Il centro urbano si sta spopolando PPer Ragusa il destino ...sindaco Dubravka Šuica. Oltre al...

7
w w w . e d it .h r/ l a v o c e A n n o V n . 4 2 S a b a to , 1 4 m a r z o 2 0 0 9 IL PROLOGO dalmazia DEL POPOLO DEL POPOLO di Dario Saftich L’apertura del mercato agli stranieri non dà fi ato alle vendite di immobili Della paventata invasione straniera in riva all’Adriatico orientale non c’è alcu- na traccia. Dopo la caduta delle barriere amministrative e la completa liberaliz- zazione del mercato immobiliare croato, il primo febbraio scorso, molti da que- ste parti ritenevano che i cittadini del- l’Unione europea si sarebbero precipita- ti a far man bassa di immobili, soprattut- to in Dalmazia. Le agenzie immobilia- ri sognavano affari d’oro. A un mese e mezzo circa dal giorno in cui sono venu- ti meno lacci e lacciuoli legislativi e bu- rocratici, la situazione, dall’ottica di chi pensava di guadagnare un sacco di soldi, vendendo case o terreni edificabili, ap- pare semplicemente desolante. Non solo il mercato immobiliare non ha ripreso fiato, ma anzi è crollato tutto d’un colpo. Naturalmente la causa va ricercata nella crisi finanziaria, nella recessione che ha investito praticamente tutto il pianeta. Il timore di una crisi dei mutui in Croazia ed anche in Europa ha fermato la corsa all’acquisto di alloggi che sembrava fino a pochi mesi fa travolgente. La liberaliz- zazione del mercato non ha portato ad alcun aumento dei prezzi e nemmeno a una crescita palpabile dell’interesse de- gli stranieri per l’acquisto di abitazioni ai “tropici alle porte di casa”. Anzi i li- stini delle case sono in forte ridimensio- namento in parecchie zone: reggono sol- tanto quelli degli immobili più pregiati. A dire il vero negli ultimi anni i prezzi degli appartamenti in Dalmazia erano nettamente superiori a molte zone del- l’Istria e in genere dell’Alto Adriatico. Eppure il mercato tirava. Oggi tutto è cambiato. Migliaia di appartamenti di nuova costruzione rimangono invendu- ti nella fascia costiera. Calano persino i listini degli immobili nei centri storici che vanno per la maggiore, come quello di Ragusa, anche se le percentuali di di- scesa dei prezzi sono piuttosto contenu- te. Sicuramente sono in netta flessione le vendite. Il motivo principale di questa si- tuazione, oltre alla recessione imperante, va ricercato nel fatto che il mercato im- mobiliare croato, anche prima del feb- braio 2009, era tutt’altro che ermetica- mente chiuso agli stranieri. Chi davvero voleva comprare casa, in un modo o nel- l’altro trovava un escamotage giuridico per farlo. Molti ne hanno approfittato, soprattutto tedeschi, austriaci, inglesi, russi. Adesso siamo in una fase di rifles- sione. Il crollo del mercato non necessa- riamente deve tradursi in un fatto del tut- to negativo: troppa gente ha approfittato della corsa al mare delle genti dell’inter- no per vendere le vecchie case nei centri storici e comprarne di nuove in periferia. Le antiche calli si sono ritrovate, pertan- to, deserte per buona parte dell’anno. Le ridenti località costiere, così, hanno per- so una parte della loro identità. La cri- si può essere un’occasione per ripensare al futuro dei centri storici che per essere realmente attaenti hanno bisogno di vita, di attaccamento alle tradizioni locali. Non tutti i mali, dunque, necessariamen- te vengono per nuocere. Il centro urbano si sta spopolando Per Ragusa il destino Per Ragusa il destino di città-museo di città-museo Goran Vežić nelle pagine 2 e 3 Goran Vežić nelle pagine 2 e 3 I prezzi degli immobili stanno scendendo anche a Spalato

Transcript of Il centro urbano si sta spopolando PPer Ragusa il destino ...sindaco Dubravka Šuica. Oltre al...

Page 1: Il centro urbano si sta spopolando PPer Ragusa il destino ...sindaco Dubravka Šuica. Oltre al progetto Pustijerna, Andro Vlahušić vede altre oc-casioni per rivitalizzare il cen-tro

ww

w.ed

it.hr/lavoce Anno V • n. 42 • Sabato, 14 marzo 2009

IL PROLOGO

dalmazia

DEL POPOLODEL POPOLO

di Dario Saftich

L’apertura del mercato agli stranieri non dà fi ato alle vendite di immobili

Della paventata invasione straniera in riva all’Adriatico orientale non c’è alcu-na traccia. Dopo la caduta delle barriere amministrative e la completa liberaliz-zazione del mercato immobiliare croato, il primo febbraio scorso, molti da que-ste parti ritenevano che i cittadini del-l’Unione europea si sarebbero precipita-ti a far man bassa di immobili, soprattut-to in Dalmazia. Le agenzie immobilia-ri sognavano affari d’oro. A un mese e mezzo circa dal giorno in cui sono venu-ti meno lacci e lacciuoli legislativi e bu-rocratici, la situazione, dall’ottica di chi pensava di guadagnare un sacco di soldi, vendendo case o terreni edifi cabili, ap-pare semplicemente desolante. Non solo il mercato immobiliare non ha ripreso fi ato, ma anzi è crollato tutto d’un colpo. Naturalmente la causa va ricercata nella crisi fi nanziaria, nella recessione che ha investito praticamente tutto il pianeta. Il timore di una crisi dei mutui in Croazia ed anche in Europa ha fermato la corsa all’acquisto di alloggi che sembrava fi no a pochi mesi fa travolgente. La liberaliz-zazione del mercato non ha portato ad

alcun aumento dei prezzi e nemmeno a una crescita palpabile dell’interesse de-gli stranieri per l’acquisto di abitazioni ai “tropici alle porte di casa”. Anzi i li-stini delle case sono in forte ridimensio-namento in parecchie zone: reggono sol-tanto quelli degli immobili più pregiati. A dire il vero negli ultimi anni i prezzi degli appartamenti in Dalmazia erano nettamente superiori a molte zone del-l’Istria e in genere dell’Alto Adriatico. Eppure il mercato tirava. Oggi tutto è cambiato. Migliaia di appartamenti di nuova costruzione rimangono invendu-ti nella fascia costiera. Calano persino i listini degli immobili nei centri storici che vanno per la maggiore, come quello di Ragusa, anche se le percentuali di di-scesa dei prezzi sono piuttosto contenu-te. Sicuramente sono in netta fl essione le vendite. Il motivo principale di questa si-tuazione, oltre alla recessione imperante, va ricercato nel fatto che il mercato im-mobiliare croato, anche prima del feb-braio 2009, era tutt’altro che ermetica-mente chiuso agli stranieri. Chi davvero voleva comprare casa, in un modo o nel-

l’altro trovava un escamotage giuridico per farlo. Molti ne hanno approfi ttato, soprattutto tedeschi, austriaci, inglesi, russi. Adesso siamo in una fase di rifl es-sione. Il crollo del mercato non necessa-riamente deve tradursi in un fatto del tut-to negativo: troppa gente ha approfi ttato della corsa al mare delle genti dell’inter-no per vendere le vecchie case nei centri storici e comprarne di nuove in periferia.

Le antiche calli si sono ritrovate, pertan-to, deserte per buona parte dell’anno. Le ridenti località costiere, così, hanno per-so una parte della loro identità. La cri-si può essere un’occasione per ripensare al futuro dei centri storici che per essere realmente attaenti hanno bisogno di vita, di attaccamento alle tradizioni locali. Non tutti i mali, dunque, necessariamen-te vengono per nuocere.

Il centro urbano si sta spopolando

Per Ragusa il destino Per Ragusa il destino di città-museodi città-museoGoran Vežić nelle pagine 2 e 3Goran Vežić nelle pagine 2 e 3

I prezzi degli immobili stanno scendendo anche a Spalato

Page 2: Il centro urbano si sta spopolando PPer Ragusa il destino ...sindaco Dubravka Šuica. Oltre al progetto Pustijerna, Andro Vlahušić vede altre oc-casioni per rivitalizzare il cen-tro

2 dalmazia

vevano seimila persone, ci ha detto l’abitante ragusea Dubravka Šimunović. Oggi, valuta il sin-daco Dubravka Šuica, non ve ne sono più di duemilacinquecento. Il capo dell’associazione “Nazbi-lj” Srđan Kera è ancora più pes-simista e sostiene che i rimasti in città non siano più di 1.500. L’uni-co dato uffi ciale è quello del censi-mento del 2001: allora gli abitanti erano circa 3.500. Mille più o mil-le meno non fa grande differenza: fatto sta che il calo della popola-zione è marcato e rappresenta una forte penalizzazione per una città sempre più deserta.

Kera, abitante del centro stori-co, in uno spettacolo allestito dal complesso satirico “Nazbilj” reci-tava la parte del capo degli indige-ni ragusei che avevano deciso di abbandonare la città in seguito alle incursioni dei conquistatori bian-chi. Infatti ai cittadini di Ragusa è capitata la stessa sorte degli in-diani nell’Ottocento. Ovviamente le differenze ci sono: l’esodo della popolazione dalla città si è svolto in maniera umana, sotto la spin-ta di una forza molto maggiore di quella delle armi. Decisivo è sta-to difatti il denaro. Quelli che sono rimasti è come se fossero venuti a trovarsi in una riserva indiana.

“È diffi cile trattenere una per-sona in città se uno straniero gli offre 500mila euro per un appar-tamento in un palazzo d’epoca tut-to da ristrutturare. Con una simi-le cifra può acquistare due alloggi confortevoli, per sé e per i propri fi gli”, sottolinea Dubravka Šuica. Dal suo uffi cio si offre una vista magnifi ca su San Biagio, la Colon-na d’Orlando e Palazzo Sponza. È mezzogiorno, per strada vi sono pochi passanti. A dire il vero pio-ve... Non mancano, però, le prime rondini... turistiche. Due comitive di villeggianti, una giapponese, l’altra europea, gira per il centro storico ammirando i monumenti. Quando basta per evitare che la città sprofondi in un completo le-targo invernale. Le persiane delle fi nestre delle case che si affacciano sullo Stradun sono chiuse: sarà la pioggia o il fatto che gli inqulilini si trovano lontano dalla loro città natale, in Europa o America?

I vecchi ragusei li possiamo trovare attorno a mezzogiorno nel Caffè cittadino. Lì incontriamo an-che il noto attore Miše Martinović. Lui non intende abbandonare la città, però, se fosse più giovane un pensierono magari lo farebbe... “Se esci di sera per le strade ti ac-corgi che è tutto deserto. Sempli-cemente mancano gli abitanti. La gente se ne è andata, ha ceduto alle laute offerte e ha preferito vende-re le vecchie case nelle quali era diffi cile vivere e comprare allog-gi nuovi. Io a 83 anni non me ne andrei di certo dal nucleo urbano, però se fossi più giovane non so davvero quale decisione prende-rei. Comprendo benissimo coloro che sono andati a vivere altrove”, ci dice Miše Martinović.

Pioggia di incentivi per i pochi rimasti

I nuovi abitanti, arrivati qui dal-l’interno della Croazia o dall’este-ro, si fanno vivi nella maggior parte dei casi appena d’estate. La Giunta municipale, in ogni caso, ce la mette tutta per trattenere la popolazione autoctona: “Cerchia-mo di dare vitalità al centro stori-co. Abbiamo costruito una palestra

nell’ambito della scuola elementa-re, abbiamo realizzato alcuni cam-pi da gioco per i bambini all’inter-no della cinta muraria, gli abitanti della città possono andare gratui-tamente al cinema, a teatro, ai con-certi, nei musei, nelle biblioteche. L’abbonamento mensile per il par-cheggio all’esterno delle mura per la popolazione locale è di appena 50 kune. La distribuzione di legna da ardere e gas è gratuita, è gratui-to pure il viaggio fi no all’isolotto di Lacroma (Lokrum) dove si può fare il bagno, per ogni neonato la famiglia riceve 10mila kune. Inol-tre non mancano incentivi per l’ar-tigianato tradizionale... Però tutto ciò è una goccia nell’oceano quan-do arriva un’offerta, forse immora-le, di mezzo milione di euro”.

Si è vero, ci ha confermato Srđan Kera, l’esponente dell’op-posizione satirica al sindaco Du-bravka Šuica: “Noi viviamo in una riserva e godiamo i vantaggi della segregazione positiva. Nel centro storico un neonato ‘vale’ 10.000 kune, mentre a Lapad la cifra scen-de a 1.500 kune. Però i prezzi sono ben diversi nei supermercati. Lì tutto è adeguato alle possibilità di spesa dei turisti danarosi, per cui tutto risulta più caro rispetto ai ne-gozi posti fuori dalle mura. Anche questo è un motivo che spinge la gente ad andarsene là dove il co-sto della vita è inferiore. Le autori-tà municipali potevano risolvere il problema, ma non l’hanno fatto”. A tutto questo va aggiunto l’annoso problema delle infrastrutture, per cui, se non vi saranno iniziative in tal senso a Ragusa toccherà la sorte

di Venezia, quella di divenire una città-museo, senza abitanti.

Non arrivano più i contadini dall’area dei Canali ragusei (Ko-navle) a vendere i loro prodotti in città, nel campo di Gundulić, i pe-scatori latitano nella Pescheria in quanto non hanno a chi vendere i pesci. Per tale motivo mancano anche i negozi di commestibili e di altri generi di prima necessità. Pri-ma della guerra degli anni novan-ta nel centro storico c’erano quat-tordici negozi di generi alimenta-ri, oggi ve ne sono appena tre. In compenso vi sono addirittura 43 esercizi comemerciali che vendo-no souvenir. La città diviene sem-pre più - un ricordo.

Le navi da crociera e l’invasione estiva

I negozianti si adeguano alla nuova clientela, ovvero alle fi u-mane di turisti che sbarcano dal-le grandi navi da crociera. L’anno scorso hanno fatto sosta nelle ac-

2 dalmazia Sabato, 14 marzo 2009

La rinascita può partire da PustijernaPustijerna, la parte sudorien-

tale della città, è deserta dopo i gravi danni subiti nel terremo-to del 1979. Gli abitanti se ne sono andati a vivere a Gravosa (Gruž) e a Mokošica. Oggi però questa zona rappresenta un’op-portunità di sviluppo, un ma-gnete per rivitalizzare la città e attirare i giovani. Le vecchia autorità intendevano trasforma-re Pustijerna in un complesso turistico-alberghiero di lusso, quelle degli ultimi anni pensa-vano di edifi care nella zona al-loggi nell’ambito del program-ma di edilizia agevolata rivol-to alle fasce più disagiate della popolazione. Questo proprio in un’area, dove a detta di Miše Martinović, vi sono i palazzi ra-gusei più belli. Gli alloggi po-polari non sono stati ancora rea-

lizzati, ma il piano non è stato accantonato del tutto. “Si sono fatte avanti 150 giovani fami-glie che desiderano vivere in città, però, naturalmente, in ap-partamenti nuovi”, ha rilevato il sindaco Dubravka Šuica.

Oltre al progetto Pustijerna, Andro Vlahušić vede altre oc-casioni per rivitalizzare il cen-tro storico. “In tempi relativa-mente rapidi è possibile rea-lizzare un centro commerciale e di servizi, nonché un’auto-rimessa nei pressi delle mura: sono tutti contenuti di cui la città ha bisogno. Inoltre va rea-lizzato un campus universitario nell’edifi cio del vecchio ospe-dale proprio accanto alle mura. E servono altri contenuti per i giovani. Queste, assieme al-l’edifi cazione di alloggi a Pu-

stijerna, dovrebbero essere le direttrici per rilanciare la città. Ragusa deve cogliere l’occa-sione rappresentata dalla sta-gnazione e dalla crisi nella vendita di immobili, per rifl et-tere sul proprio futuro.

Andro Vlahušić vorrebbe ri-solvere il problema rappresenta-to dalla calca estiva con gli in-gressi selettivi in città. Inoltre il suo obiettivo è quello di rea-lizzare contenuti attraenti fuo-ri dalle mura cittadine: un cen-tro multimediale al Lazzaretto e un Museo d’arte contempora-nea. “Mica tutti i turisti debbo-no stiparsi a Ragusa nello stes-so momento”, sostiene An-dro Vlahušić, secondo il quale i vacanzieri possono recarsi sul Monte Sergio (Srđ), sul Vidiko-vac e in altre zone.

AMBIENTE URBANO La popolazione locale tende sempre di più a vendere i propri

Case in mano agli stranieri: a Ragudi Goran Vežić

Marzo è il mese nel quale le ostriche sono più gu-stose. Sarebbe davvero

un peccato non approfi ttare del-l’occasione e non recarsi proprio in questo periodo dell’anno a Ra-gusa (Dubrovnik) per assapora-re un buon piatto di ostriche del Canale di Stagno piccolo (Malo-stonski zaljev). A Ragusa c’è una piccola osteria che è il luogo idea-le per gustare tale delizia. A co-noscerla e apprezzarla è in primo luogo la gente del posto. Due ta-voli all’interno, uno steccato da-vanti e un nome che spiega tutto: “Kamenica” (ostrica). In questa osteria di campo Gundulić sono soliti fare una capatina i vendito-ri e gli acquirenti che affollano il mercato nella zona, gli impiegati della municipalità e gli artigiani, nonché i viandanti che conoscono bene la città e non intendono farsi spennare nei ristoranti di lusso di via Prijeko.

La vecchia osteria vittima del turismo

Come di consueto anche que-st’anno a marzo non sono manca-to all’appuntamento alla “Kame-nica”, ho gustato le ostriche, però sono rimasto sorpreso dal prezzo:

undici kune ciascuna. Nei lus-suosi ristoranti di Stagno Picco-lo (Mali Ston) dove erano sempre più care, invece, il costo è rimasto fermo alle dieci kune. Evidente-mente anche la popolare osteria ragusea si è ritrovata, non per col-pa sua, spinta nel bel mezzo de-gli esercizi rivolti al turismo. Il mercato di campo Gundulić sta languendo, non rimangono che un paio di banchi, mentre si ritro-vano a fare compagnia al poeta di bronzo tre o quattro venditori dal-l’aria triste. È sempre più desola-tamente vuota anche la “Peska-rija” nel vecchio porto raguseo. Nella stessa schiera di palazzi di pietra in cui si trova la “Kameni-ca” c’è anche l’Hotel Pucić Pala-ce nel quale le stanze migliori nei mesi estivi arrivano a costare cin-quemila kune la notte. In un simi-le ambiente nemmeno la piccola osteria non può più essere quello che era una volta. Anch’essa ri-sente della forbice nella quale la Perla dell’Adriatico si è venuta a trovare: da un lato l’assalto estivo di fi umane di villeggianti dall’al-tro il clima di depressione inver-nale. La gente del posto si fa ve-dere sempre più di rado. D’inver-no la città non pulsa più di vita. La popolazione ha in buona parte ab-bandonato il nucleo storico cinto dalle mura. E d’estate la radio in-

vita la gente a restarsene rintanata in casa in quanto il centro urbano si ritrova ad affrontare un’autenti-ca “invasione marittima”, con una calca indescrivibile nelle vie quan-do arrivano gli ospiti sbarcati dalle

grandi navi da crociera. L’osteria “Kamenica” non si è ancora ade-guata a questa situazione: non ci sono prezzi stagionali.

Crolla il numero degli abitanti

Nel 1991, anno di guerra, al-l’interno della cinta muraria vi-

Turisti sotto la pioggia

Il sindaco Dubravka Šuica

Srđan Kera

Page 3: Il centro urbano si sta spopolando PPer Ragusa il destino ...sindaco Dubravka Šuica. Oltre al progetto Pustijerna, Andro Vlahušić vede altre oc-casioni per rivitalizzare il cen-tro

dalmazia 3

que ragusee ben 750 navi passeg-geri con oltre 800.000 vacanzieri che hanno lasciato in città la bel-lezza di 45 milioni di euro. C’era-no momenti in cui sullo Stradun e nelle calli circostanti si stipavano anche ventimila persone. Da una parte quindi la depressione in-vernale, dall’altra l’insostenibile pressione estiva: sono queste le due situazioni limite con le quali la popolazione locale è costretta a fare i conti. Per tale motivo si ele-vano con sempre maggiore inten-sità le voci di coloro che chiedo-no di limitare gli arrivi delle navi da crociera: all’interno della cinta muraria, rilevano costoro, non do-vrebbero trovarsi contemporanea-mente più di seimila villeggianti.

“Non dobbiamo segare il ramo sul quale siamo seduti e cacciare via i visitatori, però la giornata ha 24 ore e il numero dei turisti va ripartito meglio in questo arco di tempo. La città è ora bene illumi-nata ed è piacevole visitarla anche di sera quando le temperature sono più basse e non vi è l’afa mattuti-na e pomeridiana”, afferma Andro Vlahušić, della coalizione HNS-SDP, che fronteggerà Dubravka Šuica alle prossime elezioni am-ministrative. La campagna elet-torale sarà incentrata, in buona parte, proprio su questi temi, se i candidati trascureranno il fatto che nel centro storico di Ragusa non vivono poi troppi elettori. Anzi il loro numero è pari a quello di una piccola cittadina costiera dalmata qualsiasi.

Il sindaco Dubravka Šuica ri-batte ai contestatori ricordando che non tanto tempo fa la città di Ragusa, duramente provata dal confl itto degli anni novanta, ane-lava essere presa d’assalto dai vacanzieri. “Quando cinque anni dopo la fi ne della guerra vedem-mo all’orizzonte la prima nave da crociera eravamo felicissimi. Non me la sento di parlare contro i

cruiser. La nostra decisione inter-na di limitare gli arrivi a due o tre navi da crociera al giorno è inat-tuabile, in quanto le visite vengo-no concordare con alcuni anni di anticipo. Inoltre negli anni a ve-nire saranno rinnovati tutti gli al-berghi, per cui potrà aumentare il numero degli ospiti alloggiati nel-le strutture ricettive locali”, rileva Dubravka Šuica. Il suo obiettivo è quello di allungare la stagione tu-ristica, però i tempi di realizzazio-

ne si presentano lunghi. La città è minacciata ora e la gente richiede si faccia qualcosa.

Nemmeno Srđan Kera è con-trario all’arrivo dei turisti in cit-tà, nonostante faccia presente che i suoi concittadini paghino un pe-sante tributo allo sviluppo dell’in-dustria delle vacanze. È perfetta-mente consapevole che la città è orientata al turismo, che vive di turismo, però chiede che l’indu-stria dell’ospitalità venga regola-mentata, non sia abbandonata a sé stessa, generando il caos.

“La gente è cambiata dopo la guerra, tutti sono protesi al profi t-to. Questa è la cosa fondamenta-le”, afferma Dubravka Šimunović, titolare di un negozio di souvenir nella Ulica od Puča, nel quale si vendono solo manufatti locali. “I prodotti cinesi non troveranno mai spazio nel mio esercizio commer-ciale”, afferma Dubravka che non vuol saperne di abbandonare il nu-cleo storico. Non le serve nemme-no l’automobile, non intende an-dare da nessuna altra parte. “Se ne sono andati coloro che non aveva-no legami sentimentali con la città, che non vivevano qui da genera-zioni, che erano arrivati qui, ave-vano acquistato gli appartamenti per poi rivenderli a caro prezzo. Io questo non lo farò, nonostante abbia pure dei problemi. La vita sta diventando sempre più cara a Ragusa ed anche più dura, specie man mano che la vecchiaia si av-vicina”.

I vantaggi... della recessioneSiamo in un periodo di reces-

sione, per cui c’è da attendersi che la prossima estate a Ragusa vi sa-ranno meno vacanzieri ed anche una calca inferiore rispetto agli anni passati. Nessuno si rallegra, però, per questo. La gente ha in-vestito troppo nel turismo per ac-cettare la sua stagnazione, semmai chiede soltanto regole. L’unico aspetto positivo della recessione è rappresentato dal fatto che li-mita di fatto l’esodo della popo-lazione autoctona dalla città: con

il calo della domanda di case e ap-partamenti calano di conseguenza i prezzi, per cui meno gente si deci-de a vendere.

Comunque nessuno ce l’ha con i nuovi venuti, ci dice Dubra-vka Šimunović. “Nella mia via in-contro saltuariamente due stra-nieri. Uno lo saluto con le parole good morning, l’altro con bonjour. Quando hanno comprato casa qui, si sono presentati: è tutta gente per bene che non è venuta qui per di-struggere. I restauri li effettuano in linea con le regole, il che è un bene per la città che vuole mantenere il suom aspetto tradizionale. Anzi gli stranieri restaurano le abitazioni meglio di noi perché dispongono di più soldi. Questo è un aspetto positivo della vendita di immobili alla gente da fuori”, rileva la signo-

ra Dubravka Šimunović. La città però, sottolinea, si ribella dalle sue viscere, a quest’invasione. “Noi ci troviamo, di fatto, in riva al mare per cui sono necessarie frequen-ti riparazioni nelle abitazioni per porre rimedio ai problemi causa-ti dalla salsedine e dall’umidità. I nuovi inquilini che arrivano sol-tanto d’estate capiranno ben presto che le spese di manutenzione sono elevate: si ritroveranno a passare il tempo previsto per le vacanze im-pegnati nei lavori di restauro. Inve-ce di fare il bagno a Lacroma, sa-ranno costretti a fare la guardia a casa, osservando i lavoratori inten-ti a rimettere a posto le abitazioni. Quando capiranno che il gioco non vale la candela, rivenderanno nuo-vamente gli immobili - ai ragusei”, conclude Dubravka Šimunović.

Sabato, 14 marzo 2009

immobili e ad abbandonare il centro storico che d’inverno si presenta ormai semideserto

usa toccherà la sorte di città-museo

Una Ragusa deserta

Ragusa, una vivacità d’altri tempi

Dubravka Šimunović nel suo negozio di souvenir nel quale

vende manufatti rigorosamen-te locali

La Queen Elisabeth II dinanzi alle mura ragusee

Miše Martinović

Page 4: Il centro urbano si sta spopolando PPer Ragusa il destino ...sindaco Dubravka Šuica. Oltre al progetto Pustijerna, Andro Vlahušić vede altre oc-casioni per rivitalizzare il cen-tro

Come abbiamo scritto nell’epi-sodio precedente l’AC Dal-mazia non riuscì a fi nire la

stagione 1939/40 del campionato di I. Divisione Marche-Abruzzi-Dalma-

zia. La guerra ebbe il sopravvento e il calcio, nonostante il grande amore de-gli zaratini per questo sport, passò fi nì in secondo piano. Nell’aprile del 1941 furono create tre nuove province nel

territorio dell’ex Jugoslavia: Lubia-na, Spalato e Cattaro. Queste ultime due furono incluse nel “Governatorato della Dalmazia”. A Zara durante l’ulti-mo confl itto mondiale continuò l’atti-vità della “Sezione propaganda” della FIGC, organizzazione allora esistente in ogni provincia per gestire campio-nati e tornei a livello provinciale. Fino al 1944 fu attivo pure il “Gruppo Ar-bitri Dalmati” della FIGC, avente sede presso la “Casa Littoria” di Zara e pre-sieduto da Natale Duviani. Quello che è decisamente poco noto è che a Cat-taro, nella stagione 1942/43, venne disputato il “Campionato provinciale delle Bocche di Cattaro” gestito dal CONI visto che le squadre non era-no affi liate alla FIGC. Fu un torneo di otto squadre di cui la metà composte da militari. Due i gironi. In quello “A” fi gurarono: OND (Opera Nazionale Dopolavoro), Ospedale da Campo, Regia Marina e Teleferisti. In quello ”B”: Avicalcio, GIL (Gioventù Italia-na del Littorio) Teodo, OND Gruda e OND Popovic.

dalmaziaSabato, 14 marzo 2009 5Sabato, 14 marzo 20094

Zara e il calcio? Un connubio con lontane ori-gini, ma poco noto. Il calcio a Zara vanta una lun-ga tradizione, ma non ha mai registrato grandi successi, non è mai riuscito a raggiungere i livelli di popolarità di altri sport. È rimasto, purtroppo, parecchio indietro rispetto alla pallacanestro che da sempre è stato lo sport numero uno della città dalmata. Ma quali la sua storia, le sue origini e i suoi successi? Sicuramente la passione per il gio-co del pallone non è mai mancata nel capoluogo

della Dalmazia settentrionale: se fra le due guer-re mondiali gli zaratini hanno incontrato qualche diffi coltà questo non è stato sicuramente per la mancanza di giocatori di talento o di spettatori “entusiasti”, tutt’altro. A frenare l’ascesa del cal-cio zaratino è stato l’isolamento geografi co di al-lora della città rispetto alla penisola appenninica, ovvero rispetto ai luoghi dove si giocavano i cam-pionati che “contavano”. Ma nonostante tutto i dalmati fecero bella fi gura.

di Igor Kramarsich [email protected]

Nei precedenti episodi abbiamo riportato risultati e classifi che dei campionati ai quali ha partecipato la squadra zaratina. Riportiamo ul-teriori aggiunte e correzioni per rendere quanto più completo questo pezzo di storia.

1931/32 Campionato di II. Divisione Marche-Dalmazia dall’ 1 novembre all’ 1 maggioSquadre partecipanti 9: 1. S.Pol. Alma Juventus (Fano) 14 9 3 2 46:24 21 promossa 2. Abruzzo (Pescara) 14 9 2 3 41:15 20 3. Sambenedettese (S.B.d.Tronto) 14 8 4 2 40:25 20 4. AC Zara 14 7 3 4 29:26 17 5. SS Fabriano 14 6 3 5 18:27 15 6. AS Jesi 14 5 3 6 33:29 13 7. Falconarese (Falconara) 14 2 1 11 12:39 4 (-1) 8. Anconitana “B” (Ancona) 14 0 1 13 8:42 0 (-1) 9. Fermana ritirataFermana esclusa dal campionato dopo la 16.esima giornata, tutte le

gare sono state annullate.

Risultati: AC Zara - Alma Juventus 1-1, 0-10AC Zara - Sambenedettese 6-0, 1-1Fabriano - AC Zara 1-0, 1-1AC Zara - Falconarese 3-0, 2-1AC Zara - Anconitana “B” 3-1, 3-2Fermana - AC Zara 1-3, 0-2 (poi annullate)Abruzzo - AC Zara 2-0, 2-1Jesi - AC Zara 2-3, 2-5

1932/33 Campionato di II. Divisione Marche-Dalmazia 1. Jesi 12 8 2 2 28: 8 182. Fermana (Fermo) 12 7 3 2 27:15 173. Dalmazia (Zara) 12 6 3 3 28:20 154. Anconitana B (Ancona) 12 4 5 3 16:16 12 (-1)5. Osimana (Osimo) 12 4 1 7 15:19 96. Dop. Ferroviario (Ancona) 12 2 4 6 12:26 87. Nova Virtus (Senigallia) 12 2 0 10 12:34 1(-3)

1933/34 Campionato di II. Divisione Marche-Dalmazia 1. Sangiorgese (Porto San Giorgio) 16 9 4 3 30:14 22 2. Dop. Cantiere (Ancona) 16 7 6 3 25:12 20 3. Dalmazia (Zara) 16 7 6 3 32:23 20 4. Anconitana B (Ancona) 16 8 4 4 29:23 20 5. Dop. Montecatini (Bellisio) 16 6 5 5 25:17 17 6. Ascoli (Ascoli Piceno) 16 6 3 7 27:28 15 7. Fascio Giovanile (Ancona) 16 4 5 7 24:36 12 (-1) 8. OND (Urbino) 16 2 5 9 18:38 8 (-1) 9. Porto Civitanova 16 2 4 10 16:35 8Adriatica (Portorecanati) e FGC (Macerata) si sono ritirate prima

dell’inizio del campionato

Una trasferta in Dalmazia con mille peripezie

L’avventura zaratina del Trento testimone delle diffi coltà dell’epoca

Nonostante infuriasse la seconda guerra mon-diale e Zara si ritrovasse priva, in buona parte, di collegamenti con il mondo, le partite del calcio non si fermarono. La passione per il pallone era fortissima: oltre agli incontri tra squadre locali e regionali ci furono pure compagini che vennero da lontano per affrontare le formazioni dalmate. Una delle più rocambolesche trasferte fu quella della società calcistica di Trento.

Nel libro “Cinquant’anno col Trento” del 1969 un capitolo a parte è dedicato alla trasferta del Trento a Zara con il titolo “Ricordo di una tra-sferta emotiva e pericolosa...” nel ricodo di Otto-rino Bortolotti.

Dopo una lunga trattativa tra l’AC Dalmazia presieduta da Grigillo e l’AC Trento-Caproni, venne deciso di disputare una partita amichevo-le nel capoluogo dalmata il 21 marzo 1943 in oc-casione della festa di San Giuseppe. L’obiettivo, come venne sottolineato, era quello di “portare in quest’estremo lembo di patria un soffio di ita-lianità”. C’era pure un tornaconto economico in questa trasferta. L’AC Trento doveva ricevere un rimborso spese di 15.000 lire e l’ospitalità a Zara. Anche se le trattativa si erano concluse con suc-cesso, i veri problemi dovevano appena iniziare.

Infatti erano diverse le difficoltà, oltre all’inevi-tabile problema della sicurezza vista la guerra in corso. Uno degli ostacoli maggiori era rappre-sentato dagli scarsi collegamenti; non era facile neppure trovare i giocatori per mettere insieme le squadre. I primi a creare difficoltà furono il pre-sidente Colombo e il suo entourage che non vol-lero saperne di accompagnare i giocatori in Dal-mazia. Il problema rappresentato dalla convoca-zione dei giocatori sotto le armi (Bonetti, Bonini, Pedroni e Capolaro) fu risolto ben presto grazie

al colonello Rosa che li lasciò liberi di aggregar-si alla squadra.

Così grazie all’organizzazione di Gardella, Bernardin e Favrin si arrivò al fatidico 19 marzo. In mattinata i giocatori e dirigenti del Trento par-tirono in treno verso oriente. Come viene ricorda-to nel libro, lungo la strada in direzione di Fiume fecero due tappe intermedie a Venezia e Trieste. Il pericolo di attacchi alla linea ferroviaria era molto alto. Sopratutto pericoloso fu il percorso tra Trieste e Fiume che per ragioni di sicurezza si fece di notte e a luci spente. Inoltre il convoglio era presidiato, sia in testa che in coda, da due car-ri blindati muniti di mitragliere. A Fiume i gioca-tori arrivarono verso le 23: non fu per niente faci-le trovare alloggio. Il tutto fu risolto dal coman-do-presidio militare che riuscì a trovare una si-stemazione per la compagine trentina presso case private, visto che tutti gli alberghi erano stati re-quisiti dal comando militare.

L’indomani, il 20 marzo alle 8 di mattina, la squadra si imbarcò su un piccolo piroscafo di ca-botaggio, il Sarajevo, che fece rotta verso il capo-luogo dalmata. Dopo ben 10 ore di viaggio, con un mare molto mosso (e con il conseguente mal di mare per quasi tutti i giocatori), la nave arrivò a Zara dove ad attenderla erano parecchie persone.

La mattinata di domenica 21 marzo iniziò con una visita alla città e agli stabilimenti Vlahov e Luxardo. Dopo il pranzo la squadra si diresse su-bito allo stadio dell’AC Dalmazia. La partita era molto sentita e importante non solo per Zara, ma per tutta la regione. Proprio per questo la compa-gine zaratina pensò bene di rafforzarsi con diver-si elementi provenienti da Spalato. Sugli spalti un numero incredibile di spettatori per l’epoca (e non solo), ben 5000! L’incontro si presentò subi-to a senso unico. Cosicché all’intervallo si arrivò con il risultato di 5-0 per i trentini. Come ripor-ta il libro, nell’intervallo il capo dell’organizza-zione trentina, Gardella, invitò i giocatori a non dare il massimo visto, che come disse, “... dove-vo ancora incassare le 15.000 lire dell’ingaggio. Non fatevi battere, ma siate parchi nelle marcatu-re”. Così anche avvenne, visto che la partita finì per 6-1. A fine partita, in un clima assolutamente amichevole, i giocatori furono dapprima invitati dai cittadini nelle loro case e poi a cena dal presi-dente locale Grigillo.

Se il viaggio di andata era stato un’impresa, il rientro a Trento si rivelò ancor più problema-tico. Infatti il 22 marzo a Zara arrivò la notizia che il comando dell’Alto Adriatico aveva proibi-to l’imbarco di civili su qualsiasi battello essen-do stato segnalato un sottomarino inglese nella zona. Dopo una lunga trattativa con il governato-re Giunta alla nave con i giocatori trentini a bor-do fu concesso di lasciare Zara. Il viaggio verso Fiume fu lungo: la nave si tenne a poca distanza dalla costa per ragioni di sicurezza. Inoltre c’era il continuo pericolo di attacchi tanto che tutti fu-rono invitati a usare le cinture di salvataggio. Alla fine i giocatori arrivano sani e salvi a Fiu-me e proseguirono senza grandi problemi fino a Trento.

Questa a Zara fu partita del tutto amichevo-le, che per entrambe le squadre significò l’ultimo acuto prima che la guerra prendesse realmente il sopravvento e gli avvenimenti sportivi e calcisti-ci, giocoforza, passassero in secondo piano.

SPORT Nella stagione 1942/43 si svolse il campionato italiano delle Bocche di Cattaro (quinta puntata)

Il lento e inesorabile declino del calcio a ZaraIl lento e inesorabile declino del calcio a Zara

Frane Matošić fu l’unico a poter trasferirsi in Italia

Circa un anno fa abbiamo trat-tato la storia dello sport spalatino durante la seconda guerra mondia-le e quasi tre anni fa ci siamo sof-fermati sulla storia dell’Hajduk cal-cio. Come è noto, durante il periodo “italiano” a Spalato, furono eserci-tate forti pressioni per far include-re nei campionato italiani le varie squadre spalatine. Per comprendere quanti furono gli sforzi profusi basti leggere il San Marco, quotidiano di Zara trasferito nel 1941 a Spalato. Il 29 aprile 1941 venne pubblicata la notizia relativa alla volontà del-la Federcalcio italiana di includere

la squadra dell’Hajduk nel campio-nato italiano di Prima divisione. Si faceva notare che c’era pure parec-chio tempo a disposizione per orga-nizzarsi a puntino visto che il cam-pionato doveva iniziare appena ad agosto. Come si sa alla fi ne non si riuscì a fare nulla: l’iniziativa nau-fragò miseramente.

In seguito, vista la ferrea resi-stenza opposta dalla dirigenza del-l’Hajduk, come già evidenziato, venne fondata una nuova società calcistica nominata: A.C. Spalato. Il presidente regionale del CONI per la Dalmazia, il dottor Mastretti,

L’AC Spalato subentrò all’Hajduk

Sopra il documento originale della FIGC che riconosce l’AC Spa-lato come nuova società affi liata alla Federcalcio.A sinistra la con-cessione della FIGC al trasferimento di Franjo Matošić al Bologna

aveva assicurato nel 1942 che alla compagine di Spalato era stato ga-rantito un posto nel campionato ita-liano (senza però essere preciso sul livello di competizione). Alla fi ne, in primo luogo per le diffi coltà di spostamento dalla Dalmazia, il pro-getto venne accantonato.

Ci è giunto di recente, grazie a Daniele Cacozza, il documento uf-fi ciale della Federazione Italiana che attesta l’affi liazione dell’AC Spalato. Documento del Comuni-cato Uffi ciale n. 38 del 22 luglio 1942. Come ci ha detto lo stesso Cacozza che ha controllato tutti i Comunicati della FIGC dell’epoca, l’AC Spalato risulta l’unica socie-tà dalmata affi liata alla Federazio-ne italiana durante la guerra, oltre all’AC Dalmazia che peraltro non poteva disputare alcun campionato. Inoltre, è poco noto il fatto che il provvedimento di costituzione del-

l’AC Spalato fu ideato anche per impedire che il trasferimento di giocatori dalmati alle squadre ita-liane fosse del tutto gratuito. Vin-colando la nuova società al sistema delle “Liste di trasferimento” allo-ra in uso in Italia, si destinava de-naro sia al calcio spalatino sia alla FIGC, poiché ad ogni “compraven-dita” di giocatori era d’obbligo il versamento di una percentuale alla Federazione.

Stando ai documenti dell’epo-ca a trasferirsi in Italia fu un unico calciatore dalmata (giocatore del-l’AC Spalato), il leggendario Frane Matošić. Infatti nell’estate del 1942 venne ingaggiato dal Bologna, con il quale disputò una stagione, 28 partite e 13 reti (miglior giocatore bolognese della stagione). Il docu-mento, Comunicato delle Presiden-za Federale, n. 3, di questo trasferi-mento lo riportiamo a lato.

La squadra che nel 1930 si aggiudicò il campionato provinciale dell’ULIC

Page 5: Il centro urbano si sta spopolando PPer Ragusa il destino ...sindaco Dubravka Šuica. Oltre al progetto Pustijerna, Andro Vlahušić vede altre oc-casioni per rivitalizzare il cen-tro

6 dalmazia

È curioso che Dalmazia, originariamente, si-gnifi casse “paese delle

montagne”, perché oggi, nel no-stro immaginario, essa si iden-tifi ca piuttosto con le sue aspre e incantevoli coste, isole e cit-tà costiere e col suo mare forse più bello del mondo, con quel-lo “specchio adriatico” cui il poeta e saggista croato Tonko Maroević, nato a Lesina, ha in-titolato un suo libro recente. Da sempre la Dalmazia è un crogio-lo, ora armonioso ora confl ittua-le, di culture, dai greci agli illiri ai romani ad altri popoli del pas-sato, dalla plurisecolare indele-bile impronta veneziana a quella croata, stratifi cata e sempre più prevalente nel corso dei secoli, dal breve dominio napoleonico a quello absburgico alla guerra che ha dissolto la Jugoslavia.

Una realtà con una sua fi siono-mia inconfondibile, eppure va-riegata, come dicono le diffe-renze fra la costa e il retroterra, fra l’italianità di Zara e la forte componente croata del comples-so e la composita peculiarità di Ragusa. “Dalmata” può designa-re un italiano come un croato, un’identità multiculturale che può - e dovrebbe, come diceva al congresso dei Dalmati italiani nel mondo Guido Brazzoduro - essere considerata un valore, ma ha anche generato nazionalismi esasperati, smaniosi di pulizie etniche ossia di distruggere una parte di sé, il proprio alter ego, slavo o italiano o d’ altra origi-ne (le violenze fasciste contro gli slavi, ustascia contro i serbi, slave contro gli italiani, l’ esodo di questi ultimi, la recente guer-ra fratricida, il bombardamen-

to serbo di Ragusa). Nella Dal-mazia “slavo-latina”, come l’ha chiamata Enzo Bettiza che ne ha dato nei suoi romanzi possenti rappresentazioni poetiche, tutto si intreccia e si confonde; Ante Trumbić, rilevante uomo politi-co croato piuttosto avverso agli italiani, diceva di sentirsi appas-sionatamente croato, ma di pen-sare spesso in italiano. Anch’ io - defi nito per questo in una poe-sia di Biagio Marin di molti anni fa “Claudio de sangue dalmatin” - appartengo in piccola parte a quel mondo, grazie a mio nonno, Francesco de Grisogono, nato a Sebenico da una famiglia nobi-liare veneta di lontana origine greca, radicata a Zara ma anche a Spalato, dove un palazzo, mai suo, porta il suo nome. Una fa-miglia che nel Settecento aveva dato studiosi e uomini di toga, nel quadro di quella grande cul-tura italiana, specialmente vene-

ziana di quelle terre. Filosofo e scrittore di una genialità tarpata dall’isolamento, autore di ful-minei aforismi e di un bizzarro calcolo concettuale universale, quel mio nonno era un patrio-ta irredentista italiano che par-lava perfettamente il tedesco e il croato, incarnando una koiné pluriculturale che gli scontri nazionali avrebbero presto dis-solta. Ho dei cugini croati del-lo stesso cognome; evidente-mente, a metà dell’ Ottocento, nella stessa famiglia un fratel-lo deve essersi sentito italiano e un altro croato, a riprova che l’ identità nazionale non è un fat-to biologico-razziale (zoologi-co, diceva Croce), bensì spiri-tuale, affettivo, culturale. Nic-colò Tommaseo, uno dei padri del nostro Risorgimento, una volta a Trieste si era firmato un “italo-slavo”. Un’immagine di questa multiculturalità la dà, in

latino, la vecchia storia di Gio-vanni Lucio del 1666, per non parlare del Viaggio in Dalma-zia del grande illuminista Al-berto Fortis. I nazionalismi e le pulizie etniche distruggono questa civiltà, proiettando an-che nel passato le passioni scio-viniste e dunque falsificando quel passato, come quando de-finire il medesimo scrittore ri-nascimentale Marco Marulo o Marko Marulić oppure Dživo Gundulić o Giovanni Gondola diventa una astorica rivendica-zione nazionalista, la quale di-mentica che in quella straordi-naria stagione umanistica fiori-ta in Dalmazia era naturale che il medesimo autore scrivesse ora in latino ora in croato ora in italiano con un nome ora ita-liano ora croato; ciò faceva par-te della cultura sopranazionale dell’ epoca, in cui la traduzione italiana aveva un grande peso:

Tormenta di neve a Ragusa: Zara, Sebenico e Spalato tutte im-biancate, una coltre bianca persino sulle Incoronate: la seconda metà di febbraio ha donato un quadro inconsueto per la Dalmazia, persi-no nei mesi invernali. Quasi in con-trotendenza al riscaldamento globa-le e alle previsioni secondo le quali la neve è destinata a scomparire in queste contrade e il livello del mare a salire pericolosamente, l’improv-viso colpo di coda dell’inverno ha dimostrato che le sorprese sono sempre possibili, anche laddove uno meno se le aspetta. Perché di pari passo alla neve nel Medio e Basso Adriatico, a nord splendeva il sole e di precipitazioni non c’era nemme-no l’ombra.

La Dalmazia è tradizionalmente nota quale regione di mare, di sole e di mille isole. Le condizioni climati-che sono soprattutto determinate dal Mare Adriatico e dal massiccio delle Alpi Dinariche. Le catene dei mon-ti, parellele alla costa, difendono la Dalmazia dagli infl ussi continentali, ostacolando contemporaneamente gli infl ussi marini nel profondo inter-no: ecco perché in Dalmazia ci sono due tipi di clima: quello mediterra-neo, presente prevalentemente nel-

la zona litoranea e insulare, e quello continentale nell’entroterra. Grazie alla forte insolazione, il mare, duran-te i mesi caldi, assorbe grandi quanti-tà di energia termica con la quale, nel periodo invernale, viene riscaldato il continente. La temperatura inverna-le in Dalmazia raggiunge solo in ra-rissime occasioni le zero e qualche grado di meno. Ad esempio la me-dia della temperatura in gennaio a Lesina risulta di 8,7 gradi, a Curzola di 9,3 e a Ragusa di 9,2 gradi. Tan-

to per fare un raffronto, in gran parte delle località meridionali del Medi-terraneo la media delle temperature in gennaio risulta di gran lunga più bassa: a Barcelona 8,8 gradi, a Roma 7,5 gradi, a Napoli 8,9 gradi. Come conseguenza delle temperature in-vernali relativamente alte si ha che la media delle temperature dell’aria a Lesina risulta di 16,5 gradi, mentre a Curzola e Ragusa è di 16,4 gradi; di nuovo per comparazione, la me-dia annua della temperatura dell’aria

Sabato, 14 marzo 2009

MEMORIA STORICA Un viaggio alle radici dell’identità: nel luogo tra mitico e

Perdonaci Signore perché siamdi Claudio Magris

In Dalmazia le condizioni meteo estreme sono l’altra fac

I «tropici alle porte di casa» nella morsa della bora e della neve

La tormenta di neve a Ragusa

Neve sull’Isola Lunga

Imbiancate le coste dell’Isola Lunga

Page 6: Il centro urbano si sta spopolando PPer Ragusa il destino ...sindaco Dubravka Šuica. Oltre al progetto Pustijerna, Andro Vlahušić vede altre oc-casioni per rivitalizzare il cen-tro

dalmazia 7

a Nizza risulta essere di 13,8 gra-di. Nell’entroterra della Dalmazia l’infl usso del mare, come rilevato, è ostacolato dai monti; d’inverno si ha un maggior numero di giornate con temperature sotto lo zero: ad esempio 28 giornate a Knin. Gli in-verni sulla costa sono miti e piovo-si mentre le precipitazioni atmosfe-riche sulle isole sono di gran lunga minori nonostante la vicinanza del-le catene montane del continente. La precipitazione annua a Lesina si aggira attorno ai 780 mm e a Lissa sui 577 mm. La neve cade solo in casi eccezionali, e quando ciò acca-de la clientela alberghiera di Lesina viene ospitata gratis! Però la neve si scoglie prestissimo, trattenen-dosi soltanto sulle creste dei monti lungo la costa. E questo scenario si è verifi cato puntualmente que-st’anno.

I monti che fanno da spartiac-que tra la costa e l’entroterra, però, sfuggono spesso alle regole e pre-sentano condizioni estreme. La Dalmazia a nord è delimitata dalle Alpi Bebie (catena del Velebit) che corrono parallelamente alla costa, ovvero al Canale della Morlacca. Se neve, freddo e bora si unisco-no in un tutt’uno le condizioni me-teo a volte rasentano persino quel-le sull’Himalaya. Chi s’avventura su quelle montagne rischia gros-

so, come se andasse... sul tetto del mondo. E questo visto l’effetto di concatenazione proprio di bora e altre caratteristiche climatiche montane.

Una situazione per molti ver-si simile si ripete nella Dalmazia centromeridionale sul massiccio del Biokovo che si erge fi ero lun-go il litorale di Makarska. La neve e il freddo sono di casa su quelle alture, mentre nel canale tra la ter-raferma e le isole il vento spazza impietoso le coste. D’estate la Dal-mazia sembra una terra tropicale, d’inverno parecchie zone possono vantare a volte un clima degno dei tropici, ma in agguato c’è l’altra faccia della medaglia...

Dino Saffi

Sabato, 14 marzo 2009

reale dove si mescolano etnie e culture

mo DalmatiIl dilemma «Quarnero»

La Dalmazia fi noal Monte Nevoso

L’entità regionale “Quarnero” è effettivamente qualcosa di più di una modesta espressione geografi ca o di una approssimazione gior-nalistica?

Una delle più autorevoli indicazioni in proposito sarebbe venuta non proprio molto tempo fa dal Francesco Semi di “Istria e Dalma-zia, uomini e tempi”.

E la risposta del Semi all’interrogativo suaccennato sarebbe stata essenzialmente la seguente:

“Una precisa delimitazione dei confi ni è geografi camente qua-si impossibile; etnicamente, allo stato degli studi, pure; le vicende di questa zona nei secoli sembrano consigliare prudenza anche nel tracciare confi ni in base alle dominazioni succedutesi nel territorio, a partire dall’antichità quasi fi no ad oggi”.

Al di là della surrichiamata “prudenza” consigliataci, non po-tremmo comunque ignorare su questo tema i cenni più o meno brevi di vari Autori.

E così potremmo ancora leggere con interesse la seguente nota-zione del 1921 di Attilio Brunialti:

“Il Golfo dell’Adriatico che si sprofonda dopo il canale d’Arsa, specie avvicinandosi alla città di Fiume (…) fu sempre famoso per l’infuriare di sùbite procelle, terrore dei naviganti più esperti, per il mite incanto delle sue spiagge vestite di perpetuo verde, per il puro az-zurro del cielo e delle acque che fa pensare alla Grecia”.

Invece, fra forti dubbi e contestazioni (dell’anno 1925), Giotto Dainelli si sarebbe sentito in dovere di scrivere:

“Bisogna richiamare quanto si dirà a proposito della Dalmazia, e quanto allora si dovrà affermare: essere, essa, come una grande fa-scia prevalentemente calcarea, come un basso zoccolo roccioso, al piede dell’erto pendio di una catena montuosa, quella che dalle Dina-riche più meridionali si continua verso settentrione, per i Velebiti, fi no alla cresta culminante del Monte Nevoso”.

Si dovrebbe arrivare poi al 1927 per leggere i seguenti accenni di Amy A. Bernardy:

“… Apriano, Castua, Fiume, Portoré, Veglia, Segna: una serie di nomi romani che non ha quasi bisogno di commento e di traduzio-ne”. “Alla Fiumara c’era probabilmente (…) un ponte di barche o al-tro modo di traghetto, poi la strada correva per la costa fi no a Segna, passando per Cirquenizza e Novi”.

Infi ne ecco quanto avrebbe dettato fra l’altro Elio Migliorini (“El. M.”) per il volume dell’Enciclopedia Treccani del 1935:

“In senso lato la denominazione di Quarnaro (sic!, N.d.R.) si ri-ferisce a quel golfo dell’Adriatico che ha nel suo vertice settentriona-le Fiume e comprende le acque che si trovano tra la costa orientale dell’Istria, il litorale dalmata sino a Iablanazzo (Jablanaz) e le iso-le adiacenti fi no a Punte Bianche (estremità settentrionale dell’Isola Lunga o Grossa)”.

Proprio il complesso di posizioni positive o negative, di dubbi, di perplessità, che traspaiono più o meno chiaramente dai contributi di vari Autori sul tema in questione, mi ha convinto dell’opportunità di un approfondimento in proposito: e ne sono scaturite le pagine del mio ultimo volume intitolato appunto “Il Quarnero fra geografi a e storia. Il golfo, le riviere, le isole, la città capoluogo” (ediz. Del Bian-co, Udine, 2009).

di Mario Dassovich

cia della medaglia, quella celata, ma neanche tanto

basti pensare alla presenza del petrarchismo o di Tasso nella letteratura croata o alla straor-dinaria fioritura di versioni croate della Divina Commedia, di recente analizzate da Ljiljana Avirović, studiosa della tradu-zione e straordinaria traduttrice non solo dall’italiano in croato, ma anche dal croato e dal rus-so in italiano. Certamente è ad esempio insensato - come ha scritto Mirko Tomašević, espo-nente della grande italianisti-ca dell’Università di Zagabria - intendere o usare la definizio-ne “raguseo-dalmati” per certi canzonieri petrarchisti con l’in-tento di negarne l’appartenenza alla cultura croata. La compo-sita identità dalmata (non solo slavo-latina, ma ricca pure di al-tre componenti) ha avuto gran-di espressioni culturali, dal Pa-lazzo di Diocleziano ai mirabili duomi e palazzi delle città, dal-

la letteratura italiana di classici quali Fortis o Tommaseo a quel-la contemporanea di Bettiza (per fare solo alcuni esempi) alla let-teratura croata di Marinković e Nazor, cantori delle isole, o più recentemente di Maroević o di Luko Paljetak che ha cantato fra le mura di Ragusa bombardate nel 1991 la bellissima ragusea Flora Zuzzeri (Cvijeta Zuzorić) celebrata nei madrigali di Tasso. Alcuni di questi autori dalmati-croati sono accessibili al lettore italiano grazie alla benemerita e coraggiosa casa editrice Hefti, non certo meno significativa di altre più note sul mercato perché più grandi o più abili nell’esibi-re e imporre la propria imma-gine. La presenza italiana, così fondamentale per la Dalmazia, è andata via via assottigliando-si sino al selvaggio bombarda-mento inglese di Zara e all’eso-do alla fine della seconda guerra

mondiale. Oggi gli italiani della penisola ignorano questo gran-de ruolo della presenza veneta e italica e il suo grande e dram-matico declino. Pregiudizi, vio-lenze e rancori hanno lacerato quella terra sanguinea, vitale ed eccessiva e insanguinato il suo mare degli dei. Oggi gli orizzon-ti si riaprono e il dialogo, pur fra residuali difficoltà e ostili resi-stenze, si avvia a ricominciare; il sindaco di Zara ha ricevuto tempo fa Ottavio Missoni, in quel momento simbolico sinda-co del Comune di Zara in esilio. È giusto difendere i propri diritti e chiedere scusa per aver offeso quelli altrui; ognuno, nella sto-ria grande e straziata di questa terra, ha da chiedere perdono. Parce mihi Domine quia dalma-ta sum, diceva l’ iracondo San Gerolamo, perdonami, Signore, perché sono dalmata.

(dal Corriere della Sera)

Page 7: Il centro urbano si sta spopolando PPer Ragusa il destino ...sindaco Dubravka Šuica. Oltre al progetto Pustijerna, Andro Vlahušić vede altre oc-casioni per rivitalizzare il cen-tro

8 dalmazia

«Manca l’interesse dei giovani”. “I giova-ni non conoscono la

storia giuliano dalmata”. “I giova-ni sono poco presenti nelle nostre iniziative”. “Dobbiamo coinvol-gere di più i giovani nelle nostre attività”. “Avvicinare i giovani”. Sono affermazioni che si sentono spesso negli ambienti istriani, fi u-mani e dalmati. E non sono del tut-

to vere. I giovani sono scarsamen-te rappresentati nelle iniziative degli esuli, ma non perché siano disinteressati nei confronti degli argomenti storici e dell’attualità relative all’Adriatico orientale.

Ampi spuntiAl contrario, tale spazio non

cessa di fornire spunti di ricerca agli studenti e dottorandi in Ita-lia ed all’estero. Come dimostra l’analisi che effettuata, l’interes-se per storia, cultura, civiltà, te-matiche linguistiche, antropolo-gia, i diversi aspetti della politica e dell’economia inerenti le spon-de adriatiche orientali da parte dei giovani ricercatori è notevole. La ragione per cui tale interesse non viene percepito è legato alla mi-nima ed in molti casi inesistente diffusione dei loro contributi che solo in pochi casi escono dagli ambienti universitari.

Aprire una fi nestraL’obiettivo, dunque, è quel-

lo di aprire una fi nestra su questa corposa produzione scientifi ca e di individuare gli argomenti di maggior interesse e richiamo per i giovani studiosi, le facoltà con il maggior numero di ricerche, le zone con maggiore produzione scientifi ca giovanile ed i relatori maggiormente coinvolti nel segui-re tali ricerche. Si è cercato, quin-di, di tracciare una mappa “setto-riale” che possa essere utile innan-zitutto a chi s’interessa di attività di promozione culturale e scien-tifi ca svolgendo conferenze, or-ganizzando presentazioni di libri, ed altro con lo scopo di interessa-re un giovane uditorio e coinvol-gerlo nelle future iniziative. Nel-la ricerca, inoltre, sono contenuti gli elementi di base di molte opere interessanti che potrebbero essere rese disponibili ad un pubblico più vasto, con anche l’indicazione dei

loro autori. Non si è voluto trala-sciare neanche le tesi ormai “sto-riche” cioè quelle datate prima de-gli anni ’80, in quanto attestano l’evoluzione e la continua presen-za degli argomenti giuliano dal-mati in ambito studentesco.

Una ricerca esaustiva

L’analisi è stata eseguita sul-la base di risorse accessibili su

rete internet, per complessivi 94 indirizzi consultati, appartenen-ti a 84 atenei italiani, due croa-ti (il database unifi cato della Bi-blioteca Nazionale Universitaria di Zagabria e quello della Facol-tà di Lettere e Filosofi a di Zaga-bria), le Biblioteche virtuali della Serbia, della Bosnia ed Erzegovi-na e della Slovenia, la Biblioteca universitaria della Yale Universi-ty e quella di Harvard, il database del Sistema bibliotecario unifi ca-to (OPAC SBN), quello della Bi-blioteca Nazionale di Firenze ed il sito www.tesionline.it. Per esegui-re l’analisi ci siamo serviti di 200 parole chiave che ci hanno forni-to dati riguardanti 1.120 tesi, delle quali 489 di laurea e 631 di dotto-rato di ricerca. Bisogna specifi care che di queste, 406 tesi (391 di lau-rea e 15 dottorati di ricerca) sono state discusse negli atenei nazio-nali, mentre il resto delle ricerche si riferisce alla Croazia (525), Ser-bia, Bosnia ed Erzegovina e Ko-sovo (36), Slovenia (146) ed altri Paesi europei (7).

In testa Zagabria e Trieste

La città italiana con la maggio-re frequenza di ricerche sulle te-matiche di riferimento è Trieste (109), seguita da Milano (94) e Venezia (70). Si tratta chiara-mente di un territorio che regi-stra una maggior presenza di nu-clei giuliano dalmati ed è l’area di maggiore attività e visibilità delle loro associazioni.

Le tesi svolte a Trieste riguar-danti gli argomenti di storia, po-litica storica ed attualità proven-gono dalla Facoltà di Scienze Po-litiche. Il maggior numero di tesi, in assoluto, è stato realizzato da-gli studenti della Facoltà di Let-tere e Filosofi a di atenei diver-si. Le tesi presentate a Venezia

sono in prevalenza conseguite all’Istituto Universitario di Ar-chitettura e riguardano aspet-ti di urbanistica moderna della Dalmazia. Le tesi di dottorato di ricerca sono elaborate presso gli atenei di Zagabria (382), Zara (41), Fiume (41) e Lubiana (41) e trattano una vasta gamma di argomenti (medicina, genetica, psichiatria, antropologia, ocea-nografi a, archeologia, agrono-mia, storia, letteratura, linguisti-

ca), seguiti da Spalato (30), Bel-grado (31) Ragusa (21), ecc.

Per quanto concerne le tesi presentate presso altre università straniere la classifi cazione delle ricerche è stata fatta in base al-l’argomento perché la cataloga-

zione su rete non offriva indi-cazioni sulle singole facoltà. Si evince quindi che i ricercatori della Slovenia sono particolar-mente interessati alle tematiche legate alla Seconda guerra mon-diale, alle questioni delle mino-ranze (minoranze in generale, le minoranze italiana e croata in Slovenia, la minoranza slovena in Italia) ed a quelle di caratte-re storico e di attualità riguardan-ti la Venezia Giulia. In Slovenia (compreso anche l’Istituto slove-no a Trieste perché raggruppa ri-cercatori di nazionalità slovena) sono state presentate inoltre sei tesi in italiano ed una bilingue, a Zagabria tre in italiano e due bilingui.

Per quanto concerne la diffu-sione delle ricerche, il maggior numero delle tesi pubblicate è in Slovenia (15 su 146), seguono le tesi in altri Paesi europei e nel-l’America (4 pubblicazioni su 7), mentre nella Croazia, dove è sta-to evidenziato il maggior nume-ro dei dottorati di ricerca, quasi tutti gli autori hanno continuato l’attività scientifi ca nel campo del dottorato. In Italia, invece, su

406 ricerche sono state pubbli-cate solo tre, tutte dopo il 2005, anno nel quale è stato istituto il Giorno del Ricordo.

Si denota una continua crescita d’interesseÈ un dato signifi cativo che tra

le numerose ricerche eseguite ne-gli atenei di Slovenia, Croazia, Serbia e Bosnia ed Erzegovina, quindi negli Stati della ex Jugosla-via, solo un numero modesto as-sume atteggiamento polemico nei confronti delle tematiche storiche ed attuali dell’Adriatico orientale. Questo sta ad indicare che la “nuo-va, giovane intellighenzia” di ma-drelingua slovena, croata o serba segue scarsamente direttrici con-fl ittuali riguardanti i rapporti italo-sloveni e italo-croati che si presen-tano pertanto solo nella dimensio-ne storiografi ca, spesso distorta nei mezzi di comunicazione dei Paesi stessi. Si nota inoltre una continua crescita d’interesse per l’Adriati-co orientale con una punta massi-ma negli anni 2004-2005, mentre negli anni successivi c’è stata una leggera diminuzione.

“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol SuperinaIN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat Edizione: DALMAZIARedattore esecutivo: Dario Saftich / Impaginazione: Teo SuperinaCollaboratori: Igor Kramarsich, Daria Garbin, Goran Vežić e Dino Saffi

Anno V / n. 42 del 14 marzo 2009

Sabato, 14 marzo 2009

La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre 2004

STUDI Tesi di laurea e dottorati di ricerca presentati in Italia e in altri Paesi

L’Adriatico orientale «visto» dall’Università

di Daria Garbin