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SPED. IN Abb. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 2 DCb MILANO LUGLIO 2012 • numero 019 • anno VIII Periodico di A.M.S. onlus Divisione di Ematologia Ospedale Niguarda Ca’ Granda • Milano www.ams-onlus.org la fantascienza diventa realtà come costruire un dinosauro ecco la fonte della giovinezza Invecchiare senza paura 019 il congresso Leukemia 2012 a Milano dossier PERIODICO DI INFORMAZIONE E DIVULGAZIONE MEDICA DELL’ASSOCIAZIONE MALATTIE DEL SANGUE

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la fantascienza diventa realtàcome costruire un dinosauro

ecco la fonte della giovinezzaInvecchiare senza paura019

il congressoLeukemia 2012

a Milano

dossier

PERIODICO DI INFORMAZIONE E DIVULGAZIONE MEDICA DELL’ASSOCIAZIONE MALATTIE DEL SANGUE

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A.M.S.ASSOCIAZIONE MALATTIE DEL SANGUE Per la promozione della ricerca e per il progressonel trattamento delle leucemie e delle altre malattie del sangueONLUS D.L. 04/12/97 n. 460/97 art. 10 comma 8Iscritta al Registro Generale del Volontariaton. 703/2806 - Sezione A - Sociale

C/o Divisione di Ematologia - Ospedale di Niguarda - Ca’ Granda - Piazza Ospedale Maggiore, 3 - 20162 MILANO - Tel./Fax 02/64.25.891 - C.F. 97225150156 C/C POSTALE 42.49.72.06 - BANCA INTESA SAN PAOLO Filiale 2100 Mi - IBAN: IT 73 C 03069 09400 000048982157

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che dal 1998 si occupa di migliorare le possibilità di guarigione e la qualità della vita dei pazienti affetti da malattie del sangue e del sistema linfatico (leucemie, linfomi, mielosi, anemie, malattie emorragiche, malattie trombotiche).

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sommarioA.M.S. onlusOspedale NiguardaCa’ GrandaPiazza Ospedale Maggiore 320162 – MilanoCod. Fiscale: 97225150156telefono: 02.6444-2668telefono e fax: 02.6425-891

Redazione [email protected] [email protected]@ams-onlus.org

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Direttore Responsabile:Michele Nichelatti

Direttore Scientifico:Enrica Morra

Redazione:Silvia CantoniFrancesco baudoromina GalimbertiAntonino GrecoGiuliana MutiAnna Maria NosariAlessandra trojani

Grafica e impaginazione:Andrea Albanese

Foto:istockphoto.comStampa: Maingraf srlvicolo ticino, 9 - 20091 bresso (Mi)www.maingraf.itEditore:AMS – Associazione Malattiedel Sangue ONLUSregistro periodicidel tribunale di Milanon.646 del 17 novembre 2003rivista periodica pubblicata daA.M.S. onlusStampata in italia - 30/07/2005Copyright©2005 by A.M.S.Piazza Ospedale Maggiore 320162 – MilanoSped.in Abb.Post. D.L. 353/2003 (conv.in L.27/02/2004n.46) Art. 1 comma 2 DCb Milano

sommario

2storia della scienzail segreto dell’eterna giovinezza?non aver paura d’invecchiaredi Alessandra Trojani

juxta propria principiasiamo lo stesso coinvolti

(anche se ci crediamo assolti) di Michele Nichelatti 4

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editoriale“Leukemia 2012”fare il punto oggi per programmare il domanidi Anna Nosari

16genetica e ricercacome costruire un dinosauro(ma allora Jurassic Park non era fantascienza)di Paola D’Amico

20AMS news

18lo sport nel sanguela leggenda del Dream Team

come se Elvis suonasse assieme ai Beatles

di Walker

dossier

n°019 LUGLIO 2012

congresso LEUKEMIA 2012 pag. 7-15

5i fattori prognostici nella Leucemia Mieloide Acuta: focus sulle Leucemie Core Binding Factor di Roberto Cairoli

10 lontani parenti di una vitamina e di un veleno: quando due farmaci insoliti si danno la mano per sconfiggere la leucemia promielociticaguarire senza chemioterapiadi Alessandro Monti

intervista a Pier Giuseppe Peliccile cellule leucemiche? bisogna ammazzarleda piccole…di Michele Nichelatti9

Ruxolitinib si è aperta una nuova stradanella cura della Mielofibrosi Primariadi Antonino Greco

i flash dalla nostra redazioneA cura di Antonino Greco e Alessandro Monti

1114

la gestione dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta (LLA), che presentano la traslocazione cromosomica Philadelphiala versatilità dei farmaci intelligentidi Antonino Greco13

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ematos • 019 2

La giornata iniziale è stata in gran parte dedi-cata alle leucemie acute, sia per quanto ri-guarda le novità farmacologiche, di cui rife-riamo in altra parte della rivista, sia per i tra-pianti. Una ricerca della rete Ematologica

Lombarda, che comprende 106 centri, evidenziache ogni anno nella nostra regione si hanno più di1100 nuovi casi di leucemia, fra quelli che riguarda-no i bambini (leucemia linfoblastica, 17%) e quelliche riguardano gli adulti (leucemia mieloide, 83%).i centri specialistici lombardi sono impegnati nellaricerca clinica per definire le caratteristiche delle di-verse forme leucemiche, identificarne i fattori pro-gnostici e infine valutare il trattamento più effica-ce. il controllo della malattia minima residua (MrD)nella leucemia acuta è stato affrontato da DarioCampana, Professore di Ematologia al NationalUniversity Hospital di Singapore. È uno dei temi at-tuali e più importanti in Ematologia perché si occu-pa di come monitorare la malattia a livello submi-croscopico e quindi riconoscere precocemente lerecidive di malattia. i marcatori di MrD hanno sen-sibilità diversa e sono evidenziati con differenti me-todiche, sempre più raffinate.

ANALISI CROMOSOMICA

Le tecniche oggi in utilizzo sono l’analisi cromoso-mica, e in particolare la FiSH, metodica che ricono-sce lesioni cromosomiche specifiche da ricercare

di Anna Nosari

editoriale

fare il punto oggi per programmare il domaniLeukemia 2012

Ematologo, Dirigente MedicoSC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

Un folto pubblico di ematologi ha assistito il 19-20 aprile 2012 al con-vegno internazionale “Leukemia 2012” che si è tenuto a Milano, orga-nizzato da Enrica Morra (Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano) e daMichele Angelo Carella (Ospedale San Martino, Genova). Il convegnoera molto atteso in considerazione dell’alto livello scientifico e profes-sionale dei relatori italiani e stranieri, che rappresentano gli OpinionLeaders delle diverse patologie ematologiche trattate e che erano chia-mati a fare il punto sulle terapie e le novità presenti in campo ema-tologiconegli ultimi anni.

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3 ematos • 019

frequente nei pazienti con leucemiaacuta. Le problematiche legate alleinfezioni batteriche, fungine e viralisono state ampiamente illustrate esono state proposte le procedure dia-gnostiche e terapeutiche più efficaciper fronteggiare queste complican-ze che sono spesso determinanti nel-la buona riuscita delle procedurechemioterapiche e trapiantologiche.

LEUCEMIA LINFATICA CRONICA

La prima giornata si è chiusa su unasessione dedicata alla leucemia linfa-tica cronica, la più diffusa malattiaematologica, prevalente nell’anzia-no: dai nuovi studi di genomica, ai re-centi fattori prognostici che aiutanola scelta della terapia, alle possibilitàchemioterapiche e trapiantologiche.il convegno si è concluso dedicandoun’intera mattina alla LeucemiaMieloide Cronica, patologia che finoa una decina di anni fa vedeva nel tra-pianto allogenico di cellule staminaliemopoietiche la sola opzione tera-peutica che permettesse la guarigio-ne. La prognosi e la storia naturaledella LMC sono radicalmente mutatenegli ultimi 10 anni in seguito all'in-troduzione di farmaci molecolari, gliinibitori della tirosinkinasi, e cioè delmeccanismo molecolare alla basedella patogenesi della malattia, in prima istanzaGlivec e successivamente gli inibitori di ii generazio-ne, Nilotinb (tasigna) e Dasatinib (Sprycel). È statoribadito il ruolo di un corretto e puntuale monito-raggio clinico e molecolare della malattia, come in-dicato nelle linee guida internazionali elaborate nel2009 dall’European Leukemia Net. Ciò consente, in-fatti, di valutare in modo standardizzato la rispostaal trattamento e identificare precocemente i pa-ziente poco responsivi, candidabili a terapia di ii li-nea, o al trapianto.

(Copyright A.M.S.)

selettivamente, la citofluorimetria, che studia gli an-tigeni espressi sulla superficie delle cellule leucemi-che in modo aberrante, e la biologia molecolare,che scova quantità infinitesimali di residui di malat-tia. Perché una diagnostica così accurata e costosa?Perché la persistenza di un residuo minimo di ma-lattia indica una malattia più aggressiva spesso connecessità di trapianto. Quindi terapie più aggressi-ve solo nei pazienti altamente selezionati!

IL TEMA DEL TRAPIANTO

il tema del trapianto è stato affrontato discutendodi due modalità, tuttora sperimentali, ma che pren-dono sempre più piede nella corrente pratica clini-ca: il trapianto da cordone ombelicale e il trapiantoaploidentico. È noto che il trapianto più “facile” èquello da donatore familiare identico, perché com-porta minori complicanze nel periodo post-tra-pianto; in mancanza di questo il donatore può pro-venire da banca. tuttavia non tutti i pazienti che at-tivano una ricerca da banca trovano un donatorecompatibile e riescono ad arrivare al trapianto. Eccoperché da diversi anni si raccoglie il sangue dal cor-done ombelicale, che è ricco di cellule staminali, almomento del parto. inizialmente solo i bambini riu-scivano a giovarsi di questa modalità, per le piccolequantità di cellule staminali presenti nel cordone.Oggi invece grazie anche a tecniche come il trapian-to da doppio cordone, l’espansione “in vivo” dellecellule, il trapianto intra-midollare, si riesce ad appli-care questa tecnica anche alla popolazione di pa-zienti più adulti.

IMMUNOMODULAZIONE

Una seconda risorsa per pazienti che non hanno do-natore compatibile è il trapianto aploidentico cheinteressa famigliari identici solo a metà. Utilizzandotecniche particolari di immunomodulazione si ot-tiene una procedure trapiantologica efficace e da-gli effetti collaterali ben gestibili. il dott. Andreabacigalupo, che ci ha parlato di questa opzione tra-piantologica, ha affermato che nel 2011nel Centrotrapianti del San Martino di Genova , quasi la metàdei trapianti sono stati aploidentici. Un’intera sessione del Convegno è stata dedicata al-le infezioni che costituiscono la complicanza più

fare il punto oggi per programmare il domani

visualizza il pro-gramma in PDF susmartphone/tablet

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di Michele Nichelatti

juxta propria principia

Biostatistico e Dottore di Ricerca in Sanità Pubblica;SC di Ematologia - Ospedale Niguarda Ca' Granda, Milano

Si è parlato molto(e spesso a vanvera) deirecenti ter-remoti (alcuni dei quali di intensità superiore al 5 gra-do della scala Richter) che hanno colpito il nord

dell’Emilia tra le provincie di Modena e Ferrara: si sono

tirate in ballo cose scontate come il fatto che l’areanon fosse considerata zona a rischio sismico ele-vato, dimenticando che invece esistono documenti

storici che descrivono fatti simili avvenuti nei secoli pre-

cedenti (incluso il fenomeno della liquefazione delle

sabbie), e che la pianura padana è formata dai de-positi alluvionali di Po, Adige, Brenta, Reno e rispettiviaffluenti, ma che sotto quegli strati di limo ci sono delle

montagne e delle faglie sommerse, che sono geolo-gicamente molto attive.

In pratica, è come se facendo perno all'interse-zione fra le Alpi e gli Appennini, la pianura pa-dana venisse serrata a forbice dal movimentodegli stessi Appennini verso l'alto e verso i bal-cani, così che il mare Adriatico tende a restrin-

gersi sempre di più. Ovviamente si tratta di eventiche richiederanno moltissime migliaia di anni perrealizzarsi, ma le loro manifestazioni per quantorare nella pianura padana non possono certo defi-nirsi inattese. D'altra parte tutta l'italia è una zonageologicamente e sismologicamente attiva, es-sendo schiacciata tra la zolla continentale africanae quella euroasiatica: basta vedere la fortissimaconcentrazione di vulcani sul nostro territorio.

VULCANI DORMIENTI

A parte i noti Etna, vesuvio (da cui ci si aspetta,presto o tardi una nuova eruzione esplosiva),Stromboli e vulcano, ci sono molte altre monta-gne che lo Smithsonian institute (una delle istitu-zioni internazionali più prestigiose nel settore del-la geologia e vulcanologia) considera vulcani atutti gli effetti, anche se dormienti: i Campi Flegreia Pozzuoli, con la solfatara che ricorda l’anticame-ra dell’inferno e la cui ultima eruzione, avvenuta

siamo lo stesso coinvolti (anche se ci crediamo assolti)

sa a circa 400 m sotto la superficie del Mar tirreno.in italia quindi le zone a rischio sismico e geologi-co sono tantissime, ed è quasi impossibile definirequalche zona del nostro territorio a rischio zero.

PREVENZIONE DEI RISCHI

Per evitare quindi altre catastrofi ed altri lutti, co-me quelli che hanno colpito le famiglie dei lavora-tori uccisi dal crollo dei capannoni delle fabbrichedove stavano lavorando, è bene che ci si decida alavorare in un'ottica di programmazione di pre-venzione dei rischi, fermando il saccheggio delterritorio, e decidendosi una volta per tutte a rea-lizzare edifici costruiti con solidi criteri antisismici,anche in quelle zone dove sembra che il rischionon ci sia.

(Copyright A.M.S.)

nel 1538, ha formato ilMonte Nuovo, i colli Al-bani ed i monti vulsini,nel Lazio, la cui calderaè il lago di bolsena (e lacui ultima eruzione ri-sale 104 A.C.), mentrein toscana sono catalo-gati come vulcani il monte Amiata e Larderello (lacui ultima eruzione, dal cratere di Lago vecchien-na risale al 1282), poi le isole di Lipari (ultima eru-zione nel 1230), ischia (ultima eruzione nel 1302) ePantelleria (l’unico vulcano a scudo di tutto il baci-no mediterraneo, la cui ultima eruzione risale al1891). Ma a questi, vanno aggiunti i numerosi vul-cani sommersi, tra cui l’isola Ferdinandea, emersadurante una eruzione nel 1831, per poi essere ri-sommersa l’anno successivo (incidentalmente,oggi la cima del vulcano si trova solo 6 metri sottoil livello del mare), e gli altri numerosi vulcani chesi trovano nel tratto di mare tra la Sicilia e la Cam-pania, tra cui il gigantesco Marsili che occupa unasuperficie di base maggiore di 2000 km² (è consi-derato il più grande vulcano d'Europa: più grandeanche dell’Etna), che si innalza per più di 3000 mdal fondo marino e culmina con la vetta sommer-

Eruzione dello Stromboli (1980)foto: licenza Creative Commons 3.0 Unported/Wolfgangbeyer da de.wikipedia.org

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Ma vediamo che cosa accade da punto divista biologico alle cellule del nostro or-ganismo con il passare degli anni. Ognicellula del nostro corpo è inevitabilmen-te destinata ad invecchiare e morire. i fat-

tori responsabili dell’invecchiamento sono sia di ori-gine ambientale come alimentazione, attività fisica,psiche, farmaci, equilibri ormonali, sia di origine ge-netica. infatti, il processo dell’invecchiamento èstrettamente correlato al danneggiamento delDNA.

LESIONI ALLE MOLECOLE DI DNA

È normale che il nostro DNA venga danneggiato nelcorso della vita, i normali processi metabolici, comedel resto i fattori ambientali (per esempio i raggi ul-travioletti), provocano fino ad un milione di lesionialle molecole di DNA per cellula al giorno! Non dob-biamo comunque preoccuparci, perché le cellulesono dotate di efficienti sistemi di riparazione deidanni al DNA, in grado di proteggere il genomaumano da danni e mutazioni nocive alla cellula(Fig.1).Man mano che una cellula invecchia, il sistema di ri-parazione dei danni al DNA non è più così efficien-te, cioè la velocità di riparazione non riesce a stare alpasso con la generazione di nuovi danneggiamen-ti al DNA stesso.

I TELOMERI

A questo punto, la cellula può andare incontro a de-stini diversi. Una possibilità è di diventare una cellu-la senescente, cioè una cellula che non si moltiplicapiù, pur mantenendosi in vita. in che modo e perchéuna cellula decide di fermare il proprio ciclo ripro-duttivo? Per rispondere a questa domanda, è neces-sario sapere che i cromosomi (strutture fatte daDNA) sono costituiti da parti terminali chiamate “te-lomeri” (Fig.2). i telomeri hanno un ruolo determi-nante poiché essi conservano e trasmettono le in-formazioni genetiche dalla cellula madre alle cellu-le figlie. Ogni volta che una cellula si riproduce, i telomeri dei

cromosomi si accorciano, e questo fenomeno è as-sociato all’invecchiamento cellulare. Una cellula“vecchia” ha quindi i telomeri più corti rispetto aduna cellula giovane, il suo DNA è danneggiato, ed èun bene che questa cellula diventi una cellula sene-scente, cioè priva della capacità di riprodursi e ge-nerare nuove cellule con un DNA mutato.Un’altra strada che può intraprendere una cellula

di Alessandra trojani

storia della scienza

Biologo, Specialista in Genetica Medica - SC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

il segreto dell’eterna giovinezza?non aver paura d’invecchiareLa ricerca della fonte dell’eterna giovinezza continua senza sosta: si è compreso che diminuire l’assunzionedi calorie con una corretta alimentazione, limitare lo stress, praticare attività fisica, non fumare, non berealcolici, sono consigli utili per una vita sana.

vecchia è quella diandare incontro alfenomeno chiama-to “apoptosi”, cioè lamorte programma-ta, cui vanno incon-tro fisiologicamentele cellule del nostroorganismo (Fig.3).Da tutto ciò possia-

mo dedurre che il processo di invecchiamento è unevento del tutto naturale, e regolato da precise nor-me biologiche. Ma se le cellule vecchie muoiono o non sono in gra-do di riprodursi, come possiamo sopravvivere? inmolti tessuti del nostro corpo sono comunque pre-senti delle cellule staminali che mantengono unacorretta lunghezza dei telomeri, e provvedono

“ Man mano che una cellula invecchiala velocità di riparazione non riesce astare al passo con la generazione di

nuovi danneggiamenti al DNA stesso.”

fig.1 - Sistema diriparazione deidanni al DNA

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6 ematos • 019

quindi al ricambio cel-lulare.Ma c’è di più. viste leconsiderazioni prece-denti, è possibile consi-derare i telomeri comeuna sorta di orologiobiologico che indirizzauna cellula che si è giàreplicata molte volte, adiventare senescente,cioè una sorta di “celluladella terza età”.il fenomeno dell’accor-ciamento dei telomeri,che induce una cellulavecchia a morire o a di-ventare senescente, co-stituisce una protezio-ne nei confronti dellosviluppo dei tumori.Nelle cellule che pre-sentano un DNA dan-neggiato o mutazioniche non possono esse-re corrette, esiste la pos-sibilità che si sviluppi untumore, ed è quindi unbene che queste celluledifettose perdano la ca-pacità di proliferare, ediventino senescenti omuoiano. Gli studi sulla

senescenza cellulare non rappresentano più unasemplice curiosità, come avveniva in passato, masono di grande interesse scientifico, proprio perchéil fenomeno dell’invecchiamento cellulare rappre-

senta sia un meccanismo in grado di reprimere laproliferazione cellulare, sia il processo responsabiledell’invecchiamento del nostro organismo. La comprensione di questi meccanismi biologici èfondamentale, anche perché recenti scoperte han-no messo in luce la capacità delle cellule tumorali disfuggire al fenomeno dell’accorciamento dei telo-meri; queste cellule hanno il DNA danneggiato manon muoiono, bensì proliferano in maniera incon-trollata a causa dell’attivazione di particolari genidetti “oncogeni”.

GENI “ONCOGENI”

Gli oncogeni rappresentano quindi geni modificatiche, in seguito alla produzione di particolari protei-ne anomale, indirizzano una cellula a svilupparsi insenso tumorale. Al contrario, esistono i geni detti“oncosoppressori” che limitano la possibilità cheuna cellula, che ha subito danni al DNA (per esem-pio a causa dell’attivazione di un oncogene), intra-prenda un processo tumorale, promuovendoapoptosi e senescenza. in conclusione, il nostro or-ganismo possiede delicati meccanismi biomoleco-lari che regolano il processo d’invecchiamento, eanche se l’età non è più quella di una volta, la cosafondamentale è mantenere uno stile di vita sano pervivere bene.

(Copyright A.M.S.)

storia della scienza

“ È possibile considera-re i telomeri come unasorta di orologio biolo-gico che indirizza unacellula che si è già repli-cata molte volte, a di-ventare senescente,cioè una sorta di “cellu-la della terza età ”

fig.2 - Telomeri: partiterminali dei cromosomi

fig.3 - Cellula in apoptosi (morte cellulare programmata)

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La più importante classificazione morfolo-gica, denominata un po’ sciovinisticamen-te “French-American-English” (FAb) dallanazionalità dei suoi redattori, suddivide leleucemie dall’aspetto più immaturo (o in-

differenziato) da quelle in cui gli elementi maligni(o blasti) conservano ancora un aspetto riconduci-bile agli elementi normali del midollo osseo. Peresempio, secondo la classificazione FAb, la LMAcon morfologia M4Eo definisce una leucemia conaspetto monocitoide (i monociti sono cellule nor-mali del sangue)frammista ad elementi eosinofili(che si colorano di arancione).verso la fine degli anni ’80, ha fatto la sua compar-sa sulla scena delle leucemie acute la citogeneti-ca. Con questa tecnica i cromosomi vengono con-tati per verificare se ve ne sono in più o inmeno(anomalie quantitative) ed esaminati perdiagnosticare la presenza di eventuali rotture e ri-

parazioni (anomalie qualitative). i ricercatori si ac-corsero ben presto che le anomalie cromosomi-che quantitative e qualitative erano frequenti (sitrovano nel 60% dei pazienti), non casuali (i cro-mosomi si rompono e riaggiustano sempre neglistessi punti) ed acquisite durante la vita (non sonoereditabili dai genitori e non sono trasmissibili aifigli).

“INVERSIONE” DEL CROMOSOMA

È possibile stabilire delle associazioni tra una defi-nita alterazione citogenetica e una particolaremorfologia delle cellule leucemiche? Sicuramentesì. Da subito si comprese che tutte le cellule leuce-miche dei pazienti con un’anomalia del cromoso-ma 16, definita “inv(16)”(dove “inv” significa “inver-sione” del cromosoma rispetto al proprio asse oriz-zontale) hanno quasi sempre una morfologia mo-nocitoide ricca di cellule eosinofile. Si è quindi sta-bilita una precisa corrispondenza tra la inv(16) edil già citato sottotipo FAb M4Eo. inoltre, veniva ri-conosciuta una nuova associazione tra alcune leu-cemie con aspetto scarsamente differenziato e lacosiddetta “traslocazione dei cromosomi 8 e 21”,nella quale un pezzetto di cromosoma 8 ed unpezzetto di cromosoma 21 si staccano e “trasloca-no” saldandosi su un altro cromosoma. Le LAM con traslocazione(8;21) e quelle con

Molti anni fa, la leucemia mieloide acuta (LMA) eraconsiderata una unica malattia. In seguito, con il solo aiutodel microscopio ottico, si sono potute distinguere diversevarianti morfologiche di leucemia acuta.

i fattori prognostici nella Leucemia Mieloide Acuta: focus sulle Leucemie Core Binding Factor

congresso LEUKEMIA 2012

Verso la fine degli anni ’80, ha fatto la sua comparsa sulla scena delle leu-

cemie acute la citogenetica. Con questa tecnica i cromosomi vengono

contati ed esaminati per diagnosticare la presenza di eventuali rotture e

riparazioni

Direttore Medicina Interna Sezione di EmatologiaOspedale Valduce, Como

di roberto Cairoli

dossier

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congresso LEUKEMIA 2012

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inv(16) hanno molte cose in comune dal punto divista della biologia della cellula. in entrambi i casi,le rotture cromosomiche danneggiano un fattorecellulare, noto come “Core binding Factor” (CbF),che normalmente impartisce precisi ordini di let-tura del DNA, analogamente a quanto fanno leschede elettroniche delle macchine “intelligenti” odei computer. Come un elettrodomestico con la“scheda” rotta (e questo succede frequentemen-te)anche le cellule del midollo osseo subisconomolti danni dal malfunzionamento della “scheda”CbF. infatti, le cellule non sono più in grado di fer-mare la loro proliferazione, perdono la capacità didiventare cellule mature e ben funzionanti (cioèperdono la capacità differenziativa) ed occupanotutto lo spazio che trovano nelle cavità del midol-lo osseo, occupandolo completamente. in altreparole, il malfunzionamento del CbF è una dellecause che contribuiscono a trasformare una cellu-la normale in una cellula leucemica e le leucemiecon questa anomalia vengono definite “leucemie-CbF”.Anche gli ematologi clinici hanno trovato delle so-miglianze tra le LAM con inv(16) e quelle con tra-slocazione(8;21), che come detto prima, sono leu-cemie-CbF. infatti, analizzando i risultati dei proto-colli clinici, si sono rapidamente accorti che i pa-

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zienti con queste anomalie cromosomiche mo-strano le più alte percentuali di guarigione anchesenza ricorrere al trapianto di cellule staminali. Perquesta ragione, le leucemie-CbF sono attualmen-te definite, un po’ cinicamente, a “buona prognosi”.Dico “cinicamente”, perché circa il 25% dei pazientiancora oggi non ottiene la guarigione definitivadalla malattia.

IL GENE DI KIT

Come mai un quarto circa dei pazienti con leuce-mia-CbF risponde male alle cure? Questo interro-gativo è rimasto un mistero per molto tempo. Nel2006 diversi gruppi di ricercatori, tra cui per primo

il nostro, sono riusciti a di-panare la matassa. infatti,nelle leucemie-CbF, oltread il fattore “Core binding”profondamente alterato,si ritrova frequentemente(e quasi esclusivamente)una mutazione geneticache coinvolge il gene diKit. il gene di Kit non è ungene qualunque. Esso èpresente in molte specieanimali (perché si conser-va durante l’evoluzione) equando è danneggiatosuccedono essenzialmen-te due cose: o funziona di

più (non si spegne mai) o non funziona affatto (èsempre spento). Nel 30% circa dei pazienti conleucemie-CbF il gene è sempre acceso (la muta-zione è attivante) e quello che ne deriva è un po-tentissimo stimolo proliferativo cellulare (leggi: laleucemia diventa molto più aggressiva). Da qui adimostrare che i pazienti con mutazione attivanteKit erano quelli che rispondevano male alle cure ilpasso è stato breve.

INIBITORI DELLE TIROSIN-CHINASI

Lo stimolo proliferativo, presente in tutte le leuce-mie-CbF e potentemente indotto dalle mutazionidi Kit, si può spegnere? Forse sì. Da alcuni anni so-no stati sintetizzati dei farmaci, chiamati inibitoridelle tirosin-chinasi, che inibiscono Kit in modoefficace. Questi farmaci, se usati da soli, non sonoin grado di vincere la malattia (questo è già asso-dato), ma il loro uso insieme ai chemioterapici tra-dizionali potrebbe risultare molto vantaggioso.Attualmente, sono in corso almeno due studi in-ternazionali che impiegano gli inibitori delle tiro-sin-chinasi nella cura delle leucemie-CbF ed i pri-mi risultati saranno disponibili già nel 2013..

(Copyright A.M.S.)

Come mai un quarto circa dei pazienti con leucemia-CBF risponde male

alle cure? Questo interrogativo è rimasto un mistero per molto tempo.

Nel 2006 diversi gruppi di ricercatori, tra cui per primo il nostro, sono riu-

sciti a dipanare la matassa.

il malfunzionamento del CBF è una delle cause che

contribuiscono a trasformare una cellula normale in

una cellula leucemica e le leucemie con questa ano-

malia vengono definite “leucemie-CBF”.

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Le cellule del sangue, in generale, hannouna vita molto breve, che varia dalle po-che ore per i neutrofili ai 120 giorni delleemazie, e quindi devono essere sostituitevelocemente, ed il loro ricambio deve es-

sere continuo; la continuità della produzione del-le nuove cellule del sangue è garantita, lungo l’ar-co di tutta la vita di ogni individuo, dal pool dellecellule staminali ematopoietiche (CSE). Lo studio delle CSE non è importante solamenteper capire la biologia e la fisiopatologia del san-gue, ma è utile anche per ottenere informazionisui meccanismi che presiedono il funzionamentodelle cellule staminali in generale. Nel corso del congresso internazionale Leukemia2012, Pier Giuseppe Pelicci ha presentato una in-teressante comunicazione, che ha illustrato le ul-time scoperte del gruppo di ricerca da lui guidatoall’istituto Europeo di Oncologia, riguardanti lecellule staminali normali e leucemiche, adden-trandosi in particolare, sul ruolo delle CSE nelle fa-si molto precoci delle leucemie.Abbiamo incontrato il professor Pelicci per unaintervista durante il congresso Leukemia 2012.

Partiamo dai punti fermi…E' noto che le cellule staminali leucemiche possa-no avere un ruolo funzionale nella crescita e nellacapacità di perpetuare il clone leucemico, graziealla loro capacità di auto-sostentamento. E’ altret-tanto noto che, nelle fasi precoci dello sviluppotumorale, le alterazioni genetiche delle celluleleucemiche “mature” -e quindi non staminali- sia-no in grado di attivare il sistema immunitario, che,con meccanismi di soppressione, è in grado di eli-minare in modo selettivo le cellule tumorali che sistanno sviluppando, attraverso il meccanismodell’apoptosi, in pratica, costringendo le celluleleucemiche a “suicidarsi”.

Qual è la sostanza delle vostre scoperte?il nostro gruppo ha scoperto che, se le alterazionigenetiche si attivano già nelle cellule leucemichestaminali, il meccanismo dell’apoptosi, questasorta di suicidio assistito, non funziona. Anzi, lacellula leucemica staminale impara a conviverecon l’alterazione, e diventa persino in grado di ri-parare gli eventuali danni subiti dal suo DNA, de-terminandone la sopravvivenza e provocando,col passare del tempo, la sua trasformazione incellula tumorale vera.

Quindi?Quindi sappiamo che la cellulastaminale continua a sopravvi-vere diventando portatricedelle alterazioni tumorali; que-sto consente che la fase pre-cancerosa duri molto più a lun-go di quanto si pensasse pre-cedentemente, e questo ci po-trà dare la possibilità, in un fu-turo non troppo remoto, distudiarla con largo anticipo emagari di bloccarla o di ricon-vertirla.

Ma come si riconosce unacellula staminale leucemica?Una volta potevamo capireche le cellule staminali leuce-miche erano presenti in un tes-suto solo in modo indiretto, at-traverso l’interpretazione di“segnali” particolari. Ora, però –e questo è un ulteriore aspettoincoraggiante – le cellule staminali possono esse-re identificate grazie a una serie di nuovi marcato-ri che riescono a trovarle ed a riconoscerle diret-tamente, una per una, anche quando vanno a na-scondersi all'interno di un tessuto normale, inmezzo a milioni di cellule sane. Questo ci permet-te di poterle studiare e quindi di identificare leeventuali alterazioni genetiche.

Ma cosa siamo in grado di fare oggi?Gli strumenti terapeutici convenzionali che si uti-lizzano per le patologie tumorali, ovvero la che-mioterapia e la radioterapia, sono poco efficacinei confronti delle cellule staminali emopoieti-che, perché queste possiedono dei meccanismidi autoriparazione che permettono loro di so-pravvivere.

Questo sembrerebbe un vantaggio per la leu-cemia…Ma l’apparente vantaggio costituito dalla possibi-

lità di riparare il danno, rappresenta anche unpossibile tallone d'Achille per le cellule staminalitumorali, perché tale capacità può essere blocca-ta determinandone la distruzione. E questa è unadelle strade più promettenti lungo le quali la ri-cerca ha iniziato ad avviarsi; infatti, esistono nuovifarmaci che agiscono in questo senso e che almomento sono in fase di sperimentazione.

E allora cosa dobbiamo aspettarci?L’obiettivo è ottenere un sistema capace di misu-rare e di quantificare il danno subito dalle cellulestaminali leucemiche; sulla base della quantifica-zione del danno e della sua evoluzione nel tem-po, potremo trovare il momento in cui l’efficaciadei possibili trattamenti sia massima: in pratica,dovremo essere in grado di capire quale sia il mo-mento migliore per aggredirle. L'obiettivo non èlontano.

(Copyright A.M.S.)

di Michele Nichelatti

intervista a Pier Giuseppe Peliccile cellule leucemiche? bisogna scovarle da subito

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Pier Giuseppe PelicciMedico, Specialista in Medicina Interna

Dottore di Ricerca in Biologia MolecolareCo-Direttore Scientifico

Istituto Europeo di Oncologia, Milano Chairman del Dipartimento di Oncologia Sperimentale

Istituto Europeo di Oncologia, Milano

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Coinvolge persone di tutte le età, inparticolar modo la popolazioneadulta e giovanile, e se non diagno-sticata rapidamente e trattata conle terapie adeguate in centri di

esperienza e alta specializzazione può diven-tare fatale in pochi giorni o addirittura pocheore, a causa soprattutto del rischio di gravissi-me emorragie interne. L’elevata tendenzaemorragica di questa leucemia infatti resta,senza dubbio, la complicanza più grave e te-muta della malattia che oggi tuttavia, graziealla ricerca, incomincia a farci un po’ menopaura.

PASSI DA GIGANTE

Nel corso degli ultimi due decenni sono statifatti passi da gigante dal punto di vista scienti-fico tanto da riuscire a penetrare nel cuoredella malattia scoprendo che alla sua originerisiede una particolare anomalia genetica co-nosciuta con il nome di traslocazione t(15;17)che genera il gene di fusione PML-rArA. Que-sta alterazione è quindi divenuta il bersaglioprincipale della terapia permettendoci di ag-gredire la malattia in modo mirato, con mag-giore efficacia e minore tossicità per il malatorappresentando al tempo stesso un marcato-re ideale per una diagnosi rapida e per moni-torare la risposta nel tempo alla terapia. in 20anni la proporzione dei pazienti guariti è cosìpassata dal 20% all’ 80% ed oggi la leucemiapromielocitica è considerata la forma di leu-cemia acuta più frequentemente guaribilenell’adulto. Detto questo, tuttavia, il cardine

della guarigione rimane tuttora la chemiotera-pia, procedura aggressiva e portatrice di effetticollaterali anche gravi. Da qui il tentativo di tro-vare una via di cura che mantenga l’efficacia del-la chemioterapia ma senza i suoi difetti e l'alter-nativa proposta dai ricercatori è stata una combi-nazione di sostanze: l'acido tutto trans retinoico(un derivato della vitamina A) ed il triossido di ar-senico. Questi farmaci agiscono attraverso unmeccanismo differenziativo, ossia permettono difar maturare le cellule leucemiche in un percorsoche si potrebbe definire di rieducazione dellacellula malata piuttosto che di uccisione direttadella stessa.

ALTO NUMERO DI GUARIGIONI

La combinazione di questi farmaci con chemio-terapici tradizionali ha consentito fino ad oggi diottenere alti numeri di guarigioni e ha permessoaltresì di ridurre sensibilmente il dosaggio deichemioterapici che notoriamente si associano amaggior tossicità. La sfida intrapresa ora, comeappreso nel corso dell’ultimo Congresso interna-zionale “Leukemia 2012” di Milano, è quella di po-ter eliminare del tutto la chemioterapia daglischemi di trattamento. i promettenti risultati diquesti studi inizialmente svolti su pazienti cheavevano recidivato la malattia e ora effettuati an-che sui pazienti all’esordio di malattia, con rischiobasso o intermedio, confermano la notevole effi-cacia di queste terapie e lasciano spazio alla pro-spettiva di cambiare significativamente la storiadi questa malattia in un futuro che si fa semprepiù prossimo..

(Copyright A.M.S.)

La Leucemia Acuta Promielocitica, tra i diversi sot-totipi di leucemie acute dell’uomo, risulta esserequella più aggressiva e pericolosa.

Medico in formazione presso la StrutturaComplessa di EmatologiaOspedale Niguarda Cà Granda

di Alessandro Monti

lontani parenti di una vitamina e di un veleno: quando due farmaci insoliti si danno la mano per sconfiggere la leucemia promielocitica

guarire senza chemioterapia

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Uno degli argomenti di punta sono sta-te le Sindromi Mieloproliferative Croni-che sulla quale negli ultimi mesi si èaccesa l’attenzione grazie allo sviluppodi nuove strategie terapeutiche nate

dalla continua ricerca di meccanismi molecolaricausa di malattia e dall’applicazione di protocollisperimentali necessari per superare in sicurezzal’iter registrativo di nuove molecole in modo darenderle disponibili per tutti i centri di cura e quin-di per tutti i cittadini senza distinzione tra nord esud del paese. Delle Sindromi Mieloproliferative Croniche fa par-te la Mielofibrosi primaria che è un disordine ca-ratterizzato da una proliferazione cellulare clonaledella linea megacariocitaria e granulocitaria, conprogressivo sviluppo nella fase conclamata di ma-lattia di fibrosi a livello del midollo osseo e dallosviluppo di sedi extramidollari di emopoiesi, spe-

cialmente a livello della milza che può risultare for-temente ingrandita; altre caratteristiche sono lacomparsa di anemia e di leucocitosi con presenzadi elementi immaturi in circolo che esprimonol’antigene di superficie CD34. Nel 70% dei casi ipazienti presentano sintomi sistemici quali sudo-razioni notturne, perdita di peso (calo superiore al10% del peso corporeo in 6 mesi) e febbre.

INCIDENZA

La mielofibrosi può insorgere come disturbo pri-mitivo del midollo (Mielofibrosi primaria) o rap-presentare l’evoluzione di una Policitemia vera odi una trombocitemia essenziale. L'incidenza è di0.25-1.5 casi per 100.000 abitanti all'anno. La ma-lattia si presenta prevalentemente nella sesta de-cade di vita con uguale frequenza nei due sessi.Sono tuttavia riportati in letteratura numerosi casi

La ricerca scientifica no-nostante la crisi mondia-le non si ferma ed è grazieanche al sostegno delleassociazioni no profit fi-nanziate da piccoli gestidi tanti cittadini che si ot-tengono grandi risultati.Lo scorso dicembre, inpiena crisi nazionale, ilConvention Center diSan Diego in Californiaha ospitato il meetingannuale americano diEmatologia che ha vistol’Italia come una dellenazioni protagoniste.

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Medico, Contrattista Ematologo,Ospedale Niguarda Ca' Granda,Milano

di Antonino Greco

ruxolitinib

si è aperta una nuova stradanella cura della Mielofibrosi Primaria

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to delle JAKs è quello di fosforilare dei fattori di tra-scrizione chiamati StAts (Signal transducers of Ac-tivated transcription), i quali formano dimeri StAt-StAt che dal citosol migrano nel nucleo cellulare.A livello nucleare si legano a sequenze specifichedi DNA, dando inizio alla trascrizione di geni speci-fici, che a loro volta daranno origine a delle rispo-ste biologiche che dipenderanno dal contestocellulare o tissutale.

LA PRIMA TERAPIA INTELLIGENTE

Lo scorso anno, un farmaco di nuova generazione,ruxolitinib, potente e selettivo inibitore orale de-gli enzimi JAK-1 e JAK-2 è entrato nella storia co-me prima terapia intelligente approvata per la cu-ra della Mielofibrosi primaria. Quale migliore occa-sione del meeting di San Diego per presentare i ri-sultati aggiornati degli studi clinici in corso chehanno valutato efficacia e sicurezza del farmaco . i

partecipanti agli studi difase iii multicentrici e ran-domizzati (CONFOrt i e ii)erano resistenti o refrattarialle terapie attualmenteutilizzate contro la mielofi-brosi o non idonei al tra-pianto allogenico di mi-dollo osseo e tutti aveva-no la milza ingrossata eavevano bisogno di cureper alleviare i sintomi cau-sati alla malattia. in questi

trial, i pazienti sono stati trattati con ruxolitinib,placebo o la migliore terapia al momento disponi-bile. i risultati presentati evidenziano che i pazientitrattati con ruxolitinib hanno ottenuto un mag-giore riduzione della splenomegalia e un nettomiglioramento dei sintomi correlati alla malattiarispetto al gruppo di controllo. La maggiore effica-cia a ridurre la splenomegalia è stata dimostratanei vari sottogruppi di pazienti a prescindere dalsesso, dall’età, dallo stato della mutazione, dallacategoria di rischio, dal volume splenico iniziale,dal sottotipo di MF e dalla dose iniziale di farmaco(thomas et al). inoltre i risultati dello studio di fasei/ii presentati dal gruppo del MD Anderson Can-cer Center di Houston evidenziano che una seriedi fattori, come la buona riduzione della milza e lacontinuità della terapia, contribuiscono a miglio-rare la sopravvivenza dei soggetti trattati col nuo-vo farmaco.

UNA NUOVA STRADA

ruxolitinib rappresenta un altro esempio di unatendenza crescente in oncoematologia, secondola quale una conoscenza scientifica dettagliata deimeccanismi alla base di una malattia consente diprogettare un farmaco diretto contro specifici pa-thway molecolari. Una nuova strada si è aperta el’obiettivo deve essere quello di giungere al tra-guardo nel più breve tempo possibile anche gra-zie all’aiuto di tutti i cittadini che si impegnano asostenere la ricerca scientifica..

(Copyright A.M.S.)

ad insorgenza giovanile. Sebbene non sia nota lamutazione genetica iniziale capace di scatenare laproliferazione clonale e quindi l’insorgenza dellamalattia, il 50-60% dei pazienti presenta la muta-zione JAK2 v617F del gene Janus kinase 2. talemutazione, scoperta nel 2005 grazie alla collabo-razione dell’Ematologia di Pavia, coinvolge il do-minio autoinibitorio della proteina JAK2 e deter-mina un aumento dell’attività di JAK2 con conse-guente eccessiva trasduzione del segnale e mielo-proliferazione.

LE JANUS CHINASI

Le Janus chinasi sono una famiglia di tirosina chi-nasi che devono il loro nome ad una peculiaritàstrutturale per cui è stato accostato loro il dio ro-mano Giano bifronte e sono 4 (JAK1, JAK2, JAK3 EtYK2) che trasducono segnali mediati da citochi-ne attraverso la via metabolica JAK-StAt. il compi-

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una conoscenza scientifica dettagliata dei

meccanismi alla base di una malattia consente

di progettare un farmaco diretto contro specifici

pathway molecolari

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Èla leucemia più frequente in età pediatri-ca (80-85% delle leucemie acute delbambino); nell’adulto invece rappresentasolo il 20% delle leucemie acute. Questoè stato l’argomento delle presentazione

di Oliver Ottmann, del Dipartimento di ematolo-gia e oncologia, della Goethe University, Frankfurt. Negli ultimi trent’anni, l’utilizzo di combinazionipolichemioterapiche e l’introduzione della profi-lassi della localizzazione meningea hanno con-sentito di ottenere percentuali di remissione com-pleta molto alte nei bambini che non vengonopurtroppo confermate nell’adulto. tale differenzaè probabilmente da ricondurre sia alle diverse ca-ratteristiche biologiche delle cellule leucemiche,sia alla maggior incidenza in età adulta di sottotipia prognosi infausta, quale la LAL Philadelphia (Ph)positiva.

IL CROMOSOMA PHILADELPHIA

il cromosoma Philadelphia (Ph) è la più frequenteanomalia cromosomica nei pazienti adulti affettida LAL: esso è il singolo marker prognostico nega-tivo più significativo.il cromosoma Ph è un cromosoma22 di piccole dimensioni che origi-na dalla traslocazione bilanciata trail cromosoma 9 e il cromosoma 22.Questa traslocazione determina alivello molecolare il riarrangiamen-to tra il gene bCr ed il protoonco-gene AbL.

A partire daglianni 2000, iltrattamento ela prognosidelle LAL Ph+sono stati ra-d i c a l m e n t emodificati dall’avvento di farmaci inibitori delle ti-rosin-chinasi (tKi), farmaci intelligenti, aventi co-me bersaglio molecolare il prodotto del gene difusione bCr-AbL. Questi farmaci vengono usati dadiversi anni anche nella terapia della LeucemiaMieloide Cronica (LMC). il primo nato di questa ‘fa-miglia’ è stato l’imatinib, seguito da farmaci di se-conda e terza generazione, quali Nilotinib e Dasa-tinib.

SVILUPPO DI MOLECOLE DI SECONDA GENERAZIONE

Nella LAL Ph+ questi farmaci sono stati utilizzaticome primo approccio terapeutico da soli o in as-sociazione a farmaci chemioterapici. L’associazio-ne con i farmaci chemioterapici, in generale, è piùtossica. L’associazione dei tKi con cicli chemiotera-

La leucemia acuta lin-foblastica (LAL) è unapatologia clonale ca-ratterizzata dalla pro-liferazione e dall’ac-cumulo di linfoblastiMedico Specializzando

Struttura Complessa di EmatologiaOspedale Niguarda Ca’ GrandaMilano

di Laura Paris

la versatilità dei farmaci intelligentila gestione dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta (LLA), che presentano la traslocazione cromosomica Philadelphia

pici intensivi è stata inizialmente impiegata neipazienti più giovani ed è diventato lo standard te-rapeutico in questo gruppo di pazienti; l’obiettivoterapeutico nei pazienti anziani è quello di ridurrel’intensità dei cicli chemioterapici somministrati inassociazione ai tKi.Lo sviluppo di molecole di seconda generazione,come Dasatinib, ha consentito di ottenere ottimirisultati con la somministrazione di tale farmacosenza associazione con farmaci chemioterapici. Hanno tratto beneficio da questo approccio so-prattutto i pazienti più anziani, che non si possonoavvalere di farmaci troppo tossici, quali i cicli che-mioterapici intensivi. Nei pazienti più giovani, inoltre, questi farmaciconsentono di utilizzare dosaggi di chemioterapi-ci meno intensivi all’inizio del programma tera-peutico, in modo tale da arrivare ad un eventuale

trapianto di midollo in condizionimeno debilitate. Gli ultimi sviluppi mostrano inoltrela possibilità di utilizzare questi far-maci per controllare la malattia mi-nima residua, dopo trapianto di mi-dollo, permettendo di allontanareun eventuale recidiva.

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guerra molecolare al tumoreMalattia minima residua (MrD)

D.CAMPANAProfessore di Ematologia al National University Hospital di Sin-gapore

Èuno dei temi centrali del congresso internazionale: riu-scire a trovare marcatori di malattia a livello submicro-scopico è la sfida attuale. Una sfida importante per mi-

surare la risposta della malattia alle terapie e per seguirla neltempo, intercettando precocemente una eventuale recidiva.i marcatori di MrD vengono ricercati su vari livelli con diversemetodiche, sempre più raffinate. Le tecniche oggi in utilizzosono l’analisi cromosomica, la citofluorimetria, che studia gliantigeni espressi sulla superficie delle cellule leucemiche inmodo aberrante, e la biologia molecolare, che scova quanti-tà infinitesimali di residui di malattia. Cosa si ottiene? La per-sistenza di un residuo minimo di malattia fa sì che in quei pa-zienti si rimodula la terapia in modo più aggressivo, fino altrapianto. Questo consente di ricorrere alle terapie che, inevi-tabilmente, sono anche più tossiche, solo in chi ne ha vera-mente bisogno.

fune di salvataggio anche per gli adultitrapianto da sangue di cordone ombelicale

E. GLUCKMAN EUROCORDHôpital Saint Louis APHP, University Paris VII, Paris

Non tutti i pazienti che hanno bisogno di un trapiantoallogenico di midollo trovano un donatore compati-bile tra i familiari. In questi casi si è fino ad oggi ri-

cercato il donatore all’interno di una Banca mondiale, cheraccoglie i donatori volontari. Tra questi per poter effet-tuare trapianto occorre fare una ricerca approfondita pertrovare il donatore compatibile. La ricerca però spesso èlunga e non sempre va a buon fine. Ecco perché da diversianni si tende a congelare, a donare e a raccogliere il san-gue da cordone ombelicale, raccolto al momento del par-to, che è ricco di cellule staminali. È facilmente e rapida-mente disponibile. Inizialmente solo i bambini riuscivanoa giovare di questa modalità, per le piccole quantità di-sponibili. Oggi invece grazie anche a tecniche come tra-pianto da doppio cordone, l’espansione in vivo, il trapian-to intra-midollare, si riesce ad applicare questa tecnica an-che alla popolazione di pazienti più adulti. Diverse le spe-rimentazioni in corso che stanno cercando di confrontare irisultati ottenuti da questo tipo di trapianto rispetto aquello fatto ricorrendo al donatore da Banca. I risultatipreliminari sono molto incoraggianti e mostrano comequesta metodica debba essere presa in considerazione inpazienti che hanno un urgente bisogno di trapianto madifficoltà a reperire un donatore.

A cura di Antonino Greco e Alessandro Monti

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i flash dalla nostra redazione

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guarisce l'80 per cento dei pazienti con leucemia acuta promielocitica

Un nuovo farmaco, il triossido di arsenico,ha rivoluzionato la cura dei malati di leu-cemia promielocitica

Sopravvivenza dell’85% a 10 anni per la leucemia mie-loide cronica; guarigione dell’80% dei casi nella leu-cemia promielocitica; miglioramenti evidenti nelle

prognosi per la leucemia linfoblastica acuta, e nella quali-tà di vita per pazienti anziani. Le nuove terapie farmacolo-giche stanno cambiando la storia clinica delle leucemie. Ei risultati sono stati illustrati oggi dai maggiori specialistidel mondo a ‘Leukemia 2012’, il convegno internazionaleincentrato su questi tumori del sangue apertosi questamattina a Milano. “risultati insperati – afferma Enrica Mor-ra, direttore dell’Ematologia dell’Ospedale Niguarda di Mi-lano – si sono avuti per la leucemia mieloide cronica (checolpisce gli adulti), una volta inesorabilmente fatale in treanni, con i nuovi farmaci cosiddetti intelligenti, specializ-zati su un bersaglio molecolare (inibitori della tirosina-chi-nasi), che hanno permesso di prolungare la sopravvivenzaa 10 anni da un dato storico del 20% all’85% dei casi’’. Enon è finita: “Si è riusciti a migliorare significativamente irisultati di una terapia che ha già portato al 60% di guari-gione una rara leucemia ‘fulminante’ (leucemia acuta pro-mielocitica), con una farmaco scoperto per caso in Cina,l’acido trans-retinoico (Atra). L’obiettivo è stato però rag-giunto ora con un nuovo farmaco, il triossido di arsenico.La terapia di combinazione di questi due farmaci con lachemioterapia ha portato la guarigione all’80%”. risultatienormi si sono avuti anche nella leucemia linfoblasticaacuta (che colpisce bambini e adulti fino a 40 anni), cheun tempo avrebbe comportato il decesso in sei mesi. “Og-gi, a tre anni dalla diagnosi – afferma Angelo Carella, diret-tore dell’Ematologia al San Martino di Genova - si riesce amantenere la malattia in remissione nel 40% dei casi. Magrazie a un farmaco biologico, blinatumumab, si riesce aprolungare la remissione fino a permettere ai pazienti disottoporsi a trapianto di midollo ancora in remissione”.“Un altro farmaco nuovo, l’azacitidina – conclude Carella –permette ai pazienti anziani con leucemia mieloide acutadi migliorare significativamente la qualità della vita”. Oggi,per la prima volta in italia, si hanno dati epidemiologicisulle leucemie, anche se riguardano per il momento solola Lombardia, che ha istituito la rEL (rete EmatologicaLombarda, che comprende 106 centri): ogni anno – spie-ga Enrica Morra – nella nostra regione si hanno 1133 nuo-vi casi di leucemia, fra quelli che riguardano i bambini(leucemia linfoblastica) e quelli che riguardano pazientiadulti (leucemia mieloide). Di questi, solo 491 afferisconoai 12 centri specialistici lombardi. Sono solo il 17% i casipediatrici, mentre l’83% riguardano pazienti adulti. Questicasi vengono studiati e classificati in base alle caratteristi-che della malattia e del paziente, ottenendo dati moltoutili alla ricerca. Questa casistica non intercetta però i pa-zienti anziani, che in genere vengono gestiti da centri nonspecialistici.

estese ai giovani adultile cure dei bambiniterapie avanzate nei pazientigiovani adulti affetti daLeucemia linfoblastica acuta,privi della traslocazione cro-mosomica PhiladelphiaRENATO BASSANdirettore Ematologia Ospedale di MestreVenezia

Negli ultimi anni, paragonando iltrattamento di una particolare fa-scia di pazienti, che potremmo in-

dividuare come adolescenti, trattati sia incentri pediatrici sia in ematologie peradulti, con protocolli quindi differenti, siè visto che quelli trattati nei centri pedia-trici avevano risultati migliori. Questo haportato ad estendere alla fascia dei pa-zienti giovani adulti l’utilizzo dei proto-colli terapeutici già utilizzati nei bambini.Sono schemi terapeutici tendenzialmen-te più aggressivi ma gli studi effettuatihanno dimostrato una buona tolleranzanei pazienti di età leggermente superio-re, ottenendo risultati migliori.

una nuova possibilità di trapianto per chi non ha donatore identicoterapie avanzate nei pazienti gio-vani adulti affetti da Leucemia lin-foblastica acuta, privi della traslo-cazione cromosomicaPhiladelphia

A. BAGICALUPODirettore dipartimento di Ematologia dell’Ospe-dale San Martino di Genova

il trapianto allogenico è noto per essere tera-pia curativa per una grande varietà di malat-tie ematologiche, combinando effetti di che-

mio e radioterapia usata pre-trapianto (condi-zionamento) con gli effetti curativi immunolo-gici del trapianto stesso (grafts-versus-leuke-mia). i donatori possono essere familiari identi-ci, quando possibile, oppure donatori iscritti allabanca mondiale del midollo. Solo il 25 per cen-to dei pazienti che attiva una ricerca da bancatrova un donatore compatibile e riesce ad an-dare a trapianto. Una nuova risorsa per questipazienti è interessata dalla possibilità di effet-tuare trapianto da famigliari identici solo a me-tà. Utilizzando tecniche particolari di immuno-modulazione particolare. recenti studi mostra-no l’efficacia delle alte dosi di un chemioterapi-co post trapianto aploidentico con condiziona-mento mieloablativo. Chemioterapico che vie-ne usato, dunque, come immunosoppressore,con ottimi risultati: nel 2011, infatti, nel centrodel San Martino, quasi la metà dei trapianti so-no stati aploidentici.

Grazie a Pharmastar, potete vedere le interviste effettuate in occasione del convegno internazionalehttp://www.ams-onlus.org/leukemia2012video.php

Grazie a Pharmastar, potete vedere le interviste effettuate in occasione del convegno internazionalehttp://www.ams-onlus.org/leukemia2012video.php

in occasione della Conferenza internazionale Leukemia 2012, Enrica Morra, in un’intervista, sintetizza i risultati del convegno. http://www.ams-onlus.org/tg3leukemia2012.html

leukemia 2012le interviste ai relatori

Tg3R Lombardiadel 25 aprile 2012

viDEO

l'aiuto che viene dalle mutazioniDIETER HOELZER professore di Medicina e di Emato-logia e direttore del Frankfurt a/MOnkologikum Museumsufer

Esistono oggi fattori progno-stici di rischio e se ne cerca-no di nuovi, perché sono lo

strumento che consente al clini-co di utilizzare gli schemi che-mioterapici adeguati, più o me-no aggressivi. Le nuove metodi-che in campo molecolare per-mettono di trovare nel sanguee/o nel midollo del paziente mu-tazioni di geni che correlano conl’andamento della malattia. Unesempio: il gene chimerico BCR-ABL, nato dalla traslocazionedel cromosoma 9 con il cromo-soma 22, è stato uno dei primifattori di rischio elevato dal cuistudio si è arrivati ad una strate-gia terapeutica che consente diottenere ottimi risultati nei pa-zienti che presentano questamutazione. I fattori prognosticidefiniti alla diagnosi cambianoconsiderevolmente l’utilizzodei nuovi farmaci basati sulle te-rapie intelligenti.

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Hans Larsson alla McGill University sta cer-cando di spingere un embrione a sviluppa-re la coda, un tratto ancestrale. E ora il piùfamoso paleontologo al mondo, l'america-no Jack Horner, al quale Michael Crichton si

ispirò quando scrisse Jurassic Park e che StevenSpielberg ingaggiò per l'adattamento cinemato-

grafico del romanzo di fantascienza, in "Come co-struire un dinosauro" (Pearson editore), raccontacome inizia e fin dove si può spingere questa avven-tura.Sono passati vent'anni da quando Crichton imma-ginò che fossero clonati i dinosauri grazie al ritrova-mento del loro DNA in una zanzara, che si era nutri-

ta del sangue di un dinosauro ed era rima-sta intrappolata nella resina per conser-varsi fino ad oggi. Libro e film anticiparo-no il futuro. Nel '97 fu clonato per la primavolta un mammifero, una pecora di nomeDolly. Poi una capra, ma ancora nessunrettile.

PROGETTO GENOMA UMANO

Nel '90 era iniziato anche il progettoGenoma umano, un progetto di ricercascientifico internazionale volto ad identi-ficare e mappare i geni del genoma uma-no, responsabili dello sviluppo di un esse-re umano. il primo genoma di un organi-smo multicellulare, il verme di un millime-tro C.elegans, venne completato nel '98;quello del moscerino della frutta fu deco-dificato nel 2000. in quegli anni avevasenso che lo scrittore Crichton pensassea quel metodo per riportare in vita un di-nosauro. Ma più si va indietro nel tempo

meno DNA si trova. "Una regola comune - ci ricordail paleontologo Horner - è che centomila anni sianoil limite per il recupero di DNA, con le molecole gra-dualmente erose da una serie di processi chimiciman mano che l'osso si fossilizza".L'avventura di Horner inizia nel 1999 ad Hell Creek,la formazione rocciosa nel Montana, famosa peressere particolarmente ricca di fossili di t.rex, maanche di altri rettili, mammiferi e piante. Queglianni furono cruciali, segnarono il cambiamentodella paleontologia che non si limitava più a rac-cogliere solo ossa e rocce ma cominciava adestrarre sostanze chimiche dai fossili. Allora, graziealla più costosa missione paleontologica mai af-frontata si fece luce su come fosse il mondo subitoprima dell'impatto dell'asteroide, che 65 milioni dianni fa spazzò via i dinosauri. Nel 2000, poi, fu sco-perto b.rex e, all'interno delle sue ossa, un femore,i tessuti molli (collagene) che permetteranno diappurare come gli uccelli non siano cugini o di-scendenti dei dinosauri ma dinosauri in piena re-gola, i soli sopravvissuti all'estinzione. b.rex risultòessere una femmina di tyrannosaurus in fase di

ovulazione, visse verso la fi-ne del regno dei dinosauridurato 140 milioni di anni,come se fosse stata unadelle ultime creature dellasua specie. Ma ci sarebberostati ancora 3 milioni di an-ni prima della fine del Cre-tacico.

di Paola D’Amico

genetica e ricerca

come costruire un dinosauro(ma allora Jurassic Park non era fantascienza)Riavvolgere il nastro dell'evoluzione e far nascere un dinosauroda un pollo. Non è una trama cinematografica ma un progetto alquale paleontologi e biologi molecolari già lavorano. Alcuni sonoriusciti a far crescere i dentini ad un embrione di pollo, altri li han-no indotti chimicamente a sviluppare diversi tipi di becco.

Il primo genoma di un organismo multicel-

lulare, il verme di un millimetro C. elegans,

venne completato nel '98

Stegosaurus stenops e Allosaurus fragilis, Denver Museum of Science and Naturefoto: licenza Creative Commons 2.0 /Luke Jones

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tito etico e filosofico. "vogliamo mostrare come icambiamenti molecolari influiscano sui grandicambiamenti nella forma degli animali -scrive -. Ciòche impariamo sulla crescita degli embrioni di ognitetrapode può essere significativo per la crescita de-gli embrioni umani, dalla coda del pollo alle malfor-mazioni della spina dorsale umana (i fattori di cresci-ta quanto potrebbero aiutarci, per esempio, a cura-re la spina bifida)".

MORALITÀ ED ETICA

È crudele nei confronti del soggetto dell'esperi-mento? È etico? È pericoloso per l'ambiente?"Moralità ed etica sono questioni individuali -ri-sponde lo scienziato -. L'esperimento può far avan-zare la ricerca e non pone davvero nuove sfide perl'etica. il tentativo di creare un dinosauro rientra nel-le comuni pratiche della ricerca scientifica e medi-ca. Non è pericoloso, non cambiamo la sua compo-sizione genetica ma ci limitiamo a manipolare fatto-ri di crescita". Se il pollosaurus dovesse accoppiarsicon una gallina farebbe nascere solo polli. "il mio la-voro - conclude Horner - è incentrato su scoprire co-

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"Grazie allo studio degli embrioni sappiamo che unfeto durante la crescita ripercorre la storia evolutivadella sua specie, l'embrione di un pollo non ha dasubito le ali e il becco ma ha zampe a tre dita, dentie coda", spiega il paleontologo.L'obiettivo di questo viaggio nel tempo, per scopri-re come avvenga l'evoluzione (reverse evolution) ri-costruendo tratti ancestrali di animali estinti, non ècreare un fenomeno da baraccone. Horner è consa-pevole della portata che la sua ricerca avrà nel dibat-

se nuove. Non mi fermo a dire 'questa ricerca puòportare a qualcosa che potrà essere usato in modoimproprio. Quando si arriva alla domanda su comequella conoscenza verrà utilizzata, sono solo un cit-tadino come un altro. Mi piacciono le domande,non fornire le risposte".

GLI UCCELLI SONO DINOSAURI

i dinosauri, insomma, non si sono maiestinti. Gli uccelli sono dinosauri, discendenti diret-ti dei dinosauri teropodi, parenti del t.rex, con ungrande catalogo di geni di dinosauro nel loro geno-ma.La visione dei dinosauri è cambiata man mano è mi-gliorata conoscenza degli uccelli. i primi dinosauricomparvero nel triassico, 225 milioni di anni fa.Archaeopteryx è il primo uccello conosciuto, com-parve 150 milioni di anni fa. Gli uccelli moderni so-no comparsi 55 milioni di anni fa, tra questi i gallifor-mi. L'addomesticazione del gallo rosso è iniziata 5 milaanni fa. Ed è nel suo genoma che risiedono le infor-mazioni per dare vita a un dinosauro. "Potremmoimmaginare lo sviluppo dell'embrione come unastoria, una serie di eventi in cui ognuno di essi deter-mina quali altri siano possibili. Come in un romanzo- spiega Horner - ogni evento ha una conseguenzasul resto della storia. Non si devono fornire nuovi ge-ni all'embrione, solo variare i fattori di crescita e altresostanze che dirigono lo sviluppo. Possiamo così ve-dere cosa deve essere cambiato durante l'evoluzio-ne e quale fosse il vecchio modo di regolazione. Seimpariamo abbastanza ciò ci permetterà un'enor-me comprensione dei fondamentali della biologia,dello sviluppo e dell'evoluzione”

(Copyright A.M.S.)

come costruire un dinosauro(ma allora Jurassic Park non era fantascienza)

Ricostruzione di triceratopoGNU Free Documentation License, Versione 1.2 Creator: Dmitry Bogdanov

"Grazie allo studio degli embrioni

sappiamo che un feto durante la

crescita ripercorre la storia evolu-

tiva della sua specie, l'embrione di

un pollo non ha da subito le ali e il

becco ma ha zampe a tre dita,

denti e coda",

Modello di Archaeopteryx del Museo diStoria Naturale dell'Università di Oxfordfoto: licenza Creative Commons 3.0 /Michael Reeve

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La storia del dream team inizia nel 1988, su-bito dopo la fine delle Olimpiadi di Seoulin Corea. in quell'occasione gli Stati Uniti,come al solito, avevano schierato una na-zionale olimpica composta da giocatori

selezionati dal campionato dei college, che inmolti casi aveva dato dei risultati eccellenti (cioèuna medaglia d'oro), ma che nell'occasione diqueste Olimpiadi aveva concluso il torneo classifi-candosi solo al terzo posto, una specie di onta perla nazione che aveva inventato il basket. Per que-sto motivo, appena le Olimpiadi aprirono ai gioca-tori professionisti, cioè nel 1989, il comitato olim-pico americano chiese all’NbA la possibilità di uti-lizzare giocatori professionisti del campionatomaggiore da schierare nella prossima nazionaleolimpica; l’NbA rispose affermativamente, e sap-piamo tutti come è andata. il roster, selezionatonel 1991, comprendeva campioni collaudatissimidel calibro di bird, Jordan e Johnson, assieme adaltri campioni emergenti o comunque in crescitacome Malone e Pippen, e a delle promesse (poipuntualmente realizzate) come Laettner, il polac-co figlio di un operaio metallurgico, che andava atoccare il cielo con un dito. Nel complesso era unasquadra da sogno, “come se Elvis suonasse assie-me ai beatles”, sottolineava il capo allenatoreChuck Daly (lui sì, unto del Signore: chi non avreb-be voluto allenare quei giocatori lì, e vincere unamedaglia d’oro in carrozza?).

IL DEBUTTO UFFICIALE

Come si vede dalla tabella del roster, Laettner al-l’epoca era l’unico giocatore non NbA, militandonella squadra della Duke, nel torneo universitario;poi, certo, Laettner diventerà la star NbA che di lì apoco tutti avremmo conosciuto.il debutto ufficiale del dream team avviene nelgiugno 92, nella prima gara del tournament of theAmericas, il torneo di qualificazione olimpica cuipartecipano, oltre agli USA, anche Cuba, Panama,Argentina e Canada nel Gruppo A, mentre Portori-co, Messico, brasile Uruguay e venezuela si affron-tano nel Gruppo b. La partita d’esordio è propriocontro Cuba, che il dream team batte 136-57, perpoi stravincere anche le altre gare contro Canada(105-61), Panama (112-52) e Argentina (128-87),con un totale di 481 punti segnati e 257 subiti

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di Walker

lo sport nel sangue

Nom de plume per onorare il neozelandese John Walker (nomen omen),oro nei 1500 alle Olimpiadi di Montreal FO

TO di Jerem

y Gilbert

CC GNU Free Docum

entation License

Il dream team è stata senz'altro la più forte e spettacolare squadradi basket di tutti i tempi, vincitrice della medaglia d'oro alle

Olimpiadi di Barcellona nel 1992, e composta da un gruppo di

fuoriclasse assolutamente inarrivabile e inimitabile.

(+224 di differenza canestri). Nel successivo Knoc-kout round (il confronto con i vincitori del Grup-po b), gli USA battono prima Portorico 119-81 equindi, nella finalissima, il venezuela 129-80. inpratica, non c’era stata storia. E tutto questo alla faccia di qualche critico che ve-dendo certi nomi del roster, come quello di bird(che avrebbe compiuto 36 anni, a dispetto di unaclasse ancora cristallina), riteneva il dream teamuna specie di cimitero degli elefanti o un premioalla carriera per vecchi giocatori che avevano im-boccato il viale del tramonto. A disdoro di chi ave-va potuto pensare questo, la risposta data da Larrybird sul campo parlava da sola: un incredibile 75%di realizzazione nei tiri da tre, lungo tutto il tourna-ment, roba che non ci riesce nemmanco Mandra-ke nei giorni in cui è fortunato.

LA PARTECIPAZIONE DI JOHNSON

Ancora più stupidi (e davvero odiosi) i commentidi chi storceva il naso per la presenza di MagicJohnson nel roster: nel novembre 91, il giocatoredei Lakers aveva dichiarato pubblicamente di es-sere sieropositivo per l’Hiv (la diagnosi risaliva al24 ottobre); nonostante questo handicap (soprat-tutto psicologico), la commissione medica sporti-va concesse il nulla osta perché il giocatore pren-desse parte anche alle gare successive, e poi an-che ai giochi olimpici di barcellona. La partecipa-zione di Johnson al dream team fu invece un attodi grande civiltà, che aiutò a sensibilizzare tutto ilmondo sportivo circa il problema della sieropositi-vità ed alla possibilità di contrarre l’infezione nonsolamente attraverso i rapporti omosessuali.il girone eliminatorio del torneo olimpico di bar-cellona inizia con la gara contro l’Angola, vintapraticamente in surplace, visto lo scarto finale di68 punti (116-48), seguita da quelle lievementepiù impegnative contro la Croazia (103-70), in cuigiocavano assi del calibro di Kukoč, Petrovic e ra-da (e che poi avrebbero fatto fortuna nell’NbA), ela Germania di Schrempf e Hansi Gnad (111-68),per chiudere poi con due passeggiate di salutecontro il brasile di Oscar “Mão Santa” Schimdt (127-83) e la Spagna di San Epifanio (122-81), nomi chenel basket sono leggenda. il gioco finora espressodalla squadra è elegante e spettacolare, ma quasinon c’è gusto: sono dei campioni così grandi e af-

la leggenda del Dr eam team come se Elvis suonasse assieme ai Beatles

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fiatati (grazie alla loro pro-fessionalità ed al lavoro diChuck Daly) che tutti gliavversari, dalla Croazia ingiù, sembrano davveropoca cosa.Si arriva così ai quarti di fi-nale, dove il dream teamincontra Portorico, già fat-to a fettine durante il tour-nament, e la storia noncambia: 115 a 77, e tantisaluti. in semifinale, però, liaspetta la fortissima Litua-nia, dove giocano campio-ni di livello planetario co-me Sabonis, Kurtinaitis eMarčiulionis, tre che avreb-bero vinto qualsiasi altrapartita da soli e con unamano legata dietro laschiena. Meno male, vieneda pensare, finalmente unpo’ di competizione, lorosono fortissimi. Macché,sono gli americani a esseretroppo forti anche per lo-

ro; i baltici, infatti, non vedono palla per tutti i 40minuti di gioco, e si risvegliano alla fine dell’incon-tro con il classico mazzo a tarallo: 127 a 76, che fa51 punti di scarto, e good-bye Lituania.

MEDIA DI 117 PUNTI PER GARA

E chi si ritrovano nella finale per l’oro, i nostri cam-pioni? Ancora la Croazia, che nell’altra semifinaleaveva battuto la CSi (confederazione di stati del-l’ex UrSS) per 75 a 74. ritrovare gli USA in finale si-gnifica sconfitta sicura, ed i croati affrontano l’in-contro con la stessa allegrezza di spirito che avreb-be avuto il primogenito di un faraone davanti alladraghinassa sguainata di Samael, l’angelo stermi-natore. E infatti, il dream team li annienta anchequesta volta: 117 a 85, e meritatissimo oro per lasquadra di basket più forte di tutti i tempi: 8 parti-te vinte su 8, 8 partite su 8 con più di 100 puntirealizzati (media 117 punti per gara), 938 punti fat-ti, 588 subiti, differenza canestri di +350, scartomedio di 44 punti per gara, zero richieste di time-out nei 320 minuti totali di gioco, e soprattuttotantissimo basket trasformato in spettacolo, arte epoesia dal più incredibile pool di talenti che si siamai visto nello sport. .

(Copyright A.M.S.)

GIOCATORE SQUADRA RUOLO ALTEZZA PESO NUMERO CM KG MAGLIA

Charles Barkley Phoenix Suns Ala 199 113 14Larry Bird Boston Celtics Ala 206 100 7Clyde Drexler Portland Blazers Guardia 201 102 10Patrick Ewing New York Knicks Centro 213 110 6Earvin “Magic” Johnson Los Angeles Lakers Guardia 206 101 15Michael Jordan Chicago Bulls Guardia 198 91 9Christian Laettner Duke University Ala 212 107 4Karl Malone Utah Jazz Ala 206 118 11Chris Mullin Golden State Warriors Ala 201 98 13Scottie Pippen Chicago Bulls Ala 201 95 8David Robinson San Antonio Spurs Centro 217 107 5John Stockton Utah Jazz Guardia 185 80 12

la leggenda del Dr eam team come se Elvis suonasse assieme ai Beatles

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AMS news

Un sorriso prima di iniziare...

Da sinistra: Leonardo e Silla Poli, assieme a Loredana Galimberti

un racconto per immagini

Hotel Holiday inn di Assago

la cena AMS del 4 maggio 2012

Il momento finale dell'asta benefica svolta al termine

della cena; da sinistra riconosciamo Silla Poli, l'artista cheha eseguito il bellissimo affresco, Antonio Buscemi, trasfor-matosi per l'occasione in un coinvolgente banditore d'asta,

Enrica Morra, la nostra carissima Suor Teresa Gospar conl'affresco, generosamente donatole dal vincitore dell'asta,

Massimo Croso, al suo fianco assieme alla moglie.

L'imbattibile squadra di Suor Gospar (momentaneamentesenza la capitana), circondata da amici e tifosi

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21 ematos • 019

Wilma De Angelis accompagnata da ClaudioFranceschini alla chitarra

gentiluomini di passaggio

l’applauso

Wilma De Angelis con Fabio Concato

Enrica Morra con il la professoressaPastorello ed il professor Ortolani

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