iliconico ad alta definizione (Profli L, Bayer) e in po itivo in resina acrilica (Araldite LY 554) per I'osserva­zione con S.E.M. e con microscopio Cambridge Stereoscan 120. L' analisi microscopica della superficie delle ossa ha evidenziato la presenza in rari casi di strie allungate a sezio­ne trapezoidale e a V, del tipo di quelle prodotte da strumen­ti litici e, piu frequentemente, di solchi corti a fondo piatto 0

arrotondato di origine incerta, che presentano affinita con le tracce lasciate da denti di piccoli carnivori, ma che potreb­bero in alcuni casi essere causate dallo scorrimento di sabbie derivanti dal granito (Aimar et aI. , in stampa).

In alcuni siti, come Pietracorbara (Vigne, 1995) 0 Strette (Vigne, 1988), sono gli invertebrati marini in seconda posi­zione come numero di resti. Nelle zone rocciose sono le Monodonta e le patelle (Patella ferruginea, P. ulyssiponen­sis-coerulea, P. rustica) , mentre sono piu abbondanti i muscoli (Mytilus galloprovincialis) e altri bivalvi nei giaci­menti vicini alle lagune 0 alle insenature riparate, come nel caso di Monte Leone (Vigne et al. , 1998). A Porto Leccio, pur in prossirnita della costa, il consumo di molluschi mari­ni non e attestato con sicurezza in quanto le conchiglie pre­senti (Patella, Monodonta, Thais in prevalenza) provengono da livelli parzialmente rimaneggiati.

I pesci sono in generale poco numerosi, salvo a Monte Leone dove sono in seconda posizione come numero di resti do po il Prolagus (Vigne e Desse-Berset, 1995). Cia potreb­be spiegarsi con il fatto che e il solo giacimento dell a Corsica in cui e stata messa in opera una setacciatura con l'acqua e con una maglia fine (2 mm) ed e stata fatta una scelta sistematica dei resti setacciati, nei quali i resti di pesce sono per 10 piu di piccole dimensioni. Tra questi piccoli esemplari N. Desse-Berset ha determinato delle anguille (Anguilla anguilla) , delle sardine (Sardina sp.), dei pelami­ill (Sarda sarda), dei saraghi (Diplodus sp.), ma essa ha pure riconosciuto alcuni individui piu grandi (cernie, Epinephelus sp. ; spigole, Dicentrarchus labrax; orate, Sparus aurata; paraghi, S. pagrus) (Vigne et aI. , 1998). E da notare che le parti del cranio dei pesci di piccola taglia sono assenti dal sito.

Tra i resti piu rari si trovano tre gruppi di animali. In primo luogo si tratta dei roditori endemici, Tyrrhenicola henseli e Rhagamys orthodon, il cui uso alimentare e attestato dalla presenza di alcune ossa bruciate alIa estremita; cia prova che sono stati arrostiti a una fonte di calore, come e stato dimo­strato da Vigne e Marinval-Vigne (1983). Questi micro­marnmiferi sono molto rari a Porto Leccio.

Vi sono inoltre degli uccelli, probabilmente cacciati nelle vicinanze. J . Cuisin ha determinato il cormorano (Phalacrocorax aristotelis), il circaeto (Circaetus gallicus), le anatre e le oche (Anas platyrhyncos, Anser sp.), alcuni corvidi (Pyrrhocorax cf. pyrrhocorax, Corvus corone) e soprattutto la gran de otarda (Otis tarda). Questo grande uccello corridore era probabilmente abbondante nei paesag­gi aperti della regione di Bonifacio e costituiva una delle rare specie di "grande" selvaggina terrestre (Cuisin e Vigne, 1998).

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Infme, i Mesolitici hanno sfruttato pure i mammiferi man­ni seppure in modo molto limitato per quanto riguarda la foca monaca, che e rappresentata da due soli resti, uno a Monte Leone, l'altro all'Araguina-Sennola (Vigne, 1988; Vigne et al., 1998); i piccoli delfinidi sono presenti con una quindicina di resti, che testimoniano il recupero di animali spiaggiati 0 pescati casualmente.

Sistema di sussistenza

I resti di Prolagus, di piccoli pesci costieri e di conchiglie marine sono i piu numerosi nei siti mesolitici corso-sardi, ma si tratta di individui di piccole dimensioni, che lasciano un gran numero di elementi. La loro abbondanza in numero di resti non e sufficiente per documentare l'importanza che avevano realmente nella dieta di origine animale. COSl, sui siti corsi, abbiamo tentato una stima dei vari componenti dell'alimentazione in termini di peso di sostanza commesti­bile e moltiplicando il numero minimo di individui per il peso medio di ciascuno (Vigne, 1988, 1992). Questo meto­do pua essere applicato quando vie ne raccolta scrupolosa­mente la totalita del materiale (cos a che esclude i giacimen­ti scavati senza setacciatura fine) e quando tutto 10 studio e terminato. Nessuno dei nostri siti si trova realmente in que­sta situazione, ed anche l'analisi dei resti faunistici di Monte Leone e ancora in corso, tuttavia abbiamo tentato un primo approccio su un campione proveniente dai sondaggi prelimi­nari di questo sito (Fig.2). E stato cosl messo in evidenza che la principale fonte di cibo era il Prolagus, mentre i pesci non fomivano piu del 25% e le altre specie un apporto molto secondario.

Questo approccio pua essere pera pericoloso se i Mesolitici hanno tolto la conchiglia agli invertebrati 0 pre­parato la came seccata 0 affumicata sui luogo di raccolta, di pesca 0 di caccia, senza che quindi le testimonianze ossee compaiano nei giacimenti. L'assenza dei pezzi del cranio dei pesci piccoli a Monte Leone ne e un esempio (Vigne e Desse-Berset, 1995). E per questo motivo che e iniziata una analisi del tasso di isotopi stabili dell'azoto e del carbonio nelle fasi organiche e rninerali di alcune ossa umane trovate a Monte Leone, in collaborazione con H. Bocherens e E. Pouydebat (1997). I prirni risultati sembrano confermare che Prolagus era la principale fonte di proteine. I cibi vegetali sembrano aver avuto un ruolo molto secondario, ma e pro­babile che i Mesolitici utilizzassero particolarmente i vege­tali della macchia e delle zone palustri salmastre, come sug­geriscono i dati carpologici raccolti da M.-P' Ruas a Monte Leone (Vigne et aI., 1998) .

5% • Prolagus

o Pesci marini

• Uccelli e Roditori

Fig.2. Composizione ponderale dell ' alimentazione carnea a Monte Leone.

Archeozoologia e Mesolitico Sardo-Corso

Con questi elementi è ancora difficile tracciare un model-lo di sfruttamento del territorio. È chiaro che l'assenza di grossa selvaggina non determinava una situazione di penu-ria alimentare perché i Mesolitici la hanno largamente com-pensata nei siti della piana costiera con lo sfruttamento di ambienti ricchi: le pianure dove abbondava il Prolagus e l'al-tra piccola selvaggina (specialmente otarda), le zone palustri dove cacciavano gli uccelli (migratori?), la fascia mediolito-rale dove raccoglievano gli invertebrati marini, le coste dove prendevano i pesci, e forse le zone più montuose. Queste ultime costituiscono tuttora una grande incognita, perché non sappiamo nulla sul loro grado di frequentazione da parte dei Mesolitici, né sulla natura delle risorse che ne ricavava-no (Lanfranchi et al., 1999). È di fatto impossibile esclude-re del tutto l'eventualità di uno sfruttamento logistico delle risorse a partire dagli accampamenti stagionali, poiché le ricerche sulla stagionalità non sono ancora iniziate. Tuttavia la diversità delle risorse accumulate nei siti della piana costiera, le cui associazioni faunistiche non mostrano forti differenze le une dalle altre, rende verosimile lo sfruttamen-to di un ampio territorio intorno a un piccolo numero di inse-diamenti più o meno fissi. Le prossime scoperte e le analisi in corso dovrebbero consentire di precisare gli elementi di questo dibattito.

Resta tuttavia difficile spiegare la colonizzazione delle isole tirreniche nel Mesolitico in termini economici.

Le risorse in materiali litici erano meno buone che non sul continente, e la fauna non era né meno ricca, né meno pro-duttiva, semplicemente differente. Forse bisogna piuttosto ragionare in termini di evoluzione della padronanza dei ter-ritori a grande scala, che avanti la neolitizzazione avrebbe spinto questi gruppi umani ad appropriarsi delle vaste diste-se insulari fino allora trascurate. Dobbiamo a questo propo-sito supporre una conoscenza della navigazione da parte dei mesolitici maggiore di quella che si supponeva fino a pochi anni fa, tanto da poter attraversare un braccio di mare assai esteso nell'Olocene antico tra la Toscana e la Corsica e di qui raggiungere la Sardegna. Le comunicazioni marittime dovevano in questo periodo essere comunque assai difficol-tose e saltuarie, dal momento che la selce utilizzata dai mesolitici di Porto Leccio non ha mai raggiunto le coste di Bonifacio, a differenza di quanto avverrà poco dopo con dif-fusione della civiltà neolitica.

Ringraziamenti Una parte dei lavori di cui si è parlato in questo articolo,

non avrebbero potuto avere luogo senza l'aiuto finanziario del "Projet de Parc Naturel des Bouches de Bonifacio", dei Servizi Archeologici Regionali della Corsica e del program-ma "Paléoenvironnement, évolution des hominidés" del CNRS.

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Con questi elementi e ancora difficile tracciare un model-10 di sfruttamento del territorio. E chiaro che I'assenza di grossa selvaggina non determinava una situazione di penu­ria alimentare perche i Mesolitici la hanno largamente com­pensata nei siti dell a piana costiera con 10 sfruttamento di ambienti ricchi: le pianure dove abbondava il Prolagus e l'al­tra piccola selvaggina (specialmente otarda), le zone palustri dove cacciavano gli uccelli (migratori ?), la fascia mediolito­rale dove raccoglievano gli invertebrati marini, le coste dove prendevano i pesci , e forse le zone piu montuose. Queste ultime costituiscono tuttora una grande incognita, perche non sappiamo nulla sulloro grado di frequentazione da parte dei Mesolitici, ne sulla natura delle risorse che ne ricavava­no (Lanfranchi et aI., 1999). E di fatto impossibile esclude­re del tutto l'eventualita di uno sfruttamento logistico delle risorse a partire dagli accampamenti stagionali , poiche le ricerche sulla stagionalita non sono ancora iniziate. Tuttavia la diversita delle risorse accumulate nei siti della piana costiera, le cui associazioni faunistiche non mostrano forti differenze le une dalle altre, rende verosimile 10 sfruttamen­to di un ampio territorio intomo a un piccolo numero di in se­diamenti piu 0 menD fissi. Le prossime scoperte e le analisi in corso dovrebbero consentire di precisare gli elementi di questo dibattito.

Resta tuttavia difficile spiegare la colonizzazione delle isole tirreniche nel Mesolitico in termini economici.

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Ringraziamenti

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