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WLADIMIR KRYSINSKI Università di Montreal II bilancio di un genere: le dinamiche e le finalità del romanzo nel XX secolo tra modernità e postmodernismo Tentare un bilancio del romanzo alla fine del secolo implica una certa programmazione dei concetti, una economia critica che prenderebbe in consi- derazione i fenomeni tipici, specifici ed eccezionali del discorso romanzesco. Nello stesso tempo questo tentativo dovrebbe sottolineare il fatto che certi modelli del romanzo prevalgono su altri. Per poter capire il senso della evolu- zione del romanzo nel nostro secolo mi propongo di individuare alcune cate- gorie storiche e di tagliare questi novanta sette anni e due mesi affinchè si pos- sano distinguere le epoche del romanzo. Il mio discorso sarà una approssima- zione del romanzo e una visione panoramica ridotta e creata dalla mia pro- spettiva critica. Perciò quello che dirò sarà anche l'espressione di una visione personale. Per poter capire la dinamica del romanzo propongo d'ammettere come principio seminale la nozione di tempo storico nel senso in cui lo teorizza lo storico francese Fernand Braudel. Per Braudel il tempo storico ha una stratifi- cazione molteplice e non è funzionalmente identico per esempio nell'arco di 20, 50 oppure di 80 anni. Braudel distingue tra due tipi di durata del tempo. C'è la "durata breve" e la "durata lunga". È importante per Braudel il fatto che, da un lato, si stabilisca un rapporto funzionale tra un evento e una durata breve, e, dall'altro lato, un altro tipo di rapporto anch'esso funzionale tra una durata lunga e una struttura. Si può ammettere allora che la storia si compie come una dialettica tra eventi e strutture. Quello che accade come evento nelle durate brevi si trasforma nelle strutture attraverso durate lunghe. Per quanto riguarda il romanzo si può ammettere che è appunto nel Don Chisciote che sorge, come evento, la prima matrice discorsiva veramente moder- na. Essa è alla base di una dinamica del romanzo che durerà fino ai giorni nostri nella misura in cui anche il romanzo del XX secolo utilizza il discorso ironico ac-

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WLADIMIR KRYSINSKIUniversità di Montreal

II bilancio di un genere: le dinamiche e le finalitàdel romanzo nel XX secolo tra modernità e postmodernismo

Tentare un bilancio del romanzo alla fine del secolo implica una certaprogrammazione dei concetti, una economia critica che prenderebbe in consi-derazione i fenomeni tipici, specifici ed eccezionali del discorso romanzesco.Nello stesso tempo questo tentativo dovrebbe sottolineare il fatto che certimodelli del romanzo prevalgono su altri. Per poter capire il senso della evolu-zione del romanzo nel nostro secolo mi propongo di individuare alcune cate-gorie storiche e di tagliare questi novanta sette anni e due mesi affinchè si pos-sano distinguere le epoche del romanzo. Il mio discorso sarà una approssima-zione del romanzo e una visione panoramica ridotta e creata dalla mia pro-spettiva critica. Perciò quello che dirò sarà anche l'espressione di una visionepersonale.

Per poter capire la dinamica del romanzo propongo d'ammettere comeprincipio seminale la nozione di tempo storico nel senso in cui lo teorizza lostorico francese Fernand Braudel. Per Braudel il tempo storico ha una stratifi-cazione molteplice e non è funzionalmente identico per esempio nell'arco di20, 50 oppure di 80 anni. Braudel distingue tra due tipi di durata del tempo.C'è la "durata breve" e la "durata lunga". È importante per Braudel il fattoche, da un lato, si stabilisca un rapporto funzionale tra un evento e una duratabreve, e, dall'altro lato, un altro tipo di rapporto anch'esso funzionale tra unadurata lunga e una struttura. Si può ammettere allora che la storia si compiecome una dialettica tra eventi e strutture. Quello che accade come evento nelledurate brevi si trasforma nelle strutture attraverso durate lunghe.

Per quanto riguarda il romanzo si può ammettere che è appunto nel DonChisciote che sorge, come evento, la prima matrice discorsiva veramente moder-na. Essa è alla base di una dinamica del romanzo che durerà fino ai giorni nostrinella misura in cui anche il romanzo del XX secolo utilizza il discorso ironico ac-

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canto al discorso narrativo, moltiplica le prospettive, crea una dialettica tra eventi,personaggi e il mondo. Esso pone il narratore nella posizione di distanziamentoironico che Leo Spitzer caratterizza come dialettica tra engaño e desengaño. Giàqui si può vedere come il romanzo si sviluppa in quanto una struttura che fun-ziona nelle lunghe durate, pero questa struttura è stata programmata in base adun evento in una durata breve, cioè il sorgere di Don Chisciote.

Propongo di distinguere quattro epoche del romanzo moderno di cui laprima (1) corrisponde alla durata lunga e le tre altre sono fissate nelle duratebrevi. Questa epoca comincia approssimativamente nell'anno 1864, la data incui appare il romanzo di Dostoievski Memorie dal sottosuolo. Questa epocadura fino all'anno 1913. Nello stesso anno comincia la seconda (2) epoca e fi-nisce approssimativamente nel 1939. La terza (3) comincia verso il 1945 edura fino al 1974. E la quarta (4) si colloca tra gli anni 1980 e i nostri giorni.Questa distinzione si fonda sul riconoscimento del fatto che certe caratteristi-che del discorso romanzesco cambiano nelle durate brevi e il loro cambiamen-to è legato al sorgere degli eventi artistici, come accade per la seconda epoca:Pietroburgo (1913), Ulisse (1922), I Falsari (1925), Uno, nessuno e centomila(1925), Niebla (1925), Berlín AUxanderplatz (1925), La coscienza di Zeno(1926), L'uomo senza qualità (1930) e Finnegans Wake (1939). Nelle duratelunghe certe caratteristiche rimangono inalterate oppure per dirlo in un modopiù preciso diventano delle strutture che entrano nelle nuove combinazionidialettiche e così assicurano la continuità del romanzo.

Per quanto riguarda la terza epoca gli eventi che marcano la sua specifici-tà discorsiva sono La morte di Virgilio di H. Broch (1945), II ritratto dell'ignotodi N. Sarraute (1948), Quer pasticciaccio brutto di via Merulana (1957), La co-gnizione del dolore (1963), l'emergenza del "nouveau roman" francese con leopere di Butor, di Robbe-Grillet, di C. Ollier, di C. Simon. Questa terza epo-ca congloba in sé anche lo sviluppo straordinario del romanzo latino-americano, il "boom", delle opere di Cortázar, di Carpentier, Lezama Lima,C. Fuentes, J. Rulfo, G. García Márquez, Vargas Llosa. Alla fine di questaepoca possiamo collocare nel 1974 l'apparizione di Yo El supremo di A. RoaBastos. Quest'ultimo romanzo rappresenta un modello polistorico simile aquesto di Broch nel suo sviluppo evolutivo e nell'area storica specificamentelatinoamericana che integra anche gli elementi costitutivi epistemologici giàconosciuti in Dostoievski, Musil, Broch e Joyce, come per esempio il dialogi-smo delle voci dialetticamente opposte e delle strutture discorsive d'ironizza-

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zione, la messa a fuoco della storia, della metastoria e della transistoria, la fin-zione della compilazione romanzesca, la trasformazione del narratore nel com-pilatore, l'opposizione dialettica tra il documento e la finzione, tra la storio-grafia ufficiale e la ricostruzione romanzesca della realtà storica che non si puòriprodurre in un altro modo se non attraverso la finzione. Il distanziamentotra la struttura e la lettura e l'inenarrabilità stanno alla base di Yo El Supremol.Questo romanzo è un capolavoro assoluto che segna un nuovo slancio del ge-nere. Già occupando una posizione importante nel grande canone della lette-ratura mondiale, l'opera di Roa Bastos conferma la vitalità del romanzo inquanto forma aperta, dinamica e dialogicamente dialettica.

Alla quarta epoca corrispondono al contempo la stabilità dei modelli delromanzo già operanti nelle epoche precedenti e certi cambiamenti evolutivisottili, ma pertinenti per quanto riguarda la struttura, le dinamiche e le finalitàdel romanzo, lo rivolgerò particolarmente le mie osservazioni alla quarta epocae sopratutto al romanzo degli anni ottanta. Nello stesso tempo parlerò della ri-scrittura della modernità dal romanzo e della opposizione funzionale tra lamodernità e il postmodernismo.

Se possiamo ammettere che nel corso dei decennio 1980-1990 il mondoè veramente cambiato, dobbiamo allora ammettere che il romanzo non haavuto il tempo necessario per occuparsi di tutti quegli eventi che hanno carat-terizzato questo periodo. Ricordiamoci la lezione estetica, sul romanzo, di T.Mann all'inizio della Montagna incantata in cui lo scrittore afferma che occor-re una distanza di tempo, un distacco epico affinchè il romanzo possa esserescritto 2. Questo ricordo dell'assioma estetico del romanzo mi fa pensare ad al-cune proposte teoriche a proposito del romanzo degli anni 80. Eccole:

1) II romanzo degli anni 80 è un romanzo senza denominatori comuni;2) Non esiste una poetica specifica propria al romanzo degli anni 80. Il

postmodernismo non può essere considerato come un tratto comune di que-sto romanzo poiché nonostante abbia una forte carica ideologica, non è capace

1 Per una lettura analitica del romanzo di Roa Bastos, che accentua la dialettica tra lastruttura, la lettura e l'inenarrabilità, rinvio al mio libro Carrefburs de signes. Essais sur le romanmoderne, La Haye, New York-Paris, Ed. Mouton, 1981.

2 «[...] denn Geschichten miissen vergangen sein, und je vergangener, kònnte man sa-gen, desto besser fìir sie in ihrer Eigenschaft als Geschichten und fìir den Erzahler, den raunen-den Beschwòrer des Imperfekts», vedi, T. Mann, Der Zauberberg, Frankfurt am Main, Ed.G.B. Fischer, 1964, p. 3.

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di definire in un modo unitario la complessità e le specificità individuali, par-ticolari del romanzo degli anni '80.

3) II romanzo non è morto né negli anni 1980, né prima. Gode piuttostodi buona salute.

Se consideriamo alcuni romanzi scritti nelle varie lingue durante gli anni80 dobbiamo ammettere che essi rappresentano la continuazione e lo sviluppodei modelli del romanzo costruiti in precedenza nel XIX e nel XX secolo.Questi modelli costituiscono le forme varie dei discorso romanzesco prodotteda scrittori come Dostoievski, Proust, Joyce, Hermann Broch e fino a un certopunto Musil. Ciò che caratterizza specificamente questi modelli e questi oriz-zonti di attesa può essere riassunto nel modo seguente:

a) il testo romanzesco può funzionare in quanto monologo interiore, di-scorso epifania) nel senso di joyce, mescolanza di stili e di voci, di registri nar-rativi, discorsivi, descrittivi o dialogici;

b) il testo romanzesco si fonda su una certa frammentazione di se stessonel senso di un decentramento funzionale della narrazione lineare e monodi-scorsiva.

Si possono citare a questo punto i romanzi di Andrei Biely, Pietroburgo(1913) e di W. Faulkner, The Soundand The Fury (1929). Le loro strutture emodalità di narrare sono diverse, ma quello che li unisce è appunto la disconti-nuità del racconto gestita dal o dai narratori nel senso in cui Biely come Faulk-ner cercano di dare una visione intensa e poetica di un reale estremamente com-plesso. Gli effetti prosodici che il testo accentua rinviano nel caso di Biely nonsoltanto a una strutturazione poetica o poemica del romanzo, ma anche a unaframmentazione del materiale, che corrisponde, da un lato al vissuto pulsionaledello spazio della città di Pietroburgo e, dall'altro lato, allo sviluppo delle confi-gurazioni di azioni e di pensieri dei personaggi. Il «gioco cerebrale» praticato daipersonaggi e dal narratore trasforma il discorso romanzesco in una serie fluttuan-te di sequenze stilistiche variabili in cui viene sottolineata la percezione sia poeti-ca, sia narrativa del reale e della interiorità dei personaggi3.

3 Vedi le osservazioni penetranti di Angelo M. Ripellino nella sua introduzione a Pietro-burgo: «La Pietroburgo di Belyj è dunque un groviglio di gialle nebbie sventolanti sulle paludi.Una babele chimerica, fosforescente, fumosa, nei cui neri interstizi vacillano parvenze foneti-

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Nel caso di Faulkner la frammentazione viene dettata dalla discontinuitàdei punti di vista che sono delegati ad alcuni personaggi centrali del romanzo.Il racconto viene narrato e rinarrato dalle voci che veicolano le intensità con-trastate dei punti di vista e delle esperienze vissute dei «plot». Nello stesso tem-po c'è in Faulkner una frammentazione secondo la prospettiva temporale (7aprile, 1928; 2 giugno, 1910; 6 aprile, 1928; 8 aprile, 1928); che organizza levarie sincronie e diacronie del racconto frammentato non soltanto dai punti divista, ma anche degli eventi nel loro svolgimento temporale.

La frammentazione potenzializza e attualizza la proliferazione del registrodigressivo e l'estensione massimale della scena narrativa e delle prospettivetemporali. Secondo l'idea e il programma del romanzo polistorico di H. Brochla poesia costituisce un discorso che può afferrare meglio della narrazione lacomplessità del mondo.

L'ultimo elemento specifico che definisce i vari modelli del romanzo da Do-stoievski in poi è la proliferazione del registro soggettivo inteso nel senso di unaauto-narrazione, una autofinzione, ma anche nel senso più particolare intesocome una fecalizzazione e una intenzionalità specificamente soggettive che met-tono il soggetto di fronte all'oggetto in una tensione enunciativa: vale a dire ilsoggetto si fa carico dell'oggetto oppure degli oggetti tramite un registro soggetti-vo preso nel senso di una visione, una rappresentazione e un discorso.

Se questi elementi conglobano i vari modelli dei romanzo, cercherò distabilire in che senso, in che modo alcuni romanzi degli anni 80 sviluppano e

che, larve, siluette catapultate dagli ingranaggi d'una capziosa macchina cerebrale. Larve cheappaiono e dispaiono come cerchi illusori di fuoco, tracciati con una fiaccola nel buio. [...].

Due principi diversi si incontrano nell'ordito di Pietroburgo: la massa formicolante del-l'informe striscia minaccevole contro gli schemi meccanici della ragione. È una mischia terrifi-cante come una lotta di iguanodonti e di brontosauri in un paesaggio antidiluviano.

Da un lato il caos, farragine amorfa di fiamme d'inferno, di melma, di nebuli, di incan-descenti spirali, baratro in cui si affastellano assurde visioni, smottano orride frane ed equivo-che sfere si gonfiano sino a scoppiare. Un caos che è insieme geenna e mollume, dimora di ceffipalustri, di rettili, che compiono azioni dissennate e nauseanti.

Dall'altro il gelido e circoscritto microcosmo del raziocinio, che soppesa, connette ecommisura i fenomeni. La metodologia e la dialettica sono per Belyi l'unica salvezza dei mag-ma dilagante del caos. Perché, nonostante il carattere tumultuario e arruffato delle sue conce-zioni, Belyi è un razionalista: il più cerebrale dei simbolisti russi, e insieme quello che megliolumeggia il rapporto fra mistero e mistificazione». Vedi, A. M. Ripellino, «Introduzione» in A.Belyj, Pietroburgo, tr. A.M. Ripellino, Torino, Einaudi, 1980, coli. «Gli Struzzi», p. XXIII.

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trasformano questo paradigma conglobante del romanzo moderno. La stessadomanda potrebbe essere formulata in un'altra maniera: come e perché alcuniromanzi scritti negli anni '80 riscrivono la modernità? «Riscrivere la moderni-tà» è la formulazione di J.F. Lyotard che esprime così l'idea di necessità per lamodernità di riscrivere e di modificare la sua tradizione, il suo linguaggio, isuoi postulati formali e assiologici.

Per poter illustrare queste proposte e queste affermazioni, propongo didistinguere tra due dinamiche del romanzo che caratterizzano fino a un certopunto anche il romanzo degli anni '80. Sono le "tattiche molecolari" e il "gio-co di prospettive". Cosa s'intende quando si considerano queste categorie? Perquanto riguarda le tattiche molecolari mi riferisco agli scritti del filosofo e psi-chiatra francese Felix Guattari. Nei suoi libri La révolution moléculaire (1977),{La rivoluzione molecolare) e Chaosmos Guattari collega al processo di creazio-ne di soggettività una molteplicità di «rivoluzioni molecolari», cioè di azioniminimali che agiscono sul mondo, contro la logica del capitalismo che stan-dardizza la soggettività e che distrugge oppure frena quello che Guattari chia-ma «eterogenesi ontologica dei valori» 4. Le rivoluzioni molecolari valorizzanoquello ch'è locale, specifico, minimale, immediato. Facilitano la ricostruzionedel tessuto sociale e della portata esistenziale dell'arte. Allo stesso tempo si pos-sono chiamare «tattiche molecolari» alcune pratiche romanzesche, cioè formeminimali dei processi creativi del romanzo, che problematizzano i materialiromanzeschi intesi come assunzione delle soggettività, come economia irrego-lare del desiderio e come ordinamento dell'enunciazione romanzesca attraver-so gli elementi minimali come la parola, il tema, il tono, la voce, il ritmo, la vi-sione, il punto di vista. Si può ammettere che alcune pratiche romanzesched'auto-narrazione e d'auto-discorsività dell'io sono omologhe e correlative ri-spetto alle pratiche rivoluzionarie molecolari nel senso in cui le intende FelixGuattari.

Quello che cambia in alcuni romanzi degli anni 80 sono i parametri delsenso, parametri di unità minimali del senso. Nel romanzo tradizionale questeunità avevano uno spessore narrativo concreto: i sintagmi narrativi, il racconto

4 Cf. le osservazioni di F. Guattari: «Au-delà des revendications matérielles et politiquesemerge l'aspiration à une réapropriation individuelle et collettive de la production de subjecti-vité. Ainsi, l'hétérogènese des valeurs est-elle en passe de devenir le noeud des enjeux politiquesqui manquent aujourd'hui le locai, la relation immediate, l'environnement, la reconstitutiondu tissu et la portee existentielle de l'art. [...]», Chaosmose, Paris, Ed. Galilée, 1992, p. 185.

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con la cornice, le azioni dei personaggi, la costruzione homofonica dello spa-zio narrativo. In alcuni romanzi della modernità, già nel Tristram Shandy,Ulisse, L'uomo senza qualità, L'urlo e la furia, ma anche in Palomar, l'accentosemiotico è spostato sulla parola, sul linguaggio e sul discorso. Dobbiamo, al-lora, cercare di stabilire in che modo le tattiche molecolari riescono a cambiarele forme del romanzo, in che modo spingono la scrittura romanzesca verso leoperazioni di discorsivizzazione, di dinarrativizzazione e come si posizionano igiochi di prospettive.

Il gioco di prospettive è secondo me un'altra dinamica del romanzo deglianni 80. Il gioco di- prospettive è la creazione di un dispositivo topologico nelromanzo, ma anche di un dispositivo discorsivo che rende complessa l'inter-pretazione del senso. Il gioco di prospettive è un insieme di punti di vista chevolontariamente rende ambiguo il processo semiotico del romanzo, vale a direil senso dei suoi segni posizionati nel dispositivo topologico e discorsivo.

Il discorso sulle tattiche molecolari e il gioco di prospettive meriterebbedi essere approfondito. Quello che mi propongo di compiere sarà piuttostouna serie di osservazioni che farò su alcuni romanzi pubblicati negli anni '80.Idealmente avrei voluto analizzare in un modo esauriente i romanzi delle areelinguistiche serbo-croata: il romanzo di M. Pavic intitolato // romanzo dizio-nario Khazar, ungherese: il romanzo di Peter Esterhazy / verbi ausiliari deicuore; polacco: La Polpa di Jerzy Andrzejewski; tedesco: Cassandra di ChristaWolf, // Nipote di Wittgenstein di T. Bernhard; spagnolo: Makbara di JuanGoytisolo; latino-americano: Cristoforo non nato di Carlos Fuentes; inglese:Lanark di Alasdair Gray; portoghese: L'anno della morte di Ricardo Reis di JoseSaramago e La ballata della spiaggia dei cani di José Cardoso Pires; francese:Les Géorgiques di C. Simon, Paradis, Paradis LI di P. Sollers, L'Algarabia diJosé Semprun, II grande incendio di Londra di J. Roubaud. Per quanto riguar-da l'area dell'italiano avrei voluto analizzare particolarmente i romanzi diGiorgio Manganelli, // discorso dell'ombra e dello stemma, Gli Invisibili di Nan-ni Balestrini e Sodomie nel corpo / / d i Aldo Busi.

Mi limiterò soprattutto ai romanzi di J. Goytisolo, P. Sollers, Th. Bern-hard, N. Balestrini, J. Andrzejewski, J. Saramago, C. Fuentes, Alasdair Gray.Cercherò di differenziare in questi romanzi gli elementi significativi delle tatti-che molecolari e del gioco di prospettive.

Quello che pare abbastanza evidente è il fatto che la proliferazione del re-gistro soggettivo è alla base delle tattiche molecolari. Nei romanzi di Goytisolo

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(Makbara), di Bernhard, (// Nipote di Wittgenstein) e di Sollers, {Parodii), siproduce una proliferazione assai forte del registro soggettivo. Dobbiamo vede-re quali sono le finalità e le funzioni specifiche di questi romanzi.

Makbara si colloca nella serie dei romanzi di Goytisolo come Reivindica-ción del conde Don Julián e Juan sin tierra. Goytisolo raffina il modo di creareil dispositivo discorsivo ed esso consiste nello spostare l'accento semiotico dal-la narratività verso uno stile efficace e dinamico, che serve allo scopo tematicodell'autore. Lo scopo tematico vuoi dire l'organizzazzione del linguaggio, i cuinuclei semantici risiedono nella sequenzialità di parole che si accumulano nonsoltanto allo scopo di narrare, ma soprattutto per esprimere ciò che definireil'intensità pulsionale, istintiva della figura scrivente. Dico «figura» poiché nonè un narratore nel senso tradizionale del termine. Non è neanche un autoredialogico nel senso bakhtiniano di questa categoria. Il ritmo e i ritmi del di-scorso sono determinati in un modo discontinuo dallo straripamento pulsio-nale della voce che si fa sentire. Ciò che domina nella frase sono gli infiniti deiverbi che esprimono il desiderio, le intenzioni, i progetti. Insomma, il deside-rio di Goytisolo si fonda sulle operazioni molecolari che producono un testoirregolare ma intenso, discontinuo ma epifanico. un testo fondato sull'assuzio-ne verbale permanente.

Ecco un esempio della scansione di Goytisolo:

leggere, informarsi, accarezzare delle speranze adulatrici avere delle illusioni ar-denti assorbirsi nel memoriale della Guida..

perseguire febbrilmente la ricerca camminando a zigzag.

riconoscere con piacere e sollievo gli oggetti semplici e familiari dei tuoi appar-tamenti: installarti tra di loro...

Liberazione del discorso da tutti i discorsi opposti alla norma dominante aboli-zione del silenzio implacabile imposto dalle leggi, abitudini superstizioni la rot-tura dirupata con i dogmi e precetti ufficiali voci fissate della tribù, padre, capo,marito, giurisdizione5.

Le tattiche molecolari di Goytisolo consistono nel fatto che il discorso

5 Cf. J. Goytisolo, Makbara, Barcelona, Seix Barrai, 1983 (1980), pp. 58, 129, 188. Latraduzione è mia.

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mimetizza attraverso immagini le sensazioni, le passioni, le idee del soggettoche punta sulla liberazione dell'individuo e sulla demistificazione del sistemasociale capitalista. Il testo molecolarizzante diventa una sorta di monologoanalitico interiore, analitico ed auto-analitico. La discontinuità molecolare deltesto riflette il flusso del desiderio, delle idee e delle passioni dell'io. In questosenso Goytisolo costituisce il romanzo in quanto struttura di accoglienza al dilà della narratività delle intensità pulsionali ed idiolettali della figura scrivente.

Il problema di Philippe Sollers nei suoi Paradisi {Paradis, Paradis II) è as-sai simile, però nello stesso tempo anche significativamente diverso. Sollerschiaramente espone il suo programma. Dice nell'articolo «Verso la nozione diparadiso»:

«la scrittura percorrente... non si fonda su una "tecnica", ma su un altro approc-cio del senso che viene interpretato nel testo scritto»6.

La «scrittura percorrente» si riferisce alle due citazioni latine date da Sol-lers: «per omnes civitates percurrit oratio mea» che esprime l'idea di correre at-traverso e «omnium pectora metu percurrente» ( l'angoscia che s'introduce dinascosto in tutti i cuori) che esprime l'idea di percorrere7. Sollers sostiene checon Paradiso costruisce uno dei primi micro-processori precisi della lingua ap-parentemente francese, ciò vuoi dire la possibilità di costruire un computer chetratterà delle zone di memoria molto estese, della cultura e della storia del lin-guaggio umano e dei suoi significati. Sollers lavora non soltanto sul significan-ti ma anche sui significati, vale a dire sulla vastità dei dati informativi che con-cernono tutti i problemi presi in considerazione allo stesso tempo, «scientifici,religiosi, psicologici, sessuali e così via»8. Il testo respira molecolarmente.Ogni parola costituisce un nucleo semantico che rinvia ad un altro nucleo evia via produce la scansione del testo che riposa sul soggetto percorrente. Ilsoggetto attraversa la storia, la letteratura, la filosofia, la psicanalisi. Insomma,il testo equivale all'amplificazione incessante del discorso e alla serializzazione,ma queste riposano nella molecolarizzazione del discorso, che si lascia leggere

6 Cf. P. Sollers, «Vere la notion de Paradis» in Théorie des Exceptions, Paris, Gallimard,1986, p. 196.

7Loc. cit. p. 196.8 Cf. «La Coupole» in op. cit., pp. 201, 202.

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come un poema infinito, che in un certo modo sommerge il lettore o addirit-tura lo schiaccia col suo infinito e con la sua immensità.

Ciò, che io chiamo le tattiche molecolari coinvolge una dialettica tra leunità minimali del testo, vale a dire parole, immagini, metafore e il progettoromanzesco specifico di ogni romanzo. Questa dialettica potrebbe essere inter-pretata come convergenza delle tattiche e della strategia che possiamo definirecome ricerca della totalità. La totalità dell'universo pulsionale, del desiderio diGoytisolo. La totalità dello spazio storico, filosófico, sociale, letterario che at-traversa la scrittura percorrente di Sollers. Anche la totalità dell'ardore intensodel discorso di Thomas Bernhard che nel Nipote di Wittgenstein racconta lasua malattia, la sua sofferenza, ma anche l'amicizia e la morte, creando ritmi,ripetizioni, ritorni, insistenze.

La totalità dell'impegno di Nanni Balestrini che negli Invisibili crea unaritmicità narrativa di grande rilievo che Mario Spinella chiama giustamente la«costruzione a lasse narrative, a brevi capitoletti o paragrafi; un'andatura «stro-fica», che arieggia alla specifica forma epica della medievale «canzone di gesta»e, più particolarmente del suo capolavoro: La Chanson de Roland» 9.

Gli Invisibili è un romanzo della memoria collettiva di tutta la comunitàitaliana degli anni sessanta. Una ricostruzione soggettiva di un universo socialee politico di grande complessità in cui le forze di violenza e le forze di impegnosi affrontano lottando per una realtà nuova, necessaria, ma anche invisibile.L'aura di invisibilità che costituisce la dimensione quasi mistica del romanzo diBalestrini determina nello stesso tempo la sua dimensione narrativa specifica-mente spaziale. Si tratta di uno spazio molecolare, soggettivamente metonimi-co, vissuto e abitato dall'io del narratore-relatore. Il realismo di questo spazio èevidente, però esso è in un certo modo secondario. Il realismo sorge dalle allu-sioni allo spazio carcerale oppure allo spazio giuridico, però esso è già di secon-do grado poiché è proprio la posizione soggettiva dei narratore che fa passare lospazio attraverso la sua volontà di essere un simbolo della solidarietà e della pas-sione rivoluzionaria. Tutto ciò che attraversa la mente del narratore gioca sulpiano dello spazio chiuso, oscuro, sotterraneo. Ogni volta che il narratore e gliinvisibili visitano il mondo esteriore, lo spazio che vien a loro attribuito è limi-tato, osservato, protetto. È un'estensione dello spazio strettamente carcerale.

9 Cf. M. Spinella, la "Prefazione" a N. Balestrini, Vogliamo tutto, Milano, Feltrinelli,1986, p. 8.

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«Poi saliamo su una scala stretta semibula soffocante con lunghe rampealti gradini faticosi strappi alle catene che fanno male ai polsi e alla fine dell'ul-tima rampa la luce di una piccola porta e sbuchiamo fuori in alto in cima auna gradinata spalancata su un'enorme sala molto illuminata piena di genteche si muove giù in basso sotto di noi...».

Ecco un frammento paradigmático che segna l'appartenanza involontariadell'io narrante allo spazio imposto, non accettato simbolicamente e forzata-mente «necessario». Il romanzo si svolge allora come relazione appunto mole-colare, la cui voce sostiene la gravita e la continuità di una passione. Gli Invisi-bili si fondano soprattutto sul pathos della sopravivenza e della speranza. Lavoce che parla nel buio si indirizza a una presa di coscienza collettiva, che ilnarratore rappresenta, costruisce e ricostruisce.

«La rivolta era stata una fiammata che aveva bruciato tutto tutta la forzache avevamo accumulata si è bruciata dentro la rivolta quindi adesso si trattavadi rimetterci passo dopo passo per riprenderci tutto quello che avevamo per-duto e ovviamente i primi passi erano quelli di garantirci una migliore vivibili-tà all'interno del carcere vivibilità vuoi dire tante cose vuoi dire per esempiolottare per riavere i colloqui perché i colloqui sono la comunicazione con l'e-sterno...».

La scansione discorsiva di questo romanzo presuppone una percezione euna visione della realtà sociale e politica, che non può esser compresa senzauna trascrizione molecolare della realtà effettivamente vissuta del carcere. Latattica di Balestrini è allora principalmente molecolare. La voce discorsiva re-gistra gli elementi minimali, i segni e le visioni che costituiscono nello stessotempo una oggettivizzazione massimale del mondo al quale sono condannati eche devono affrontare gli invisibili e una soggettivizzazione metonimica, so-matica dello stesso universo, simbolicamente riscritto dal narratore in quantovoce consapevole della sua funzione simbolica. Ecco la citazione finale che rin-via da un lato alla fine logica, assiomatica in qualche modo del romanzo e, dal-l'altro, costituisce il riassunto della molecolarità narrativa dì Balestrini inquanto dimostra come il narratore non può fare a meno di estendere il suo im-pegno su gesti strategicamente necessari e di mostrarlo simbolicamente e defi-nitivamente nel momento in cui deve separarsi dal lettore.

«Abbiamo fatto i buchi in tutte le reti e poi abbiamo fatto le fiaccole lefiaccole si facevano con pezzi di lenzuoli legati stretti e poi imbevuti d'olio (...)non c'era nessuno che li vedeva le fiaccole bruciavano a lungo doveva essere un

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bello spettacolo da fuori tutti quei fuochi tremolanti sul muro nero del carcerein mezzo a quella distesa sconfinata ma gli unici che potevano vedere la fiacco-lata erano i pochi automobilisti che sfrecciavano piccoli lontanissimi sul na-stro nero dell'autostrada a qualche chilometro dal carcere o forse un aeroplanoche passa su in alto ma quelli volano altissimi lassù nel cielo nero silenzioso enon vedono niente» 10.

Le tattiche molecolari trasformano il romanzo nella misura in cui essomanifesta una grande malleabilità strutturale. Il romanzo diventa sempre dipiù un tessuto testuale aperto in cui entrano le molecole verbali, tematiche estrutturali. Tuttavia l'entropia del genere romanzesco, e un disordine apparen-te non distruggono il romanzo. Al contrario il romanzo ritrova sempre la suastabilità e guadagna sempre di più in intensità.

Questo concerne anche il problema della struttura prospettica del ro-manzo, ciò del "perspectivismo". Noi sappiamo che Leo Spitzer ha mostratocome si realizza il prospettivismo di Don Chisciotte che, infatti, in conformitàcon il programma ironico di Cervantes consiste nel produrre un effetto dialet-tico e conoscitivo dello schock tra l'inganno e il disinganno, tra l'illusione e ladisillusione. Si tratta di posizionare i valori specifici sull'asse paradigmático delromanzo, cioè sul dispositivo topologico e discorsivo che include una visionedel mondo e la chiave interpretativa del romanzo. Si potrebbe mostrare comein alcuni romanzi degli anni 80 il gioco di prospettive è portatore del sensopoiché individua topologicamente i segni da interpretare.

La Polpa, (Miazga) il romanzo di Jerzy Andrzejewski è una storia dellanazione polacca vista nella prospettiva temporale degli anni sessanta-settantain Polonia. Il dispositivo topologico differenzia tra la trama narrativa, il diariodello scrittore, le storie scritte da alcuni personaggi e le storie dei personaggi. Ildispositivo topologico del discorso romanzesco distingue ancora tra le vite dialcuni Polacchi patrioti, rivoluzionari, alcuni tra loro morti in Russia. Questevite hanno un valore storico autentico. Tutti i sotto-spazi del dispositivo pro-spettivistico comunicano tra di loro. Il gioco di prospettive viene collocatodentro il contesto interpretativo storico, narrativo, ideologico, letterario cheriflette la complessità e la crudeltà della storia polacca.

Si potrebbe dimostrare che nel romanzo Lanark dello scrittore scozzese

10 Cf. N. Balestrimi, Gli Invisibili, Milano, Bompiani, 1987, pp. 10, 224-225, 280,

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Alasdair Gray il gioco di prospettive relativizza in un modo notevole la gran-dezza e la statura epica di Lanark che è narrativamente fissato in un modo am-biguo su modelli epici come la Bibbia, Ulisse, L'Eneide, Don Chisciotte, MobyDick, Fauste Guerra e pace di Tolstoi. Il dispositivo topologico include un in-dice dei plagi in cui sono citate tutte le frasi plagiate, ma anche è presente rias-sunto delle storie degli eroi epici accompagnato da un commento negativo chetende a sottolineare i loro fallimenti. Questo romanzo crea un gioco di pro-spettive che da una visione complessa della realtà storica e sociale della Scozia.

Tra vari romanzi degli anni '80 L'anno della morte di Ricardo Reis di JoséSaramago ci offre un gioco di prospettive ancora più complesso e più affasci-nante. Il problema che affronta José Saramago può essere definito come pro-blema pirandelliano alla rovescia. Il personaggio di Ricardo Reis non cerca ilsuo autore. L'autore Saramago ha trovato il personaggio, però Reis è un perso-naggio veramente particolare. Ricardo Reis appartiene alla persona di Fernan-do Pessoa però le appartiene in un modo significativo. Reis è uno degli etero-nimi di Pessoa. Gli altri sono Alberto Caeiro e Alvaro de Campos. Che cosavuoi dire gli «eteronimi» di Pessoa? La stessa persona si concepisce come com-posta da varie identità a cui Pessoa da i cognomi e di cui definisce le sfere d'a-zione umane e artistiche.

In questo senso Ricardo Reis è l'altro dello stesso. Rappresenta una visio-ne del mondo, un'opera artistica, diverse da quelle di Pessoa, ma nello stessotempo esse fanno parte di Pessoa. A questo livello esistenziale-artistico entria-mo nel territorio di una grande ambiguità, dove si costituisce un gioco delleparti e delle maschere. Ricardo Reis esiste per Saramago come un segno pluri-voco di questa ambiguità. Ricardo Reis è un attante, un oggetto, un personag-gio, un tema, una relazione complessa con l'opera e con la vita di Pessoa. L'in-venzione romanzesca di Saramago integra in un modo particolarmente effica-ce questo gioco di prospettive. In un certo senso possiamo considerare Pessoacome Pirandello nei Sei personaggi in cerca d'autore che non ha finito total-mente la sua creazione anzi l'ha lasciata nelle mani dei personaggi. Saramagoriprende allora l'opera di Pessoa e la finisce dedicando il suo romanzo ad alcu-ni mesi dell'ultimo anno di vita di Ricardo Reis. Saramago scrive allora un ro-manzo della totalità. Il suo proposito è naturalmente Ricardo Reis, ma que-st'ultimo è visto sul fondo del mondo e della storia del mondo e del Portogallonell'anno 1935/1936. Il discorso di Saramago crea uno spessore del personag-gio e della realtà in cui Ricardo Reis viene immerso. Saramago mantiene Tarn-

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biguità delle maschere e gioca sulla molteplicità delle prospettive e delle iden-tità.

La scrittura di Saramago scaturisce da una simultaneità di percezioni, dieventi e di parole. I dialoghi, i monologhi, le descrizioni vengono integrati inmodo da creare un testo che gioca, da un lato, sulla molteplicità e sulla richezzadei fenomeni, pensieri, creazioni, e, dall'altro lato, sull'immaterialità del mon-do, del sogno e del mito. Il discorso di Saramago costituisce un dispositivo diprospettive che sottolinea il carattere fittizio della creazione romanzesca. Però lafinzione non significa totalmente invenzione. Si tratta piuttosto di quello che iformalisti russi chiamano ostranjenje, lo straniamento, la defamiliarizzazione. Laricchezza del romanzo, di Saramago è multivalente. Include in sé lo stile e larappresentazione, la storia e le passioni, la letteratura e la poesia.

La lezione dell'Anno della morte di Ricardo Reis è che la letteratura nonattinge mai alla realtà. In questo senso non c'è soltanto il realismo senza realtà,ma anche la realtà separata dalla letteratura, e la realtà soltanto come discorso.11 romanzo rivela l'illusione della verità. E come dice R. Barthes: "poiché il re-ale non è rappresentabile esiste la letteratura".

Il caso di Cristoforo non nato (1987) di C. Fuentes pone il problema delgioco delle prospettive in un modo diverso. Qui ritorniamo alla carnevalizzazio-ne del romanzo nel senso di Bachtin. Cristoforo non nato è un monologo inten-so, costruito dalla voce del narratore, che parla dall'interno della pancia di suamadre per nove mesi, il tempo della sua gestazione vale a dire dal 6 gennaio al12 ottobre 1992. Il romanzo di Fuentes viene concepito come un rapporto di-scorsivo con la totalità messicana e, metonicamente, con la totalità del mondocontemporaneo nel corso del processo di americanizzazzione. Questa totalità èstorica, politica, mitica, economica, ecologica e letteraria. La voce narrativa delfeto è allo stesso tempo onnisciente e veicolo di una visione soggettiva. Questadistribuzione di competenze produce una sorta di percezione simmetrica a quel-la che comunica il narratore (il quale, infatti, non può essere altro se non l'auto-re stesso) La voce del narratore si sovrappone a quella di Cristoforo, e a ciò chela voce del feto testimonia sul dialogo discontinuo tra i suoi genitori. Il lavorodiscorsivo, sul quale si fonda il monologo di Cristoforo e il monologo del narra-tore onnisciente, cioè dell'autore, si costituisce in una molteplicità di sequenzee di registri: narrativo, incantatore, lirico, intertestuale, ludico-linguistico.

La visione del reale organizzata da Fuentes rimanda a un triplice rappor-to tra il discorso differenziato dalle diverse posizioni narrative e la situazione

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comunicativa del romanzo. L'io di Cristoforo e del narratore onnisciente sioppone alla totalità di ciò che viene narrato. E questa totalità si oppone a suavolta al lettore, sistematicamente interpellato dalla narrazione. Infatti il lettorediventa 1'"elettore". Il lettore è l'elettore non solo in quanto cittadino della Re-pubblica Messicana, ma in quanto agente il quale ha il dovere di eleggere o discegliere il senso. Il richiamo sistematico del lettore genera un gioco cognitivo,che si costituisce in una specie di dialogismo orientato. Non si tratta del dialo-gismo nel senso in cui Bachtin lo intende. In un certo senso, il dialogismoorientato agisce nello stesso modo in cui agisce la maieutica socratica. Essopresuppone un'analisi della realtà, una distribuzione dei ruoli nell'interlocu-zione e una distanza ironica. Il dialogismo orientato coinvolge l'IntelligenzaCentrale del romanzo. Un patto di partecipazione si stabilisce tra l'autore-narratore e il lettore. L'Intelligenza Centrale custodisce la narrazione affinchèessa possa progredire contemporaneamente e parallelamente alla lettura. Que-sta collaborazione e quest'interattività tra la narrazione e la lettura sono di or-dine assiologico. L'autore-narratore costruisce un universo che mette in evi-denza dei fenomeni osservati e scelti in una dimensione spazio-temporale par-ticolare, cioè quella del Messico. Questo procedimento viene sottolineato dauna argomentazione, che cerca di denunciare l'ordine stabilito. La ricercadell'autore-narratore si dirige verso la "dolce patria invisibile". Il narratorevorrebbe implicare nella ricerca anche il lettore. Dato che il romanzo di Fuen-tes viene riempito di interrogativi, sembra impensabile che i lettori collabori-no anch'essi nella determinazione e nella scoperta del senso nel caos circostan-te.

Durante il suo percorso testuale Cristoforo non nato viene caratterizzato dauna struttura significante che si dispiega come gioco verbale. La narrazione esi-bisce un ludo verbale fortemente inventivo e carnevalizzante, la cui funzioneprincipale è interrogare la lingua parlata dalla comunità messicana e dunque an-che parlata da Cristoforo. La Torre di Babele dei segni verbali sia citati e presidal reale, sia costruiti per gioco e ironicamente da Fuentes scaturisce dalla con-taminazione della lingua quotidiana dalle lingue settoriali, professionali oppuretelevisive che mostrano un'evidente tendenza all'americanizzazione.

Il gioco verbale del narratore concerne spesso le figure storiche e lettera-rie che ne diventano gli oggetti. Ecco un esempio:

...le pondremos a la niña, Isabel la Católica, Isabel la Catatònica, Isabel la Catár-tica, Isabel la Caòtica, Isabel la Carbólica, Isabel la Retórica, Isabel la Plutínica,

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Isabel la Platonica, Isabel la Pletòrica, Isabella Estrambótica, Isabel la Escleróti-ca, Isabel la Babilonica, Isabel la Supersonica, Isabel la Neurótica, Isabel la No-stàlgica, Isabel la Neurálgica, Isabel la Zoològica, Isabel la Botánica, Isabel laMetòdica, Isabel la Alcojólica, Isabel la Flemática, Isabel la Famélica, Isabel laHiperbólica, Isabel la Diabólica:... n .

Come osserva giustamete Guy Scarpetta, questo "gioco verbale" riflettela vita di una civiltà dove tutto, sin dalla Conquista, è ibrido, meticcio". Se-condo Scarpetta questa cultura è fondamentalmente una policultura d'impu-rità".

Il romanzo di Fuentes rinvia constantemente alle esperienze collettive delpopolo messicano. Perciò, costituisce la sua dimensione simbolica, dialogica ecognitiva. Questo riferimento alla "questione messicana" è dunque realista, sto-rico, ma anche iconoclasta, crudelmente critico. Esso costituisce uno degli ope-ratori discorsivi della modernità del romanzo. La modernità di Cristoforo nonnato risiede precisamente nella capacità della sua struttura formale e discorsiva,come pure del suo messaggio, di controllare cognitivamente l'attualità imme-diata, e nello stesso tempo di stabilire rapporti di pertinenza cognitiva con ilpassato e con il futuro. Cristoforo non nato è, allora, un dispositivo discorsivocomplesso, fondamentalmente rizoniatico, che cerca di potenziare, e anzi, di as-sicurare uno scambio cognitivo tra la comunità dei lettori e il narratore-messagero del romanzo, portavoce di una visione problematica del reale. È inquesto punto che tocchiamo la sua modernità.

Il romanzo degli anni 80 ci mostra uno spazio letterario denso in cui siscorgono le pratiche discorsive varie, tra le quali abbiamo cercato di individua-re le «tattiche molecolari» e il «gioco di prospettive». Queste pratiche sono, inun certo modo, i vettori della complessità del reale, il quale viene messo in di-scussione. Nello stesso tempo esse sono l'indice del perfezionamento del ro-manzo, che dimostra la sua operatività discorsiva nella misura in cui la com-plessità del reale impone al romanzo il ricorso a forme sempre più sottili edadeguatamente funzionali.

Possiamo a questo punto individuare il problema, più volte sottolineato,dell'opposizione esclusiva tra la modernità e il postmodernismo. In che sensoil romanzo può essere considerato moderno oppure postmoderno? Per me

11 Cf. C. Fuentes, Cristóbal Nonato, Mexico-Madrid-Buenos Aires, Tierra Firme, Fondode Cultura Economica, 1987, p. 16.

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questa distinzione ha un valore più euristico che di opposizione differenziabi-le. Al di là delle opposizioni più evidenti sarebbe utile allargare le dinamiche,le strategie e le finalità del romanzo nel XX secolo. Si può avanzare l'ipotesiche esse relativizzino in modo notevole le definizioni conglobanti ed esclusivedella modernità e del postmodernismo. Alla fine del nostro secolo si può con-statare che più che mai il romanzo è diventato un genere transculturale, tran-snazionale, interdiscorsivo ed intersemiotico. Il romanzo attraversa diverseculture senza che esse abbiano necessariamente dei punti in comune. Oltre-passa le frontiere nazionali e quelle delle lingue. Il romanzo è intersemiotico inquanto sistema di segni che coesiste funzionalmente con strutture tali comel'ideologia, l'estetica, le referenze e l'intertestualità.

Nel suo sviluppo storico il romanzo avanza verso uno stato allo stessotempo transitorio e stabile, dove l'imperativo del moderno si pone come rea-lizzazzione del postulato della pertinenza conoscitiva del romanzo. Sorge allo-ra il problema della riscrittura della modernità. Gli operatori della modernitàsono variabili, ma in linea di massima la loro finalità è quasi sempre la stessa.Si tratta dell'ineluttabilità della prova conoscitiva, di un nuovo posizionamen-to dei segni. La riscrittura della modernità scaturisce in qualche modo dallaspecificità discorsiva della forma romanzesca, dal suo polimorfismo, dalla suadisponibilità ad accogliere all'interno del corpo testuale quasi tutti i discorsi.

Nella sua posizione critica assai sfumata a proposito della modernità e delpostmodernismo, J.F. Lyotard sottolinea gli elementi seguenti:

Un'opera può diventare moderna solo a condizione che prima essa sia postmo-derna. Così inteso il postmodernismo non è il modernismo alla sua fine, ma allostato di nascita, e questo stato è costante12.La postmodernità non è un'età nuova, è la riscrittura di qualche tratto rivendi-cato dalla modernità, e, prima di tutto, della sua intenzione di fondare la sua le-gittimità sul progetto di emancipazione dell'umanità dalla scienza e dalla tecni-ca. Ma questa riscrittura, l'ho detto, agisce, già da molto tempo, nella moderni-tà stessa13.La modernità si scrive, si iscrive su se stessa in una perpetua riscrittura14.

12 Ci. J. F. Lyotard, Le postmoderne expliquéaux enfants, Paris, Galilée, 1986, p. 30.13 Cf. J.F. Lyotard, «Réécrire la modernité», L'Inhumain. Causeriessu temps, Paris, Gali-

lée, 1988, p. 43.H3id.p.37.

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Lyotard fornisce un nuovo statuto discorsivo ed euristico al postmoder-nismo. Infatti, il postmodernismo partecipa alla riscrittura della modernità.Quindi, le opposizioni taglienti, che dovrebbero separare il postmodernismodalla modernità, non sono più valide. La riscrittura della modernità presuppo-ne un rapporto attivo, funzionale e creativo del postmodernismo di fronte allamodernità. La specificità della forma romanzesca, che abbiamo descritto neitermini di malleabilità, di disponibilità e di apertura, concede al discorso ro-manzesco uno strumento conoscitivo. La modernità del romanzo è legata allarealizzazione della pertinenza conoscitiva più adatta nei contesti formali e te-matici, dove sorge un romanzo particolare.

Osservando il panorama del romanzo alla fine del secolo possiamo met-tere in rilievo che la modernità del romanzo si realizza nel mettersi in gioco al-cuni elementi prevalenti e non come modernizzazione massiccia e completadella forma dei romanzo da individuare in un testo identificato come "moder-no". Così possiamo mettere in evidenza i seguenti elementi che riguardano lemodernità del romanzo: 1) la modernità del romanzo si spiega sulla lunga du-rata storica in quanto processo continuo e dialetticamente marcato; 2) gli ope-ratori formali e tematici della modernità (la soggettività, la frammentazione, ladiscontinuità, l'ironia e l'autoriflessività) agiscono come filtri discorsivi, cheimprimono alla forma del romanzo una o varie specificità del "moderno"; 3) ilromanzo è un genere altamente interdiscorsivo ed intertestuale dal momentoche i suoi modelli comunicano tra di loro; 4) tra i generi letterari, il romanzo èil più vicino al presente e perciò possiede il più grande potenziale d'adatta-mento tematico e formale per quanto riguarda il reale e il sociale. Così il ro-manzo riscrive le sue modernità ogni volta che si impegna nel processo cono-scitivo.

Alla fine del secolo la funzione del romanzo moderno consiste ancora nelspiegare le sue dinamiche e finalità conoscitive di fronte alla società dello spet-tacolo. Così il romanzo non è soltanto questo specchio stendhaliano che pas-seggia lungo la via. E una macchina indistruttibile del discorso, che capovolgele idee e trasgredisce gli orizzonti ideologici fissi e chiusi a qualsiasi forma didialogismo. Esso si pone al di là del riconoscimento della dittatura odierna deimass-media all'interno della società dello spettacolo.