Il Continente Mu

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    ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA

    FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

    Corso di laurea magistrale in

    LINGUE E CULTURE DELLASIA E DELLAFRICA

    Tesi di laurea inStoria del pensiero scientifico

    IL CONTINENTE MU:

    REALTA, MITO O INVENZIONE?

    UNINDAGINE STORICA

    Relatore:

    Prof. Marco Ciardi

    Correlatrice:

    Prof.ssa Sandra Linguerri

    Tesi di laurea di:

    Carmela Gabriele

    Matricola 352854

    Anno Accademico 2010/2011

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    Per realizzare qualcosa di grande

    mettici tutto il tuo spirito con tutta la sua potenza,

    tutta la tua anima e tutta la sua intelligenza,

    e tutto il tuo corpo con tutti i suoi sensi.

    Metti amore in tutto ci che fai

    e creerai un luogo meraviglioso dove vivere:

    ti trasformerai nellamore stesso.

    E lamoresta aspettando la tua creazione

    - Maestro Quechua Amaru Cusiyupanqui -

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    INDICE

    INTRODUZIONE .............................................................................. 3

    1 MU: IL CONTINENTE NEL PACIFICO ............................... 9

    1.1 I continenti perduti: una storia non scritta ................................ 9

    1.2 Limpronta di Mu................................................................... 15

    1.3 La Terra Madre di James Churchward ................................... 23

    1.4 Mu esoterica ........................................................................... 34

    2 IL PANORAMA SCIENTIFICO DEL XIX SECOLO ..... 41

    2.1 Le teorie sulle terre scomparse ............................................... 41

    2.2 Dal mito alla scienza: sull'origine dell'uomo .......................... 48

    2.3 Giornalismo e divulgazione .................................................... 67

    2.4 Scienza e pseudo-scienza ....................................................... 74

    3 LA FINE DI MU................................................................... 79

    3.1 Il mito dell antica civilt scomparsa.................................. 79

    3.2 Le falsificazioni ...................................................................... 86

    3.3 Lapproccio storico alla verit.......................................... 101

    CONCLUSIONE ............................................................................ 121

    BIBLIOGRAFIA ............................................................................ 129

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    INTRODUZIONE

    Della storia delluomo si dispone di una storia documentata che

    abbraccia solo le ultime poche migliaia di anni, e che per di pi

    non sono sufficientemente note. La presenza di tutta una serie di

    miti tramandati in forma scritta e orale presso popoli cos diversi

    e lontani tra loro, correlata a una grande quantit di altri fattori

    probanti appartenenti ai pi diversi campi della ricerca scientifica

    e umanistica, ha posto una serie di interessanti interrogativi astorici, archeologi e studiosi di storia comparata delle religioni,

    portando alcuni ricercatori a interpretare letteralmente queste

    narrazioni come la descrizione di fatti di gravit e portata

    mondiale, realmente avvenuti agli albori della civilt.

    Il mito e la leggenda di un favoloso continente perduto, sommerso

    dalla furia delloceano dopo terribili sconvolgimenti geologici,

    culla primigenia e tomba stessa di unantica e misteriosa civilt

    madre, accompagna e affascina da millenni luomo, impegnato nel

    corso della propria evoluzione civile, scientifica e tecnologica.

    Molte fonti letterarie e tradizioni orali provenienti da varie parti

    del mondo hanno tramandato le drammatiche reminiscenze della

    fine di una terra e di una civilt che la scienza e la storia ufficiale

    ignorano e negano.

    Nelle rivelazioni fatte a Solone dai sacerdoti egiziani di Sais su

    Atlantide e successivamente riportate da Platone nel Timeoe nel

    Crizia, alle antiche tavolette ideogrammate riferentisi a Mu e

    nascoste negli antichi templi dellIndia o conservate in

    inaccessibili monasteri tibetani, si trovano riferimenti allantica

    esistenza di terre leggendarie, vere e proprie fucine di civilt dalle

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    cui polveri, dopo la distruzione avvenuta a causa di un terribile

    cataclisma, sarebbero germinate le civilt preistoriche e storiche

    che noi oggi conosciamo.

    Mu e Atlantide pi ancora che lancestrale Lemuria

    costituirebbero i bastioni delle civilt esistite prima del Diluvio

    Universale, penultima di una serie ciclica di catastrofi che varie

    tradizioni religiose ed esoteriche descrivono come scandenti

    lavvicendamento di grandi periodi epocali.

    La disquisizione, tornata di gran moda negli ultimi tempi,

    sullesistenza o meno di terre leggendarie quali Atlantide e Mu,

    pu facilmente apparire una fuga poco realistica di fronte ai

    concreti e assillanti problemi che la vita attuale ci costringe ad

    affrontare.

    Tuttavia, avvicinando questi temi con ladeguata seriet e il

    necessario approfondimento, ci si rende conto di come

    lopposizione della questione delle antiche civilt scomparse daparte dellestablishmentscientifico-religioso sia in parte connesso

    alla necessit di mantenimento dei grandi schemi culturali, storici

    e necessariamente scientifici che costituiscono le colonne portanti

    della nostra attuale conoscenza. Pi semplicemente, parlano del

    nostro personale modo di rapportarci con il mondo e con noi

    stessi.

    Oggi vanno via via emergendo importanti implicazioni che si inte-

    grano perfettamente e vanno a costituire la base e la premessa

    necessaria di un certo numero di movimenti culturali, spirituali e

    filosofici che vengono correntemente raggruppati con il termine

    New Age.

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    Quasi un secolo fa fu pubblicato un libro dal titolo Il Continente

    Perduto di Mu che suscit enorme interesse negli archeologi e

    storici del tempo, scalpore e scandalo negli ambienti accademici

    pi conservatori. A questo libro ne seguirono altri quattro, ricchi

    di riferimenti.

    Al tempo della pubblicazione, Churchward lautore del libro

    era un nome sconosciuto alla maggior parte delle persone. Il suo

    successo presso il pubblico fu dovuto a diversi fattori, in parte

    relativi al risveglio dinteresse post-bellico per le tradizioni

    religiose e al diffuso senso di critica contro una scienza che aveva

    portato alla bomba atomica (che cominciava a far crescere la

    paura per il rischio di una catastrofe nucleare in cui lumanit

    sarebbe stata cancellata), in parte alla pubblicit negativa fatta

    dagli stessi oppositori dei contenuti dei suoi libri.

    La terra scomparsa di Mu fu a lungo cercata dagli studiosi di

    grandi enigmi, ma solo con Churchward la questione fu presentataper la prima volta nei libri, basandosi sullipotesi che gli eventi di

    natura catastrofica descritti nella letteratura antica, in particolar

    modo quella sacra di ogni popolazione della Terra, sono in realt

    fenomeni oggettivi.

    Churchward, colonnello britannico che un tempo era stato nel

    corpo dei Lancieri del Bengala in India, mentre lavorava a un

    programma dassistenza in favore delle vittime di una carestia,

    conobbe un rishi che possedeva una biblioteca di tavolette di

    pietra graffite in lingua Naacal, la lingua originaria di Mu.

    Secondo la teoria di Churchward, dedotta dalle tavolette Naacal e

    dalle tradizioni orali delle isole del Pacifico e certe zone

    dellAmerica Meridionale e Centrale, i primi esseri umani ebbero

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    origine su Mu circa 200 milioni di anni fa. La loro scienza,

    compresa la capacit di controllare la gravit, era molto pi

    avanzata rispetto a quella che oggi conosciamo. Ma intorno a

    12.000 anni fa avvenne una catastrofica esplosione che fece

    sprofondare nellOceano Pacifico il continente di Mu.

    Di una massa territoriale lunga circa 8000 chilometri e larga 5000

    non rimasero che poche isole sparse sopravvissute al di sopra

    delle onde. Si presume che nellesplosione cosmica siano perite,

    sulla popolazione complessiva dellantica Mu, 64 milioni di

    persone, e i sopravvissuti finirono per colonizzare gli altri

    continenti.

    Churchward lascia in sospeso la questione dellesistenza delle

    tavolette, affermando che oltre a quelle da lui viste, sembrerebbe

    che ne esistano tuttora altre riguardanti il continente Mu,

    segretamente conservate in alcuni monasteri sulle alte montagne

    dellAsia Centrale e volutamente mantenuti segreti.Il Continente Perduto di Mu present in maniera non conven-

    zionale gli eventi della civilt umana appartenenti ad un periodo

    meno recente della vita del nostro sistema solare, e negli anni che

    seguirono furono pubblicati diversi altri articoli, di contenuto non

    meno rivoluzionario, in campi quali la geologia, la cronologia e la

    storia antica. Furono tenute diverse conferenze in vari paesi e

    numerose riviste e gruppi di studio vennero ispirate da queste

    teorie e svilupparono ulteriormente le idee di Churchward. Riviste

    e gruppi che in parte sono ancora oggi molto attivi.

    Attualmente i documenti a disposizione, dedicati a Mu, sono rari

    (se non del tutto inesistenti), e sono molti di meno rispetto a

    quelli sul mito di Atlantide, sul quale sono stati scritti migliaia di

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    1 MU: IL CONTINENTE NEL PACIFICO

    1.1 I continenti perduti: una storia non scritta

    Davanti ad un mappamondo, se volessimo porre un puntino per

    ogni luogo misterioso della terra, scopriremmo che l'Asia ne

    contiene il numero maggiore. Esistono poi un numero di localit di

    cui nessuno conosce la collocazione.

    Si parla o si parlato di miti e leggende dell'India e dell'Asia

    centrale, ma nessuno sa cosa o dove siano i luoghi di cui dicono:

    da Agarthi a Shamball, alla regione dello Shangri-La al continente

    Gondwana, da Atlantide a Lemuria e Mu. Tra tutti questi, gli ultimi

    due sono connessi dalla personalit dei ricercatori che li hanno

    studiati.

    Alfred Lothar Wegener, un geofisico vissuto agli inizi del XX sec. eideatore della teoria della deriva dei continenti, formul l'ipotesi

    del continente Gondwana.

    Fig. 1 Concezione di un artista che mostra la citt di Atlantide cos come stata

    immaginata e descritta nel mito platonico.

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    Gondwana era il nome della pi contemporanea Pangea,

    quell'immensa zolla di terra che in epoca preistorica riuniva

    l'America meridionale, l'Africa, l'India e l'Australia. Un super-

    continente, al quale larcheologo contemporaneo Sabatino Moscati

    ha opposto Laurasia, zolla che avrebbe riunito l'America

    settentrionale, l'Europa e l'Asia.

    Gondwana e Laurasia, sarebbero state, quindi, delle mega-isole

    con un solo punto di contatto (non ben individuato): nellambito

    del Gondwana si collocherebbe Mu.

    Ma rimane aperto il problema di definire cosa fosse e dove si

    trovasse con precisione.

    Le tradizioni che narrano di antiche catastrofi, responsabili di aver

    devastato interi continenti, paesi e regni felici spesso altamente

    evoluti, fanno parte della mitologia di molte culture. Dietro questa

    idea possono essere trovate spiegazioni di ordine religioso, ma pi

    spesso vi sono esperienze determinate dal bisogno dell'uomo diindividuare le proprie radici ataviche in un passato indefinito sul

    piano storico, simile a quello del "C'era una volta" delle fiabe.

    Radici profondamente situate in un tempo in cui gli uomini

    vivevano in armonia con le divinit e con i propri simili, un tempo

    che con il trascorrere del tempo, per qualche ragione sempre

    determinata da un'infrazione grave degli esseri umani vide quei

    mondi meravigliosi, dominati dall'equilibrio, spazzati via dalla

    furia degli di.

    Di quei mondi non resterebbe pi alcuna traccia concreta se non

    l'eco nelle memorie di storici e scrittori. Ed spesso grazie a loro

    se molte delle testimonianze sulla distruzione di interi continenti,

    paesi o citt sono giunte fino a noi: quasi sempre queste

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    testimonianze non possono dirsi cronache precise, ma sono

    comunque le uniche fonti che consentono agli uomini moderni di

    immaginare, almeno, lo splendore e l'estensione di luoghi

    definitivamente perduti.

    I resti di mondi meravigliosi e perfetti come Atlantide o come Mu,

    di fatto non sono mai stati ritrovati. Sono per state proposte

    molte ipotesi sulla base di limitate informazioni, non sempre

    scientificamente attendibili, tendenti a porre queste tracce in

    varie parti del pianeta. Scienziati e avventurieri, archeologi e

    pirati hanno solcato i mari e percorso i luoghi pi impervi della

    terra (e, a volte, anche dello spazio) alla ricerca di mondi che la

    maggior parte degli uomini considera inventati o perduti per

    sempre. E armati della sete di conoscenza, o della speranza di

    impossessarsi di tesori immensi, hanno "scoperto" pi e pi volte

    questi luoghi scomparsi.

    Sulla questione hanno detto la loro anche i medium che,attraverso poteri paranormali, hanno cercato di trovare una

    collocazione per luoghi che i pi scettici considerano esclusivo

    frutto della fantasia.

    Quasi sempre, le tradizioni sulle grandi catastrofi hanno percorso

    secoli (o addirittura millenni) cavalcando l'irrefrenabile canale

    della narrazione orale.

    Come avverte Marcel Detienne: "Riflettere oggi sul mito significa

    anzitutto riconoscere, e in parte subire, il fascino che la mitologia

    e il suo immaginario, nel senso pi comune della parola, hanno

    sempre esercitato ed esercitano tutt'ora su di noi e sulla storia

    delle nostre conoscenze pi recenti: fascino nato da una lettura

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    delle vicende degli uomini, colpevoli di aver offeso le divinit o di

    non averne rispettato i precetti.

    La relazione tra religione e clima-fenomeni naturali distruttivi

    costituisce una chiave di lettura per cercare di dare un senso, in

    un'ottica molto materialista, ai fenomeni rovinosi per l'ambiente

    in cui gli uomini vivono. Un atteggiamento presente in religioni

    molto diverse tra le quali l'Ebraismo e il Cristianesimo , in cui il

    tema della distruzione del mondo rappresenta una parte molto

    importante del messaggio teologico raccolto nei libri sacri.

    Un altro fondamentale aspetto riguarda l'effettiva dimensione dei

    fenomeni indicati come artefici delle distruzioni di continenti

    mitici. infatti credibile che le mitologie in cui sono descritte

    catastrofi di entit cosmica si riferiscano in realt ad avvenimenti

    circoscritti, seppure distruttivi: cos, echi di episodi certamente

    accaduti, ma di estensione probabilmente non universale, hanno

    alimentato leggende che hanno cos distorto a dismisura la realt.

    Gli eventi naturali che avrebbero prodotto fenomeni distruttivi di

    grande portata sono stati in qualche modo giustificati nel

    Fig. 2 Il Diluvio Universale biblico.

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    linguaggio della mitologia e della religione al fine di dar loro una

    motivazione e un'origine.

    Il modello cataclismatico un modello celeste, ed basato

    sull'idea archetipica del Cielo che cade in modo cataclismatico

    sulla Terra: gli aspetti tettonici e vulcanici di alcuni miti greci sono

    il corollario naturale di questo modello celestiale. La linea di fondo

    che gli di appaiono come la personificazione di queste forze

    cataclismatiche.2

    Molti sono i rischi che si affrontano quando si osa intraprendere lo

    studio dei miti. In primo luogo si pone una rischiosa

    contraddizione ontologica, poich il mito, come ricordava gi

    Platone 3 verit apodittica, dunque irrefutabile, una verit

    indiscutibile posta al di l del dominio del contingente. Il racconto

    mitico non avrebbe dunque bisogno, per definizione, di

    dimostrazione alcuna, n potrebbe divenire oggetto di indagini

    razionalizzanti.Nonostante ci, le ricerche in campo mitologico hanno costituito

    uno degli aspetti pi significativi dello sviluppo delle scienze

    umane. Allo stato attuale delle conoscenze, si riconosce al mito

    una funzione di straordinario rilievo nella storia delle civilt,

    tuttavia esso non smette di attirare su di s una certa diffidenza.

    opinione diffusa che il mito veicoli messaggi per i sentieri

    tortuosi e scivolosi che gli sono propri e che si fondi su

    ineliminabili antinomie.

    2Alford Alan F. (2002), Il segreto di Atlantide e delle antiche civilt

    sommerse, Newton & Compton, Roma, p. 99.

    3Platone (2000), Fedro, Bompiani, Milano.

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    Universale antropologico o memoria storico-culturale di un

    passato remoto comune, il mito si reso depositario privilegiato

    del patrimonio sociale, ideologico e morale delle comunit che lo

    hanno trasmesso, veicolando temi e motivi ricorrenti relativi, per

    esempio, alla creazione del mondo e alla nascita degli di.

    Concepibile come una sfera al cui interno possibile ravvisare un

    nucleo di storicit, il mito si costituisce nella periferia di elementi

    fantastici e abbellimenti che non intrattengono relazione alcuna

    con la storia. Difficili e pericolose sono dunque le operazioni

    ermeneutiche volte a investigare la complessa relazione esistente

    fra mito e storia, poich essa pone il grande problema della

    incommensurabilit dei due sistemi, luno legato a un modo di

    raccontare principalmente fondato su categorie di carattere

    simbolico e metaforico, che in parte sfuggono alla logica razionale,

    laltro volto invece alla narrazione ordinata, razionale e

    sistematica degli eventi.

    1.2 Limpronta di Mu

    Una vecchia leggenda delle Caroline racconta:

    Un giorno molto lontano giunsero a Ponapo, su strane barche

    luccicanti, alcuni stranieri bianchi. Essi non parlavano la nostra

    lingua, ma avevano con s genti della nostra razza, con le quali ci

    potevamo intendere, anche se il loro idioma era alquanto diverso

    e anche se da tempo avevano adottato i costumi degli stranieri.

    Questi ultimi narravano bellissime favole d'una terra che si

    sarebbe estesa l dove il mare, e d'edifici meravigliosi, e di

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    "Nel novembre 1938", scrive ancora Hutin, "i fratelli Bruce e

    Sheridan Fahrestack

    rientrarono a New York dopo

    una spedizione durata due

    anni, nel corso della quale

    scoprirono nell'isola di

    Manua Levu (gruppo delle

    Fiji) un monolito di 40

    tonnellate su cui si trovavano

    incisi caratteri sconosciuti.

    Anch'esso costituisce un

    enigma archeologico: i

    giornali ne parlarono come

    della testimonianza d'una

    regione del continente

    scomparso di Mu".Nel 1886 lesploratore francese Augustus Le Plongeon (1826-

    1908), pubblic nel suo libro Sacred mysteries among the Mayans

    and Quiches una traduzione del codice maya allora noto come

    Troano (in quanto appartenuto a Juan Troy Ortolano) e oggi

    considerato come una delle due parti del Codice Tro-cortesiano

    conservato a Madrid.

    Questo il passo della traduzione di Le Plongeon:

    Nellanno 6 Kan, l11 Muluc del mese di Zac, si verificarono

    spaventosi terremoti che continuarono fino a 13 Chuen senza

    interruzione, Il paese delle colline di terra la terra di Mu fu

    perduto. Due volte sollevato, scomparve nella notte, dopo essere

    stato costantemente attaccato dai fuochi del sottosuolo. Le forze

    Fig. 3 Augustus Le Plongeon

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    imprigionate fecero sollevare e abbassare la terra parecchie

    volte in varie zone. Infine la superficie cedette e i dieci paesi (o

    trib) furono squarciati e frantumati. Sprofondarono con i loro

    64.000.000 di abitanti 8060 anni fa.5

    Le Plongeon nei suoi scritti non menziona mai Lemuria e si

    riferisce sempre a Mu come a un altro nome di Atlantide e

    comunque come ad una terra che i Maya sapevano essere

    sprofondata in tempi remoti nellOceano Atlantico e non nel

    Pacifico. Inoltre il valore scientifico delle sue traduzioni dei testi ingeroglifico maya pressoch nullo, in quanto la traslitterazione di

    quellantica scrittura stata riscoperta solo in tempi relativa-

    mente recenti, grazie al sistema di interpretazione fonetica e

    logografica dei segni proposto dal russo Yuri Knorozov nel 1952.

    Tale decifrazione ancora in corso di studio, dato che gli studiosi

    sono impegnati nel lavoro di attribuzione dei valori (fonetici e

    logografici) a ciascuno dei centinaia di glifi.

    Le Plongeon fu il primo uomo a parlare al mondo di Mu, nome che

    deriverebbe da "regina Moo", una misteriosa sovrana di origine

    atlantidea. Fu anche il primo uomo a scavare le rovine maya nello

    Yucatan, in Messico, dove trov e tradusse uno dei pochi libri

    sopravvissuti di quella civilt, il Codice Troano, e diede uno

    straordinario resoconto di questa terra perduta che, stando alle

    sue affermazioni, fior nellOceano Pacifico prima di essere

    distrutto da un terremoto.

    Le Plongeon sosteneva che i suoi abitanti potevano essere

    considerati gli antenati dei Maya e degli Egizi, ma le sue ipotesi

    5Churchward J.

    (1991), The Lost Continent of Mu, BE Books , U.S.A. (ed. or.

    1926), p. 71.

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    non ebbero alcun credito negli ambienti scientifici, cos Mu

    continu ad essere nient'altro che un bel mito, difficile da

    posizionare nella storia e soprattutto nella geografia.

    C molto mistero e confusione, storie intricate e disinformazione

    riguardo al continente di Mu, ma le tesi di Le Plongeon furono

    comunque un seme lanciato nel fertile campo dei misteri irrisolti,

    un seme che stimol alla ricerca numerosi studiosi. Uno, in

    particolare, fu ammaliato da quel luogo perduto: si chiamava

    James Churchward ed era destinato ad essere considerato lo

    scopritore sulla carta" del mitico continente scomparso.

    cos che quando si parla di Mu, si parla del Colonnello inglese

    James Churchward, un viaggiatore e studioso con notevoli meriti

    nel campo della scienza, che trascorse la sua vita cercando lesatta

    posizione di Mu sulla mappa del mondo.

    Nel 1926 egli pubblic il primo della serie di cinque libri, The Lost

    Continent of Mu, contenente punti importanti della preistoria edellantropologia, che il Colonnello aveva accuratamente raccolto

    e compilato in oltre 50 anni di ricerca ed esplorazione attraverso

    lAsia e i Mari del Sud:

    Cera una volta un continente fiorente nel mezzo dellOceano

    Pacifico, chiamato Mu. [] La pi grande tragedia dellumanit

    avvenne quando Mu affond, portando con s nelle profondit

    degli abissi 64 milioni di persone e una civilt antica circa

    200.000 anni.

    Questa civilt era al suo apice quando, in accordo con Charles

    Darwin6, luomo era strettamente imparentato con la scimmia.

    6Darwin C. (1965), Sulla Origine delle Specie, trad. italiana della 1ma

    edizione di G. Canestrini, Torino.

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    Gli Incas e i Maya dei tempi preistorici erano gli ultimi membri di

    una civilt precedente che stava estinguendosi. []

    I documenti pi antichi dellumanit sono proprio qui, nel

    continente di questi lontani antenati, che fu una delle prime

    colonie di Mu. [] Documenti in Tibet, antichi oltre 70.000 anni,

    dimostrano la comunicazione esistente con il Sud America cos

    come con la Cina, lEgitto, lIndia e lAfrica. []

    Quando Mu affond ed emersero per la prima volta le montagne,

    luomo degener nella ferocia dalla quale emerse la nostra

    attuale civilt.7

    Dopo questa pubblicazione ci fu grande clamore nellambiente

    degli studiosi, e Churchward pubblic in gran velocit irimanenti suoi quattro libri: The Children of Mu (1931), The Sacred

    Symbols of Mu (1933), e Cosmic Forces of Mu in due parti (1934-

    35).

    7Churchward J.

    (1991), The Lost Continent of Mu, BE Books , U.S.A. (ed. or.

    1926), p. 11.

    Fig. 4 Mappa da Books from the Golden Age, 1927.

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    Prepar anche un altro volume, Books of the Golden Age

    (pubblicato postumo solo nel 1997) e inizi a scrivere Traces of

    Mu in America

    Nel primo libro Mu, il Continente scomparso8egli racconta che: Il

    Giardino dellEden non era in Asia, ma in un continente ormai

    affondato nellOceano Pacifico, e la storia biblica della creazione

    la storia epica dei sette giorni e delle sette notti non ci

    pervenuta dalle genti del Nilo n della Valle dellEufrate, ma dal

    continente affondato di Mu: la Terra Madre dellUomo.9

    Egli prov questa sua affermazione attraverso la descrizione dei

    complessi geroglifici che scopr e tradusse dalle antiche e sacre

    tavolette indiane. Queste tavolette raccontavano di un continente

    di 64.000.000 di abitanti, i quali circa 50.000 anni fa svilupparono

    una civilt per molti aspetti superiore alla nostra. Le sacre

    tavolette descrivevano la nascita della terra e della creazione

    delluomo nella misteriosa terra di Mu.Verso la fine degli anni Cinquanta, gli archeologi Reesdan Hurdlop

    e William Niven (che avevano lavorato in America Centrale)

    tentarono di ritrovare le tracce di Mu. Partirono per il Messico e l,

    in una valle sperduta nel corso dei loro scavi, portarono alla luce

    documenti di grande importanza: rinvennero un sarcofago

    contenente 69 rotoli di papiro coperti da una fitta scrittura.

    Partendo da questi rotoli messicani e dalle supposizioni del

    colonnello Churchward, Toni Earl scrisse Mu revealed10: un

    8Traduzione italiana di The Lost Continent of Mu.

    9Churchward J. (1926), The Lost Continent of Mu, BE Books/Brotherhood of

    Life Inc., Dartmouth, p. 7.

    10Earl T., Mu revealed, Warner Books Inc., New York, 1972.

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    successo editoriale enorme, in cui la fantasia spesso prevarica la

    storia.

    Nel libro, che vorrebbe essere il resoconto del contenuto dei

    rotoli, si narrano le vicende di un giovane sacerdote di Mu, ma in

    questo resoconto il nome del luogo Muror. Il protagonista

    sarebbe anche l'autore della straordinaria documentazione

    riportata alla luce da Niven e Hurdlop: il giovane sacerdote, di

    nome Kland, avrebbe scritto di un periodo risalente al 21.050 a.C.,

    narrando di Muror e definendola come l'"ultimo continente".

    La descrizione degli ambienti, degli usi, dei costumi, dell'economia

    e del governo danno di questo luogo un'immagine molto simile a

    quella idilliaca dei luoghi leggendari spesso protagonisti della

    letteratura mitologica.

    Ad oggi non esistono informazioni precise per accettare se quanto

    stato riportato, spesso in forma divulgativa e senza riferimento a

    fonti oggettive, appartenga alla realt. Certamente si tratta diindicazioni di indubbio interesse per porre in luce quanto peso

    abbia il mito nell'alimentare l'inesauribile desiderio umano di

    ritrovare le tracce di un mondo perduto.

    Eppure la maniera in cui venne alla luce loriginale storia della

    creazione sul continente perduto di Mu, da vita a unaltra storia:

    la storia del Colonnello James Churchward.

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    1.3 La Terra Madre di James Churchward

    Percy Tate Griffith, avendo conosciuto sin dallinfanzia questogeniale autore, inventore, artista, ingegnere, geologo, medium e

    massone di 33 grado, dopo la sua morte nel 1937 scrisse una

    biografia, My Friend Churchey and his sunken island of Mu11, in cui

    racconta di Churchward.

    Nato a Devon nel febbraio 1851, in Inghilterra, arriv sulla scena

    di Brooklyn nel 1880. La storia della sua adolescenza e della sua

    educazione (probabilmente a Sandhurst e Oxford) restano

    nellombra, cos come la sua carriera militare nella British Army

    come Colonnello del Genio e come Colonnello di un reggimento di

    Lancieri del Bengala

    stazionati in India. Si

    spos in India allet di 20

    anni e nel 1872 ebbe un

    figlio, Alexander.

    Nel 1868 era tempo di

    carestia in India, e il

    colonnello offriva il suo

    servizio di assistenza nel

    lavoro di soccorso in

    favore delle vittime di una

    carestia. Qui conobbe un

    rishi un sommo sacerdo-

    11Griffith Percy T. (2004), My friend Churchey and his sunken island of Mu:

    Biography of Colonel James Churchward, Engineer, Inventor and Author of

    the Mu Books, Dick Lowdermilk, Londra.

    Fig. 5 Colonel James Churchward

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    te di un tempio ind, e scopr gradualmente come questo fosse

    molto interessato allarcheologia e alle antichit, e come egli

    avesse una conoscenza ampia e approfondita di questi temi.

    Un giorno il sacerdote vide il colonnello che stava provando a

    decifrare un bassorilievo molto particolare su una parete, cos gli

    mostr come risolvere il puzzle di quelle particolari iscrizioni,

    offrendosi di dargli delle lezioni (lezioni che sarebbero state utili

    per lavori pi complessi). cos che inizi la loro amicizia.

    Per pi di due anni Churchward studi diligentemente una lingua

    morta che il suo amico sacerdote credeva fosse la lingua originale

    del genere umano, un linguaggio che era compreso da soli altri

    due sommi sacerdoti in India. Una delle difficolt maggiori

    nasceva dal fatto che molte delle apparenti semplici inscrizioni

    nascondevano significati esoterici, comprensibili solo dai Sacri

    Fratelli - i Naacal12- una fratellanza sacerdotale inviata dalla

    terra madre verso le colonie per insegnare le scritture sacre, lareligione e le scienze.

    Durante i loro incontri accadde che il sacerdote parl a

    Churchward di una serie di tavolette antiche, conservate negli

    archivi segreti del tempio e di cui egli stesso non conosceva il

    contenuto, in quanto aveva avuto modo di vederne solo i

    contenitori a forma di anfora in cui queste erano conservate.

    Questi erano scritti sacri da non toccare, documenti che erano

    stati redatti direttamente dai Naacal in Birmania, o forse nella

    12I Naacal sarebbero stati una confraternita di 'saggi', provenienti da Mu, i

    quali avrebbero scritto le tavolette sacre o a Mu stesso, prima del suo

    inabissamento, o in Birmania dopo il medesimo, da dove furono poi

    esportate in India.

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    stessa terra scomparsa. Tali tavolette erano solo dei resti di una

    vasta collezione situata in uno dei 7 Rishi dellIndia, e si credeva

    che la maggior parte di queste fossero andate perdute.

    Dopo sei mesi di tentativi del colonnello per convincere lamico

    sacerdote a mostrargli i tesori nascosti, e dopo sei mesi di rifiuti, il

    sacerdote cedette alla richiesta e una sera si present con due

    delle antiche tavolette. Il colonnello racconta di quel momento di

    incredibile felicit, in cui esamin curioso le tavolette d'argilla

    nascoste per un cos tanto tempo. Erano scritte nei caratteri della

    stessa lingua morta che aveva studiato con lamico, e entrambi

    credevano fermamente che fossero documenti autentici

    provenienti da Mu.

    Poich la storia si interruppe brutalmente nel punto pi

    interessante sulla seconda tavoletta, non potendo trattenersi dalla

    curiosit di conoscere il seguito, persino il sacerdote annu per

    continuare le ricerche. E fu cos che le tavolette furono estrattetutte dal luogo segreto in cui erano conservate.

    Seguirono mesi di intensa concentrazione nella traduzione delle

    tavolette. Gli scritti descrivevano in dettaglio la creazione della

    terra e delluomo,e il luogo dove per primo esso apparve: l'isola

    scomparsa di Mu.

    Churchward racconta di come avessero letteralmente riportato

    alla luce dei segreti di grande importanza per l'elaborazione

    delleterno dilemma, la nascita delluomo, e cos si convinse a

    cercare le altre tavolette perdute, purtroppo senza successo,

    portando lettere di raccomandazione ai sommi sacerdoti di tutta

    lIndia che in ogni circostanza lo rimandavano indietro con

    freddezza e sospetto. Ognuno di loro avrebbe dichiarato di non

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    Dopo circa un anno, completata lopera di traduzione, e

    Churchward da quel momento in poi dedic l'intera sua vita alle

    ricerche della terra madre, credendo fermamente nella nuova

    storia della creazione del mondo: fu sullisoladi Mu che nacque il

    primo uomo.

    Tutte le questioni scientifiche che si aggirano intorno alla

    questione del continente perduto di Mu si basano sulle traduzioni

    di due serie di antiche tavolette: le tavolette Naacal, scoperte come

    finora descritto in India dal colonnello James Churchward, e una

    grande collezione di tavolette di pietra oltre 2500 ritrovate nel

    1921 da William Niven in Messico. Entrambe le serie hanno la

    stessa origine ed in entrambe ci sono estratti dei Sacri Scritti

    Ispirati di Mu.

    Le tavolette Naacal erano scritte con i simboli e i caratteri Naga e,

    la leggenda dice che furono scritte nella Terra Madre, poi portate

    Fig. 6 Tabella con alcuni Glifi dei Nacaal. Dal libro I Simboli Sacri di Mu di

    J. Churchward.

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    in Birmania e infine in India. La loro datazione estremamente

    antica attestata dal fatto che la storia narra che i Naacal

    lasciarono la Birmania oltre 15.000 anni fa. Non c una risposta

    precisa, invece, di dove furono scritte le tavolette messicane di

    Niven, ma si sa che per la maggior parte furono scritte con i

    caratteri nordici o i simboli Uighur.

    Ci che sembrerebbe invariato che entrambe le serie di tavolette

    sono state scritte con lalfabeto di Mu, la Terra Madre. Se furono

    scritte in Messico o nella Terra Madre e poi portate in Messico non

    cosa nota, anche se la datazione di queste tavolette risale a oltre

    12.000 anni fa.

    Una parte delle tavolette di Niven parlerebbero di Mu, mentre

    altre avrebbero fornito i collegamenti mancanti nella storia Naacal

    della Creazione. Questi dati furono aggiunti nelledizione finale

    delledizione Il Continente perduto di Mu di Churchward, con le

    Fig. 7 Alcune tavolette in pietra appartenenti alla collezione di Niven.

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    relative decifrazioni e traduzioni.

    Alcuni dei temi inclusi in queste tavolette americane erano: una

    descrizione della Creazione nei minimi dettagli, la vita e la sua

    origine nei minimi dettagli, la creazione della donna, lorigine e il

    funzionamento delle Quattro Grandi Forze Cosmiche (oltre 1000

    tavolette sarebbero state dedicate a questultimo argomento).

    notevole come tanti punti di questa storia coincidano con il

    racconto della Creazione proposto dalla Bibbia cristiana.

    Le tavolette Naacal in cui Churchward si imbatt in Oriente erano

    solo frammenti dei vari temi con molti collegamenti mancanti,

    mentre quelle messicane non solo confermavano le tavolette

    orientali, ma sopperirono a molti dei collegamenti mancanti.

    Churchward riporta di aver speso oltre 50 anni in investigazioni,

    ricerche ed esplorazioni per provare quanto aveva trovato scritto

    in queste tavolette Naacal. E le tavolette messicane, come quelle

    Naacal, indubbiamente stabilirono agli occhi del colonnello, econ sua grande soddisfazione che un tempo la terra ebbe una

    civilt molto antica, che fu per molti versi superiore alla civilt

    contemporanea e che, con largo anticipo rispetto ai tempi

    moderni, avevano conoscenze in ambiti importanti ed essenziali,

    ambiti di cui il mondo attuale solo ora comincia ad avere

    cognizione.

    Queste tavolette testimoniavamo che la civilt dellIndia, della

    Babilonia, della Persia, dellEgitto e dello Yucatan non erano che le

    ceneri morenti della prima grande civilt. Pertanto le tavolette

    messicane confermavano la tesi di Churchward, e furono definite

    come i documenti pi antichi delluomo, in quanto questi non

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    sarebbero da ricercarsi n in Egitto n nella Valle dellEufrate, ma

    in Nord America e in Oriente dove Mu piant le sue prime colonie.

    Con il passare del tempo Mu finir con il trovarsi su un percorso

    parallelo a quello di Atlantide: dopo 50.000 anni la parte

    meridionale del continente sarebbe stata sconvolta da catastrofi

    naturali come immani eruzioni e maremoti. La fine di Mu sar la

    copia quasi perfetta della vicenda di Atlantide, di Creta, di

    Santorini o di Krakatoa, mentre la vicenda umana si sarebbe

    consumata lungo un arco di tempo di circa 37.000 anni.

    Il parallelismo con Atlantide sembra tuttavia esistere solo sul

    piano esoterico. Infatti circa 13.000 anni fa sarebbe iniziato anche

    linabissamento di Atlantide, proprio mentre Mu completava il suo

    ciclo finale con linabissamento della propria zolla tettonica. E in

    questi 37.000 anni si sarebbe completata la deriva dei continenti,

    e il mondo si sarebbe ritrovato con una geografia simile a quella

    attuale.Ma a questo moto estremamente lento, difficilmente pu aver

    seguito lipotesi di un'immensa onda di marea che avrebbe

    sconvolto il pianeta, e i pochi sopravvissuti allimmane cataclisma

    erano probabilmente abbastanza numerosi per poter dare vita e

    continuit per cos lungo tempo ai miti e alle leggende di un

    perduto, favoloso passato.

    Nella descrizione suggerita dal colonnello Churchward, Mu era

    una sorta di terra immaginaria contrassegnata dalla perfezione,

    un luogo in cui civilt e natura si amalgamavano in un ambiente

    straordinario proposto come esempio di equilibrio e pace.

    Una specie di paradiso perduto le cui caratteristiche non

    corrispondono a nessun luogo reale.

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    Questa ricostruzione si basava sulla comparazione di fonti tra loro

    molto diverse: fu infatti attraverso il riordinamento minuzioso dei

    fatti e il recupero di connessioni mai evidenziate prima che

    Churchward deline l'apogeo raggiunto dal continente perduto e,

    poi, la sua fine.

    La testimonianza della distruzione di Mu, la Madre Terra

    dell'Uomo, darebbe la probabile soluzione del mistero delle razze

    bianche nelle Isole del Sud Pacifico e renderebbe nota la

    conoscenza di questa grande civilt che fior nel Pacifico centrale e

    che si estinse quasi nel giro di una notte.

    Queste tavolette diedero la prima traccia dell'esistenza di Mu e

    spinsero le ricerche in tutto il mondo, tant che recentemente

    sono venute alla luce testimonianze del passato, testimonianze di

    vario tipo. Documenti di epoca posteriore scritti dai Maya, in

    Egitto e in India raccontano e descrivono la distruzione della terra

    di Mu, quando la crosta terrestre fu frantumata dai terremoti esprofond in un abisso di fuoco. Poi le acque agitate del Pacifico la

    ricoprirono e si form una distesa di acqua laddove un tempo vi

    era stata una meravigliosa civilt.

    La conferma dell'esistenza di Mu sarebbe riscontrabile in

    manoscritti antichi, tra cui un testo classico come il Ramayana,

    poema epico ind scritto dal saggio e storico Valmiki, per ordine

    di Narana, sommo sacerdote del tempio Rishi a Ayhodia, il quale

    gli lesse i documenti antichi del tempio.

    In un punto Valmiki cita i Naacal, dicendo: "...e vennero in

    Birmania dalla terra della loro origine nell'Est .

    Un altro documento che confermerebbe la storia delle tavole sacre

    e di Valmiki il Manoscritto Troano, oggi conservato nel British

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    Museum. un antico libro Maya scritto nello Yucatan. Parlerebbe

    della "Terra di Mu" utilizzando gli stessi simboli trovati in India, in

    Birmania e in Egitto.

    Altro riferimento il Codex Cortesianus, un testo Maya all'incirca

    della stessa epoca del Manoscritto Troano. Ancora nel panorama

    dei documenti vi il Documento di Lhasa.

    Oltre alle documentazioni scritte, vi sono ruderi che, per la loro

    ubicazione e per i simboli che li decorano, testimonierebbero

    l'esistenza di Mu. In alcune Isole dei Mari del Sud, specialmente

    nelle Isole di Pasqua, Mangaia, Tonga-tabu, Panape e Ladrone o le

    Marianne, si troverebbero ancora oggi vestigia di vecchi templi di

    pietra e altri resti litici che ci riportano all'epoca di Mu. A Uxmal,

    nello Yucatan, un tempio distrutto reca iscrizioni commemorative

    delle "Terre dell'Ovest, donde venimmo"; e la straordinaria

    piramide messicana a sud-ovest di Citt del Messico, fu innalzata,

    secondo le iscrizioni che reca, come monumento in memoria delladistruzione di quelle stesse "Terre dell'Ovest".

    Infine, l'universalit di determinati simboli e usanze antiche,

    scoperte in Egitto, Birmania, India, Giappone, Cina, Isole dei Mari

    del Sud, America Centrale, Sud America, e presso alcune trib

    indiane del Nord America e altri centri di antiche civilt sarebbe

    un altro elemento a favore dell'esistenza della Terra Madre.

    Simboli e usanze sono cos simili da indurre a pensare che

    derivino da un'unica fonte: Mu.

    Il continente era una vasta distesa di terreno ondulato che andava

    da nord delle Hawaii verso sud. Tracciando una linea tra l'isola di

    Pasqua e le Fiji si ha il suo confine meridionale. Copriva oltre 8000

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    chilometri da est a ovest e sui 5000 da nord a sud ed era formato

    da tre zone divise l'una dall'altra da stretti canali o da mari.

    Risalendo tempi remotissimi, sarebbe esistito un grande

    continente nel mezzo dell'oceano Pacifico dove adesso "troviamo

    solo acqua e cielo", e gruppi di isolette, che oggi sono chiamate le

    Isole dei Mari del Sud. Nelle parti che non furono sommerse si

    rintraccerebbero ancora ruderi di templi, tradizioni, sculture,

    simboli sacri e testimonianze scritte.

    Le testimonianze e le informazioni, basate sulla presunta epocadel Manoscritto Troano, confermano che la terra di Mu esistette

    fino al limite dell'era storica, ossia fino ad un periodo compreso

    fra 12.000 e 12.500 anni fa. Sembrava che il continente

    consistesse di tre terre separate, divise tra loro da piccoli mari o

    stretti.

    Fig. 8 Mappa del 1926, dal libro The Lost Continent of Mu, Motherland of Man,

    di J. Churchward.

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    riscontrate nellevoluzione biologica e ambientale tra le coste

    dell'Africa, dell'India e della Malesia, con particolare riferimento ai

    lemuri del Madagascar. Da quelle proscimmie Slater trasse il nome

    di "Lemuria".

    Ma la Lemuria di Slater non corrisponde a ci che i geologi

    chiamavano con lo stesso nome, ossia un continente o un sub-

    continente che nella futura teoria della deriva dei continenti di

    Wegener potrebbe aver unito l'Africa all'Asia nellera giurassica.

    Il clima scientifico ottocentesco dipendeva da Charles Darwin, e

    l'ipotesi che in un lontano passato fosse esistita unennesima te rra

    scomparsa fece gran clamore. Ma lidea di una terra perduta quale

    luogo dorigine dellumanit sembrerebbe parsa molto pi

    irresistibile agli occultisti, e pertanto Lemuria si aggiunta alle

    loro concezioni cosmologiche.

    La fondatrice della teosofia, Madame Blavatsky (1831-1891),

    considerata da alcuni unagrande mistica, da altri

    una ciarlatana. Nel corso

    della sua movimentata

    carriera, da cavallerizza

    nei circhi da medium

    spiritista, acquis una

    buona conoscenza della

    magia occidentale e della

    filosofia orientale.

    Madame Blavatsky asse-

    riva di aver viaggiato per

    il mondo intero alla

    Fig. 10 Helena Petrovna Blavatsky.

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    ricerca della sapienza occulta, che trov in Tibet, ai piedi del

    Mahatma13. Costui, cos affermava, dominava il mondo emettendo

    correnti di una misteriosa forza. I molti volumi componenti la sua

    opera principale, La Dottrina Segreta, derivano dal Libro di Dzyan,

    un antico testo di Atlantide che il Mahatma le aveva mostrato

    durante una trance.

    La dottrina segreta proclamava levoluzione del genere umano

    attraverso Sette Razze Stirpe, di cui la Terza era quella dei

    Lemuriani. Non erano pi quindi tre le razze, come ipotizzate

    dallaltro grande esoterista Max Heindel.14

    Questi antichi esseri, creature gigantesche simili a scimmie,

    vivevano in un continente che occupava gran parte dellemisfero

    meridionale. Alcuni possedevano quattro braccia, altri un terzo

    occhio dietro la testa; comunicavano tramite la telepatia; bench

    non possedessero un cervello nel senso proprio del termine, erano

    capaci, mediante lesercizio della volont, di spostareletteralmente le montagne. Infine Lemuria esplose e fu seguita

    dallinabissamento di Atlantide, fino ad arrivare al mondo che oggi

    conosciamo.

    Secondo gli occultisti, esistono tuttora dei discendenti del

    Lemuriani gli attuali Aborigeni, gli Ottentotti e i Papua.

    13 Mahatma un termine sanscrito composto da due parole "Maha" che

    significa "grande" e "Atma" che significa "anima", pu essere quindi

    tradotto come "Grande Anima". Questo epiteto stato attribuito ad alcuni

    personaggi come Mohandas Karamchand Gandhi e viene usato per indicare

    adepti, anime liberate o anche professionisti.

    14 esoterista tedesco. Considerato il leggendario fondatore dell'Ordine dei

    Rosacroce.

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    "inconscio collettivo", per

    attingere alle memorie

    del passato, inclusa

    Atlantide.

    Molto meno note furono

    le descrizioni di Cayce di

    una civilt precedente:

    l'Impero di Mu

    nell'Oceano Pacifico o

    Lemuria. Una delle cose

    che disse era che

    l'Andrea (la costa sul

    Pacifico del Sudamerica)

    occupava in epoca antidiluviana l'estrema porzione orientale della

    Lemuria. Quando fece questa dichiarazione, circa 70 anni fa, gli

    oceanografi sapevano ben poco di quanto giacesse sotto il Pacifico.Nelle sue Letture del Libro della Vita (o Cronache di Akasha)

    descrisse Lemuria come una catena ininterrotta di arcipelaghi ed

    isole che collegavano il Pacifico dalla costa del Sud-America fino al

    Giappone.

    Dal momento che n Atlantide n Lemuria erano continenti in

    senso stretto geologico, rimane il fatto che entrambe furono

    effettivamente "continentali" in quanto terre con larga influenza e

    vasta estensione culturale.

    La civilt del Pacifico era nota sia come "Lemuria" sia come "Mu",

    entrambi questi nomi appaiono alternativamente attraverso le

    tradizioni mitologiche, senza che si possa riscontrarne alcuna

    differenza nel significato.

    Fig. 11 Edgar Cayce.

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    Nei racconti di Cayce ci perviene che i Lemuriani di razza scura

    furono i primi della grande migrazione di stranieri che

    raggiunsero il Per. Altri Lemuriani neri viaggiarono verso le

    Americhe, dove parteciparono alla civilizzazione Olmeca del

    Messico, e furono poi immortalati dalle enormi teste scolpite in

    pietra dai loro antichi artigiani. La razza scura di cui parlava Edgar

    Cayce sembrerebbe esser stata la maggioranza della popolazione

    nativa di Lemuria, i cui discendenti comprenderebbero a suo

    avviso anche i moderni polinesiani.

    Churchward, che pubblic i suoi libri decenni prima che il

    materiale di Cayce fosse universalmente noto, dichiar a sua volta

    che una razza scura risiedeva a Mu, mentre l'aristocrazia era

    regolata da una razza bianca.

    Tornando a Cayce, egli divulg le seguenti informazioni in risposta

    alla questione concernente l'aspetto della superficie terrestre

    durante lo Zenith della grandezza Atlantidea: "Quindi, questaporzione di terra, che era dunque il Sud Pacifico di Lemuria [Mu],

    inizi a sparire ancor prima di Atlantide, a causa dei cambiamenti

    che si stavano verificando verso l'ultima parte di quel periodo, che

    sarebbe stato chiamato o 10.700 anni di luce o anni terrestri, o

    presentandoli come Adamo.15

    Nel suo Libro della Vita, Cayce disse ancora: "Lemuria inizi a

    scomparire nell'8.700 a.C." E geologicamente sarebbe pi

    concepibile che il processo di totale inabissamento abbia

    impiegato millenni per completarsi, piuttosto che con un

    improvviso sconvolgimento naturale.

    15Cayce E. (1998), Edgar Cayce on the Akashic Records: The Book of Life, Are

    Pr, U.S.A.

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    Cos come l'arcipelago di Mu cedette davanti alla forza usurpatrice

    del mare, anche i Lemuriani si ritrovarono con meno territorio e

    furono costretti a migrare. Cayce ci racconta che i Lemuriani

    erano molto diversi dagli imperialistici Atlantidei e potevano

    essere riluttanti a farsi valere in terra straniera, tendendo verso

    un auto-imposto isolamento.

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    2 IL PANORAMA SCIENTIFICO

    DEL XIX SECOLO

    2.1 Le teorie sulle terre scomparse

    Pi che le sole storie di studiosi dellocculto a supportare

    lesistenza di continenti scomparsi, gli stessi scienziati del XIX

    secolo avanzarono lipotesi di un continente perduto per spiegare

    linsolita distribuzione della flora e della fauna attorno allOceano

    Indiano.

    I nomi Lemuria e Mu sono stati usati in maniera indistinta per il

    continente perduto, sebbene Churchward lo chiamasse esclusi-

    vamente Mu.

    Letimologia e per lo pi confusa, ma sembra come si detto

    che Lemuria ricevette il suo nome per la prima volta da Sclater nel

    1870, il quale incuriosito dalla presenza dei lemuri sia in

    Madagascar che in India e dalla loro assenza in Africa e nel medio-

    oriente, propose la teoria secondo cui queste due terre, un tempo,

    sarebbero state parte di un continente pi grande, chiamato

    Lemuria proprio dal nome dei lemuri.

    Ma andiamo con ordine.Nei dibattiti scientifici di alto livello, alla luce delle acquisizioni

    scientifiche del tempo, la questione di Atlantide era uno degli

    argomenti pi dibattuti. Il giovane avvocato, Charles Lyell, fin da

    studente dimostr pi interesse per la geologia che per i testi

    giuridici. Lindebolimento della vista che gli rendeva difficile la

    lettura lo spinse a dedicare sempre pi tempo alla geologia che

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    Darwin sperava cos di mettere a tacere definitivamente tutte le

    divagazioni su Atlantide e su lembi di terra. Speranze vane, in

    quanto non solo la teoria di Atlantide come ponte continentale

    continu a rimanere viva, ma se ne affianc un'altra destinata ad

    una simile notoriet.

    La pubblicazione di Darwin aveva posto un dilemma agli

    scienziati: se specie simili si erano evolute in un dato luogo a

    partire da un antenato comune, come spiegare lesistenza di

    animali come il lemure, che vive principalmente nel Madagascar

    oltre alcuni esemplari insediati nella vicina Africa e che

    altrimenti ritrovabile solo in India e nellarcipelago malese? Altri

    animali e piante sollevavano lo stesso problema: come erano

    riusciti ad attraversare lOceano Indiano. La risposta pi ovvia era

    postulare lesistenza di un ponte di terra o di un istmo oggi

    sommerso.

    I geologi presero anchessi parte al dibattito facendo presente lasomiglianza fra alcune rocce e fossili dellIndia centrale e

    dellAfrica meridionale. Era ormai nato un nuovo continente,

    esteso fra lAfrica e lIndia, che sarebbe esistito allepoca in cui i

    lemuri si evolvevano.

    Secondo la teoria evoluzionistica di Darwin, luomo discende dalla

    scimmia, ma il legame fra le due specie non era comprovato da

    fossili.

    Anche il naturalista tedesco Ernst Heinrich Haeckel ricorse a

    Lemuria come possibile culla dellumanit. Egli fu un fervido

    sostenitore dellesistenza del continente perduto. Principale

    sostenitore e instancabile difensore delle teorie dellevoluzione di

    Darwin in Germania, nel 1868 pubblic la Storia della creazione

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    un tempo antico, era stata inizialmente proposta anche da alcuni

    geologi che erano intenti a studiare le analogie fra le formazioni

    geologiche delle due zone. Tuttavia Haeckel, con il suo ponte di

    terra, spiegava la distribuzione abbondante dei Lemuri sia in

    Madagascar sia in Africa e India.

    Le teorie di Haeckel rafforzavano la convinzione che la storia

    dell'universo, del sistema solare e della Terra dovessero essere

    spostate pi indietro nel tempo rispetto alla cronologia

    tradizionale secondo la quale la creazione sarebbe avvenuta non

    oltre il 4000 a.C.

    In ambito geologico e paleontologico vennero introdotti 3 nuovi

    periodi che allungavano la cronologia relativa alla storia della

    Terra (e, di conseguenza, della presenza di vita sul pianeta). Ma

    l'idea che la storia dell'uomo non corrispondesse a quella narrata

    nella Sacre Scritture risult essere un'eventualit difficile da

    accettare, e alcuni ricercatori del tempo pur avendo preso inconsiderazione l'antichit della Terra, continuava a sostenere che

    relativamente all'uomo gli scienziati dovessero attenersi

    fedelmente alle informazioni nella Bibbia.

    Nel 1816, Christian Jurgensen Thomsen (direttore del Museo

    archeologico di Copenaghen) aveva suddiviso la storia dell'uomo

    in tre epoche (l'Et della Pietra, del Bronzo e del Ferro), creando

    cos uno schema cronologico utilizzato a lungo dagli archeologi,

    mentre fra il 1850 e il 1860 vennero alla luce prove sempre pi

    numerose di resti umani appartenenti ad epoche pi antiche

    rispetto alla supposta datazione del Diluvio Universale.

    Cos dopo la pubblicazione dellOrigine della Speciedi Darwin

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    diverse fasi dell'Et della Pietra. In questo modo contribuiva in

    maniera decisiva alla sostituzione della cronologia fino ad allora

    accettata, con la credenza di un remoto passato dell'uomo.

    Sempre pi in questi anni continuavano ad emergere prove

    convincenti della comparsa dell'uomo sulla Terra in un'epoca

    molto remota, cos molti scienziati e uomini di cultura iniziavamo

    a pensare che l'inizio della civilt andava retrodatato rispetto alle

    stime tradizionali.

    Molti archeologi nutrivano la convinzione che esistesse un'origine

    comune delle grandi nazioni dell'antichit, dando vita al

    diffusionismo, un paradigma interpretativo nuovo e di successo

    fino alle met del Novecento.

    I sostenitori della teoria diffusionista affermavano l'impossibilit

    che una stessa invenzione o innovazione potesse presentarsi due

    volte in luoghi diversi, pertanto tutte le conoscenze dovevano

    esser state trasmesse da un luogo originario, che secondo alcunistudiosi era l'antico Egitto, per altri era in diverse regioni

    dell'Asia, per altri ancora il centro di diffusione era da ricercarsi

    nella mitica Atlantide o nella leggendaria Lemuria.

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    2.2 Dal mito alla scienza: sull'origine dell'uomo

    Nel 1859 comparve per la prima volta L'Origine delle Specie di

    Darwin, ma non era nuova l'idea dellevoluzione degli organismi.

    Da circa un secolo molti autori l'avevano sostenuta e discussa

    senza tuttavia ottenere per essa una sufficiente credibilit

    scientifica.

    Nella seconda met del Settecento, specialmente in Francia, alla

    iniziale concezione della scala naturale che vedeva in ogni forma

    vivente una realt fissa e statica, si era venuta contrapponendo

    una visione storica e dinamica della natura. Gi Buffon, a met del

    XVIII secolo, nella sua grande opera Histoire naturelle aveva

    sviluppato l'idea di una storicit della natura rifiutando la

    cosmogonia biblica che fissava in seimila anni il periodo di tempo

    trascorso dall'inizio della storia del mondo.

    Maupertuis aveva abbozzzato un'ipotesi geniale sullevoluzione

    degli organismi e Buffon,

    analizzando in pi punti

    della sua opera questa

    possibilit, ritenne in ogni

    caso che l'ipotesi

    dellevoluzione non fosse

    sufficientemente provata

    dai fatti.

    L'idea di una continua

    trasformazione degli esseri

    viventi trov un convinto

    assertore in Diderot cheFig. 15 Charles Darwin.

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    vedeva in essa una necessaria conseguenza della sua concezione

    materialistica, per cui tutta la realt coinvolta in un perenne

    flusso di mutamenti. Tale idea di trasformazione dei viventi era

    legata alla concezione che la materia avesse una continua ed

    autonoma capacit creatrice, e la generazione spontanea,

    nuovamente asserita per gli organismi pi semplici da vari autori

    di questo periodo, sembrava costituire una delle prove pi

    convincenti di questa concezione. Ma l'idea di un rinnovato

    prodursi di forme viventi nelle varie epoche della natura doveva

    essere elaborata con maggior successo da alcuni autori che

    tentarono di conciliarla con il creazionismo tradizionale e

    rifiutando la concezione materialistica.

    Robinet e Bonnet, pur seguendo una diversa impostazione

    scientifica e filosofica, ammisero ad esempio una successiva

    comparsa di nuove forme di organismi nelle epoche passate della

    terra. Bonnet in particolare cercava di conciliare in questo modol'idea di ascesa e di perfezionamento della natura con quella di un

    atto unico di creazione che non richiedesse un successivo

    intervento di dio nel mondo. Lamarck, invece, svilupp la sua

    ampia e approfondita teoria dell'evoluzione all'inizio

    dell'Ottocento senza alcuna preoccupazione di salvare il

    creazionismo. Seguendo il pensiero di molti illuministi la natura

    per lui un ordine autonomo della realt che pu realizzare il piano

    divino solo in base alle sue proprie leggi. Tale piano comport per

    Lamarck lipotesi di un graduale e progressivo perfezionamento

    degli organismi, destinato a culminare nell'uomo e a realizzarsi

    mediante una tendenza necessaria della materia vivente a

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    differenziarsi in forme sempre pi complesse che seguono un

    disegno uniforme ed ordinato.

    I temi del naturalismo illuministico e l'idea di un progressivo

    perfezionarsi delle forme, che potevano realizzare nel tempo la

    loro ascesa lungo la scala della natura, trovarono in Germania

    un'eco importante in Goethe, il quale tendeva a vedere nella

    continuit delle forme viventi la metamorfosi ideale di una forma

    percepita direttamente nell'esperienza.

    Nel complesso le varie teorie dell'evoluzione che vengono

    formulate tra il Settecento ed i primi anni dell'Ottocento si

    rifacevano a dei procedimenti esplicativi che apparvero ben

    presto di carattere speculativo o comunque ipotizzavano processi

    o forze vitali che la nuova fisiologia, che sorgeva allora in Francia

    su basi pi strettamente empiriche, doveva fatalmente respingere.

    Questa debolezza nell'individuare le cause dell'evoluzione non

    toglie per a tali autori il merito di aver sviluppato alcuniargomenti importanti a favore dell'esistenza di un processo

    evolutivo.

    Fra gli argomenti pi o meno implicitamente addotti ve ne era uno

    di carattere filosofico generale, condiviso da molti sostenitori di

    una concezione di tipo materialistico o teistico. Per costoro

    l'universo poteva essere soggetto ad un flusso continuo di

    trasformazioni che doveva coinvolgere anche gli organismi o

    comunque si doveva ritenere che con la creazione divina del

    mondo fossero state fissate soltanto le leggi in base alle quali

    doveva scaturire e svilupparsi necessariamente la vita in tutte le

    sue forme.

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    Le complesse indagini sviluppate fra il Settecento e l'Ottocento

    sulle variazioni delle specie erano volte soprattutto a stabilire dei

    criteri precisi nell'opera di classificazione pi che a gettare luce

    sul problema generale dell'origine dei viventi. Questo problema

    sembrava a molti del tutto irrisolvibile.

    Un altro argomento su cui si basavano nel Settecento alcuni

    sostenitori della teoria evoluzionistica degli esseri viventi era

    l'esistenza di un piano fondamentale nella forma anatomica degli

    organismi che avrebbe indicato la loro discendenza da un essere

    primitivo.

    Il ritrovamento di resti fossili di organismi, considerati a lungo dai

    teologi e dai naturalisti come la testimonianza del diluvio biblico,

    era stata considerata a poco a poco come la traccia di molteplici e

    profondi cambiamenti nel passato della terra che avevano dovuto

    coinvolgere anche le forme viventi. Si era cos giunti nel

    Settecento, attraverso gli studi geologici, all'idea che talicambiamenti si erano svolti in epoche successive, che alcuni

    consideravano coincidenti in modo simbolico coi sei giorni della

    creazione.

    Malgrado la nuova concezione storica della natura, sviluppata

    specialmente nell'opera di Buffon, e l'eventuale ammissione di

    una successiva comparsa delle forme viventi, il clima culturale

    prevalente nel Settecento era per ancora favorevole al

    creazionismo e quindi all'idea che un breve periodo di tempo

    fosse trascorso dall'inizio del mondo. Appariva perci difficile

    ammettere che le passate vicende della natura si fossero svolte

    per effetto delle semplici forze naturali. Si riteneva perci che le

    azioni delle acque o eventualmente quelle del calore responsabili

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    delle passate trasformazioni della terra si fossero prodotte in

    modo violento, e cio attraverso catastrofi.

    Solo mediante tali catastrofi si poteva ammettere che in un tempo

    relativamente breve le acque avessero raggiunto e poi

    abbandonato le attuali montagne lasciandovi resti fossili di

    animali marini. Solo in tal modo si riusciva a conciliare il racconto

    biblico con la storia della terra considerando il diluvio universale,

    l'ultima delle grandi catastrofi note alla memoria dell'uomo.

    Cuvier nello sviluppare le sue ricerche paleontologiche ed in

    particolare nel Discorso sulle rivoluzioni della superficie del globo

    (1812) si fece convinto assertore del catastrofismo giungendo

    anche attraverso di esso a negare la teoria dell'evoluzione. Cuvier

    non si pronuncia sul periodo di tempo n sulle cause precise delle

    successive catastrofi che avevano distrutto gli abitanti della terra.

    Era comunque sicuro che tali cause avevano agito violentemente

    in un modo che non era pi attualmente osservabile.La nuova paleontologia sviluppata nell'ambito del catastrofismo

    risultava, quindi, una nuova confutazione della teoria

    evoluzionistica. Resti fossili di uomini non erano stati ancora

    trovati nei primi decenni dell'Ottocento e quindi appariva ovvio

    secondo Cuvier che la loro comparsa sulla terra doveva essere

    molto recente e doveva

    risalire al periodo

    precedente l'ultima grande

    catastrofe: il diluvio

    universale narrato dalla

    Bibbia.

    Fig. 16 Il volume del testo biblico,

    in ebraico.

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    Descrizioni di un diluvio universale che avrebbe inondato le terre

    e sterminato le popolazioni del mondo sono dovunque ricorrenti

    tra i miti dell'antichit. In molti casi questi miti alludono al fatto

    che il diluvio spazz via una civilt avanzata che in qualche modo

    aveva fatto adirare gli dei, non risparmiando nessuno e

    obbligando i soprav-vissuti a "ritornare bambini, non sapendo

    niente di quanto sia avvenuto nei tempi antichi.16

    Storie di questo tipo possono esser trovate nelle Americhe

    precolombiane, nell'antico Egitto, nell'India vedica. Compaiono

    anche nei racconti dei sumeri, dei babilonesi, dei greci, degli arabi

    e degli ebrei. E sono presenti anche nei racconti cinesi, del sud-est

    asiatico, dell'Europa settentrionale e da un capo all'altro

    dell'Oceano Pacifico.

    Laddove si sono conservate tradizioni molto antiche, sono state

    tramandate perfino tra i popoli delle montagne e i nomadi del

    deserto delle vivide descrizioni di diluvi universali in cui lamaggior parte del genere umano stata distrutta.17

    opinione diffusa tra gli accademici e da un secolo a questa

    parte che i miti siano o pura fantasia o la rielaborazione

    fantastica di diluvi locali e limitati, causati da straripamenti di

    fiumi o da ondate di marea.18

    Sappiamo da tempo, commentava lantropologo J. G. Frazer, nel

    16Platone (1984), Timeo, trad. C. Giarratano in Platone, Opere complete,

    Laterza, Bari.

    17Frazer J. G. (1918), Folklore in the Old Testament, vol. I, 104.361,

    Macmillan, Londra.

    18 Alan Dundes (1988), The Flood Myth, I, University of California Press,

    Berkeley.

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    1923, "che leggende su una grande alluvione in cui quasi tutti gli

    uomini perirono sono ampiamente diffuse in tutto il mondo. Storie

    di cataclismi cos spaventosi sono certamente favolose, ma

    possibile e anzi probabile che sotto un guscio mitologico molti di

    questi racconti possano nascondere un nucleo di verit: vale a dire

    che possano contenere reminiscenze di inondazioni che realmente

    colsero di sorpresa particolari regioni, ma che quando furono

    tramandate come tradizioni popolari sono state ingrandite e sono

    diventate catastrofi su scala mondiale.

    Gli studiosi insistono ancora oggi a vedere le storie del diluvio

    come memorie ampiamente distorte ed esagerate di disastri

    locali realmente verificatisi. Non esiste una leggenda unica sul

    Diluvio, ma un insieme di tradizioni cos diverse che non possono

    essere spiegate n con una sola catastrofe generale n con la

    disseminazione di una sola tradizione locale. Le tradizioni sul

    Diluvio si trovano presso quasi tutti i popoli, principalmenteperch le inondazioni sono perlopi le pi universali di tutte le

    catastrofi geologiche.19

    Non tutte le principali correnti di pensiero accademiche seguono

    questa linea, ma tra coloro che non la seguono sembra sussistere

    un accordo generale per cui quasi ogni spiegazione (per quanto

    stravagante) pi accettabile della semplice interpretazione

    letterale del mito dell'inondazione.

    "Il mito una metafora una proiezione cosmogonica dei dettagli

    salienti della nascita dell'uomo allo stesso modo in cui ogni

    19Dorothy B. Vitaliano, The Deluge", in Legends of the Earth: their geologic

    origins, Indiana University Press, p. 142-78.

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    bambino generato da una "inondazione" di liquido amniotico"20,

    questa una delle posizioni autorevoli e accettabili riguardo al

    problema, di Alan Dudes, professore di Antropologia e Folklore

    all'Universit di California.

    Probabilmente tale modo di pensare non sopravvivr a lungo alla

    costante accumulazione di prove scientifiche che suggeriscono

    una serie di giganteschi cataclismi (come quelli descritti nei miti

    del diluvio), che cambiarono completamente la faccia della terra

    tra i 17.000 e gli 8.000 anni fa.

    Lo speciale interesse di Lyell per l'opera di Lamarck pu in parte

    spiegarsi considerando che l'autore francese aveva sviluppato la

    sua teoria tenendo presente alcune delle istanze dell'uni-

    formismo: una scala di tempo praticamente illimitata, l'indivi-

    duazione per spiegare il passato della terra di processi geologici

    identici a quelli attualmente osservabili.

    Pur respingendo la teoria di Lamarck, Lyell ottenne l'effetto di farconoscere ampiamente l'autore francese in Inghilterra e sembra

    che lo stesso Spencer si sia convinto dell'evoluzionismo attraverso

    l'analisi fattane da Lyell.

    Ma ancora prima di Lamarck, Erasmus Darwin era giunto in

    Inghilterra ad una simile concezione evoluzionistica non soltanto

    seguendo la via ancora incerta della geologia, o quella pi

    suggestiva dell'anatomia comparata, ma soprattutto partendo dal

    problema della riproduzione e dello sviluppo embrionale.

    Erasmus Darwin fu una figura preminente nel suo tempo. Godette

    di grande fama come medico e la Zoonomia cos come altre sue

    20Alan Dundes (1988), The Flood Myth, I, 1, University of California Press,

    Berkley.

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    opere vennero tradotte in diverse lingue, fra cui l'italiano. Fu

    anche fra i promotori della Societ lunare che si fece

    propugnatrice in Inghilterra delle idee illuministiche.

    Ci nonostante difficile valutare quanto del suo pensiero sia

    stato ripreso nei successivi sviluppi della teoria dell'evoluzione.

    Qualcuno ha voluto pensare ad una sua influenza su Lamarck,

    molti invece vedono l'importanza della sua opera soprattutto

    nell'effetto che essa avrebbe avuto sul nipote Charles.

    William Wells, occupandosi in particolare dellorigine delle razze

    umane, indic l'esistenza di un rapporto fra selezione artificiale e

    selezione naturale. Anche James Cowles Prichard tratt dello

    stesso problema antropologico rilevando per l'importanza della

    selezione sessuale.

    Fra questi autori pi notoriet ebbe William Lawrence, nel 1819,

    per la sua Natural history of man, la quale suscit l'immediata

    reazione della chiesa e degli ambienti universitari che inInghilterra erano sotto stretto controllo ecclesiastico.

    Nei primi decenni dell'Ottocento, la formulazione pi precisa della

    teoria dell'evoluzione per selezione naturale si ebbe tuttavia in un

    breve scritto del 1831 di un oscuro botanico scozzese Patrick

    Matthew. Questi, pur muovendo dalla concezione del cata-

    strofismo, respinge l'idea di un intervento soprannaturale che

    instauri dopo ogni cataclisma nuove forme di vita. In seguito a

    ciascuno degli eventi catastrofici, le poche forme sopravvissute

    varierebbero casualmente, mostrando una notevole plasticit di

    fronte alle nuove condizioni ambientali.

    Darwin stesso riconobbe i meriti di Matthew, la cui teoria nel

    complesso dimostra come il progressionismo, sostenuto dai

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    catastrofisti, poteva effettivamente costituire una delle matrici

    storiche della teoria dell'evoluzione.

    Il completo silenzio in cui cadde il breve scritto di Matthew

    contrasta con il grande successo ed il clamore suscitati dall'opera

    di Robert Chambers che usc anonima nel 1844 con il titolo

    Vestiges of the natural history of creation (Le vestigia della storia

    naturale della creazione). L'autore era editore e giornalista, e

    scelse prudentemente l'anonimato temendo che il contenuto della

    sua opera potesse suscitare reazioni eccessivamente sfavorevoli

    alla propria attivit professionale.

    Chambers assunse dalla concezione progressionista l'idea di un

    aumento graduale di complessit delle forme viventi. Come

    Lamarck egli riconduce le cause dell'evoluzione a due principi

    fondamentali: un principio interno agli organismi che produce

    un'organizzazione sempre pi complessa che si realizza

    conformemente ad un piano divino; un altro principio interno aciascun organismo che lo conduce a variare in base alle sue

    particolari tendenze.

    Chambers, per quanto dilettante ed autodidatta in campo

    scientifico, riusc ad elaborare l'ampio materiale che poteva essere

    sino a quel momento disponibile. Non mancavano per ingenuit

    ed errori contro i quali si accanirono i rappresentanti della cultura

    ufficiale accademica ed ecclesiastica.

    Come osserva Loren Eiseley, quando Darwin pubblic nel 1859

    L'Origine delle Specie, Robert Chambers aveva attirato molta della

    prima ira dei critici, ed il pubblico intelligente era almeno

    ragionevolmente preparato a una pi abile e scientifica

    presentazione dell'argomento.

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    L'interrogativo su quando nei

    miliardi di anni di storia della

    Terra si furono formati i

    continenti, e se questi hanno

    subito modificazioni o si sono

    conservati sempre uguali e simili

    sin dalle loro origini, fu un tema

    scientifico molto discusso nel XIX

    secolo. Lipotesi della deriva dei

    continenti viene oggi attribuita ad

    Alfred Wegener, astronomo e

    meteorologo tedesco, il quale

    sosteneva che molti dei problemi affrontati dai naturalisti e dai

    geologi negli ultimi due secoli potevano essere facilmente

    spiegabili ipotizzando un'antica origine comune dei continenti.

    Cos inizi a lavorare su delle idee che formul nel 1912 nel libroLa formazione dei continenti e degli oceani,destinato a diventare

    un classico della storia della scienza.

    Ma egli non fu il primo ad ipotizzare che il mondo non sempre

    stato cos come oggi lo si vede.21

    I grandi viaggi di esplorazione del XVI secolo avevano consentito il

    disegno delle prime rudimentali carte geografiche del mondo su

    cui balz subito l'attenzione sulla strana concordanza del profilo

    costiero dellAfrica e del Sud America che si affacciano

    sullAtlantico.

    21Alfred Wegener (1942), La formazione dei continenti e degli oceani(Die

    Entstehung der Kontinente und Ozeane), trad. dal tedesco diClara Giua,

    Torino: G. Einaudi, Tip. L. Rattero.

    Fig. 17 Alfred Wegener.

    http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=La_formazione_dei_continenti_e_degli_oceani&action=edit&redlink=1http://it.wikipedia.org/wiki/Clara_Lollinihttp://it.wikipedia.org/wiki/Clara_Lollinihttp://it.wikipedia.org/w/index.php?title=La_formazione_dei_continenti_e_degli_oceani&action=edit&redlink=1
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    Gi nel lontano 1620, il filosofo e saggista inglese Francesco

    Bacone nel suo trattato Novum Organum, in riferimento a questa

    osservazione, pur ammettendo che la circostanza non poteva

    essere un fatto del tutto casuale, non faceva cenno ad una

    eventuale separazione fra Africa e America Meridionale. Alcuni

    anni pi tardi il moralista francese Francois Placet avanzava

    lipotesi che anticamente Vecchio e Nuovo Continente fossero

    uniti e che il Diluvio Universaleli avesse separati.

    Allinizio dellOttocento lesploratore tedesco Alexander von

    Humboldt si dimostr sorpreso della corrispondenza esistente fra

    la parte orientale dellAmerica Meridionale e le coste occidentali

    dellAfrica che andava molto al di l della similitudine del loro

    profilo comprendendo anche una spiccata somiglianza fra gli

    strati geologici e congettur che lAtlantico altro non fosse che

    unimmensa valle scavata dal mare.

    La prima chiara indicazione dello smembramento e della derivadei continenti venne da Antonio Snider-Pellegrini, un italo-

    americano che viveva a Parigi, il quale nel 1858 pubblic un libro

    in cui, accettando lipotesi che

    anticamente il nostro pianeta

    fosse allo stato fuso, sosteneva

    che con il raffreddamento i

    continenti si erano addensati

    tutti da una parte e che il Diluvio

    Universale smembr questo

    unico blocco di terra

    determinando lo spostamento

    successivo dei suoi frammenti.Fig. 18 James Hutton.

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    La sua intuizione non venne per presa in considerazione dalla

    comunit scientifica anche perch proprio in quegli anni si

    andavano affermando le teorie evoluzionistiche di Hutton e Lyell e

    nessuno era pi disposto ad accettare lantica idea dei

    catastrofismi di origine biblica.

    James Hutton vissuto agli inizi dellOttocento e considerato il

    fondatore della geologia moderna partendo dallosservazione

    attenta delle formazioni rocciose della sua Scozia, dedusse che la

    Terra era in continua trasformazione per lerosione e il

    disfacimento di alcune zone e laccumulo di materiali erosi su altre

    parti del globo e questi fenomeni dovevano durare da tempi

    immemorabili. Levoluzione della Terra non poteva perci essere

    spiegata con lutilizzazione di forze che non fossero spontanee del

    pianeta o con lintervento di avvenimenti eccezionali, ma

    semplicemente con lanalisi dei processi naturali come quello dei

    ruscelli che dilavano le colline e trasportano il materiale eroso neilaghi e nel mare dove i detriti si vanno accumulando. Da queste

    osservazioni dedusse che con il passare del tempo non sarebbe

    rimasta pi terra, a meno che nuove formazioni rocciose non si

    fossero create in sostituzione di quelle erose.

    Le idee di una sostanziale uniformit della natura non trovarono

    immediata accoglienza nella comunit scientifica, ma vennero

    riprese dal giovane Charles Lyell. Come Hutton egli pensava che

    ogni configurazione morfologica della Terra fosse il risultato di

    processi naturali del passato, ma ancora attivi.

    Per cercare sostegno e convalida delle sue teorie viaggi molto, e

    durante il suo lungo peregrinare fu particolarmente affascinato

    dallEtna che osserv attentamente e a lungo fino a convincersi

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    che quel monte non poteva essersi formato in seguito ad ununica

    esplosione, ma grazie ad una lunga serie di eruzioni che sarebbe

    continuata anche in futuro.

    La teoria delluniformismo di Hutton divenne cos la teoria

    dellattualismo di Lyell che pu essere sintetizzata nel modo

    seguente: I fenomeni del passato si possono spiegare osservando

    quelli del presente.

    Nonostante si stessero affermando nuove idee, lipotesi di uno

    spostamento di masse continentali associata a fenomeni

    catastrofici persisteva. Nel 1879 George Darwin il figlio dello

    scopritore della teoria evoluzionistica ipotizz che la Luna si

    sarebbe originata dalla Terra quando questa era ancora in uno

    stato primordiale e che si sarebbe lasciata dietro unenorme

    cicatrice rappresentata dallOceano Pacifico. Una probabile

    conseguenza di questo evento catastrofico avrebbe potuto essere

    il frammentarsi della crosta granitica dei continenti.Intanto, insieme a nuove teorie, si andava anche affermando lidea

    che sotto la crosta solida vi fosse del materiale fluido sul quale

    galleggiavano i continenti, e su queste idee innovative si svilupp

    lipotesi di Wegener.

    Prima della teoria rivoluzionaria di Wegener il modello della

    struttura della Terra a quel tempo universalmente accettato era

    che il pianeta fosse stato soggetto ad un processo di lento e

    graduale raffreddamento e conseguente contrazione a partire da

    una massa fusa.

    La Terra sarebbe quindi nata calda, e durante il raffreddamento i

    materiali pi leggeri si sarebbero spostati verso la superficie dove

    avrebbero dato origine a rocce prevalentemente di tipo granitico.

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    Le catene montuose e le depressioni si sarebbero quindi formate

    per contrazione susseguente al raffreddamento della parte interna

    che, a mano a mano che si ritirava, costringeva la crosta

    superficiale ad adattarsi allarea sottostante rimpicciolita

    fratturandosi e corrugandosi in modo simile a quello che succede

    alla buccia di una mela che si disidrata e raggrinzisce.

    La scoperta del galleggiamento della crosta terrestre sullo strato

    sottostante venne fatta verso la met del 1800, quando misure

    della gravit indicavano che lHimalaya esercitava unattrazione

    gravitazionale molto inferiore a quella che ci si sarebbe aspettati a

    giudicare dalle sue dimensioni.

    Wegener pens che se i continenti potevano muoversi in senso

    verticale, potevano anche spostarsi di lato. Egli racconta di aver

    letto dellesistenza di un antico collegamento fra Brasile e Africa

    che avrebbe dovuto spiegare la somiglianza di alcuni reperti

    paleontologici raccolti sulle due sponde. Il collegamento fra Africae America meridionale si poteva ottenere in due soli modi:

    attraverso un ponte di terra poi sprofondato o attraverso il

    contatto diretto che poi sarebbe cessato per laprirsi di una

    profonda frattura fra i continenti.

    Ai tempi di Wegener la prima ipotesi era la pi diffusa: in tempi

    non molto lontani anche fra Francia e Inghilterra vi era una

    striscia di terra che avrebbe potuto essere percorsa a piedi e la

    stessa Siberia era collegata allAlaska da un tratto di terra emersa.

    Ma in questo caso il collegamento non poteva consistere in una

    stretta lingua di terra lunga migliaia di kilometri: la larghezza,

    infatti, avrebbe dovuto essere dello stesso ordine di grandezza

    della lunghezza, quindi avrebbe dovuto trattarsi di un vero e

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    continente. Ma le rocce che costituiscono i continenti sono del

    tutto diverse da quelle che formano i fondi oceanici e lipotesi che

    dovevano essere esistiti altri continenti, l dove ora si trovano gli

    oceani profondi, si scontrava con il modello dellisostasia perch

    un continente formato di materiale leggero non poteva

    sprofondare nel materiale pi pesante su cui galleggiava; se poi

    qualche forza misteriosa lo avesse spinto in gi esso avrebbe

    dovuto riemergere, come un pezzo di legno immerso nellacqua

    torna a galla appena lo si libera.

    Lidea di un continente sprofondato traeva origine dal mito di

    Atlantide, la terra piena di favolose ricchezze citata da Platone, e

    in tempi pi recenti dal mito della Terra Madre di Mu, ma questi

    miti erano considerati unassurdit geologica, per cui scartata

    lidea di un collegamento terrestre non rimaneva che prendere in

    considerazione la seconda ipotesi.

    Wegener suppose che allinizio del Mesozoico, circa 200 milioni dianni fa, esistesse un super-continente che egli chiam Pangea

    Fi . 19 Dinamica delle celle convettive subcrostali.

    http://www.cosediscienza.it/geo/pangea.htmhttp://www.cosediscienza.it/geo/pangea.htm
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    profondo, destinato a scomparire quando lAfrica e lIndia si

    fossero spinte a nord contro il continente eurasiatico.

    Le nuove evidenze geologiche portate da valenti e affermati

    ricercatori, anzich rafforzare lidea di una deriva dei continenti,

    la peggiorarono.

    Nel 1940 praticamente tutti i paleontologi erano concordi nel

    affermare che i mammiferi fossili rappresentassero la prova che i

    continenti erano rimasti fissi per tutto il periodo connesso con

    levoluzione di quella classe di vertebrati.

    La ragione per cui nellanteguerra le discussioni sulla teoria della

    deriva dei continenti si erano dimostrate tanto polemiche e

    inconcludenti risiedeva fondamentalmente nel fatto che a quei

    tempi non si conosceva nulla o quasi nulla di ci che si trovava

    sotto gli oceani, che coprono ben due terzi dellintera superficie

    terrestre. Nei primi anni Trenta aveva preso piede una nuova

    scienza, la sismologia, che avrebbe potuto essere utilizzata nelcampo della ricerca geologica. Analizzando i sismogrammi era

    possibile risalire alla composizione dei terreni e alla loro struttura.

    Esperto nellinterpretazione dei sismogrammi generati da sismi

    artificiali era un giovane laureto in fisica di nome Maurice Ewing e

    a lui venne affidato, nel 1935, il compito di studiare la natura della

    piattaforma continentale, cio della parte sommersa pi vicina

    alla costa.

    Le ricerche portarono alla scoperta che quel fondo marino era

    ricoperto da spessi sedimenti i quali potevano arrivare a due o

    tremila metri e quindi non era, come si pensava, una formazione

    geologica permanente. Le esplorazioni presto si spostarono in

    mare aperto dove le nuove tecniche sottomarine permisero la

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    raccolta di una serie di nuove informazioni nemmeno sospettate

    in precedenza. Esse, ad esempio, segnalarono che al largo i

    depositi sedimentari erano molto sottili mentre i calcoli

    mostravano che nel corso dei miliardi di anni di storia della Terra

    Fig. 20 La deriva dei continenti.