IL CIRCOLO DEI SAMBENEDETTESI È SU SAMB Lu Campano/2013... · minacciata crisi non è così...

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GIORNALE DEL CIRCOLO DEI SAMBENEDETTESI BIMESTRALE: febbraio - aprile - giugno - agosto - ottobre - dicembre Redazione e Amministrazione Via M. Bragadin, 1 - 63074 S. Benedetto del Tronto Tel. 0735 585707 (dalle ore 17,00 alle ore 19,00) Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70 % - DCB Ascoli Piceno - Distribuzione gratuita ANNO 42° FONDAZIONE CIRCOLO - MAGGIO / GIUGNO 2013 N. 3 LA QUOTA ASSOCIATIVA È DI 25,00 - C.C. POSTALE 14243638 www.circolodeisambenedettesi.it [email protected] fil. Grottammare Via Tintoretto 25 0735-735510 fil. S. Benedetto del Tr. Via Manzoni 23 0735-591062 fil. S. Benedetto del Tr. Via Curzi 19 0735-581239 fil. Montefiore dell’Aso Borgo G. Bruno 36 0734-938600 fil. Porto d’Ascoli Via Val Tiberina 6 0735-658775 IL CIRCOLO DEI SAMBENEDETTESI È SU Ho pietà per gli storici futuri quando saranno chiamati a spiegare quello che sta avvenendo nel nostro Parlamento e quello che sta facendo il nostro Governo. Ci vorrebbe la comicità di Walter Chiari per rendere perfettamente il modo di presentarsi di tanti parlamentari trovatisi improv- visamente in un ambiente in cui non riescono a capire come ci sono arrivati. I figli di facebook e twitter vivono in un mondo virtuale. Man mano che si svegliano e azzarda- no a dire qualcosa di personale, vengono sbattuti fuori con un metodo già conosciuto. Non una voce si è levata da parte di altri schieramenti politici a stigmatizzare un meto- do antidemocratico, con la scusante che ognuno deve lava- re i propri panni in casa. Se i gulag potessero parlare! Alle solite pagliacciate dimostrative, di mascherate o di vistosi cartelli, ora dobbiamo aggiungere un linguaggio privo di contenuto, infarcito di volgarità attingendo alle proprie doti fisiche. Le altre nazioni ci guardano con commiserazione. Avete visto come i cosiddetti Grandi hanno accolto il nostro giovane Presidente del governo: è la commiserazio- ne di chi accoglie un povero orfanello. D’altronde aldilà delle parole si continua a procedere col sistema del muro contro muro, spesso contraddicendosi e spesso facendo richieste senza tenere in nessun conto la situazione di crisi in cui navighiamo. I sacrifici richiesti dal governo Monti, grazie ai quali ha ricevuto in premio pochi e stentati voti, ci hanno messo in condizione di raddrizzare la barca e per- metterci di non pagare alcune gabelle? Allora la tanto minacciata crisi non è così disperata come la si vuole fare apparire. Qui c’è qualcuno che bleffa. E torniamo ai prov- vedimenti del nuovo Governo. I numeri si rincorrono ed appaiono di tanto in tanto cifre miliardarie; ma ci sono o non ci sono tutti questi soldi? Ci vien quasi da credere che la crisi è un’invenzione se non conoscessimo i tanti amici che hanno perso il lavoro; di altri che sono mesi che non prendono lo stipen- dio. Un Governo di larghe intese se non agisce con onestà e sincerità potrebbe essere il preludio di una anarchia in cui vengono messe in forse le regole demo- cratiche. E i sindacati che parte hanno in tutta questa incertez- za? Le minacce non fanno impresa. Da noi è mancata la collaborazione tra capitale e lavoro. A questa non siamo stati educati ed è per questo che le imprese sono state gui- date solo dall’utile, ignorando i mutamenti che le loro pre- senze hanno portato in determinati luoghi sulle persone e sulle singole società. Ci sono, ancor prima dei doveri eco- nomici, da rispettare quelli morali, il primo valore è la per- sona. Di fronte a questa situazione alcuni datori di lavoro, più sensibili, non hanno retto dandosi la morte. In questi giorni non sentiamo altro che parlare del lavoro per i giovani. Questi intanto sognano il futuro altrove. Noi abbiamo la risorsa-cervello su cui puntare. Talvolta basta una modifica per iniziare un percorso fruttuoso. Sarà la ricerca a tracciare la strada; se lo Stato ha poco da investi- re, allora punti su questo: ricerca non è un modo di dire ma il braccio armato del sistema di istruzione e di formazione. Che dire dell’Italia che è patria di eccellenze mondiali che aspettano solo di passare dalla fase semiartigianale a quel- la industriale su scala mondiale? Che dire ancora delle bel- lezze della nostra patria, arricchite da una storia incredibi- le? Abbiamo un patrimonio artistico favoloso; se certi luo- ghi, come la storia sepolta dal Vesuvio, fossero in mano ad altre nazioni, sarebbero i più visitati del mondo; noi li lasciamo marcire. La ricerca, specie nel campo della pesca e dell’agroali- mentare, da noi è stata sempre di casa. Pensiamo a don Sciocchetti con la sua barca a motore; l’evoluzione negli strumenti di pesca, nel commercio del pescato, in quello dei prodotti agricoli. Anche la stessa pesca oceanica è stata, in un momento di crisi, il frutto di ricerca. Oggi occorre puntare sul turismo con iniziative che dovrebbero coinvol- gere tutto l’hinterland e con la prospettiva di una presenza continua negli anni favorendo la permanenza, pensando alla crisi. Agli Amministratori diciamo che i tanti intratte- nimenti vanno bene, più ancora meno rigidezza, un po’ di comprensione e di gentilezza. NON SOLO CALCIO MA VALORE AGGIUNTO PER TUTTO IL COMPRENSORIO A ridosso della crisi Le contraddizioni della classe politica e le “intelligenze italiane” O re 14.00 di una delle tante domeniche di pri- mavera; decine di per- sone di ogni età, estrazione sociale e di ogni dove, sambe- nedettesi e di molti paesi vicini (da P.to Sant’Elpidio ad Alba Adriatica e dalla costa fino ad Offida, Castel di Lama ed oltre…) si incamminano a piedi in direzione sud lungo Viale De Gasperi, via Togliatti e Viale dello Sport; molti di loro indos- sano sciarpe e foulards rossoblù. Una lunga colonna silenziosa, ordinata ma sol- lecita verso un appuntamento da raggiungere assolutamente in orario. Un turista di passaggio, in mezzo ad un traffico che si fa sempre più sostenuto, rallenta la sua macchina e chiede ad una anziana signora affacciata alla finestra della pro- pria abitazione cosa stia accadendo: “gioca la Samb!” risponde con un sorriso compiaciuto la signora. Ore 14.30. La fila delle macchine parcheggiate arriva fino ad interessare l’intera via S.Pio X; “è un pienone”, commentiamo, come non se ne vedeva da tempo. Uno sguardo alla nostra Parrocchia di S. Pio X ed inevitabilmente ci viene in mente il compianto parroco Don Filippo Collini, di origini marinare certe, tifosissi- mo e Padre Spirituale della Samb dei tempi d’oro; da lassù ci segue ancora, ne sono convinto. Ore 14.50. Entriamo nello Stadio Riviera delle Palme mentre vengono lette le for- mazioni delle squadre che scenderanno in campo. Il colpo d’occhio è ecceziona- le; migliaia di tifosi assiepati sulla curva nord e sulla tribuna incitano la Samb a squarciagola, saltano a ritmo, sventolano stendardi rosso e blù e continueranno a farlo incessantemente per tutta la partita. All’ingresso dei giocatori in campo è un tripudio di vessilli rossoblù, uno spettacolo da incorniciare (ricordo che all’indoma- ni della vittoria in casa del derby con l’Ancona dello scorso anno, un giornalista dorico, evidentemente attonito, ha commentato su un quotidiano a diffusione regionale “…la squadra rossoblù spinta da un muro umano in delirio…”). Ci ritro- viamo tutti ai nostri posti, sempre gli stessi ogni domenica, anche se non sono numerati, come per un rituale scaramantico, attorniati dai soliti amici ma anche da semplici conoscenti dai volti divenuti ormai familiari, tutti insieme pronti a “lottare”, a dare il nostro contributo vocale, per una nuova vittoria. Molti sono ex-ragazzi della “Sud” (la mitica curva del Ballarin) ora con i propri figli al seguito, la nuova generazione di tifosi, bambini che rivivono i gloriosi anni della serie B attraverso i racconti emozionanti dei padri; ma ci sono anche i nonni! Ore 15.00. L’arbitro fischia il calcio di inizio. Ci si abbraccia per un gol fatto; ci si rammari- ca per un gol subito; si “soffre” insieme per un risultato che non arriva o per una partita che si sta SAMB di Massimiliano Fioroni Il Direttore Continua a pag. 12 SAMB - RECANATESE

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GIORNALE DEL CIRCOLO DEI SAMBENEDETTESIBIMESTRALE: febbraio - aprile - giugno - agosto - ottobre - dicembre

Redazione e Amministrazione Via M. Bragadin, 1 - 63074 S. Benedetto del TrontoTel. 0735 585707 (dalle ore 17,00 alle ore 19,00)

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70 % - DCB Ascoli Piceno - Distribuzione gratuitaANNO 42° FONDAZIONE CIRCOLO - MAGGIO / GIUGNO 2013 N. 3

LA QUOTA ASSOCIATIVA È DI € 25,00 - C.C. POSTALE 14243638

www.circolodeisambenedettesi.it [email protected]

fil. Grottammare Via Tintoretto 25 0735-735510

fil. S. Benedetto del Tr. Via Manzoni 23 0735-591062

fil. S. Benedetto del Tr. Via Curzi 19 0735-581239

fil. Montefiore dell’Aso Borgo G. Bruno 36 0734-938600

fil. Porto d’Ascoli Via Val Tiberina 6 0735-658775

IL CIRCOLO DEI SAMBENEDETTESI È SU

Ho pietà per gli storici futuri quando saranno chiamati aspiegare quello che sta avvenendo nel nostro Parlamento equello che sta facendo il nostro Governo. Ci vorrebbe lacomicità di Walter Chiari per rendere perfettamente ilmodo di presentarsi di tanti parlamentari trovatisi improv-visamente in un ambiente in cui non riescono a capirecome ci sono arrivati. I figli di facebook e twitter vivono inun mondo virtuale. Man mano che si svegliano e azzarda-no a dire qualcosa di personale, vengono sbattuti fuori conun metodo già conosciuto. Non una voce si è levata daparte di altri schieramenti politici a stigmatizzare un meto-do antidemocratico, con la scusante che ognuno deve lava-re i propri panni in casa. Se i gulag potessero parlare! Allesolite pagliacciate dimostrative, di mascherate o di vistosicartelli, ora dobbiamo aggiungere un linguaggio privo dicontenuto, infarcito di volgarità attingendo alle proprie dotifisiche. Le altre nazioni ci guardano con commiserazione.Avete visto come i cosiddetti Grandi hanno accolto ilnostro giovane Presidente del governo: è la commiserazio-ne di chi accoglie un povero orfanello. D’altronde aldilàdelle parole si continua a procedere col sistema del murocontro muro, spesso contraddicendosi e spesso facendorichieste senza tenere in nessun conto la situazione di crisiin cui navighiamo. I sacrifici richiesti dal governo Monti,grazie ai quali ha ricevuto in premio pochi e stentati voti,ci hanno messo in condizione di raddrizzare la barca e per-metterci di non pagare alcune gabelle? Allora la tantominacciata crisi non è così disperata come la si vuole fareapparire. Qui c’è qualcuno che bleffa. E torniamo ai prov-vedimenti del nuovo Governo. I numeri si rincorrono edappaiono di tanto in tanto cifre miliardarie; ma ci sono onon ci sono tutti questi soldi? Ci vien quasi da credere chela crisi è un’invenzione se non conoscessimo i tanti amici

che hanno perso illavoro; di altri chesono mesi che nonprendono lo stipen-dio. Un Governo dilarghe intese se nonagisce con onestà esincerità potrebbeessere il preludio diuna anarchia in cuivengono messe inforse le regole demo-cratiche. E i sindacatiche parte hanno intutta questa incertez-

za? Le minacce non fanno impresa. Da noi è mancata lacollaborazione tra capitale e lavoro. A questa non siamostati educati ed è per questo che le imprese sono state gui-date solo dall’utile, ignorando i mutamenti che le loro pre-senze hanno portato in determinati luoghi sulle persone esulle singole società. Ci sono, ancor prima dei doveri eco-nomici, da rispettare quelli morali, il primo valore è la per-sona. Di fronte a questa situazione alcuni datori di lavoro,più sensibili, non hanno retto dandosi la morte. In questi giorni non sentiamo altro che parlare del lavoroper i giovani. Questi intanto sognano il futuro altrove. Noiabbiamo la risorsa-cervello su cui puntare. Talvolta bastauna modifica per iniziare un percorso fruttuoso. Sarà laricerca a tracciare la strada; se lo Stato ha poco da investi-re, allora punti su questo: ricerca non è un modo di dire mail braccio armato del sistema di istruzione e di formazione.Che dire dell’Italia che è patria di eccellenze mondiali cheaspettano solo di passare dalla fase semiartigianale a quel-la industriale su scala mondiale? Che dire ancora delle bel-lezze della nostra patria, arricchite da una storia incredibi-le? Abbiamo un patrimonio artistico favoloso; se certi luo-ghi, come la storia sepolta dal Vesuvio, fossero in mano adaltre nazioni, sarebbero i più visitati del mondo; noi lilasciamo marcire.La ricerca, specie nel campo della pesca e dell’agroali-mentare, da noi è stata sempre di casa. Pensiamo a donSciocchetti con la sua barca a motore; l’evoluzione neglistrumenti di pesca, nel commercio del pescato, in quellodei prodotti agricoli. Anche la stessa pesca oceanica è stata,in un momento di crisi, il frutto di ricerca. Oggi occorrepuntare sul turismo con iniziative che dovrebbero coinvol-gere tutto l’hinterland e con la prospettiva di una presenzacontinua negli anni favorendo la permanenza, pensandoalla crisi. Agli Amministratori diciamo che i tanti intratte-nimenti vanno bene, più ancora meno rigidezza, un po’ dicomprensione e di gentilezza.

NON SOLO CALCIO MAVALORE AGGIUNTO PERTUTTO IL COMPRENSORIO

A ridosso della crisiLe contraddizioni della classe politica e le “intelligenze italiane”

Ore 14.00 di una delletante domeniche di pri-mavera; decine di per-

sone di ogni età, estrazionesociale e di ogni dove, sambe-nedettesi e di molti paesi vicini(da P.to Sant’Elpidio ad AlbaAdriatica e dalla costa fino adOffida, Castel di Lama edoltre…) si incamminano a piediin direzione sud lungo Viale DeGasperi, via Togliatti e Vialedello Sport; molti di loro indos-sano sciarpe e foulards rossoblù. Una lunga colonna silenziosa, ordinata ma sol-lecita verso un appuntamento da raggiungere assolutamente in orario. Un turistadi passaggio, in mezzo ad un traffico che si fa sempre più sostenuto, rallenta lasua macchina e chiede ad una anziana signora affacciata alla finestra della pro-pria abitazione cosa stia accadendo: “gioca la Samb!” risponde con un sorrisocompiaciuto la signora.Ore 14.30. La fila delle macchine parcheggiate arriva fino ad interessare l’interavia S.Pio X; “è un pienone”, commentiamo, come non se ne vedeva da tempo.Uno sguardo alla nostra Parrocchia di S. Pio X ed inevitabilmente ci viene inmente il compianto parroco Don Filippo Collini, di origini marinare certe, tifosissi-mo e Padre Spirituale della Samb dei tempi d’oro; da lassù ci segue ancora, nesono convinto.Ore 14.50. Entriamo nello Stadio Riviera delle Palme mentre vengono lette le for-mazioni delle squadre che scenderanno in campo. Il colpo d’occhio è ecceziona-le; migliaia di tifosi assiepati sulla curva nord e sulla tribuna incitano la Samb asquarciagola, saltano a ritmo, sventolano stendardi rosso e blù e continueranno afarlo incessantemente per tutta la partita. All’ingresso dei giocatori in campo è untripudio di vessilli rossoblù, uno spettacolo da incorniciare (ricordo che all’indoma-ni della vittoria in casa del derby con l’Ancona dello scorso anno, un giornalistadorico, evidentemente attonito, ha commentato su un quotidiano a diffusioneregionale “…la squadra rossoblù spinta da un muro umano in delirio…”). Ci ritro-viamo tutti ai nostri posti, sempre gli stessi ogni domenica, anche se non sononumerati, come per un rituale scaramantico, attorniati dai soliti amici ma anche dasemplici conoscenti dai volti divenuti ormai familiari, tutti insieme pronti a “lottare”,a dare il nostro contributo vocale, per una nuova vittoria. Molti sono ex-ragazzidella “Sud” (la mitica curva del Ballarin) ora con i propri figli al seguito, la nuova

generazione di tifosi, bambiniche rivivono i gloriosi anni dellaserie B attraverso i raccontiemozionanti dei padri; ma cisono anche i nonni! Ore 15.00. L’arbitro fischia ilcalcio di inizio. Ci si abbracciaper un gol fatto; ci si rammari-ca per un gol subito; si “soffre”insieme per un risultato chenon arriva o per una partita chesi sta

SAMBdi Massimiliano Fioroni

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LU CAMPANÒ - pagina 2

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Negli ultimi due articoli avevamo esplora-to la galassia cittadina alla ricerca deifamigerati “buchi neri”, dal confine con

Grottammare sino al torrente Albula compren-dendo anche il Centro Storico. Riprendiamo l’e-splorazione dall’Albula verso sud ed imbocchia-mo il Lungomare, via Lattea del nostro turismo

stagionale, a bor-do della nostraEnterprise a “pe-dalata assistita”che ci permette dimuoverci, con piùagilità e senzasudare, nel traffi-co molto poco“aerospaz ia le”della nostra SanBenedetto.Attraversiamo ilponte sull’Albulain una stretta cor-sia ciclo pedonalea doppio senso dimarcia con i soliti

indisciplinati che non rispettano “la mano” esubito incappiamo nel primo “buco nero” rappre-sentato, aimè, proprio dalla foce del torrente stes-so! Sponde ed alveo cementati a destra, pseudo

palude a sinistra verso il mare. Non è una bellapresentazione della nostra Marina. Se nella partesopra la Ferrovia l’Albula è una ferita di cemen-to aperta nella città, purulenta melma, nella partedella sua foce è solo melma e putridume vario.Proseguendo verso sud, tutti i fossi che manmano si incontrano presentano la stessa focedegradata. L’Albula è il più centrale ed anchequello più storico. Meriterebbe sicuramente unamaggiore attenzione.Recentemente è stato presentato dall’Ammi-nistrazione un progetto di riqualificazione deltratto finale del torrente che sostanzialmentepropone la costruzione di un piccolo porto cana-le compreso tra la linea ferroviaria e la battigia ela valorizzazione della sponda sud del molo conla realizzazione di verde e servizi. Un bel proget-to ma dal finanziamento incerto, anche perchémolto oneroso per le casse pubbliche special-mente di questi periodi. Sembra avversarlo,opponendosi allo sfratto, anche un certo “ RospoSmeraldino” (….chi sarà mai costui?) che popo-la la foce dell’Albula e che risulta specie protet-ta. In attesa di tempi migliori bisognerebbe tro-vare una soluzione più semplice per riqualificarela foce, imitando magari Comuni meno ricchiche hanno trovato soluzioni più pratiche (vedi aCupra il fosso Sant’Egidio). Proseguendo sulLungomare, volgendo lo sguardo verso la spiag-gia… il mare si percepisce a malapena. Non pro-prio un “buco nero” ma una scia di meteorevariegate rappresentata dai nostri “chalet” che, infila compatta, coloratissimi di giorno, luminosis-simi di notte, sfilano davanti agli occhi dei pas-santi in transito formando una barriera multico-lore di gazebi, pergolati, tende e tendaggi utili aigestori ma… poco permeabili alla vista. Fa ecce-zione, e secondo me presto sarà vincolato dallaSoprintendenza quale edificio storico insieme aisuoi simpaticissimi “abituè” , lo chalet di PietroLa Spuzia (al secolo Pietro Del Zompo) che è

l’unico a non aver sfruttato le opportunità edifi-catorie del Piano di Spiaggia restando l’ultima,romantica testimonianza di una tipologia balnea-re, personaggi di matrice Felliniana compresi,ormai estinta. Quindi, per vedere il mare costeg-giando la Marina bisogna spostarsi in altri luo-ghi. O sulla ciclo pedonale che collegaGrottammare a Cupra o su quel nuovo tratto delLungomare di Grottammare, di gusto nordico mamolto suggestivo, che va dal Tesino al primoincasato urbano. Indubbiamente gli stabilimentibalneari costituiscono una peculiarità del servi-zio turistico di San Benedetto e la Bolkestainrischia di annullare una realtà qualitativamenteed economicamente importante che è anche unpatrimonio pubblico, ma è pur vero che si è unpo’ esagerato nel concedere ampliamenti edorpelli vari. Era provocatoria, ma sicuramentesignificativa, la proposta di realizzare una pas-seggiata pedonale sopra i tetti degli stabilimentiper consentire ai turisti di guardare il mare.Proseguendo ancora verso sud, ecco comparire

il più inquietante dei “buchi neri” della zona, l’exTirassegno. Non tutti sanno cosa sia stato, nessu-no sa cosa sarà!!! Anche perché, è plurivincolatosia da PPAR (Piano Paesaggistico AmbientaleRegionale) che dalla Soprintendenza. Quest’areademaniale è in attesa di essere assegnata, dopoun’asta pubblica, ad un soggetto privato il quale,non potendoci fare praticamente nulla, la lasceràcosì come sta per i prossimi trent’anni. Bisognaperò riconoscere che quando piove assolve aduna funzione rievocativa della storia del nostroterritorio, assumendo la morfologia di una palu-de (come nell’anno 1000) con acquitrini difficilia riassorbirsi, dotazione di tafani e zanzare com-presa. Ironia a parte, fino a qualche anno fa l’a-rea rivestiva il ruolo di parcheggio pubblico gra-tuito pur senza una vera e propria autorizzazionedemaniale che ne legittimasse l’uso. Era comun-que utile a sopperire alla forte carenza di aree di

sosta gratuita nel Lungomare. Da quest’anno,viste le lamentele di qualcuno che dopo unacquazzone estivo era rimasto impantanato conla propria automobile nella pseudo palude pre-tendendo i danni, il demanio molto salomonica-mente ha recintato l’area dell’ex Tirassegno ini-bendola all’uso dei “portoghesi”. Non solo!!! perevitare costose manutenzioni il demanio haabbattuto i pochi alberi rimasti che davano unminimo senso paesaggistico all’area, lasciando iltutto in un desolante squallore. In definitiva,anche per questo comparto, affinché non riman-ga un “buco nero” nel salotto buono del nostroturismo balneare, bisognerà trovare una validasistemazione tentando una conciliazione tra gliinteressi pubblici e quelli privati. La considera-zione conclusiva è che una città è bella solo se èbella e curata la sua immagine pubblica.Purtroppo a San Benedetto solo il privato hamigliorato il suo standard qualitativo mentre lezone di interesse generale, quali l’ex Tirassegno,

non sono state acquisite al patrimonio comunalee quindi, risultando comprese in un limbo ammi-nistrativo, sono spesso indefinite e trascurate. Mache senso ha costruire una bella residenza, un belpalazzo, un grande albergo se poi quando esciintorno a te c’è il deserto?

Nicola Piattoni

Anche oggi succede che chi sioccupa di politica scrivalibri, quando è ancora in

azione o è già stato dismesso. Unsacco di libri che per un po’ fannobella mostra di sé nelle librerie, sul-l’onda della fama mediatica dell’au-tore, e subito dopo cadono neldimenticatoio. Perché è proprio diffi-cile, se non impossibile, trovare inquei libri un briciolo della passione edell’intelligenza politica presentinelle opere di Machiavelli. Confronto improponibile, ma se sco-modiamo Machiavelli lo facciamoperché di questi tempi se ne parladiffusamente su radio e giornali.

Ricorrono infatti, in questo nostro travagliato 2013, i cinquecentoanni dalla stesura del “Principe”, che a sua volta interruppe lacomposizione dei “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”.Opere che sono – entrambe - un’altissima testimonianza dellariflessione storico-politica di un uomo profondamente coinvoltonelle vicende del suo tempo. A Machiavelli bisogna innanzituttoriconoscere la capacità che ebbe di illuminare l’esperienza delpresente con la lezione della storia per cercare soluzioni chegarantissero stabilità all’agire politico, avendo di mira il benedello stato. Perché, al di là delle banalizzazioni sul fine che giu-stificherebbe i mezzi e i mezzucci, è proprio l’idea di uno statosolido e, in quanto tale, capace di garantire la sicurezza e il benes-sere dei sudditi che sta a cuore al Machiavelli.

E’ certo che il “Principe” si è prestato ad ogni tipo di interpreta-zione tra i due estremi opposti che lo vedono come manuale pertiranni o libro sulla libertà dei popoli. Troppo diverse le situazio-ni e gli attori della politica perché se ne possa tentare un’attualiz-zazione, ma vale ancora e sempre la capacità di analisi lucide e diatteggiamenti mentali liberi che consentono al Machiavelli unalettura disincantata dei fatti e dei comportamenti umani. Comequando, riguardo alla natura maligna dell’uomo, scrive neiDiscorsi: “Come dimostrano coloro che ragionano del vivere civi-le, e come ne è piena di esempli ogni istoria, è necessario a chidispone una republica ed ordina leggi in quella, presupporre tuttigli uomini rei, e che li abbiano sempre a usare la malignità delloanimo loro qualunque volta ne abbiano libera occasione…… Gliuomini non operano mai nulla bene se non per necessità”.Riconosce infatti che quando c’è la possibilità di scegliere e si puòagire liberamente, ogni cosa degenera nella confusione e neldisordine. Da qui la conclusione: “Però si dice che la fame e lapovertà fa gli uomini industriosi, e le leggi gli fanno buoni”. Sarebbe scontato dire che oggi come allora servono leggi buoneche garantiscano la giustizia, con tutte le tutele di legge per chiun-que ma anche con la certezza della pena, a cui troppi si sottraggo-no grazie a posizioni di potere o a cavilli giuridici che mettono lemanette ai polsi della legge stessa anziché dei colpevoli. Nonvogliamo, però, confondere passato e presente, nella consapevo-lezza disincantata che la storia non possa essere magistra vitaesecondo la concezione umanistico-rinascimentale condivisa dalSegretario fiorentino. Infatti nel dedicare il “Principe” alMagnifico Lorenzo de’ Medici Machiavelli, volendo testimoniar-gli con un dono il suo desiderio di servirlo, scrive: “Non ho tro-vato intra la mia suppellettile cosa quale io abbi cara o tanto esti-

mi quanto la cognizione delle azioni delli uomini grandi impara-ta da me con una lunga esperienza delle cose moderne e una con-tinua lezione delle antique”. Se però è fondamentale la storia perla conoscenza delle azioni umane nel corso dei tempi, alla provadei fatti essa risulta improbabile come deterrente da errori ripeti-tivi e quindi ripetuti, come la storia stessa ci mostra.Le celebrazioni di cui è fatto oggetto Machiavelli per i 500 annidel Principe fanno giustizia di un giudizio che ha pesato a lungosulle sue spalle, presentandolo come un diabolico suggeritore diespedienti malefici ai fini di un potere assoluto garantito ai prin-cipi dalla sopraffazione, dalla violenza, dalla slealtà. Aggravanteil giudizio storico sulla Chiesa, considerata colpevole della“ruina” politica e morale dell’Italia.A dimostrazione della rettitudine di Machiavelli, se mai ce ne fossebisogno, vogliamo citare un brano tratto dalla sua lettera aFrancesco Vettori, ambasciatore fiorentino presso la Santa Sede. Inessa Machiavelli accenna al suo Opuscolo (il Principe) compostonella speranza che i Medici “mi cominciassimo adoperare, sedovessino cominciare a farmi voltolare un sasso”; tanto lui, uomodi pensiero e d’azione, soffre l’allontanamento dalla vita politica cuiè stato condannato. Ha infatti la coscienza che quindici anni passa-ti a studiare l’arte dello stato non li ha né dormiti né giocati. Nella parte conclusiva della lettera troviamo scritto: “E della fedemia non si doverrebbe dubitare, perché havendo sempre observatola fede, io non debbo imparare hora a romperla; e chi è stato fede-le e buono quarantatré anni, che io ho, non debbe poter mutarenatura; e della fede e bontà mia ne è testimonio la povertà mia.”

Che imparino la lezione i nostri politici!

Uno sguardo sulla città. “Buchi neri” e code di meteore

di Benedetta TrevisaniIl Principe di Machiavelli compie 500 anni

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LU CAMPANÒ - pagina 3

Via Roma tremò alle16 e 30 in puntodel primo aprile

1949. Fu un boato cheavvertirono in tutta la città,spaventosamente simileall’esplosione di unabomba, tragicamente iden-tico all’esplosione di unabomba. Perché fu unabomba. Per l’esattezza unagranata che uccise quattroragazzini. Il più grande sichiamava Nicola Pulcini,doveva compiere dodicianni. Il più piccolo, FrancoBranconi, ne aveva appena

sei. Con loro sono morti anche Francesco Mosca,11 anni, e Armando Branconi, di nove. Fu una stra-ge, la più drammatica dal dopoguerra a oggi. Unastrage che non ricorda nessuno. Il boato che uccisequattro bambini fece tremare tutto il centro. Partìda via Aspromonte, dal sottoscala dell’abitazionedi Marcello Pulcini un falegname con simpatiecomuniste che, oltre a perdere il figlio in quell’e-splosione, rischiò anche di perdere la libertà.Perché i carabinieri, conoscendo le sue frequenta-zioni politiche lo consideravano un sovversivo epensarono subito che l’ordigno appartenesse ad unpotenziale arsenale custodito in casa dell’uomo e loarrestarono. Ma non era quella la verità e ai milita-ri, in punto di morte, lo spiegò un ragazzino di noveanni, Armando, che scagionò l’uomo prima di esa-lare l’ultimo respiro. Erano andati al monte diBruciccio per giocare. In una grotta avevano trova-to un baule pieno di pezzi di ferro. Loro non pote-vano saperlo, ma quelli erano ordigni che un grup-po di partigiani aveva nascosto lì qualche annoprima, all’epoca in cui seguivano sulle colline l’ar-retramento del fronte nazista. Nessuno tornò arecuperare quelle granate che rimasero lì per alme-

no cinque anni. “Scambiarono quegli ordigni perpezzi di ferro da poter rivendere a Maggiorà –ricorda oggi Amalia Branconi, la sorella diArmando – perché a San Benedetto tutti i ragazzi-ni sapevano che in quel modo si poteva guadagna-re qualche lira facilmente”. Ma il ferro andava puli-to così i quattro se ne misero in tasca più pezzi pos-sibili e tornarono a valle, in paese. Scelsero il sot-toscala di casa Pulcini tirarono fuori le granate e,con l’intenzione di pulirle dalla terra e dallo spor-co, iniziarono a batterle con un bastone. Scoppiòl’inferno. Alle 16 e 30 le case del centro di SanBenedetto vibrarono. “In quella zona – raccontaAmalia – c’era lo stabilimento delle gazzose diPerotti. Pensammo tutti che fosse esploso qualchegrosso deposito di gas”. Nicola Pulcini e FrancescoMosca morirono praticamente sul colpo.L’esplosione li dilaniò. Erano loro che stavano bat-tendo il ferro. Armando Branconi si trovava alloro fianco. Morì quattro ore dopo, nell’ospeda-le di via Pizzi. Leone Curzi si accorse di quelloche era successo ed evitò un’altra strage perchéprima di gettare gli indumenti dei ragazzini nelfuoco, come prassi voleva all’epoca, controllònelle tasche dei pantaloni e rinvenne le altre gra-nate. Il più piccolo del gruppo, Franco, che eracugino di Armando, spirò invece dopo otto gior-ni di coma durante i quali i medici furonocostretti ad amputargli le mani. Sua madre sichiama Elisabetta Pavoni, è ancora viva. Abitainsieme ad Amalia Branconi e a suo maritoPietro Paciotti. Non parla mai di quello cheaccadde quel pomeriggio ma ogni sera, prima dispegnere la luce, saluta la foto del figlioletto edel marito che tiene sul comodino. La città sifermò. Il comune provvide ai funerali e fu luttocittadino. Le tre bare bianche del primo funera-le, furono accompagnate da centinaia di persone.La stessa folla accompagnò il piccolo Franco,sei anni e mezzo, nel suo ultimo viaggio qualchegiorno dopo.

I ricordi di quella strage sono ben vivi anche nellamemoria di Fausto Giorgini. Il professore di ginna-stica che all’epoca aveva appena sette anni sentì ilboato dalla sua cameretta nell’abitazione di viaRoma. Era in lacrime quando la bomba uccise isuoi amici perché la mamma non lo aveva manda-to con loro. “Non c’era mio padre – ricordaGiorgini – e mia madre mi disse che senza la suaautorizzazione non mi avrebbe mandato a farequell’escursione sul monte. Tentai in tutti i modi diconvincerla. Piansi e gridai. Lei non volle sentireragioni e mi salvò la vita”. Alla strage scampòanche Andrea Merlini, scomparso alcuni anni fa.E’ stato il figlio Giuseppe, archivista, a ricostruirecosa accadde quel pomeriggio. “Mio padre raccon-tava sempre quell’episodio. Soprattutto quandodoveva insegnare a me e a mia sorella che nonbisognava raccogliere nulla da terra. Fu una sortadi sopravvissuto. Quel pomeriggio doveva essere lìma i suoi genitori, non lo fecero uscire”.

Emidio Lattanzi

Siamo ormai nel mezzo della stagione estiva,la stagione delle calde e lunghe giornate delriposo, ma soprattutto la stagione delle

vacanze, periodo che rappresenta il momento dimaggiore floridità economica per tutte le localitàturistiche come la nostra.Da pochi giorni è stata inaugurata l’elettrificazionedella tratta ferroviaria San Benedetto del Tronto –Ascoli Piceno .Due argomenti che, seppur presenti nel dibattitoquotidiano, ad un primo approccio possono sem-brare distinti e distanti ma che in realtà sono moltopiù collegati di quanto sembri. La cosiddetta indu-stria delle vacanze rappresenta uno dei maggioricomparti economici della nostra nazione, e in un

periodo di forte crisi come quello attuale assumeanche il ruolo di vero e proprio indicatore dellasituazione sociale.Elemento prioritario dell’intera filiera turistica èsenz’altro il settore dei trasporti: dalla semplicità diraggiungimento delle località turistiche, al costo deglispostamenti, dalla possibilità di movimento nell’areacircostante la meta prescelta, alle considerazioni sul-l’impatto ambientale dei mezzi di trasporto.Turismo, commercio, collegamenti, mobilità eco-sostenibile, sviluppo delle aree interne, accessodiretto alla filiera agricola, complementarietà e sus-sidiarietà di parti diverse di un unico territorio sonotutte tematiche ricorrenti nel dibattito quotidiano,ma trovano una loro sintesi ed un preciso collega-mento in un progetto di più di un secolo fa.Nella seduta della giunta comunale di SanBenedetto del Tronto del 18 Gennaio 1911(Archivio Storico Comunale S.B.T. Registro deli-bere di Giunta 1908-1911) il Sindaco Gino Morettiporta a conoscenza i membri della giunta da lui pre-sieduta che il progetto di realizzazione di unaTranvia a Trazione elettrica fra i comuni diSambenedetto, Grottammare, Ripatransone,Cossignano, Montalto, Montedinove, Rotella,Castignano, Offida, Acquaviva, Sambenedetto, condiramazione per Force, Comunanza, Amandolaredatto dall’ Ing.Nicola Palestini e dal sig. rag.Alfredo Cassani di Milano, aveva ottenuto dalConsiglio Provinciale, nella seduta del 27 dicem-bre, l’approvazione di massima alla concessione dioccupazione del suolo stradale, ma si richiedevano

i progetti definitivi e particolareggiati con la plani-metria di tutte le strade che intersecano la tranviain scala 1:2000 con l’indicazione numerica deiraggi di curvatura ecc. sezioni trasversali in scala1:100 e disegni delle opere d’arte, per concluderel’iter autorizzativo e stabilire sull’accoglimentodefinitivo della richiesta di concessione.Un progetto che per l’epoca potremmo definireimponente, visto che andava a percorrere circa 1/5della rete stradale provinciale toccando quasi lametà dei capoluoghi di mandamento dell’intero ter-ritorio, ed avveniristico in quanto ancora attuale edauspicabile.Ma soprattutto come specificato nella delibera stes-sa: L’ideata linea offrirebbe un comodo ed econo-mico sbocco ai prodotti agricoli ed industriali, sod-disfarebbe le necessità di scambio fra paese epaese, promovendo le migliori attività di una splen-dida plaga la quale è rimasta priva di mezzi dicomunicazione rapidi ed economici.Così San Benedetto che è centro commerciale, sta-zione balneare ricercata con costruendo porto,assumerà, grazie alla tranvia in progetto, ancheuna grande importanza economica.La riunione continuò con la previsione nel bilanci1911 uno stanziamento di £ 584,50 per sostenere lespese di progettazione, la richiesta di coinvolgi-mento sia tecnico-burocratico che economico ditutti i comuni interessati dall’opera e si conclusecon un plauso all’opera e l’auspicio di vederla rea-lizzata nel minor tempo possibile.

Stefano Novelli

LA MALIGNITÀ DELLA GUERRA - L’INNOCENZA DEI BAMBINI

Armando Branconi

Franco Branconi

IN CAMPAGNA SULLE ROTAIE, una nuova idea di 100 anni

Stiamo assistendo giornalmente allo scem-pio che si sta facendo del nostro verde, inparticolare della potatura selvaggia degli

oleandri, in Viale Buozzi, Viale Moretti, VialeTrieste, via dello Sport e dell’abbandono totaledelle aiuole in Vle. Buozzi. È angosciante vede-re gli arbusti degli oleandri non potati, ma risi-cati nella parte più bassa. Queste sono piantegenerose e facili, che non ci costano niente, chedanno una fioritura abbondante, che sonoespressione della nostra vegetazione tipica.Perché? Mi è stato risposto che i netturbini sisono lamentati, gli ambulanti devono parcheg-giare con i loro camion a ridosso delle piante ele chiome sono troppo voluminose, che la pistaciclabile è pericolosa a causa dei rami, che quel-li della viabilità vogliono i parcheggi sgombrisul lungomare, che le piante tolgono visibilità abar, chalet, hotel... E allora che si fa? Si pota inmodo inguardabile, si eliminano piante privan-do i cittadini e i turisti del piacere di vedereviali fioriti. Potando così quest’estate, di fiori nevedremo pochini. Mi sono chiesta se esisisteun’altra scuola di pensiero relativamente allapotatura poichè a Grottammare, dove esiste lanostra stessa situazione (pista ciclabile, par-cheggi, chalet...) la soluzione è stata diversa:niente mortificazione agli arbusti e un viale conun aspetto decisamente piacevole.Certamente ricorderete che fino a qualche annofa i nostri viali erano un tripudio di colori, difresco, di verde. Ora è vero che c’è il punteruo-lo rosso ma proprio per questo lasciamoli fiori-re questi oleandri! Ce lo siamo giocato l’appel-lativo di “fiorente e ridente cittadina di mare” dicui i sambenedettesi veraci erano fieri... Iresponsabili di ciò non sono le 5-6 persone checon motivazioni discutibili chiedono di elimina-re questo o quello, ma sono i dirigenti comuna-li, i politici che per primi dovrebbero “CREDE-RE” che una cittadina turistica è piacevole edappetibile se offre oltre alla spiaggia il fresco (edove sta più? Vedere V.le Pasqualetti, cosa èaccaduto lì? Piante eliminate e molte altre giàsecche e non solo lecci, ora anche pini), aiuolecurate, non infestate da edera e topi, fiori. Sonocerta che chi ama questo paese vuole più atten-zione e rispetto per il verde lasciatoci in ereditàda persone lungimiranti e sensibili.

Dina Bartolini

Intestazione di una delle tavole di progetto, conservata pressol’archivio storico comunale di S.B.T busta 1730-2

IINN DDIIFFEESSAADDEEGGLLII OOLLEEAANNDDRRII

IERI

OGGI

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LU CAMPANÒ - pagina 4

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La Cooperativa Sociale “Mano a Mano” diSan Benedetto del Tronto, nata per risponde-re alle esigenze sempre più pressanti di inter-

venti socio – assistenziali, mira anche a favoriretutte quelle iniziative ed attività finalizzate amigliorare i rapporti di socializzazione dell’anzia-no, la vita di relazione e l’intrattenimento, ed è perquesto che ha sviluppato per l’estate 2013 il pro-getto “Mano a Mano... al Mare”.“Mano a Mano…al Mare” con il Patrocinio delComune di San Benedetto del Tronto, in collabo-razione con l’Associazione Albergatori “Rivieradelle Palme” e dell’ITB Imprenditori TuristiciBalneari, è rivolto a tutti gli anziani che scelgonodi trascorrere la propria vacanza in Riviera e chedesiderano poterla vivere appieno senza nessunarinuncia o alcun impedimento.Il progetto nasce dalla consapevolezza dell’importan-za che riveste il Turismo sociale e in particolar modoquello della Terza Età, nell’ambito del sistema turisti-co cittadino e nazionale. Lo dimostrano, l’aumentatasperanza di vita (grazie alle cure per la salute); l’atten-zione per il proprio benessere psicofisico; una tran-quillità economica e una maggior disponibilità ditempo libero. Fattori che favoriscono la tendenza adinvestire in un turismo che costituisce senza ombra didubbio un “trend in continuo sviluppo”.“Mano a Mano…al Mare” garantirà alcuni servizi eprestazioni agli anziani turisti ospiti in alberghi, cam-ping, residence e strutture ricettive della Riviera dellePalme, di Grottammare e Cupramarittima, che duran-te l’estate necessiteranno di accompagnamento edassistenza per escursioni, accompagno in passeg-

giate e shopping, prestazioni infermieristiche dibase, prestazioni fisioterapiche e massaggi, ginna-stica, trattamenti estetici e di cura della persona,trasporto con automezzo; avvalendosi esclusiva-mente di personale qualificato. Tali servizi potrannoessere richiesti direttamente alla Cooperativa Socialetramite prenotazione telefonica, oppure rivolgendosialla reception della struttura ospitante.Gli obiettivi e le intenzioni del progetto “Mano amano…al Mare” sono quelli di stimolare e sensibi-lizzare gli operatori turistici sulle molteplici opportu-nità di un turismo considerato un target privilegiato,anche in termini di destagionalizzazione, con un’of-ferta che sappia coniugare le finalità di ricettività, assi-stenza socio -sanitaria, aspetti di relazionalità, e nonultimi lo svago e il diverti-mento.Forti di questa iniziativa, la Cooperativa SocialeMano a Mano invita gli anziani ospiti in Riviera perl’estate 2013 a contattare la propria sede di via N.Tommaseo, 30 a San Benedetto del Tr. al numerotelefonico 0735/500358 o ai numeri 349/4405405 –349/4419192 per saperne di più e avere tutti i chiari-menti riguardo i servizi che si andranno a svolgerepresso le strutture ricettive aderenti all’iniziativa.

Catia Zappasodi

Premessa la regola-rità dell’occupazionepermanente di suolo pub-blico da parte di esercentivari, soprattutto nelle vie centra-li della nostra città, tale abitudinenon è mai un bel vedere per ilcittadino e, comunque, l’intralcioè evidente per chi cammina. Ci si

chiede se sia stato sempre così qui e altrove. Certo è che anche nell’antica Roma, per la precisio-ne nel primo secolo d.C., nel massimo splendore architettonico e demografico, l’occupazione abu-siva di suolo pubblico si verificava se la situazione aveva assunto dimensioni così preoccupantiche l’imperatore Domiziano nel 92 promulgò un editto con il quale si proibiva lo svolgimento ditutte le attività commerciali all’esterno delle botteghe sia di rivenditori che di artigiani che lavo-ravano all’aperto. Ne dà una prova il contenuto di un componimento arguto e ironico del poetaMarziale, che volle celebrare la notifica del decreto imperiale..Dalla lettura dell’epigramma si apprende che “tutta la città era in preda degli sfrontati commer-cianti”. Si sa che i vari Dario Fo della storia letteraria naturaliter esagerano. E i latini Marziale eGiovenale fanno parte della “cricca” di Dario Fo e di Aristofane, tanto per mettere insieme treculture europee, greca, latina e italiana. Si può quindi pensare che non fosse proprio “tutta la cittàdi Roma”, ad essere interessata dall’occupazione del suolo pubblico, ma buona parte sì, se funecessario un preciso e dettagliato divieto di ordine imperiale. La soglia delle botteghe, secondoil testimone poeta, non era più solo la soglia del proprietario. La proibizione ordinava che le vie,strette o larghe, fossero liberate, e quelle ridotte a un sentiero dovevano tornare ad essere stradepercorribili e pulite. Le brocche per il vino non potevano essere “incatenare” ai pilastri (si riferi-sce ovviamente ai cantinieri e ai vinai); il pretore, quindi un’autorità riconosciuta, avrebbe dovu-to poter camminare al centro della strada; i barbieri con i loro rasoi in mano non dovevano piùradere i clienti in mezzo alla calca e “le bettole annerite” non dovevano occupare tutte le vie conil rigurgito tumultuante di avventori. Tutti d’ora poi, barbieri, osti, cuochi, macellai erano tenuti aliberare le loro soglie.Il poeta conclude scrivendo che “Roma, dopo l’editto, è di nuovo Roma, prima era un’unica gran-de bottega”. Si può aggiungere che Marziale non fa esplicito riferimento a un quartiere della capi-tale del mondo, come, ad esempio, la malamente celebre Suburra, dove tutto era consentito sullapubblica via anche per venditori di frutta e verdura, calzolai, persino per prostitute compiacenti,che invitavano i passeggeri a oltrepassare le soglie. Ma Suburra o Trans Tiberim di allora nonerano i soli quartieri per i quali fu emanato l’editto del’imperatore. Ad eccezione dei Fori impe-riali dove si ergevano solenni i templi degli dei protettori di Roma e i palazzi del potere, come laCuria, la situazione prima e dopo l’editto non era molto diversa da come la vede il poeta e nonsolo lui.Tutto questo non ci consola. Provatea percorrere il viale SecondoMoretti, da piazza Matteotti fino apiazza Giorgini; quanti sono gliesercizi privati che usufruiscono delservizio pubblico. È o no la stradaun servizio pubblico?

(historicus)

L’occupazione del suolo pubblico

“MANO A MANO... AL MARE” Il progetto della Coop. Soc. Mano a Mano, dedica-to all’assistenza degli anziani in vacanzaUN MOTIVO IN PIÙ PER SCEGLIERE LA RIVIE-RA DELLE PALME

Dicono, le statistiche, che i consumi di carbu-rante sono diminuiti sul sol patrio, tanto dadeterminare nelle città la diminuzione del

traffico del 30 per cento. Ma tutto è colpa della crisi,ovviamente, che porta il consumatore a deciderecosa sia meglio per lui, dove e come spendere pertirare avanti. Sono molti gli aspetti che questo datostatistico suggeriscono di approfondire: il primo,per esempio, la costrizione che si subisce per daresoltanto visibilità all’esigenza di immagine e pigri-zia che ci è stata inculcata dalla politica del consu-mismo. Compriamo macchinoni e li mettiamo inbella mostra come se rappresentassero la nostra per-sonalità; e, intanto, diamo sostegno con fior didenari all’industria meno vantaggiosa per la nostrasopravvivenza. Mi fermo perché non sono econo-mista, tantomeno psicologo o analista delle vicendesociali.La nostra questione è sinceramente più cittadina:ovvero, ma che ce ne facciamo di un nuovo distri-butore di fronte al Palazzetto dello Sport B. Specaper il quale l’amministrazione comunale ha pubbli-cato un bando di aggiudicazione al “miglior” offe-rente? Fermo restando che, da quanto si legge sullaquotidianità dei nostri giornali locali, ci sarebberopure compagnie petrolifere ricorrenti al Tar per lanon meglio indicata qualità dello stesso concorso alasciar partecipare a manomettere il nostro territoriocomunale altre multinazionali dell’impresa petroli-fera, ci resta davvero incomprensibile la motivazio-ne che porta a stabilire da parte dello strumentolegislativo che dovrebbe governare la vita dei sam-benedettesi, la necessità di un nuovo distributore dibenzina.E’ vero che guardando l’intasamento volgare dellenostre strade cittadine, soprattutto del lungomarenei giorni in cui dovrebbe essere celebrata la pas-seggiata extralavoro, di pompe di benzina ce nevorrebbe una per ciascuna macchina in circolazio-ne. Ma è altrettanto vero che pare un controsensodestinare una zona che potrebbe invece ospitareverde e attività di relax per gli abitanti di questa

città, proprioperché pros-sima aglii m p i a n t is p o r t i v i ,invece chealla distribu-zione di ele-

menti inquinanti e deleteri per la salute di tutti.Si potrebbe pensare che lì, su quell’area, gravanopesi e due misure. Che c’è una proposta di urbaniz-zazione attraverso il progetto di “Cittadella delloSport” e quest’altra dell’insediamento del distribu-tore, di minore impatto volumetrico ma comunqueessenziale per definire l’intera destinazione dell’ul-tima zona cittadina tuttora gestibile. E si potrebbepensare che esprimendo un’opinione si dovessepropendere per l’una o per l’altra scelta. Sbagliato!A noi interessa che quell’area non venga invasa;meglio dire colonizzata. A noi, cittadini, che contri-buiamo a determinare la ricchezza di questa città,attraverso il lavoro e il versamento di tasse, dandomandato a rappresentanti legittimamente eletti dispendere al meglio queste risorse, interessa sempli-cemente che si creino opportunità di libera parteci-pazione e convivenza. “Sano e libero”, così si festeggia una nascita dalgrembo materno da queste parti. Tutti si aspettanola giustizia della salute e il rigore del bello: tuttointeso verso il rispetto del sociale e della prosperitàdella comunità. Perciò, non sarebbe più opportunoche la nostra amministrazione comunale si prodi-gasse a fare capire che gli spazi liberi vanno gioitinella comunità piuttosto che nell’interesse di qual-cuno? E nel dualismo bicicletta-macchina non èpreferibile pensare che sia meglio pedalare per lapropria vita piuttosto che rimanere schiavi di unapompa di benzina? D’altronde, ci si vanta assai deichilometri ciclabili realizzati sul territorio comuna-le; e un altro progetto di percorso ciclabile riguardal’asta del torrente Albula. Allora, diamo agli ultimispazi della nostra terra l’opportunità di essere ferti-le per i nostri desideri futuri.

Patrizio Patrizi

UNA POMPA DI TROPPO

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Domenica, 9 agosto 1931. E’ una calda sera d’estate e l’ampiopiazzale sistemato a dovere tra l’Albergo Bagni e lo Stabilimentobalneare inizia a riempirsi di gente. Non solo bagnanti e forestie-ri, autorità locali e del territorio provinciale, ma anche tanti sam-benedettesi accorsi per la “Prima festa della Canzone”. Il coropolifonico, composto da 120 cantori tra uomini e donne, perlopiùprovenienti da Francavilla a Mare, è disposto su un palco a gradi-nate; ci sono anche 30 professori d’orchestra. Entra il direttoreartistico, il prof. Attilio Bruni, si dispone al centro, spalle ai monti,alza la bacchetta e d’un tratto parte la “Marcia Reale”, poi“Giovinezza”. Scroscianti applausi a cui segue il saluto del coro aSan Benedetto del Tronto. La serata continua poi con due distintimomenti di esecuzione dei canti e si chiude con un sontuoso ballo. Sono anni particolarmente felici e vivaci questi per la musicapopolare sambenedettese e non solo. Festival della canzone acarattere folkloristico, si ripetono, da qualche anno, in tutta Italiae la nostra città, che vanta già una buona tradizione dialettale, nonpuò esserne estranea. Sul finire dell’estate del 1929 si era anchetenuto, sotto la direzione del Maestro Vincenzo Bellezza, il“Grande Concerto Gigli” con la partecipazione, oltre al famosotenore, di autentiche celebrità come Iabelita Marengo e EmilioGiardini. I sambenedettesi ne rimasero entusiasti.Ma torniamo al 9 agosto del 1931, data importante e da ricordareper la nostra storia popolare. “Nuttate de Lune”, il celebre com-ponimento scritto da Ernesto Spina (1878 - 1959 San Benedetto)e musicato dal Maestro Attilio Bruni (1887 Francavilla a Mare -1966 San Benedetto), che si firma per questa esecuzione con lopseudonimo di Giuseppe Flaiano, è presentato al pubblico per la

prima volta. Non risulta particolarmente apprezzato dall’auditorioche le preferisce la meno nota To… pe’ tte’ - che solleva un uraga-no di applausi - e Cecchenella richiesta, a gran voce, per il bis.Nonostante questo, possiamo affermare che Nuttate de Lune èdiventata, in questi ottant’anni, l’inno della Città e dei sambene-dettesi che nei suoi versi struggenti e malinconici ben vi si rico-noscono. Il Maestro Bruni ne deposita lo spartito, assieme ad altresue opere, presso l’Archivio della S.I.A.E. a Roma. Oltre a Nuttate de Lune, in questa “Prima festa della canzone sam-benedettese”, altre canzoni eseguite, tutte ricche di vena melodicae di facili motivi, sono: Sammenedette mmine!!, dedicata dal suo

autore, Giovanni Vespasiani (1886 San Benedetto - 1967Trofarello) a Pietro Giacone, prefetto dell’epoca, e musicata daBruni; Lu Sturnelle sempre di Vespasiani e musica di Bruni;To’… pe’ tte!!… e Lu Marenare e i Muture, entrambe scritte daOmega (pseudonimo di Vincenzo Rosei, medico condotto origina-rio di Amatrice in servizio a San Benedetto dal 1908) e musicateda Bruni; Vanne, Lancetta mì… e Damme nu vasce!…, versi diVespasiani e musiche di Giuseppe Belardi (1875 Loreto - 1954San Benedetto); la serenata malinconica Oillì - Oillà diVespasiani, lo stornello Lancetta mj! di Spina ed infine CampanaBenedetta e Cecchenella, versi di Vespasiani e musiche di Bruni,premiate quest’ultime, rispettivamente, con medaglia d’oro e conmedaglia d’argento al primo concorso “Festa della CanzoneMarchigiana”, dell’agosto 1929 a Porto San Giorgio. Nonostante i buoni propositi degli organizzatori (DopolavoroComunale e Azienda di Cura e Soggiorno) nel voler ripetere que-sta serata ogni anno, alla “Prima festa della canzone sambenedet-tese” non ne segue una seconda l’anno successivo. Solo nel 1946,il comitato di redazione della rivista “La Frusta”, inizia la fortu-nata ripresa della caratteristica “Festa della Canzone” bandendopure un concorso nel quale ben 15 componimenti poetici su 24,musicati da Sciorilli, Bruni, Giacopetti e Cenaia, vengono premia-ti alla Palazzina Azzurra. Il soddisfacente successo incoraggia ilgiornale a ripetere la gara nel 1947 con il 1° premio assegnato alben noto Giovanni Vespasiani con il componimento “La retare”, il2° premio a Lu zautte (pseudonimo di Giovanni Vespasiani) con“Serenate antiche” e il terzo premio a Mario Valeri.

LU CAMPANÒ - pagina 5

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“NUTTATE DE LUNE” E LA CANZONE POPOLARE SAMBENEDETTESE

Prima Festa della Canzone Sambenedettese, Dieci canzoni folkloristi-che, direttore e compositore M° Attilio Bruni, 9 agosto 1931.

Tanto per poter compren-dere come gli inizi sianostati così difficili ed

entrare nella mentalità popolaredell’epoca ottocentesca vi leg-gerò un articolo che GiovanniGuidotti pubblicò il 23 agosto1938 sul Messaggero dal titolo“Cronache balneari sambene-dettesi del secolo scorso”.

Ma non era soltanto l’incantodel luogo che attirava in SanBenedetto copia di forestieri:c’era, spesso anche la golosità diun famoso “brodetto” e la sma-nia tutta moderna di quei bene-dettissimi bagni che si incomin-ciavano a ritenere infallibili perla guarigione di certi mali e perl’accasamento di tante poverefigliole da marito.La cosa tuttavia aveva le sue

difficoltà anche per il rigorismo del costume e delle leggi di un tempo, uninsieme di curiose e minute prescrizioni vescovili che, anche in questocampo, avevano valore di legge.Consentiti erano i bagni ma in zone diverse: gli uomini a nord dell’Albulae le donne a sud. Guai a cambiare zona! Si rischiavano pesanti multe, colrischio di beccarsi perfino il carcere o l’esilio in caso di recidività, il tuttoessendo rimesso ad arbitrio del Reverendo Sig. Vicario Foraneo.Pare però che queste pene (al pari di quelle delle grida spagnole di man-zoniana memoria) fossero più minacciate che applicate. Non sembra infat-ti che intimorissero soverchiamente il sesso debole, perché le lamentele ele querimonie dei parroci erano frequenti contro quel disgraziato maregeneratore di “corruzione” e contro la “libertà sfacciata che si pren-devano le donne, di accostarsi al lido del mare”.Pochi i “casotti” e molto diversi da quelli attuali poiché, invece si esserefissi sul lido, erano mobili ed a ruote, e servivano soltanto per le donneche li tenevano in conto di guardaroba e di trampolino di lancio, venendospinte, le cabine, verso l’onde nell’ora del bagno e ritirate all’asciutto abagno effettuato su per giù… come facevasi con le paranze.L’operazione di spinta in acqua e di ritiro delle cabine era particolare fati-ca dei marinai o dei facchini, i quali dovevano guardarsi bene dal denu-darsi in presenza delle signore, ma esser provvisti di mutande e camicia,mentre la donna, voleva la prammatica balneare del tempo, scompariva

sotto un’ampia camicia di lana o di cotone, lunga dal collo alle piante deipiedi.Eppure, anche tale sistema, non pareva a Mons. Martino Caliendi suffi-ciente garanzia di moralità, perché, un bel giorno, proibì che tali casottifossero spinti nei flutti dagli uomini (non si sa mai… ) permettendo, inve-ce, che lo fossero dalle donne.L’innovazione vescovile non ebbe fortuna per molte ragioni, non ultimaquella d’essere fatica assai superiore alla femminile possibilità e perché, lanovità, recava grandissimo pregiudizio al normale andamento della bagna-tura ed al non trascurabile lucro della popolazione del paese.Il Priore e gli anziani del Comune corsero ai ripari e scrissero a Mons.Reverendissimo questa circostanziata relazione (vera pittura del tempo)che fruttò la revoca della puritana prescrizione ed il ritorno all’antico siste-ma, salve alcune garanzie tassativamente imposte dal Vescovo.“ Innanzi tutto è da sapersi che i casotti dei quali si parla, sono portatili enon fissi nel mare. Per ciò si formarono con quattro piccole ruote a guisadi un camerino, chiuso con tende in tutte e quattro le parti. Vi sta ben con-nesso un tavolato, alto circa due palmi. Sopra di questo, a piede asciutto,si pongon le Signore e, così carico, il casotto, da terra dee spingersi nel-l’acqua a poca distanza dal lido. In tal punto le bagnanti si denudano e fer-mano i loro abiti negli attaccagli laterali del casotto. Quindi danno ordineai facchini assistenti, che venga il casotto inoltrato sino alla profonditànecessaria pel bagno.Qui si rende indispensabile, che il casotto sia retto, e tenuto immobile, per-ché i flutti, quando il mare è alquanto agitato od anche il naturale ondula-mento, non lo aggirino, e, con evidente pericolo di chi riman dentro, lorovescino.Il bagno dura circa un’ora. A questo termine, vien ritirato a terra il casottocolle signore che l’occupano. Allora le signore si rivestono e poscia esconfuori, e rientrano nelle rispettive loro abitazioni.Premessa questa descrizione del sistema, che dalle signore donne si tienenell’uso de’ bagni nei casotti, facciam pur riflettere all’Eccellenza vostraReverendissima che il dettagliato faticoso servigio non potrebbe assoluta-mente prestarsi da donne, poiché non pratiche della spiaggia, piena di avval-lamenti e non fornite della forza occorrente a guidare e reggere il casotto enon use, infine, a comparir, nel chiaro giorno, denudate nell’acqua.I facchini, per la decenza, e per l’effetto dell’esposto servigio, sono coper-ti dalla camicia e dalle mutande; non veggon le signore se non quandoentrano ed escon vestite dal casotto.Da tutto ciò rilevi l’Eccellenza Vostra Reverendissima, che niuno scandalopuò darsi, né mai si produsse in tal circostanza nei prossimi passati anni.”

(G. Guidotti: Cronache balneari sambenedettesi del secolo scorso: in Messaggero del 23 agosto 1938)

Le ‘uardie de ‘na vòtePrème Mancine, Cestò e Cullètteiere le ‘uardie de Sammenedètte.Allòre peccule ière lu paesee puche vòte se iave a fa’ spèse…

I vedive a pè u ‘nbececlèttepe’ le piazze e ‘lle strade strette:parì che ière ‘na specie de ronde‘n cerche de latre e maabbunde.

E se t’avì da fa’ nu verbale,anche pe’ na maracchèlle stradale,a ‘na paternale tutte se redecìe nu grusse remprovere te facì:

“Ne lu refa’ perché jie t’arrestee te manne a Forte Malatèste.

“Mò cheje muderne ha menutee se ppù te ccapete quelle sapute…

Nche le devése che ià rebbréjei stevale lucede e tante vréje

sempre pe’ ma’ tè lu telefunineche pare tutte quante manechine.

Ppù sta sempre prunte nche lu blucchetteperché t’ha da stacca’ la bullètte,

che, quanne te ferme, ce l’ha già pruntee dope mannatte su a fa’ i cunte

nche lla specie d’ufféce tante trésteche sta su ‘n piazze de Cesere Battéste.Se je déce le rraggiò ttune ‘nta responnecome se venisce da natre mònne.

E mettece ancò, come se nen vastèsse,che mò ci ha meste pure le ‘uardièsse.Se lu verbale te lu fa une de chèlle‘n ce cunsulème manche se jè bbèlle.

Anche se le devése ne gnère lecèntema pure sculuréte e defferèntee cacche vòte mmeccò sperchètte

revelème Mancine, Cestò e Cullètte.

Camillo Rosati (Verdenille)

Giuseppe Merlini

I PRIMI TEMPI DEL TURISMO: CABINE CON LE RUOTE

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La calda estate del Circolo dei SambenedettesiTre eventi organizzati dal Circolo dei Sambenedettesi sono in programma per la stagione estiva. Tre occasioni di incontro con i soci e gli amiciper condividere momenti di intrattenimento fortemente caratterizzati dalle espressioni della nostra cultura e del nostro modo di vivere la città.

Venerdì 26 luglio – Banchina Malfizia, ore 21,15A ridosso della Festa della Madonna della Marina si terrà la seconda edizione del Recital del Mare che ripropo-ne in video alcuni dei momenti più belli e significativi della prima edizione del Recital del Mare (anno 2007)animata dagli attori della Ribalta Picena. All’interno del percorso si inseriscono, come isole tematiche, nuoveletture in viva voce e musiche dedicate al mare e ai gabbiani.

Domenica 4 agosto – Palazzina Azzurra, ore 18,00Cerimonia conclusiva della XI Rassegna Balconi e Angoli fiori-ti, con lettura ad opera della Ribalta Picena dei “Fiori in poe-sia”, i componimenti poetici pervenuti nel corso di questa edi-zione della Rassegna. L’incontro sarà rallegrato dalle canzoni dei Menestrelli,Ermanna e Tonino.

A tutti coloro che hanno aderito alla Rassegna facendo pervenire immagini dei propri angolifioriti saranno offerti omaggi significativi.

Sabato 9 agosto – Palazzina Azzurra, ore 21,15Terza edizione della Serata Azzurra dedicata al turismo sambenedettese. Cade nello stessogiorno in cui si tenne, nel 1931, la prima festa della Canzone Sambenedettese (v. pag. 5). Perl’occasione sarà proiettato un video di Franco Tozzi con vecchie e nuove immagini delle stagio-ni turistiche a San Benedetto, accompagnate da musiche coinvolgenti. I Panama saranno ancorauna volta i protagonisti dell’intrattenimento musicale che sa fonde-re la tradizione italiana con i ritmi dell’attualità affascinando ilpubblico.

Siamo sicuri che i nostri concittadini parteciperannocon gioia a queste nostre iniziative, da noi pensate evolute come offerta di svago non dissipatorio alla cittàe al turismo sambenedettese.

LU CAMPANÒ - pagina 6

I GIOVEDÌ DEL CIRCOLO

Anche quest’anno “I Giovedì del Circolo” sono stati molto fre-quentati da un attento ed appassionato pubblico che ha ani-mato le conferenze con domande e curiosità suscitando viva-

ci dibattiti. In verità gli argomenti prescelti non sono rientrati nellastretta tradizione dei tempi passati ma hanno riguardato l’attualità allaluce dei mutati interessi delle realtà cittadine, essendo variata e dimolto, la società sambenedettese che, grazie alla sua ospitalità haaccolto gente dai comuni limitrofi e da altri luoghi d’Italia. D’altraparte l’avvento molto invasivo dei mezzi di comunicazione costringetutti ad un quotidiano aggiornamento e voler perseverare in pedisse-que nostalgie rischia di condurre ad una scontata emarginazione.Sono queste le ragioni che hanno consigliato una scelta più adatta allenecessità dei tempi, anche se, a chiusura del ciclo programmato, sonostati ripresi i temi del turismo di una volta con accenni agli usi e aicostumi di un’epoca che ha aperto orizzonti lavorativi nuovi nelcampo dei servizi e dell’accoglienza. Al termine del ciclo degli incontri, non possiamo esimerci dal ringra-ziare:la Professoressa Maria Pia Silla, già preside del locale Liceo scienti-fico ed attuale presidente della Fondazione Libero Bizzarri, per averconcesso la proiezione del documentario “Il confine sottile della pre-carietà” al termine del quale è seguito un vivace e interessante scam-bio di idee con i convenuti;l’Avvocato Silvia Vitali, titolare del locale “Punto Giuridico” che haintrattenuto gli astanti sulle “Attualità Giuridiche” soffermandosisoprattutto sulle innovazioni recentemente introdotte in materia difunzionamento dei complessi condominiali, le cui nuove norme modi-ficano e meglio disciplinano gli obblighi degli amministratori e deicondomini. Anche qui domande, chiarimenti e curiosità hanno carat-terizzato la seduta;l’Architetto Farnush Davarpanah, dirigente del settore progettazio-ne opere pubbliche della nostra Amministrazione comunale che haillustrato con diapositive il progetto di restauro del lungomare nordsuscitando commenti di approvazione e di perplessità attuative difronte ad alcune audaci soluzioni proposte;

il Capitano dei Carabinieri Giancarlo Vaccarini, comandante dellalocale Compagnia che, accogliendo la nostra proposta, ha accettato dispiegare ai presenti gli accorgimenti da attuare per difendersi daglieventi delittuosi. Il suo dire aperto, sciolto e scorrevole ha polarizzatol’attenzione del pubblico a cui è stato anche distribuito un depliantesplicativo con alcune indicazioni da seguire in caso di necessità;il Dottor Vincenzo Marini-Marini, presidente della Fondazione dellaCassa di Risparmio di Ascoli Piceno che ha chiarito le finalità del-l’ente da lui rappresentato, gli scopi sociali perseguiti, le modalità difinanziamento, le possibilità di autofinanziamento e gli alti scopisociali a favore del territorio di pertinenza;il Professor Alfonso Sgattoni, preside del locale Istituto Alberghieroche, accompagnato da alcuni collaboratori e da quattro giovani stu-denti con le tipiche e molto eleganti divise della scuola, ha suscitatol’interesse del pubblico esponendo le attività inerenti all’andamentoscolastico e soffermandosi soprattutto sulle tipicità culinarie locali dicui il brodetto sambedettese costituisce l’espressione più nota e richie-sta e che necessita di un disciplinare codificato per renderlo unico enon confondibile;il Ragioniere Franco Tozzi, studioso e cultore della storia recentedella nostra comunità ed autore di successo della brillante pubblica-zione “San Benedetto come sei cambiata”, documentata da una rac-colta di fotografie d’epoca riproducesti luoghi e costumi di un tempo.Egli è anche autore di altre pubblicazioni e di numerosi video musica-li con suggestive riproduzioni fotografiche a tema specifico che havoluto ricordare proiettando un interessante documentario rievocativodi “come si andava al mare” seguendone l’evoluzione nel tempo finoai giorni nostri. Fragorosi applausi di consenso del numeroso pubbli-co intervenuto hanno premiato il lavoro e la passione del nostro sti-mato e prezioso collaboratore. Un grazie particolare, infine, alle signore che hanno contribuito ad ali-mentare il buffet conclusivo con l’ottima pasticceria casereccia.A chiusura di questa cronaca il Circolo si dichiara molto soddisfattodel consenso ricevuto e si ripromette di continuare il percorso intra-preso con lo scopo di contribuire al consolidamento dei rapporti socio-culturali dei nostri concittadini.

Vibre

XI RASSEGNABALCONI ED

ANGOLI FIORITIIl programma dei sopralluoghi per fotografare ibalconi e gli angoli fioriti di coloro che hannoaderito alla Rassegna è in pieno svolgimentograzie all’operatività di nostri incaricati.Registriamo, quest’anno, un accresciuto interes-se da parte dei nostri concittadini per l’iniziativache vuole essere di stimolo alla cura del verde.La cerimonia conclusiva è prevista per il pome-riggio di domenica 4 agosto nel giardino dellaPalazzina Azzurra. Coloro che hanno aderitoall’iniziativa riceveranno regolare invito amezzo lettera.

2011. Immagini dellaprima edizionedella Serata Azzurra.

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LU CAMPANÒ - pagina 7

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FUNI METALLICHE PER OGNI USO

M - Gentile Scuola sono molto contenta ed emozionata per l’in-tervista che mi concede. Sa, non capita tutti i giorni di poterscambiare le proprie idee con istituzioni di tale importanza!S - Mi meraviglia molto sentirti! Mi permetti: posso darti del tu?Parlare di un’istituzione importante riferendoti a me mi stupisceperché ultimamente la mia autostima sta crollando in quantonon mi sento affatto considerata: la gente comune, seppur conalti e bassi, mi vede lontana e incomprensibile; le Autorità, colo-ro che hanno in mano il potere di fare e di gestire le mie fac-cende, mi bistrattano.M - Mi scusi signora Scuola davvero non capisco: può esserepiù esplicita? Può parlare tranquillamente, tanto siamo qui sedu-te davanti a un bel caffè e quattro chiacchiere confidenziali nonpossono nuocere a nessuno!S - Non voglio tediarti parlando delle numerose riforme che mihanno di volta in volta allungata, accorciata, tagliata…Ma ades-so visto che sei così impaziente di sapere ti dico l’ultima che miè capitata tra capo e collo.Beh me ne stavo tranquilla (si fa per dire) e beata quando ad uncerto punto ha cominciato a volare intorno a me la parolaACCORPAMENTO.Lì per lì sembrava anche una parola buona: accorpare, mettereinsieme, faceva pensare a qualcosa di bello e forse una parte dibene ce l’ha, però…M - Questo però solletica la mia curiosità; se non chiedo troppomi parli di questo PERO’ che credo nasconda una questioneimportante.S - Beh, sì dall’Alto è piovuto questo provvedimento per cui sidovevano formare o accorpare le scuole per creare degli istituticomprensivi ovvero istituti che al loro interno avessero scuolamaterna, primaria e secondaria di primo grado. Per esempio aSan Benedetto del Tronto, dove risiedi tu, sono nati 3 istituticomprensivi: I.C. Sud, I.C. Centro e I.C. Nord.M - Sinceramente non sembra una cattiva idea. Io lavoro nellascuola e pensare di appartenere ad un istituto comprensivo mialletta molto perché penso si possa finalmente verificare e met-tere in pratica la famosa continuità tra i vari ordini di scuola…Mi scusi dov’è l’inghippo che io non riesco a vedere?S - Purtroppo in questa fase di grande crisi economica l’accor-

pamento ha anche significato la chiusura di alcuni plessi; a SanBenedetto ne sono stati eliminati diversi, così a naso credo cheanche tu sia stata toccata da vicino o sbaglio?M - Sì, è vero la scuola di mia figlia, il Damiano Chiesa, che èstata anche la mia, chiude i battenti e tutti gli alunni saranno tra-sferiti nel plesso di Spalvieri.E’ una storia triste perché Porto d’Ascoli centro perde la suascuola dopo quasi cinquant’anni.Il sogno sarebbe vedere il plesso del Mattei, attualmente scuolamaterna, potenziato e allargato per dare vita ad un polo scolasti-co che inglobi anche la primaria; ma come ho detto è unsogno…In questo periodo in cui la sofferenza e il dolore si è esteso inogni dove sembra quasi una bestemmia parlare di sogni eppurei sogni sono cugini della speranza.Ma sa, signora scuola, come le ho detto io insegno e ogni gior-no sfioro il Sole a Levante ovvero i bambini ai quali non possofare a meno di lasciare spazio ai sogni. Il mio lavoro mi per-mette di immergere, ogni istante, lo sguardo nella speranza, dituffarmi in occhi che credono fermamente nei sogni ed è perquesto motivo che li difendo e li onoro…S - Grazie per questa dichiarazione d’amore; spero che questotuo sogno venga raccolto da chi ha la possibilità di farlo avve-rare…in attesa…continuiamo a lavorare…come abbiamo sem-pre fatto!

Meri Iaconi

Una sambenedettesità reiterata

Anche quest’anno la Scuola Armando Marchigiani ha volutocelebrare la fine dell’anno scolastico con una festa in cui sisono esibiti gli alunni della 5^ A della 5^ B, alla presenza,

ovviamente plaudente e commossa, di genitori, parenti ed amici.Come altre volte si è trattato di una esibizione in scenette, quasitutte dialettali, arricchite da canti e suoni, mentre i protagonistiindossavano abiti a rievocare il folclore paesano.Quest’anno la manifestazione è stata accompagnata da una piccola,preziosa pubblicazione, dal titolo “sciavame cheje de i pajarà”, con-tenente immagini della San Benedetto di un tempo, brani di poesiee canti, nonché i testi delle scenette e l’elenco degli alunni protago-nisti.Non volevamo turbare la modestia delle operatrici che hanno orga-nizzato, preparato ed eseguito l’evento, citando i loro nomi, ma sitratta quasi tutte di donne, insegnanti e dirigenti, che hanno incon-trato la meritata collaborazione dei genitori degli alunni, in questoovviamente stimolati ed incoraggiati dalla direttrice, StefaniaMarini. Dal volumetto, quindi, apprendiamo che ci sono stati gliapporti di Olimpia Di Cecco, di Maria Tozzi, di Patrizia Bollettini,assistite da Rossela Lupini, Alessandra Ricci, Claudia Carrino, conl’apporto del sonoro di Elio Giubbi. Forse non si tratta di tutta lasquadra che ha operato, ma essi ne rappresentano certamente lamaggioranza.Non possiamo non plaudire a questa iniziativa che rappresenta unvero fiore all’occhiello nella realtà culturale sambenedettese, sem-pre più povera di memoria, soprattutto nella trasmissione del dialet-to alle nuove generazioni, visto questo come patrimonio inalienabi-le di una civiltà particolare legata ai lavori sul mare e per il mare. Il nostro Circolo, che di questa trasmissione di memoria ne ha fattomotivo assoluto, ringrazia e si augura la prosecuzione su questa

strada fatta dimomenti dididattica e dia p p r e n d i -mento unicinel contestocittadino.

G. Cavezzi

Il nostro Circolo,quando promos-se la realizzazio-

ne del monumentoal “gabbiano”, inte-se codificare, contale opera, la me-moria fortementesimbolica della sto-ria marinara delpaese, dando ad es-sa, attraverso l’ap-pellativo di “gab-

biano Jonathan”, un carattere internazionale,conferendo un omaggio a quel volatile per lasua diffusione nel mondo, alla stregua di quan-to avvenuto per le nostre marinerie. Allora nonsi pensò di aggiungere a tale nome il designan-te dialettale de “lu cucale”, ritenendo viva lapresenza di tale parola nel linguaggio locale.Ma ora che si avverte ogni giorno di più, nono-stante i nostri sforzi, il dissolversi delle consa-pevolezze linguistiche legate al nostro dialetto,abbiamo sentito il bisogno di riproporre taleparola.Diciamo anzitutto che il termine “cucale” èrimasto a lungo nel linguaggio delle popola-zione rivierasche truentine in quanto recepito econsolidato molti secoli addietro. Si tratta di

una parola, così come attestato da studiosialbanesi, derivante dal termine “qucane” cheindicava nei dialetti marinari di quel paese ilvolatile in questione, ma anche derivante daquello di una divinità alata che guidava quan-ti andavano per mare, la dea Qucan. (VediCimbas N° 14 del Marzo 1998, Hasan Hulqini,Il glossario marinaro di padre Viktor Volaj).Quella de “lu cucale” è stata una presenzacostante pur trattandosi di un volatile che noncovava sulla nostra sponda ma proveniva dalleisole antistanti la Dalmazia. Il vento lo guida-va verso occidente, ma anche la percezione dipossibili nutrimenti acquisibili sulla costa o permare, seguendo banchi di pesci o barche dipescatori.Un uccello straordinariamente sensibile aglieventi meteorologici che serviva a segnalarli aquanti andavano per mare: mutamenti deltempo recepiti nelle tipologie dei voli, nell’as-semblamento in stormi e cinguettii di chiarosignificato d’allarme. Ma anche la pacificapermanenza sulle coperte delle barche, sullariva, tra i massi del porto, erano segnali di sicu-rezza e di bonaccia.Un simbolo rappresentato di frequente dagliartisti che si ispiravano al mare e al suoambiente. Vogliamo ricordare su tutti quello diGiuseppe Scotese nel trittico che ricorda la tra-

gedia delle paranze del 1922, un tempo espostonell’aula consilare del nostro Comune ed oravisibile in alcuni piccoli spazi dei piani supe-riori del palazzo municipale, ove si può osser-vare un gabbiano planare nei pressi del corpodi un annegato approdato sulla riva (vediimmagine iniziale). Ma ci sono stati anche ipoeti locali che ne hanno ricordato l’immaginesuggestiva, talvolta gli attributi ornamentali, lesue furbesche rapine di pesci, oggi simbolo diun mondo scomparso. Per ulteriore testimonianza riporto uno deidisegni contenuti nel quadro che lo stesso regi-sta sambenedettese mi omaggiò con la dicitura“…da nu cucale all’altro…”, lavoro in cuiriporta tutti i vari atteggiamenti che il gabbia-no assume nei diversi tipi di voli.Per questo ho scritto una poesia 25 anni fa cheora putroppo acquista anche significato dipresagio nellascomparsa diquel volatile ela fine di un’e-popea.

GabrieleCavezzi

La canzonede lu cucale(primavera 1988)

Cheste de lu cucale jè na canzone andeche, fatte de vinde, de ciuschije e de mejeche,quanne le vele belle jeve ‘ndà lu solee a Marze se cujì ‘ngore le viole.

Timbe de cande e timbe de sturnellequanne te calemmive ‘ngeme le mijelle.Jeve nu trebbelà per rrevà a ssere!… e se lu raccunde mò nen pare vere!

Mo che l’acque s’ha tutte ‘mpetremetee ‘nzà remmedie mezza palamete,tu pure va ‘ndercole a stu mestire,va ‘ngerche de mennezze e scì frastire1.

Addije cucale e addeije jvenezzeche sci remmaste ‘affunne ‘nghe la rète.Saluteme stu monne…e chijé v’è ‘rrète!

1 Si allude alle discariche allora in attività sulle pendi-ci collinari dell’Albula e del Ragnola

Lu cucale (Il gabbiano)

Intervista alla Scuola della serie:per chi suona la campanella…

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LU CAMPANÒ - pagina 8

CCUUCCIINNAA TTIIPPIICCAA DDII PPEESSCCEE FFRREESSCCOO TTUUTTTTII II VVEENNEERRDDÌÌ BBRROODDEETTTTOOAALLLLAA SSAAMMBBEENNEEDDEETTTTEESSEE

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Lungomare Scipioni, 37Concessione n. 70SSAANN BBEENNEEDDEETTTTOO DDEELL TTRROONNTTOO

la LancètteC H A L E T R I S T O R A N T E

Nel giro di alcuni giorni diversi per-sonaggi della nostra città di hannolasciato per un’altra vita: tra questi

Luigi Del Zompo, deceduto ad 80 anni il1° giugno e, l’indomani, Nicola Giulianiad 83 anni. La loro scomparsa ha postofine ad altrettanti periodi di sofferenza fisi-ca insorti negli ultimi tempi, quindi uncommiato liberatorio che comunque haprocurato tanto dolore nei familiari e negliamici. La testimonianza di tali sentimentisi è avuta in occasione dei funerali intensa-mente partecipati e vissuti da una follaimmensa.Due figure che indirettamente ci racconta-no la storia di San Benedetto. Il primo èuno dei 6 fratelli che prendono dal padre ilsoprannome de “la Spuze”, membri di unadelle stirpi più conosciute in paese, deditinei primi anni della loro vita al mestieredella lavorazione della canapa, da piccoligirando la ruota al genitore o al fratellomaggiore, quindi imbarcandosi (come faràBenito, deceduto pochi giorni dopo ladipartita del fratello, a 77 anni, accumuna-to a questo in un destino di sofferenze fisi-che degli ultimi tempi). O dedicandosi allabalneazione turistica, come sceglieràPietro, anch’egli quanto mai rappresentati-vo della sambenedettesità, ancora oggi nelsuo stabilimento sul lungomare: protagoni-sta di tante iniziative di promozione d’im-magine di amici scomparsi, di assistenzanell’Unitalsi e di beneficenza.Luigi sceglierà presto la vita di infermieree già negli anni 50 del secolo scorso lovediamo in camice bianco nelle corsie delvecchio nosocomio di Via Pizzi.Parteciperà con il suo indefesso lavoro allosforzo collettivo dei sanitari e dei dipen-denti del tempo alla crescita dell’Ospedale.Ricoprirà più tardi il ruolo di caposala nelreparto di Otorinolaringoiatria nel nuovoospedale, sino al pensionamento, conamore per il luogo e per l’attività di assi-stenza che svolge, nella stima e nell’affetto

dei superiori e dei colleghi, sino al pensio-namento. Nel frattempo si è sposato conMaria, un’infermiera che presta sevizionello stesso ospedale ed entrambi darannovita ad una discendenza di 3 figlie e cinquenipoti.

Luigi non si è mai sottratto all’impegno aldi fuori della sua professione e c’è chi loricorda quando faceva da assistenza ai tec-nici nei primi anni dell’attività del GruppoSportivo AVIS, soprattutto nelle trasferte,assicurando sorveglianza ma anche sicu-rezza infermieristica. Di questa esperienza,in lui, era rimasto vivo soprattutto il ricor-do di quando, insieme a me ed alcuniragazzi impegnati in una corsa campestre,si era recato a Monsummano dove depo-nemmo una corona di fiori sulla tomba diStrulli, il portiere dell’Ascoli deceduto alBallarin per infortunio.E poi ci ha lasciato Nicola, preceduto pocotempo prima dalla tenerissima moglieSavina, evento luttuoso che ha contribuitocertamente nell’accrescergli le sofferenzefinali. Lascia due figlie ed un maschio, concinque nipoti, uniti nel dolore di tutta laparentela. Nicola è stato il simbolo dell’at-tività panificatoria, non solo per la qualitàdi eccellenza dei suoi prodotti, ma per lagenerosità nei confronti dei poveri, accre-sciuta dall’operare in un quartiere come ilPaese Alto, dove l’indigenza ha fatto sto-ria, insieme alla solidarietà. Ed in questo la

moglie ne era indefessa collaboratrice edemula, facendo di entrambi un punto diriferimento straordinario nel simbolo delpane.Nicola è stato ricordato anche come tifosostraordinario della Samb, impegnato sem-pre in prima linea a comunicare la sua vici-nanza e la straordinaria partecipazione, inciò seguito anche dai suoi che spesso veni-vano coinvolti nelle trasferte che lui,coraggiosamente, compiva con la propriaauto, dopo una giornata intensa di impegnilavorativi, e non solo.Una testimonianza originale ci è stata for-nita da Nicola Romani, celebrato memoria-lista della civiltà marinara sambenedettese.Giuliano è stato il primo ed assoluto forni-tore di pane per quasi tutta la nostra flottaoceanica, attraverso il suggerimento forni-togli da un celebre cuoco di bordo sambe-nedettese (“Valoroso”): egli preparava inmodo consono quell’alimento che poiveniva surgelato e quindi conservato nellelunghe campagne di pesca. Romani ha par-lato di oltre 300 chilogrammi di questopane speciale consegnato ad ogni barca almomento della partenza dal porto, cosa cheha reso ancora più intimo e duraturo il rap-porto con ilpaese da cui imarinai eranocostretti a sta-re lontani.Due sambene-dettesi che cihanno lascia-to, ma che nonpotranno esse-re dimenticatifacilmente.

GabrieleCavezzi

Ma che succede nei giardinipubblici di viale Olindo Pasqualetti?

Tornare per la terza volta sullo stesso argomento certamen-te è un segno di anzianità. Si sa, infatti, che i vecchi ten-dono a ripetere spesso le stesse cose. Pazienza! Del resto,

la mia matura età mi obbliga moralmente a ripetere le stesse rac-comandazioni, in linea, del resto, con lo Statuto e le finalità delCircolo dei Sambenedettesi che mira soprattutto a far rispettare evalorizzare la storia, il dialetto, l’ambiente della comunità e inlinea con molti articoli, denunce, scritti pubblicati su Lu campanòda molti anni.Ho notato che non solo tutti,diconsi tutti, i lecci sono morti,piccoli e grandi; alcuni tagliati,altri fanno ancora mostra dellaloro incurabile malattia. Nonavevo ancora visto che, oltre adiverse essenze arboree, altridue pini, esattamente del tipopinus pinea, sono morti per nondire assassinati da uno scono-sciuto killer. La moria ormai ècompleta; la peste delle piantenon è meno dolorosa del chole-ra morbus che ha funestato piùvolte il nostro borgo marinaio.Il punteruolo che ha falcidiato le rigogliose palme è un capitolo aparte e l’Amministrazione comunale non sembra che ne abbiaresponsabilità. Che all’inizio del nuovo secolo la città debba assi-stere a tale strage ecologica è assurdo. Eppure è così. Qualcunorisponderà mai perché, da quando, solo pochi fa, tutta l’area arbo-rea, delimitata da via Mazzocchi, viale delle Palme (ora vialePasqualetti) e Palazzina azzurra, è stata bonificata, sistemata, ordi-nata in base a un progetto tanto decantato dell’Amministrazione,sia stata colpita dall’oscuro morbo. Qualcuno sa che molti di que-sti alberi, compresi i due pini, sono (o meglio erano) secolari.Secolari davvero, perché la mia memoria è ancora integra e se liricordo uno ad uno fin dalla scapestrata fanciullezza, vissuta contanti coetanei che di anni, se sono ancora in vita, ne hanno ottantae passa, vuol dire che quei pini e quei lecci di anni ne avevano unpo’ di più. Fa veramente pena vederli scheletriti, tronchi spogli diogni vegetazione, testimoni impotenti di una condizione vegetale eumana che non risparmia più nessun essere. È triste non avere piùalleati che con il fresco e con l’ombra possano sollevarci mentreanche in troppi perdiamo “la speranza che ha fior del verde”.

Tito Pasqualetti

Così si legge sulle pagine dell’Albo d’Onore deiCaduti Civili del Mare di San Benedetto delTronto, realizzato nel 1990 per iniziativa delCircolo dei Sambenedettesi. Uno stralcio dal ver-bale steso a seguito della scomparsa delMartinsicuro II avvenuta quarant’anni fa nelleacque della Sardegna. Ai nomi dei marinai sambe-

nedettesi vanno aggiunti quelli dei due marinai diMartinsicuro che facevano parte dell’equipaggio:Domenico De Felice (capobarca) e Bruno Ferretti.Dopo quaranta anni il mistero di quella scomparsaresta irrisolto. Se nel settembre di quello stessoanno un articolo sul giornale “Il Marchigiano”, afirma di Secondo Balena, titolava “I cinque fanta-smi del “Martinsicuro II”, oggi possiamo ben direche i fantasmi si sono dissolti perché risucchiati daun tempo troppo lungo che non ha saputo fare giu-stizia del mistero.Ho vissuto personalmente quella vicenda perchémio zio, Francesco Mignini, era tra i marinai scom-parsi. Ricordo l’incertezza vissuta dalle famiglie,l’attesa di notizie che arrivavano sempre contrad-dittorie facendo nascere speranze subito deluse eillusioni ingannevoli. Nessuna traccia in mare dellabarca e degli uomini. Da qui illazioni a non finire,ipotesi smentite dai fatti, ritrovamenti di cadaverimai riconosciuti, avvistamento di barche simili eriverniciate che se ne andavano a zonzo per ilMediterraneo. E infine la rassegnazione che devecomunque farsi strada quando il mare si ostina acustodire un segreto. Il dolore tuttavia, acuito dallamancanza di certezze, ha lasciato un segno profon-do nelle mogli e nei figli che hanno atteso a lungoma inutilmente una risposta alle tante domande.Eppure il mare era calmo nella notte del 27 maggio

1973, quando ilMartinsicuro II salpòda S. Antico, pocodopo il motopesche-reccio gemello dinome MartinsicuroIII. E’ quindiimpensabile un nau-fragio dovuto a mal-tempo.Nel già citato artico-

lo di Secondo Balena vengono riportate varie ipo-tesi sulle possibili cause di quella misteriosa scom-parsa: la prima tira in ballo i pirati che da semprepercorrono i nostri mari per contrabbando; un’altrarimanda ad una possibile cattura, finita male, daparte di motovedette africane per la solita questio-ne delle acque territoriali; un’altra ancora ad unacollisione con una nave di grandi dimensioni cheavrebbe provocato l’affondamento immediato delpiù piccolo Martinsicuro.Richieste di indagini e chiarimenti furono inoltratedalle famiglie alla Capitaneria di Porto di SanBenedetto e a quella di Cagliari, per avere qualcheindicazione veritiera che potesse fugare oscurità esospetti riguardo a un evento rimasto incomprensi-bile. Le loro risposte, però, non hanno mai potutoilluminare il buio di quella tragedia marittima cheha aggiunto altri nomi a quelli delle vedove e degliorfani di cui è piena la storia del nostro mare.

Il ricordo di mio padre, “Il gabbiano del mare”,è ancora vivo così come quello della tragedia.

Per anni io e la mia famiglia abbiamo sperato diconoscere la verità, per anni abbiamo portato,oltre che il lutto e la sofferenza, il peso di unamorte ancora più incomprensibile di altre.Nessuno ci ha aiutato, al contrario solo parolevane, parole che non hanno ovviamente cancellatodolore e lacrime e sopperire alla perdita. Per anni,ogni singolo anno, l’ho ricordato nel silenzio diquesta tragedia, negli occhi spenti di mia madre edin quelli tristi dei miei fratelli. Ogni Natale, daunica figlia femmina, che adorava il propriopadre, ho pianto ripensando a quanto amassimofesteggiarlo insieme.Il mare che NazzarenoMassi ha tanto vissu-to, amato e navigato,è lo stesso che si èportato via un uomoimportante ed ecce-zionale per me e lamia famiglia.

Maria Teresa Massi

Il Martinsicuro II: un mistero che dura da quarant’anni

1973/28 maggioMassi Nazzareno nato 27.7.1922Mignini Francesco nato 31.1.1920Croci Vittorio nato 9.5.1919

“deve ritenersi che i detti siano periti a segui-to della presunta perdita della nave“Martinsicuro II” nelle zone di mare com-preso tra le isole di S. Pietro e S. Antioco…”

Vittorio Croci

Francesco Mignini

di Benedetta Trevisani

Due personaggi emblematici della San Benedetto che non c’è più

Luigi Palestini nel vecchio ospedale di via Pizi.

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LU CAMPANÒ - pagina 9

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L’ultima legge sui regolamenti condominialirisale al 1942: ci sono voluti 70 anni per que-sta riforma che porta con sé alcuni cambia-

menti, tra cui i principali:

RISCALDAMENTOChi si vuole staccare dall’impianto centralizzatopuò farlo senza lunghe attese: non è più necessarioil benestare dell’assemblea di condominio - inalcuni casi era addirittura richiesta l’unanimità deivoti - a patto di continuare a pagare la manuten-zione straordinaria dell’impianto condominiale.

ANIMALISecondo la nuova legge, il regolamento del condo-minio “non potrà vietare di possedere o tenere ani-mali domestici”: una decisione che stabilisce ildiritto ad avere animali da compagnia prima nonespressamente sancito e destinato a ridurre le litiscatenate dalla presenza di animali.

ASSEMBLEECambia il quorum necessario per prendere decisio-ni nelle assemblee di condominio. Con la nuovalegge è stato abbassato alla maggioranza degliintervenuti in assemblea a patto che rappresentinoalmeno la metà dei millesimi, l’unità di misura concui si classificano i differenti proprietari in base allecaratteristiche del loro appartamento e della loroporzione di parti comuni.Un numero necessario per deliberare l’istallazionedi impianti di videosorveglianza sulle parti comuni,impianti per la produzione di energia solare o eoli-ca, o per aprire un sito internet del condominio cuiaccedere tramite username e password.Per il cambio d’uso dei locali comuni, sarannonecessari i quattro quinti dei consensi, mentre pereliminare le barriere architettoniche basterà inveceun’assemblea con un terzo dei condomini.

AMMINISTRATORECambia il profilo professionale dell’amministrato-re, con ulteriori requisiti per svolgere tale mansio-ne: il professionista, che si occuperà di gestire l’im-mobile e che potrà restare in carica per due anni,non dovrà essere stato condannato per delitti controla pubblica amministrazione. Se trattasi di profes-sionista, deve anche essere diplomato e avere seguì-to un apposito corso di formazione; requisiti questinon richiesti se a fare l’amministratore è chiamatouno dei proprietari degli appartamenti. Possonosvolgere questa funzione anche le società. Ove sia richiesto, dovrà stipulare una polizza a tute-la dei rischi derivanti dal proprio operato e indicarequanto chiede come compenso al momento dellanomina. Potrà essere licenziato prima della fine delmandato in caso di gravi irregolarità fiscali.

LAVORI DI MANUTENZIONE Per i lavori di manutenzione straordinaria deveessere sempre costituito un fondo speciale per <unimporto pari all’ammontare dei lavori>.

VITA PIÙ DIFFICILE PER I MOROSIGli amministratori dovranno obbligatoriamenteemettere decreti ingiuntivi per rientrare dai manca-ti incassi. In mancanza, potranno essere revocatidall’autorità giudiziaria su ricorso anche di un solocondomino.

NUOVI OBBLIGHI E’ previsto il Registro di anagrafe condominiale(nel quale dovranno essere riportate le generalità deiproprietari e di eventuali usufruttuari, comodatari,inquilini; codice fiscale, residenza, domicilio; daticastali dell’unità immobiliare, nonché i dati sulle con-dizioni di sicurezza dell’appartamento) quello dinomina e revoca dell’amministratore, quello dicontabilità. Occorrerà poi aprire, qualora non siaancora stato fatto, un conto corrente bancario o posta-le intestato al Condominio. Tutta la documentazionedeve essere disponibile per i condomini.

VICINI MOLESTIAumenta il rigore contro i danni e i disturbi: la san-zione per chi viola il regolamento condominialepassa dalle irrisorie 0,052 euro, previste fino ad ora,a 200 Euro che arrivano a ben 800 Euro, in caso direcidiva.Le nuove regole valgono, non solo per gli schia-mazzi notturni o in orario di riposo pomeridiano,ma anche per chi innaffia i fiori o fa cadere l’acquasui balconi altrui o per chi, per esempio, batte i tap-peti fuori dalla finestra. D’altra parte, è indispensabile confrontarsi con glialtri condomini circa l’utilizzo degli spazi che sonocomuni a tutti, perché la condivisione implica anzi-tutto la cura di spazi e regole con altre persone edin primis il rispetto reciproco. Queste sono alcune delle novità principali cheentrano in vigore a partire dal 18 giugno e che sonodestinate ad una miglior regolamentazione delCondominio anche allo scopo di ridurre l’enormecontenzioso condominiale.

Ma perché e in che misura si litiga in condominio?Le liti condominiali oramai sono diventate un clichéquando si parla della vita in condominio. Dalle statisti-che risulta che almeno una persona su tre ha avuto unalite e quasi una persona su 10 più di una lite. I motivi più frequenti di litigi sono collegati a pro-blemi di convivenza quali: rumori, odori provenientida altri appartamenti, pulizia, molestie e comporta-menti incivili da parte degli altri condòmini, disac-cordo sui lavori di manutenzione da fare, uso deglispazi comuni oppure la loro occupazione da parte disingoli condòmini.La classifica delle ragioni delle liti segue con: disac-cordo sui pagamenti delle utenze comuni, disturbi cau-sati dagli animali domestici, infiltrazioni d’acqua ealtre cause di minore consistenza. Queste a grandi linee, le percentuali: il 42,13% si èrivolto all’amministratore del condominio per risol-vere il problema; una persona su tre ha cercato di tro-vare una soluzione da solo; il 22,47 % si è rivoltoall’avvocato.Di coloro che si sono recati dall’avvocato: il 47,50 %di loro ha risolto la lite; il 35% non l’ha risolta, il 17,50% risulta avere ancora le pratiche in corso, per effettodelle lunghe tempistiche procedurali dei Tribunali. Dopo questa nuova legge, si è parlato di “rivoluzio-ne del pianerottolo”, ma sono convinta che la verarivoluzione si verificherà quando tutti riusciremo acomprendere - al di là delle nuove norme di leggeapplicabili – cosa realmente significa “vivere in con-dominio” e che cosa questo implica e quando capire-mo che il condominio è un luogo privilegiato di rela-zioni sociali, nel quale è giusto imparare a conviverecon le cose ma soprattutto con le persone, perché èproprio la qualità delle relazioni, della convivenzacivile, l’efficienza della struttura, degli impianti e deiservizi condominiali che vanno ad incidere forte-mente sulla vita delle singole persone, rendendolaqualitativamente migliore. Per questa ragione, la coesione sociale interna al con-dominio, che dovrebbe essere un valore primario daperseguire, deve passare prima di tutto attraverso ilrispetto reciproco e quello delle norme che regolamen-tano la vita condominiale.Per salvaguardare la qualità della vita delle persone edil valore della vita condominiale, dove vivono personediverse per età, cultura, provenienza sociale ed etnica,opinioni ed interessi, bisogna cercare di recuperare emantenere saldi i legami con i valori della tradizionecivile quali socialità, solidarietà ed amicizia perchédiversamente - avanzando il degrado socio-ambientale- ciascuno si chiude o arrocca nella propria casa, ali-mentando ciascuno le proprie solitudini.Ecco perchè l’approccio per gestire questo tipo di con-troversie dovrebbe essere orientato più verso l’aspettopsicologico e relazionale che verso l’aspetto normati-vo, in primo luogo dando un valore “diverso” al

Regolamento di condominio che invece spesso non èconosciuto dai condomini ed il più delle volte è la foto-copia di modelli “standard”, non affatto aderenti alleesigenze e alla realtà del singolo condominio e dei sin-goli condomini.In ogni condominio si dovrebbe pertanto valutare l’op-portunità di una rivisitazione dello stesso, in modo darafforzare i legami sociali ed una convivenza positiva,nel tentativo di trasformare una serie di obblighi impo-sti dall’esterno in “regole condivise di convivenza”,in una logica di collaborazione tra condomini, in gradodi stimolare il senso di appartenenza ad una comunitàe di responsabilità per un reale impegno ad applicare“regole” che non rimangano solo “astratte” ma sianocapaci di tradursi in azioni condivise e sostenute quoti-dianamente con uno sforzo costante di tutti teso adabbassare il livello della litigiosità, per cercare di favo-rire l’instaurarsi di buone relazioni tra condomini.Per questo è importante in primo luogo la figura ed ilruolo dell’amministratore, con scelta consapevole deicondomini mirata a privilegiare chi sia capace di mani-festare un atteggiamento di imparzialità e di equidi-stanza, evitando logiche di gestione clientelare ed inve-ce sensibilizzando i condomini rispetto alla possibilitàdi sperimentare forme di vita condominiali più socialie di rompere l’isolamento individualistico tipico del-l’ambiente condominiale.Sarebbe interessante agganciarsi ad un’iniziativa isti-tuita in Francia e che si sta diffondendo nel mondo, ”LaGiornata del Buon Vicinato”, dove si può sperimenta-re almeno per un giorno un approccio verso quelleforme di vita condominiale più sociali che sono state leforme di vita più comuni per i nostri nonni.Il clima condominiale è strettamente legato anche almodo in cui si prendono le decisioni in assemblea: pro-muovendo una maggior etica nei rapporti tra le perso-ne si possono evitare conflitti ed offese, come invecetroppo spesso avviene nelle discussioni condominiali.Negli anni ci si è reso conto che l’elevato tasso di con-flittualità di alcune assemblee, sempre più frequente ecomplesso da gestire, dipendono in realtà da pulsioni,sentimenti e dinamiche che poco hanno a che vederecon il rifacimento di una facciata o di tubature o dimanutenzione del giardino, soltanto essendo il mezzoo l’occasione per esprimere delle frustrazioni che si tra-vestono da questioni condominiali, ma che tali nonsono.Tali conflittualità sono generate principalmente da duefattori: mancanza di relazione e comunicazione tra icondomini al di fuori dell’assemblea e mancanza diregole, riferimenti, valori e confini all’interno dell’as-semblea. Se non c’è relazione o se questa è scarsa, nonc’è modo di creare regole, consuetudini e valori cheaccomunino le parti: l’assemblea è l’occasione peravviare delle relazioni tra condomini e lì dichiarare ivalori che governano l’assemblea stessa, nonchè la vitacollaborativa del condominio necessaria per “creareuna coscienza del condominio”. Il condomini confliggono principalmente perchè non sisentono parte di una cosa comune, ma si sentono sepa-rati e spesso concorrenti “mors tua-vita mea”, che scat-ta infatti in un regime selvaggio, in cui non c’è nè leggenè garanzia che tuteli chicchessia, per cui ciascunotenta di imporre la propria legge, la propria coscienza.Affinchè la conflittualità scenda ai minimi termini, chipresiede l’assemblea, in collaborazione con chi rivestedirettamente il ruolo di amministratore, dovrebbe inprimo luogo ricordare che tutti i condomini e tutti i sin-goli interessi sono strettamente “connessi” tra di loro,costituendo un “bene collettivo”, per cui i valori di rife-rimento da porre a base dei criteri di analisi e di sceltaper ogni delibera dovranno essere GARANZIA perchiunque.La gestione dell’assemblea deve essere improntata alrispetto degli interventi, alla possibilità da parte di tuttidi esprimere compiutamente il proprio parere, portan-do ad approvazione le delibere in modo chiaro, allagestione del tempo degli interventi. Il ruolo dei condo-mini deve essere improntato al rispetto reciproco, aparlare uno per volta senza sovrapposizioni, a faresilenzio quando gli altri intervengono. L’assemblea èl’organismo decisionale del condominio per eccellenza

e pertanto essa non può essere svilita ad una mera “gaz-zarra” per ratificare decisioni che – in realtà - vengonoprese al di fuori di essa.Il rispetto delle decisioni assembleari dipende dallecaratteristiche stesse del processo decisionale.In genere, le decisioni della maggioranza vengonoaccettate se il processo è stato trasparente, se le infor-mazioni e gli elementi che hanno portato alla decisio-ne sono state fornite a tutti i partecipanti in egual misu-ra senza pressioni e/o manipolazioni, nel rispetto deldibattito e delle diverse opinioni.Il voto finale deve essere quindi espresso a ragionveduta e non essere il frutto dell’emotività e di tensio-ni contingenti.La scelta di incentivare la partecipazione diretta di tuttii condomini comporta la necessità di limitare alcunimeccanismi che depotenziano il valore dei processidecisionali propri del momento assembleare, quali adesempio:la raccolta di firme per predeterminare o sostituire ledecisioni dell’assemblea;l’accorpamento di deleghe a pochi soggetti che poimaterialmente prendono le decisioni in assemblea adiscapito talvolta della reale volontà dei deleganti;l’attribuzione di deleghe all’amministratore stesso perevidenti confitti d’interesse rispetto ad alcune materieoggetto di decisione assembleare. In effetti, su questoultimo punto la nuova normativa è intervenuta negan-do la possibilità di attribuire deleghe all’amministrato-re.In definitiva, la nuova legge auspica un “cambiamen-to”, che impone nuove responsabilità e nuove consa-pevolezze, che potranno però raggiungere gli effettisperati attraverso un procedimento che non sia non ral-lentato o ostacolato da errori di comunicazione e daincapacità di gestione di rapporti e situazioni da partedei singoli condomini e da parte dell’Amministratore,al quale oggi si chiede soprattutto di “investire” nel“capitale umano” presente nel Condominio. E’ in questo contesto che si pone la proposta dal nuovo“decreto del fare” di affrontare e definire le conflittua-lità e le controversie ivi insorgenti attraverso la “media-zione”, quale soluzione alternativa che costituisce sicu-ramente una opportunità per tutti di imparare a svilup-pare al meglio le proprie capacità, a saperle comunica-re, per poter risolvere al meglio i propri problemi, chesono poi i problemi di tutti. In questa ottica, il “mediatore condominiale”, in quan-to a conoscenza di tecniche di comunicazione idonee ecapace di avere un atteggiamento “empatico” potràaiutare i condomini a:definire i propri obiettivi in modo efficace;migliorare la propria strategia comunicativa;comprendere più profondamente sé stessi e gli altri.Favorendo il rispetto reciproco, si eviteranno fastidioseliti condominiali, sicuramente migliorando la qualitàdella vita di tutti coloro che vi vivono.

Silvia Vitali

Non il “solito” Condominio

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Scuotendo il capo, gli anziani parlano disalute e volentieri si lasciano sfuggirel’inizio di una frase ricorrente nei loro

discorsi al riguardo : “ Ah, il medico di unavolta....”Quella del medico è sempre stata una realtà divita difficoltosa, ma oggi credo non abbiaspazi di sosta. Oggi anche il medico vive dicorsa come tutti noi, e ho l’impressione chenon abbia tanto tempo da dedicare all’ascoltodei troppi pazienti, e tanto meno a se stesso.Oggi viviamo quasi in fuga verso realtà chepromettono orizzonti di miglior benessere, ma,si sa, gli orizzonti sono virtuali e realmenteirraggiungibili. Nell’andare ci inceppiamo inmille ostacoli, le mete ci appaiono lontane enel nostro affanno o nel nostro scontento,sembriamo smarrire la via dell’equilibrio,rischiando di “ingabbiarci” in una solitudineche ingloba, a causa di soluzioni irrisolte, sfi-ducia e apatia.Spesso ci si lascia andare, e magari si rifiuta dicercare altre vie per dare un senso alla propriaesistenza. Purtroppo si vive in un clima di spe-ranze disattese.I miei ricordi ritornano alla “gente di untempo”, a quella del dopoguerra, che sapevascrollarsi di dosso gravi problemi di miseria esofferenza, conservando , nonostante i disagi,il sano buonumore : era sorretta dalla speranzae quindi dalla capacità di dare slancio alle pro-prie risorse personali; questo, a mio parere,motivò il boom degli anni sessanta.Vi racconto di “un medico di una volta “, di undottore che a me, semplice ragazzina, sembravafelice, forse perché ricco di interessi a cui dedi-cava il suo tempo libero. Il medico LudovicoGiovannetti si faceva apprezzare per le suecompetenze nella medicina di base, per la suaattività di dentista e...come amico sempre dispo-nibile a risolvere con adeguati consigli dubbi oproblemi del prossimo. Ho letto su questonostro giornale che nel 1926 era presidentedell’Unione Sportiva Sambenedettese e ciò haconfermato le molteplici sue attività anche afavore della nostra città.Aveva l’ambulatorio in via F. Crispi: un ampioappartamento in cui oltre a ricevere clienti,aveva creato un laboratorio di falegnameriaben attrezzato... Non era il mio medico difamiglia, ma talvolta mi recavo da lui con lamia amica sua paziente. Ci accoglieva conslancio, ci ascoltava con attenzione, ci consi-gliava circa i nostri piccoli problemi.Imponente nell’aspetto, signorile nei modi, sirelazionava con calore e suscitava simpatia econfidenze. Sapeva adeguare l’argomento delsuo parlare all’interlocutore del momento, percui nessuno era a disagio al suo cospetto.Partecipava alla vita dei suoi pazienti anchenei momenti che non riguardavano la malattia;era invitato alle feste famigliari a cui interve-

niva con piacere. Ci confidava gioiosamenteche l’indomani sarebbe andato ad uno “sposa-lizio” ed era orgoglioso dell’invito ricevuto,sia che provenisse dal più umile dei pescatori,sia dalle famiglie facoltose o signorili che sidistinguevano per rango nella modesta societàmarinara del tempo.Si era alla metà degli anni cinquanta.Il dottore aveva l’hobby della costruzione deiviolini e ce ne mostrava le parti da assembla-re o gli strumenti già terminati ma da rifinire,nel laboratorio attiguo all’ambulatorio, attrez-zato con macchinari e arnesi adatti al lavoro difalegnameria.Era un ambiente affascinante in cui entravamoin punta di piedi, quasi temendo di violare unluogo sacro; osservavamo in silenzio, stupe-fatte che un medico potesse avere simili inte-ressi. Giovannetti aveva una figlia, Lary, spo-sata Scipioni, che era cantante lirica e girava ilmondo per concerti o spettacoli. Il dottore dun-que conosceva il mondo della musica, eraappassionato della lirica e grande estimatoredella figlia di cui parlava con orgogliomostrandoci sue foto nei costumi dei perso-naggi di opere più o meno famose. Fu proprioin quegli anni che con il maestro di musicaEraldo Grati fondò la prima filarmonica di SanBenedetto e noi fummo tra i primi iscritti.Eravamo un bel gruppo di giovanissimi chespesso la sera si riuniva nei locali della scuolaMoretti per cantare sotto la guida del maestroGrati e la supervisione del dottore .Eseguivamo canti corali di operette ed opereliriche, le più conosciute; canti abruzzesi emarchigiani; cori di montagna; e, con grandepassione, canti in vernacolo sambenedetteseche non avremmo mai più dimenticato. Siandava poi ad esibirci nei teatri di alcune cittànon troppo lontane, dove si faceva a gara conaltre filarmoniche. Indossavamo costumi sam-benedettesi antichi e colorati: gonnelle lunghee arricciate e camicie bianche, ampie, conmaniche “a prosciutto”. Eravamo veramentefelici di esportare il vernacolo oltre i confinidella nostra città. Inoltre eravamo gratificatiper l’amicizia e l’interesse paterno con cui ilmaestro e il dottore si rapportavano con noi;per i cantanti che avevamo l’opportunità diconoscere; per le cene per cui le famiglie cipermettevano di partecipare... nonostante ilrigore educativo con cui a quel tempo si cre-scevano i figli. Mi è rimasta nel cuore la gioiaper queste attività che precorrevano i tempinell’ambiente ancora povero e incolto di SanBenedetto: hanno allietato in modo sano lanostra giovinezza.Perciò il ricordo del dottor Giovannetti mi ècaro, e talvolta anche a me viene da dire: ah, ilmedico di una volta.

Nazzarena Prosperi

Altro libro cosiddetto“etico” è “del medico” incui Ippocrate osserva tra

l’altro che “ per il medico è indub-biamente una grande raccomanda-zione avere un bell’aspetto ed esse-re ben nutrito, perché il pubblico ritiene che chi nonsa curare bene il proprio corpo non è neanche ingrado di pensare alla cura di quelli degli altri. Eglideve condurre una vita regolata perché ciò contribui-sce a dargli una buona fama, deve avere il contegnodi un uomo onesto e come tale deve mostrarsi di fron-te a tutti gli uomini onesti, gentile e tollerante. Eglinon deve agire impulsivamente ne precipitosamentedeve mostrare un viso calmo, sereno e non deve maiessere di cattivo umore, ma d’altra parte non deveneppure essere troppo allegro”. L’arte medica e il suoesercizio hanno un fondamento essenzialmente eticoe dal punto di vista scientifico ha un indirizzo vera-mente biologico, che deriva essenzialmente dal suomodo di pensare, di giudicare delle scuole filosofi-che, fortificato dall’osservazione e dall’esperienzache Ippocrate afferma essere indispensabile. Non vi ègrande differenza, dice Ippocrate, tra medicina e filo-sofia perché tutte le qualità del buon filosofo devonotrovarsi anche nel medico, come disinteresse, zelo,pudore, riprovazione per le cose malvagie, animolibero da sospetti, devozione alla divinità. La dottrinaIppocratica, sciogliendosi da ogni concezione teolo-gica, considera il corpo umano formato da 4 elemen-ti: l’aria, l’acqua, la terra e il fuoco, i quali si riuni-scono per la composizione delle singole parti dell’or-ganismo che è composto essenzialmente di sangue,flemma, bile gialla e bile nera. Ciò ne costituisce lanatura e crea le malattie e la salute. L’uomo è essen-zialmente sano quando questi elementi si trovano inun giusto rapporto di crasi, di forza e di quantità, vi èinvece malattia quando uno di questi elementi è inquantità insufficiente o eccessiva. Fondamentale peròper la guarigione è l’opera della natura, la cui azionesi esercita mediante le forze vitali e il medico deveaiutare la natura nella sua azione guaritrice. Il corpoha già in se i mezzi della guarigione: i sintomi dellemalattie come la febbre esprimono questo travagliodell’organismo che cerca di reagire con l’energiadelle sue forze vitali contro la malattia.

Tra i medicamenti venivano usati la mucillagined’orzo contro le affezioni febbrili, l’idromiele (mielee acqua), l’ossimiele (miele e aceto). Era conosciuta

l’azione diuretica della scilla e quella espettorantedell’issopo; erano note le proprietà sedative dellabelladonna, dell’oppio, della mandragora e le pro-prietà antisettiche di certe resine come il “propolis”e dell’aceto, adoperati nella cura delle ferite e dellepiaghe. Inoltre la mandragora era utilizzata comeafrodisiaco e per ottenere la fecondità, oltre checome analgesico e narcotico. Grande importanzainfine veniva data ai massaggi, alla ginnastica e allaterapia termale.

In definitiva si può affermare che la medicinaIppocratica è costruita su cognizioni abbastanza vastenel campo delle scienze naturali, un’ esperienzaprofonda nel campo della medicina pratica e unragionamento sicuro e limpido per quanto riguarda lerelazioni determinanti tra causa ed effetto e una con-cezione etica che ha origine da una legge moralesuperiore. Queste basi fondamentali rendono possibi-le lo sviluppo di un sistema medico nel quale la quasitotale assenza delle cognizioni anatomiche vienecompensata, anche se soltanto in parte dalla profon-dità delle osservazioni e dalla solidità del ragiona-mento. In realtà dal punto di vista medico il “COR-PUS IPPOCRATICUM” rappresenta il documentopiù prezioso che noi possediamo di un’alta evoluzio-ne dell’arte medica in un’epoca nella quale la scien-za si trova appena ai suoi primi passi. Malgrado lecognizioni errate di anatomia, di fisiologia, di patolo-gia, malgrado lo scarso sussidio di ricerche poche, emalnate, sugli animali, la medicina ippocratica fon-data essenzialmente sull’esperienza a letto del mala-to e sul ragionamento filosofico, riesce a librarsi adaltezze non più superate. Il medico ippocratico non èpiù sacerdote, ne mago, ne profeta non è più il depo-sitario di segreti divini. Nessuna relazione diretta vi ètra i templi di Asclepio e la dottrina di Ippocrate. Egliè guidato dalla conoscenza di se medesimo a quellosguardo interiore che è riassunto nella formula socra-tica “conosci te stesso”. Ippocrate e la sua scuolaescono dal sacello della divinità e considerano l’os-servazione clinica e il ragionamento critico comecampo precipuo della loro azione, sentono il bisognodelle ipotesi che spieghino il divenire delle cose ecreano il metodo della ricerca e dell’analisi severa diogni conoscenza. Infine secondo il concetto ippocra-tico sulla funzione del medico egli deve essere nondominatore, ne violentatore della natura, per volontào in nome degli dei, ma simile egli stesso ad un Diopronto ad aiutare la forza medicatrice insita nellanatura. Infine ricercare con pacata riflessione le causesenza perdere di vista lo scopo: porre a fondamentodi ogni azione il ragionamento e l’esperienza, senzapre-concetti, senza superstizioni, senza concezioniaprioristiche. Ecco il programma fondamentale dellamedicina Ippocratica.

STORIE SAMBENEDETTESILudovico Giovannetti, il “medico di una volta...”

PERIODO AUREO DELLA MEDICINA GRECAIPPOCRATE

Paolo Tanzi

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LU CAMPANÒ - pagina 11

IILL PPOONNTTIINNOO LLUUNNGGOO......

È il luogo che intere generazioni di pescatorisambenedettesi hanno percorso per anni perraggiungere la zona portuale e che tuttoraviene abitualmente preferito per recarsi al di làdella ferrovia. Per chi non lo conoscesse preci-siamo che il tunnel è il segmento di congiun-zione tra via Carducci e via Marin Faliero.Ebbene, esso è da tempo divenuto una zona diincontro di barboni, drogati ed elemosinieriextracomunitari. Il suo degrado è costituitodalla sporcizia, dagli escrementi, dalle siringheabbandonate e dalla pareti vistosamentedeturpate con grossi scarabocchi. Anche leplafoniere della luce sono oggetto di vandali-smo. Non parliamo poi del tanfo urinario che visi respira. E’ possibile ottenere almeno unapulizia più frequente e la sporadica presenza diqualche pattuglia di agenti in divisa?

IILL BBUUIIOO DDII VVIIAALLEE BBUUOOZZZZII

La strada che costituisce l’orgoglio turisticodella città, da alcuni mesi è piombata quasi inun buio completo perché nell’intento di contri-buire al miglioramento dell’illuminazione esi-stente, sono stati rimossi molti lampioni dellaluce. A metà lavori però sono emerse difficoltàdi ordine finanziario per cui ci si è risolti a tam-ponare l’intervenuta carenza montando deifaretti provvisori che irradiano un cono di lucemolto limitato, conferendo al viale Buozzi unaspetto quasi cimiteriale. Tutto sommato anchequesto è un modo di accogliere i turisti, crean-do cioè un ambiente più intimo che favorisce lepasseggiate degli innamorati…

IILL LLUUNNGGOOMMAARREE NNOORRDD

Tra le opere annunciate che potrebbero trovareattenzione in un prossimo futuro è compreso ilrinnovo strutturale del lungomare nord, il cuistato di conservazione ha raggiunto negli ulti-mi anni livelli molto degradati, come dimostra-no il restringimento o la soppressione di tantearee libere situate tra uno chalet e l’altro.Infatti molti di esse sono state erose, non sap-piamo se lecitamente o meno, dalle concessio-ni private confinanti che le hanno utilizzate perallocarvi, in genere, i bidoni dell’immondiziache caratterizzano con i loro odori l’intera pas-seggiata. Per rendersene conto basta osservarele balaustre di accesso alla spiaggia che, decur-tate o addirittura scomparse, presentano i gra-doni sconnessi e i colonnati laterali in cementocon i sostegni divelti. Ciò è il risultato di unaincuria quasi decennale. Quindi il restauro dellungomare nord si presenta come un’esigenzaassolutamente non rinviabile, sperando che

non rimanga nel vago dei tanti progetti annun-ciati e mai realizzati. Questa sarebbe, finalmen-te, un’opera chiara e tangibile dell’attualeamministrazione che ha fino ad oggi privilegia-to la periferia sud della città.

LLAA SSCCHHIIAAVVIITTÙÙ DDEELLLLEE SSTTRRIISSCCEE BBLLUU

Dal primo giugno, anche sul viale del nostrolungomare sono entrati in vigore gli obblighionerosi che derivano dal parcheggiare neglistalli delimitati dalle strisce blu. I balzelli sonostati estesi anche nelle vie adiacenti, con gravedisappunto per i residenti. Questa nuova situa-zione non incoraggia certamente i turisti che,logicamente, vengono spinti a dirottare i lorointeressi verso località più permissive. A questarealtà non del tutto nuova perché identica aquella dello scorso anno, si è aggiunta l’indi-sponibilità dell’area dell’ex Tiro a segno cheoffriva gratuitamente trecento posti parcheg-gio. La chiusura dell’ampio spazio è stata adot-tata dal Ministero della Difesa a seguito dirichiesta di risarcimento da parte di due auto-mobilisti che lo scorso anno subirono danni perle piogge torrenziali che avevano trasformatoin palude l’intera area, nel frattempo acquista-ta da una ditta ascolana in una trattativa d’a-sta ancora in corso di perfezionamento. Quelche tormenta gli utilizzatori delle zone blu èl’attenzione che devono avere nel controllarecon frequenza il proprio orologio per non sfo-rare l’orario impegnato e non incorrere in spia-cevoli sanzioni. Anche la ricerca dei punti didistribuzione dei ticket genera qualche fastidio-

so problema. E tutto ciò non contribuisce allabuona riuscita di una giornata serena da tra-scorre in spiaggia. Se poi aggiungiamo l’ulte-riore onere della tassa di soggiorno che devonopagare coloro che nel periodo estivo scelgonole nostre spiagge, abbiamo un altro balzelloodioso che spinge ad emigrare altrove. Bisognadire che anche questo è un modo originale perincrementare il turismo.

II RRUUDDEERRII

All’angolo di via Pizzi con via Custoza vi è unacasa molto vecchia che può essere considerataun rudere e che da qualche tempo è stata recin-tata a causa dello sfaldamento dell’intonaco edi frammenti di tegole. Erba selvatica e sporci-zia invadono il marciapiede che la circonda.L’indecorosa visione offre un biglietto da visitasul poco invitante aspetto dell’intero zona chepertanto ne risulta anche depauperata.Possibile che le autorità preposte al controlloabitativo non se ne siano accorte? E’ poi veroche la casa recentemente è stata assoggettata

a vincolo paesaggistico dalla Sovrintendenzadelle Belle Arti, al pari di altri edifici fatiscentidel quartiere Marina Centro? Siamo dunquedestinati ad accettare una situazione che ten-derà con il tempo a peggiorare perché è quasiimpossibile progettare su siti vincolati e di nes-sun valore… artistico?...

VVIIAA BBRRAAGGAADDIINN,,

UUNN AASSSSUURRDDOO DDIIVVIIEETTOO

Da tempo in via Bragadin (situata a sud delmercato all’ingrosso del pesce) è stato appostoun divieto di sosta permanente che è contrarioad ogni logica, in quanto la strada è ampia e difacile scorrimento. Sono anni, tuttavia, che visostano automezzi di persone che frequentanole attività amministrative e culturali esistentinel grande edificio e mai sono state notificatecontravvenzioni. Recentemente però qualchesolerte tutore ha iniziato a sanzionare le infra-zioni suscitando disappunto e sconcerto; ilsegnale di divieto è talmente anacronistico chela sua rimozione si rende giusta e necessaria.

LLEE BBAARRAACCCCHHEE AABBBBAANNDDOONNAATTEE

Sono mesi che la baracca installata lo corsoanno all’angolo di via Lombardia con viale DeGasperi, nelle immediate adiacenze del liceoclassico è inutilizzata. Era stata installata per ladistribuzione del latte fresco di mucca e all’ini-zio vi fu un certo successo che però, con iltempo, è venuto via via scemando fino a spe-gnersi del tutto. Non si comprende quindi per-ché tale baracca debba rimanere nel sito fino adivenire uno dei tanti ruderi che esistono in

città, come quello, ad esempio, dislocato allosbocco di via Napoli e che si affaccia sulla piaz-za Montebello. Sono decenni che non viene uti-lizzato ma nessuno si assume l’iniziativa dirimuoverlo. Sono questi alcuni esempi di comeconcessioni di natura provvisoria finiscano peressere definitive non si sa bene per qualeaccampato diritto, o forse in attesa che diventi-no anch’esse monumento nazionale? (vedi viaPizzi). Vi sarebbero altre simili anomalie dasegnalare ma per ora ci limitiamo a queste con-statazioni.

LLEE PPAALLMMEETTTTEE DDEELL MMOOLLOO SSUUDD

Quando il molo sud venne restaurato con labella recinzione in acciaio inox, nella parteinterna vennero create, all’inizio e a metà per-corso, due piccole aiuole formate da bianchepietre calcaree in cui vennero inserite alcunepiante di palme. Malgrado ogni buon proposi-to, le palmette non hanno resistito alla salsedi-ne, per cui da tempo sono vistosamente rinsec-chite e conferiscono un’immagine di abbando-no che lo splendido molo sud assolutamentenon merita. Ci sarà qualcuno che si prenderà acuore questo piccolo problema? A volte bastapoco, solo un atto di buona volontà per miglio-rare l’insieme di cose belle!

WWRRIITTEERRSS

Questa volta, vista l’inutilità dei nostri ripetutiinterventi, ci limitiamo a segnalare che l’autoritàgiudiziaria di una città del nord ha denunciatorecentemente per “associazione a delinquere”un gruppo di giovani dedito al deturpamentodegli edifici con i cosiddetti “graffiti” o “scara-bocchi”. E’ chiaro che qualche organo di poliziaavrà proceduto ad attivare la procedura penalecon appositi rapporti giudiziari. E da noi?

IILL LLUUNNGGOOMMAARREE SSUUDD

A chiusura di questa pagina dedicata quasiinteramente alle segnalazioni negative di nostriiscritti, non possiamo trascurare dal mettere inevidenza anche alcuni aspetti che rappresenta-no l’eccellenza del nostro patrimonio cittadinodi rilevante valenza turistica. Intendiamo riferir-ci allo splendido lungomare sud con le sue isoletematiche che registrano una frequentazionegiornaliera molto intensa. Da notare, in parti-colare, l’ottimo stato di manutenzione e la curache viene rivolta ai giardini, alle fioriere ed aigiochi di acqua delle vasche che caratterizzanoil percorso. E’ di tutto rilievo inoltre l’altaaffluenza di pubblico nelle ore serali in cui imolti fari che irradiano con le loro luci le nume-rose palme contribuiscono a creare un’atmo-sfera di piacevole serenità.

Vibre

Framéche Framéche Framéche Framéche Framéche Framéche Framéche

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Direttore ResponsabilePietro Pompei

Redattore CapoBenedetta Trevisani

RedazioneGiancarlo Brandimarti, Vincenzo Breccia,

Giuseppe Merlini, Tito Pasqualetti, Nicola Piattoni

CollaboratoriDina Bartolini, Gabriele Cavezzi, Massimiliano Fioroni, Meri Iaconi,

Emidio Lattanzi, Stefano Novelli, Patrizio Patrizi, Nazzarena Prosperi,Camillo Rosati, Paolo Tanzi, Silvia Vitali, Catia Zappasodi

Servizi fotograficiAdriano Cellini, Studio Sgattoni, Giuseppe Speca, Franco Tozzi, Lorenzo Nico

Il giornale è consultabile sul sito Internet del Circologestito da Marco Capriotti

Grafica e StampaFast Edit

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G R A F I C A & S T A M P A

vincendo di stretta misura e che sembra nonfinire mai… ma alla fine si vince, si vince, sivince! (ci è capitato più volte in quest’ultimocampionato). Un urlo collettivo di gioia, di giubi-lo, di liberazione si leva in alto.La partita è finita. Torno a casa stanco, esau-sto, spesso afono ma soddisfatto come lemigliaia di tifosi rossoblù che hanno assistito, omeglio, partecipato all’”impresa”. Siamo felici ela nostra allegria è contagiosa; nei nostri raccon-ti coinvolgiamo familiari, amici, semplici cono-scenti. La sensazione è che la settimana cheverrà sarà affrontata con uno spirito diverso, conun atteggiamento sicuramente più positivo.Poi, venuta sera, sulla mia scrivania rifletto e miinterrogo; prendo carta e penna ed inizio adappuntare le mie emozioni, le mie sensazioni,come un ragazzino, quasi per dar voce allemolte persone che vivono in silenzio gli stessimiei sentimenti. Mi chiedo: quale altro eventosportivo, culturale, ludico o celebrativo riesce aradunare nella nostra città regolarmente, in unappuntamento collettivo settimanale, 4-5-6 milapersone? (ma potrebbero essere molte di più,tenendo conto che la squadra milita in serie D);quante altre persone (tante!) seguono tutte ledomeniche le vicende della Samb attraverso laradio, la TV o Internet pur non frequentando lostadio per i motivi più vari? Quale altro eventosportivo è in grado di suscitare emozioni cosìforti, passioni così profonde? Si dirà, ma stiamoparlando solo di una squadra di calcio… sì, macon degli importanti risvolti sociali. La Samb perquesta città è qualcosa di più!La Samb è Passione e Tradizione, un Amoreche si tramanda di padre in figlio, un forte senti-

mento di Amicizia, un modo per socializzare permolti, nella consapevolezza di far parte di unastessa comunità riunita sotto un’unica bandiera.La Samb è una valvola di sfogo degli stresssettimanali . La domenica lo stadio si trasformain una vera mega-palestra all’aperto, sia per igiovani che per i meno giovani, dove sugli spal-ti si salta, si strilla, si impreca, si gioisce e ci siabbraccia lungo i 90 minuti della partita senzaperò mai lasciarsi andare in deprecabili episodidi violenza (anche i nostri tifosi più accesi eappassionati dimostrano sempre più maturità ecorrettezza, nonostante le inspiegabili e reitera-te sanzione della lega di quest’anno).La Samb è Buonumore e Positività. Dopo unavittoria la settimana scolastica o lavorativa scor-re meglio, con più fiducia e grinta; ma anche incaso di sconfitta, la Samb è argomento didiscussione per l’intera settimana (non vi è loca-le pubblico cittadino, bar, pizzerie, negozi, saled’aspetto, ecc… ove non se ne parli) nella spe-ranza sempre viva di un pronto riscatto per ladomenica successiva.La Samb è un formidabile veicolo pubblicita-rio. Durante gli anni della serie B tutte le setti-mane c’era un servizio per noi sulla RAI.Ricordo, qualche anno fa, in un concorso uni-versitario a Perugia, ero in fila fianco a fiancocon un ragazzo di colore che non conoscevo;nel corso della lunga attesa ad un certo punto michiese: “Da dove vieni?” risposi “da S.Benedettodel Tronto” e lui “ah, sì, Sambenedettese cal-cio…”, “ sì,sì” dissi io con orgoglio “è la nostra!”.La Samb è Solidarietà. I giocatori e la Societàsono sempre pronti a portare momenti di alle-gria e speranza in situazioni difficili (ultimo, inordine di tempo, la visita al piccolo Manuel),come a partecipare il sostegno di una parteimportante della Città.La Samb è un grande Stimolo per i nostribambini che, nelle numerose scuole di calciopresenti sul territorio, si impegnano con dedizio-ne per cercare di emulare i propri beniaminidella domenica; i buoni allenatori, poi, propriocome gli educatori degli antichi oratori parroc-chiali, introducono i ragazzi all’etica dello sportche li aiuta a crescere con i cosiddetti sani prin-cipi.

La Samb non è solo attaccamento ad unasquadra ma una sincera espressione d’Affettoverso la Città che questi colori sociali rappresen-tano; è bello sentire, nei momenti particolarmen-te monotoni della partita, i tifosi sollecitare i gioca-tori in campo gridando “ Onorate S. Benedetto!”;che emozione, poi, al termine di una partita vinta,ascoltare i ragazzi della curva Nord intonare agran voce “Nottata de luna”.Monsignor Luigi Bettazzi, Vescovo Emerito diIvrea, in uno dei suoi libri più recenti (“Vescovo eLaico? Una spiegazione per gli amici”) parla, tral’altro, di un “Amore naturale, quindi laico, che siestende e si sviluppa anche alimentando legamidi ammirazione e di simpatia verso la patria overso la propria città o verso squadre sportive…”Del resto, lo stesso Papa Francesco ha la suasquadra del cuore (il Club Atletico San Lorenzo deAlmagro, i cui colori sociali, guarda un po’, sono ilrosso e il blù!) di cui aveva anche la tessera.Dopo un campionato a dir poco sofferto, aRecanati l’ultimo atto. Sono pochi i bigliettimessi a disposizione dei sostenitori rossoblùche nonostante l’entusiasmo alle stelle manten-gono la calma in maniera encomiabile; alla vigi-lia della partita decisiva, in città si parla di tremi-la persone pronte a partire lo stesso, senzabiglietto, qualcuno dice per un viaggio mera-mente letterario. Probabilmente la casa diLeopardi non avrebbe mai visto così tanti visita-tori in un solo giorno come nel fatidico 5 Maggio2013; ma oltre la siepe ci sarebbe stata semprela Samb! Occhi sull’infinito ma orecchi sulleradioline. Alla fine sono circa mille i tifosi rosso-blù che “scortano” la squadra in terra leopardia-na. Segna Pazzi al 96° e il piccolo stadioTubaldi di Recanati è testimone della gioiaincontenibile del popolo rivierasco. La Sambvince il campionato di serie D e dopo quattroanni è di nuovo nel calcio professionistico; vera-mente un bel premio per festeggiare i 90 annidella compagine rossoblù. Per tutta la città edampi dintorni impazza da subito la festa a ritmodi “Samba”; S. Benedetto aspetta con trepida-zione la sua squadra che rientra vittoriosa in pul-lman accompagnata da un corteo di macchinefestanti. Prima allo stadio Riviera delle Palme epoi in Piazza Caduti del mare il bagno di folla è

impressionante, si canta, si salta ed è tutto unosventolio di bandiere rossoblù; l’emozione è pal-pabile, ci si abbraccia commossi e…c’è chipiange di felicità.Ma continuo a non capire, sono frastornato epenso… La Sambenedettese calcio, nostro patri-monio sportivo e sociale, “fiore all’occhiello” dellacittà che molti ci invidiano, un bene comune ocomunque di tutte quelle persone che hannoveramente a cuore questo territorio, rappresentaindubbiamente un valore aggiunto e meriterebbedunque un po’ più di attenzione da parte di tutti.Ma… non importa (ma che peccato) se i nostriamministratori non sembrano poi così attenti aquesta bella “realtà”; non importa (ma che pecca-to) se gli operatori turistici ancora non riescono acogliere in pieno l’importanza di questo formida-bile veicolo promozionale; non importa (ma chepeccato) se gli imprenditori che vivono ed opera-no in questi luoghi non investono su questo vola-no di sviluppo per l’intera comunità.Nonostante i recenti fallimenti, conduzioni socie-tarie a dir poco avventurose e le odierne diffi-coltà economiche la Samb quasi miracolosa-mente, come un’araba fenice, rinasce sempresospinta da una passione popolare vera, forte-mente radicata sul territorio, mai sopita, maidoma. Comincio veramente a pensare, però,che gli sponsor principali di questa squadrasiano i nostri due amatissimi Santi, Benedetto eGiacomo della Marca, che rispettivamente dallaspiaggia e dalla collina vigilano e ci proteggo-no… Loro sì guardano avanti!Con affetto sincero verso una società dalpassato glorioso e dal futuro, ci auguria-mo, prestigioso e verso la sua incantevolecittà, capofila di un comprensorio tra i piùbelli al mondo.

Da pag. 1 SAMB non solo calcio ma valore aggiunto per tutto il comprensorio