Cultura Commestibile 97

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97 uesta settimana il menu è Q Stammer a pagina 5 Cecchi a pagina 7 il supermercato “acquattato” Morpurgo, fotografo e viaggiatore RiUNiONe di faMigLia a pagina 4 PiccOLe aRchiTeTTURe OcchiO X OcchiO Wu Ming 2 da pagina 2 da NON SaLTaRe interrogare i silenzi della storia Pantheon a km zero Le parole del rinnovamento Matteo Renzi 2014 Non applaudite, chi applaude è intellettuale Silvio berlusconi 2004 il pubblico italiano non è fatto solo di intellettuali, la media è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco... Larghe intese aRRiVa bObO a pagina 4

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97 uesta settimanail menu èQ

vuoti&PieNi

Stammer a pagina 5

Cecchi a pagina 7

il supermercato“acquattato”

Morpurgo, fotografoe viaggiatore

riuNioNedi faMigLia

a pagina 4

PiccoLe architetture

occhio x occhio

Wu Ming 2 da pagina 2

da NoN SaLtare

interrogare i silenzidella storia

Pantheona km zero

Le paroledel rinnovamento

Matteo renzi2014

Non applaudite, chi applaude è intellettuale

“ Silvio berlusconi2004

il pubblico italiano non è fatto solo di intellettuali, la mediaè un ragazzo di seconda media che nemmeno siede alprimo banco...

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CCUO

��� sabato 1 novembre 2014no97 PAG.2DA NON SALTARE

Siamo all’Isolotto, Firenze, nellanuova BiblioteCanova. Si “cele-bra” il 70° della Liberazione di Fi-renze (1944-2014) con un ciclo

di quattro incontri incentrati sulla libera-zione di Firenze e narrativa resistente, incollaborazione con I.S.R.T. (Istituto Sto-rico della Resistenza in Toscana): “DallaBanda del Dritto alle storie meticce. Nar-rativa resistente di ieri e di oggi”. E’ l’incon-tro più difficile, meno celebrativo:Letteratura e Resistenza: i ‘contempora-nei’. Un gruppo di donne “A voce Alta”legge brani di scrittori contemporanei chesi sono misurati con la Resistenza: ValerioVaresi, Giacomo Verri, Antonella Sarti.Commentano Wu Ming 2 e Vanni San-toni. Wu Ming 2 ha accettato di pubblicaresu Cultura Commestibile, in esclusiva, iltesto del suo intervento che a noi è parsoparticolarmente interessante, aperto inmodo nuovo sul futuro.

La Resistenza e il suo racconto sembraessere diventata una tematica logora, lo-gorata dall’uso pubblico della storia. Iopenso che le tematiche logore siano ilpane quotidiano del romanzo storico.Cioè, la letteratura a questo serve,quando si propone di ri-raccontare unavicenda già accaduta, o che tanti docu-menti già raccontano. La letteratura lofa perché pensa di poter dire quellestesse cose però con parole nuove, conuno sguardo nuovo o quanto meno conun interesse nuovo. La letteratura cercadi fare questo servizio alla verità: di per-metterle di dirsi con parole diverse. Al-trimenti se si prende una verità e la siripete sempre uguale a se stessa alla finesuona banale, logora. Lo si dice spessodella bugia, citando la frase di Goebbels(che poi hanno detto in tanti e non sol-tanto lui): “se prendi una bugia e la ri-peti mille volte, finisce che sembra unaverità”. Però la stessa cosa si potrebbedire per ciò che è vero: se prendi una ve-rità e la ripeti mille volte, sempre ugualea se stessa, senza cambiare mai parole opunto di vista, quella verità ti suona lo-gora, quindi banale, scontata e, in fondo,che bisogno c’è di dirla? La letteraturaquesto dovrebbe fare: nei confrontidella Resistenza penso che il suo com-pito sia lo stesso che il romanzo storicosi è sempre posto di fronte alla storiamonumentale. L’uso pubblico della sto-ria spesso trasforma la storia in monu-mento, cioè in un pezzo di marmo, chedall’alto viene calato sopra un qualcosache in realtà prima era vita, erano voci,sangue, sudore. E il monumento ti mo-stra sempre la stessa faccia; è sempreuguale; tu ci passi davanti ogni giorno eil monumento non cambia mai. Dopoun po’ ti annoia, non lo vedi nemmenopiù, non ti accorgi che esiste. Il romanzostorico si propone di spaccare quel mo-numento, di farlo in mille pezzi, di di-struggerlo in tanti frammenti,individuandone le crepe. In genere lecrepe stanno dietro, nella faccia nasco-sta del monumento, non nella facciatache tutti guardano, perché lì il monu-mento viene lucidato, restaurato, sem-pre uguale a se stesso. Invece se tu gli giri

Giorgio Marincola con Eugenio Bonvicini, vicecomandante della MissioneBamon, Archivio famiglia Marincola, Fotografie, Zimone, Castello di Mongi-vetto (Biella). (www.razzapartigiana.it)

di Wu Ming 2www.wumingfoundation.com/giap

silenziinterrogare

i

storiadella

intorno, invece di guardare in faccia Ga-ribaldi guardi il culo del suo cavallo peresempio, probabilmente lì trovi dellecrepe, dove infilare i tuoi attrezzi di nar-ratore e provare a spaccare il monu-mento. Poi chiaramente con questiframmenti, con questi tanti punti divista alternativi, tante voci che esconofuori dal monumento, cerchi di co-struire qualcos’altro. Altrimenti i fram-menti rimangono piccolini, storie dapoco, subalterne, che servono in realtàalla storia monumentale, ufficiale pergiustificarsi; funzionano solo da com-plemento o da aggiunta alla storia uffi-ciale, alla vulgata, allo stereotipo. Invecequesti frammenti bisogna prenderli ecercare di costruirci qualcosa di nuovo.Non un nuovo monumento, tenuto in-sieme dalla calce che nessuno può cam-biare, ma qualcosa di simile allecostruzioni fatte con i blocchi di legnodai bambini: tu la guardi e sai che quellacostruzione la puoi smontare, rimon-tare, ci puoi giocare; sai che è fatta dipezzi. Questo cerca di fare il romanzostorico con i frammenti del monu-mento: moltiplicare i punti di vista, levoci e poi metterle in fila, dentro ad unastruttura. In buona parte è quello che hafatto Scrittura Industriale Collettiva cheè nata da Vanni Santoni con il romanzoscritto da 100 e più mani, “In territorionemico”: l’idea di raccogliere testimo-nianze, frammenti, ricordi della Resi-stenza su tutto il territorio nazionale epoi cucirli assieme in un’unica narra-zione, che non si imponga di nuovocome un monumento da guardare ebasta, ma che sia una costruzione pos-sibile fra le tante altre diverse possibili.Secondo me per rompere il monu-mento di marmo per restituire alla storiadella Resistenza la sua dimensione di vi-talità, le operazioni possibili sono que-ste. Una prima operazione è quella diinterrogare l’oblio, ciò che è stato di-menticato. Anche questa è una funzioneclassica del romanzo storico. E’ vero, c’èuna narrativa logora e magari stantiadentro molti scritti sulla Resistenza, c’èuna vulgata: dentro di essa però ci sonocertamente silenzi, cose dimenticate,cose non ancora raccontate, cicatrici.Già Manzoni diceva che questo fattoche tanti individui passino sullo scena-rio della storia e non lascino traccia, èun fenomeno triste; però questi silenzi,se interrogati, possono darci delle rispo-ste che sono più interessanti dei fatti, piùinteressanti di ciò che abbiamo, diquello che c’è, se noi capiamo perchéquello che non c’è, non c’è (perché èstato censurato, perché è stato tolto, si-lenziato). Questo può restituirci unastoria ancora più interessante dei dati,dei fatti. E questo è uno dei compiti delromanzo storico che, secondo me, ri-spetto alla Resistenza va ripreso inmano: interrogare i silenzi, storie chenon sono state narrate. Ce ne sonotante. Penso alla partecipazione femmi-nile alla Resistenza che è sicuramenteun aspetto che non è stato sufficiente-mente raccontato. Sì, nei saggi se neparla, ci sono testimonianze, però a li-vello romanzesco, di narrazione, è an-cora sotto-raccontata; per quanto invece

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.com sabato 1 novembre 2014no97 PAG.3C.com DA NON SALTARE

Foto di gruppo per i garibaldini italiani volontari in Spagna. Tra loro comandanti militari e commissari politici. I due alcentro sono (a sinistra con il giaccone bianco) Luigi Longo “Gallo”, poi comandante partigiano in Italia e segretario delPci, e il dirigente comunista Ilio Barontini. (www.coppabarontini.altervista.org)

il testo dell’interventodi Wu Ming 2 all’incontroLetteratura e resistenza:i ‘contemporanei’per i 70 anni della Liberazionedi firenze

abbia avuto un’importanza che moltioggi riconoscono come fondamentale.Noi, per esempio, ci siamo messi ad in-seguire la partecipazione delle coloniedell’Italia dentro la Resistenza: sapereche ci fu un partigiano italo-somalo chesi chiama Giorgio Marincola che hacombattuto nella Resistenza, è morto inVal di Fiemme, ha combattuto prima aRoma, poi nella zona di Biella ed èmorto il 4 maggio 1945 quindi oltre il25 Aprile: beh questo è uno dei silenzidi cui dicevo, perché Giorgio Marincolavenne insignito della medaglia d’oro alvalor militare postuma nel 1954 equindi era stata in qualche modo rico-nosciuta la sua esperienza resistenziale,ma poi è stato completamente dimenti-cato. Non fosse stato per la sorella e peril nipote, questo partigiano che avevacome padre un ufficiale italiano e comemadre una donna somala che si eranoconosciuti nella Somalia italiana, nonsarebbe stato ricordato. Noi lo abbiamoinseguito, lui e la sua storia e inseguen-dolo, io in particolare, siamo incappatiin sua sorella, che non ha fatto la Resi-stenza ma che ha a lungo resistito neldopoguerra in quanto donna nera italo-somala fra la Somalia e l’Italia, che haraccontato – insieme a suo figlio - la vi-cenda di Marincolo in questo libro chesi chiama “Timira. Romanzo meticcio”.Ma non finisce qui. Bisogna andarsi aprendere un saggio intitolato “Coloniae post-colonia come spazio diasporici,Attraversamenti di memorie, identità econfini nel Corno d’Africa” (Caroccieditore, 2011), uno di quei saggi chenon legge nessuno, per scoprire cheall’Esposizione Coloniale del 1940 aNapoli parteciparono sudditi delle co-lonie, perché bisognava ricostruire i vil-laggi africani, far vedere come si vivevain Somalia e in Etiopia: ebbene l’Espo-sizione Coloniale avviene nel 1940, lostesso anno dello scoppio della guerranel Corno d’Africa, quando l’Inghilterrainvade la Somalia, e non c’è più mododi riportare queste persone a casa. Ilgruppo di questi somali, eritrei, etiopiviene condotto in una villa in provinciadi Macerata, a Treja, dove vivono prati-camente tutto il periodo della guerra.Ad un certo punto i partigiani attaccanoquesta villa, liberano questi prigionierie quindi abbiamo l’incredibile storia digente come “Carletto” Abbamagal (Car-letto lo chiamavano gli italiani), un ra-gazzo etiope che fece la Resistenza coni partigiani in provincia di Macerata. Re-centemente hanno scoperto la sua barain una fossa comune, identificandolagrazie alla targhetta, e l’hanno seppellitocon qualche onore nel cimitero di S.Se-verino Marche. Questi sono i silenziche, a mio parere, andrebbero interro-gati.E poi anche spostare lo sguardo. Un’al-tra cosa che ha il merito di aver fatto “Interritorio nemico”. Spostare lo sguardoperché siamo pieni in Italia di personemolto esperte in materia di Resistenzalocale, cioè che conoscono la vita, lamorte, le imprese di partigiani del luogo,però poi molto spesso figure anche in-teressantissime non varcano i confini diuna provincia. Quindi si conosce molto

bene l’esperienza resistenziale di unacerta brigata, di un certo commissariopolitico o di un certo partigiano, però losi conosce in un territorio molto delimi-tato. Scambiarsi un po’ i territori sa-rebbe, secondo me, un altro modo pervivacizzare il racconto della Resistenza.Cominciare a raccontare da Bologna levicende della Resistenza nel maceratesee da Macerata le vicende della BrigataGaribaldi sull’Appennino Imolese, adesempio. Forse si otterrebbe quel rac-conto diverso dal solito, altrimenti sesono sempre le persone del luogo ad oc-cuparsi dei partigiani del luogo, a se-guirne le tracce che hanno lasciato, sirischia di ripetersi, di percorrere sentierinoti. Invece, ecco, penso che questo siaancora un problema nel racconto dellaResistenza: certe figure non arrivanoalla conoscenza nazionale. Penso a fi-gure come Anton Ukmar che, insiemea Ilio Barontini, andò in Etiopia perprendere contatti con la ResistenzaEtiope al Fascismo; tra l’altro, resistenzaarmata al Fascismo che in qualchemodo – se vogliamo dare alla Resi-stenza una accezione anche più ampiache non soltanto quella svoltasi sul ter-

ritorio italiano – che precede la Resi-stenza italiana. Quindi, forse, sarebbeora di raccontare anche quella come re-sistenza al Fascismo, quella dei beduiniLibici, degli etiopi, dei somali, degli eri-trei. Anton Ukmar andò a fare l’ufficialedi collegamento con le truppe dei resi-stenti e dei patrioti etiopi contro il Fa-scismo: la sua storia viene conosciuta epresentata in questi giorni in un docu-mentario che, però, gira nel Friuli Vene-zia Giulia. Lui era triestino e questodocumentario non è conosciuto a li-vello nazionale. Lo stesso Ilio Barontiniè cittadino onorario della mia città, diBologna, quindi un po’ è noto; a Li-vorno è molto conosciuto; ma se vai adAncona nessuno ne sa niente; eppure èun personaggio su cui si potrebberoscrivere forse dieci romanzi.Il mio invito è dunque a spostare losguardo da dove lo puntiamo di solito:prendere un angolo diverso, una pro-spettive differente. E poi, forse, anchemescolare le cifre testuali: costruire untesto mettendo insieme, ad esempio, unreportage sui sentieri partigiani fattooggi, storie della Resistenza e di comesi è combattuto 70 anni fa, leggende dei

luoghi, conflitti che magari insistono suquel dato luogo in Italia in questo mo-mento. Siamo pieni di conflitti territo-riali: non è un caso, secondo me che inVal di Susa chi resiste al progetto deltreno ad alta velocità si rifaccia esplici-tamente anche all’esperienza partigianae la citi, la porti come esempio di unastoria che tiene in vita quella comunità.Anche testi di questo tipo, che in qual-che modo non siano soltanto lì neglianni della Resistenza, ma vadano a ve-dere che tracce che questa ha lasciato ecome questa storia continua ad essereraccontata, in che modo, con che fun-zioni, dove, che cosa ha lasciato sul ter-ritorio oggi, penso che possano esseremodi in cui il racconto della Resistenzasi adegua anche alle modalità di rac-conto del presente e cerca una cifra dif-ferente. I Calvino, i Fenoglio, meritanoil plauso di tutti noi, però in quel modola Resistenza è già stata raccontata eforse non ha tanto senso continuare araccontarla così. Ha senso provare a cer-care uno sguardo nuovo, obliquo, pa-role e intrecci nuovi, un modo nuovo dimettere insieme i frammenti, una voltache il monumento venga fatto in pezzi.

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Reunion straordinaria di famiglia e unastanding ovation per l'assessore AlessiaBettini. Chi è? diranno i nostri lettori. Finoa ieri anche noi avremmo fatto la stessadomanda, ma dopo l'evento epocale oc-corso in viale Morgagni e la netta presa diposizione dell'assessore, non abbiamo piùdubbi: al Comune di Firenze EugenioGiani ha trovato il suo degno erede. La vi-cenda, esposta con rilievo e fotonotiziadall'edizione fiorentina di Repubblica, è laseguente: durante il taglio di un albero peri lavori della tramvia, è stato trovatomorto un uccello (merlo, per la preci-sione). I tentativi di rianimarlo sono statiinutili e conseguentemente dichiaratomorto. Di fronte alle rimostranze di alcunicittadini (che hanno fatto ricorso al-l'Enpa, alla protezione animali e allaCorte Suprema dell'Aja, denunciando

SUMMIT FAMILIARE

La tragedia delle morti bianche

RIUNIONE DI FAMIGLIA

BOBO

“E’ la mia prima Leopolda” confi-dava candidamenteal microfono del-l’intervistatoreAlessandra Moretti passatada portavoce di Bersani a volto im-magine del renzismo di governo aduso di giornali e tv. Dunque, onesta-mente, la bella veneta ammette di

essere una neofita della Leopolda econ l’ardore del convertito, anelalodi al premier e all’iniziativa. Ca-ratteristica che condivide con moltidi quelli che, nella vecchia stazione,affollavano la carrozza del vinci-tore. Però l’europarlamentare ha de-ciso di andare oltre e, deve averpensato, se la Boschi da questopalco ha spiccato il volo anche gra-zie ad un paio di decolleté leopar-dati, chissà dove finirò iopresentandomi con un intero abitomaculato? Fallito lo smacchiamentodel giaguaro, d’altra parte, cosa dimeglio che indossarlo.

Per continuare il nostro onesto (e pocoretribuito) lavoro di notiste editoriali, ciè toccato partecipare ad alcuni corsi diaggiornamento dell'Ordine dei Giorna-listi per ottenere gli agognati crediti erinnovare l'iscrizione all'ordine deiGiornalisti Pubblicisti. Nel fantasticomenù di offerte formative, ci ha colpitoil corso di giornalismo di rinnova-mento. Che fantastica idea, ci siamodette; chi l'avrà avuta? Ci siamoiscritte, ma era un delirio: almeno 500iscritti, da ogni parte d'Italia. Incredi-bile! Abbiamo chiesto il perché di que-sto successo e ci è stato spiegato cheerano tutti giornalisti che seguono Pa-lazzo Chigi dove, sembra, non si possapiù essere accreditati senza aver seguitocon profitto il corso di giornalismo dirinnovamento. All'inaugurazione delcorso – che valeva 280 crediti! - c'erauna ragazza tanto caruccia, bionda econ gli occhi dolci che ha spiegato qualierano le domande da giornalismo darinnovamento e quali no. Soprattuttoquelle sulla Pubblica Amministrazionee la burocrazia non sono proprio do-mande da giornalismo di rinnova-mento. Ma era così brava: vocina dolce,vestiti da Marianna-la-va-in-campa-gna, senza trucco, tutta acqua e sa-pone... ma un caratterino! Girava fra ibanchi a controllare le domande che ciaveva dato il compito di preparare:“Questa sì, rinnovamento! Questa no,conservazione!”. La professoressaMadia Marianna, alla fine ci ha pro-mossi e accreditati tutti, salvo un paioche davvero non volevano rinnovarsi.

LE SORELLE MARX

Negli anni ’70 un coro che si sentivaecheggiare nelle manifestazioni dellasinistra era “Viva Lenin, viva Marx,via Mao Tse Tung” come a scandirel’idea di rivoluzione internazionaleche si respirava all’epoca, impegnaticome si era tra un golpe cileno e unaspruzzata di napalm in Vietnam.Adesso in un mondo reso globale dainternet e dai voli low cost bisogna tor-nare alle origini, guardare al “local”, alchilometro zero, al basso impatto am-bientale. Quindi non stupisce la sceltaterritoriale di Maria Elena Boschi diAmintore Fanfani come “santino poli-tico” di riferimento al posto del sardo

Enrico Berlinguer,una scelta dettata dalcosto della trasferta traMontevarchi e Sassari.Sconcerto invece nelle indicazioni diMatteo Renzi che, fin da quando erasindaco a Firenze, ha eletto comeguida Giorgio La Pira nativo di Poz-zallo, Ragusa. Per superare l’empasseil premier rinnovatore ha però subitovarato un decreto compensativo: ver-ranno infatti piantati 1.142 alberi,uno per ogni chilometro di distanzatra Pozzallo e la natia Rignano sul-l’Arno, salvando così ambiente e pan-theon di riferimento.

LA STILISTA DI LENIN

I CUGINI ENGELS

Pantheon a km 0Le parole del rinnovamento

Scandalo fra gli Intellettuali delmondo per le dichiarazioni di FleurPellerin (Ministro della cultura fran-cese) per aver detto che negli ultimidue anni non ha lettoun libro. Gli intellet-tuali, giustamente,messi nel carro dei par-rucconi dal nostro sfa-villante Lupetto-premier (che tutti ci in-vidiano), si sono inorri-diti: la Vandea librariainsorge! La post-moderna Pellerin èun ministro ai tempi del touch. Chesenso può avere la carta per i nativi di-gitali? Con il kindle paperwhite si puòfar anche le orecchiette digitali, chi lotiene più un libro in casa e soprattuttoa cosa serve leggerlo? L'homo informa-ticus è costantemente connesso, il suocervello è ormai una summa di motoridi ricerca, infine, parafrasando OscarWilde: “I libri non vanno mai lettiperché ci influenzano e così perdiamola nostra liberté.

LO ZIO DI TROTSKY

La ministrailletterata

giaguarialla Leopolda

anche l'uccisione di 73 formiche a seguitodel taglio dell'albero suddetto), la nostra as-sessora dichiara con piglio decisionista: "mene interesserò (e questa è già una notizia,ndr). Parlerò con l'assessore ai lavori pub-blici Giorgetti per capire come sia andatama prendo l'impegno che d'ora in poiquando dovremo tagliare gli alberi mande-remo i tecnici della direzione ambiente echiederemo una mano alle associazioni am-bientaliste per vigilare sui nidi”. Eccole qui,le ronde ornitologiche! Si prospetta qui uncaso politico di rilievo internazionale, fo-riero di appassionanti sviluppi. Non man-cheremo certamente di dar conto del Verticedell'Uccello Morto fra Bettini e Giorgetti, ditale portata storica da far impallidire quellodella Pallacorda e quello di Yalta.

Sorelle Marx, Cugini Engels, Zio di Trotzky, nipotine di Bakunin

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Quando uscì dalla stanza dell’asses-sore il vicepresidente era con-tento. Aveva capito chefinalmente il centro commerciale

si sarebbe fatto. L’amministrazione comu-nale aveva finalmente concluso l’assettodelle medie strutture di vendita alimen-tari. Anche il Galluzzo, e la zona sud dellacittà, avrebbero avuto il loro supermer-cato. Erano passati molti anni da quel lon-tano 1992 quando il consiglio comunaleaveva bocciato la possibilità di realizzareil centro commerciale nell’ambito dell’in-tervento di edilizia sociale che sarebbestato realizzato nella zona. E ancora di piùda quando Esselunga aveva compratoquel terreno, con destinazione agricola enon commerciale, nel 1971. Ma ora nelluglio di quell’anno 2000 qualcosa avevainiziato a muoversi. E si poteva iniziare apensare ad un progetto. Un progetto inun’area difficile sia per gli aspetti ambien-tali, sia per gli aspetti della mobilità. Permitigare l’impatto visivo l’amministra-zione comunale aveva chiesto di speri-mentare, per la prima volta, larealizzazione di una struttura commer-ciale quasi “ipogea”, con un prato al postodel tetto, in continuità con il parco pub-blico realizzato nel 1994 a margine dellenuove abitazioni di edilizia sociale. Sulmodello della Biblioteca centrale del-l’Università Tecnica di Delft dove il parcopubblico “sale” sul tetto della biblioteca.Per la mobilità i recenti accordi con Au-tostrade per la realizzazione della terzacorsia autostradale avevano finalmenteprevisto la costruzione di una nuova via-bilità, il by pass del Galluzzo, che i citta-dini della zona invocavano da almenotrenta anni. Ma c’erano voluti altri sette anni per potergiungere alla approvazione delle necessa-rie previsioni urbanistiche. Nel luglio del2007 fu infatti approvata la variante urba-nistica, e il consiglio comunale deciseanche che Esselunga contribuisse a ren-dere più appetibile il centro commercialenaturale del Galluzzo realizzando lanuova pavimentazione e una nuova siste-mazione della piazza Acciaiuoli. Lapiazza, di impianto ottocentesco e intito-lata alla famiglia locale che molti secoliprima aveva contribuito alla costruzionedella Certosa di val d’Ema (Certosa cheaveva ispirato Charles-Edouard Jeanneretper la sua opera di architetto, fino all’idea-zione delle’”Unité d’Habitation”), era tut-tora il cuore dell’antico borgo delGalluzzo, fino al 1929 libero comune, poismembrato, e in parte inglobato nel terri-torio del comune di Firenze. Ma per ini-ziare i lavori si dovette aspettare ancora.Nuove difficoltà burocratiche e nuovi ac-certamenti furono svolti, e infine nel set-tembre del 2011 i lavori iniziarono.Francesco e Federico Gurrieri hanno af-frontato il tema con un progetto che tieneinsieme l’innovazione della copertura aprato con la tradizionale finitura in mat-tone “facciavista”. Un progetto elegante,che cerca di mascherare la struttura “in-dustriale” del grande spazio commercialecon una facciata concava nella quale si fanotare un insolito richiamo linguisticoalle “bay window”. Uno spazio quasi cir-

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di John Stammer

PICCOLE ARCHITETTURE PER UNA GRANDE CITTÀ

il supermercato“acquattato”

colare che costituisce l’entrata e chiude ilfinto porticato presente su tutta la lun-ghezza della facciata. Un edificio che staquasi “acquattato” nella piccola area pia-neggiante prima dell’inizio della collinadelle “romite”, dotato di due piani di par-cheggi sotterranei e che, dal lato sud, è se-parato dalla cortina edilizia che segnal’inizio dell’abitato del Galluzzo da un per-corso attrezzato a verde pubblico, con gio-chi per bambini e alberature. Percorso cherappresenta l’accesso al più ampio spaziodi verde cittadino che si trova alle pendicicollinari, sul retro del centro commer-ciale.L’intervento ha anche ridisegnato la via-bilità dell’area con due rotatorie e l’amplia-mento dei percorsi pedonali e deimarciapiedi che ora sono integrati con lapedonalizzazione del primo tratto di viadelle Bagnese. Ad oggi non è ancora fun-zionante il by pass che dovrebbe collegarela via Senese con la superstrada per Siena,e con il vicino casello autostradale di Fi-renze-Impruneta, alla cui messa in eserci-zio era stata condizionata, nel 2007,l’apertura al pubblico del supermercato.Apertura che avverrà il prossimo 5 no-vembre.

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una ri-qualificazione semantica dellinguaggio, capace di indagare e spe-rimentare i limiti della propria poten-zialità espressiva.Le strutture letterarie e artistiche diPaolo Albani acquistano un tono iro-nico e potenziale, nella consapevo-lezza che la parola, come il testo el’opera in senso lato, acquista signifi-cato grazie alle caratteristiche visive esonore, in cui domina una semanticasensoriale, concreta e tangibile, e al-l’idea che i linguaggi artistici altronon sono che una meravigliosa mac-china generatrice di una molteplicitàinfinita di messaggi, tesi ad assolutiz-zare l’espressione estetica nella dina-mica e nella retorica della creatività.

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Paolo Albani opera all’internodelle strutture letterarie e arti-stiche in modo ironico e im-maginario, superando le

logiche convenzionali e indagando lepotenzialità del linguaggio contem-poraneo, all’interno del campo dellapoesia lineare, sonora e visiva. Sitratta di un linguaggio che mette inprimo piano se stesso e la configura-zione linguistica del testo estetico, nelquale i vari elementi vengono messitra loro in un rapporto complesso,coinvolgendo tutti i referenti a cui illinguaggio si relaziona. Il divertisse-ment poetico che ne risulta si riap-propria dell’idea che il codicecomunicativo porta in sé una verità

imprescindibile: un’autenticità chepuò essere scoperta e rivelata attra-verso vie e soluzioni diverse dallanorma estetica. Il particolare, l’ecce-zione e l’ironia affiancano la teoria,fino a giungere all’assurdo e al non-sense, in quanto affermazione del lin-guaggio come unico e possibileaccadimento testuale, ovvero comeun’identificazione totale fra testo elinguaggio, poiché esso non deve vei-colare significati ma deve costituirsicome significato. Nelle opere dell’artista l’astrazioneabbraccia l’immaginario per puntua-lizzare riflessioni, meditazioni e re-spingere le induzioni filosofiche. Frainnovazione, rifiuto della norma eaderenza all’idea di una rinnovatapoetica espressiva, l’Arte tende a iden-tificarsi sempre più con la comples-sità dell’immaginazione, della fantasiae della creatività, in quanto fenomenopercettibile ai sensi del lettore e di cuiil linguaggio estetico deve farsi vei-colo, attraverso il legame necessario earbitrario che si instaura fra i segnilinguistici, fra significato e signifi-cante, fra lessema e referente, in gradodi creare una teoria interdisciplinarebasata sul concetto di codice, in rispo-sta a una trasformazione logica e se-miologia del senso, la quale richiede

di Laura [email protected]

ISTANTANEE AD ARTE

In alto Alfalabirinto I, 1989, Filo,puntine colorate, trasferibili su legno,cm. 100x30.Sopra Assolo, 1988, Lettere adesivesu cartoncino, cm. 15x28.A destra Le migliori poesie, 1985Carta in contenitore di metallo in tecadi plexiglass, cm 31x27,5x27Tutte courtesy Collezione Carlo Palli,Prato

L’ironia di Paolo albani

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.com sabato 1 novembre 2014no97 PAG.7C.com OCCHIO X OCCHIO

di danilo [email protected]

ammesso che abbia un senso (esecondo noi non lo ha) parlaredella storia della fotografia, edin particolare di una storia della

fotografia separata da tutte le altre sto-rie dell’espressione umana (arte, ci-nema, musica, linguaggio …) o delpensiero (filosofia, estetica …) e ditutte le altre storie ad esse correlate(economica, politica, militare, sociale…) è facile rilevare come quasi tutti itrattati di storia della fotografia, anchei più recenti e “politically correct” ab-biano la tendenza ad ignorare i foto-grafi italiani, esaltando invece l’operadei fotografi francesi ed inglesi, tede-schi ed americani, allargandosi fino aigiapponesi. Perfino le poche operespecialistiche sulla fotografia italiana(da Zannier e Settimelli fino ad Anto-nella Russo, Roberta Valtorta o Ga-briele D’Autilia) non fanno cheinsistere sugli stessi nomi, magari quelliche hanno ottenuto dei riconoscimentia livello internazionale, tralasciando otrattando in maniera sommaria tutti glialtri. Così, al contrario del cinema ita-liano, che ha conquistato saldamenteun posto di rilievo nella “storia” del ci-nema, almeno dal neorealismo in poi,la fotografia italiana continua ad essereconsiderata una realtà provinciale epoco influente. E’ del resto vero che nelrecente passato nessuno o quasi dei fo-tografi italiani ha contribuito in ma-niera determinante alla affermazionedel linguaggio fotografico, e che i foto-grafi, anche bravi, intelligenti e dotati,si sono limitati al confronto all’internodei circoli ed alla pubblicazione su ri-viste di secondo piano, giustificati inparte dalla mancanza di una culturache altrove si esplicitava in esposizioni,mostre itineranti e nella pubblicazionedi fotolibri.Fra i fotografi italiani del Novecento visono invece figure importanti, nontanto per avere rivoluzionato il linguag-gio della fotografia, ma per averlo uti-lizzato nella maniera più propria ecorretta, per raccontare, descrivere, do-cumentare, o comunque registrare,quella realtà, vicina o lontana, che scor-reva accanto a loro e sotto i loro occhi.Luciano Morpurgo (1886-1971) è, adesempio, un personaggio a cui la cul-tura fotografica del Novecento devemolto. Da sempre appassionato delleimmagini fotografiche che colleziona,inizia a fotografare lui stesso attorno al1907, fonda nel 1919 una società tipo-grafica specializzata nelle EdizioniD’Arte, che nel 1924 dà origine all’I.F.I.(Istituto Fotografico Italiano) e fondanel 1925 una propria casa editrice, conlo scopo di pubblicare libri di viaggio ed’arte. Lui stesso si dedica a scoprire idiversi aspetti della provincia italiana,si reca nel 1927 in Palestina e docu-menta luoghi e genti della Dalmazia,sua terra natale, ma anche dell’Albania,Romania e Bulgaria. Di origine ebreariesce a sottrarsi alle limitazioni razzialied a scampare alle persecuzione nazi-sta, e nel 1946 riprende la propria atti-

vità con la casa editrice Dalmatia. Fo-tografo attento, oltre che scrittoreacuto e coraggioso, Morpurgo ha la-sciato un numero enorme di immagini,fra cui circa 24.000 negativi su vetroscattati fra il 1915 ed il 1936, circa30.000 negativi su pellicola scattati finoal 1967, e circa 35.000 stampe positiveche lui stesso ha riunito in 129 albume 44 cartelle, suddivise per tema e loca-lità. Oltre alle immagini più antiche,scattate fra Spalato e Venezia, le cittàdella sua infanzia e della sua prima gio-vinezza, sono numerose le immaginidelle località laziali ed abruzzesi, e leimmagini di viaggio scattate fra l’Eu-ropa (Italia, Germania, Danimarca,Austria, Ungheria, Malta, Svezia, Fran-cia e Spagna) ed il Nord Africa (Tuni-sia, Marocco ed Algeria). La maggiorparte dei negativi vengono acquisiti,dopo la morte dell’autore, dal Gabi-netto Fotografico Nazionale di Roma(oggi Istituto Centrale del Catalogo eDocumentazione ICCD), mentre unmigliaio di stampe originali vengonodonate al Museo Alinari (oggi MuseoNazionale Alinari della Fotografia) diFirenze.

fotografoviaggiatore

Luciano Morpurgo

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proprio fragile ogni potere, oforse rende fragile il mondo,o anche ci si augura che siafragile. Rosso come sangue,nero come paura, morte,fine... Ne rimango affasci-nata. Che dire di nuovodelle foto di Robert Capa?Emozionanti, belle in unaapparente semplicità, il suoosare sempre è già nel suoinizio, riesce ad entrare allaKermesse Trockijsta del1932, cui nessun apparec-chio fotografico fu am-messo, con una piccolaLaika nascosta in tasca. Untrionfo di immagini impos-sibili ed uniche. Fra le tanteche vedo mi colpiscono due

grandi foto sistemate vicine, scattatenel corso della resistenza dei cinesi al-l'invasione del nemico Giappone, inuna tante persone infagottate che fug-gono, nell'altra bambini sorridenti chegiocano a pallate di neve. La magiadell'infanzia e della neve resiste, otenta di farlo, ad ogni guerra, ad ognifatica ed orrore. Un'altra, famosissimain realtà, quasi icona di un'epoca e diun mondo di artisti, Picasso che segueriparandola con un ombrellone la bel-lissima e giovane sua nuova compa-gna, Françoise Gilot, camminano suuna spiaggia, lei grandissima si stagliain primo piano, ha un cappello di pa-glia bislacco e un abitino longuettenormalissimo, ride, felice, fiera e trion-fante, ha conquistato Picasso! Chealtro si può fare di fronte alla bellezza?E soprattutto di fronte allo splendoredella gioia e alla freschezza di una ri-sata giovanile? La giovinezza va guar-data, seguita, protetta dall'offesa deiraggi bollenti del sole e del tempo, cor-teggiata. Dobbiamo tutti farle omag-gio. Poche foto dello sbarco inNormandia, ne restano soltanto 13delle tante che Capa scattò sbarcandocon i soldati e mettendo in serio peri-colo la sua stessa vita, chi le sviluppò,preso da “furor videndi”, ignaro deldetto le mieux est l'ennemi du bien, lesovraespose, rovinandole e,bugiardo,le dichiarò “leggermente fuori fuoco”.Ed è questo il titolo della autobiogra-fia di Capa, ristampata per l'occasione.I tre video d'arte di Marcantonio Lu-nardi, proiettati nelle sale sotterranee,interessanti e estremamente significa-tivi dei mali del nostro tempo, conclu-dono una gran bella visita.

una visita a Lucca è cosa moltopiacevole, la città è graziosa, ilsabato mattina mi apparesgombra dal caos fiorentino

cui non mi abituerò mai, cammino.Stradine, case alte e strette, Palazzi... ilDuomo, bellissimo, decorato e intar-siato, ricamato in bianco direi, un pòstortignaccolo, come una preziosa sca-tola che, caduta per terra, si sia un pòschiacciata da una parte. Camminaresulle Mura, nel sole ancora caldo, maautunnale nel colore ambrato, e incon-trare un mondo di persone in pace consè e gli altri, a piedi, in bici, bambiniche giocano, ragazzi che corrono, vec-chietti che fanno due passi, signoreche chiacchierano, è una esperienzapiacevole, sostanzialmente sottesa daun buon silenzio rigenerante. Vado avedere la Retrospettiva che ilLu.C.C.A dedica a Robert Capa.Prima entro in una sala dove sonoesposte opere di una signora siberiana( terra di attualità pare), Natasha Ya-lyisheva, vi si ripete la parola “fragile”in rosso , qua e là pezzi di colore nero.Un impatto di incomprensione, poi al-lontanandomi vedo meglio, la signora,su pancali qualsiasi (quelli che spessostazionano vicino ai cassonetti) rico-perti di strisce trasparenti, come discotch, vicinissime ma separate, deco-rate con la parola fragile in rosso, di-pinge, con pochi tratti di nero, figure.Sempre e solo, qui, soldati o perso-naggi della Repubblica Popolare Ci-nese. Fragile essa per nulla, così comefragile per nulla la simbologia del po-tere che essi rappresentano. O forse è

Akiyo, lei ha la sua bottega d’artista in Viadell’Amorino a Firenze. Conosce la storiadi via dell’Amorino, già via dell’Amoric-chio?Mi sono state raccontate due versioni:una parla dei resti dell’acquedotto ro-mano, detti “more”. L’ altra versione si ri-ferisce alla presenza nella via di casechiuse, di bordelli insomma. Del restoanche la Mandragola di Machiavellipare fosse ambientata in questa parte diFirenze.Esistono in Giappone le case chiuse? No, non ci sono più dagli anni cin-quanta.Lei è in Italia da 17 anni. Quando è arri-vata a Firenze, quali sono gli stereotipi er-rati che ha trovato sul Giappone ?Secondo gli Italiani tutte le donne giap-ponesi sono geishe. La geisha invece èuna donna speciale: cortigiana di cul-tura elevata e destinata ad intratteneregli uomini di classi agiate. Esistono an-cora.E’ vero che la scrittrice giapponese BananaYashimoto non è così popolare in Giap-

pone come lo è in Italia ?E’ vero, è famosa in Giappone ma non èapprezzata come in Italia. “Kitchen” èun bel libro, l’ho letto con piacere ancheperché trattava temi di cucina. Credoche un merito particolare vada anche altraduttore, che ha saputo fare un bellis-simo lavoro.E le convinzioni sui costumi italiani sullequali ha dovuto ricredersi?

Ero convinta che gli italiani fosserosempre in ritardo. Invece ho dovuto ri-credermi. Ci sono diverse eccezioni.Lei è stata più volte ambasciatrice di Fi-renze con i suoi quadri di vedute fiorentinein diverse mostre a Tokyo: come è stata ac-colta ?In particolare durante la mostra a Ginzanel 2011, nel quartiere più esclusivo diTokyo, i miei paesaggi hanno avuto unsuccesso notevole. In Giappone ado-rano l’Italia e Firenze in particolare. E’ ilsogno di tanti poter venire a Firenze pervedere da vicino le opere d’arte, maanche sperimentare la cucina ed ivini…. Acquistare i miei quadri e guar-darseli a casa li ha spinti a pianificare unviaggio a Firenze, progetto che moltipoi hanno realizzato.Sono invece rimasta delusa dal Co-mune di Firenze, che avevo puntual-mente informato sull’evento, per avereun sostegno morale sotto forma di sa-luto. Non ho avuto alcuna rispostadall’Assessorato alla Cultura. All’inaugu-razione della mostra i miei connazionalisi aspettavano mio tramite una frase diaugurio dalle istituzioni fiorentine. Danoi questi sono aspetti importanti.

Ci racconti un po’ il suo lavoro attualeIl mio lavoro mi piace moltissimo: fac-cio restauro di pitture murali, decori sumobili, ritratti, quadri con vedute di Fi-renze. Organizzo brevi corsi di disegno etecnica di affresco. Gli affari potrebberoandare meglio. La crisi si fa sentire inmaniera pesante. Lo studio si trova adue passi dalle Cappelle Medicee, mavia dell’Amorino è poco conosciutaanche se ultimamente è stata riqualifi-cata ed ospita diversi atelier di artisti.Se fosse per un giorno il Sindaco di FirenzeDarei maggiore importanza agli artistied agli artigiani che hanno costruito neltempo - ed ancora oggi lo fanno - l’im-magine di Firenze ed il mito di cittàd’arte. Sono una grande ricchezza mapurtroppo in via d’estinzione soprat-tutto dal centro storico.Cosa c’è nel suo frigo? Sashimi o ribollita?Io amo la cucina italiana che alterno conquella giapponese. Quello che nonmanca mai nel frigo è shoyu (salsa disoia) e umeboshi (prugne salate prepa-rate dalla mia mamma). Per quanto ri-guarda la cucina fiorentina, alla ribollitapreferisco la trippa – alla fiorentina ov-viamente.

di Loretta [email protected]

di cristina [email protected]

ICON

capa, Lunardi

Yalyisheva

akiyo takano la pittrice di via dell’amorino

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Lu.c.c.a.

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.com sabato 1 novembre 2014no97 PAG.9C.com VISIONARIA

di Simonetta [email protected]

di francesco [email protected]

aParigi in Boulevard de la Bastille12, a pochi passi dal Jardin duPort dell'Arsenal, un'inaspettataoasi di pace in mezzo alla città

con il suo porticciolo e un grande prato suCanal Martin, in un piccolo edificio rosso,un tempo fabbrica, c'è la Maison Rouge.E' una fondazione privata aperta nel 2004da Antoine de Galberg per promuoverein maniera non convenzionale l'arte con-temporanea con mostre ed eventi spessotra i più interessanti di Parigi. Antoine deGalberg, collezionista compulsivo, unodegli eredi del potentissimo gruppo fran-cese Carefour e proprietario per dieci annidi una galleria a Grenoble, è un personag-gio atipico nel mondo dell'arte. In una re-cente intervista Galberg ha dichiarato diaver voluto la fondazione per “alleviareil senso di colpa che ti da la fortuna”, anchese lo stesso progetto ha avuto poi moltafortuna diventando uno dei luoghi cultper giovani artisti, collezionisti e per glioltre 100.000 visitatori all'anno. Ma in re-altà l'intento di Galberg è quello di dareuna vetrina ad opere di importanti colle-zioni private, spesso mai esposte, e ad ar-tisti emergenti ancora non assorbiti dalmercato dell'arte in un ambiente confor-tevole con i suoi 1300 mq, un cortile cen-trale, una caffetteria con the e tortebiologiche, l'arredamento che cambia infunzione dell'esposizione presentata e lalibreria con una parete decorata da Jean

Michel Alberola con libri dedicati al col-lezionismo privato, cataloghi e opere ori-ginali. Una volta l'anno il team di ventipersone che lavorano alla Maison Rougesi raduna nel cortile centrale e a turno pro-pongono un artista emergente da soste-nere. Avrà una mostra tra le rosse mura chiviene democraticamente eletto con il votodi tutti. Le 1200 opere della collezione di Gal-berg, formata in quasi trent'anni, sonostate scelte con un approccio passionalepiù che intellettuale, “ho comprato ciòche mi piaceva, non ciò che dovevo”, equesta libertà fuori dai canoni di valuta-zione tradizionali l'ha dimostrata anchequest'anno quando, per festeggiare i diecianni della sua Fondazione, si è regalatouna grande mostra, The Wall, con le sueopere attaccate in tutti i muri della MaisonRouge senza distinzione di tema, formato,valore di mercato e fama dell'artista, anzile opere erano anonime, contrassegnatesolo da un numero da digitare su un touchscreen per avere informazioni sugli autori.Fino al 18 gennaio 2015 viene presentataalla fondazione la mostra Art Brut. Abcdcollection, 400 opere tra disegni, dipinti,sculture e assemblaggi di 200 artisti chefanno parte di una delle più straordinariae importante collezione di arte naif con3500 opere, dalla meta del XIX secolo aigiorni nostri, iniziata negli anni 80 daBruno Decharme, regista, produttore,sceneggiatore, documentarista, edi-tore.....e naturalmente amico di Antoinede Galberg.

arteterapia controi sensi di colpa

Maison rouge

Il gelato, da che mondo è mondo, èil cono. Non ci sono discussioni.Diffidate sempre da chi lo ordinanella cialda o ancor peggio in "cop-petta di plastica". Quelli che lo pren-dono nella coppettadi plastica apparten-gono alla categoriadei frigidi, dei diplo-matici, dei burocrati.Di solito è gente cheha problemi di sto-maco in seguito aforti traumi occorsiin età adolescenziale.Somatizzazioni al plesso solare chehanno avuto la disgrazia d'esser poitradotte in diete specifiche, chiara-mente a seguito di  minuziosissimitest allergologici che hanno finitocol determinare il problema in ma-niera sistematica. Strutturale. Lagioia del gelato - e mi sovviene unastraordinaria e coloratissima coper-tina d'un Topolino d'annata, conQui, Quo, Qua, l'anguria, la bananae il cono gelato, nella assolata estatedei Settanta - diventa così sfida alla

CATTIVISSIMO

il cono gelato controla mitopoiesi dell’intolleranza

deglutizione, mitopoiesi dell'Intolle-ranza (con la "I" maiuscola). Di so-lito è poi gente che prende i gustipiù strambi. Cerca la soia, il gelato albasilico, al sesamo e miele, al gelso-mino e ordina porzioni minutissime(di regola un solo gusto). Non è

questa la sede per discuteredelle eccelse alternative algusto tradizionale. Qui sianalizza semmai il processotraumatico funzionale allanegazione dell'archetipo-ge-lato: un bel cono cremosoche ha da sempre fatto gioiae acquolina in gola d'ognibrufoloso moccioso. Questaminoranza rumorosa finiràper costituirsi parte civile e

avrà come obiettivo ultimo quelladella radiazione del concetto di "cre-mosità". Consumeremo gelatipanna, cioccolato e crema in barac-chine abusive, guardati in cagnescocome portatori mefitici di coleste-rolo, marchiati dalle stimmate dellagolosità. Vita, passione e morte del gaudentecaucasico. Sarà il canto del cignodegli epicurei, e il trionfo dell'evocontemporaneo che avanza sottomentite spoglie.

Francamente me ne infischio (Frankly, my dear, i don't give a damn):%&'()*456789:CDEFGHIJSTUVWXYZcdefghijstuvwxyzƒ??????Š????????š????????ª???µ????ºÂÃÄÅÆÇÈÉÊÒ ÓÔÕÖ?ØÙÚáâãäåæçèéêñòóôõö?øùúÿÄ ÿÄ µ w!1AQaq"2?B???Á #3RðbrÑ á%ñ&'()*56789:CDE FGHIJSTUVWXYZcdefghij-stuvwxyz?ƒ??????Š???? ????š????????ª???µ????ºÂÃÄÅÆÇ ÈÉÊÒÓÔÕÖ?ØÙÚâãä-åæçèéêòóôõö?øùúÿÚ ? üª???à??Wö?Õqÿ BýÇþ?Š??? à?ÿ òs?ý??ú6* ý??c?sTµm~-ÔË)Þ Ã ? ? ? ' é P ø ? \ ? ð Þ ? > ? } 2 Á m É w < W Ê ß < e ? Ä -BM?ãÓË????'ØÔôùø??ÝirOe#,??_í?gmï\/?>9G?G?RM0Ç*ÊÒ???>rŒ'Ó8Á??Ÿ?õ?BÙ????œ(??Bá?v? ãÜþFž<;ý?ÆÄK%ÞÅÌ?N À { ô í Ú ? = 3 Â ß ? ? ? ã Õ g ? : ? ? ? æ Ý æ ê , ? l û ? ž?qŽk?!øÇaz?júŒ?M?ckV?#?òÈ?ŽÙÃ("?4?øuö????e??Xö?Æyxà??|ÀäƒÎ+{Bеßè-Z Ì Ú c ? î n - n â y J ? ê ? g ? â Á Ç 9 ? ? í > : ø _ U ? 8ôé?f?3Þ2??ÆpÌÄŒsǵwëxÄÇ#9ð?ø?Y?/MÅ?ôo?YdÈ?9Y?>%ZkZ?Iä?yQ~a }?ç?N?? üÅÿ ?ÇÈdý?|4Oý q éDõð]}ßÿ?;?h?ÚkUõ/Ü èØ?áºû?þþqûMê?ö/\ èØ?õkâÿ ??

Finzionariodi Paolo della Bella e Aldo Frangioni

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La città interrotta

frammenti di una ricerca di normalità

LUCE CATTURATA

di alessandro [email protected]

MUSICA MAESTRO

Firenze non può essere consideratauna capitale della musica, ma nell’ul-timo mezzo secolo ha espresso nu-merosi musicologi di rilievo: daLuciano Alberti a Piero Bellugi, daRenzo Cresti a Fiamma Nicolodi. Aquesti nomi consolidati ci pare op-portuno aggiungere uno studiosopiù giovane che si sta affermandonegli ultimi anni: Antonello Cresti.Il suo campo d’indagine è diverso daquello degli esperti suddetti, datoche si concentra sulla musica extra-colta dell’ultimo mezzo secolo. Iltermine extracolta, che usiamo perpura convenzione, è molto vago. Inquesto caso non parliamo di musicaleggera, ma di rock non convenzio-nale, con tutte le possibili contami-nazioni che vanno dal jazz allamusica contemporanea.Musicista ancora prima che musico-logo, Cresti fornisce una guidaesemplare a queste musiche col suoultimo libro, Solchi sperimentali. Unaguida alle musiche altre (Crac, 2014).Un’opera benvenuta, perché vera-mente diversa dalle tante guide ai di-schi rock “essenziali” che affollano lelibrerie italiane. Alcune compilatecon passione e con cura, ma tutte se-gnate da un anglocentrismo soffo-cante. Sfogliandole si ha lasensazione che al di fuori del mondoanglofono non esistano musicistidegni d’attenzione. Il libro di Cresti rifiuta questo con-formismo: la prima cosa che colpi-sce è l’incredibile varietà geograficadei lavori analizzati, circa 300 dischiche coprono mezzo secolo. Il vo-lume non trascura neanche paesi ge-neralmente dimenticati comeAustralia e Nuova Zelanda. Crestinon ha la presunzione di indicarciquali siano i dischi migliori, come ingenere fanno le guide di questo tipo.La sua è una scelta prevaletementebasata su gusti personali, quindi hapoco senso rilevare certe assenze. Inogni caso pensiamo che nomi comeJohn Cale, Eno, King Crimson e Ro-bert Wyatt avrebbero dovuto essereinclusi. Lo studioso fiorentino de-dica ampio spazio all’ignoto giaci-mento di tesori situato nei paesidell’Europa centrale e orientale. Sitratta di una scelta meritoria che haun valore culturale ben preciso.Nella seconda metà del secoloscorso, in seguito alla logica mani-chea imposta dalla guerra fredda,una parte consistente della musicaeuropea è stata sostanzialmenteignorata. In questo modo si è consu-mata una frattura profonda fra ledue parti del continente. Il volumein questione fornisce quindi un con-tributo, solitario ma prezioso, affin-ché questa frattura vengaricomposta. Le scuole e le tendenze non sonomai rappresentate dai nomi più

prevedibili. I nomi italiani degli anniSettanta non sono quelli dediti alprog magniloquente, ma gruppimeno noti e più stimolanti comeAktuala, Opus Avantra e PholasDactylus. Naturalmente non man-cano quelli legati all’esperienza diRock in Opposition, da Julverne aUnivers Zero. Un piccolo appunto,semmai, riguarda l’eccessiva lun-ghezza di alcuni periodi. Ma in pra-tica si tratta di un dettaglio chescompare davanti alla validità del-l’opera. Scritto con appassionatacompetenza, Solchi sperimentali è unlibro che lascerà il segno, come hagià fatto la musica che vive sulle suepagine.

Suoniche lascianoil segno

www.davidevirdis.itwww.confotografia.net

di davide virdisper coNfotografia

L’aquila 5 anni dopo

settembre 2014

registrazione del tribunale di firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone siliani

redazionesara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchi

progetto graficoemiliano bacci

editoreNem Nuovi eventi Musicali

viale dei Mille 131, 50131 firenzecontatti

[email protected]

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Per me la perdita non è altro chedistanza e il lutto promessa diritorno. Mi sono resa conto dinon temere questi luoghi di si-

lenzio, di non disprezzarli. Ho impa-rato anzi a goderne, per la dolcezzache mi trasmettono, sempre in equili-brio tra il ricordo e l’attesa. Rasos è unposto pieno di pace, uno dei posti piùbelli che ho visto . E’ un cimitero male case dei vivi confinano con quelledei morti. La collina è piena di tombe,cresciute senza regole precise, e invecedi sviluppare caos hanno creato armo-nia integrandosi con la natura. Rasosnon suscita pensieri tristi, Rasos fa ve-nire in mente una continuità affet-tuosa tra chi parte e chi rimane. Rasosè pieno di luce, di piante e di bellezzaqui sembra che anche il concetto dimale sia superato. Alcune tombe sonocurate, altre no, alcune sono nuovealtre vecchissime. Nella stessa sepol-tura vengono messi accanto parentilontanissimi, generazioni diverse. E ivivi ci passano in mezzo solo per pas-seggiare, mentre qualcuno rassetta ilproprio pezzetto di memoria. Qui piùche da ogni altra parte ha senso parlaredi famiglia umana.Cenni:il cimitero di Rasos, fondatonel 1801, occupava una piccola area asud-est di Vilnius dove erano sepoltiartisti e scrittori lituani, Polacchi e Bie-lorussi. A metà del XIX secolo fu ag-giunta una parte nuova destinata aicaduti del 1920-1921 nelle lotte perl'indipendenza della Lituania. Du-rante l'occupazione sovietica (1940-1990) Rasos conobbe un periodo diabbandono. Nel 1967 il cimitero fuchiuso e questo favorì il danneggia-

ALL’OMBRA DEI CIPRESSI

di ilaria [email protected] cimitero di rasos

vilniusLituania

di Sara [email protected]

SCENA&RETROSCENA

Oscillazioni in un mondo, quello reale,che ci mette in crisi, e oscillazioni,quelle linguistiche, delle arti performa-tive, in continua evoluzione. È il titolodella nona edizione di Zoom festival, fe-lice proposta della Compagnia Kryptonche torna presso il Teatro Studio diScandicci con 8 giorni di spettacoli di14 giovani compagnie di teatro e danza,con alcune prime nazionali e site speci-fic. Il festival si aprirà lunedi 3 novem-bre con la performance Macelleria diMarcelo Cordeiro (Belo Horizonte)esito di un laboratorio di residenza alTeatro Studio del regista brasiliano (ore21.00, prima assoluta). Partecipanovari attori e musicisti, che costruirannouna polifonia scenica che coniuga i filidei testi, della musica e del movimento.Il 4 novembre in scena il duo Bandel-loni/Martinoli con Io sono felice – ealla fine dello spettacolo lo sarete anchevoi, scritto, diretto e interpretato daidue attori, che nasce dalla necessità disuperare un momento sociale e cultu-rale di grande crisi e depressione econo-mica, per vivere il presente senza lapaura del futuro. A seguire alle 22.15 il

romagnolo CollettivO CineticO chepresenta, fresco di debutto e di Premioricevuto dalla Rete Critica come mi-gliore compagnia 2014, Miniballetto n.1. Nel programma si segnala ProgettoBrockenhaus con… di Giulietta e delsuo Romeo, rilettura dell’opera shake-speariana in cui i protagonisti sono rap-presentati da due fantocci, l’attriceveneta Silvia Costa in Stato di grazia,basato su casi clinici raccolti e catalogatinel libro Psychopathia sexualis di Ri-

chard von Krafft-Ebing, e i romani Cli-nica Mammut con Del sordo rumoredelle dita_trascrizione, un lavoro chemuove intorno alle zone liminali diun’esistenza a margine, quella di Paso-lini. Fosca presenta Solo piano condonna #1, performance con la pianistafrancosenegalese Oumoulkhairy Car-roy, mentre i toscani KanterStrasse sa-ranno in scena con la rilettura delclassico di Moliere, Il borghese genti-luomo. Chiude Zoom Festival l’11 no-

Zoom festival al via vembre alle 10.00 (replica alle ore11.30) In Viaggio tra Cielo e Mare, unaproduzione dedicata all’infanzia, con laregia di Sarah Vecchietti, realizzato conla tecnica del teatro nero, spettacoloscelto per rappresentare l’Italia al Festi-val Mondiale del Teatro di Figura a Ja-carta. Dice Giancarlo Cauteruccio,ideatore e guida dei Krypton, a propo-sito del festival: ‘In Italia abbiamo daun lato compagnie che guardano a unteatro di tradizione, che operano perrecuperare il testo, dall’altro compagnieche sperimentano, e che usano un lin-guaggio aggressivo e estremo, met-tendo in crisi il testo. Sempre piùl'opera vive in una continua condizionedinamica e metamorfica. L'oscillazioneè una modalità necessaria di questanuova generazione creativa che agiscein costante movimento e non pone lacreazione in una condizione di certezzama in una ricerca incessante’. La rasse-gna è in collaborazione con Fonda-zione Toscana Spettacolo, RegioneToscana, Scandicci Cultura. Ingresso 8euro, con possibilità di abbonamento.Per il programma completo e ulterioriinformazioniwww.zoomfestival2014.com.

mento dei colombari, dei recinti e dimolte lapidi. Dal 1940 lo sviluppo delcimitero si è fermato mantenendo im-mutata la planimetria. La sepolturanelle tombe di famiglia è ricominciatasolo negli anni '80. Oggi esiste un re-golamento per cui le nuove lapidi sicostruiscono su progetti concordatimentre le vecchie, cui è riconosciutoun valore storico e artistico, sono af-fidate a restauratori specializzati.Rasos è iscritto al registro dei BeniCulturali Immobili della Lituania.

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L’Istituto Italiano di Cultura rinnovaanche quest’anno la partecipazione alMois de la Photo, continuando il suoprogramma di residenza “Le promessedell’arte”. A questo scopo GiovannaCalvenzi e Laura Serani, delegate arti-stiche del Mois de la Photo 2014,hanno selezionato Martina della Valle.La mostra personale ospitata nei localidell’Istituto presenta gli sviluppi dellasua ricerca nati dal soggiorno a Pariginel mese di Aprile.Martina della Valle scrive un nuovo ca-pitolo del suo percorso di lavoro,creato appositamente per le stanze del-l’Hotel de Galliffet che lo accoglie.Cieli, luoghi e storie collezionate a Pa-rigi diventano materia prima delle sueinstallazioni, delle sue riflessioni.Istituto Italiano di Cultura73, rue de Grenelle 75007 Paris

a cura di elda torres

LUCE CATTURATA

Quarantadue immagini b/nrealizzate nel 1976 testimo-niano l’abbandono delle terrein un momento in cui erano

recenti i cambiamenti sociali e le pro-teste contadine. Il mondo degli scon-fitti è stato tema prediletto dalla lineadocumentaristica sin dall’ultimotrentennio dell’Ottocento, promossonegli anni 30 sino ad essere egemonenei 70: Down Home di Bob Adelman,ritratto di una contea rurale dell’Ala-bama, è del 1972, del 1973 WisconsinDeath Trip di Michael Lesy, oggettitrovati di fine 800-primo 900. Inlinea con tale tendenza questo lavorodi Pier Nello Manoni curato da EldaTorres ove mancano però del tutto lefigure umane di cui restano solotracce, resti, residui. Nei momenti in cui i processi di cam-biamenti sono accelerati, il passato “èdiventato il più surreale degli og-getti”. Il gusto surrealista trovava in-teressante ciò che gli altri vedevanocome privo di interesse. Al documen-tarista il compito di registrare questoframmento di mondo in via di spari-zione. Una realtà che viene, secondoViktor Šklovskij, “defamiliarizzata” eper questo in qualche modo rivelata. Seppur sotto forma di foto-reportagenell’opera di Manoni appare una evi-dente ricerca estetica nella composi-zione dell’immagine, distribuzionedello spazio, inquadratura, atten-zione ai dettagli, nulla è lasciato alcaso nella scelta dell’oggetto rappre-sentato. Si profila inoltre anche unpreciso filo narrativo, una storia chesi sviluppa a partire di ciò che restadella casa padronale e di quella con-tadina per arrivare, attraverso diversipassaggi -dalle scritte di protesta aglistrumenti agricoli- alle tracce infinedel padrone e del mezzadro nei pic-coli cimiteri di campagna ove per-mangono le differenze di classe. La proiezione Dia presenterà altreserie di lavori: Ospedale psichiatrico(1979); Firenze Oltrarno (1980),eseguito con banco ottico in collabo-razione con Luciano Ricci su luoghiquali: strade, vicoli, palestre in vec-chie chiese, o la bottega del pittorenaif Emilio Malenotti, o la trattoriache frequentava Rosai. E personaggiquali: bottegai, artigiani, drogati,prostitute, ritratti nello spazio ur-bano ma isolati su un fondalinobianco che fa da palcoscenico; Cam-mina cammina (1979-80) sugli attoriscelti da Ermanno Olmi per il suofilm omonimo tra i contadini volter-rani; Artigiani (1976-1982) tra cuitroviamo ciabattini e alabastrai ri-tratti nelle loro botteghe con accantogli strumenti a lavoro.Pier Nello Manoni, volterrano, è do-cumentarista oltre che fotografo. Trai suoi documentari: Restauro del librodopo l’alluvione, (1970-75) per contodel Gabinetto Vieusseux; Rosso Fio-rentino (1980); La Battaglia di Mon-taperti (1990-92) per contodell’Università di Siena; Una scuola si

ICON

Martina della valle a Paris

Pier Nello ManoniMemorie di mezzadriae firenze scomparsa

racconta (1999-2000) con testi diGiorgio Pecorini. Il suo documenta-rio realizzato nell’ex Ospedale Psi-chiatrico di Volterra Graffiti dellamente (2002) ha vinto numerosipremi e ha avuto riconoscimenti na-zionali e internazionali, tra gli altri,nei Festival di Capalbio Cinema,Bellaria Festival, Festival Internazio-nale Cinema Città di Bergamo. E’ di-venuto mostra a Volterra, Losanna,Parigi, e volume dal titolo “Nan-netti”, Ed. Infoto, Losanna, 2008.Manoni ha collaborato con vari regi-sti tra cui Ermanno Olmi.Fino al 30 novembre al Caffè Lette-rario Gallery Le Murate Firenze

Page 13: Cultura Commestibile 97

CCUO

.com sabato 1 novembre 2014no97 PAG.13C.com HORROR VACUI

Fuggendo dalla città dove gli insetti sono mostri

solo perché io sono diventato più piccolo di loro,

mi illudo di entrare nel cunicolo spazio-tempo

che mi permetta di entrare in un altro un

universo parallelo. Ma forse sto solo sognando

Marozia una delle città invisibili di

Calvino fatta di due parti: dove un

secolo si vive la città del topo, in cu-

nicoli sotterranei e un secolo quella

della rondine, liberi nel cielo.

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CCUO

.com sabato 1 novembre 2014no97 PAG.14

di Paolo [email protected]

RI-FLESSIONI

L’altro giorno ho incontrato unconoscente che, a domanda,mi ha risposto con imperiosagaiezza: “Io so tutto su questa

materia!” Ho taciuto, dopo queste pa-role, ignorando se le avesse pronun-ciate con convinzione o autoironia;dopodiché ciò che contava era checomunque mi avevano fatto riflettere.La questione era ed è: puoi realmentesapere tutto - ma proprio tutto - diqualcosa? O non è forse che proprioperché la indaghi, la studi, la mèditi,che quella materia la conosci menodelle altre? Non è un paradosso? Piùvai avanti nella ricerca e più ti rendiconto che non saprai mai tutto ciòche c’è da sapere su un argomento,che ogni passo avanti nella cono-scenza è, per l’appunto, non soltantouna luce che rischiara qualcosa cheprima era nel buio, ma anche la sco-perta di nuove ombre e di nuovi si-lenzi, dove tu ancora non sei entratoe che devi pazientemente dischiu-dere. Del resto Karl Popper, uno chea proposito di teoria della conoscenzaha lasciato un’eredità importante –non trattandosi di un sapere precottobensì di un sistema critico di conce-pire il sapere -, riteneva che “a ognipasso in avanti che facciamo, a ogniproblema che risolviamo, non sco-priamo solo problemi nuovi e inso-luti, ma scopriamo anche che là dovecredevamo di trovarci, su un terreno

dell’idealismo italiano (Croce e Gen-tile, per intendersi, ndr) sulla politicadella formazione scolastica e dellosviluppo accademico” (G. Corbellini,“Lo psicologo messo in Croce”, IlSole 24 Ore, 24.03.2013) ovvero,ancor prima, a quella tendenza affer-matasi nella seconda XIX° secolo percui la scienza aveva iniziato ad esserescissa e relegata in un canto separato,rispetto alla cultura. Il frazionamentodella cultura, prima in due, poi in benpiù numerosi spicchi, potrebbe averagevolato l’illusione di un sapere to-tale che si forma su qualcosa. Senon-ché il sapere non consiste in unaappropriazione definitiva di informa-zioni, non è statico in alcun senso,bensì si sviluppa in una incessante re-visione e ri-elaborazione delle stessee le singole discipline costituisconoinsiemi comunicanti, spesso dagli in-certi confini. Così si può, partendo dauna parola, dare inavvertitamente ini-zio ad un itinerario che, di rimandoin rimando, si rivela indefinito. E allora, se così stanno le cose, nonc’è poi molta differenza tra la pretesadi sapere tutto di qualcosa e sapere..tutto di tutto. E’ insensatezza, impa-stata di una superbia quasi ingenua;quella superbia che, per dirla con leparole del Santo Josemaria Escrivà(da “Solco”, par. 703), “prima o poi fi-nisce per umiliare, di fronte agli altri,l’uomo ‘più uomo’, che agisce comeuna marionetta vanitosa e senza cer-vello”

stabile e sicuro, in realtàtutto è incerto e precario”.Non sarà mica che il sa-pere è un grande universo,un’unica ed infinita ragna-tela dove ogni più piccolaparte è anche, inaspettata-mente, interrelata con in-numerevoli altre? Chedire, dunque, delle disci-pline e sotto-discipline, deivari ‘capitoli’ in cui esso èstato suddiviso? Non èforse quella che Bruno Ar-paia ha chiamato “specia-lizzazione eparcellizzazione dei saperi”(in “Non due ma mille cul-ture”, Il Sole 24 Ore,10.07.2011), con l’idea de-rivatane di ambienti chiusie tendenzialmente auto-sufficienti/ autoreferen-ziali, ad illudere certuniche si possa acquisire unacomprensione totale di ciòche è stipato dentro queirecinti artificiali, nella se-rena dimenticanza degliinfiniti intrecci che leganotra loro mondi spesso rite-nuti lontani?Certo genere di ‘credenza’– la chiamo così perchéqualcuno la porta e laspende come una fede –potrebbe ricondursi anchealla “perniciosa influenza

in realtàil terrenostabileè il piùprecario

Nel paesaggio nero le immagini ar-rivano dall’oscurita, dal buio allaluce le figure emergono dal neroper darsi alla luce della visione.Queste del buio sono immaginiche sono gia esistite, che hanno giavissuto. Immagini che hanno vis-suto in bui leggermente piu chiari,chiari non di crepuscolo, solamentedi luna. La luna la sa lunga riguardoal buio, e lei probabilmente che hala conoscenza piu intima del nero.I rumori del buio suonano piutto-sto come echi, come echi fuoriluogo. Il rumore o il suono arrivadal buio da un mondo che forsenon e li e non e li nel nero. Il ru-more del nero e piu prossimo ad unbisbiglio ben scandito, una sorta dipassaparola. Chi vede il paesaggionero procede a tastoni ma noncome chi non vede. Chi abita ilpaesaggio nero vede quello chenon ha mai visto e che eppure e giaesistito.Vedere cio che non si e mai vistononostante cio che si vede sia giaesistito e oltre la soglia del non ve-dere. Chi e dentro al paesaggionero non e chi procede a tastoni,chi e dentro al paesaggio nero e luistesso il paesaggio nero.

L’APPUNTAMENTO

1 novembre ore 21.00 SPE - SpazioPerformatico ed Espositivo, via diVorno 62, CapannoriLuisa Cortesi e Massimo BarzagliBlack Landscapeperformance di Luisa Cortesi eMassimo Barzagli coreografia e in-terpretazione Luisa Cortesiopera in scena Massimo Barzagli

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di Massim

o cavezzalicavezzalicartoons@

hotmail.com

SCAVEZZACOLLO

black Landscape

1)Arriva in un paese, parcheggia il cavallo.2) Informati dov’è la biblioteca, controllache contenga i tuoi amati testi di filosofia.3) Distribuisci a tutte le donne del paese,il tuo depliant illustrativo: “ Volete la feli-cità? Eccomi!”4) Indossa la parrucca bianca, la calzama-glia stretta, la camicia bianca larga.5) Datti il cerone in faccia. 6) Ama tutte le donne del paese. Sii mae-stro d’amore. Diffondi le ultime novitàsulle posizioni più di moda.7) Unica regola: non farti mai vederenudo alla cruda luce del mattino.8) Levati il cerone.9) Ritorna in biblioteca a consultare i tuoi

amati testi di filosofia. 10) Distribuisci a tutti i maschi del paeseil tuo depliant: “ Volete la felicità? Fateviuna famiglia! Il matrimonio è la priorità”11) Rimetti il cerone.12) Fai incontrare le donne che hai amatocon i maschi che hai scelto fra quelli piùprovvisti di sicurezza economica e capa-cità di montare un mobile dell’Ikea. 13) Celebra i matrimoni. 14) Adesso non hai più sensi di colpa. 15) Hai dato a tutti la felicità.16) Sali a cavallo. Saluta col fazzolettinoricamato. 17) Un altro paese ti aspetta. 18) Go, Casanova, Go!

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.com sabato 1 novembre 2014no97 PAG.15PECUNIA&CULTURA

dopo essere arrivato in ottobrealla creazione di un governo(impresa più complessa cheda noi, dunque ai limiti del-

l’impossibile) a guida liberale, il Bel-gio ha annunciato una serie di taglialla cultura da far tremare i polsi. Iltagli prevedono una riduzione del20% sulle spese di funzionamentodelle grandi istituzioni culturali fede-rali (teatri, musei, istituti di ricerca)entro la fine del 2014 e poi un 2%annuo di riduzione sino al 2019. Lespese per il personale invece una ri-duzione del 4% annuo nel medesimoperiodo.Tagli che, di fatto, potrebbero portarealla scomparsa della cultura “nazio-nale” in Belgio, lasciando alle sole re-gioni (Vallonia francofona e Fiandrefiamminghe) la produzione e la curadei beni culturali. Regioni che, c’è daaggiungere, hanno comunque già ta-gliato i propri budget in questi anni. Il ministro della ricerca afferma can-didamente su Le soir, quotidianofrancofono di Liegi, che i musei reste-ranno chiusi almeno un paio di giornialla settimana; i sindacati, gli opera-tori culturali intanto sono in rivolta.Oltre alle cifre c’è poi il metodo: nes-suna concertazione, nessun dialogo.Solo annunci di tagli draconiani. Inpiù nessun ragionamento su cosadebba e possa essere la cultura in un

di Michele Morrocchitwitter @michemorr

di isabella Mancinisoloconlamiatesta.wordpress.com

L’APPUNTAMENTO

KINO&VIDEO

tagli in salsa belga

Sante,filosofe

erivoluzionarie

Paese, piccolo e fragile, come il Belgio.Nessun ragionamento di lungo pe-riodo, nessuna volontà di mostrarequale futuro si verrà a creare così. Il Belgio è un paese diviso in due co-munità regionali con lingue e culturediverse ma soprattutto due economieprofondamente divise. Ricca e in ri-presa la parte fiamminga, povera e inrecessione quella francese. I tagli allacultura federale aumenteranno il di-vario, separando ancora di più le dueparti del paese e, di fatto, venendomeno al compito principale di unoStato federale: quello di tenere in-sieme le entità federate.Esiste dunque nel cuore dell’Europaun modello di sviluppo che, nono-stante la retorica della cultura comevolano dello sviluppo, agisce propriosui tagli alla cultura per ottenere mo-mentanei sollievi economici che com-prometteranno le generazioni future,renderanno più fragile ed ostile la co-munità e aumenteranno le differenzesocioeconomiche dei cittadini.Un modello che potrebbe essere facil-mente esportabile in altre nazioni,magari infilando qualche apertura almercato e l’immancabile riferimentoal petrolio culturale.

L'origine del mondo. Suggestivo ti-tolo per la 36° edizione del FestivalInternazionale di Cinema e Donneche quest'anno punta al Nord. Se-rata di apertura dedicata alla Svezia,con tre titoli in cartellone di emer-

genti cineaste: Stockholme Stories,Palme, Love during wartime. Com-media divertente il primo, docu-mentario senza requiem il secondo,altra commedia intelligente il terzo.Presente in sala la regista Karin Fa-hlén che alle 19 sarà, con le altre re-giste della giornata, a parlare con ilpubblico. Seconda giornata dedicainvece all'Olanda: dal divertenteHappily Ever After, storia quasi bio-grafica della giovane regista di ori-gine bosniaca ma residente aAmsterdam che non riesce a farsidurare un fidanzato, all'impegnato eapprofondito Sexy Money, viaggionel mondo della prostituzione, allacommedia Jackie, road movie chemiscela diversi livelli di lettura tra fa-miglie allargate e ristrette, parentiperduti e ritrovati, amori stracciatida un lato all'altro dell'OceanoAtlantico. Le signore dell'edizionesaranno però due maestre comeMargarethe Von Trotta e MichelineLanctot che porteranno ognuna trefilm. La Von Trotta terrà una lezionedomenica mattina all'istituto tede-sco di Borgo Ognissanti dedicato a“Rivoluzionarie, sante e filosofe”, ov-vero le protagoniste dei suoi capola-vori, da Hannah Arendt a Vision aRosa L. Tutti i film sono in linguaoriginale, sottotitolati. Dal 6 all'11novembre sempre al CinemaOdeon, sempre in Piazza Strozzi aFirenze.

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.com sabato 1 novembre 2014no97 PAG.16C.com CULTURA DI PACE

di Loretta [email protected]

brutta la parola il pregiudizio:è proprio il pregiudizio chestravolge ed offusca la possi-bilità di vedere la realtà con

occhio sereno.E’ dal 1997 che a Rondine Cittadelladella Pace si vive lontani dal pregiu-dizio. Le attività di Rondine sonotante, quella finora più nota è lo stu-dentato internazionale che accogliestudenti di diverse culture e di di-verse confessioni religiose prove-nienti da aree in conflitto (MedioOriente, Federazione Russa, Balcanie Subcontinente indiano).Ma la cosa migliore è visitare Ron-dine, piccolo e ordinato borgo alleporte di Arezzo. Come recita lo slo-gan “Qui il dialogo diventa pace” eproprio qui convivono e si scam-biano esperienze giovani che altri-menti, nei loro rispettivi paesi,sarebbero nemici. Il sospetto che sitratti di retorica è forte, ma i risultatici sono e si vedono. Quello che im-parano i giovani a Rondine se lo por-tano a casa, è qualcosa di preziosocome la tolleranza, lo sguardo apertoverso l’altro in quanto persona, iltutto sbocciato da una esperienza distudio e di vita quotidiana a fianco afianco di coloro che con preoccu-pante rassegnazione vengono eti-chettati come “nemici”.Questi ragazzi che studiano e che ri-cevono quotidianamente un’azioneeducativa in un ambiente straordina-riamente bello anche dal punto am-bientale (il villaggio è adagiato suun’ansa dell’Arno ed è contornato dicipressi, ulivi e composto da bassecase medievali), sanno che arrendersial pregiudizio non li aiuterà nel lorofuturo.Il 18 Ottobre, proprio alla Cittadelladella Pace di Arezzo, è stato presen-tato il nuovo progetto “Quarto annoliceale d’ Eccellenza”.Gherardo Colombo si è espresso contoni entusiastici all’Open day di que-sto nuovo progetto. “L’idea di Ron-dine di mettere insieme giovaniprovenienti da luoghi in conflitto èun’idea eccezionale – sostiene l’exmagistrato oggi Presidente della Gar-zanti Libri, da tempo impegnatonella diffusione della cultura della le-galità - Io sono stato qui qualcheanno fa e credo che questa nuovasfida di rivolgere il modello forma-tivo di Rondine ai giovani italiani siastraordinaria, perché anche in Italia iconflitti sono molti e dobbiamo ren-dere i nostri giovani protagonistidella società che vivono, non spetta-tori. Questo modello formativo do-vrebbe diffondersi in Italia perchéporta innovazione e cambiamento ese cambia la scuola cambia anche lasocietà “.Bauman, il teorico della società li-quida, sostiene che “noi europei delventesimo secolo ci troviamo sospesitra un passato pieno di orrori ed unfuturo distante pieno di rischi”. Lasperanza di Rondine è quella di ren-

dere il futuro meno rischioso. Noi ab-biamo bisogno di Rondine. Rondineha bisogno di noi. Basta informarsi:www.rondine.org .Qui il dialogo

diventa pace

La rondine per un futuro meno rischiosoODORE DI EBOOK

sono i padroni della pa-rola, i poeti, che nefanno il loro soggettofondamentale.” Il riferimento degli au-tori dell’e-Book è ri-volto dunque allaperennità del mito ri-spetto allo scorrere

continuo, implacabiledella storia. La ricerca poetica vanella direzione di un’utilizzazionedei materiali mitologici per verifi-carne la possibilità ermeneutica e laqualità espressiva dal punto di vistadella scrittura e della trascrizione perimmagini. In questa aspirazione vi èla volontà di utilizzare l’a-tempora-

lità classica del mito in chiave dina-mica, per assecondarne l’adattabilitàalle situazioni e alle proposte cultu-rali di oggi. In questo tentativo - tra-sformare in realtà di oggi l’istanteeternizzato del mito - risiede il pia-cere di un lavoro volto alla “trascri-zione” del mito. Si tratta, in sostanza,di trasformare ciò che è acquisito dairacconti del mito - il culto di Diana,la vicenda di Orfeo ed Euripide o ilmito del viaggio di Ulisse, ad esem-pio - in dato comprensibile con lapercezione di oggi e usarlo nontanto come simbolo di un “passatoche non passa” quanto come meta-fora del presente, di un racconto chesappia parlare al lettore di oggi.

il Mitodella poesiaE’ online l’e-Book di poesia e pittura“MITO”, dopo la presentazione allaLibreria Salvemini, curato da Ro-berto Mosi e da Enrico Guerrini(grafica), per www.laRecherche.it,un’associazione senza fini di lucrocon sede a Roma, chemette a disposizionedi un pubblico nazio-nale, in maniera gra-tuita, risorse ecompetenze. La pubbli-cazione riunisce, suddi-visa in tre parti, leleggende del mare di Po-pulonia (Concerto perBaratti), i miti sulle ori-gini di Firenze” (Con-certo per Flora),l’incontro con il mondogreco (Eroi e Dei). “ Sonotrascorsi più di tremila annidalla mitologia del periodo miceneo;eppure tutto vive, muove, palpita, siagita, si esibisce, si contraddice” ri-corda Giulio Guidorizzi, Il MitoGreco (Meridiani). “Per i Greci“mito” è un racconto fatto di parole,non di segni scritti, e a trasmetterlo

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.com sabato 1 novembre 2014no97 PAG.17C.com EX-POSIZIONE

di fabrizio [email protected]

I fratelli Carlo e Nello Rosselli eranonati a Roma rispettivamente nel 1899e nel 1900 e nel 1903 si erano trasfe-riti con la madre a Firenze, dove abita-vano in Via Giusti. Fin da giovani,allievi di Gaetano Salvemini, matu-rano ideali antifascisti, e nel 1925, in-sieme ad altri intellettuali, danno vitaal giornale clandestino “Non mollare”,che arriva a tirare fino a 3.000 copie.I due vengono perseguitati dai fasci-sti, e nel 1929 sono confinati prima aUstica e poi a Lipari; Carlo riesce adevadere e si rifugia in Francia dovefonda il movimento “Giustizia e Li-bertà”. Nel frattempo, in Italia, Nello ènuovamente arrestato e confinato aPonza.Nel 1936 Carlo si arruola nelle Bri-gate Internazionali e rimane feritonella battaglia del Monte Pelato. In-tanto Nello riesce a ottenere il passa-porto (concesso con secondi fini,come si appurerà in seguito) e rag-giunge in Francia Carlo, che si trova a

Bagnoles-de-l'Orne per un periodo dicure termali. Il 9 giugno, su mandatodi Galeazzo Ciano, una squadra di ca-goulards, estremisti francesi di destra,li assassina entrambi, ferendoli a colpidi pistola e finendoli a coltellate. Nell’immediato dopoguerra i fami-liari, di concerto con l’Amministra-zione Comunale fiorentina e con unComitato appositamente costituito,animato dagli amici e compagni dilotta, si adoperano per il rientro inItalia delle spoglie dei due fratellimartiri, che erano sepolti nel cimiteroparigino di Père Lachaise.Tutto sembra pronto per la trasla-zione della salme, quando un tele-gramma dell’ambasciata italiana diParigi blocca tutto per “sopravvenute

difficoltà” che, si seppe, consistevanonel fatto che il Presidente del Consi-glio Comunale di Parigi (la più altaautorità cittadina, allora l’ordina-mento amministrativo parigino nonprevedeva la figura di sindaco), si ri-fiutava di ricevere il “comunista” Fa-biani, sindaco di Firenze.Non c’è da stupirsi: questo personag-gio era Pierre De Gaulle, fratello delgenerale (che, con un gioco di paroleintraducibile, lo definiva “le cadet demes soucis”) e fiero anti-comunista.Sembrò di essere tornati ai tempi diPier Capponi e delle famose cam-

pane: il consiglio co-munale, all’unanimità,condannò il gesto di DeGaulle e una folta dele-gazione, composta darappresentanti di tutti ipartiti, maggioranza eopposizione, accompa-gnò Fabiani al confinecon la Francia ad acco-gliere il treno che ripor-tava in Italia le spogliedei fratelli Rosselli.

Carlo e Nello tornarono a Firenze il26 aprile 1951 e fino al 29 ricevetteroin Palazzo Vecchio l’omaggio dei fio-rentini e delle più alte Autorità delloStato, a cominciare dal Presidentedella Repubblica Luigi Einaudi. L’ora-zione commemorativa fu tenuta, sullascalinata di Palazzo Vecchio, dal loromaestro Gaetano Salvemini, equando il corteo funebre si mosse daPiazza della Signoria per Piazza dellaLibertà, da dove i fratelli avrebberoiniziato l’ultimo viaggio per il cimi-tero di Trespiano, tutta la città loseguì.

viale fratelli rosselli

in lite con (un)de gaulle

di anna Maria Manetti [email protected]

La piccola, preziosissima mostra“Giò Ponti e la Richard Ginori”,in corso al Museo Marini e chedoveva concludersi l’estate

scorsa, è stata prolungata fino a metànovembre. E giustamente, perché sitratta di una esposizione davvero par-ticolare, per metà di straordinarie ce-ramiche ideate da Ponti per laFabbrica di Doccia, per l’altra metà dilettere d’ archivio, quanto mai sugge-stive, riguardanti questa collabora-zione.Giò Ponti (1891-1979) iniziò a col-laborare con la Manifattura nel 1922e ne restò direttore artistico fino al1933, portando innovazione e mo-

dernità nel modo di concepire il le-game fra a artigianato artistico eindustria, tale da qualificarsi come ilprimo industrial designer in Italia ,quando nel nostro Paese non esistevaancora neppure il termine per indi-care tale attività. Ma il suo lavoro nonavrebbe potuto realizzarsi così bril-lantemente se non avesse avuto, al-l’interno della Manifattura, Maestri digrande intelligenza e bravura cui rife-rirsi, capaci di recepire il ‘nuovo’unito alla esperienza della tradizione.Fra questi, suo principale collabora-tore e destinatario della corrispon-denza, fu Luigi Tazzini, direttoreartistico dello stabilimento che giàaveva introdotto il gusto liberty nelleceramiche, specie dopo aver visitato

l’Esposizione Universale di Parigi del1900, destinata ad essere punto di ri-ferimento per tutto il mondo di al-lora, sia sul piano artistico chetecnico e industriale. Giò Ponti s’in-serì in questo terreno già aperto allenovità trovando in Tazzini un ascoltointelligente e un’esperienza senza laquale ogni progetto sisarebbe arenato. Nacque così unacollaborazione straordinaria fra l’in-traprendente milanese (che curavaanche la pubblicità e il marketing,come si direbbe oggi) e l’espertoMaestro artigiano. Tutto ciò è testi-moniato dall’interessantissima docu-mentazione epistolare, con lettere diPonti a Tazzini, che illustrano con di-segni e istruzioni precise l’oggetto

che si voleva creare, con misure , in-dicazione di colori, ecc. Il che rendeestremamente suggestiva la lettura eil confronto immediato con l’operarealizzata.Gli oggetti esposti sono di un valoreartistico e di una bellezza unica, sianei pezzi più ricchi e importanti,come per es. il “Capriolo fra Palme”,trionfo da tavola commissionato dalMinistero degli Esteri; che nelle nu-merose, deliziose, piccole porcellanedi servizio o da boudoir. La mostra è stata realizzata col soste-gno dell’Ente CRF e della RichardGinori e curata da Livia FrescobaldiMalenchini, Oliva Rucellai e AlbertoSalvadori direttore del Museo Ma-rini.

GRANDI STORIE IN PICCOLI SPAZI

giò Pontie larichardginori

design e alto artigianato

Page 18: Cultura Commestibile 97

CCUO

.com sabato 1 novembre 2014no97 PAG.18L’ULTIMA IMMAGINE

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ialviso, california, 1972

Siamo ad Alviso, una piccola comunità nellaparte settentrionale di San Jose dove la Contea diSanta Clara confina con la parte sud della BayArea e con la cittadina di Milpitas. Nel 1968 que-sta piccola comunità è stata incorporata a tutti glieffetti nella città di San Jose con una votazione

che ha visto vincere di stretta misura i favorevolialla ricongiunzione con l’area metropolitana.Nella prima immagine due giovani sono ripresiattorno ad un tavolo da biliardo in uno dei pochibar ristoranti di Alviso. L’altra immagine, instrada, mostra invece tre ragazzini decisamente

più giovani che vivono anch’essi nella stessa zona.E’ un classico ed assolato primo pomeriggio inquesto entroterra californiano e loro stanno gio-cando, ovviamente, con delle improvvisate“bombe d’acqua”, uno dei passatempi più diffusidurante questi insopportabili giorni d’Agosto.