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ECONOMIA AZIENDALE - LEZIONE 12 Dott. Fabio Monteduro, Dott.ssa Sonia Moi Il bilancio d’esercizio: principi di redazione e schema di bilancio secondo la legislazione italiana Introduzione Nelle precedenti lezioni è stato evidenziato come la rilevazione e lo scambio delle informazioni rappresentano delle attività essenziali per la gestione di una impresa in quanto consentono di “porre in collegamento” le varie parti del sistema azienda, supportano l’elaborazione delle strategie e la definizione degli obiettivi da conseguire, guidano la valutazione delle performance e permettono di individuare le modalità organizzative da adottare. È stato, inoltre, analizzato che esistono diversi tipi di informazione, che abbiamo suddiviso in quantitative e non quantitative. Tra le quantitative si è fatto cenno alle informazioni di bilancio e di contabilità generale, che riguardano tutte quelle informazioni utilizzate dal management e dagli stakeholder, al fine di comprendere ed analizzare le prestazioni economiche dell’organizzazione e, quindi, il suo andamento. In questa lezione (e nella successiva) ci si concentrerà sull’analisi della contabilità generale, degli strumenti da essa utilizzati (principi contabili) e del suo output (bilancio di esercizio). Il bilancio d’esercizio: finalità e composizione Il bilancio è un documento giuridico-contabile, redatto dagli amministratori, che rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda ed il risultato economico d’esercizio della stessa. Come più volte ribadito, è un importante strumento informativo dell’impresa per tutti coloro che hanno un interesse sulla gestione e, quindi, sull’andamento economico finanziario e patrimoniale dell’azienda (si pensi ad esempio a tutti coloro che sono interessati all’acquisto di azioni). In qualità di strumento informativo, il bilancio di esercizio può essere redatto con criteri differenti ed in diverse forme, in base alle finalità che vuole raggiungere. In prima approssimazione, possiamo dire che il bilancio di esercizio ottempera alle seguenti funzioni: conoscitiva, poiché esprime i risultati ottenuti collegandoli agli avvenimenti, alle decisioni e alle modalità di gestione che li hanno determinati; di controllo, poiché deve essere sottoposto all’approvazione di soggetti interni ed esterni all’azienda; informativa, poiché fornisce una rappresentazione veritiera e corretta della realtà aziendale. In base alle finalità specifiche, è possibile distinguere tra bilancio civilistico, bilancio rettificato ai fini fiscali e bilancio gestionale. Bilancio ai fini civilistici: disciplinato dal codice civile e dal D.Lgs. 127/1991, ha la finalità di fornire una conoscenza periodica ed attendibile del risultato economico conseguito durante l’esercizio, nonché della consistenza patrimoniale dell’azienda in qualità di garanzia e tutela dei diritti dei terzi creditori. ESEMPIO Gli utilizzi delle informazioni da parte degli stakeholder Le informazioni del bilancio ai fini civilistici possono essere utilizzate dai creditori per valutare le prospettive di recupero del proprio credito; gli azionisti invece utilizzano le informazioni del bilancio per capire in che modo gli amministratori utilizzano le risorse, nonché per trarre indicazioni utili sulle capacità dell’azienda di produrre redditi capaci di offrire una congrua remunerazione del capitale investito.

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ECONOMIA AZIENDALE - LEZIONE 12

Dott. Fabio Monteduro, Dott.ssa Sonia Moi

Il bilancio d’esercizio: principi di redazione e schema di bilancio secondo la

legislazione italiana

Introduzione Nelle precedenti lezioni è stato evidenziato come la rilevazione e lo scambio delle informazioni

rappresentano delle attività essenziali per la gestione di una impresa in quanto consentono di “porre

in collegamento” le varie parti del sistema azienda, supportano l’elaborazione delle strategie e la

definizione degli obiettivi da conseguire, guidano la valutazione delle performance e permettono di

individuare le modalità organizzative da adottare. È stato, inoltre, analizzato che esistono diversi

tipi di informazione, che abbiamo suddiviso in quantitative e non quantitative. Tra le quantitative si

è fatto cenno alle informazioni di bilancio e di contabilità generale, che riguardano tutte quelle

informazioni utilizzate dal management e dagli stakeholder, al fine di comprendere ed analizzare le

prestazioni economiche dell’organizzazione e, quindi, il suo andamento.

In questa lezione (e nella successiva) ci si concentrerà sull’analisi della contabilità generale, degli

strumenti da essa utilizzati (principi contabili) e del suo output (bilancio di esercizio).

Il bilancio d’esercizio: finalità e composizione Il bilancio è un documento giuridico-contabile, redatto dagli amministratori, che rappresenta la

situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda ed il risultato economico d’esercizio della stessa.

Come più volte ribadito, è un importante strumento informativo dell’impresa per tutti coloro che

hanno un interesse sulla gestione e, quindi, sull’andamento economico finanziario e patrimoniale

dell’azienda (si pensi ad esempio a tutti coloro che sono interessati all’acquisto di azioni). In qualità

di strumento informativo, il bilancio di esercizio può essere redatto con criteri differenti ed in

diverse forme, in base alle finalità che vuole raggiungere.

In prima approssimazione, possiamo dire che il bilancio di esercizio ottempera alle seguenti

funzioni:

conoscitiva, poiché esprime i risultati ottenuti collegandoli agli avvenimenti, alle decisioni e

alle modalità di gestione che li hanno determinati;

di controllo, poiché deve essere sottoposto all’approvazione di soggetti interni ed esterni

all’azienda;

informativa, poiché fornisce una rappresentazione veritiera e corretta della realtà aziendale.

In base alle finalità specifiche, è possibile distinguere tra bilancio civilistico, bilancio rettificato ai

fini fiscali e bilancio gestionale.

Bilancio ai fini civilistici: disciplinato dal codice civile e dal D.Lgs. 127/1991, ha la finalità

di fornire una conoscenza periodica ed attendibile del risultato economico conseguito

durante l’esercizio, nonché della consistenza patrimoniale dell’azienda in qualità di garanzia

e tutela dei diritti dei terzi creditori.

ESEMPIO Gli utilizzi delle informazioni da parte degli stakeholder Le informazioni del bilancio ai fini civilistici possono essere utilizzate dai creditori per valutare le prospettive di recupero del proprio credito; gli azionisti invece utilizzano le informazioni del bilancio per capire in che modo gli amministratori utilizzano le risorse, nonché per trarre indicazioni utili sulle capacità dell’azienda di produrre redditi capaci di offrire una congrua remunerazione del capitale investito.

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Il bilancio rettificato ai fini fiscali che, in realtà, è più una dichiarazione dei redditi, è un

documento in cui viene individuato il reddito imponibile, che si ottiene attraverso la rettifica

dell’utile determinato attraverso il bilancio civilistico.

Il bilancio gestionale, invece, è slegato da obblighi normativi di redazione. Ciascuna

azienda, in base al proprio settore e caratteristiche distintive, potrà utilizzare schemi e criteri

differenti. Tuttavia, a prescindere dai criteri, utilizzati, il fine del bilancio gestionale è quello

di comprendere in che modo si è formato il risultato economico dell’azienda e come si

presenta la struttura patrimoniale della stessa. Inoltre, è utile per individuare l’attitudine

dell’azienda di creare redditi e flussi di cassa in una prospettiva temporale ampia tali da

creare un valore per gli azionisti (poiché in grado di offrire una remunerazione congrua del

capitale investito). Il bilancio gestionale, quindi, è uno strumento di fondamentale

importanza per la programmazione ed il controllo dell’azienda.

Fonte che ne disciplina

la redazione Luogo dove è reperibile Finalità di redazione

CIVILISTICO Codice civile (art. 2423 e

seguenti); D.Lgs. 127/19991

Camera di Commercio Consistenza del patrimonio

a garanzia dei terzi e risultato economico

FISCALE Testo unico imposte sui

redditi Ufficio distrettuale delle

imposte Determinazione del reddito

imponibile

GESTIONALE Nessuna In azienda (non è pubblico) Conoscere l’andamento

della gestione dell’azienda

L’art. 2423 del codice civile, individua i documenti di cui si compone il bilancio. In particolare

questi sono:

1. Lo Stato Patrimoniale;

2. Il Conto Economico;

3. La nota integrativa.

Tuttavia, è possibile definire che i due documenti “cardine” del bilancio di esercizio sono lo Stato

Patrimoniale ed il Conto Economico.

In particolare lo Stato Patrimoniale fornisce una vera e propria “fotografia” del capitale

dell’azienda, rappresentandone la situazione istantanea alla data di bilancio. Normalmente viene

redatto a sezioni divise e contrapposte: in una viene evidenziata la provenienza del capitale, mentre

nell’altra la destinazione.

Nella prima sezione, denominata in modo convenzionale “Passivo”, vengono evidenziate le “fonti”

del capitale; in questo senso si è soliti distinguere tra il capitale di proprietà (o Patrimonio Netto),

costituito dai versamenti iniziali dei soci e dagli utili, e capitale di debito, costituito invece da tutte

le altre forme di finanziamento (mutui, debiti verso fornitori, prestiti obbligazionari, debiti in

generale). Nella seconda sezione, denominata convenzionalmente “Attivo”, vengono iscritte le

modalità di impiego del capitale: immobilizzazioni, crediti, disponibilità liquide, etc.

In altre parole, è possibile affermare che nella sezione “attivo” vengono riportati tutti quegli

investimenti necessari all’azienda per svolgere al meglio la propria attività, mentre nel “passivo”

vengono inseriti i mezzi di cui si è dotata l’azienda per poter finanziare quegli investimenti. Inoltre,

tali mezzi sono in parte degli azionisti (cioè il Patrimonio netto - o mezzi propri – il quale è

costituito dal capitale sociale, dalle riserve e dagli utili o perdite d’esercizio) ed in parte di terzi (si

pensi ai debiti verso fornitori, verso banche, dipendenti, Erario).

Il totale delle attività deve coincidere con la somma di Passività e Patrimonio Netto. Quest’ultimo è

costituito dalla somma algebrica di Capitale Sociale (coincidente con il totale dei versamenti dei

soci), Riserve di Capitale o di utili non distribuiti e l’utile o la perdita registrati nell’esercizio d i

riferimento.

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La seguente figura illustra la composizione dello schema di Stato Patrimoniale.

Se lo Stato Patrimoniale, come si è visto, costituisce una “istantanea” della situazione aziendale al

termine dell’esercizio, il Conto Economico può essere considerato il film che conduce a

quell’ultimo fotogramma. In altre parole, mentre lo Stato Patrimoniale accoglie grandezze “di

stock”, il Conto Economico evidenzia i flussi economici.

Il Conto Economico, infatti, misura il “reddito di esercizio” come differenza tra ricavi e costi di

competenza dell’esercizio; il reddito, sia esso un utile (ricavi>costi) piuttosto che una perdita

(ricavi<costi), nei fatti, altro non è che la variazione che il Patrimonio Netto ha subito nel corso

dell’esercizio per effetto della gestione.

A differenza dello Stato Patrimoniale, normalmente per il Conto Economico si predilige la forma di

un prospetto scalare nel quale si espongono in sequenza i dati reddituali suddivisi in aggregati

gestionali significativi in modo da determinare, in un’unica sezione – partendo dai ricavi di vendita

e sottraendo ad essi, via via, tutti i costi – il reddito netto d’esercizio.

Per poter stabilire qual è il risultato economico di un’azienda, è indispensabile ricorrere a delle

convenzioni, poiché la gestione è un qualcosa di continuo nel tempo, che non è possibile spezzare.

Pertanto, per determinare il reddito d’esercizio, utilizzeremo un arco temporale annuale, in cui si

determineranno i componenti (positivi e negativi), le operazioni di integrazione (ecc.) che si

ispirano ai principi di redazione di cui si parlerà nel prosieguo della trattazione.

Il conto economico può essere considerato in forma dinamica. In tal senso ci si riferisce alle

operazioni legate alla gestione caratteristica, per cui, seguendo il ciclo logistico-operativo, si ha la

possibilità di evidenziare qual è il risultato economico in conseguenza delle operazioni gestionali

(come delineato nella figura sottostante).

Il raccordo tra Stato Patrimoniale e Conto Economico è il risultato d’esercizio, definito come utile

o perdita. Tale relazione è schematizzata nella seguente figura:

Logistica in entrata

Processi di trasformazione

logistica in uscita

Marketing e vendite

Processi di supporto

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In particolare, possiamo definire che lo Stato Patrimoniale al 01/01/X (che nei fatti coincide con lo

Stato Patrimoniale finale al 31/12/X-1, con l’unica differenza che l’utile dell’esercizio X-1 non

viene evidenziato o perché distribuito o perché accantonato a riserva) sintetizza la composizione del

patrimonio all’inizio dell’esercizio X. A partire da tale data il Conto Economico registra nel

dettaglio tutte le cause di variazione (ricavi e costi) della “ricchezza aziendale” dal 1 gennaio al 31

dicembre dell’anno X. Lo Stato Patrimoniale redatto al 31/12/X registrerà, quindi, tutte le variazioni

intervenute sia nella composizione delle voci dell’attivo e del passivo che l’eventuale variazione

nell’ammontare del capitale netto. Pertanto, il fil rouge che lega lo Stato Patrimoniale ed il Conto

Economico è, dunque, proprio il reddito di esercizio, che individua gli effetti della gestione sul

patrimonio netto.

A differenza del conto economico, che dà una rappresentazione dinamica della formazione del

risultato d’esercizio, lo Stato Patrimoniale consente di determinare l’utile o la perdita d’esercizio in

modo statico, attraverso il confronto tra il patrimonio netto di inizio e fine periodo.

Accanto a Stato Patrimoniale e Conto Economico, il Codice Civile prevede altri documenti

obbligatori per il bilancio di esercizio. Si tratta della Nota Integrativa e di altri documenti “a

corredo” (Relazione sulla Gestione, Relazione del Collegio Sindacale e dell’organo di controllo

contabile, Conti d’ordine, etc.). Il contenuto della Nota Integrativa è definito principalmente

dall’art. 2427 c.c., che elenca le informazioni che devono essere date con riferimento alle

valutazioni operate, ai movimenti delle poste, alla composizione di talune voci, etc. In sostanza,

essa accoglie le informazioni, espresse con linguaggio verbale ed eventualmente simbolico, volte a

chiarire quelle inserite nel Conto Economico e nello Stato Patrimoniale, così da rendere questi

prospetti maggiormente intellegibili, attendibili e comparabili. Presenta cioè le informazioni che

non hanno un’espressione contabile e commenta i criteri di valutazione applicati ed i principi

contabili utilizzati (di cui si parlerà nel prosieguo).

Nel dettaglio, la Nota Integrativa deve contenere informazioni su:

i contenuti e la classificazione delle voci;

le variazioni nella situazione patrimoniale e finanziaria;

la gestione finanziaria;

la partecipazione in altre società;

i titoli emessi dalla società;

La Relazione sulla Gestione, il cui contenuto è disciplinato dall’art. 2428 c.c., è sviluppata dal

soggetto preposto all’amministrazione dell’azienda e racchiude le informazioni necessarie affinché

si possa inserire il bilancio di esercizio in un quadro di riferimento. In particolare essa deve

contenere:

un’analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società;

un’analisi dell’andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari settori

in cui la società ha operato, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi ed agli investimenti;

una descrizione dei principali rischi e delle principali fonti di incertezza cui la società è

esposta.

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La Relazione del Collegio Sindacale è, unitamente alla relazione che – per le società soggette per

legge a certificazione o che volontariamente a questa si vogliono sottoporre – l’organo esterno

responsabile del controllo contabile effettua in merito alla gestione, uno dei due possibili documenti

contenente “giudizi” sul bilancio espressi da organi di controllo.

I Conti d’Ordine sono, in calce allo stato patrimoniale, le garanzie prestate direttamente o

indirettamente (ad esempio fideiussioni, avalli, garanzie personali, garanzie reali) ad altre imprese.

Gli Allegati sono costituiti da documenti inseriti solo dalle imprese che hanno partecipazioni di

controllo (delle quali devono fornire copia dei bilanci integrali dell’ultimo esercizio) o di

collegamento (delle quali devono fornire un prospetto riepilogativo dei dati essenziali) con altre

imprese.

I principi di redazione del bilancio La principale funzione del bilancio, è quella di rispecchiare, in maniera fedele, la situazione

economica, finanziaria e patrimoniale dell’azienda attraverso una serie di informazioni che abbiamo

delineato in precedenza. Inoltre, la norma individua una serie di principi di redazione, che

rappresentano, in qualche modo, la base su cui delineare e formare il bilancio. Secondo la normativa

italiana, i principi di redazione del bilancio sono tre: principio di continuità, di prudenza e di

competenza. In particolare:

Principio di continuità (gestione e criteri di valutazione): si rifà al concetto di creazione di

valore nel tempo riferito, quindi, ad un’azienda con elevate capacità di protrarre la sua

attività negli anni successivi. Inoltre, ad esso collegato, è il principio di continuità di

applicazione dei criteri di valutazione, che si riferisce alla corretta determinazione dei

risultati di esercizio, al fine di confrontarli nel tempo.

Principio di prudenza: è volto ad evitare risultati di esercizio falsati da valori attesi di

reddito imputati all’esercizio in corso o di presunte perdite, invece, non imputate

all’esercizio in corso. In tal senso, il bilancio deve essere formato dalle componenti positive

di reddito realizzate che derivano, quindi, da operazioni già concluse. Si pensi ad esempio

alle rimanenze sui prodotti finiti. L’imputazione a bilancio avviene sulla base del costo e

non del loro presunto realizzo. Infatti, sebbene la vendita sia probabile, non è ancora

avvenuta, pertanto rappresentano, al 31/12 (la fine dell’esercizio) un costo. In relazione alle

perdite, invece, il principio di prudenza invita ad imputarle all’esercizio in corso anche se

non definitivamente realizzate, per permettere una stima che prenda in considerazione tutti

gli aspetti, anche quelli negativi, della gestione.

Principio di competenza: si sostanzia nell’attribuzione di tutte le componenti di reddito

(siano esse positive o negative) all’esercizio in cui avviene la loro manifestazione

economica, al di là della loro fatturazione e/o monetizzazione. Ad esempio, si pensi alla

vendita di un bene il cui pagamento avviene nell’anno successivo. I ricavi per la vendita del

bene dovranno essere imputati all’esercizio in cui è avvenuta la vendita dello stesso, anche

se le entrate si manifesteranno nell’arco dell’esercizio successivo. Inoltre, il principio di

competenza, esprime anche la necessità della correlazione tra costi e ricavi. Questo significa

che, a ciascun ricavo di competenza dell’esercizio, deve sempre essere associato il costo

sostenuto per il suo conseguimento, che devono essere imputati all’esercizio in cui è

avvenuta la manifestazione economica (anche in questo caso, indipendentemente dal

pagamento).

I principi contabili nazionali ed internazionali Abbiamo precedentemente definito che il bilancio di esercizio è regolato dal Codice Civile, che

stabilisce i principi di redazione, la struttura, il contenuto dei prospetti, i criteri di valutazione e le

modalità di approvazione del documento. In principi contabili nazionali, quindi, si inseriscono come norme tecniche complementari,

subordinate alle disposizioni di legge ed ai regolamenti. Responsabile dell’emanazione dei principi

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in oggetto è, in Italia, l’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), che svolge il ruolo di standard

setter nazionale. In sostanza i principi contabili si concretizzano in regole tecnico-ragionieristiche

volte a fornire indicazioni in merito alla scelta dei fatti da rilevare contabilmente ed alle modalità di

rilevazione, di valutazione ed esposizione in bilancio degli stessi. Il loro compito è quello di

integrare ed interpretare la normativa civilistica laddove essa sia carente o poco chiara.

All’interno del corpus dei principi contabili italiani si distinguono due grandi categorie:

1. i principi contabili generali o postulati, che fissano le finalità e l’oggetto del bilancio di

esercizio e le linee guida del processo di formazione;

2. i principi contabili applicati, che riguardano i criteri di contabilizzazione ed i metodi di

rilevazione delle operazioni di gestione, i criteri ed i modi di contabilizzazione delle

operazioni stimate e congetturate, gli schemi di stato patrimoniale e conto economico ed i

prospetti integrativi al bilancio di esercizio raccomandati; gli schemi ed i metodi di

contabilizzazione per la formazione del bilancio consolidato.

Il principio OIC n. 11 stabilisce che le finalità del bilancio di esercizio sono quelle di:

1. fornire una periodica ed attendibile conoscenza, secondo corretti principi contabili: a) del

risultato economico conseguito nell’esercizio; b) della connessa valutazione e composizione

del patrimonio aziendale;

2. fornire elementi informativi essenziali affinché il bilancio d'esercizio possa assolvere la sua

funzione di strumento d’informazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’impresa

in funzionamento in modo da renderlo intelligibile e corretto.

I postulati, sempre secondo l’OIC, costituiscono i fondamenti e le regole di carattere generale cui

devono uniformarsi i principi applicabili alle singole poste di bilancio.

Inoltre, accanto ai principi contabili nazionali vi sono poi i principi contabili internazionali

(IAS/IFRS), emanati dallo IASB. In realtà le due fonti (codice civile e principi contabili nazionali

da un lato e principi IAS/IFRS dall’altro) determinano due “sistemi alternativi” (che potremmo

definire rispettivamente “modello europeo o di civil law” e “modello IAS/IFRS”) nella redazione

del bilancio di esercizio, le cui diversità sostanziali non verranno approfondite in questa sede.

In estrema sintesi, mentre il modello europeo (fondato su norma e principi nazionali) si pone

l’obiettivo della tutela dei creditori, il modello anglosassone (basato sui principi IAS/IFRS) è

finalizzato alla tutela degli investitori attuali e potenziali. Mentre, dunque, nel primo approccio il

bilancio viene ad assumere una funzione di garanzia dell’integrità del capitale sociale, nella seconda

impostazione l’utilità delle informazioni fornite dal bilancio deve esplicarsi nel supporto alle

decisioni in merito alla convenienza ad acquistare, vendere o mantenere le azioni o quote della

società, anche in relazione ad investimenti alternativi. Ciò ha come conseguenza notevoli differenze

sui “concetti” alla base della redazione del bilancio, riassunte nella tabella sottostante.

Modello europeo (civil law) Modello IAS/IFRS

Obiettivo Tutela dei creditori Tutela degli investitori attuali e

potenziali

Criterio di iscrizione dei valori Costo storico Fair value

Criterio di determinazione del reddito di esercizio

Prudenza (o principio del minor valore)

Mark to market (o principio della valutazione al mercato)

Risultato economico emergente Reddito realizzato (o prodotto) Reddito potenziale (o realizzabile)

Per quanto riguarda il criterio di iscrizione dei valori in bilancio, mentre il modello europeo è

dominato dal principio del “costo storico”, in quello IAS/IFRS prevale il criterio del fair value. Con

il primo i beni ed i diritti sono iscritti nello Stato Patrimoniale in base al costo sostenuto per la loro

acquisizione o la loro produzione interna da parte dell’azienda. Il fair value, invece, o “valore

equo”, corrisponde al cosiddetto “valore di mercato” (o “valore corrente”) dei beni e dei diritti.

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Nella nuova definizione fornita dal principio IFRS 13, emanato di recente, tale valore è definito

come il prezzo che, alla data di rilevazione, “ordinariamente sarebbe incassato dalla vendita di

un’attività oppure dovrebbe essere pagato per trasferire una passività”.

Nel modello europeo, poi, le valutazioni devono essere improntate al “criterio della prudenza”,

che consiste nel valutare le voci di bilancio in modo da imputare al conto economico le “perdite

presunte”, ma non gli “utili sperati” o “realizzabili”; elementi questi che, al contrario, il modello

IAS/IFRS, improntato al principio del mark to market, impone di iscrivere in bilancio. Ne consegue

che, mentre il risultato economico emergente dal modello europeo consiste nel reddito

effettivamente realizzato, il modello IAS/IFRS conduce alla evidenziazione di un reddito

“potenziale” che non necessariamente coincide con quello concretamente prodotto dall’impresa.

In Italia l’applicazione dei principi contabili internazionali, obbligatoria per alcune tipologie d i

società, è disciplinata dal D.Lgs. n. 38/2005. In estrema sintesi, il citato decreto dispone che:

a. le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati

di qualsiasi stato membro dell’Ue,

b. le società aventi strumenti finanziari diffusi tra il pubblico (cfr. articolo 116 del D. Lgs n.

58/1998),

c. le banche italiane, le società finanziarie capogruppo dei gruppi bancari (cfr. articolo 64

D.Lgs n. 385/1993), le Sim, le Sgr, le società finanziarie iscritte all’elenco speciale di cui

all’articolo 107 del D.Lgs n. 385/1993, gli istituti di moneta elettronica (cfr. Titolo V-bis del

D.Lgs. n. 385/1993),

siano obbligate a redigere in conformità ai principi contabili internazionali il bilancio consolidato a

partire dall’esercizio chiuso o in corso al 31/12/2005 ed il bilancio di esercizio a partire

dall’esercizio chiuso o in corso al 31/12/2006.

L’obbligo di redigere il bilancio consolidato conformemente agli IAS a partire da quello chiuso o in

corso al 31/12/2005 è previsto anche per le società esercenti imprese di assicurazioni.

Lo schema di bilancio secondo la legislazione italiana In questo paragrafo verrà analizzata, nel dettaglio, la struttura del bilancio, ed il suo contenuto,

secondo la normativa civilistica.

Le partizioni fondamentali dello Stato Patrimoniale

Il Codice Civile, all’art. 2424, prevede uno schema obbligatorio di Stato Patrimoniale, a sezione

divise e contrapposte nel quale le attività sono “condensate” all’interno di quattro raggruppamenti

fondamentali, in relazione agli impieghi (ossia alla destinazione economica):

A. Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti

B. Immobilizzazioni

C. Attivo circolante

D. Ratei e risconti attivi.

Le passività, invece, sono articolate in 5 raggruppamenti in relazione alle fonti di finanziamento:

A. Patrimonio Netto

B. Fondi rischi ed oneri

C. Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato

D. Debiti

E. Ratei e risconti passivi.

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In relazione ad ogni macroclasse dell’attivo e del passivo (contrassegnate con le lettere maiuscole

dell’alfabeto), lo schema di Stato patrimoniale prevede delle classi (che vengono contrassegnate

con in numeri romani). La seguente figura rappresenta lo schema di Stato Patrimoniale ex art. 2424

c.c.

All’interno delle classi, possono esserci delle voci (che vengono contrassegnate dai numeri arabi)

che, talvolta, possono essere codificate con le lettere minuscole (si veda figura sottostante).

È possibile il raggruppamento di voci e sottovoci solo qualora l’importo sia esiguo.

Si analizzeranno ora, nel dettaglio, le singole componenti dello Stato Patrimoniale.

1. Le attività

A. Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti

Si tratta delle quote di capitale che non sono ancora state versate. Questo accade quando, un socio,

all’atto della sottoscrizione di quote di capitale, versa solo una parte di esso, rimandando ad un

periodo successivo il saldo della propria quota. Infatti, per legge, i soci sono obbligati a versare

all’atto della sottoscrizione almeno i tre decimi del capitale.

B. Immobilizzazioni

Le immobilizzazioni rappresentano gli investimenti “fissi” dell’azienda, o meglio, quelli che hanno

una durata pluriennale. Si distinguono in immobilizzazioni tecniche e finanziarie. Le prime

riguardano quegli investimenti in fattori produttivi inerenti la struttura operativa dell’impresa, e

possono essere materiali o immateriali. Le altre, invece, riguardano investimenti vincolati

all’azienda per un lungo periodo di tempo, tali da generare flussi monetari in entrata per un periodo

di tempo superiore all’anno.

In generale, le immobilizzazioni, poiché prestano la propria utilità in più esercizi, sono soggette ad

ammortamento. Questo non è altro che un procedimento tecnico in base al quale ripartire i costi su

più esercizi di competenza. Le quote di ammortamento imputate ad ogni singolo esercizio, vengono

accantonate in un fondo che rappresenta l’ammortamento accumulato dalla data di utilizzo del bene.

B) Immobilizzazioni macroclasse III Immobilizzazioni finanziarie classe

1) Partecipazioni in: voce a. imprese controllate b. imprese collegate sottovoci c. altre imprese

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C. Attivo Circolante

L’attivo circolante rappresenta quel complesso di investimenti che rimangono in azienda per un

breve periodo di tempo in quanto destinate ad un rapido impiego produttivo. I valori dell’attivo

circolante devono essere iscritti in bilancio al netto delle rettifiche di valore. Sono iscritti nell’attivo

circolante le rimanenze, i crediti, le attività finanziare che non costituiscono immobilizzazioni e le

disponibilità liquide.

D. Ratei e risconti attivi

I ratei attivi sono ricavi di competenza dell’esercizio la cui manifestazione economica è avvenuta

nell’esercizio, ma la cui esigibilità è posticipata a esercizi successivi.

I risconti attivi, invece, sono costi sostenuti nell’esercizio, ma di competenza dell’esercizio

successivo.

APPROFONDIMENTO: le immobilizzazioni I. Le immobilizzazioni tecniche immateriali sono beni privi di consistenza fisica. Le principali immobilizzazioni immateriali sono:

1. Costi di impianto ed ampliamento; 2. Costi di ricerca e sviluppo e pubblicità; 3. Brevetti; 4. Marchi; 5. …

II. Le immobilizzazioni tecniche materiali sono la parte materiale degli investimenti, che generano un’utilità pluriennale. In particolare, quando si parla di immobilizzazioni materiali ci si riferisce a :

1. Terreni e fabbricati; 2. Impianti e macchinari; 3. Attrezzature industriali e commerciali; 4. …

III. Le immobilizzazioni finanziarie sono, come già espresso, gli investimenti effettuati azienda al fine di acquistare titoli o altri diritti di credito che ha ritenuto necessari. In particolare, si tratta di:

1. Partecipazioni; 2. Crediti; 3. Altri titoli; 4. Azioni proprie; 5. …

APPROFONDIMENTO: l’attivo circolante I. Le rimanenze (o scorte, giacenze, stock) sono quei beni acquistati o prodotti dall’azienda che non sono ancora stati venduti. Tra queste vi sono:

1. Materie prime, sussidiarie e di consumo, cioè quei beni utilizzati nel processo produttivo; 2. Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati, su cui è cominciato il processo produttivo ma non è stato

ancora concluso; 3. Prodotti finiti, ossia le classiche giacenze di magazzino, pronte per essere vendute); 4. Acconti (anticipi versati ai fornitori per l’acquisto di materiali/forniture).

II. I crediti possono essere di due tipi, commerciali o finanziari. I crediti commerciali si formano nel momento della vendita del bene, per via dello sfasamento temporale tra emissione della fattura ed incasso. I crediti finanziari, invece, riguardano i finanziamenti concessi dall’azienda a terzi. Vengono iscritti all’attivo circolante solo quei crediti finanziari relativi ad investimenti di breve periodo. I crediti possono essere distinti in:

1. Crediti verso clienti, ossia i classici crediti commerciali; 2. Crediti verso controllate, collegate e controllanti, cioè i crediti commerciali o finanziari delle aziende aventi

un legame azionario con l’azienda; 3. Crediti tributari, ad esempio i crediti nei confronti dell’Erario per Iva e/o Irap; 4. Imposte anticipate, come le spese di manutenzione che vengono pagate anticipatamente, ma si devono

dedurre in più esercizi; 5. Crediti verso altri.

III. Le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono quei titoli (partecipazioni, azioni proprie, altri titoli) che non rappresentano un investimento durevole dell’azienda. IV. Le disponibilità liquide, riguardano la liquidità aziendale (siano esse denaro, valori in cassa, depositi bancari, ecc.).

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2. Le passività e patrimonio netto

A. Patrimonio netto

Il Patrimonio netto (o capitale netto) è l’insieme dei diritti che i soci vantano nei confronti

dell’azienda. In altre parole, è ciò che resta delle attività dopo che sono stati rimborsati e/o retribuiti

tutti gli stakeholder. È composto dal capitale sociale, le riserve ed il risultato d’esercizio.

B. Fondi rischi e oneri

Si tratta di una serie di accantonamenti rivolti alla copertura di debiti o costi incerti sia sul lato della

possibile manifestazione sia in merito al quando.

Sono iscritti nel fondo rischi e oneri:

1. Fondo per trattamento di quiescenza e obblighi simili;

2. Fondo per imposte anche differite;

3. Altri fondi.

C. Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato

Si riferisce al fondo TFR nel quale vengono accantonate le somme maturate di indennità di

anzianità, al netto delle eventuali anticipazioni concesse.

D. Debiti

In questa sezione vengono individuate tutte quelle forme di finanziamento accese dall’azienda al

momento della redazione dello Stato Patrimoniale.

E. Ratei e Risconti Passivi

I ratei passivi sono costi di competenza dell’esercizio, saldabili in esercizi successivi

I risconti passivi, invece, sono ricavi percepiti prima della chiusura dell’esercizio, ma di

competenza di esercizi successivi.

ESEMPIO: ratei e risconti attivi Ratei attivi. Si pensi ad un’azienda che possiede dei titoli di cui deve riscuotere, in via posticipata, degli interessi con scadenza trimestrale (1/12/2009 – 28/02/2010). Poiché il bilancio si chiude in data 31/12, sarà necessario integrare nel bilancio i componenti positivi di reddito creati da tali interessi maturati (pari ad 1/3 del valore complessivo) che ricadono nell’esercizio in corso. Risconti attivi. In questo caso si pensi ad un canone trimestrale di affitto (1/12/2009 – 28/02/2010) di cui si è anticipato il pagamento. In questo caso i 2/3 del pagamento non sono di competenza dell’esercizio in corso anche se i costi sono stati sostenuti entro il 31/12, per cui sarà necessario apportare delle rettifiche al costo sostenuto pari ai 2/3 del valore del canone.

APPROFONDIMENTO: il patrimonio netto I. Il capitale sociale è il capitale versato dai soci all’atto della costituzione dell’azienda. Corrisponde, inoltre, al valore nominale delle azioni (in caso di spa) o delle quote di partecipazione (in caso di srl o società di persone) sottoscritte dai soci. II. La riserva da sovrapprezzo delle azioni si ha quando vengono emesse nuove azioni ad un prezzo superiore rispetto a quello nominale. La differenza, quindi, tra il prezzo nominale e quello di emissione rappresenta il sovrapprezzo. III. Le riserve di valutazione si hanno quando, in periodi eccezionali, si può derogare al principio in base al quale l’iscrizione dei beni nell’attivo deve avvenire al costo. In tal senso, la maggiorazione prevista in attivo, deve essere compensata in questa sezione del bilancio. IV. La riserva legale, che è obbligatoria, viene utilizzata al fine di coprire le perdite d’esercizio. Secondo la legge, infatti, ogni anno l’azienda deve accantonare almeno il 5% dell’utile netto fino al raggiungimento del 20% del capitale sociale. V. La riserva per azioni proprie in portafoglio, contiene accantonamenti derivanti dall’acquisto di azioni proprie o azioni della società controllante. VI. Le riserve statutarie sono degli accantonamenti di utili previsti dallo statuto dell’azienda. VII. Altre riserve. VII. Gli utili portati a nuovo sono degli accantonamenti di utile che l’azienda può utilizzare in esercizi poco favorevoli; le perdite portate a nuovo, invece, posticipano in esercizi futuri la a perdita d’esercizio corrente. IX. L’utile (o perdita) d’esercizio rappresenta il risultato dell’esercizio.

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Le partizioni fondamentali dello Conto Economico

Il Codice Civile (art. 2425) prevede uno schema obbligatorio anche per il Conto Economico, che,

come precedentemente indicato, e come è possibile evincere dalla figura sottostante, ha una forma

di tipo “scalare”.

Lo schema di conto economico prevede cinque raggruppamenti, che vengono indicati con le lettere

maiuscole. Oltre al valore informativo finale, sul risultato dell’esercizio in termini di utile o perdita,

tale schema evidenzia due risultati intermedi con un elevato valore informativo; inoltre, per ciascun

raggruppamento sono presenti ulteriori livelli di dettaglio, che vengono indicati con i numeri arabi e

con le lettere minuscole.

In questo schema di conto economico, si evidenziano chiaramente quattro aree di gestione che

concorrono alla formazione del reddito:

gestione operativa (caratteristica), che comprende tutte le operazioni gestionali relative

all’insieme delle attività produttrici di reddito, ossia tutte le attività che producono costi e

ricavi all’interno del ciclo acquisti-produzione-vendita dell’azienda in un dato esercizio

(raggruppamenti A e B);

gestione finanziaria, che comprende le operazioni connesse con il finanziamento del

capitale investito nella gestione operativa e che, quindi, producono oneri e proventi legati

alle transazioni finanziarie con banche e altri enti (raggruppamento C);

gestione straordinaria, che comprende tutti i fatti gestionali che non attengono

all’operatività dell’impresa o che competono a più esercizi trascorsi (raggruppamento E);

ESEMPIO: ratei e risconti passivi Ratei passivi. Si pensi ad un’azienda che debba pagare degli interessi passivi trimestrali posticipati (1/11/2009 – 30/01/2010). Poiché il bilancio si chiude in data 31/12, sarà necessario apportare una integrazione di costo nel bilancio pari ai 2/3 del valore complessivo degli oneri finanziari. Risconti passivi. Si pensi ad un interesse trimestrale che viene riscosso anticipatamente prima del 31/12, data di chiusura dell’esercizio, ma che doveva essere riscosso nell’esercizio successivo.

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gestione tributaria, che include quei componenti di reddito non connessi all’acquisto di

fattori produttivi, ma che rappresentano quote di reddito prodotto di competenza

dell’Amministrazione tributaria.

Si analizzeranno ora, nel dettaglio, le singole componenti del Conto Economico.

A. Valore della produzione

Rappresenta il valore contabile di tutto ciò che l’azienda ha prodotto in un determinato periodo di

tempo. In relazione ai beni prodotti, la parte venduta sarà valorizzata al prezzo di vendita, quella

non venduta al costo.

B. Costi della produzione

Si tratta dell’ammontare delle risorse consumate per la produzione del valore analizzato nel punto

A.

Il primo risultato intermedio di cui si parlava, riguarda la differenza tra valore della produzione

di cui al punto A e costo della produzione di cui al punto B. Questo, in particolare, rappresenta il

risultato della gestione ordinaria dell’azienda. Sebbene rappresenti buona parte dei costi e dei ricavi,

non rappresenta ancora il risultato finale dell’esercizio, che consta di altre voci che analizzeremo

nel prosieguo.

C. Proventi e oneri finanziari

I proventi rappresentano i ricavi derivanti dagli investimenti finanziari (come i depositi bancari),

mentre gli oneri finanziari rappresentano i costi dei debiti contratti dall’azienda.

APPROFONDIMENTO: il valore della produzione 1. Ricavi delle vendite e delle prestazioni, rappresenta la somma ricevuta per la vendita di beni e/o l’erogazione di servizi al netto di sconti, imposte di vendita, ecc; 2. Variazione delle rimanenze in corso di lavorazione, semilavorati e finiti, rappresentano la differenza tra il valore contabile delle rimanenze rilevato alla fine del periodo (attivo dello Stato Patrimoniale dell’anno in corso), ed il valore delle stesse all’inizio del periodo (attivo dello Stato Patrimoniale dell’anno precedente). 3. Variazione dei lavori in corso su ordinazione, che è analoga alla precedente voce, ma riferita alle rimanenze dei lavori in corso su ordinazione; 4. Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, riguarda quegli investimenti ammortizzabili che non sono stati acquistati dall’esterno, ma sono stati prodotti internamente, il cui costo può essere capitalizzato. 5. Altri ricavi e proventi.

APPROFONDIMENTO: il costo della produzione 6. Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci, rappresentano il valore complessivo delle merci acquistate dall’azienda; 7. Costi per servizi, riguarda il valore degli acquisti per servizi (come le manutenzioni, pubblicità, ecc.) effettuati dall’azienda nell’esercizio dell’attività ordinaria della stessa; 8. Costi per il godimento di beni di terzi, che riguarda i corrispettivi pagati per l’utilizzo di beni non di proprietà dell’azienda; 9. Costi per il personale, riguarda tutti i costi che l’azienda sostiene per il personale dipendente (es. salari, TFR, ferie non godute, ecc.); 10. Ammortamenti e svalutazioni, che riguardano tutte le quote di ammortamento relative alle immobilizzazioni; 11. Variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci, rappresentano la differenza tra il valore contabile delle rimanenze menzionate rilevato alla fine del periodo (attivo dello Stato Patrimoniale dell’anno in corso), ed il valore delle stesse all’inizio del periodo (attivo dello Stato Patrimoniale dell’anno precedente); 12. Accantonamento per rischi, riguarda la quota di accantonamenti per la copertura di rischi futuri; 13. Altri accantonamenti; 14. Oneri diversi di gestione, relativi a costi di gestione che non trovano altra esplicita collocazione.

APPROFONDIMENTO: proventi e oneri finanziari 15. Proventi da partecipazioni, che rappresentano i dividendi delle partecipazioni possedute dall’azienda; 16. Altri proventi finanziari, che rappresentano tutti gli altri proventi esclusi i dividendi; 17. Interessi ed altri oneri finanziari, che riguardano tutti i costi delle fonti di finanziamento con specifica indicazione di quelli che scaturiscono dalle società controllate, collegate o controllanti.

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D. Rettifiche di valore di attività finanziarie

Si tratta di alcuni casi, disciplinati dal codice civile, in cui le aziende possono variare il valore degli

investimenti finanziari. Ad esempio, si pensi agli aumenti di valore delle partecipazioni, in cui

l’azienda ottiene un ricavo (18. Rivalutazione), o alle diminuzioni di valore delle stesse, per cui

l’azienda subisce un costo di natura finanziaria (19. Svalutazione).

E. Proventi e oneri straordinari

Si tratta di tutti quei costi e ricavi derivanti da operazioni che non si riferiscono all’attività ordinaria

dell’azienda. Rientrano in queste voci le plusvalenze e le sopravvenienze attive (proventi), e le

minusvalenze e le sopravvenienze passive (oneri).

In particolare, le minusvalenze e plusvalenze si hanno quando l’azienda vende un bene di proprietà

ad un prezzo differente rispetto al suo valore contabile netto. Le sopravvenienze attive e passive

sono, invece, costi e ricavi straordinari perché di competenza di esercizi precedenti. In questo caso

si pensi, ad esempio, al recupero di crediti considerati in precedenza inesigibili.

È possibile, ora, calcolare il risultato prima delle imposte attraverso la somma dei saldi relativi ai

punti C, D ed E con la differenza tra valore e costi della produzione.

Successivamente sarà necessario procedere al calcolo delle imposte, che verranno sottratte dal

risultato prima delle imposte al fine di ottenere l’utile (o perdita) d’esercizio.

Bibliografia

CAVALIERI E., (a cura di), Economia aziendale, vol. II, G. Giappichelli Editore, Torino, 1999.

FERRARA L., Che cosa è e come si legge il bilancio, Il sole 24 Ore, Milano, 2010

MASSARI F., (a cura di), Bilanci e applicazioni contabili nelle imprese turistiche, Cacucci Editore,

Bari, 2011

RANALLI F., Il bilancio di esercizio, Aracne, 1996

Risultato prima delle imposte: (A – B) + (+/- C) + (+/- D) + (+/-E)