Il change management nuova frontiera della consulenza - maggio 1996
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Transcript of Il change management nuova frontiera della consulenza - maggio 1996
Il consulente di Direzione
Il Change Management: nuova Il Change Management: nuova frontiera per la consulenzafrontiera per la consulenza
Il Change Management: nuova Il Change Management: nuova frontiera per la consulenzafrontiera per la consulenza
Paolo Petrucciani
Corso di Formazione: ”Il consulente di Direzione”Corso di Formazione: ”Il consulente di Direzione”Roma-31 maggio 1996 (5Roma-31 maggio 1996 (5a a giornata) giornata)
Contenuti intervento (75’)
Le dimensioni del cambiamento La preparazione al cambiamento Attivazione, gestione e implementazione del
cambiamento Possibili profili del consulente di Direzione nei
progetti di Change Management
Le dimensioni del cambiamento
Modifiche ambientali rilevanti:• nuovi modelli sociali e culturali• nuovi comportamenti economici e finanziari• nuovi sistemi aziendali
Approcci hard e soft nel change management
Modifiche ambientali rilevanti (1) Calo demografico Nuova composizione della forza lavoro Discrezionalita’ e senso di responsabilita’ individuale Ruolo dell’economia dell’informazione Globalizzazione dei mercati Economie di scopo Innovazione tecnologica spinta Nuovi metodi di produzione Centralita’ della conoscenza come bene economico Pressante richiesta di formazione e addestramento Flessibilita’ organizzativa
Impatti,
interazioni,
feed-back
Sistema di comunicazioni
e relazioni
Nuovi modelli Nuovi modelli sociali e culturalisociali e culturali
Nuovi comportamenti Nuovi comportamenti economici e finanziarieconomici e finanziari
Nuovi sistemi Nuovi sistemi aziendaliaziendali
Modifiche ambientali rilevanti (2)
Le modificazioni sociali, culturali ed economico/finanziarie costringono le aziende ad una costante e continua ricerca di “messaggi-chiave” per indirizzare la produzione verso obiettivi che servano puntualmente il mercato industriale, dei servizi e quello sociale.
Alcune costanti di questi processi sono: andamento della domanda di mercato fluttuante e instabile ricerca e analisi continua dei bisogni studio e individuazione di opportunita’ produttive in grado di creare alti
valori aggiunti e consistenti ritorni sugli investimenti e/o sul capitale investito in attivita’ (fixed assets)
forte attenzione alla qualita’, affidabilita’ e completezza dei prodotti/servizi
Approcci hard e soft nel change management
3 elementi dell’approccio Hard Eliminazione dei servizi e delle attivita’ a basso valore aggiunto Outsourcing di attivita’ e di servizi che possono essere “acquistati” a minor costo, o con piu’ alta qualita’, o
entrambe, da fornitori esterni Re-engineering delle attivita’ che sono strategicamente troppo importanti da esternalizzare, con l’obiettivo
di tagliare i costi e migliorare la qualita’
.... quasi sempre questo implica downsizing, ristrutturazioni, vendita di rami d’azienda, possibili licenziamenti, mobilita’, ecc..
3 elementi dell’approccio Soft Valorizzazione migliore del capitale umano e del know-how accumulato (espansione delle conoscenze
tecniche) Investimenti in innovazione, creativita’, pensiero laterale, per diversificare le attivita’ e/o ampliare la gamma
di prodotti/servizi (espansione delle capacita’ ideative e intellettive, e delle competenze e skill specialistiche, uso del cervello destro)
Re-engineering dei sistemi gestionali attraverso introduzione di maggiore partecipazione, coinvolgimento, teamworking, coesione, identita’ aziendale sui “valori-chiave” (vision & management deployment)
.... quasi sempre questo implica liberare energia, ottimizzare le competenze e i punti forti delle risorse umane in azienda, dare spazio a iniziativa personale, creare empowerment, ecc.
La preparazione al cambiamento
Gli approcci al cambiamento organizzativo di Leavitt:
» approccio per compiti
» approccio strutturale
» approccio tecnologico
» approccio nelle risorse umane
Forze favorevoli e sfavorevoli nei tre stadi della “teoria del cambiamento” (azioni manageriali e consulenziali conseguenti)
Le interdipendenze di Leavitt nel cambiamento organizzativo
Secondo Leavitt esistono interdipendenze nei vari approcci al cambiamento e livelli di influenza reciproca che vanno opportunamente studiati per valutarne gli effetti positivi e/o negativi (ad es. revisioni nella struttura organizzativa e/o nelle procedure possono facilitare e/o peggiorare l’integrazione e il lavoro di gruppo, cosi’ come modifiche nella tecnologia. Compito dei manager e dei consulenti e’ quello esaminare i “costi e i benefici” economici e comportamentali del/i cambiamento/i introdotti)
Approccio al cambiamento nella struttura: modifiche nell’assetto organizzativo (organigramma) e nelle politiche di business, implicano nuove guidelines, nuove e/o differenti procedure, introduzione di regole nuove di comportamento aziendale (ad es. sistema di budgeting), identificazione di regolamenti
Approccio al cambiamento nella tecnologia: modifiche e/o introduzioni di innovazioni su mezzi e impianti, implicano revisioni nei flussi di lavoro, nuovi layouts fisici, nuovi metodi e strumenti di lavoro, nuovi standard di lavoro
Approccio al cambiamento nelle risorse umane: modifiche nelle attitudini, nelle motivazioni, nei comportamenti organizzativi e nelle abilita’ di lavoro, implicano nuovi programmi di formazione/addestramento, nuovi criteri di selezione, tecniche avanzate di valutazione delle prestazioni, nuovi sistemi premianti
Approccio al cambiamento nei compiti: modifiche nel disegno dei ruoli e nelle motivazioni al lavoro, implicano maggiore focalizzazione sugli individui o sul team, con enfatizzazione piu’ spinta su input e output (job enrichment, job enlargement)
struttura
tecnologia
risorse umane
compiti
Azioni nei 3 stadi del “cambiamento”
Scongelamento (unfreezing) creazione di consapevolezza del bisogno di cambiare creazione del clima adatto per cambiare alterazione delle forze agenti sugli individui dell’organizzazione in modo che il loro“equilibrio” sia
sufficientemente “sollecitato” per motivarne il cambiamento azioni di pressione per attuare modifiche azioni di riduzione delle resistenze
Spostamento (moving) modifica della “grandezza/importanza” delle forze che definiscono la situazione iniziale presentazione di una “precisa direzione di cambiamento” sviluppo di nuovi metodi e processi di apprendimento orientati alle nuove attitudini e comportamenti
Ricongelamento (refreezing) rinforzo delle modifiche che sono avvenute ri-creazione e mantenimento stabile del nuovo equilibrio organizzativo generato azioni di facilitazione dell’integrazione azioni di facilitazione dell’assimilazione del cambiamento nei singoli individui
Attivazione e gestione del cambiamento
Fase 1: Definire il cambiamento necessario Fase 2: Raccogliere informazioni Fase 3: Effettuare diagnosi organizzative Fase 4: Risolvere problemi Fase 5: Pianificare le azioni
Fase 1: Definire il cambiamento necessario
“Dove eravate? Dove siete ora? Dove state andando? e come ci arriverete?”
Nella prima fase di un processo di cambiamento vanno stabiliti precisamente:– la nuova direzione, e una sua dettagliata focalizzazione
– il livello di percezione individuale e collettivo delle cose da cambiare (sistemi, processi produttivi/organizzativi, procedure)
– i passi del piano di cambiamento e una “rotta” preliminare
– una chiara comunicazione dell’obiettivo del cambiamento
– il “ritmo” del cambiamento, attraverso una specificazione di obiettivi collaterali
– una chiara visione di “cosa cambiare” e “come cambiarlo”, per evitare false partenze e sforzi inutili
Fase 2: Raccogliere informazioni
“Sono aperto a suggerimenti” Nella seconda fase di un processo di cambiamento vanno eseguiti:
– la costante ricerca accurata di informazioni “di rilievo o significative”
– la continua esplorazione di nuove opzioni, all’interno della direzione descritta
– la riformulazione dell’agenda del cambiamento, in funzione dei dati raccolti
– una o piu’ liste dei “desiderata” (innovazione dei prodotti/processi)
– la raccolta di tutti i suggerimenti e le idee possibili nelle popolazioni aziendali interessate, sia per individuare “punti vulnerabili”, sia per individuare “risorse-chiave” (indagini e valutazioni sulle attitudini e le prassi correnti)
– la raccolta di tutti i possibili problemi “di prospettiva” (operativi e/o gestionali), per chiarire meglio i futuri impegni e le strategie di risposta, anche attraverso il testing di alcune possibilita’
– la composizione di eventuali conflitti, anche attraverso il superamento di paure infondate
Fase 3: Effettuare diagnosi organizzative
“Qual’e la nostra strada?” Nella terza fase di un processo di cambiamento vanno individuati:
– le principali barriere all’innovazione, non tralasciando i “punti vulnerabili”– gli strumenti di diagnosi piu’ adatti (workshop, idea generation, people audit,
formazione, brainstorming)– i potenziali problemi dei singoli individui (come funzioni, gruppi o unita’ di lavoro),
in ottica di anticipazione (diagnosi pro e contro, analisi punti di resistenza e di approvazione, analisi delle ragioni)
– i possibili “partner attivi” nel cambiamento– gli eventuali problemi di maggior costo economico e/o comportamentale per l’azienda
e i fattori che creano un migliore equilibrio per il business– gli spazi per dialoghi aperti di “confronto”, evitando pero’ “trappole” emotive– gli orientamenti per finalizzare lo sforzo del team su tematiche, strategie e obiettivi,
piuttosto che sulle “necessita’ delle personalita’ in gioco”
Fase 4: Risolvere problemi
“Considerare i punti vulnerabili come strategie” Nella quarta fase di un processo di cambiamento vanno indirizzati:
– i comportamenti creativi, aperti e flessibili
– gli impegni delle persone alla soluzione di problemi che essi stessi possono aver suggerito come “ostacoli al cambiamento” o “all’innovazione di prodotto/processo”
– i percorsi di sviluppo individuale e di team
– i corretti interventi e le loro priorita’ per costruire e mantenere “la tensione sufficiente” allo sforzo
– i suggerimenti piu’ “ascoltati” dai diretti interessati al cambiamento, attraverso analisi della situazione “attuale” e di quella “desiderata”, per ridurre il “divario” (gap) esistente
Fase 5: Pianificare le azioni
“Mettere insieme tutti i pezzi” Nella quinta fase di un processo di cambiamento vanno chiaramente
definiti:– i singoli passi di lavoro, in modo da renderli piu’ agevoli nell’implementazione
– i segmenti specifici di ogni attivita’, suddividendole in parti piccole e separate tra loro
– gli output desiderati/necessari, per ogni attivita’
– gli obiettivi da raggiungere, con una serie di caratteristiche “intrinseche”: significativi, specifici, realistici, ottenibili, misurabili
– le azioni da realizzare per ogni obiettivo
– i tempi di consegna e i “semilavorati” intermedi
– le quantita’ da raggiungere
– le qualita’ attese
Implementazione del cambiamento
Processi top-down, bottom-up e misti 5 processi-chiave per implementare con
successo:
Processo 1: Chiarire i piani
Processo 2: Integrare le nuove prassi o i nuovi sistemi
Processo 3: Stimolare l’apprendimento del “nuovo” e l’impegno
Processo 4: Velocizzare la “proprieta’ del cambiamento”
Processo 5: Dare e ricevere feed-back continui (monitorare, valutare, mettere a punto)
Processi top-down, bottom-up e misti
top-down bottom-up misto
Approccio top-down: il cambiamento viene iniziato ai piu’ alti livelli manageriali, che devono aiutare e sostenere i programmi ai vari livelli organizzativi oltre a promuovere coinvolgimento spinto di tutte le popolazioni aziendali interessate (processo di emulazione)
Approccio bottom-up: il cambiamento viene iniziato ai piu’ bassi livelli operativi, il top management puo’ non essere coinvolto direttamente, ma deve permettere i cambiamenti necessari (processo di delega operativa)
Approccio misto: il cambiamento viene iniziato ai medi livelli manageriali, a livello di impostazione, con contemporanee comunicazioni verso l’alto (richiesta di suggerimenti/autorizzazioni per le scelte definitive) e verso il basso (realizzazione dei dettagli operativi dei cambiamenti produttivi od organizzativi) (processo di diffusione e coinvolgimento)
5 processi-chiave per implementare con successo
“I leader e i consulenti di successo realizzano piani concreti, ma l’implementazione e’ di piu’ della semplice pianificazione, e’ un
processo”
Processo 1: Chiarire i piani Chiarire i pianiUn processo in cui gli implementatori definiscono, documentano e specificano il cambiamento
Processo 2: Integrare le nuove prassi o i nuovi sistemi Integrare le nuove prassi o i nuovi sistemiUn processo nel quale l’organizzazione incorpora il cambiamento nelle sue attivita’ operative
Processo 3: Stimolare l’apprendimento del “nuovo” e l’impegno Stimolare l’apprendimento del “nuovo” e l’impegnoUn processo che facilita programmi nei quali gli utenti finali apprendono ed utilizzano i nuovi approcci e le nuove procedure
Processo 4: Velocizzare la “proprieta’ del cambiamento” Velocizzare la “proprieta’ del cambiamento”Un processo attraverso il quale gli utenti finali riescono ad identificare i nuovi processi e le nuove procedure come “propri”, piuttosto che considerarli come cambiamenti imposti dall’alto
Processo 5: Dare e ricevere feed-back continui (monitorare, valutare, mettere a punto) Dare e ricevere feed-back continui (monitorare, valutare, mettere a punto)Un processo in cui viene specificato un obiettivo dettagliato e l’input dal team viene usato per giudicare la sua efficacia nel piano di implementazione
Possibili profili del consulente (1)
Caratteristiche del consulente di Direzione come “agente di cambiamento”:
» modello dottore-paziente
» modello ingegneristico
» modello medico (professionale)
» modello di processo
... qualunque sia il modello adottato, ricordare sempre di integrarsi con le caratteristiche, gli stili, la cultura e i comportamenti tipici del cliente
Il consulente come “agente di cambiamento”
basso alto
COINVOLGIMENTO DEL CLIENTE NEL PROCESSO DI CONSULENZA
CH
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alta alta
definizionedefinizione
bassa bassa
definizionedefinizione
modello ingegneristicomodello ingegneristico
modello di processomodello di processomodello dottore/pazientemodello dottore/paziente
modello medico (professionale)modello medico (professionale)
• il cliente conosce le proprie necessita’il cliente conosce le proprie necessita’
• vuole “la risposta”vuole “la risposta”
• coinvolgimento limitato, desiderato dal coinvolgimento limitato, desiderato dal cliente cliente
• il cliente riesce ad identificare solo i il cliente riesce ad identificare solo i sintomisintomi
• si rivolge al consulente per identificare si rivolge al consulente per identificare il problemail problema
• coinvolgimento limitato del cliente nel coinvolgimento limitato del cliente nel raggiungere la soluzione desiderataraggiungere la soluzione desiderata
• il cliente conosce le proprie necessita’il cliente conosce le proprie necessita’
• vuole “un secondo parere”vuole “un secondo parere”
• coinvolgimento significativo del clientecoinvolgimento significativo del cliente
• il cliente non ha problemi urgentiil cliente non ha problemi urgenti
• ritiene il consulente una “risorsa”ritiene il consulente una “risorsa”
• alto coinvolgimento del cliente, alto coinvolgimento del cliente, anticipato e desiderabileanticipato e desiderabile
Un esempio dei “comportamenti”
basso alto
COINVOLGIMENTO DEL CLIENTE NEL PROCESSO DI CONSULENZA
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bassa bassa
definizionedefinizione
modello ingegneristicomodello ingegneristico
modello di processomodello di processomodello dottore/pazientemodello dottore/paziente
modello medico (professionale)modello medico (professionale)
• “ “vorrei un nuovo sistema vorrei un nuovo sistema informativo” informativo”
• “ “mi faccia una ricerca di mercato”mi faccia una ricerca di mercato”
• “ “mi presenti una valutazione delle mi presenti una valutazione delle alternative possibili” alternative possibili”
• “ “il morale del management e’ basso”il morale del management e’ basso”
• “ “l’innovazione tecnologica si e’ l’innovazione tecnologica si e’ fermata”fermata”
• “ “l’organizzazione non funziona. Puo’ l’organizzazione non funziona. Puo’ aiutarci?”aiutarci?”
• “ “pensa che stiamo affrontando il nostro pensa che stiamo affrontando il nostro sviluppo manageriale in modo sviluppo manageriale in modo
efficace?”efficace?”
• “ “vorremmo una seconda opinione su vorremmo una seconda opinione su questo prodotto”questo prodotto”
• “ “forse se ci conoscesse meglio potrebbe forse se ci conoscesse meglio potrebbe aiutarci”aiutarci”
• “ “ci piace il modo in cui tratta le ci piace il modo in cui tratta le persone. Che ne pensa di persone. Che ne pensa di
partecipare partecipare ad alcuni dei nostri ad alcuni dei nostri meeting?meeting?
Possibili profili del consulente (2) Alternative di comportamento per il consulente di Direzione in “azione” nei progetti
di Change Management:
1 inventore
2 imprenditore
3 integratore
4 esperto
5manager
6 sponsor
1. Il consulente “inventore”
“il generatore di idee: l’inventore”
Integra scenari, andamenti e dati in concetti, modelli e piani; prima concepisce la grande “visione” d’assieme del cambiamento, poi adatta i piani
Origina, crea e scopre nuovi pensieri e processi per generare il “corretto” cambiamento, prima e dopo “i fatti” Tende all’innovazione risolvendo i problemi in modi nuovi e originali Continua a proporre “what-if” a un numero di persone Usa altre persone regolarmente e coerentemente per ridefinire “come” i prodotti e servizi si collocano sul
mercato Mette se stesso al centro delle attivita’ di soluzione dei problemi organizzativi Sviluppa l’abitudine a ricercare in modo ampio Non ha paura di imparare dagli insuccessi Ricerca nuovi modi per riutilizzare concetti che sono gia’ operativi per scoprire nuove possibilita’ Ha il senso del tempo E’ un progettista che guarda sempre al futuro per risolvere problemi che non sono ancora completamente
emersi
2. Il consulente “imprenditore”
“trovare una strada migliore: l’imprenditore”
Organizza e gestisce le risorse per massimizzare le opportunita’ di innovazione nel cambiamento
Guida il processo di cambiamento, “vendendolo” agli altri Ricerca costantemente prodotti, sistemi, processi e metodologie di lavoro migliori Seleziona idee e suggerimenti da qualunque fonte per assicurare miglioramenti e successi Costruisce un’”intelaiatura” intorno ai “concetti” da vendere, promuovendo nuove idee e approcci Sviluppa una rete di rapporti e relazioni tra le persone per testare le idee e generare nuove possibilita’ Ricerca obiettivi ragionevolmente sfidanti, escludendo progetti ad alto rischio Adopera la vision e il posizionamento degli obiettivi per mobilitare gli altri Vede gli ostacoli come opportunita’ Produce un inventario di tutte le risorse disponibili - persone, processi, sistemi, prodotti - per determinare il
potenziale per il successo
3. Il consulente “integratore”
“mettere tutto insieme: l’integratore”
Raccoglie parti e frammenti del processo di cambiamento e “tesse” un coordinato totale, trovando la “trama” comune tra i diversi interessi
Agisce come un “trasformatore” intelligente: riceve le informazioni e i fatti esistenti, li connette come “insieme complessivo” e produce “effetti”, creando uno sforzo coordinato totale
Revisiona e reimposta le idee o colloca le informazioni in un nuovo contesto per stimolare nuove prospettive Mette in contatto diversi gruppi di persone per raggiungere il successo, adoperando strategie interpersonali:
condivisione, ricerca di informazioni, ascolto, ricezione di feed-back, chiarificazione di concetti Forma solide alleanze senza separarle dai “temi critici” delle persone-chiave Costruisce i team e sviluppa identita’ di gruppo sullo “sforzo comune” per il cambiamento Mantiene uno stato di “tutela e salvaguardia” del progetto di cambiamento all’interno dell’organizzazione Affronta i conflitti e chiarifica le distorsioni attraverso una serie di attributi - chiarezza, interpretazione,
informazione, aggiornamento - sintetizzando le problematiche-chiave provenienti da fonti diverse Coltiva le abilita’ di “consiglio/raccomandazione” e di ricerca delle informazioni per fare chiarezza sugli
interessi reciproci dei membri del team di cambiamento Puo’ essere considerato come il “capo” informatore, il maggior comunicatore e presentatore al top
management, agli alleati, al team del cambiamento e agli utenti finali
4. Il consulente “esperto”
“realizzare in modo tecnicamente corretto: l’esperto”
Utilizza le sue capacita’ specialistiche, le sue competenze, abilita’ ed esperienze in aree tecniche specifiche, per sostenere lo sforzo al cambiamento
Attiva il team del cambiamento con abilita’ “da maestro”, maturate con addestramenti o esperienze speciali e fornisce un contributo superiore di perizia e competenza
Mette a disposizione le “conoscenze appropriate”, necessarie per l’implementazione del cambiamento, a coloro che devono vivere con il cambiamento
Aggiorna regolarmente dei progressi, degli sforzi sugli obiettivi e degli specifici risultati raggiunti, sia gli implementatori del cambiamento che gli utenti finali
Mantiene un dialogo aperto con gli utenti finali, per assicurare la “rilevanza” del loro lavoro e fissare il “tono” del cambiamento
Coltiva le abilita’ di presentazione e comunicazione efficace per trasferire le proprie conoscenze Presenta idee complesse in termini comprensibili e adeguati al “linguaggio” degli utenti finali Impiega metodi specifici per la rilevazione e l’identificazione dei problemi Assicura la strumentazione e le procedure piu’ aggiornate e attuali in aree specializzate Cura i dettagli tecnici dei progetti e agisce come interfaccia tra gli implementatori del cambiamento e l’intera
organizzazione
5. Il consulente “manager”
“mantenere le cose in traiettoria: il manager”
Stimola e motiva il team a lavorare per obiettivi comuni; amministra, guida, regola e controlla le attivita’ operative senza essere autoritario
Fornisce una guida ai singoli membri del team del cambiamento, semplificando e delegando i compiti, fissando priorita’ e allenando gli altri a completare gli impegni-chiave
Agisce come “timone” di tutto il team del cambiamento, utilizzando contemporaneamente i punti forti del gruppo con frequente periodicita’, evitando comunque un supercoinvolgimento personale
Opera come “agente” per incrementare la produttivita’ e innalzare la qualita’ degli output delle persone coinvolte (implementatori, utenti finali)
Pesa con molta cura le risorse e il tempo necessario per l’innovazione, valutando il rischio di non completare l’implementazione con successo
Traccia l’andamento del progetto di cambiamento e testa progressivamente il lavoro prodotto Focalizza gli sforzi per il cambiamento sui risultati finali Ricerca continuamente nuovi modi per coinvolgere gli altri Offre supporto tangibile e scambio di risorse per sostenere lo sforzo del team del cambiamento Opera per creare un clima di fiducia e di sicurezza nel team del cambiamento (implementatori, utenti finali)
6. Il consulente “sponsor”
“sostegno dall’alto: lo sponsor”
Ottiene supporto dal top management per assicurare prontezza organizzativa al cambiamento oltre ai mezzi e le risorse necessarie
Assicura che lo sforzo per il cambiamento abbia un’ampio sostegno organizzativo e le risorse necessarie Produce entuasismo, combatte per il progetto di cambiamento e mette in gioco la sua credibilita’ per
assicurarne il completamento Agisce con abilita’ per giustificare al top management i fondamenti logici “dietro” il cambiamento e per
collegarli ai piani di di azione Focalizza la sua comunicazione mettendo in relazione il progetto di cambiamento con gli obiettivi piu’ ampi
dell’organizzazione, spiegando i “perche’” Utilizza efficacemente la sua credibilita’ o il suo status per superare i problemi e per generare cooperazione Filtra e gestisce “le interferenze” per conto del team del cambiamento, agendo come “cuscinetto” Aggiorna continuamente i personaggi-chiave del cambiamento e il top management sull’evoluzione del
processo e sugli step di cambiamento raggiunti, delega altri compiti di “minisponsor” a colleghi di lavoro Velocizza la credibilita’ del top management e ricerca il sostegno degli utenti coinvolti nel progetto di
cambiamento, anche per aumentare la velocita’ di “spostamento”
Bibliografia selezionata Lyle M.Spencer, Jr.: ”Reengineering Human Resources”, John Wiley & Sons, Inc. New York, 1995 Franco D’Egidio: “Il Change Management - Il pensiero creativo e le strategie delle aziende ultraveloci”,
Franco Angeli, 3a edizione, Milano, 1993 Andrew D.Szilagyi, Jr., Marc J.Wallace, Jr.: “Organizational Behaviour and Performance”, Harper Collins
Publishers, USA, 5th edition, 1990 Murray M.Dalziel, Sthephen C.Schoonover: “Changing Ways - A practical tool for implementing change
within your organizations”, Amacom (American Management Association), New York, 1988 D.E.Zand, R.E.Sorenson: “Theory of Change and the effective use of Management Science”, Adimistrative
Science Quarterly, Volume 20, n.4, December 1975 Harold J.Leavitt: “Applied organizational changes in industry: Structural, Technological and Human
approaches”, in “New Perspectives in Organization Reserch”, John Wiley & Sons, Inc., New York, 1964 Janie Daniel Duck: “Managing Change: the Art of balancing”, Harvard Business Review, Volume 71, n.6,
November-December 1993 Michael Beer, Russell A.Eisenstat, Bert Spector: “Why change programs don’t produce change?”, Harvard
Business Review, Volume 68, n.6, November-December 1990 Paolo Petrucciani: “Verso il duemila: incertezze e valori”, Tempo Economico, nn.299-300, Luglio-Agosto
1990, Anno XXVII, Milano Paolo Petrucciani: “L’impatto organizzativo dei sistemi a supporto delle decisioni”, Informatica e Direzione
Aziendale, Cedis Editrice, Anno 3, n.6, Giugno 1988, Roma