Il CARE nella CAI

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editoriale E’ di questi giorni la notizia che la Commissione Adozioni Internazionali (CAI) ha finalmente riempito un vuoto che datava dal 2009, designando i due membri che mancavano a rappresentare l’associazionismo famigliare. Si tratta di Monya Ferritti, Presidente del Coordinamento CARE, e di Francesco Mennillo, Presidente dell’Associazione Coordinamento delle famiglie adottanti in Bielorussia. Per la nostra associazione è un momento importante, di valenza storica, perché uno dei membri, attraverso la sua Presidente, è proprio il CARE, coordinamento di cui Genitori si diventa è stato promotore esattamente nel 2009 e cui in questi anni ha lavorato con dedizione ed energia. Genitori si diventa fa parte del CARE e ci crede perché crede che solo attraverso un’ampia condivisione tra tante associazioni piccole e grandi, anche molto differenti fra loro, si possa elaborare una visione politica del mondo dell’adozione e dell’affido che sappia porre istanze alte e concrete al tempo stesso alle istituzioni. Due esempi di questo si sono già realizzati nel lavoro sulla scuola al MIUR e nella recente audizione in Bicamerale (i testi possono venir letti sul sito del CARE www.coordinamentocare. org). Ora la CAI. Quando Genitori si diventa si ritirò dalla Commissione proprio nel 2009, uno dei motivi era legato alla rappresentatività delle famiglie. Come poteva una singola associazione, sia pur grande, avere la forza per rappresentare in modo efficace i temi alti che venivano fuori dall’associazionismo famigliare? Come interpretare al meglio un ruolo così delicato e cruciale? Essere designati in CAI era un impegno enorme verso le famiglie adottive tutte che non poteva ridursi ad aver designato un singolo come membro della CAI. Quel che contava non era che ci fosse un nome indicato da un’associazione, ma come questo nome interpretava il suo ruolo a nome delle famiglie. Era quindi fondamentale che a farlo fossero tante associazioni unite e dotate di un sistema democratico di confronto e condivisione, capaci quindi di portare in CAI temi di vasta portata. Altrimenti, chi e perché deciderebbe cosa sollevare in Commissione come istanza urgente? Altrimenti, come condividere l’impegno assunto essendo membri della CAI a nome delle famiglie? Si tratta di di Anna Guerrieri Il Care nella CAI

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Di Anna Guerrieri, Adozione e dintorni - GSD Informa giugno-luglio 2012

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E’ di questi giorni la notizia che la Commissione Adozioni Internazionali (CAI) ha finalmente riempito un vuoto che datava dal 2009, designando i due membri che mancavano a rappresentare l’associazionismo famigliare. Si tratta di Monya Ferritti, Presidente del Coordinamento CARE, e di Francesco Mennillo, Presidente dell’Associazione Coordinamento delle famiglie adottanti in Bielorussia. Per la nostra associazione è un momento importante, di valenza storica, perché uno dei membri, attraverso la sua Presidente, è proprio il CARE, coordinamento di cui Genitori si diventa è stato promotore esattamente nel 2009 e cui in questi anni ha lavorato con dedizione ed energia. Genitori si diventa fa parte del CARE e ci crede perché crede che solo attraverso un’ampia condivisione tra tante associazioni piccole e grandi, anche molto differenti fra loro, si possa elaborare una visione politica del mondo dell’adozione e dell’affido che sappia porre istanze alte e concrete al tempo stesso alle istituzioni. Due esempi di questo si sono già realizzati nel lavoro sulla scuola al MIUR e nella recente audizione in Bicamerale (i testi possono venir letti sul sito del CARE www.coordinamentocare.org). Ora la CAI. Quando Genitori si diventa si ritirò dalla Commissione proprio nel 2009, uno dei motivi era legato alla rappresentatività delle famiglie. Come poteva una singola associazione, sia pur grande, avere la forza per rappresentare in modo efficace i temi alti che venivano fuori dall’associazionismo famigliare? Come interpretare al meglio un ruolo così delicato e cruciale? Essere designati in CAI era un impegno enorme verso le famiglie adottive tutte che non poteva ridursi ad aver designato un singolo come membro della CAI. Quel che contava non era che ci fosse un nome indicato da un’associazione, ma come questo nome interpretava il suo ruolo a nome delle famiglie. Era quindi fondamentale che a farlo fossero tante associazioni unite e dotate di un sistema democratico di confronto e condivisione, capaci quindi di portare in CAI temi di vasta portata. Altrimenti, chi e perché deciderebbe cosa sollevare in Commissione come istanza urgente? Altrimenti, come condividere l’impegno assunto essendo membri della CAI a nome delle famiglie? Si tratta di

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una scommessa grande che il comunicato stampa del CARE riassume efficacemente dicendo: “La nomina della Presidente del Coordinamento CARE offre il giusto riconoscimento, per ruolo e rappresentatività, all’unica realtà italiana che raccoglie 18 associazioni familiari adottive attive su tutto il territorio nazionale. Nell’ambito di questo nuovo e delicato ruolo all’interno della CAI, il CARE ribadisce il proprio impegno alla proficua e dialettica collaborazione con tutti i componenti la Commissione e le istituzioni interessate, con l’obiettivo di dare il proprio contributo all’adempimento dei principi stabiliti dalla Convenzione de L’Aja del 19 maggio 1993, facendovi giungere la voce, l’esperienza e la realtà delle famiglie adottive, portatrici di uno sguardo unico e insostituibile.” E questo sguardo unico e insostituibile è necessario se vogliamo che al centro di ogni discussione istituzionale ci siano le persone, i bambini prima di tutto e le loro famiglie. Il sistema adozioni internazionali deve essere un meccanismo tagliato sulle persone, che su esse si misuri. Questo se vuole essere etico nonostante un mondo che etico non è. Questo se vuole prendersi cura in modo onesto di minori in un mondo dove i bambini e le bambine sono spesso visti

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semplicemente per ultimi. In un mondo di adulti, di scambi internazionali, di meccanismi alti e bassi, di capacità ed incompetenze, sono i bambini a subire quanto accade sopra la loro testa. Lo sguardo delle famiglie, al loro meglio, in un processo di discussione e condivisione vasta, è uno sguardo che può dare un contributo di valore per rendere più curato quanto accade, sia che si parli della comunicazione per chi deve adottare, sia che si parli di prassi, sia che si parli di direzioni, sia che si parli di ricerca, di cultura o di impegni sociali a favore delle famiglie che adottano.Per questo motivo Genitori si diventa è felice di essere parte del CARE, contribuirà sempre alla sua crescita ed è onorato di fare parte di un Coordinamento che non si tira indietro nell’impegnarsi a livelli importanti per i bambini e le bambine in stato di abbandono nel mondo.