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Cinema e Musica, un ritratto inedito di Francesco De Gregori- saggio critico di Rosalia RioloGiovedì 06 Agosto 2015 14:04

 

 

 

Il cinema e la musica

e

un ritratto inedito di

Francesco De Gregori

 

 

 

 

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Cinema e Musica, un ritratto inedito di Francesco De Gregori- saggio critico di Rosalia RioloGiovedì 06 Agosto 2015 14:04

Un saggio critico di Rosalia Riolo   Due sono “Le forme dell’anima”, una è il cinema, l’altra la musica. Affermava il grande AndrejTarkovskij: “l’immagine non può essere interpretata, essa possiede una quantità illimitata di legami con ilmondo, con l’assoluto, con l’infinito”. Questi legami, insiti all’immagine, attraverso questi legami,Tarkovskij è riuscito ad entrare nella “zona”, dove la realtà assume compattezza che agganciavisibile e invisibile, esperito e sogno. Medesimo risultato ha la musica, anche se nei riguardi di quest’ultima, parliamo di un altro tipod’immagine. La musica è un modo per conoscere l’idea, per squarciare il velo noumenico delmondo, attraverso l’oggettivazione di quella che è l’unica vera realtà, ovvero la volontà. Potremmo dire che se l’immagine cinematografica, oggettiva la volontà in modo mediato lamusica lo fa in modo immediato. Questa idea è resa molto bene in un passo da Schopenhauer: "la musica è dell’intera volontà oggettivazione e immagine, tanto diretta come è il mondo o,anzi, come sono le idee, il cui fenomeno moltiplicato costituisce il mondo dei singoli oggetti. Lamusica non è quindi affatto, come le altre arti, l’immagine delle idee, bensì immagine dellavolontà stessa, della quale sono oggettività anche le idee. Perciò l’effetto della musica è tantopiù potente e insinuante di quello delle altre arti: imperocché queste ci danno appena il riflesso,mentre quella esprime l’essenza". La musica è al di sopra di tutto, é un linguaggio assoluto eduniversale che solo il genio può esprimere perché egli è l’unico che può andare oltre il "velo diMaya" catturando l’essenza della realtà, ovvero la volontà.    

  Francesco De Gregori ,“il Principe”, parla, in un’intervista su Repubblica, afferma in una sortadi elogio della superficialità e nella quale rivendica, parola più parola meno, il diritto di esseremeno ‘poeticamente intelligente’ di come sia sempre stato disegnato. Il suo successivoconvocare, per il quarantennale dall’uscita di Rimmel all’Arena di Verona, gente come Fedez, Malika Ayaneo Elisa, ci ha quasi fatto dire: mamma mia ci siamo sbagliati, ok. De Gregori ha scritto canzoniincredibilmente belle, da Signora aquilone a Mimì sarà. Lui è un poeta, ma lo è in manieradiversa da De Andréo Fossati. Per cui non ci siamo sbagliati è solo una cosa diversa. Silenzioso, schivo, esorcista del superfluo, illusionista della parola cantata. Inutile lasciarondeggiare il turibolo e profumarlo d’incenso, tanto lui non ci sta. «Non ho passioni, né segrete né ufficiali, al di là di una che è facilmente intuibile, la musica. Egià mi pare esagerato chiamarla passione. Ho riflettuto sulle cose che segnano l’esistenza, hofatto un esame di coscienza e mi sono chiesto, quali sono le mie passioni? E ho scoperto chenon ne ho. Anche il mio lavoro: l’ho sempre fatto senza approfondire. Un esempio? Sonquarant’anni che suono e non sono mai diventato un bravo chitarrista, vorrà pur dire qualcosa.Se la mancanza di disciplina è una delle caratteristiche del pop, io la cavalco alla grande. Tuttipensano che io sia un cinefilo appassionato. Al dunque citerei solo titoli ovvi, 8 e 1/2, Orizzontidi gloria e i film dei fratelli Cohen. Sono un dilettante, un grande dilettante in tutto». Dunque, cantautore per caso più che per passione. “In quel periodo, a Roma, tutti volevamodiventare cantautore. C’era una fioritura, e un locale, il Folkstudio, che ci offriva lo spazioadatto. Io la vivevo romanticamente, abitavo lì a due passi, a Trastevere, in Via del Mattonato,un appartamento che era stato di Lina Cavalieri”. Il Principe ha un certo talento se è arrivato finqui. Ma storicamente ha preso un treno, affollato, ma con uno stile tutto suo che ad alcunipoteva anche sembrare sgradevole, ma certamente molto personale; un modo di scrivercanzoni fortemente evocativo, brani che lasciavano il segno, di protesta, di storie dimenticate (APá), inusuali, storie di vita (Titanic) nel bene e nel male.   Oggi la prende con più leggerezza, è anche stato a X Factor, il diavolo della musica. “Ho capitoche se non lo faccio rischio di estinguermi, e non mi va. La saggezza della maturità”. Dice ad ungiornalista che lo intervista: “guardi, superficialità per me non ha un’accezione negativa. Laspecializzazione uccide l’artista. Hai una visione più ampia se resti in superficie, se vai inprofondità non hai orizzonte. La superficialità mi garantisce più libertà, non mi fa sentire in colpaperché non ho cognizione di tante cose, mi permette di sbocconcellarle e di assumerle senzasensi di colpa. Ci sono libri fondamentali nella vita di un buon lettore che non ho letto e nonleggerò mai, me ne frego”. E no Francesco, la superficialità non va bene l’artista non può essere superficiale per dovere.L’artista nasce per dare un messaggio. Ci sto  che la musica è arte e l’arte indeterminatezza,ma non ci sto alla superficialità: ho paura di quest’ultima è dannosa per l’anima e laconoscenza!!! L’arte e a seguire l’artista, portano in sé una nostalgia dell’ideale. Essi devono dare all’uomo lafede e la speranza, anche se il mondo descritto dall’artista non lascia loro spazio. L’arte devearmare l’uomo di fronte alla vita dargli la forza di contrapporsi ad essa. Sia ben chiaro cheall’arte non occorre necessariamente avere la risposta pronta alla domanda, ma lasciare unmessaggio, assolutamente si che non può essere la superficialità. L’arte inietta nel sangue dell’uomo, nella società, una sorta di reagente, di resistenza, lacapacità, la possibilità di non cedere. Essa è l’unico genere di occupazione superiore, per lomeno ella sfera spirituale, per amore della quale, forse l’umanità in generale esiste. Oggi la curiosità per questo “superficialità” del Principe è tanta. Come è tanto lostupore/sconcerto di pensarlo a suonare con Fedez le canzoni di Rimmel o il pensarlo ospite inuno dei talent da cui, negli ultimi tempi, lo si è visto spesso e attoniti. La speranza è che DeGregori, il Dylan italiano, sia tornato a scrivere come un tempo.  Che un po’ di profondità buchila patina di superficie dietro la quale sembra ultimamente si voglia nascondere. Male che vacontinueremo ad ascoltare i classici, senza Fedez e la Ayane, e le canzoni di Dylanoriginali.   Concerto di Francesco De Gregori, 2 agosto anfiteatro Zafferana Etnea. www.musicaesuoni.it Filly De Luca comunicazioni  

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