Ijpc Vol 1

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Topics Diagnosi iniziale di ipertensione arteriosa Diagnosi precoce di melanoma Dolore cronico nell’anziano Fumo passivo Esami di laboratorio e terapia estroprogestinica Steatosi epatica non alcolica Diagnosi ecografica di echinococcosi Infezione necrotizzante polmonare Comunicare cattive notizie Le caratteristiche personali del medico di famiglia Italian Journal of Primary Care (2009) - March 2009 | Vol 1 | No 1 - Registrazione Tribunale di Foggia n. 13/08 - ISSN 2035-7443

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Ijpc volume 1

Transcript of Ijpc Vol 1

Page 1: Ijpc Vol 1

Topics

Diagnosi iniziale di ipertensione arteriosa

Diagnosi precoce di melanoma

Dolore cronico nell’anziano

Fumo passivo

Esami di laboratorio e terapia estroprogestinica

Steatosi epatica non alcolica

Diagnosi ecografica di echinococcosi

Infezione necrotizzante polmonare

Comunicare cattive notizie

Le caratteristiche personali del medico di famiglia

Italia

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Direttore ResponsabileLuigi [email protected]

RedazioneGiovanni Battista D’Errico71100 Foggia - Via B. Croce n. 85/F

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StampaIndustria Grafica Editoriale Gercap s.r.l.71100 Foggia - Zona Industriale Incoronata

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basilari principi di etica medica, la loro pubblicazione non implica responsabilità

da parte del publisher per quanto concerne il contenuto delle stesse.

Tutti gli articoli pubblicati su “IJPC – Italian Journal of Primary Care” sono redatti

sotto la responsabilità degli autori. La pubblicazione o la ristampa degli articoli

deve essere autorizzata per iscritto dall’editore.

Ai sensi degli artt. 11 e 13 del D.Lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati

sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di

questa ed altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Il titolare

del trattamento dei dati è Edicare Publishing Srl, via S. Matarrese 30, 70124 Bari,

al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione,

la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03.

Foto di copertina: Luigi Starace

Volume 1, Numero 1, 2009 – Finito di stampare a marzo 2009

IJPC – Italian Journal of Primary CareRegistrazione presso il Tribunale di Foggia n. 13/08 del 7/6/2008

ISSN 2035-7443Periodico trimestrale edito da Edicare Publishing distribuito su abbonamento in Italia ed Europa

www.edicare.it

The Italian Journal of Primary Care - IJPC is a quarterly journal conceived and produced by professionals on Family Medicine and Primary Care in collaboration with colleagues working in Hospitals or Universities.

IJPC is an independent “peer reviewed” scientific journal, dedicated to clinical research, scientific updating and continuing medical education oriented to the Family Medicine and all professionals working in Primary Care.

IJPC publishes original research, epidemiological and survey studies, professional analysis, reviews, clinical cases, guidelineseditorials, position papers, book reviews, theory development and policy.

Authors’ Guide is available on the journal’s website www.ijpc.it

Page 3: Ijpc Vol 1

Emanuele Altomare Foggia

Giovanni Colucci Taranto

Alfredo Cuffari Roma

Paolo Evangelista L’Aquila

Antonio Moschetta Bari

Antonio Nicolucci Chieti

Luciano Orsini Chieti

Romano Paduano Udine

Alfonso Sauro Caserta

Paolo Spriano Milano

Roberto Stella Varese

Augusto Zaninelli Firenze

Editor in Chief

Giuseppe Maso

Executive Editor

Giovanni Battista D’Errico

Scientific Editors

Vincenzo Contursi

Antonio Infantino

Peter J. Barnes UK

Jean Bousquet France

Daniela Cota France

Beverly Cox UK

Mark Davis UK

Jan De Maeseneer Belgium

Monica Fletcher UK

Kathryn Griffith UK

John Haughney UK

Thomas Hausen Germany

Rob Horne UK

Alan Kaplan Canada

Mark L. Levy UK

Christos Lionis Greece

Anders Ostrem Norway

Susanna Palkonen Belgium

Sarath Paranavitane SriLanka

Mahendra Patel UK

Hilary Pinnock UK

David Price UK

Jim Reid New Zeland

Miguel Roman Rodriguez Spain

Danica Rotar Slovenia

Dermot Ryan UK

Seneth Samaranayake SriLanka

Bart Thoonen Netherlands

Ron Tomlins Australia

Sian Williams UK

Barbara Yawn USA

M. Osman Yusuf Pakistan

Maria Grazia Albano Foggia

Francesco Amatimaggio Firenze

Francesco Bartolomucci Bari

Francesco Bovenzi Lucca

Marco Cambielli Tradate

Franco Carnesalli Milano

Gilda Caruso Bari

Marco Ciccone Bari

Lorenzo Corbetta Firenze

Nunzio Costa Foggia

Antonio Di Malta Cremona

Giuseppe Di Pasquale Bologna

Simona Donegani Milano

Vincenzo Fineschi Foggia

Maria Pia Foschino Barbaro Foggia

Dario La Fauci Milano

Matteo Landriscina Foggia

Vito Lepore Bari

Maurizio Mancuso Como

Massimo Martelloni Lucca

Pietro Nazzaro Bari

Ciro Niro Foggia

Pierluigi Paggiaro Pisa

Gianni Passalacqua Genova

Alberto Pilotto Vicenza

Enzo Pirrotta Roma

Antonio Pugliese Taranto

Vincenzo Rucco Udine

Luigi Santoiemma Bari

Giovanni Strippoli Chieti

Anastasio Tricarico Napoli

Gino Antonio Vena Bari

Carmela Zotta Milano

Allergology - ImmunologyGennaro D’Amato Napoli

EpidemiologyGianni Tognoni Chieti

CardiologyMatteo Di Biase Foggia

Cardiovascular SurgeryGiuseppe Di Eusanio Teramo

Dietetics and Clinical NutritionGiovanni De Pergola Bari

EndocrinologyFrancesco Giorgino Bari

GastroenterologyMassimo Campieri Bologna

GeriatricsMauro Zamboni Verona

HematologyMarco Cattaneo Milano

Infectious DiseasesElio Castagnola Genova

Internal MedicineEnzo Manzato Padova

Medical EthicsMariano Cingolani Macerata

Medical PsychologyAntonello Bellomo Foggia

NefrologyLoreto Gesualdo Foggia

NeurologyPaolo Livrea Bari

OncologySilvio Monfardini Padova

OrthopedicsMichele D’Arienzo Palermo

PathologyEugenio Maiorano Bari

PediatricsAlfred Tenore Udine

PharmacologyLuigia Trabace Foggia

PneumologyLeonardo Fabbri Modena

Psychiatry Marcello Nardini Bari

UrologyGiario Conti Como

Associate Editors

Clinical Advisors

International Scientific Board

National Scientific Board

EDITORIAL BOARD

Page 4: Ijpc Vol 1

INTRODUZIONE

I manoscritti devono essere indirizzati all’attenzione del Dr. Giuseppe Maso, Editor

in Chief, e sottoposti esclusivamente per e-mail ai seguenti indirizzi di posta

elettronica: [email protected] e [email protected].

ISTRUZIONI GENERALI

1. I manoscritti devono essere accompagnati da una lettera indirizzata all’Editor in

Chief, che deve contenere i seguenti dati:

a) l’indicazione della Sezione per la quale il manoscritto è sottoposto;

b) la dichiarazione che il contenuto del manoscritto è originale, non è stato

pubblicato e non è oggetto di valutazione presso altre riviste, eccetto che

come abstract;

c) l’attestazione che il manoscritto è stato letto ed approvato da tutti gli autori;

2. In allegato al manoscritto dovranno essere inviati:

a) dichiarazione di cessione dei diritti alla Casa Editrice in caso di pub-

blicazione dello stesso, in nome e per conto di tutti gli autori, con

firma autografa del primo, [es.: I sottoscritti autori (…), qualora l’ar-

ticolo in oggetto intitolato (…) venga pubblicato, trasferiscono i diritti

d’autore alla Casa Editrice “Edicare Publishing srl”], ed il consenso al

trattamento dei dati personali per gli scopi connessi alla pubblicazione

dell’articolo;

b) nel solo caso di articoli di ricerca che abbiano previsto la sperimentazione

su animali: dichiarazione di conformità, in nome e per conto di tutti gli au-

tori, con firma autografa del primo, con le disposizioni della “Dichiarazione

di Helsinki”;

c) nel solo caso di articoli di ricerca di “studi clinici controllati” (se pertinente):

dichiarazione di approvazione da parte del Comitato Etico della Istituzione

di pertinenza, in nome e per conto di tutti gli autori, con firma autografa

del primo;

3. Il manoscritto deve essere redatto con un “editor di testo” e salvato in formato

“.doc”, a spaziatura doppia e margini di 2 cm su ogni lato. Non è consentito

l’utilizzo di formato “.pdf”;

4. Il manoscritto deve essere redatto in pagine differenti nel seguente ordine:

a) titolo (in italiano e in inglese), autori e rispettive affiliazioni, l’autore cui và

inviata la corripondenza con indirizzo postale elettronico e recapito telefo-

nico;

b) abstract e parole chiave (in italiano e in inglese);

c) testo (in italiano o in inglese);

d) ringraziamenti;

e) bibliografia;

f) tabelle;

g) legende delle figure;

h) figure;

5. Le pagine devono essere numerate consecutivamente, partendo da pagina 1

con titolo;

6. Allo scopo di mantenere un’adeguata uniformità di stile, la Redazione può se

necessario, apportare variazioni linguistiche al manoscritto; queste saranno in-

viate agli autori per approvazione in fase di revisione delle bozze.

PAGINA DEL TITOLO

La pagina del titolo (prima pagina) deve contenere:

1. Il titolo del manoscritto (in italiano e in inglese) senza abbreviazioni; nome per

esteso e cognome degli autori, con titolo e istituzione di appartenenza;

2. Il nome dell’Istituzione presso la quale il lavoro è stato eseguito, ed eventuale

fonte e natura del sostegno finanziario alla ricerca (nel caso di pubblicazione di

articoli originali di ricerca);

3. Il nome, l’indirizzo postale completo di codice di avviamento, numero di telefono

ed e-mail dell’autore cui va indirizzata la corrispondenza (corresponding author)

per comunicazioni, bozze e richieste di estratti.

ABSTRACT

1. Gli articoli originali di ricerca devono essere accompagnati da un abstract in

italiano e in inglese, contenente non più di 300 parole, strutturato in quattro

paragrafi, ciascuno con il proprio titolo, nel seguente ordine:

a. Razionale;

b. Materiali e metodi;

c. Risultati;

d. Conclusioni;

Tutti i dati dell’abstract devono essere presentati anche nel testo o nelle tabelle;

2. Tutti gli altri manoscritti (Casi Clinici, Corrispondenza, Editoriali, Opinioni, Pro-

spettive attuali, Rassegne, Area GPwSI, Educazione Continua in Medicina, EBM,

Focus On, Revisioni) devono essere accompagnati solo da un breve abstract in

italiano e in inglese di non più di 200 parole;

3. Nell’abstract non possono essere utilizzate abbreviazioni ad eccezione delle

unità standard di misura e i simboli chimici;

4. Alla fine dell’abstract devono essere inserite da due a sei parole chiave, sele-

zionate dall’elenco riportato da Medical Subject Headings, National Library of

Medicine (www.nlm.nih. gov/mesh/meshhome.htlm).

5. Allegare miniabstract in italiano di circa 50 parole che illustri gli elementi essen-

ziali del lavoro, utile per la stesura dei “Content”.

TESTO

1. Il testo può essere redatto in italiano o in inglese;

2. Una lista di abbreviazioni o acronimi utilizzati (es.: ECG, IMA, BPCO, IVS, ecc.)

deve essere riportata in una pagina a parte con la loro definizione;

3. Unità standard di misura e simboli chimici devono essere abbreviati secondo le

norme indicate in Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biome-

dical Journals, elaborate dal International Committee of Medical Journal Editors

e pubblicate in Ann Intern Med 1982;96:766-71 e BMJ 1982;284:1766-70;

4. I riferimenti bibliografici, le figure e le tabelle devono essere citati nel testo in

ordine progressivo, usando numeri arabi;

5. Il testo deve essere strutturato in paragrafi con relativi sottotitoli. Il testo di articoli

originali deve essere strutturato in paragrafi con il seguente ordine:

a. Introduzione;

b. Materiali e metodi;

c. Risultati;

d. Discussione;

6. Eventuali ringraziamenti devono essere riportati alla fine del testo, prima della

bibliografia.

BIBLIOGRAFIA

1. Le voci bibliografiche devono essere indicate nel testo con numeri arabi ed

elencate in una sezione separata, usando la doppia spaziatura, in numero pro-

gressivo secondo l’ordine di comparsa nel testo;

2. Citare tutti gli autori se sono 6 o meno di 6, altrimenti citare solo i primi 3 ed

aggiungere “et al.”;

3. Comunicazioni personal i, dati o osservazioni non pubblicate e articoli inviati

per la possibile pubblicazione non possono essere inclusi nella lista delle voci

bibliografiche, ma possono essere citati solo nel testo;

4. Le abbreviazioni delle riviste devono essere conformi a quelle usate da “Index

Medicus, National Library of Medicine”.

TABELLE

1. Le tabelle devono essere dattiloscritte a spaziatura doppia su pagine separate,

con il numero ed il titolo centrato sulla tabella. Le tabelle devono essere nume-

rate con numeri arabi progressivi, seguendo l’ordine di numerazione con cui

sono citate nel testo;

2. Tutte le abbreviazioni riportate devono essere identificate e spiegate in ordine

alfabetico sotto alle tabelle. Anche i simboli usati (asterischi, cerchietti, ecc.)

devono essere spiegati;

3. Le tabelle devono essere comprensibili senza ulteriori chiarimenti e i dati non

devono essere duplicati nel testo o nelle figure;

4. Per la riproduzione di tabelle già pubblicate è necessario allegare il permesso

da parte dell’autore e dell’Editore.

NORME PER GLI AUTORI

Page 5: Ijpc Vol 1

FIGURE

Il termine “figura” si riferisce alle illustrazioni, fotografie, radiografie, scansioni,

sonogrammi, diagrammi, grafici, flow chart, algoritmi, ecc.

Si sconsiglia il tentativo di ottenere il permesso di pubblicare immagini dall’Editore

originale. Considerate le crescenti difficoltà nell’ottenere i necessari permessi,

consigliamo fortemente gli autori di creare tabelle e figure originali.

Le figure devono essere in formato “.ppt” (solo per diagrammi, grafici ed algoritmi;

non utilizzabile per immagini importate), “.jpg” o “.tiff” con risoluzione minima 600

DPI. Le figure non possono essere inserite all’interno del testo.

Per ogni chiarimento circa la preparazione di immagini per il manoscritto, contattare

Luigi Starace, Art and Photo Director di IJPC, via e-mail: [email protected] .

Legenda delle figure

La legenda delle figure deve essere dattiloscritta a spaziatura doppia su pagine

separate. Le figure devono essere numerate con numeri arabi progressivi, seguendo

l’ordine di numerazione con cui sono citate nel testo.

Tutte le abbreviazioni riportate nelle figure devono essere identificate e spiegate in

ordine alfabetico alla fine di ciascuna legenda. Anche i simboli usati (frecce, linee

continue e tratteggiate, cerchietti, ecc.) devono essere spiegati.

Per la riproduzione di figure già pubblicate è necessario allegare il permesso da

parte del Publisher.

BREVE BIOGRAFIA

Include una breve biografia di ogni autore (non più di 100 parole). Sintetizza, per

ognuno, titoli, formazione professionale e posizione attuale.

SEZIONI DEL GIORNALE

1. Editorials / Editoriali

Articoli e/o commenti che rappresentano l’opinione di ricercatori ed esperti

riconosciuti nella comuntà scientifica nazionale e internazionale;

2. Articles / Articoli

Sezione riservata alla pubblicazione di articoli originali inviati liberamente ed auto-

nomamente dagli autori, secondo le modalità previste dall’Editore:

a. Case Reports / Casi clinici

Presentazione di casi clinici rilevanti sul piano diagnostico e clinico-gestio-

nale;

b. Clinical Practice / Pratica Clinica

Articoli di esperti riconosciuti, in forma di aggiornamento, revisione e mes-

se a punto, su temi clinici diagnostico-terapeutici e gestionali di interesse

per la attività professionale del Medico di Famiglia;

c. Current Perspectives / Prospettive Attuali

Articoli di esperti riconosciuti su risultati di laboratorio o clinici prodotti

con metodi consolidati o innovativi che possono incidere sui percorsi de-

cisionali diagnostico-terapeutici o su ipotesi di lavoro e/o di ricerca che

possano stimolare discussione e commenti su temi di interesse generale;

d. Focus On / Approfondimento

Articoli o commenti per l’approfondimento a cura di esperti riconosciuti su

argomenti di attualità di interesse generale nei vari ambiti della Medicina

di Famiglia;

e. Letters / Lettere

Lettere agli “Editor”, contenenti commenti su argomenti o articoli scientifici

recentemente pubblicati che abbiano interesse per la pratica clinica del me-

dico di famiglia e per la professione in genere. Gli autori degli articoli citati

nella lettera potranno essere invitati dall’editor a rispondere per stimolare la

discussione su temi di interesse generale;

f. Original Research / Ricerca

Articoli originali di studi osservazionali e clinici;

g. Points of View / Opinioni

Opinioni di esperti autorevoli in un particolare settore che possano stimo-

lare controversie;

h. Reviews / Letteratura

Articoli di esperti riconosciuti, in forma di estese revisioni, messe a punto

e position paper, su argomenti di interesse generale.

Le “Lettere” sono pubblicate in ogni numero di IJPC. Alcune lettere potrebbero

essere pubblicate solamente online. Gli autori possono commentare articoli pubblicati

o importanti argomenti su tematiche cliniche. Le lettere non dovrebbero superare

le 500 parole, con il limite di una tabella o figura e non più di sei riferimenti

bibliografici. Le lettere inviate per la pubblicazione su IJPC non devono essere

sottoposte ad altra pubblicazione. I possibili conflitti di interesse vanno esclusi

prima della pubblicazione.

3. Reviews / Rubriche

Sezione principalmente riservata alla pubblicazione dei contributi scientifici di

esperti individuati a cura dei Comitati Editoriale e Scientifico del giornale:

a. Books / Libri

Selezione delle produzioni editoriali italiane e internazionali dedicate alle cure

primarie, alla metodologia clinica e sanitaria, alle medical humanities, alla

comunicazione e ai cambiamenti della medicina;

b. Continuing Medical Education / Educazione Continua in Medicina

Articoli di esperti riconosciuti in tema di formazione pre-laurea e post-

laurea in Italia e nel mondo;

c. General Practitioner with Special Interests (GPwSIs) / Medico di Fami-

glia con Interessi Speciali

Articoli di medici di famiglia, con particolare competenza in specifiche

aree cliniche (allergologia, cardiologia, dermatologia, diabetologia, gastro-

enterologia, gerontologia, ginecologia, nefrologia, neurologia, oncologia,

pneumologia, reumatologia, ecc.) in forma di revisioni, messe a punto,

position paper su argomenti di particolare interesse per la attività profes-

sionale del Medico di Famiglia;

d. Guidelines and Evidence Based Medicine / Linee Guida e Medicina

Basata sulle Evidenze

Articoli di esperti riconosciuti su Linee Guida ed Evidenze Scientifiche

e i possibili riflessi sulla pratica clinica del Medico di Famiglia;

e. Journal & Guidelines News / Notizie da Riviste e Linee Guida

Bollettino di breve e puntuale revisione bibliografica di articoli scientifici

e linee guida recentemente pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche

del panorama internazionale;

f. Pointing up / In Evidenza

Sezione dedicata alla recensione di libri, articoli, pubblicazioni, notizie

utili al dibattito ed all’approfondimento scientifico di tematiche di comu-

ne interesse per le professionalità operanti nelle Cure Primarie;

g. Primary Care / Cure Primarie

Commenti ed opinioni di esperti su tutti i campi delle Cure Primarie, con

particolare interesse per aspetti epidemiologici, promozionali ed educa-

zionali, preventivi, organizzativi e di politica sanitaria, che coinvolgono la

Medicina di Famiglia e l’assistenza territoriale;

h. Reviews / Recensioni

Lettura e commento di articoli, libri, e-journal e web-site di recente pub-

blicazione e di specifico interesse per la Medicina di Famiglia;

i. Web References / Riferimenti Web

Selezione di siti web a carattere scientifico e/o divulgativo, italiani ed

internazionali, correlati ai contenuti di questo numero, con risorse, utilità

e link per l’approfondimento specifico.

Gli articoli indirizzati alla sezione “Rubriche” sono normalmente pubblicati su

invito degli “editor”; tuttavia possono essere occasionalmente accettati contributi

liberamente inviati all’editor, purchè conformi alla linea editoriale del giornale.

4. Info&More / Informazioni

La Sezione, ad uso prevalente della Redazione, rappresenta la finestra del

giormale aperta sul mondo scientifico in generale e pertanto dedicata ad

informazioni di vario genere: meeting, report, news, ecc.

GUIDELINES AND SUGGESTIONS FOR AUTHORS

The English version of the authors guidelines is available on the journal’s website

at www.ijpc.it.

Please provide for scientific and copy editing before submitting the article to the

Editor in Chief.

Copyright © 2008 Italian Journal of Primary Care

Page 6: Ijpc Vol 1

Editorials

G. Maso

07 Perché l’Italian Journal of Primary Care?Why the Italian Journal of Primary Care?

Articles

Original Research

F. Coronica, G. Maso

08 Diagnosi iniziale di ipertensione essenziale: studio osservazionale retrospettivo in medicina generaleThe beginning of essential hypertension: observational retrospective study in general practice

G. Giudice, M. Carrieri, D. Giglietto, G. Lastilla, P. Trerotoli, A. Armenio, M. Pascone

13 Sentinel node biopsy for early stage melanoma: statistical analysis of 212 consecutive casesBiopsia del linfonodo sentinella nella valutazione iniziale del melanoma: analisi statistica di 212 casi consecutivi

J.L.P. Beltman, E.H. Van De Lisdonk

20 Chronic pain of elderly in Italian general practiceIl dolore cronico dell’anziano nella Medicina Generale italiana

I.H. Kara

28 The evaluation of parental smoking status of students in primary schools in Mardin City Center, Southeast Turkey

Abitudine al fumo nelle famiglie degli studenti delle scuole primarie di Mardin,Turchia.

Clinical Practice

R. Michieli

31 Uso degli esami di laboratorio nella prescrizione e follow up della terapia estro-progestinica: contraccezione e menopausaLaboratory tests in the prescription and follow up of estroprogestin therapy: contraception and menopause

I. Grattagliano

36 Clinical relevance of nonalcoholic liver steatosis in general practiceRilevanza clinica della steatosi epatica non-alcolica in Medicina Generale

Editoriali

Articoli

Page 7: Ijpc Vol 1

G. Rossi, F. Barone, V. Rollo, E. Altomare

41 Simplified approach for ultrasonographic diagnosis and management of echinococcus cysts in general medicineApproccio semplificato per la diagnosi ecografica e la gestione delle cisti da echinococco in Medicina Generale

Case Reports

G. Colucci, F. Pavone, P. Iacovazzo, E. Colucci, A. Posca, M. Petruzzelli

45 Infezione necrotizzante granulomatosa polmonare “in assenza di patogeno tissutale”Necrotizing granulomatous pulmonary infection “in absence of any tissue pathogen identified”

Letters

I. Rurik

50 Are the personal characteristics of family physicians different from other physicians? Personal evolution from surgery to primary careLe caratteristiche personali del medico di famiglia sono differenti da quelle degli altri medici? Evoluzione personale dalla chirurgia alle cure primarie

Focus On

A. Marsilio

52 La comunicazione di cattive notizie in Medicina di FamigliaCommunicating bad news in primary care

Reviews

55 Journal & Guidelines News

a cura di V. Contursi

57 Web References

a cura di A. Infantino

59 Books

a cura di L. Starace

- Il dolore. Valutazione, diagnosi e trattamento- Attenti alle bufale… e ai mandriani- Decisione ed errore in medicina- Dizionario di Medicina Moderna

61 Pointing Up

a cura di V. Contursi

Introduzione alla Medicina Generale - Medicina di Famiglia

Info&More

62 Meeting Calendar

a cura della Redazione

Rubriche

Informazioni

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Page 9: Ijpc Vol 1

Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 7

Le cure primarie e la medicina di famiglia hanno, nel nostro paese, una lunga storia. Una storia fatta di secoli e di antiche tradizioni. Non sono nate con il Sistema Sanitario Nazionale; esistevano ai tempi delle Mutue, ai tempi delle Confraternite, ai tempi delle Si-gnorie ed ai tempi degli antichi Comuni. Vi sono oggi pochi paesi al mondo come l’Italia in cui tali cure hanno raggiunto una così alto livello di eicacia e capillarità; eppure, nonostante i cittadini italiani siano tra i più longevi e più curati del pianeta, leggendo la letteratura internazionale sembra che nel nostro Paese le Cure Pri-marie non esistano, non venendo quasi mai citate. Probabilmente la mancanza di una rivista italiana di proilo internazionale ed in-teramente rivolta ad esse, è una delle cause di questa loro scarsa presenza sullo scenario europeo ed internazionale.

L’IJPC - Italian Journal of Primary Care era quindi nei nostri pensieri da parecchio tempo, forse da anni. E la sua nascita non è certo avvenuta per caso ma per necessità. Innanzi tutto desideriamo che l’IJPC sia uno strumento utile a tut-ti coloro che in Italia producono, tra le mille diicoltà proprie del nostro contesto, ricerca nel campo delle cure primarie e della Me-dicina di Famiglia, per dare loro la possibilità di confrontarsi con i colleghi di tutto il mondo. Un secondo motivo è quello di far conoscere al resto del mondo le cure primarie italiane e all’Italia quello che succede altrove. La terza ragione per cui nasce l’IJPC è quella di contribuire alla deinizione del dominio di intervento delle cure primarie ed in particolare della medicina di famiglia, nell’ambito dei sistemi di erogazione delle cure.

I Sistemi Sanitari moderni sono organizzazioni molto complesse in cui tutti gli attori giocano un ruolo determinante. Le singole disci-pline mediche, i team, i professionisti ed i pazienti hanno funzioni e compiti decisivi e complementari, essenziali per il buon funzio-namento dell’intera organizzazione. Ma non esiste Sistema Sanitario equo, eicace e sostenibile senza

la Medicina di Famiglia: essa è l’arte di applicare ed adattare le co-noscenze specialistiche, sempliicandole ed integrandole con le conoscenze umanistiche, ad ogni singola persona, in una visione tridimensionale comprendente Scienza, Pratica e Psiche; consen-tendole di curare un essere umano nella sua interezza ed inserito nel suo contesto naturale.

La ricerca, nel setting delle cure primarie, può quindi rispondere a domande che derivano da vuoti di conoscenza che riguardano il sapere scientiico o l’intero vissuto della malattia oppure che pro-vengono da problemi organizzativi della professione stessa. La ricerca fornisce conoscenze nuove e generalizzabili, che cam-biano il modo di operare e che possono incidere profondamente sulla salute di tutti. La ricerca rideinisce i domini delle discipline perché può valutarne l’efettiva necessità e la reale eicacia e può proporne una riorga-nizzazione. Essa individua anche i bisogni e le aspettative di salute e quindi individua anche i bisogni formativi delle discipline medi-che. I bisogni formativi corrispondono ai campi di intervento per cui solo con la ricerca si può decidere “chi fa cosa” nel rispondere ai bisogni di salute della gente. Ma, perché tutto ciò possa essere realmente eicace, la ricerca deve essere libera. Per questo l’IJPC si propone come giornale as-solutamente indipendente, non legato ad alcuna sigla politica, sin-dacale o professionale ma assolutamente orientato al merito. Un luogo in cui tutte le specialità possano collaborare per migliorare le cure primarie. Un giornale peer-reviewed, perché solo attraverso la valutazione del merito scientiico aidata a “pari”, cioè a membri della comunità scientiica, si può essere liberi e salvaguardare i va-lori di fondo che informano la ricerca. Solo in questo modo pensiamo si possa conservare l’integrità di giudizio evitando plagi, favoritismi, condizionamenti ed invidie. Solo in questo modo potremmo fornire risposte autorevoli e sa-remmo in grado di fornire risposte eicaci ai bisogni di salute di tutti.

Perché l’Italian Journal of Primary Care?Why the Italian Journal of Primary Care?

Giuseppe Maso1

1Insegnamento di “Medicina di Famiglia”, Università degli Studi di Udine

Correspondence to:

Dr. Giuseppe Maso, [email protected]

Published by Edicare Publishing All rights reservedIJPC 2009; 1, 1: 7

Editorials

Editoriali

Page 10: Ijpc Vol 1

Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 8

Articles Original Research

Articoli

Diagnosi iniziale di ipertensione essenziale: studio osservazionale retrospettivo in medicina generale

The beginning of essential hypertension: observational retrospective study in general practice

Francesco Coronica1, Giuseppe Maso1

1Insegnamento di “Medicina di Famiglia”, Università degli Studi di Udine

Correspondence to:

Dr. Giuseppe Maso, [email protected]

Published by Edicare Publishing. All rights reservedIJPC 2009; 1, 1: 8-12

RIASSUNTO

Obiettivo dello studio è di indagare sulle modalità di esordio della malattia ipertensiva all’inizio della sua storia naturale e la sua gestione in Medicina

Generale. Materiali e metodi: Sono stati analizzati 13.449 pazienti aferenti all’archivio informatico di sette medici di medicina generale dell’area nord-est

d’Italia, nel decennio compreso tra il 31 dicembre 1997 e 31 dicembre 2007, e da questi sono stati estrapolati 2.198 pazienti nei quali era stata posta diagnosi

di Ipertensione arteriosa secondo i criteri descritti nelle Linee Guida internazionali. I pazienti sono stati suddivisi per sesso e fasce d’età, è stata calcolata la

prevalenza di ipertensione arteriosa per ogni gruppo selezionato ed è stata efettuata la analisi cronologica del tempo intercorso tra a) ultimo rilievo di pres-

sione arteriosa normale e diagnosi e di ipertensione arteriosa; b) primo rilievo di pressione arteriosa elevata e inizio della terapia farmacologica. Risultati:

dei 2.198 pazienti ipertesi individuati, 740 pazienti non hanno soddisfatto i criteri di inclusione per insuicienza di dati. Sono stati quindi arruolati e studiati

1.458 pazienti ipertesi. L’intervallo intercorso tra “normotensione” e “ipertensione” è apparso essere inferiore a 3 mesi per 406 pazienti, tra 3-6 mesi per 317

pazienti, tra 6-9 mesi per 372 pazienti, tra 9-12 mesi per 246 pazienti, superiore a 12 mesi per 117 pazienti. L’intervallo intercorso tra “primo rilievo di valori

pressori elevati” e inizio della terapia farmacologica è stato inferiore a 3 mesi per 577 pazienti, tra 3-6 mesi per 240 pazienti, tra 6-9 mesi per 270 pazienti,

tra 9-12 mesi per 208 pazienti, superiore a 12 mesi per 163 pazienti. Conclusioni: Il tempo di diagnosi è nella maggioranza dei casi sotto l’intervallo dei tre

mesi, e tende ad allungarsi nelle fasce di età più elevate, soprattutto nel sesso femminile. Il ricorso alla terapia farmacologica avviene nella maggioranza dei

casi prima dei tre mesi, soprattutto nei maschi over 50. L’esordio dell’ipertensione appare in oltre il 50% dei casi osservati di tipo “acuto”, con il passaggio

entro i 3-6 mesi di osservazione da valori pressori normali a valori pressori stabilmente elevati.

Parole chiave:

ipertensione; medicina di famiglia; storia naturale

ABSTRACT

The goal of our study was to investigate the onset mode of hypertensive disease at the beginning of its natural history and its management in General

Medicine. Methods: Thirteen thousand-four hundred-forty-nine patients, inserted during the decade from 31 December 1997 to 31 December 2007

in digital archives of seven family doctors working in the north-east of Italy, were analyzed. From the whole sample were extrapolated hypertensive

diagnosed patients according to the criteria of approved international guidelines.

The group of patients selected on the basis of the including criteria, was divided by sex and age groups, then was calculated the prevalence of hyper-

tension and was carried out the analysis of the intervals of time between the latest survey of normal blood pressure and diagnosis of hypertension

and the irst survey of high blood pressure and initiation of drug therapy. For the chronological analysis were arbitrarily identiied 5 diferent periods of

observation (<3 months, 3-6 months, 6-9 months, 9-12 months,> 12 months). Results: Seven hundred and forty of the two thousand-one hundred-

ninety-eight hypertensive patients identiied, did not match the criteria for inclusion due to a lack of data. The interval between “normotension” and

“hypertension” appeared to be less than 3 months for 406 patients, between 3-6 months for 317 patients, between 6-9 months for 372 patients,

between 9-12 months for 246 patients, more than 12 months for 117 patients. The interval between a irst survey of high blood pressure and initiation

of drug therapy was less than 3 months for 577 patients, between 3-6 months for 240 patients, between 6-9 months for 270 patients, between 9-12

months for 208 patients over 12 months for 163 patients. Conclusions: The time of diagnosis is in most cases in the interval of three months, and tends

Coronica et al.

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to grow in older groups, especially in females. The drug therapy occurs in most cases on the irst three months, especially in males over 50. The onset of

hypertension appears in more than 50% of observed cases to be “acute”, with changing within 3-6 months of observation from normal blood pressure

values to stably high blood pressure values.

Key words:

hypertension; family medicine; natural history

INTRODUZIONE

In Italia studi epidemiologici recenti riportano una prevalenza dell’ipertensione arteriosa del 32% al Nord e del 30% al Sud per fasce di età tra i 24 ed i 64 anni.1 Nell’85-90% dei casi, l’ipertensione è primitiva (essenziale); nel 5-10%, l’ipertensione è secondaria a nefropatia bilaterale e solo nell’1-2% dei casi è dovuta a condizioni potenzialmente curabili.La forma essenziale può insorgere anche senza che si manifesti-no dei sintomi e, di conseguenza, senza che il soggetto ne abbia conoscenza; l’elevata pressione persistente nel tempo aumenta notevolmente il rischio di accidenti cardio- e cerebro-vascolari, insuicienza renale, complicanze vascolari retiniche.

SCOPO

Obiettivo del nostro studio osservazionale-retrospettivo è di in-dagare, attraverso l’analisi dei data base della cartelle cliniche in-formatizzate di un campione di medici di famiglia, sulle modalità di esordio della malattia ipertensiva, ed in particolare di cercare di rispondere a tre quesiti che riguardano l’inizio della storia naturale dell’ipertensione arteriosa e la sua gestione in Medicina Generale:- Quanto tempo è intercorso tra la diagnosi di ipertensione e

l’ultima rilevazione normale?- Quanto tempo è intercorso tra la prima rilevazione patologica

e l’inizio del trattamento?- L’esordio dell’ipertensione è acuto (breve intervallo cronolo-

gico tra normotensione ed comparsa di ipertensione) o cro-nico (aumento progressivo dei valori di pressione arteriosa o alternanza cronologica di misurazioni normali a valori pressori elevati)?

MATERIALI E METODI

E’ stato condotto uno studio retrospettivo dall’archivio informa-tico di sette medici di medicina generale (Veneto e Friuli Venezia Giulia) nel decennio compreso tra il 31 dicembre 1997 e 31 dicem-bre 2007.Dal campione totale dei pazienti inseriti nell’archivio informatico sono stati estrapolati i pazienti nei quali era stata posta diagnosi di Ipertensione Arteriosa secondo i criteri delle linee guida JNC (Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure) e/o ESC–ESH (European Society of Hypertension–European Society of Cardiology guide-lines for the management of arterial hypertension). 2-5 I dati sono stati estratti nell’assoluto anonimato di ogni singolo pa-ziente, conservando unicamente i dati clinici necessari allo studio. Dati temporali solo occasionalmente discontinui sono stati corret-ti con interpolazione lineare.I criteri di inclusione sono stati:- Ipertensione Arteriosa Essenziale classiicata ICD-9 031.401,

con 3 misurazioni consecutive di PAS > 140mmHg e PAD > 90 mmHg ;

- Misurazioni continuate nel tempo, almeno mensili, per i 12 mesi che seguono la diagnosi e per i 12 mesi che precedono la diagnosi;

- Età > 18 anni;- Body Mass Index compreso tra 18,5 e 25.

I criteri di esclusione sono:dati richiesti dai criteri in inclusione incompleti.

I pazienti sono stati suddivisi per sesso e fasce d’età, è stata calco-lata la prevalenza di ipertensione arteriosa per ogni gruppo sele-zionato ed è stata efettuata, nel gruppo di pazienti ipertesi che hanno soddisfatto i criteri di inclusione, la analisi cronologica, per ogni singolo paziente prima e per valori medi di gruppo poi, del tempo intercorso tra: a) ultimo rilievo di pressione arteriosa normale e diagnosi e di

ipertensione arteriosa;b) primo rilievo di pressione arteriosa elevata e inizio della tera-

pia farmacologica.Per la analisi cronologica, sono stati arbitrariamente individuati 5 diferenti periodi di osservazione: < 3 mesi 3-6 mesi 6-9 mesi 9-12 mesi > 12 mesi

E’ stato calcolato, tramite il programma accessorio statistico, il tempo compreso tra l’ultima misura senza precedenti valori pa-tologici e la data di diagnosi stabilita dal medico a seguito di tre rilevazioni patologiche consecutive (PAS > 140; PAD > 90). Analogamente è stato calcolato il tempo trascorso dalla prima rile-vazione patologica (PAS > 140; PAD > 90) all’inizio del trattamento farmacologico e conseguente inclusione nel registro dei pazienti ipertesi. E’ stato possibile calcolare anche l‘intervallo di tempo intercorso tra la prima rilevazione pressoria patologica e la deinizione del-la patologia come “problema codiicato” nelle cartelle dei singoli medici. I risultati ottenuti dall’estrazione dei dati sono stati veriicati pa-ziente per paziente, nell’intento di ridurre al massimo falsi positivi; ciò è stato facilitato dalle frequenti annotazioni allegate ad ogni singola misurazione.

RISULTATI

Sono stati analizzati 13.449 pazienti inseriti nell’archivio informati-

Diagnosi iniziale di ipertensione essenziale: studio osservazionale

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co nel decennio riferito, e da questi sono stati estrapolati 2.198 pa-zienti nei quali era stata posta diagnosi di Ipertensione Arteriosa. Dei 2198 pazienti ipertesi individuati, 740 pazienti non hanno sod-disfatto i criteri di inclusione per insuicienza di dati. Sono stati quindi arruolati e studiati 1458 pazienti ipertesi (Tab. 1).

Ad una prima analisi di prevalenza della Ipertensione Arteriosa nel campione studiato questa appare sensibilmente più bassa rispet-to alle stime epidemiologiche uiciali6 in particolare nelle fasce di età più giovani (Fig. 1).La prevalenza massima rilevata nei maschi è nell’intervallo dei 61 – 70 anni (22%), nelle femmine in quella dei 71 – 80 anni (38%). La prevalenza complessiva è del 12%.

L’intervallo di tempo intercorso tra “normotensione” (ultima rileva-zione normale) e diagnosi di “ipertensione” è apparso essere in-feriore a 3 mesi per 406 pazienti, tra 3-6 mesi per 317 pazienti, tra 6-9 mesi per 372 pazienti, tra 9-12 mesi per 246 pazienti, superiore a 12 mesi per 117 pazienti (Tab.2).In particolare sono riscontrabili intervalli di tempo relativamente ridotti nelle classi di età ino a 60 anni; dopo tale età questo arco di tempo tende ad allungarsi distribuendosi gradualmente in in-tervalli più ampi (Fig. 2).

L’intervallo intercorso tra “primo rilievo di valori pressori elevati” e inizio della terapia farmacologica è stato inferiore a 3 mesi per 577 pazienti, tra 3-6 mesi per 240 pazienti, tra 6-9 mesi per 270 pazienti, tra 9-12 mesi per 208 pazienti, superiore a 12 mesi per 163 pazienti (Tab. 3).L’analisi temporale mostra che vi è un ricorso globale entro 3 mesi pari al 40%, con un massimo del 70% nei maschi con età compre-sa tra 51 e 60 anni (Fig. 3).

Il quadro relativo all’arco di tempo intercorso tra la prima rilevazio-ne patologica e la codiica del “problema ipertensione essenziale” in cartella clinica ambulatoriale (Fig. 4), ha una distribuzione inte-ressante: ino a 60 anni la maggioranza dei pazienti ha avuto un tempo di codiica sotto i 6 mesi, mentre oltre i 60 il periodo si è allungato oltre l’intervallo dei 6 mesi.

DISCUSSIONE

“Popolazione”, “ambiente” , “tempo reale” e “continuità assistenzia-le” sono parole chiave per la ricerca in medicina di famiglia. Popo-lazione signiica “epidemiologia”, ambiente signiica “osservazione globale”, tempo reale signiica “prevalenza”, continuità assistenzia-le signiica “incidenza”.Un gruppo signiicativo di ambulatori di medicina di famiglia con popolazione praticamente costante, ha una potenzialità che non teme confronti con qualsivoglia altra organizzazione. Non solo, le caratteristiche di questa disciplina, permettono di osservare con-temporaneamente i “problemi degli esseri umani”, la “domanda di salute” e “l’organizzazione dei servizi”.Con il contributo di soli sette medici di famiglia è stato possibile analizzare una popolazione di oltre duemila pazienti afetti da ipertensione essenziale evidenziando l’elevato potenziale di ricer-ca di questa disciplina in campo epidemiologico.

Ipertesi NormotesiIpertesi esclusi

Maschi 18 - 30 aa 11 737 9

Maschi 31 - 40 aa 14 798 19

Maschi 41 - 50 aa 49 920 28

Maschi 51 - 60 aa 182 926 90

Maschi 61 - 70 aa 249 988 141

Maschi 71 - 80 aa 156 684 49

Maschi over 80 aa 30 508 12

Femmine 18 - 30 aa 8 680 4

Femmine 31 - 40 aa 13 722 7

Femmine 41 - 50 aa 70 972 23

Femmine 51 - 60 aa 197 978 106

Femmine 61 - 70 aa 139 905 71

Femmine 71 - 80 aa 294 625 159

Femmine over 80 aa 46 808 22

Globale 1458 11251 740

Tab. 1 – Distribuzione per età dei pazienti inclusi nello studio.

Fino3 mesi

3 - 6 mesi

6 - 9 mesi

9 - 12 mesi

Oltre12 mesi

Maschi 18 - 30 aa 4 3 1 2 1

Maschi 31 - 40 aa 6 3 2 2 1

Maschi 41 - 50 aa 27 7 8 5 2

Maschi 51 - 60 aa 83 56 21 13 9

Maschi 61 - 70 aa 53 67 103 14 12

Maschi 71 - 80 aa 28 29 62 17 20

Maschi over 80 aa 7 2 6 6 9

Femmine 18 - 30 aa 3 2 1 1 1

Femmine 31 - 40 aa 5 3 2 2 1

Femmine 41 - 50 aa 26 19 11 9 5

Femmine 51 - 60 aa 67 45 42 32 11

Femmine 61 - 70 aa 13 16 68 29 13

Femmine 71 - 80 aa 75 60 37 103 19

Femmine over 80 aa 9 5 8 11 13

Globale 406 317 372 246 117

Tab. 2 – Distribuzione per tempo intercorso tra la diagnosi di ipertensione e l’ultima rilevazione normale

Fino 3 mesi

3 - 6 mesi

6 - 9 mesi

9 - 12 mesi

Oltre 12 mesi

Maschi 18 - 30 aa 5 2 1 2 1

Maschi 31 - 40 aa 8 2 2 1 1

Maschi 41 - 50 aa 32 7 3 5 2

Maschi 51 - 60 aa 127 23 11 12 9

Maschi 61 - 70 aa 89 31 28 44 57

Maschi 71 - 80 aa 37 20 62 17 20

Maschi over 80 aa 8 3 9 3 7

Femmine 18 - 30 aa 2 3 1 1 1

Femmine 31 - 40 aa 5 3 1 2 2

Femmine 41 - 50 aa 33 12 11 8 6

Femmine 51 - 60 aa 81 31 50 27 8

Femmine 61 - 70 aa 29 28 33 35 14

Femmine 71 - 80 aa 108 67 49 41 29

Femmine over 80 aa 13 8 9 10 6

Globale 577 240 270 208 163

Tab. 3 – Distribuzione per tempo tra la prima rilevazione patologica e l’inizio del trattamento

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I dati raccolti in questo studio mostrano come Il periodo di tempo intercorso fra l’ultima rilevazione normale e la prima patologica sia nella grande maggioranza dei pazienti inferiore a tre mesi, soprat-tutto nelle fasce di età più giovani. A nostro avviso questo fatto è molto importante perché dimostra come nella maggior parte dei casi l’ipertensione impieghi un tempo molto breve per instaurarsi come se alla base del fenomeno ci fosse un evento di tipo acu-to. Quale sia questo evento è ancora sconosciuto. Sembrerebbe pertanto che l’ipertensione arteriosa non si instauri gradualmente ma si manifesti bruscamente, in un tempo molto breve. Conside-rato il fatto che il fenomeno si è manifestato maggiormente nelle età più giovani, che dovrebbero godere di una salute migliore degli anziani, ci fa chiedere anche come mai in questi soggetti, normotesi, sia stata misurata in tempi così ravvicinati la pressione arteriosa. Vi era un motivo? Ci sono stati dei segni? Dei sintomi? Perché il paziente si è recato dal medico? Era presente una malat-tia intercorrente?Certo è che i dati ci impongono un approfondimento che non potremmo avere se non con uno studio prospettico eseguito su una larga coorte di pazienti normotesi.

Lo studio ha evidenziato nuovamente l’eicacia della medicina di famiglia nella diagnosi e nella cura delle patologie croniche; an-che in questo caso la terapia farmacologica è stata instaurata in tempi brevi e in tempi brevi il problema è stato codiicato nelle registrazioni di ogni singolo medico. Il fatto però che una certa percentuale, non bassa, di soggetti sia stata trattata in ritardo, spe-cialmente nelle classi di età più avanzate, pur in presenza di una diagnosi semplice e certa, dimostra come sia necessaria una conti-nua opera di sensibilizzazione dei medici al trattamento puntuale e preciso dell’ipertensione arteriosa e ad una maggior attenzione al paziente anziano.

RINGRAZIAMENTI

Gli autori ringraziano il dr. Romano Paduano e la dottoressa Chia-ra Pisaroni per i suggerimenti, e Gabriele e Rafaele Coronica per l’aiuto nell’elaborazione informatica.

BIBLIOGRAFIA

1. The Sixth Report of the Joint National Committee on Prevention,

Diagnosi iniziale di ipertensione essenziale: studio osservazionale

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Articoli

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4. ESC and ESH Guidelines. European Heart Journal (2007) 28, 1462–15365. ESC – ESH Guidelines at http://www.eshonline.org6. ISTAT, Annuario statistico italiano 2008; Cap.3 pp77 e succ.

Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure (JNC 6). Hypertension. 1997;69:1113;

2. The Seventh Report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure (JNC 7). JAMA. 2003;289:2560-2571.

3. 2003 European Society of Hypertension–European Society of Cardiology

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Sentinel node biopsy for early stage melanoma: statistical analysis of 212 consecutive cases

Biopsia del linfonodo sentinella nella valutazione iniziale del melanoma: analisi statistica di 212 casi consecutivi

Giuseppe Giudice1, Marianna Carrieri1, Domenico Giglietto1, Gaetano Lastilla2, Paolo Trerotoli3, Andrea Armenio1, Michele Pascone1

1Department of Plastic and Reconstructive Surgery, Faculty of Medicine,University of Bari, Bari, Italy;2Department of Pathologic Anatomy, Faculty of Medicine,University of Bari, Bari, Italy; 3Department of Biomedical Science and Human Oncology, Faculty of Medicine,University of Bari, Bari, Italy

Correspondence to:

Prof. Giuseppe Giudice, [email protected]

Published by Edicare Publishing All rights reservedIJPC 2009; 1, 1: 13-19

ABSTRACT

Surgical treatment of clinically negative lymph nodes, in melanoma patients is not systematically performed, because elective lymph node dissection

(ELND) does not seem to yield a real increase of survival and has a high morbidity rate. In recent years, identiication of occult metastases by “lym-

phatic mapping” (LM) and localization of sentinel lymph nodes, as well as lymph node staging performed by preoperative lymphoscintigraphy, has

enabled both better patients selection for loco-regional lymphadenectomy and better staging of the disease.

We present our experience with this technique, highlighting the possibility of using it in all body sites (even the head and neck), and conirming that

the sentinel lymph node technique can provide useful information that can help predict the recurrence and survival rate.

Key words:

melanoma; sentinel node biopsy; selective lymphadenectomy; recurrence

RIASSUNTO

Il trattamento chirurgico di linfonodi clinicamente negativi non viene sistematicamente eseguito nei pazienti afetti da melanoma, perchè la dissezione

elettiva dei linfonodi non sembra produrre un reale aumento della sopravvivenza ed ha un elevato tasso di morbilità. Da alcuni anni, la identiicazione

delle metastasi occulte attraverso il “mappaggio linfatico” e la localizzazione del linfonodo sentinella, così come lo studio dei linfonodi attraverso la

linfoscintigraia preoperatoria, ha consentito sia una migliore selezione dei pazienti per la linfadenectomia loco-regionale che una migliore stadia-

zione della malattia. Noi descriviamo la nostra esperienza con questa tecnica, evidenziando la possibilità di utilizzarla in tutti i siti corporei (incluso

testa e collo), e confermando che la tecnica del linfonodo sentinella può fornire informazioni utili sia a prevenire le recidive che a migliorare il tasso di

sopravvivenza.

Parole chiave:

melanoma; linfonodo sentinella; linfoadenectomia selettiva; recidiva

INTRODUCTION

The considerable increase in the incidence of melanoma in re-cent decades has been paralleled by an increase in the overall survival rate of melanoma patients. This is mainly thanks to early diagnosis of the disease and to the availability of a wider range of surgical options.1

The natural history of cutaneous melanoma is characterized by a strong tendency to early metastasization, above all in the lymphatic system, but this is clinically detectable only at a later stage of the disease.Together with adequate excision of the primary tumor, the indi-cated treatment of melanoma patients includes loco-regional

Sentinel node biopsy for early stage of melanoma

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lymphadenectomy in cases of proven lymph node metastases (therapeutic lymphadenectomy or TLND).Surgical treatment of clinically negative lymph nodes is not sy-stematically performed, because elective lymph node dissec-tion (ELND) does not seem to yield a real increase of survival and has a high morbidity rate. In recent years, identiication of occult metastases by “lymphatic mapping” (LM) and localiza-tion of sentinel lymph nodes,2 as well as lymph node staging performed by preoperative lymphoscintigraphy, has enabled both better patients selection for loco-regional lymphadenec-tomy and better staging of the disease.We present our experience with this technique, highlighting the possibility of using it in all body sites (even the head and neck),3-6 and conirming that the sentinel lymph node techni-que can provide useful information that can help predict the recurrence and survival rate.

MATERIALS AND METHODS

From February 1998 to June 2005, 212 melanoma patients (127M, 85 F; mean age 52, range 25-87 years) were treated at the Department of Plastic and Reconstructive Surgery of Bari Uni-versity Hospital. The neoplasm was localized in the head and neck in 25 patients, the upper limb in 23 patients, the lower limb in 61 patients and the trunk in 103 patients.Within the 90th day from excision of the primary lesion, after having given informed consent, all the patients with lesions greater than 0.75 mm (Breslow thickness) underwent preope-rative lymphoscintigraphy with 99mTc-labeled human albumin colloid on the same day as sentinel node biopsy (SNB) 3-6. Ac-cording to the lymphoscintigraphy duration, a dosage of 5-15 or 30-70 MBq in a mean volume of 0.5-1 ml was injected intrader-mally in four sites closely around the scar of the excisional biop-sy to identify regional lymphatic basins draining that cutaneous region7. Intraoperatively, SN were located using a handheld gamma probe without the use of Patent blue. A small incision (3 to 5 cm) was made directly over the hot spots and carried down through the skin and subcutaneous tissue into the node-bearing fat. Any hot node (deined as the hottest node and any other node with at least 5-fold the background radioactivity)7 was excised and sent for pathological analysis. Deinitive wide excision of the primary cutaneous melanoma was performed after the SNB procedure. All the excised sentinel lymph nodes were evaluated following the protocol suggested by a panel of pathologists skilled in melanoma and SN evaluation. SNs were cut along their longitudinal axis in 2-3 mm-thick slices and embedded in parain blocks. At least ten serial sections were obtained from each block and examined by conventional H&E (sections 1,3,5,7) and by immunohistochemistry at both S100 (sections 2,4,8) and HMB45. Sections 9 and 10 were saved and available for additional staining. A positive SN was deined as a lymph node containing melanoma cells detected by either H&E or immunohistochemistry 8,9. The presence of metastases was typologically diferentiated into macrometastases (deposits > 2mm), micrometastases7 (deposits < 2mm) and isolated tumor cells, (deposits< 0.2 mm), afecting the peripheral sinus of a lymph node9.

Complete therapeutic lymph node dissection (TLND) was per-formed in all cases with SLN+. The entire excised lymph node basin was subjected to histological examination.All patients underwent periodical follow-up, every six months for the irst three years and yearly thereafter, including liver US and chest X-ray for patients with a primary melanoma thickness < 2 mm and additional total-body Computerized Axial Tomo-graphy for patients with a melanoma thickness > 2 mm.A quality control program QCP of the SNB surgical procedure was performed by the Solism components group7 during the study period.

STATISTICAL ANALYSIS

Continuous variables have been summarized as mean and standard deviation (SD). Comparisons between independent samples have been performed with Student’s t test. Qualitative variables are summarized as count and percentage. Compari-sons between independent percentages have been made by chi-square test or Fisher’s Exact test as appropriate. Trends in percentage have been evaluated with the Cochran-Armitage test for trend. A bootstrap adjustment of p-values was perfor-

n %

Sex F 85 40.09

M 127 59.91

Age class <50 87 41.04

>=50 125 58.96

Site of primary site Head and neck 25 11.79

A. sup 23 10.85

Trunck 103 48.58

A. inf. 61 28.77

Breslow thickness <1 mm 42 19.81

<=2 mm 88 41.51

<=3 mm 39 18.4

>3 mm 43 20.28

Clark classification 1 4 1.89

2 17 8.02

3 68 32.08

4 108 50.94

5 15 7.08

Presence of sentinel node No 163 76.89

Yes 49 23.11

Sentinel node mapping Micrometastasis 30 14.15

Macrometastasis 19 8.96

Negative 163 76.89

Number of site 1 154 72.64

2 55 25.94

3 3 1.42

Site of Sentinl node Axillary 120 56.6

Groin 74 34.91

Nec 28 13.21

Others 3 1.42

NON Sentinel node Metastasis No 42 19.81

Yes 7 3.3

Outcome Alive 200 94.34

12 5.66

Table 1: Main characteristics of study sample

Giudice et al.

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med to adjust the level of signiicance of multiple independent comparisons. To assess the risk of micrometastasis or macrometastasis, a logistic regression model was developed. The response varia-ble was considered as an ordinal variable with three levels: no metastasis, presence of micrometastasis, presence of macro-metastasis. Explicative variables were age, subdivided into two categories (<50, >51), sex, Breslow thickness, classiied in four categories (up to 1 mm, up to 2 mm, up to 3 mm, more than 3 mm), Clark classiication, evaluated as two classes (0-3 and over 3), site of primary lesion, site of sentinel node. This last variable was included in the model as four (dichotomic presence/ab-sence) classes: axillary, groin, neck/cervical, other. To calculate the risk of further metastases after lymphatic re-section, an exact conditional logistic regression model was bu-ilt with the response variable as presence/absence of sentinel node and the independent variables sex, age class (deined as previously described), Breslow thickness (as previously descri-bed), Clark classiication, presence of micrometastasis or pre-sence of macrometastasis. Follow-up time in months was recorded for each patient, and

the status dead/alive at the last contact. To evaluate patients outcome a survival analysis was performed by means of the Kaplan-Meier curve and the Wilcoxon test was carried out to compare diferent survival rates in patients with micro, macro or no metastasis. Survival of patients with versus without me-tastasis after resection was evaluated with Kaplan-Meier curves and Wilcoxon test. All analyses were performed with SAS software 9.1 for personal computer. A two-sided p-value of 0.05 was considered statisti-cally signiicant.

RESULTS

Of the 212 melanomas, 85 afected females with a mean age of 50.7 years (SD 14.6) and 127 males with mean age 53.5 years (SD 15.5); 48.5 per cent (103 lesions) were localized in the trunk, 28.77 per cent (61 lesions) in the lower limbs, 11.79 per cent (25 lesions) in the head and neck and 10.85 per cent (23 lesions) in the upper limbs.The distribution of patients according to lesion thickness is summarized in table I. It is important to note that 60% of lesions were less than 2mm thick.

Results to Sentinel node search

Micro metastasis Macro metastasis Negative Total

n % n % n % n %

Sentinel node 30 61.2 19 38.8 163 76.9 212 100.0 p-value

SexF 14 16.5 6 7.1 65 76.5 85 40.1

0.5723M 16 12.6 13 10.2 98 77.2 127 59.9

Ageclass<50 15 17.2 10 11.5 62 71.3 87 41.0

0.2647>=50 15 12.0 9 7.2 101 80.8 125 59.0

Site of primary lesion

Head and neck 5 20.0 2 8.0 18 72.0 25 11.8

0.7804A. sup 5 21.7 2 8.7 16 69.6 23 10.9

Trunck 13 12.6 11 10.7 79 76.7 103 48.6

A. inf. 7 3.3 4 1.9 50 23.6 61 28.8

Breslow thickness

<1 mm 4 9.5 1 2.4 37 88.1 42 19.8

0.0048<=2 mm 15 17.1 3 3.4 70 79.6 88 41.5

<=3 mm 5 12.8 5 12.8 29 74.4 39 18.4

>3 mm 6 14.0 10 23.3 27 62.8 43 20.3

Clark class

1 0 0.0 0 0.0 4 100.0 4 1.9

0.2387

2 1 5.9 0 0.0 16 94.1 17 8.0

3 9 13.2 3 4.4 56 82.4 68 32.1

4 18 16.7 13 12.0 77 71.3 108 50.9

5 2 13.3 3 20.0 10 66.7 15 7.1

Site of Sentinel node

AxillaryNo 14 15.2 6 6.5 72 78.3 92 43.4

0.5351Yes 16 13.3 13 10.8 91 75.8 120 56.6

GroinNo 16 11.6 14 10.1 108 78.3 138 65.1

0.2808Yes 14 18.9 5 6.8 55 74.3 74 34.9

NeckNo 24 13.0 17 9.2 143 77.7 184 86.8

0.4839Yes 6 21.4 2 7.1 20 71.4 28 13.2

Other sitesNo 30 14.4 19 9.1 160 76.6 209 98.6

0.6329Yes 0 0 3 100.0 3 1.4

Number of site

1 12 7.8 6 3.9 136 88.3 154 72.6

<.00012 17 30.9 13 23.6 25 45.5 55 25.9

3 1 33.3 0 0.0 2 66.7 3 1.4

OutcomeAlive 28 14.0 12 6.0 160 80.0 200 94.3

<.0001Dead 2 16.7 7 58.3 3 25.0 12 5.7

Table 2: Relations between main characteristic and results of sentinel node search

Sentinel node biopsy for early stage of melanoma

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Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 16

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The most common drainage pattern (157 Pts) featured only one lymph node basin; two basins were detected in 55 patients while only 3 patients presented three diferent lymph node basins.At least two or more sentinel lymph nodes were identiied and removed in each patient and from each lymph node basin. There was no statistically signiicant diference of age between the sexes (p=0.19). Nor did Breslow thickness result signiicantly diferent by sex (p=0.9): mean value in both males and females was 2.29 mm (SD M 1.86; SD F 1.99). Age and Breslow thickness were shown to be categorical variables, and successively inclu-ded in the logistic model.All sentinel lymph nodes were identified and subjected to histological examination, yielding the following results:- 163 patients (76.9 per cent) with negative sentinel lymph

nodes;- 49 patients (23.1 per cent) with positive sentinel lymph no-

des.Of the 49 patients with positive sentinel lymph nodes, 28 pre-sented micrometastases11 (16 in axillary sites, 4 in the head and neck and 8 in inguinal sites). The remaining 19 presented ma-crometastases11 (13 in axillary, 5 in inguinal sites and 1 in the right latero-cervical site). All patients with positive sentinel lymph nodes, except 2/49 who refused treatment, underwent radical therapeutic lym-phadenectomy of the district involved (TLND). The dissected lymph nodes were subjected to histological examination to search for further metastatic loci within the lymph node basin in question.Table II shows the relation between metastasis in the sentinel node and patients clinical features.

Breslow thickness was related to presence of metastasis (p=0.0048). In multiple comparison testing there was a signi-icant diference between the percentage of macrometastasis in the group with Breslow thickness <=2 mm as compared to the group with >3 mm (3.4% vs 23.3; p=0.0059). Therefore, af-ter adjusting the p value for multiple comparison, it seems that only in the group with the highest Breslow thickness is it pos-sible to hypothesise a higher frequency of macrometastasis. It is interesting to note that there was no signiicant diference in the frequency of micrometastasis among the diferent Breslow classes (Table III).Table III shows the trend percentage of macro and microme-tastasis per class of Breslow thickness. There was no signiicant trend for micrometastasis, whereas the percentage of positive macrometastasis in sentinel nodes showed a positive trend (p=0.0001), with a high increase from the class with thickness

up to 2 mm to the class over 3 mm. The logistic regression model identiied as signiicant risk fac-tors for metastasis in the sentinel node (table IV): Breslow thick-ness, primary site of lesion, site of sentinel node. Lymphadenectomy was performed in 49 patients, only 7 of whom had further metastatic nodes, while in 42 patients all other nodes were negative. No patients with micrometastasis in the sentinel node had other metastatic nodes at lympha-denectomy, while 36.8% of patients with macrometastasis had other node metastases in the excised lymphatic station (p<0.0001).

TAB III: Distribution of micro and macrometastasis by Breslow thickness classes. P value refers to test for trend.

Variable OR CI 95% p-value

Clark 0-3 vs 4-5 2.253 0.935 5.429 0.0701

Breslow<=2 mm vs >3mm 0.351 0.143 0.86 0.022

2-3 mm vs > 3mm 0.384 0.137 1.077 0.0688

Age >=50 vs <50 0.709 0.35 1.433 0.3378

Sex F vs M 1.035 0.494 2.168 0.9278

Primary site

head and neck vs a. inf 21.331 2.191 207.649 0.0084

a. sup vs a. inf 13.416 2.42 74.388 0.003

trunck vs a. inf 5.198 1.367 19.766 0.0156

Site of sentinel node

Groin Y vs N 108.648 12.55 940.624 <.0001

Axillary Y vs N 15.501 2.332 103.051 0.0046

Neck Y vs N 3.832 0.724 20.297 0.1142

TAB IV: Odds ratio and 95% confidence interval to assess the risk of presence of metastasis after node resection

Variable p-value OR CI 95%

Age <50 vs >=50 0.40 0.20 0.00 2.80

Sex F vs M 1.00 1.46 0.15 18.90

Sentinel node Presence of micro vs macrometastasis

0.01 0.06 0.00 0.51

Breslow <=2 mm vs >3mm 1.00 3.05 0.18 101.70

2-3 mm vs > 3mm 1.00 0.48 0.01 10.08

<=2 mm vs 2-3 mm 1.00 0.80 0.03 10.08

Clarck 0-3 vs 4-5 1.00 1.68 0.02 154.78

TAB V: Odds ratio and 95% confidence interval for the risk of metastasis after node resection

Giudice et al.

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To recognize factors serving to predict the presence of non sentinel node metastasis a multivariate logistic model was per-formed (table V).The presence of micro vs macro metastasis resulted a signii-cant factor (p=0.01) predicting the probability of inding a po-sitive non sentinel node in the excised station. The odds ratio value for this factor is 0.06 (CI 95% 0-0.51), indicating micro-metastasis as protective against the risk of non sentinel node metastasis, whereas macrometastasis poses a high risk of non sentinel node metastasis. Of the 163 patients with negative sentinel lymph nodes, 7 (4.3%) showed signs of disease progression within a mean period of 13 months. Notably, in 4 patients (2.4%) progression was at lymph node level (false negatives): in 1 patient with melanoma of the trunk, 4 mm thickness and a negative axil-lary sentinel lymph node, there was clinical evidence of axil-lary metastasis at six months follow-up, treated by complete lymphadenectomy (3 lymph nodes+ of 42 excised); in 1 patient with melanoma of the trunk, 3 mm thickness and a negative axillary sentinel lymph node there was clinical evidence of axil-lary lymph node metastasis at 23 months, treated by complete lymphadenectomy (1 lymph node+ of 27 excised) but after 5 months this patient presented lung metastases that led to exi-tus; in 1 patient with melanoma of the trunk, 5mm thickness and a negative axillary sentinel lymph node, there was clini-cal evidence of axillary lymph node metastasis at 11 months,

treated by complete lymphadenectomy (1 lymph node+ of 28 excised).Finally, in 1 patient with nodular melanoma of the temporal region, 2.2 mm thickness, with a negative left latero-cervical lymph node, lymph node metastasis presented in the homo-lateral jugular region after 6 months, with subsequent difuse submandibular dermic invasion and cerebral metastases that rapidly brought about exitus.In agreement with other Authors10, in the remaining 3 cases (1.9%) disease progression was observed at distant loco-re-gional level (metastases in transit) with no involvement of the lymph node station.Of these, in 1 patient with melanoma of the trunk, 3.2 mm thickness and a negative sentinel lymph node, loco-regional disease recurrence occurred (subcutaneous metastases) after 8 months, rapidly followed by massive neoplastic pulmonary embolism and exitus, whereas the other 2 patients had mela-noma of the lower limb, 6 mm and 4.5 mm thickness, respecti-vely, 1 with a negative and 1 a positive inguinal sentinel lymph node, and presented difuse subcutaneous metastases of the lower limbs after about 12 months. Lymph node recurrence after lymphadenectomy occurred in only 1 of the 28 patients who underwent therapeutic SLNL (lymph node recurrence post lymphadenectomy 2.1%).Survival resulted statistically signiicantly diferent (p<0.0001) among patients with micrometastasis, macrometastasis or a negative sentinel node (Table VI); few deaths were observed in the three groups (2, 7 and 3, respectively) and median survi-val could be estimated only for patients with macrometastasis (median: 43 months).In the group with micrometastasis and a negative sentinel node median survival could not be estimated, but in the lat-ter group the irst quartile was 71 months. In patients with a positive sentinel node we evaluated survival among positive vs negative to non sentinel node metastasis (Table VII): survival resulted statistically signiicant (p<0.0001) and only the median survival of positive patients could be estimated at 23 months.

DISCUSSION

Surgical treatment remains the only therapeutic option for lymph node metastases from skin melanoma12,13. Metastatic spread of melanoma nearly always occurs via the lymphatic drainage system, and in some regions there may be multiple

TAB VI: Survival in patients with micrometastasis, macrometastasis or a negative sentinel node

TAB VII: Survival in patients with a positive node after resection

LEARNING PHASE

INCORRECT LYMPHATIC MAPPING

LACK OF STANDARDIZED TECHNIQUE

LYMPH NODE IN PARTICULAR SITE (head and neck)

PRESENCE OF SCARRING > 5 cm

PRESENCE OF SKIN GRAFTS AND/OR FLAPS

FAILURE TO USE SPECIFIC IMMUNOHISTOCHEMICAL TECHNIQUES (RT-PCR for tyrosinase)

LYMPH NODE SKIP

TAB. VIII: principal causes of false ne gatives after sentinel node biopsy

Sentinel node biopsy for early stage of melanoma

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drainage pathways 13,14.Due to the diiculty in establishing a standard pattern of lym-phatic drainage and hence the precise pathway of any meta-static spread for lesions of the head and neck and, above all, the trunk 14, in the past radical preventive (elective) lympha-denectomy (ELND) was often unsuccessful (27). More recen-tly, search for the sentinel lymph node by LM and ILM15,16 has enabled identiication of the “real” drainage pathway and the irst lymph node passed by lymph coming from the pigmen-ted tumor site in question. This has made it possible to avoid the need for preventive radical lymph node dissection (ELND) and the associated morbidity and sequelae, in nearly 80% of patients afected by melanoma with no clinical evidence of lymph node metastasis 17,18 .Search for the sentinel lymph node in patients afected by melanoma is thus an essential step in diagnostic work-up and therapeutic decision making, as it enables correct staging of the disease 1-2-15. A negative sentinel lymph node is predicti-ve in approximately 97% of cases 15, with a false negative rate ranging from 2 to 9% in the diferent series reported in the literature. In our study the false negative rate, as measured by nodal recurrence in a tumor-negative dissected SN basin (31), was 4/163, equal to 2.4%. The many causes that could explain this phenomenon are listed in table VIII 11,16.In our experience, the so-called “learning phase” could be con-sidered over as all patients were treated by the irst Author and the same team; standardized lymphatic mapping and senti-nel lymph node biopsy techniques were used based on the international literature7,15; the use of intraoperative lymphatic mapping (ILM) with the aid of a γ-camera16 enabled the correct identiication and excision of all lymph nodes located in lym-ph node basins, even of the head and neck; no patient who underwent a sentinel lymph node search was left with a scar longer than 5 cm, and the technique was never performed in patients with previous surgical repair using skin grafts or laps. All the dissected lymph nodes were submitted to standard

immunohistochemistry19 and we do not believe in the lymph node skip because in no less than 10 cases in our experience, a dual lymphatic drainage pathway was discovered and this al-lowed us to remove all the lymph nodes involved in each case 20 (Figure 1). We are convinced that standardization is essential to maintain quality control in any multicenter trial, particularly when multi-disciplinary expertise is required.The nuclear medicine physician identiies the nodal basin(s) at risk, determines the number of lymphatic channels to isolate the SNs, and accurately marks the cutaneous location over-lying each SN, to direct the surgeon. Each surgeon should be familiar with the common lymphatic drainage patterns for diferent areas of the body, aberrant routes of the lymphatics, and aberrant locations of SNs. Imaging must be timed to avoid missing true SNs or incorrectly identifying non-SNs as SNs 19 .Some dissected-basin recurrences could be explained by failu-re of the pathologist to detect SN micrometastases or by sur-gical misidentiication of the true SN or failure to detect addi-tional SNs in the same basin19. However, because the incidence of nodal basin recurrence increases with follow-up at 5 years10, long term data are essential to accurately judge the incidence of recurrence in our reportedly tumor-negative nodal basins. It is important to note that in our series three patients (1.97%) presented loco-regional metastases (metastases in transit). This could be related to the fact that most of our patients (about 60%) presented a thin melanoma that was removed before it could undergo “hematogenous spread”15.

As to lymph node recurrence after radical lymphadenectomy, only 1 patient (2.1%) developed a new localization in the sur-gically treated basin during the irst period of our experien-ce. Nowadays, the brief interval (mean 46 days) between the diagnosis of melanoma and therapeutic lymphadenectomy (TLND) has put an end to this type of recurrence 14.

CONCLUSIONS

Breslow thickness over 3 mm is a predictive factor for sentinel node metastasis. Other factors, but with an uncertain signii-cance, were found to be site of the primary lesion and site of the sentinel node. Once a macrometastasis is found, it repre-sents a risk factor for the presence of metastasis in non sentinel nodes; it should be noted that the risk for non sentinel node metastasis derives only from macrometastasis, whereas micro-metastasis does not appear to be a suicient risk factor. Our survival data highlight the latter observation: patients with micrometastasis or without sentinel node metastasis had a similar and higher survival than those with macrometastasis. Furthermore, positivity to non sentinel node metastasis has a worse prognosis. It can be hypothesized that the presence of macrometastasis could lead to further metastases and has bad prognosis (median survival: 23 months). The presence of micrometastasis was rarely followed by further metastasis in our study, and showed a similar prognosis to that of cases with negative results both to sentinel and non sentinel node me-tastasis. This study lends further support to the use of an accurate and standardized histopathologic technique, permitting a better

Giudice et al.

FIGURE 1: Preoperative lymphoscintigraphy shows the dual lymphatic channels (arrows)

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diagnosis of micrometastasis with only a 2.4% rate of recurren-ce within the lymph node basin 10.Clinical trials need to be performed in larger case series to con-irm our results in terms of the absence of further metastases in lymph nodes excised during complete lymphadenectomy in patients with sentinel lymph node micrometastases. Histo-logical analysis by means of immunohistochemisty (s-100 pro-tein – HMB-45 – Melan-A- MART -1) and above all of RT-PCR by tyrosinase of each lymph node excised by complete lympha-denectomy would be indispensable, during such clinical trials, as both these techniques are highly speciic for melanoma but still too costly for routine use 17. These results could open up new prospects for future treatment of melanoma by limited or more selective complete lymphadenectomy (SCLND) 20 .

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Sentinel node biopsy for early stage of melanoma

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Chronic pain of elderly in Italian general practice An explorative study

Il dolore cronico dell’anziano nella medicina di famiglia italianaStudio esplorativo

Jeroen L.P. Beltman1, Eloy H. Van De Lisdonk1

1Department of General Practice, University of Nijmegen, Nijmegen, The Netherlands

Correspondence to:

Prof. Eloy H. Van De Lisdonk, [email protected]

Published by Edicare Publishing. All rights reservedIIPC 2009; 1, 1: 20-27

ABSTRACT

Introduction: The prevalence of chronic pain among the elderly is unclear. Although chronic pain has a strong negative inluence upon the quality of life, it is thought to

be undertreated in the elderly. The assessment of general practitioners is critical to improve the undertreatment.

Goal: The purposes of this study are to determine: how many elderly, visiting the general practitioner, are in chronic pain; how well the general practitioner assesses

the chronic pain; how many elderly tell their pain complaints to the general practitioner; patient-barriers to speak about chronic pain; the inluences of demographic

factors (age, gender, education and co-residence).

Method: The study took place in Udine, Italy. Elderly over 65 years old, visiting the general practitioner, completed a standardised questionnaire. The questionnaire

consisted of the demographic factors, Chronic Pain Grade Questionnaire and barriers to speak about pain. General practitioners graded the pain of the same patients.

The results of the patient questionnaire were compared with the grading by the general practitioners. Patient-barriers to speak about chronic pain and the inluence

of demographic factors were analysed. The data was transformed to binominal data and the Pearson chi-square test was used to test for signiicance. The data were

analysed twice, for the categories ‘any chronic pain’ and ‘clinical relevant chronic pain’.

Results: Five general practitioners included 185 elderly. The prevalence of chronic pain in the category ‘any chronic pain’ was 89.2% and in the category ‘clinical relevant

chronic pain’ it was 13.0%. The category ‘any chronic pain’ is correctly assessed in 68% of the patients (TP=64%, TN=4%, FP=7% and FN=25%). The category

‘clinical relevant chronic pain’ is correctly assessed in 80% (TP=1%, TN=79%, FP=7% and FN=12%). The demographic factors did not inluence the prevalence and

assessment. Of the patients, 70% (‘any chronic pain’) to 74% (‘clinical relevant chronic pain’) said to have told their pain problems to the general practitioner. Only

patients in the category ‘any chronic pain’ were better assessed if they said to have told their pain problems. Patient-barriers to speak about chronic pain were, in the

category ‘any chronic pain’, the believe that ‘pain is normal at my age’ and not experiencing the pain at the moment of the doctors visit.

Conclusion: General practitioners underestimate the chronic pain of elderly who visit their practice. This is partly because elderly do not tell them their pain complaints.

General practitioners do not have optimal assessment skills. There is no inluence of age, gender, education and co-residence on prevalence and assessment of chronic

pain. There are signiicant interphysician variations.

Discussion: This is an explorative study in the ield of chronic pain. It shows the complexity of research in the ield of chronic pain, as well the need for further research.

A category of ‘clinical relevant chronic pain’ should be linked to treatment. Methods should be developed, which are easy comprehended by elderly, and also have the

scientiic validation to perform an in depth analysis of the group of elderly who visit the general practitioner.

Key words:

chronic pain; elderly; general practice

RIASSUNTO

Introduzione: la prevalenza del dolore cronico nella popolazione anziana è incerta. Nonostante il dolore cronico abbia una inluenza fortemente negativa sulla qualità di

vita, si è considerato che esso sia sotto trattato nel paziente anziano. La valutazione del medico di famiglia è fondamentale per migliorare tale sotto-trattamento.

Obiettivo:scopo dello studio è di determinare quanti dei pazienti anziani che si rivolgono al medico di famiglia sofrono di dolore cronico; in che modo il medico di

famiglia valuta il dolore cronico; quanti anziani raccontano del loro dolore al medico di famiglia; gli ostacoli del paziente a parlare del proprio dolore cronico; la inluenza

dei fattori demograici (età, sesso, cultura e co-residenza).

Metodi: lo studio si è svolto ad Udine, Italia. Un questionario standardizzato è stato sotto sottoposto a tutti gli anziani di età superiore a 65 anni che si recavano in visita

dal medico di famiglia. Il questionario riguardava fattori demograici, grado del dolore cronico e barriere a comunicare il dolore. Negli stessi pazienti i medici di famiglia

Beltman et al.

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Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 21

Original Research Articles

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Chronic pain of elderly in Italian general practice

INTRODUCTION

Chronic pain is a common geriatric complaint.1 Our understan-ding of chronic pain among elderly is limited. The available infor-mation is scattered among scientiic ields because both chronic pain and geriatrics are multidisciplinary ields.2

Although chronic pain is regarded as a common condition, the exact prevalence is unclear. The epidemiological studies about chronic pain use diferent methods, assessment instruments, deinitions, and populations.3 These diferent approaches show the complexity of chronic pain research. Prevalence of chronic pain among community-dwelling elderly is estimated as 25% to 70%.4-9

Chronic pain reduces the quality of life of elderly signiicantly. Mediated by physical and psychosocial disability, the quality of life is reduced with 10%.10 The impact of chronic pain can range from an increased risk of suicide, increased alcohol consumption, reduced appetite, reduced involvement in recreational and social activities, increased dependency, sleep disturbances and gait im-pairments to higher rates of anxiety.11 Elderly in chronic pain often have depressive symptoms.12 And unrelieved pain increases the risk of cognitive failure.13

Chronic pain is a subjective sensation and therefore diicult to me-asure objectively. A comprehensive pain assessment tool should include measures of pain intensity and multidimensional measu-res of the pain experience.12 There are diferent multidimensional assessment tools available, i.e. the McGill Pain Questionnaire12 and the Chronic Pain Grade Questionnaire.14 These are methods to measure diferent aspects of chronic pain, i.e: intensity, disability and persistence.

Guidelines on the treatment of chronic pain in the elderly have been published.15-17 Treatment is not focused on total pain relief,

but on pain reduction. Nevertheless, chronic pain is thought to be systematically undertreated. This is due to both a lack of pro-per recognition and treatment.11,12 There is evidence that 47-80% of the community-dwelling elderly do not receive any treatment for their pain.12

There are several barriers described for elderly which hamper the treatment of chronic pain. Physician barriers include a lack of knowledge, a lack of time and a fear of opioid toxicity.13 Bariers for elderly patients include: fatalism, denial, ‘good-patient’ behaviour, fear of adverse efects, fear of loss of independence, fear of addic-tion to medication, fear for tolerance of medication, believes that medication needs to be saved until the pain is intolerable and fear that pain is a symptom of a serious disease.13,18

The general practitioner has a gate-keepers function in the Italian health system.19 This makes them keyplayers in the recognition of chronic pain. It is uncertain how many elderly who visit the ge-neral practitioner are in chronic pain. Neither is it clear how well general practitioners assess the chronic pain of their patients. Ge-neral practitioners often say that patients do not tell them about their pain complaints. But this has never been studied. Improving the chronic pain treatment for community-dwelling elderly starts with inding answers to these questions.

HYPOTHESIS

The purpose of this study is to determine how many elderly vi-siting the general practitioner are in chronic pain, and how well the general practitioner assesses their chronic pain. It was hypo-thesized that general practitioners underestimate the prevalen-ce of chronic pain because elderly do not tell their chronic pain complaints. Secondary it was hypothesized that there might be a correlation between the prevalence and/or the assessment of chronic pain with the age, gender, education or co-residence of the elderly patients.

classiicavano il dolore. I risultati del questionario venivano correlati con la classiicazione dei medici di famiglia e veniva analizzata anche l’inluenza delle barriere a

comunicare e dei fattori demograici. E’ stata eseguita l’analisi statistica dei dati e per i test di signiicatività è stato utilizzato il Pearson chi-square test. I dati sono stati

analizzati due volte, per le categorie A (qualsiasi dolore cronico) e B (dolore cronico clinicamente rilevante).

Risultati: Sono stati arruolati allo studio 185 pazienti anziani della popolazione assistita di cinque medici di famiglia. La prevalenza del dolore cronico nella categoria A

(qualsiasi dolore cronico) era dell’89.2% e nella categoria B (dolore cronico di rilevanza clinica) era del 13%. La categoria A veniva valutata correttamente nel 68% dei

pazienti, mentre la categoria B lo era nell’80% dei casi. I fattori demograici non inluenzavano né la prevalenza del dolore né la sua valutazione. Il 70% dei pazienti

di categoria A ed il 74% di categoria B afermavano di aver parlato del dolore cronico al medico di famiglia. Solo i pazienti di categoria A venivano valutati meglio se

avevano precedentemente comunicato al medico il loro problema “dolore”. Le barriere a comunicare il dolore erano, nei pazienti di categoria A, il convincimento che il

dolore “sia normale alla mia età” e il non presentarsi del dolore al momento della visita.

Conclusioni: i medici di famiglia tendono a sottostimare il dolore cronico negli anziani che visitano nei loro ambulatori, in parte perchè l’anziano tende a non denunciare

il proprio dolore. I medici di famiglia non dispongono di competenze ottimali per la valutazione del dolore. Sia la prevalenza che la valutazione non sono inluenzate

dall’età, dal sesso, dalla scolarità e co-residenza. Non ci sono diferenze signiicative tra i medici arruolati.

Discussione: questo è uno studio esplorativo nell’ambito del dolore cronico, che mostra sia la complessità della ricerca in questo campo, sia la necessità di ulteriori

indagini, e la categoria del “dolore cronico clinicamente rilevante” dovrebbe essere correlata al trattamento. Si devono sviluppare metodi che siano facilmente compresi

dall’anziano, e che abbiano una validazione scientiica per attuarli in una analisi approfondita della popolazione di anziani che frequenta gli ambulatori di medicina

generale.

Parole chiave:

dolore cronico; anziano; medicina generale

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Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 22

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Articoli

The research questions are:I. What is the prevalence of chronic pain of elderly patients who visit the general practitioner?II. How well does the general practitioner grade the chronic pain of elderly patients compared to a validated questionnai- re about chronic pain?III. Do elderly patients tell the general practitioner their pain complaints?IV. Why do elderly (not) tell the general practitioner their pain complaints?V. Is there a signiicant correlation between question I, II, III, IV, and age, gender, education or co-residence?

Method

General approach

This study is observational, with an explorative character. The stu-dy was conducted at three general practices in Udine, a small city in the North East of Italy. Five general practitioners participated. Each general practitioner had his own patient population. After the medical consult, the general practitioner or practice assistant asked patients of 65 years and over to participate. The reason why the patients visited the general practitioner did not matter, nei-ther did their medical history or treatments. No exclusion criteria were preformulated. It was left to the personal judgment of the general practitioners and practice assistants to exclude patients. The participants completed a 14 item questionnaire. If necessary the author (JB) helped to complete the questionnaire.

The questionnaire consisted of closed questions, grouped into three parts: demography; Chronic Pain Grade Questionnaire (CPGQ);14 barriers to speak about pain.The demographic information asked was about; age (current age); gender (male, female); educational level (primary education, high-school or college/university); co-residence (living alone or with others). The Chronic Pain Grade Questionnaire is a seven item multivariate measurement tool of chronic pain. It is validated as an (telephone) interviewing tool and as a postal self-report questionnaire.14,20 It was chosen because it is translated in Italian and validated for use in Italy.21 The CPGQ measures persistence, intensity and disability of pain during the preceding six months. It yields a score which places patients in one of four chronic pain grades:

(0. no pain;)I. low disability - low intensity; II. low disability - high intensity; III. high disability - moderately limiting; IV. high disability - severely limiting.

Patients were asked whether they told their doctor about their pain complaints, and why. The reasons to tell the doctor the pain complaints were precoded as: - the doctor asked me; - I want a drug/painkiller; - I want physiotherapy; - I want the doctor to know I am in pain; - I am afraid the pain is a symptom of a severe disease;

- describe another reason.

The reasons not to tell the general practitioner about the pain complaints were precoded as:

- I believe it is normal at my age to have pain; - the doctor did not ask me; - I do not want (other) drugs; - I preferred to speak about other more important problems; - I am afraid the pain is a symptom of a serious disease; - we spoke about the pain many times before; - right now I do not have any pain; - describe another reason.

The general practitioners completed a brief questionnaire. They assessed the chronic pain of their patients by placing the patients in one of the grades of the CPGQ (‘grading’). Two additional gra-des were added: grade 0 for patients without pain and grade 5 for ‘I do not know if this patient is in chronic pain’. The general practitioners reported when they spoke for the irst time with the patient about chronic pain. This way, it would become clear if a general practitioner would ask all his patients about chronic pain because of his participation in this study.

Dr. Maso (general practitioner in Venice, Italy) translated both que-stionnaires from English into Italian. In a pilot study of 16 patients the questionnaires were tested on intelligibility. Improvements were made both in lay-out and in vocabulary.

ANALYSIS

Descriptive statistics were used to survey the study sample. The data were further analyzed twice. Two categories of chronic pain were created: patients experiencing ‘any chronic pain’ and patients experiencing a ‘clinical relevant chronic pain’. All testing for signiicance was preformed through cross tabulation and the Pearson Chi2 test for signiicance, using the SPSS 14.0 statistical software. To use the Pearson Chi2 test for signiicance the CPGQ-grading and the grading done by the general practitioners were converted to binominal data. The cut-of point for the category ‘any chronic pain’ was chosen between CPGQ-grade 0 and 1. The cut-of point for the category ‘clinical relevant chronic pain’ was arbitrary chosen between CPGQ-grade 2 and 3. Figure 1 shows a lowchart of the analysis.

The inluence of age, gender, education, co-residence and indivi-dual general practitioners on the prevalence of chronic pain was tested for signiicance (N=185).

The inluence of age, gender, education, co-residence and individual general practitioners on the grading by the gene-ral practitioners was tested for signiicance. The grading of chronic pain by the general practitioners was compared to the CPGQ through cross tabulation, whereby the CPGQ was used as gold standard. The inluence of age, gender, educa-tion, co-residence and individual general practitioners on the assessment of chronic pain by the general practitioners was

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tested for signiicance. Hereby the assessment was deter-ment as ‘correct – incorrect’ grading by the general practitio-ner compared to the CPGQ. The sixteen patients of who the general practitioners did not know if they were in pain were excluded, because the general practitioners did not grade these patients (N=169).

It was tested on signiicance if patients in chronic pain (CPGQ), who said to have told their doctor about their pain complaints, were better assessed by the general practitioners, than patients who did not tell their chronic pain complaints (N=151 for the ca-tegory ‘any chronic pain’, N=23 for the category ‘clinical relevant chronic pain’).

The inluence of age, gender, education, co-residence, individual general practitioners, grading done by the general practitioners and the CPGQ-grade, on patients to tell their pain complaints to their doctor was tested for signiicance. It was only tested for pa-tients in any chronic pain (N=151).

The inluence of age, gender, education, co-residence, individual general practitioner, CPGQ-grade, grading done by the general practitioners and the general practitioners assessment (correct – incorrect), on the reasons for patients to tell or not to tell their pain complaints to their general practitioner, was tested for signiican-ce. It was only tested for patients in the category ‘any chronic pain’ (N=106 to tell, N=45 not to tell).

Figure 1: study analysis.

2-test

(N 185)

G.P grade: ‘I do not know if this patient is in chronic

pain.’ (N=16)

Prevalence grading G.P.

(N=169)

Prevalence grading G.P.

(N=169)

G.P grade: ‘I do not know if this patient is in chronic

pain.’ (N=16)

(Not) telling the G.P. about pain complaints

(N=151)

Influence of: age, gender, education, co-residence,

individual general practitioners and CPGQ-

grade

Assessment: comparison between grading by G.P.

and the CPGQ.

(N=169)

Assessment: comparison between grading by G.P.

and the CPGQ.

(N=169)

Patients not in chronic pain (N=18)

Patients not in chronic pain (N=147)

Influence of: age, gender, education, co-residence and individual general

practitioners

Assessment

(N=151) Assessment

(N=23)

Influence of: telling the G.P. about the pain

problems

Reasons to tell the pain complaints

(N=106)

Reasons not to tell the pain complaints (barriers)

(N=45)

Influence of: age, gender, education, co-residence,

individual general practitioners, CPGQ-

grade, grading by G.P.

and assessment

Legend: Next step

Pearson Chi

Excluded patients

End of the analysis

G.P. General practitioner

Prevalence CPGQ

(N=185) Prevalence CPGQ

(N=185)

Influence of: age, gender, education, co-residence and individual general

practitioners

Total Sample

(N=191)

Excluded patients (N=6)

Research population

(N=185)

Analysis category ‘any chronic pain’

(N=185)

Analysis category ‘clinical relevant chronic

pain’

Influence of: age, gender, education, co-residence and individual general

practitioners

Figure 1: Study analysis

Chronic pain of elderly in Italian general practice

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RESULTS

Sample characteristics

The general practitioners included respectively 10, 19, 41, 50, 55 and 10 patients. Of the 191 participating elderly ive were exclu-ded because they did not understand the questionnaire. One patient initially agreed, but refused participation in a later stage. The youngest participant was 65 years old, the oldest 94 years old. The mean age was 74.7 (SD 5.13) years old. Distribution in age groups of 5 years each is as following: 45 patients were 65-69 ye-ars, 53 patients were 70-74 years, 45 patients were 75-79 years, 28 patients were 80-84 years and 14 patients were 85 years or older. Gender was distributed almost equally with 94 male and 91 fe-male patients. Elementary education was received by 108 elderly, high-school education by 43 elderly and a higher education by 34 elderly. Of the participating elderly 55 lived alone. Table 1 shows the characteristics of the study sample.

The Chronic Pain Grade Questionnaire yielded 117 elderly in grade one, 24 in grade two, 10 in grade three, 14 in grade four and 20 pain free. The prevalence of chronic pain in this population was 89.2%. Prevalence of chronic pain of grade two or higher was 25.9%, of grade three or higher 13.0%, of grade four 7.6%. The ge-neral practitioners graded 72 patients in grade one, 34 patients in grade two, 13 patients in grade three and 1 patient in grade four. In their opinion 49 patient were not in chronic pain. Of 16 cases they did not know if the patient was in chronic pain. Figure 2 shows the distribution of the research population by the CPGQ and by the grading by the general practitioners.

There were 125 elderly who said to have told their pain complaints to the general practitioner. Reasons to tell the doctor about the

chronic pain were: The doctor asked me (6 patients).Drugs cause/provoke the pain (2 patients).I am afraid the pain is a symptom of a serious disease (5 patients).I want the doctor to know that I am in pain (57 patients).I want physiotherapy (7 patients).I want a drug against the pain (18 patients).In 30 cases the doctor knew about the pain because of an exten-ded medical history.

Sixty patients said not to have informed their doctor about their pain complaints. Reasons not to tell the doctor were:Right know I do not have any pain (36 patients).I think pain is normal at my age (20 patients).I wanted to talk about more important problems (4 patients).

Prevalence

The prevalence of chronic pain is, in the category ‘any chronic pain’ (89.2%), not signiicantly correlated with any of the variables. There is a trend (P=0.06) that men say to be painfree four times more often than women. However, being in ‘any chronic pain’ is divided almost equally over the sexes: 52.7% female and 47.3% male. The prevalen-ce of chronic pain is, in the category ‘clinical relevant chronic pain’ (13.0%), not signiicantly correlated with any of the variables.

Grading by the general practitioners

The prevalence of chronic pain in the category ‘any chronic pain’ is, following the grading of the general practitioners (71.0%), si-gniicantly correlated with co-residence (P=0.040) and individual general practitioners (P=0.033). Patients who do not live alone are more often assessed to be in chronic pain than patients who do live alone. The individual general practitioners assess ‘any chronic pain’ diferently. The prevalence of chronic pain in the category ‘clinical relevant chronic pain’ is, following the grading of the ge-neral practitioners (8.3%), not signiicantly correlated with any of the variables.

Assessment

Chronic pain is, in the category ‘any chronic pain’, correctly assed in 68% of the patients (true positive 64%, true negative 4%, false positive 7% and false negative 25%). In the category ‘clinical re-levant chronic pain’, the pain is correctly assessed in 80% of the patients (true positive 1%, true negative 79%, false positive 7% and false negative 12%).

Any chronicpain

Clinical relevant

chronic pain

Gender

- male 94 51%

- female 91 49%

Age

- 65-69 years 45 24%

- 70-74 years 53 29%

- 75-79 years 45 24%

- 80-84 years 28 15%

- > 84 years 14 8%

Education

- elementary 108 58%

- high-school 43 23%

- college/university 34 19%

Co-residence

- lived alone 55 30%

- lived not alone 130 70%

Total 185 100%

Table 1: Study sampleCPGQ-grades

% o

f th

e p

op

ula

tio

n

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The assessment (correct – incorrect) of chronic pain is, in the cate-gory ‘any chronic pain’, signiicantly correlated with the individual general practitioners (P=0.034). Individual general practitioners assess ‘any chronic pain’ diferently. There is no signiicant correla-tion between the category ‘clinical relevant chronic pain’ and any of the variables. There is a trend (P=0.052) that patients who do not live alone are better assessed. Patients in the category ‘any chronic pain’, who said to have told their pain complaints to the general practitioner, are signiicantly (P<0.001) better assessed. Patients in the category ‘clinical relevant chronic pain’, who said to have told their pain complaints to the general practitioner, are not signiicantly better assessed.

Patients telling their pain complaints

Patients, in the category ‘any chronic pain’, who are younger than 70 years old, have said signiicantly (P=0.038) more often that they told the general practitioner about their pain complaints. There is a signiicant correlation (P<0.001) that when the grade assessed by the general practitioner increases, more patients said to have told the general practitioner about their pain complaints. In the cate-gory ‘any chronic pain’ there is a trend (P=0.055) that patients, who do not live alone, have said more often that they told the general practitioner about their pain complaints. For patients, in the category ‘any chronic pain’, there is no signii-cant correlation between the reasons to tell the general practitioner their pain complaints and any of the variables. There is a signiicant correlation (P=0.007) between the age of patients, in the category ‘any chronic pain’, and the reasons not to tell the general practitio-ner about their pain complaints. Patients, under 80 years old reason more often ‘right now I do not have any chronic pain’ and patients over 80 years old reason more often ‘I think it is normal at my age to have pain’. Table 2 summaries the diferences between the two categories of chronic pain. Table 3 shows the signiicant inluences of the variables.

DISCUSSION

Conclusion

The prevalence of chronic pain, of elderly patients visiting the ge-neral practitioner, is 13% (category ‘clinical relevant chronic pain’) to 89% (category ‘any chronic pain’). The general practitioners underestimate the chronic pain of both categories. About a third (70-74%) of the elderly in chronic pain does not tell their pain com-plaints, mainly because they do not experience the pain at the

moment of the visit, or because they feel it is normal to experien-ce pain at their age. The general practitioners do not have optimal assessment skills. The age, gender, education and co-residence of the patients, do not inluence the prevalence or assessment of chronic pain.

Interpretation

This is the irst study which divides chronic pain into the cate-gories ‘any chronic pain’ and ‘clinical relevant chronic pain’. The prevalence of ‘any chronic pain’ is higher than described in other studies.4-9 This is probably because only elderly visiting the ge-neral practitioner are included, which makes this study focus on a speciic subpopulation of the community-dwelling elderly. Also the limitations of this study need to be taken into account. It is important for general practitioners to understand that the elderly who visit their practice might be in more chronic pain than community-dwelling elderly in general. Prevalence rates of the category ‘clinical relevant chronic pain’ or severe chronic pain of elderly in general practice are not known. This study shows that there are diferences between the cate-gories ‘any chronic pain’ and ‘clinical relevant chronic pain’. The subdivision of clinical relevant chronic pain is made arbitrary, wi-thout scientiic foundation. Nevertheless it should be determent if making subdivisions in chronic pain can improve the asses-sment and treatment for elderly patients. Further research could focus on the characteristics of subgroups, the assessment and treatment options.

Age, gender, education and co-residence are not signiicantly correlated with the prevalence of chronic pain. This implies that these factors are not useful in the screening for chronic pain in general practice. On the other hand, other studies sho-wed that woman experience more chronic pain than man5,7,8,22 and that a low level of education is correlated with more chro-nic pain5,23. Most studies show increasing pain with increasing age6,8,24, although some studies found diferent correlations.4,25 There was no literature found about the inluence of co-resi-dence on chronic pain. These diverse results are probably be-cause only elderly visiting the general practitioner were inclu-ded. It should be further investigated if the characteristics of the elderly visiting the general practitioner indeed difer from the general population of community-dwelling elderly.

The general practitioners underestimated the prevalence of

Any chronicpain

Clinical relevant

chronic pain

Prevalence 89% 13%

G.P. Grading 71% 8%

Correct assessment 68% 80%

Patient who told their pain complaints 70% 74%

Patients telling their pain complaints are better assessed

True(P<0.001)

False

Table 2: Differences between the categories of chronic pain

Any chronicpain

Clinical relevantChronic pain

Prevalence No correlation No correlation

G.P. GradingCo-residence*Individual g.p.*

No correlation

Assessment Individual g.p.* No correlation

Telling the g.p.Age* Increasing CPGQ-grade**

-

Barriers/reasons not to tell the g.p. Age* -

* P < 0.05 | ** P < 0.001 | g.p. = general practitioners

Table 3: Significant influences on both categories of chronic

Chronic pain of elderly in Italian general practice

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chronic pain. One Danish study showed that general prac-titioners assess the intensity of chronic pain lower than the personal experience of the patient.26 In our study, not the feelings of pain were used, but a multidimensional measu-rement tool. Compared to this instrument, the general prac-titioners do not have optimal assessment skills. ‘Any chronic pain’ is recognized correctly in only 64%, and missed in 25%. ‘Clinical relevant chronic pain’ is only recognized correctly in 1%, and falsely considered absent in 12%. General practitio-ners are moderately accurate in assessing the absence of cli-nical relevant chronic pain (79%). There are signiicant diferences between the assessment skills of individual general practitioners. This inluences the results, possibly biasing them. But even then, this study shows the need to take a closer look to the assessment skills of general practitioners. According to this study, it does not matter if patients in ‘clinical relevant chronic pain’ tell their pain complaints to their general practitioner. There are multiple explanations to be considered. The pain can be so obvious for the general practitioner, that active telling is not necessary. General practitioners can assess clinical relevant chronic pain so bad, that it does not matter if the patient tells about it. Or the limitations (i.e. the small study sample) of this study have biased the results. Only 70% to 74% of the elderly in chronic pain tells the gene-ral practitioner about their pain problems. From the barriers described in the literature, only the idea that pain is normal at older age comes forward in this study. Not described in the literature, but in this study equally important is that elderly who are not in pain at the moment of the doctor’s visit, do not tell their pain problems. These indings show that it is im-portant that a general practitioner performs an active history taking of chronic pain.

Limitations

The sample size is rather small, due to an overestimation of the visiting individual elderly by the general practitioners. With a larger sample, for example, the found trends could be assessed better. The study is based on a self-report questionnaire in the Italian language to avoid a language barrier. Unfortunately, a lot of the Italian elderly do not bring their reading glasses to the doctor. This meant that the author (JB) needed to interview most of the elderly. This introduced the language barrier between the Dutch author (JB) and the Italian elderly, who’s native language was often the Friulian dialect. It was left to the judgement of the general practitioners to exclude patients, there were no preset terms to exclude pa-tients. It turned out, for practical reasons, to be impossible for the participating general practitioners to count the elderly who were not included in the research.Previous to the start of the data collection, no clear deinition of chronic pain was formed. The current deinition of chronic pain is set by the International Association for the Study of Pain (IASP) as: ‘pain which has persisted beyond normal tissue healing time’, taken in absence of other criteria, to be three

months. This deinition is far from perfect. It does not take into account, for example, severity, disability, continuous or intermittent aspects of pain24. The CGPQ uses a six months period, instead of the regular three months. It is the opinion of the author (JB) that it is diicult for elderly to remember an abstract period of six months. The majority of the elderly needed an ankerpoint in time, like a birthday or Christmas, to remember their feelings of pain at that time. In the opinion of the author (JB) the questions of the CPGQ are diicult for elderly people. The CPGQ has been validated for use in the general population. It should be good to use, in further re-search, measurement tools which are validated for use with elderly. This includes a clear and practical deinition of chro-nic pain. Both an important limitation and inding is the signiicant correlation between the individual general practitioners and the grading and assessment of chronic pain. This means the-re are interphysician diferences. These can have biased the results, but also show that assessing chronic pain is a skill in which doctors difer. In further research this should be taken into account.

ACKNOWLEDGEMENTS

This study is conducted as an research elective facilitated by the Network Of Primary Health Care. At times it has been a frustrating experience to accomplish this work as an exchan-ge student, since cultural diferences do not exclude the academic or medical practice. But most of the time is was wonderful to experience and overcome the cultural diferen-ces. Not only professional, but also personal, it has been an enrichment to conduct this work in Italy.

Gratitude goes to the dott. Maso and dott. Padovano who, besides their illed schedules, found the time to voluntary as-sist in this study. Gratitude also goes to the general practitio-ners who opened their practice and voluntary participated in this study: dott. Struzzo, dott. Martin, dott. Todisco, dott. Bertolissi, dott. Passoni and dott. Rebetti.

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Chronic pain of elderly in Italian general practice

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Articles Original Research

Articoli

The evaluation of parental smoking status of students in primary schools in Mardin City Center, Southeast Turkey

Abitudine al fumo nelle famiglie degli studenti delle scuole primarie di Mardin, Turchia

İsmail Hamdi Kara¹, Bünyamin Dikici2, Ayfer Gözű 3

1Department of Family Medicine, Duzce University Medical Faculty, Duzce; 2Department of Pediatrics, Duzce University Medical Faculty, Duzce; 3Department of Pediatrics, Dicle University Medical Faculty, Diyarbakir

Correspondence to:

Prof. Dr. İsmail Hamdi Kara, [email protected]

Published by Edicare Publishing. All rights reservedIIPC 2009; 1, 1: 28-30

ABSTRACT

Background: In this study, we aimed to evaluate the conditions of parental smoking status of students in primary schools in Mardin City Center, in the Southeast of

Turkey, to relect this situation in our region.

Methods: This study is a cross sectional type epidemiological study. 802 students (mean age 10.4±2.3 years) were determined using the “randomized stepwise

sampling method”. A questionnaire was submitted to each parents including information about educational and social status of the family, home life conditions, the

presence of tobacco smoking in the home and children’s ages.

Results: This study consists of a total of 799 students of which 418 are boys (52.3%) and 381 (47.7%) girls. 248 students documented tobacco smoking in their home

(p=0.005). Five students (0.06%) documented active tobacco smoking. The number of people and rooms in the house were 6.5±2.1 and 3.1±1.1, respectively.

Conclusion: This study suggested that high level exposure to environmental tobacco smoking in the home was determined and poor house life conditions were seen.

Key words:

smoking; student; house life condition; parents

RIASSUNTO

Introduzione: in questo studio il nostro scopo è quello di valutare la condizione di fumatori nel caso di genitori di studenti delle scuole primarie della città di Mardin, nel

sud est della Turchia, per una veriica della situazione nella nostra regione.

Metodo: è uno studio epidemiologico trasversale, in cui sono stati individuati con campionamento randomizzato 802 studenti (età media 10.4 + 2.3 anni). Ad ogni

genitore veniva sottoposto un questionario con richiesta di informazioni circa la scolarità e lo stato sociale della famiglia, le condizioni di vita, l’uso di fumo di tabacco

in ambiente domestico e l’età dei igli.

Risultati: LO studio comprende un totale di 799 studenti di cui 418 maschi (52.3%) e 381 femmine (47.7%). In 248 studenti è stato documentato l’uso di fumo di tabacco

in casa (p=0.005). 5 studenti (0.06%) fumavano attivamente. Il numero medio di persone in famiglia era di 6.5 + 2.1 ed il numero di stanze in casa era di 3.1 + 1.1.

Parole chiave:

fumo; studenti; condizioni di vita domestiche; genitori

INTRODUCTION

Although many studies have been performed on the clinical, toxicological and epidemiologic efects of tobacco consumption on health, it is still obligatory to take all new necessary legisla-tive and regulatory measures, to urgently protect the health of children from the potentially hazardous efects of environmental tobacco smoking.1,2

For this reason, a law on tobacco consumption hazard preven-tion (TR Law no: 4207) was passed on 07 Nov. 1996 in Turkey. As implied by article 1, the aim of this is to protect people from the hazardous efects of tobacco smoking and to carry out neces-sary preventive and regulatory measures against situations like advertising and promotion campaigns that encourage this bad habit. Important progress has been made in the consumption of

Kara et al.

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Original Research Articles

Articoli

he evaluation of parental smoking status of students in primary schools

tobacco depending on some restriction with this law; however, applying and monitoring the procedure and also observation based on low efectiveness of law have been taken into account, this seems to be necessitated reevaluation. This issue must be dealt with other means besides the legal ones.3

In our country, smoking frequency has been reported as being 60,3 per cent in the population of over 15 year old (especially between 26 and 35 years old). The hazardous efects of tobacco smoking by adults on the health of children has been well do-cumented so more efort needs to reduce children ages severe respiratory system infection in this term.2,4-6 The extent of active and passive smoking in primary school aged children has not been investigated suiciently in Turkey. For this reason, this study was aimed at evaluating home conditions, sociodemographic features, parental smoking status of students in primary schools in Mardin City Center, in the Southeast of Turkey to relect this situation in our region.

MATERIAL AND METHODS

This study is a cross-sectional epidemiologic study. Mardin City Center had a population of 464 153. According to 2003 to 2004 statistics the number of primary schools were 35 and number of students were 47 227 in Mardin City Center. After learning the number of primary school students aged between 7 and 14 and also the number of schools from Mardin City National Education Directorship, the schools and students to be included in the study were determined. Age and gender were taken into account in the selection of students. Sample size was calculated by sampling formula that its universe known. In this study this parameter was admitted as follows: N= 147,229 and t(1-a) = 1.96, p=0.5 S2=(0,05)2 and optimum sampling was calculated as being approximately 802 subjects. The socioeconomic status of students was taken into account in the selection of schools. A questionnaire including information about the ages of the children, the educational level (Illiterate, Literate, Primary, Secondary and High and Over) and occupation of the parents (Housewife, Unemployed, Employee, Officer, Trades-Farmer and Other), the number of the siblings, house life condition and tobacco smoking in the home was submitted to each parent. The investigation was performed in accordance with the local ethics committee and the Declaration of Helsinki II and the Guidelines of Good Clinical Practice. Statistical evaluation was made with the SPSS 10,0 computer program. The Chi square test was used for the analyses of ca-tegorical variables, the independent t test was used for analyses of numeric variables, and one way ANOVA was used to analyze multiple groups.

RESULTS

This study consists of 418 (52.3%) male and 381 female (47.7%) (799 in total) students. Their mean age was 10.4±2.3 years. Five students, four boys and one girl, (0.06%) documented active tobacco smoking. Distribution of demographic factors for gender is shown in table 1. Tobacco smoking in the home was determi-ned in 248 students, [132 (31.6%) out of males and 112 (29.4%) of females declared, igure 1] (p=0.362). There is no statistical

Table 1: Distribution of demographic factors according to gender

Parameters

Gender

Male (n=418)Female (n=381)

Total (n=799)

No. of sibling in the home

3 210 165 375

4-6 141 159 300

7-10 49 46 95

>10 18 11 29

No. of persons in the home

3 14 8 22

4-6 227 207 434

7-10 135 134 269

>10 42 32 74

No. of rooms in the home

1 19 21 40

2 123 102 225

3 140 102 242

4 107 125 232

>5 29 31 60

Heating in the home

Electric 12 11 23

Gas 5 3 8

Stove 274 251 525

Central 123 115 238

Other 4 1 5

Occupation of mother

Housewife 404 373 777

Employee-officer 9 6 15

Trades-Farmer 5 2 7

Occupation of father

Unemployed 57 54 111

Employee 83 55 138

Officer 152 148 300

Trades-Farmer 107 107 214

Other 16 20 36

Mother’s education

Illiterate 168 147 315

Literate 56 29 85

Primary 130 152 282

Secondary 27 27 54

High and over 37 26 63

Father’s education

Illiterate 41 31 72

Literate 51 45 96

Primary 122 106 228

Secondary 69 70 139

High and over 135 129 264

Figure 1. Distribution of smokers in the home according to gender

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Articles Original Research

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diference between age (p=0.304) either.The most common tool used for heating was a wooden stove (n=525, 65.7%) and central heating (n=238, 29.8%), respectively (p<0.0001). The number of people and rooms in the house were 6.5±2.1 and 3.1±1.1, respectively. The mean number of siblings was determined as 4.1±2.2. There were no diferences between the schools (p>0.05). While the mother’s occupation was mostly a housewife (n=777, 97.2%) (p<0.0001), the father’s occupation was mostly an oicer (n=300, 37.6%) (p<0.0001). The number of unemployed was extremely high (n=111, 13.9%). When the educational status of parents was taken into account, most of the mothers were uneducated (n=315, 39.4%) (p<0.0001), whereas most fathers are in the high school and over level (n=264, %33.0) (p<0.0001), respectively.

DISCUSSION

The most extensive study on the smoking status of students involving primary and high schools in our country was “Turkey Global Young Tobacco Survey” (GYTS). This study was conducted on 15.957 students from 202 school of 61 Province of Turkey by the Turkish Ministry of Health in 2003. According to this study, 29.3 per cent of students have tried to smoke (34.9% for boys and 21.5% for girls), and 9.1 per cent of students are still active tobacco smokers. However, the rate of environmental tobacco smoking was 89.0 per cent among those students.7

In one study undertaken in our country on primary school stu-dents by “Emri et al.8,the frequency of tobacco smoking in schools was found to be 11.7 % (13.9% for boys and 9.1% for girls). The frequency of tobacco smoking in the home of primary school students school was found to be 73,9 per cent in 1992 but this frequency was determined as 64 per cent in 1997 in the same group in Ankara City. This study also showed a causal link between exposure to smoking in the home and allergic rhinitis.9

In our study, mean ages of the 799 students (418 boys and 381 girls) was 10.4±2.3 years, tobacco smoking in the home was determined in 248 students, [132 (31.6%) of the males and 112 (29.4%) of the females declared, igure 1] (p=0.362). In our study, the number of active tobacco smokers was only ive. This rate is lower than expected, so we believe that some students did answer this question truthfully.A sectional study made in Hong Kong in 1994 including 6304 students, aged between 12 and 15, reported negative efects of both active and passive smoking on the children’s respiratory system infection. Furthermore, 1593 studies investigated passive smoking and 51 of them was found appropriate for metaanalyses showing an association between severity of respiratory disease and environmental tobacco smoking. Evidence of disease seve-rity like bronchospasms were seen as a result of environmental tobacco smoking in the home.10,11 Another study made in our country has found an association between environmental smo-king exposure and respiratory complaints including night cough, dyspnea and wheezing. This study included 617 children aged between 9 and 12 years who had a history of respiratory disease

in the family, tobacco smoking and wood stove for heating in the home. Respiratory complaints were more common in these children than in the others.3 In our study, the most common heating method and a high number of people per room in the house are also negative fac-tors for respiratory infections. Distribution of these demographic factors according to schools are shown in table 1. Generally, when the schools were investigated, there were no diferences observed between the schools. While most mothers were non educated (n=315, 39.5%), nine per cent (n=72) of the fathers were non-educated. The education status of fathers was mostly high school level or over (n=264, 33.0%). Mothers’ occupations were mainly housewives (n=777, 97.2%) and fathers were oicers (n=300, 37.6%). Unemployed rate was extremely high. In conclusion, this study suggested high environmental tobacco smoking exposure in the home, poor house life conditions, a high number of people per room in the house and low educa-ted mother in our region, respectively. In this context, the issue must be dealt with urgently. Government and authorities must carry out necessary measures.

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Kara et al.

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Clinical Practice Articles

Articoli

Uso degli esami di laboratorio nella prescrizione e follow up della terapia estro-progestinica: contraccezione e menopausa

Laboratory tests in the prescription and follow up of estroprogestin therapy: contraception and menopause

Rafaella Michieli1

1Medico di Famiglia, Venezia1SIMG - Società Italiana di Medicina Generale, Area Clinica “Salute delle Donne”, Firenze

Correspondence to:

Dr. Rafaella Michieli, [email protected]

Published by Edicare Publishing. All rights reservedIIPC 2009; 1, 1: 31-35

RIASSUNTO

La prescrizione della terapia Estro-Progestinica (EP) da parte dei Medici di Medicina Generale e degli Specialisti viene molto spesso preceduta dalla richiesta di esami

ematochimici con l’intento di screenare le donne a maggior rischio di Trombosi Venosa (TV). Vista la bassa prevalenza di tale patologia nelle donne in età fertile (4-7

/10.000 donne /anno), nonostante sia accertata la responsabilità di un piccolo aumento dovuto all’uso dei trattamenti ormonali, la maggior parte delle Società Scien-

tiiche e delle Linee Guida internazionali non ritengono utile l’esecuzione degli accertamenti ematologici e raccomandano un’accurata anamnesi familiare e personale

come buona pratica clinica. Una recente Consensus Italiana indica inoltre, per quanto riguarda la Terapia EP contraccettiva, la scelta di molecole a basso contenuto

estrogenico, contenenti progestinici di seconda generazione, con i quali si è veriicata una minor incidenza di TV.

Parole chiave:

esami di laboratorio; terapia estro progestinica; contraccezione; menopausa

ABSTRACT

A lot of blood tests are often prescribed by General Practitioners and Gynecologist before the prescription of Estro-Progestinic hormonal therapy in order to screen

women with major risk factors for thromboembolic disorder. On the contrary the main Scientiic Colleges and the most important international Guidelines reccomend

only to collect the family medical history, as the prevalence of Deep Venous Thrombosis is very low in women of fertile age. A recent Italian Consensus suggests, in case

of prescription of Combined Hormonal Contraception, the use of low dosage of ethinyl estradiol combined with a second generation of progestin.

Key words:

laboratory tests; estroprogestin therapy; contraception; menopause

INTRODUZIONE

Contraccezione

La contraccezione ormonale (CO) rappresenta un insostituibile presidio per la prevenzione delle gravidanze indesiderate e per la terapia di diversi disturbi femminili (tab.1)

I contraccettivi orali EP sono stati oggetto di valutazioni a lungo termine e sono probabilmente tra i farmaci maggiormente studiati. La loro tollerabilità e sicurezza sono ampiamente provate, specie

in relazione all’alternativa di una gravidanza indesiderata. Si può afermare che la contraccezione ormonale combinata può essere ininterrottamente utilizzata senza rischi in donne sane non fumatrici per tutta l’età riproduttiva, ino alla menopausa.1

Sono stati inoltre accertati i benefici della CO in relazione alla riduzione di alcune neoplasie in particolare relative all’apparato genitale femminile (tab. 2).2,3

A fronte dei molteplici vantaggi legati all’uso della CO a lungo termine, i principali rischi associati all’uso cronico di contraccettivi

Uso degli esami di laboratorio nella terapia estroprogestinica

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Articles Clinical Practice

Articoli

orali consistono in un aumento della frequenza di tumore al seno (3 casi in più ogni mille donne che fanno uso di contraccettivi orali per 8 anni), al collo dell’utero (2 casi per mille in più) e al fegato (0,7 casi per mille in più). 4,5.

Tra le rare complicanze vascolari associate alla contraccezione con EP, la più rilevante è la trombosi venosa (TV). Nelle donne in età fertile si tratta di un evento molto raro: pur non essendo disponibili dati certi per l’Italia, è stimabile complessivamente attorno a 4-7 casi l’anno ogni 10.000 donne, 1-2 dei quali sono attribuibili alla pillola EP. Il rischio di sviluppare trombosi venose in corso di terapia con EP aumenta ed è condizionato sia dalla componente estrogenica (quantità) che da quella progestinica (tipo di molecola).6

La contraccezione EP produce anche un aumento molto piccolo del rischio di trombosi arteriosa, stimabile tra 0.06 e 0,4 casi/anno ogni 10.000 donne rispetto a un rischio di base di circa 2 casi ogni 10.000 donne in età fertile.7

Poiché si veriica da anni una prescrizione abituale di esami emato-chimici preliminari all’uso della CO che spesso appaiono utilizzati allo scopo di screenare le donne a maggior rischio di TV,nel settembre 2008 presso l’Istituto Superiore di Sanità a Roma si è svolta una Consensus Conference tesa ad analizzare quali siano le misure utili alla prevenzione delle complicanze trombotiche associate all’uso della CO in età riproduttiva.

Menopausa

Il dibattito sulla terapia ormonale sostitutiva in menopausa (TOS)

è tuttora in corso. A partire dagli anni ‘60 la TOS è stata usata nelle donne in meno-pausa per alleviarne i sintomi principali. Ci sono stati in questi anni in seguito ai promettenti risultati di studi osservazionali, periodi di grande entusiasmo per l’eicacia della TOS, al punto da estenderne le indicazioni non solo alla risoluzione dei sintomi ma anche alla pre-venzione delle patologie che tipicamente peggiorano nella donna in post menopausa, come le malattie cardiovascolari e l’osteoporosi (tab 3). In seguito alla pubblicazione di ricerche contrassegnate da un disegno più solido e che hanno fornito risultati in aperto contrasto con quelli forniti dai precedenti studi, la comunità scientiica si è fatta più attenta agli efetti indesiderati della TOS stessa (tab 4).8,9

Per quanto riguarda le complicanze tromboemboliche, la TOS basata sulla somministrazione di soli estrogeni non sembra comportare un signiicativo rischio di episodi tromboembolici sia nelle donne in precedenza sane sia nelle donne che hanno già subito un evento cardiovascolare. Invece la TOS basata sulla somministrazione di estrogeni associati a progestinici in formulazioni continue aumenta signiicativamente l’incidenza di episodi tromboembolici.Anche in previsione della prescrizione della TOS vengono efettuate da parte dei medici specialisti e non, molte richieste di esami ema-tochimici che ricercano fattori di rischio per TV , patologia che di per sé è maggiormente a rischio in questa fascia d’età (Tab 5).

LA PRESCRIZIONE DEGLI ESAMI EMATOCHIMICI

Una ricerca efettuata nel 2003 nel Data Base “Health Search”10 che raccoglie i dati provenienti dalle registrazioni quotidiane del lavoro dei medici di medicina generale, ha evidenziato che su un totale di 243.000 donne di cui 131.000 tra 10 e 49 anni (età fertile), circa il 14% viene a contatto con il medico per la prescrizione della terapia CO o per la richiesta degli esami solitamente ritenuti necessari. Essendo possibile ricavare dal DataBase i dati di tera-pia e accertamenti collegati ad un “Problema”, abbiamo potuto evidenziare che la tipologia degli accertamenti che vengono più frequentemente richiesti per questo speciico scopo, è generica (emocromo, glicemia, transaminasi …), e tesa a rilevare eventuali condizioni patologiche come il diabete e l’insuicienza epatica grave, che sono molto rare nelle età giovanili quando avviene di solito la prima prescrizione (tab. 6). Tali problematiche certamente aumentano con l’età, ma in questo caso è quanto mai probabile

Table 1: Indicazioni non contraccettive dei CO

Indicazioni Bibliografia

Dismenorrea Eshre Capri workshop, HumReprod Update, 2005

Menorragia Larsson 1992, Milman, 1992

PCOS Cochrane Database Sys Rev, 2004

Endometriosi (sintomatica) Cochrane Database Syst Rev , 2000

Table 2: Benefici accertati dei CO

Problema Riduzione

Ca ovaio 40-80 %

Ca endometrio 50-60 %

Ca colon-retto 15-20 %

Alterazioni del ciclo 50 %

Table 3: Eventi desiderati associati alla TOS

outcome

trattamento ormonale

vsplacebo

trial follow-up

NNT aggiustato a 5 anni

Stima puntuale

limite nferiore IC

95%

limite superiore IC 95%

riduzione delle vampate di calore ogni tipo PEPI 98 3 4 3 8

riduzione incidenza di fratture del femore E WHI histerectomy 98 6,8 294 164 1396

riduzione incidenza di fratture del femore EP WHI non histerectomy 98 5,6 387 202 4388

riduzione incidenza di fratture vertebrali E WHI histerectomy 98 6,8 306 167 1773

riduzione incidenza di fratture vertebrali EP WHI non histerectomy 98 5,6 433 226 5382

riduzione incidenza fratture (tutte) E WHI histerectomy 98 6,8 35 27 51

riduzione incidenza fratture (tutte) EP WHI non histerectomy 98 5,6 46 33 73

riduzione incidenza di cancro al colon EP WHI non histerectomy 98 5,6 321 184 1276

Michieli

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Clinical Practice Articles

Articoli

che la donna si sia già sottoposta a controlli ematici per altri motivi o per semplice prevenzione. Per quanto riguarda invece la prescrizioni dei diversi esami del pattern emocoagulativo, se ne rileva l’estrema variabilità perino nelle diciture, segnale di una certa confusione su quali siano gli esami veramente utili a questo scopo. E’ interessante inoltre sottolineare che se gli esami vengono richiesti nel 20% circa delle donne che ricevono la prima prescrizione, ciò avviene nel 70% delle donne che hanno ricevuto 10 prescrizioni nel giro di tre anni, a testimonianza della loro probabile ripetizione durante la terapia o in occasione dei mesi di sospensione del trattamento.

Nel caso di donne di età superiore a 40 anni, gli accertamenti ematici vengono addirittura prescritti nel 71% delle donne che ne avevano già eseguiti.11

Soprattutto in relazione ai test speciici per la tromboilia, è ne-cessario usare cautela anche per la falsa rassicurazione che l’esito negativo di questi test può dare. Infatti rispetto ai più comuni test ematochimici, i test speciici di tromboilia presentano globalmente una maggiore complessità che si associa a una più alta variabilità dei loro risultati. I test di laboratorio che identiicano una predisposizione genetica o acquisita alla trombosi sono i seguenti:12

A. Test per predisposizioni genetiche

− Analisi del DNA per ricerca della mutazione fattore V Leiden (eterozigote/omozigote); il test funzionale di “Resistenza alla Proteina C attivata” può essere impiegato come screening per la presenza della mutazione suddetta

− Analisi del DNA per ricerca della mutazione G20210A della protrombina (eterozigote/omozigote)

− Dosaggio della Proteina C − Dosaggio della Proteina S − Dosaggio della Antitrombina

B. Test per predisposizioni acquisite

− Ricerca dell’anticoagulante tipo lupus (LAC) − Dosaggio degli anticorpi antifosfolipidi − Dosaggio del fattore VIII − Omocisteinemia

Le alterazioni diagnosticabili con questi test sono più frequenti di quelle genetiche e si associano ad un aumento di rischio trombotico variabile, maggiore per le prime due e minore per le altre.L’elevata variabilità metodologica determina anche una non tra-scurabile probabilità di errore diagnostico, ovvero la probabilità di interpretare un livello alterato come normale o viceversa, il che può portare ad un improprio management del soggetto esaminato.13 Prescrivendo questi test come screening alla popolazione generale, si corre il rischio di sovradiagnosi e di eccessiva medicalizzazione a causa della loro scarsa predittività .Un risultato negativo potrebbe essere falsamente rassicurante. Un risultato positivo potrebbe scoraggiare l’uso di contraccezione EP in donne che potrebbero giovarsene. Sia le principali Linee Guida internazionali sull’argomento , sia le Società Scientiiche, alla luce delle evidenze di letteratura non raccomandano, né prima di prescrivere un contraccettivo EP né durante l’uso, l’esecuzione routinaria di esami ematochimici generici, dei test generici di coagulazione e dei test speciici per trombo-ilia (compresi i test genetici). Al contrario, prima di iniziare una contraccezione con EP viene raccomandata un’accurata raccolta dell’anamnesi personale e familiare con particolare attenzione agli eventi trombotici, e un colloquio con la donna che preveda le informazioni necessarie sul rischio individuale di trombosi e sulla possibilità di ridurlo.14-16

Anche in presenza di storia familiare positiva per TEV (consanguineo di primo grado di età inferiore a 45 anni) non si raccomanda l’ese-cuzione dei test speciici per tromboilia al ine di prescrivere una contraccezione EP: in questo caso la donna viene considerata in classe II secondo i criteri di eleggibilità del WHO,una condizione accettabile alla prescrizione del CO con beneici che superano i rischi.15

La familiarità di per sé non è predittiva della presenza di un’alterazione

Table 5: I principali fattori che aumentano il rischio di trombosi venosa, nelle donne che assumono contraccettivi EP

Fattori individuali Fattori intercorrenti

Età Intervento chirurgico

Precedenti episodi trombotici Immobilità prolungata

Familiarità Traumi

Obesità (BMI ≥30) Puerperio (le prime 4-6 settimane)

Trombofilia

Table 4: Eventi indesiderati associati alla TOS

outcome

trattamento ormonale

vsplacebo

trial follow-up

NNH aggiustato a 5 anni

Stima puntuale

limite nferiore IC 95%

limite superiore IC 95%

rischio di tromboembolie E WHI histerectomy 98 6,8 292 143 6930

rischio di tromboembolie EP WHI non histerectomy 98 5,6 109 81 169

rischio di stroke E WHI histerectomy 98 6,8 170 97 671

rischio di stroke EP WHI non histerectomy 98 5,6 246 135 1406

rischio di coronaropatia EP WHI non histerectomy 98 3 172 92 1229

rischio di deterioramento intellettivo grave EP WHI non histerectomy 98 4,2 67 37 313

rischio di demenza (>65 anni) EP WHI non histerectomy 98 4,05 92 52 388

rischio di cancro al seno EP WHI non histerectomy 98 5,6 229 121 2114

rischio di colelitiasi con indicazioni chirurgiche E WHI histerectomy 98 7,1 68 49 111

rischio di colelitiasi con indicazioni chirurgiche EP WHI non histerectomy 98 5,6 107 74 198

Uso degli esami di laboratorio nella terapia estroprogestinica

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tromboilica (nota) ma può comportare un modesto incremento del rischio trombotico in corso di assunzione di EP, cosa che andrà considerata nella decisione condivisa con la paziente. In caso di presenza di una tromboilia ereditaria in donne che assumono EP, a seconda del tipo di tromboilia, la stima del rischio assoluto è comunque bassa, pari a 1.5 – 4.8 eventi per 1.000 donne-anno. Ne consegue che l’esecuzione routinaria di test speciici per l’identiicazione di tromboilia genetica non è vantaggiosa e non viene pertanto raccomandata.17 È stato inoltre stimato infatti che più del 70% di donne portatrici di un alterato test di resistenza alla proteina C attivata (espressione di mutazione del fattore V Leiden) non andranno mai incontro a trombosi.18

LA TIPOLOGIA DELLE MOLECOLE

Un altro problema è legato alla tipologia della prescrizione. L’aumento del rischio di TV in corso di terapia con CO dipende dal dosaggio dell’estrogeno e dal tipo di progestinico usato (tab. 7).Tale corrispondenza tra dose di estrogeno e rischio di TE venosa non sembra più dimostrabile con le dosi di estrogeno < 50 μg che oggi vengono correntemente usate, mentre è stato evidenziato che gli EP che contengono desogestrel o gestodene determinano un aumento del rischio assoluto di VTE di circa 1,1 casi per 10.000 donne-anno rispetto ai preparati che contengono levonorgestrel.19

Per quanto riguarda i CO contenenti Drospirenone, il cui uso è al secondo posto in Italia, (Tab 3) esso è stato recentemente valutato in uno studio di sorveglianza post-marketing, che confrontava tale EP verso preparati con levonorgestrel.20 Questi dati sono a favore di un rischio di VTE simile nelle donne che assumono EP con levonorgestrel o con drospirenone. Il rischio di VTE è inoltre maggiore nelle prime utilizzatrici di EP e nel primo anno di utilizzo.21

A seguito di queste considerazioni al momento della prescrizione, si raccomanda un contraccettivo a minor rischio trombotico (pro-gestinico di II generazione con 20-30 mcg di estrogeni)

CONCLUSIONI

Nel settembre 2008 si è svolta una Consensus Conference tesa ad analizzare quali siano le misure utili alla prevenzione delle compli-

canze trombotiche associate all’uso della CO in età riproduttiva. Tra le sue conclusioni si sottolinea che i test per individuare la predisposizione al rischio sono molto usati, ma non sono racco-mandati, mentre è necessario che la donna sappia che interventi chirurgici, traumi ed immobilità prolungata aumentano il rischio ed è quindi necessario segnalare al medico l’assunzione di EP. La paziente deve sempre ricordare che gli stili di vita salutari riducono il rischio trombotico ed il rischio cardiovascolare in generale.22,23

Nel Documento si aferma inoltre che “Un medico che applicando le raccomandazioni di questa Consensus Conference prescriva la contraccezione EP senza richiedere l’esecuzione di test di predi-sposizione genetica segue una buona pratica clinica”.Tali raccomandazioni non riguardano le donne che intraprendono una TOS : in questo caso la popolazione è sicuramente più a rischio ed è assolutamente opportuno veriicare la presenza delle condizioni preliminari necessarie alla safety nell’uso del farmaco.E’ altrettanto vero però che due considerazioni indirizzano l’eventuale necessità di richiedere esami ematochimici in questi casi:1. la maggior parte delle donne in età menopausale ha già svol-

to gli esami generali che permettono di aver diagnosticato le patologie oggetto di controindicazione

2. la maggior parte delle donne in età menopausale ha già avuto un contatto “ormonale” attraverso una precedente gravidan-za, un aborto, o un precedente uso di CO. Se in quelle occasio-ni non si è veriicato alcun efetto collaterale ed in particolare episodi di TV, la prescrizione della TOS può avvenire con una discreta garanzia, e sicuramente senza previa esecuzione dei test per la tromboilia, stante comunque il maggior rischio le-gato all’età.

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Table 6: I principali fattori che aumentano il rischio di trombosi venosa, nelle donne che assumono contraccettivi EP

Problema 1P 10P

Emocromo 20% 70%

Glicemia 20 70

Urine 20 70

Colesterolo 15 70

Ast/Alt 15 60

Trigliceridi 15 60

Creatinina 13 40

ATIII 10

PT/PTT 7

PCR 3

Proteina S totate 0.3Test Resist Prot C att

0.5

Prot C anticoag Ag 0.5

Prot C anticoag Funz 0.5

Table 7: Molecole progestiniche più utilizzate in Italia tra il gennaio 2005 ed il dicembre 2007

Progestinico% utilizzo gennaio

2005

% utilizzodicembre

2007

Gestodene 56 45

Drospirenone 17 25

Desogestrel 11 10

Levonorgestrel 7 7

Norelgestromina 3 5

Etonogestrel 1 4

Ciproterone acetato

4 3

Clormadinone acetato

0 (entrato in commercio

in Italia in aprile 2006)

3

(Fonte: IMS Health)

Michieli

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Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 35

Clinical Practice Articles

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Clinical relevance of nonalcoholic liver steatosis in general practice

Rilevanza clinica della steatosi epatica non-alcolica in medicina generale

Ignazio Grattagliano1

1SIMG – Società Italiana di Medicina Generale, Area Gastroenterologica 1General and Internal Medicine, Department of Internal and Public Medicine, University Medical School of Bari, Bari, Italy

Correspondence to:

Dr. Ignazio Grattagliano, MDi.grattagliano@semeiotica. uniba.it

Published by Edicare Publishing. All rights reservedIIPC 2009; 1, 1: 36-40

ABSTRACT

Nonalcoholic liver steatosis represents a major worldwide health problem as a consequence of the increasing prevalence of the associated conditions, the risk evolution

of steatohepatitis and its negative inluence on other chronic hepatic and systemic conditions. Because the prevalence of obesity, type 2 diabetes and metabolic

syndrome continues to increase, it is reasonable to assume that also the fatty liver disease will contribute to a higher utilization of medical services in the next future.

Therefore, the impact of this entity renders particularly important the role of family doctors in early identiication of risk factors as well as in the speciic management

of patients for improving quality and length of life, preventing hepatic and systemic life-threatening complications, but also for lowering the costs of the health service.

This clinical review highlights the major features of nonalcoholic liver steatosis by providing key messages for general practitioners.

Key words:

family medicine; fatty liver; general practice; liver steatosis; nonalcoholic fatty liver disease

RIASSUNTO

La steatosi epatica non alcolica rappresenta uno dei più importanti problemi di salute nel mondo in conseguenza della sua crescente prevalenza in condizioni cliniche

associate, del rischio di evoluzione in steatoepatite e la sua inluenza negativa sia sulle altre epatopatie croniche che su malattie sistemiche. Considerata la prevalenza

in continuo aumento di condizioni quali l’obesità, il diabete mellito tipo 2 e la sindrome matabolica, è ragionevole supporre che in futuro la malattia del fegato grasso

contribuirà al sempre maggiore ricorso alle cure mediche.

Pertanto, l’impatto clinico di questa malattia rende particolarmente importante il ruolo del medico di famiglia nella identiicazione precoce dei fattori di rischio, nella

gestione dei pazienti al ine di migliorarne lo stile di vita, prevenire complicazioni epatiche e sistemiche pericolose per la vita e, inine, contribuire a ridurre i costi del

servizio sanitario. Questa revisione clinica mette in evidenza le principali caratteristiche della steatosi epatica non alcolica, fornendo dei messaggi chiave per la pratica

clinica del medico di famiglia.

Parole chiave:

medicina di famiglia; fegato grasso; medicina generale; steatosi epatica non alcolica

INTRODUCTION AND GENERAL APPROACH

Liver steatosis is the most frequently diagnosed chronic liver di-sease.1 The form resembling alcoholic liver disease but occurring in people who drink little or no alcohol is called nonalcoholic fatty liver disease (NAFLD) and currently represents an emerging health problem. The estimated prevalence of NAFLD in the general population is

about 20% to 40%. Prevalence is higher among obese and dia-betic people.2 The inlammatory form, nonalcoholic steatohepatitis (NASH) has an estimated prevalence of 2% to 3%.3 Therefore, for every 1000 patients they see, an Italian family doctor (FD) is likely to encounter over 300 cases of NAFLD and 20 to 30 of NASH. These numbers certainly have a great impact on the daily work load

Grattagliano

List of abbreviations

NAFLD = nonalcoholic fatty liver disease; NASH = nonalcoholic; steatohepatitis; FD = family doctor; CHC = chronic hepatitis C; HOMA-IR = homeostasis model assessment - insulin resistance

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Clinical Practice Articles

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Clinical relevance of nonalcoholic liver steatosis

for a FD and contribute considerably to the increasing utilization and costs of the health service.4

NAFLD has no deinitive biochemical markers or peculiar clinical signs and it is often discovered by abdominal ultrasonography during investigations in patients with chronic elevation of liver enzymes. A simple and efective screening approach for NAFLD should exclude of all other causes of fatty liver (alcohol, drugs, hepatitis C virus, hemochromatosis), an ultrasound scan of the liver, and assessment of serum transaminase levels. High fasting serum glucose and insulin levels, insulin resistance, or diabetes could be also present. However, many patients have normal liver tests even when they are in the advanced stages of liver disease.5 Liver biopsy and histology is the best way to conirm NAFLD by assessing the extent of liver inlammation and ibrosis.6 Ho-wever, liver biopsy is not to be performed in all patients likely to have NAFLD, but should be done in patients with suspected NASH. More recently, combinations of several diferent serologic markers of liver function and ibrosis appear to predict progres-sion.7, 8 Also, breath tests using stable carbon isotope (13C) labeled substrates appear promising for assessing mitochondrial dysfun-ction in these patients.9 These interesting tests could be easily managed in outclinic patients and therefore may have future ap-plication also in family practice.

CAUSES, PATHOGENIC MECHANISMS

AND NATURAL HISTORY

NAFLD is now considered as a manifestation of the metabolic syn-drome, therefore the links between obesity, type 2 diabetes, cardio-vascular disease and NAFLD are likely to relect shared pathogene-tic factors. In fact, it has been estimated that approximately 75% of

those individuals with obesity or type 2 diabetes have NAFLD.3

Erroneously seen in the past as a benign condition, NAFLD has the potential to progress through inlammation (NASH) to ibrosis, cir-rhosis, and hepatocellular carcinoma.10 Therefore, it is important to identify NAFLD, to manage risk factors for NASH, and to consider treatment. Factors linked with disease severity include age >50 years, body mass index >30, and chronic elevation of transami-nase levels.11 Diabetes and obesity are demonstrated risk factors for progression to ibrosis.12 Diabetes is also a risk factor for death among patients with NAFLD.13

Pathogenically, NAFLD appears when fatty iniltration (triglyceri-des) exceeds 5% of hepatocytes and involves <30% (mild), up to 60% (moderate), or over 60% (severe). NAFLD occurs from insu-lin resistance, abnormal secretion of some hormones governing glucose and lipid metabolism (leptin, adiponectin), and increased release of inlammatory cytokines.14 Increased delivery of free fatty acids from visceral fat to the liver additionally contributes to de-range hepatocyte lipid metabolism. Both insulin resistance and excess free fatty acids impair mitochondrial function with increa-sed free radicals generation and activation of alternative metabo-lic pathways.15 These events are pathogenic factors for NASH.

NAFLD AND CHRONIC LIVER DISEASES

A large majority of studies have shown that steatosis is an indepen-dent predictor of ibrosis progression in patients with chronic liver disease.16 In addition, steatosis is an established factor of poor respon-se to antiviral therapy in patients with chronic hepatitis C (CHC) in-fection.17 Therefore, causes of steatosis (alcohol, insulin resistance and diabetes, hyperlipidemic state) are major disease modiiers in these patients. On the other hand, steatosis is commonly found in patients with CHC, with a prevalence ranging between 40% and 80%.Accordingly, control of comorbidities is currently considered a desirable goal in patients with chronic hepatitis infections, parti-cularly in diicult-to-treat patients. Thus, it is general opinion that insulin resistance should be corrected in patients with CHC not responding to antiviral treatment, although the modalities of this intervention have not been established and the optimal homeo-stasis model assessment - insulin resistance (HOMA-IR) score to be attained has not been identiied. It is not clear whether the best approach would be using thiazolidindiones or metformin to lo-wer insulin resistance.18 In addition, it is not clear whether the anti-viral re-treatment should start immediately after the irst failure or only once the HOMA-IR score has decreased to a level predicting a suicient sustained virological response rate.

TREATMENT

Therapeutic approach of NAFLD is largely conservative. Patients should avoid alcohol and other hepatotoxins. A program including progressive weight reduction, metabolic control and gradual phy-

Table 1.

STANDARD OBJECTIVES FOR EFFICIENT CARE OF PATIENTS WITH LIVER STEATOSIS

Early diagnosis of liver steatosis and identification of etiology

Identify patients at risk to develop fibrosis and cirrhosis

Classify the patient according to his general health status

Act on etiologic factors and on those favoring disease progression, by identifying treatment end-points and by setting the patient within his family and social environment

Promote family and cohabitants participation to assistance in terms of primary prevention (health education), secondary prevention for metabolic forms, support and surveillance for toxic forms (alcohol)

Suggest health-dietetic measures and therapeutic remedies

Checking parameters of effectiveness and controlling side effects of specific treatments

Identify and treat associated conditions (metabolic syndrome, diabetes, arterial hypertension,…)

Avoid administration of potentially hepatotoxic drugs

Promote vaccination against HAV and HBV

Surveillance for complications by promoting clinical, biochemical and instrumental follow-up

Table 2.

INSULIN RESISTANCE AS ASSESSED BY THE HOMEOSTASIS MODEL (HOMA) FORMULA.

(fasting glycemia [mmol/L] x fasting insulinemia [µIU/L])/22.5

The limit value of 1.64 defines insulin resistance

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sical exercise may contribute to improve liver abnormalities. A gra-dual weight loss is recommended if obesity is present. Conversely, a sudden weight reduction, as following weight-reduction surgery, must be avoided since it may result in a fatal hepatic failure.Preliminary indings also suggest that weight loss following treat-ment with weight reducing agents may be useful in patients with NAFLD when obesity is prevalent and afects also the function of other organs. Currently only two medications, sibutramine and orli-stat, are approved for long-term use. Both have demonstrated a po-sitive impact on both biochemical markers and ultrasonographic indings in patients with NAFLD. However, controlled trials of longer duration are warranted to assess for histology improvement.Until recently, a variety of pharmaceutical preparations has been commonly used for the treatment of liver steatosis. Some of them are herbal extracts and, although claiming anti-oxidant or anti-in-lammatory properties, they have not demonstrated any benei-cial efects. To date, only an ingredient of milk thistle (Silybum ma-rianum) combined with vitamin E has shown promising results.19 Also, control of hyperlipemia with hypolipemic drugs acting at reducing the hepatic synthesis of triglycerides may represent an adjuvant approach for the treatment of NAFLD associated condi-tions. Nevertheless the speciic eicacy of this measure for NAFLD remains controversial.

RELEVANCE FOR SYSTEMIC CONDITIONS

Cardiovascular Disease

NAFLD and the metabolic syndrome are multifactorial condi-

tions leading to accelerated atherosclerosis and are associated with major cardiovascular events and high mortality rate. The link between the individual components of these conditions is unknown, although recent studies support the notion that the-se metabolic abnormalities do indeed cluster beyond the efect of chance.20 The fact that insulin resistance and abdominal obe-sity are also associated with perturbations in plasma adipokine levels, altered fatty acid metabolism, endothelial dysfunction, procoagulant state and systemic inlammation, underscores the breadth and complexity of the pathophysiology of this clustering, resulting from the imbalance of some dynamic me-chanisms supporting the robustness and the adaptive response towards both intrinsic and extrinsic factors. Increased oxidative stress and activation of nitric oxide damaging mechanisms in vascular cells have been reported to be important mechanisms in the pathogenesis of hypertension and atherosclerosis in pa-tients with metabolic syndrome and NAFLD. Angiotensin II is one of the most potent stimuli activating vascular nitric oxide mechanisms. This property clearly links free radicals production with activation of renin-angiotensin system in hypertension. As a consequence, drugs acting on the renin-angiotensin system reduce pro-oxidant enzymes activity and render these enzymes speciic drug targets reinforcing the efect of more speciic me-dication molecules in NAFLD. In addition, it has been observed that ALT levels in NAFLD pa-tients may predict coronary heart disease events, independently of traditional risk factors and components of the metabolic syn-drome.21 Also, it has been shown that the risk of cardiovascular mortality is doubled in tertiary care patients with biopsy-proven NAFLD as compared to a reference population.22

Diabetes

The relationship between diabetes and chronic liver diseases is particularly complex because diabetes can be both a causal fac-tor for and a consequence of cirrhosis.23 Recently, the role of NAFLD in the pathogenesis of type 2 diabe-tes mellitus has gained much interest with data suggesting that hepatic steatosis might be determinant in the onset of type 2 diabetes, most probably by contributing to the development of hepatic insulin resistance. In fact, diabetes occurs with increased frequency in patients with NAFLD. However, although limited number of studies has tested the prognostic impact of diabetes, conversely, death causes in diabetic patients are highly related to liver failure.24

For the treatment of both conditions, diet and exercise are the irst line remedies to control hyperglycaemia and to lower tran-saminases levels due to NAFLD. In the event of dietary failure, two options are available in diabetic subjects: oral hypoglyca-emic agents or insulin. Drugs which decrease insulin-resistance and increase hepatic insulin sensitivity are of interest also for NAFLD.25 The most studied insulin sensitizer drug families are biguanides (metformin) and glitazones (rosiglitazon and piogli-tazon). Metformin down-regulates hepatic glucose production and diverts fatty acids from triglyceride production to mito-chondrial ß-oxidation, reduces fasting glucose levels, decrea-ses hyperinsulinaemia and improves hepatic insulin-resistance.

Table 3.

CRITERIA FOR DEFINING METABOLIC SYNDROME ACCORDING TO ATP III CLASSIFICATION

Waist circumference Men > 102 cm Women > 88 cm

Triglycerides > 150 mg/dL

HDL – Cholesterol Men < 40 mg/dL Women < 50 mg/dL

Blood pressure > 130/85 mmHg

Fasting serum glucose > 110 mg/dL

Metabolic syndrome is defined by the simultaneous presence of at least 3 o more risk factors

Table 4.

DIAGNOSTIC CRITERIA FOR DIABETES MELLITUS AND OTHER CATEGORIES OF HYPERGLYCAEMIC CONDITIONS

Serum glucose level (mg/dL)

Venous blood Capillary blood

DIABETES MELLITUS

- Fasting

- 2 hrs after glucose oral load

≥ 126

≥ 200

≥ 110

≥ 200

IMPAIRED GLUCOSE TOLERANCE (IGT)

- Fasting

- 2 hrs after glucose oral load

≥ 126

≥ 140 - ≤ 200

≥ 110

≥ 140 - ≤ 200

IMPAIRED FASTING GLYCAEMIA (IFG)

- Fasting

- 2 hrs after glucose oral load

≥110 e <126

≤ 140

≥100 e <110

≤ 140

Grattagliano

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Metformin does not produce hypoglycaemia, therefore can be used also in normoglycaemic subjects and exerts an insulin sen-sitizer action without afecting body weight but improving blo-od tests in metabolic syndrome patients. However, metformin is not indicated in advanced forms of liver disease because of the risk of lactic acidosis. Glitazones are an alternative new therapy capable to favorably interfere with several pathogenic steps lea-ding to NAFLD. These compounds improve insulin sensitivity by binding nuclear transcription factors. This activation ameliorates insulin sensitivity by promoting glucose utilization at muscular level and by decreasing the hepatic glucose production.

PREVENTION

Prevention of known risk factors leading to excess hepatic fat de-position and triggering the hepatitis process is the most attractive form of protection if an efective strategy can be devised. Indeed, strategies to reduce insulin resistance and obesity are urgently needed, especially in young adults by weight loss and decrease of insulin resistance. At this step, the active role of FDs is of funda-mental importance.

THE ROLE OF FAMILY DOCTORS

Speciic roles for FDs are to exclude other causes of chronic ele-vation of transaminase levels and/or liver steatosis (i.e. chronic hepatitis infection, haemochromatosis, chronic cholestatic or au-toimmune diseases, celiac disease), and above all to perform an accurate inquiry on alcoholic beverage abuse. Once the presence of a NAFLD is strongly suggested, FDs should register it among the patient’s problem list. Also, they should active search for pa-tients at higher risk of evolution (NASH) which may need consul-tation. Factors favoring the switch from a benign form to a more aggressive one are a long history of elevated transaminases levels, age over ifty, the presence of diabetes, body mass index excee-ding 30 kg/m2. The management of chronic conditions such as NAFLD is parti-cularly advantaged by integrated approach of FD and specialists, especially for advanced forms. In the case of NASH, the integrated intervention of FDs and hepatologists is particularly important to improve adherence to therapy, for a better prognosis, a good qua-lity of life, and a reduction of costs (avoidable hospitalizations, ap-propriate follow-up).26 In these cases, the application of validated chronic care model including patient’s education for increasing knowledge on disease and related risk factors is warranted.27 The intervention is based on empowering the patient to take respon-sibility for his own care by understanding the problem.28 A major role for FDs is to help patients to identify their objectives.FDs can manage NAFLD patients by checking parameters of the-rapy efectiveness and monitoring side efects of treatments. The-se include periodical checks of glyco-metabolic indexes (blood glucose, glycated haemoglobin, insulin resistance index, choleste-rol, triglycerides), but also of systemic parameters of inlammation (C-reactive protein), and cardiovascular system assessments (blo-od pressure, myocardial function). If patient’s examination is performed periodically, FDs may carry out the symptomatic treatment of NAFLD by using scores and indexes as main objective evaluations. Introduction of patients

with NASH to hepatologist at least one time is a good practice to consult on diagnosis and treatment plan. It is shown that pa-tients with more aggressive forms of chronic liver disease condi-tions managed by FDs in conjunction with specialists have better outcomes.29 The items needing cooperation with specialists are mainly directed to optimize adhesion to therapy, to avoid treat-ment discontinuation and improve quality of life. In some cases, the patient should be prepared to receive the treatment by a multi-disciplinary team. This integrated intervention necessitates of regular updating of FDs by training programs30 and represents, at moment, the best approach to care patients with more advan-ced forms of NAFLD.

KEY MESSAGES FOR PRACTICE

- Investigations of suspected NAFLD includes measurement of liver transaminases levels, liver ultrasonography, evaluation of risk factors, accurate exclusion of other causes of liver abnor-malities.

- NAFLD can progress to NASH, ibrosis, and cirrhosis. Evidence of this progression can be determined only by liver biopsy, al-though noninvasive tests are being developing.

- Mainstays of treatment are weight loss for obese patients and metabolic control for diabetic and hyperlipidemic patients.

- Unresponsive patients may be candidate to receiving drug treatment or even bariatric surgery if severely obese.

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Grattagliano

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Approccio sempliicato alla diagnosi ecograica e la gestione delle cisti da echinococco

Approccio semplificato per la diagnosi ecografica e la gestione delle cisti da echinococco in medicina generale

Simplified approach for ultrasonographic diagnosis and management of echinococcus cysts in general medicine

Giuseppe Rossi1, Francesco Barone1, Valeria Rollo1, Emanuele Altomare1 1 2° Medicina Interna Universitaria, Dipartimento Scienze Mediche e del Lavoro, Università degli Studi di Foggia

Correspondence to:

Dr. Giuseppe Rossi, MD [email protected]

Published by Edicare Publishing. All rights reservedIIPC 2009; 1, 1: 41-44

RIASSUNTO

L’echinococcosi è un’antropo-zoonosi parassitaria (causata dall’Echinococcus Granulosus, Echinococcus Multilocularis ed Echinococcus Vogeli) difusa in tutto il mondo,

la cui reale incidenza è sottostimata a causa di un decorso clinico paucisintomatico. Lo sviluppo delle cisti è lento e le infestazioni contratte possono rivelarsi dopo anni,

per fenomeni compressivi o per riscontro occasionale in corso di esami diagnostici. L’ecograia è una metodica largamente difusa in Medicina Generale, con elevata

speciicità (88-96%) e sensibilità (93-100%) nella diagnosi di cisti idatidee. Inoltre è molto utile per il follow up e per monitorare la risposta alla terapia. La classiicazio-

ne World Health Organization- Informal Working Group permette di distinguere le cisti attive (suscettibili di terapia medica o chirurgica) da quelle inattive meritevoli

solo di follow up. Oltre all’approccio chirurgico sta emergendo il trattamento di immissione e riaspirazione di agenti scolicidi sotto guida ecograica o tomograica

assiale computerizzata3,4. La terapia farmacologica con benzoimidazolici consente percentuali di guarigione del 70% e la sua associazione alla terapia chirurgica riduce

le recidive di echinococcosi.

Parole chiave:

cisti; echinococco; ecograia addominale; cisti epatiche

ABSTRACT

Echinococcosis is a parasitic anthropozoonosis (caused by Echinococcus Granulosus, Echinococcus Multilocularis, Echinococcus Vogeli), with a worldwide difusion and

whose real incidence is understimed because of it’s clinical course poor of symtoms. The cyst’s development is slow and the infection contracted can become syntoma-

tic after many years because of compression phenomena or occasionally during diagnostic exams. Ultrasonic tomography is largely available in General Medicine and it

has high speciicity (88-96%) and sensibility (93-100%) for hidatid cysts’s diagnosis. Also it can be very useful in the follow up and in evalutation of therapy response.

The classiication of the World Health Organization- Informal Working Group allows to distinguish the active cysts (which require pharmacological or surgical therapy)

from not active cysts which only need follow up. Apart from surgery, a puncture of the cysts treatment guided by ultrasonic or computed tomography is available. The

pharmacological therapy can determine healing in 70 % of total cases and the association with surgery reduces the late recidives of echinococcosis.

Key words:

cysts; echinococcosis; abdominal echography; liver cysts

INTRODUZIONE

L’echinococcosi o idatidosi, è un’antropo-zoonosi parassitaria (causata da Echinococcus granulosus, E.multilocularis, E.vogeli) nota sin dai tempi antichi: nel Talmud babilonese vengono descritte verosimili cisti idatidee durante riti sacriicali; Ippocrate, nel 379 a.C., descrive “tumori polmonari producenti acqua” ad alto rischio di rottura nelle cavità pleuriche.

Difusa in tutto il mondo,la sua reale incidenza è sottostimata a causa di un decorso clinico paucisintomatico7. E’ più comune in Paesi dediti alla pastorizia: bacino del Mediterraneo, Balcani, Medio Oriente, Nord Africa, Africa orientale, Sudamerica, Asia centrale, Cina 11. Un’indagine epidemiologico - ecograica, condotta nel 1990 in Italia, riporta un’ elevata incidenza (0.16%) con signiicative

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diferenze tra Nord (0.07%), Centro (0.12%), Sud (0.39%) e Sar-degna (2.09%)1. Dati epidemiologici del 2005 riportano un’in-cidenza media annua di echinococcosi per 100.000 abitanti nelle province di Modena e Reggio Emilia di 9.4 e 5.6; 9.77 in Sardegna, 2.33 in Puglia, 2.30 in Sicilia2.

EZIOLOGIA

E. granulosus è una piccola tenia che trascorre la fase adulta nel tenue di cani e lupi (ospiti deinitivi) e quella larvale ne-gli organi degli erbivori (ospiti intermedi) e accidentalmente dell’uomo. Il cestode adulto è lungo 2-6 mm; ha uno scolice con quattro ventose ed un rostello munito di uncini; è provvisto di 3 proglottidi, una immatura, una matura ed una gravida con circa 500 uova (embriofori) che vengono eliminate con le feci dell’ospite contaminando l’ambiente.Ingerite dall’ospite intermedio, o dall’uomo, schiudono nel duodeno liberando larve esacante che, attraverso le pareti intestinali, invadono il sistema circolatorio raggiungendo il fegato (54% dei casi), i polmoni (34%) ed i vari organi. Installatosi nei tessuti, il parassita comincia a formare una cavità interna circondata da cellule reticolo-endoteliali e tessuto ibroso. Dopo circa cinque mesi la cisti idatidea, piena di liquido limpido, crescendo per espansione, raggiunge 1 cm di diametro. Nella sua parete si distingue una membrana esterna stratiicata ed una interna, detta proligera, da cui emergono per gemmazione delle capsule proligene contenenti protoscolici . Molte capsule proligene si staccano dalle pareti e si depositano come sabbia idatidea sul fondo della cisti. Le cisti che abbiamo appena descritto sono di tipo uniloculare e, in pochi anni, possono raggiungere le dimensioni della testa di un bambino. Se il loro sviluppo è ostacolato, come avviene ad esempio nelle ossa, le cisti idatidee assumono forma ramiicata crescendo nelle direzioni di minore resistenza (echinococcosi alveolare).Gli animali da allevamento e l’uomo si infestano ingerendo uova di E. granulosus disperse con le feci dai cani parassitati sull’erba, sulle verdure, nella polvere. Le uova adese ai peli del cane vengono disseminate nelle case o trasmesse direttamente all’uomo quando il cane lo lecca.L’Echinococcus multilocularis misura circa 4 mm; allo stadio adulto parassita le volpi ed i gatti, ospiti intermedi sono i topi. Le volpi e/o i gatti si infestano divorando i topi e questi ultimi ingerendo le uova disperse con le feci delle volpi. L’uomo si infesta mangiando fragole, lamponi, verdure su cui hanno defe-cato le volpi. La localizzazione principale di questa infestazione nell’uomo è quella epatica. L’Echinococcus vogeli è l’agente dell’idatidosi policistica, endemica nell’America centro-meridionale; ha un ciclo prevalentemente selvatico che include cani selvatici e domestici come ospiti deinitivi e roditori sudamericani,detti “paca”, come ospiti inter-medi della forma larvale. Le larve di E. vogeli formano strutture policistiche, ripiene di liquido, principalmente nel fegato, ma anche in altri organi addominali e toracici.

QUADRO CLINICO

Lo sviluppo delle cisti è lento e asintomatico; spesso le infe-stazioni si rivelano dopo anni per fenomeni compressivi sugli

organi adiacenti. Nell’infanzia la localizzazione più frequente è quella polmonare (70% circa dei casi totali), nell’età adulta e senile prevale quella epatica (70-75%). La sintomatologia varia secondo la localizzazione ed il numero delle cisti, il loro stadio evolutivo, i fenomeni compressivi esercitati. I sintomi più frequenti sono rappresentati da dolore, disturbi digestivi, febbre, ittero, orticaria ricorrente, prurito persistente, ipereosinoilia, aumento delle IgE. Oltre il 90% delle cisti si localizzano nel fegato e/o in entrambi i polmoni; occasionalmente (2-3%) nel rene, nella milza, nella cavità peritoneale, nei muscoli; raramente (1%) nel cuore, cervello, colonna vertebrale, ovaie. La crescita della cisti all’interno del fegato può comprimere le vie biliari causando ittero, istole, colangiti ricorrenti e può deter-minare ipertensione portale. La rottura spontanea o traumatica della cisti, per il contenuto di materiale altamente antigenico, comporta il rischio di shock anailattico anche fatale. L’idatidosi polmonare può causare tosse stizzosa, toracalgia, emoftoe. La localizzazione ossea può manifestarsi con aree osteolitiche diffuse, specialmente delle ossa lunghe, con dolori ossei e fratture spontanee. L’idatidosi cerebrale causa ipertensione endocranica con cefalea e disturbi vari da compressione neu-rologica. La localizzazione renale può manifestarsi clinicamente, per rottura della cisti, con colica renale ed idatiduria. E’ possi-bile la localizzazione delle cisti teoricamente in ogni organo e tessuto con sintomi speciici.

DIAGNOSI

Spesso la diagnosi è occasionale, in seguito a radiograia del torace o ecograia dell’addome. L’ecografia ha elevata specificità (88-96%) e sensibilità (93-100%), è molto utile per il follow up delle cisti addominali o dei tessuti molli e per monitorare la risposta alla terapia8. La TAC9 e la RMN evidenziano i rapporti precisi della cisti con le strutture limitrofe, dando informazioni essenziali al chirurgo, ed individuano anche cisti molto piccole. In ogni caso, i dati clinici e radiologici devono essere confermati dai test immunologici, che ricercano gli anticorpi del paziente diretti contro gli antigeni degli echinococchi (Ag A e B, Ag 5): l’ELISA, l’immunoelettro-foresi, il test di emoagglutinazione indiretta (IHA, positiva con titoli > 1:64), di immunoluorescenza indiretta (IFAT), il test di issazione del complemento (CFT), il test di macroagglutinazione con lattice (LAT).

ASPETTI ECOGRAFICI

L’ecograia è diventata una metodica molto difusa, economica ed aidabile, negli ambulatori medici ed il rilievo di cisti è un evento quotidiano nella comune pratica ecograica. Ma quan-do ci troviamo di fronte ad una cisti idatidea? Nel caso di cisti idatidee, poi, quali sono quelle attive, da trattare farmacologi-camente, chirurgicamente o con iniltrazione di antiparassitari o con altre metodiche? Esistono aspetti ecograici dirimenti che ci permettano di identiicare le cisti attive da quelle inattive in cui è suiciente un semplice follow up? Un grosso aiuto alla diagnosi e gestione delle cisti idatidee viene oferto dalla classiicazione WHO Informal Working Group5 che permette di individuare le cisti potenzialmente “attive”, suscettibili di

Rossi et al.

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trattamento, da quelle inattive meritevoli solo di follow up. Infatti, tale classiicazione distingue 5 diversi tipi di cisti, sulla base dell’aspetto ecograico:− cisti idatidea tipo 1 (cisti attiva): formazione rotondeggian-

te anecogena, liquida, talora con ini echi posteriori, con parete propria (ig.n° 1);

− cisti idatidea tipo 2 (cisti attiva): formazione rotondeggian-te, anecogena, multisettata con aspetto a rosetta, a ruota, ad alveare (ig. n° 2);

− cisti idatidea tipo 3 (cisti con caratteri intermedi): aspetto a doppia parete o a ninfea galleggiante per distacco, parziale o totale, delle membrane germinativa e chitinosa (ig.n° 3);

− cisti idatidea tipo 4 (cisti inattiva): lesione pressoché solida per progressiva scomparsa della componente liquida (ig.n° 4);

− cisti idatidea tipo 5 (cisti inattiva) presenta calciicazioni visibili come formazioni iperecogene con cono d’ombra posteriore (ig. 5).

Quindi, possiamo distinguere: − cisti attive, con protoscolici vitali, all’ecograia si presentano

come lesioni anecogene rotondeggianti con o senza ini echi posteriori e setti, espressione della sabbia idatidea, e/o cisti iglie (cisti tipo 1 e 2);

− cisti con segni di soferenza del parassita (l’esame ecograi-co può evidenziare il distacco delle membrane parassitarie associato o meno ad una minore rappresentazione della quota liquida con aumento della componente solida) (cisti tipo 3);

− cisti idatidee inattive in fase di degenerazione, senza pro-toscolici vitali (ecograicamente si presentano come lesioni solidiicate e/o calciicate) (cisti tipo 4 e 5).

TERAPIA

La terapia delle cisti idatidee varia dalla chirurgia (convenzionale o laparoscopica)6 al drenaggio percutaneo delle cisti associato ad instillazione di agenti scolicidi (soluzione salina ipertonica od alcool) e riaspirazione sotto guida ecograica o TAC (tecnica PAIR puncture, aspiration, injection, re-aspiration)10. La PAIR risulta indicata nelle cisti di tipo 1 e, in casi selezionati, nelle cisti tipo 2 e 3 e nei pazienti che riiutano il trattamento chirurgico convenzionale. Risulta controindicata nei casi in cui vi sia una comunicazione tra le cisti e le vie biliari e nelle cisti non accessibili10. La terapia medica si avvale di farmaci benzoimidazolici (al-bendazolo, mebendazolo) al dosaggio di 400 mg due volte die per tre mesi, 15 mg/kg peso corporeo in età pediatrica. Il praziquantel 40 mg/kg die una volta a settimana associato ai benzoimidazolici aumenta la percentuale di successo tera-peutico nell’echinococcosi secondaria6. Si ricorre alla terapia chirurgica soprattutto per cisti localizzate in zone soggette a traumi o situate vicino a vasi sanguigni e dotti biliari. L’inter-vento chirurgico radicale asporta le cisti col tessuto circostante, quello conservativo svuota le cisti, aspirandone le membrane lasciando in loco l’avventizia. Descritte minori recidive con l’intervento radicale. L’uso dei benzoimidazolici quattro giorni prima e per tre mesi dopo l’intervento chirurgico riduce le

Figura 1.

Figura 2.

Figura 3.

Figura 4.

Approccio sempliicato alla diagnosi ecograica e la gestione delle cisti da echinococco

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recidive. La terapia chirurgica permette di:rimuovere cisti di dimensioni elevate (in particolare con numerose “cisti iglie”), trattare cisti a rischio di rottura spontanea o traumatica, cisti infette, cisti comprimenti organi vicini, cisti comunicanti con le vie biliari, cisti ossee, cerebrali, polmonari, renali.Le controindicazioni alla terapia chirurgica sono rappresentate da: pazienti che riiutano l’intervento o con gravi comorbilità, donne in gravidanza, cisti con diicile accesso chirurgico, cisti molto piccole o inattive (tipo 4 e 5), soggetti in età estreme della vita.Le indicazioni della terapia medica sono rappresentate da: pazienti inoperabili, a presenza di cisti multiple in due o più organi; prevenzione dell’echinococcosi secondaria, sia in fase pre-chirurgica che durante trattamenti percutanei.Controindicano la terapia medica: le cisti inattive (tipo 4 e 5), i pazienti con epatopatie croniche o con depressione midollare, lo stato di gravidanza, le cisti di grosse dimensioni a rischio di rottura6.In letteratura è riportato con la terapia benzoimidazolica remis-sione completa delle cisti nell’70% dei casi, remissione parziale nel 5-10%; nessuna risposta terapeutica in circa il 15% dei casi, recidive in circa il 20% delle forme in remissione. Gli efetti collaterali più comuni della terapia benzoimidazolica sono rappresentati da

astenia, caduta dei capelli, cefalea, ipertransaminasemia. In casi rari si è veriicata grave tossicità epatica ed aplasia midollare7.

Ringraziamenti: si ringrazia il dottor Umberto Arena (Diparti-mento di Medicina Interna, Università degli Studi di Firenze) per la gentile e preziosa collaborazione al lavoro.

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Figura 5.

Rossi et al.

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Infezione necrotizzante granulomatosa polmonare

Infezione necrotizzante granulomatosa polmonare “in assenza di patogeno tissutale”

Necrotizing granulomatous pulmonary infection “in absence of any tissue pathogen identified”

Giovanni Colucci1, 5, Fedele Pavone1, Pasquale Iacovazzo1, Enza Colucci 2, Agnese Posca 3, Michele Petruzzelli 4

1 Medicina di Famiglia, Taranto 2 Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia - Università degli Studi di Foggia3 Istituto di Pneumologia - Università degli Studi di Bari 4 Consorzio Mario Negri Sud 5AIMEF – Associazione Italiana Medici di Famiglia, Dipartimento di Cardiologia

Correspondence to:

Dr. Giovanni Colucci, [email protected]

Published by Edicare Publishing. All rights reservedIIPC 2009; 1, 1: 45-49

RIASSUNTO

La Granulomatosi di Wegener (GW) è una malattia multisistemica caratterizzata da logosi granulomatosa necrotizzante. Il caso clinico riportato riguarda una probabile

variante morfofunzionale della GW con lesioni istologiche inora mai riportate nella letteratura. Si tratta di una donna di 49 anni con febbre e dolori toracici da sei giorni;

durante ricovero vengono eseguiti esami di laboratorio negativi per danno endoteliale (ANCA: anticorpi citoplasmatici anti-neutroili) e alterazioni della coagulazione.

L’esame istologico, con biopsia polmonare TAC guidata, diagnostica processo logistico cronico granulomatoso necrotizzante del polmone con vasculite (probabile

GW). Sono stati consultati due dei maggiori esperti anatomopatologi in Italia (Dipartimento di Anatomia Patologica, Università degli Studi di Bari) e negli USA (Di-

partimento di Anatomia Patologica della Mayo Clinic, Jacksonville, Arizona) ed entrambi concordano con la seguente diagnosi istologica: “Tessuto con caratteristiche

compatibili con un’infezione granulomatosa necrotizzante (senza alcun agente patogeno intratessutale)”. La paziente ha avuto ottima risposta alla terapia cortisonica

(praticata durante il ricovero) e allo stato attuale è in fase di remissione.

Parole chiave:

granulomatosi; infezione necrotizzante polmonare; vasculite

ABSTRACT

Wegener’s granulomatosis (WG) is a multi-organ disease characterized by inlammation and necrotizing granulomatosis. Here we report a case of WG characterized

by histological features which have not been described previously in the literature. A 49-year-old woman was admitted to the hospital because of fever and chest pain

lasting since six days. Autoantibodies directed against intracytoplasmic antigens of leukocytes (ANCA) were absent and there was no abnormality in coagulation fun-

ction. Open lung biopsy revealed chronic necrotizing granulomatous inlammation of the lung with vasculitis. Two authoritative histological opinions were obtained

from an Italian expert (Pathology Department, University of Bari) and the Pathology Department of the Mayo Clinic (Ariz., Jacksonville), which were concordant with

the following diagnosis: “Tissue specimen with features consistent with necrotizing granulomatous infection in absence of any tissue pathogen identiied (compatible

with WG)”. Cortisone therapy administered during hospitalization improved the clinical picture and the patient is currently in remission.

Key words:

granulomatosis; pulmonary necrotizing infection; vasculitis

CASO CLINICO

Viene eseguita una visita domiciliare ad una donna di 49 anni per febbre e dolori toracici, insorti da circa sei giorni. La paziente svol-ge il lavoro di tecnico di laboratorio, è sposata ed ha un iglio. Nell’anamnesi famigliare il padre è deceduto a 38 anni per tumore

dell’encefalo e la madre a 79 per carcinoma mammario. Non ha mai fumato né fatto uso abituale di alcolici. A 10 anni ha subito tonsillectomia con adenoidectomia e a 34 anni miomectomia dell’utero. La paziente riferisce la comparsa di tosse secca e stizzosa, seguita

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da febbre elevata e dolore toracico puntorio all’emitorace destro. Viene somministrata terapia antibiotica empirica con cefalospori-na per os e consigliata una radiograia del torace. Il radiogramma, eseguito entro le 24 ore, mostra la presenza di un versamento pleurico basale destro con ispessimento interstiziale; nulla da se-gnalare a sinistra (Fig 1).Viene deciso il ricovero presso il reparto di Pneumologia del presi-dio ospedaliero di competenza territoriale. Durante il ricovero vie-ne eseguita Tac toracica che dimostra la presenza di un espanso solido disomogeneo (4 cm circa) al lobo polmonare superiore di sinistra indissociabile dal foglietto pleurico in sede pre-aortica. Le-

sioni similari sono presenti nei foglietti pleurici parietali ino al lobo inferiore ove si osservano due altri noduli. E’ presente versamento pleurico declive a destra ove risultano peraltro piccoli ispessimenti a placca e nodulari dei foglietti pleurici. I reperti orientano in prima istanza per mesotelioma a localizzazioni multiple (Fig 2).Gli esami di laboratorio evidenziano: emocromo nella norma; Ab EBNA (Epstein-Barr) IgG 20 UI/ml (v.n.>19); funzionalità epatica e renale nella norma;VES 57mm/h; PCR 4.68 mg/dl (v.n. 0-0.33); Ab CMV IgG :5.3 UI (v.n. ino a 0.39 UI), Ca 125: 178.5 U/ml (v.n. 0-30); Ab anti Chlamdyae pneumoniae IgG positivo 1:64 IgM negativo; Ab anti Chlamdyae Trachomatis IgG positivo 1:64, IgM negativo. La paziente viene sottoposta a broncoscopia, che dà esito ne-gativo sia per la ricerca di batteri-micobatteri e miceti, sia per la ricerca di eteroplasia con l’esame istologico eseguito su biopsie bronchiali multiple. Anche la biopsia polmonare TAC guidata dà esito negativo.L’equipe ospedaliera decide quindi di procedere con biopsia pol-monare previa toracotomia, che documenta rilievo parenchimale consolidato al lobo medio che all’esame istologico presenta un “processo logistico cronico granulomatoso necrotizzante del pol-mone con vasculite”. Gli aspetti anatomo-istopatologici ed i dati clinico-anamnestici orientano per una possibile diagnosi di “Granulomatosi di Wege-

ner” . Durante la degenza ospedaliera la paziente viene sottoposta a terapia con macrolidi (claritromicina 500 x 2/die), cortisonici (me-tilprednisolone 40 mg e.v. x 2/die) ed antimicotici (luconazolo 100 mg e.v. x 2/die).Viene quindi dimessa in apparente completo benessere, con riso-luzione sia del quadro clinico che delle alterazioni radiologiche. Dopo circa due anni la paziente lamenta la ricomparsa di febbre, astenia e tosse accompagnate da artromialgie difuse, motivo per cui viene disposto un nuovo ricovero. Gli esami ematochimici sono tutti nella norma ad eccezione di Ab anti EB VCA IgG 902 UI/ml (v.n.<19 UI/ml) Ab anti Cytomegalovirus IgG 3.9 UI/ml (v.n. < 0.39 UI/ml). La TAC toracica eseguita presen-ta un quadro simile a quello riscontrato nel ricovero precedente. Dopo adeguata terapia, secondo lo stesso schema del ricovero precedente, il quadro radiologico si normalizza quasi del tutto con scomparsa o netta riduzione volumetrica delle lesioni nodulari e parziale risoluzione dell’addensamento parenchimale (ig 3). Allo stato attuale la malattia è in remissione.

CARATTERISTICHE ANATOMOPATOLOGICHE

Il referto dell’esame istologico descrive: frammenti pleuro-polmonari caratterizzati da un processo flogisti-

co cronico granulomatoso epitelioideo con isolate cellule giganti e

talora con ampi focolai di necrosi basofila a morfologia serpiginosa.

Tali granulomi a margini mal definibili hanno sede interstiziale va-

sculocentrica ed a volte interessano a tutto spessore la parete dei vasi

arteriosi e venosi parenchimali di medio e piccolo calibro. Il restan-

te parenchima polmonare è sede di un discreto infiltrato flogistico

linfoplasmocitario e neutrofilo con presenza di istiociti e di eosino-

fili, con proliferazione miofibroblastica endoalveolare e con focolai

d’infiltrazione emorragica recente. Sono presenti aspetti di capillarità

e vasculite leucocitoclastica in tutto il parenchima, anche in sede

Figura 1

Figura 2

Figura 3

Colucci et al.

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Case Reports Articles

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sub-pleurica ed al di fuori della zona con intensa flogosi. Discreta

fibrosi sub-pleurica e nell’interstizio peri bronco vascolare (negativa

la ricerca dei micobatteri con il metodo di Ziehl-Neelsen e negativa

la ricerca di miceti con il metodo di Grocott; si consiglia comunque

esclusione d’infezione tubercolare da bacilli di Koch mediante in-

dagine di biologia molecolare su sangue ed urine ). Frammento, di

pleura parietale con aspetti, di capillarite comprendente due linfo-

nodi esenti da alterazioni.

Conclusioni diagnostiche: processo flogistico cronico granulomatoso necrotizzante del polmone

con vasculite. Gli aspetti morfologici e i dati clinico-anamnestici orien-

tano per una possibile granulomatosi di Wegener.

La microscopia della Granulomatosi di Wegener è caratterizzata da noduli costituiti da quote variabili di tessuto necrotico ed iniam-matorio, tipicamente associato al completo rimaneggiamento della normale architettura polmonare 1,2,3. L’iniltrato iniamma-torio è composto prevalentemente da linfociti, plasmacellule e macrofagi, con minor partecipazione di eosinoili, cellule giganti multinucleate e leucociti polimorfo nucleati (tendono a racco-gliersi in piccoli aggregati che ricordano dei microascessi). Con il progredire della malattia, questi aggregati vanno incontro a necrosi e spesso vengono circondati da uno strato di macrofagi o di istiociti epitelioidi. Con l’evoluzione ulteriore del quadro si assiste all’ingrandimento e alla conluenza delle aree necrotiche, che assumono un aspetto serpiginoso, hanno di solito un aspet-to granulare basoilo e sono circondate da uno strato ben distin-to di istiociti epitieloidi (iniammazione granulomatosa). Nell’iniltrato iniammatorio circostante si possono osservare piccoli granulomi, in genere poco deiniti, ma qualche volta ben circoscritti e simili a quelli della sarcoidosi. Altri reperti istologici nel parenchima polmonare includono l’obliterazione degli spazi aerei da parte di sangue, macrofagi o tessuto ibroblastico, la bronchiolite aspeciica o follicolare e la polmonite ostruttiva1. Le arterie e le vene polmonari di piccolo e medio calibro mostrano iniammazione focale o difusa, secon-do uno dei seguenti tre pattern:1) necrosi ibrinoide della media; 2) iniltrazione della parete vasale, spesso limitata alla media e talora a tutto spessore, da parte di un iniltrato iniammatorio misto simile a quello parenchimale; 3) granulomi ben circoscrit-ti o aggregati di cellule giganti multinucleate. Vi può essere o meno una trombosi associata. Per poter essere considerata una vasculite vera e non secondaria alla logosi parenchimale, i vasi interessati dovrebbero in teoria essere circondati da parenchima prevalentemente normale al di fuori di aree necrotiche o iniam-matorie. Nei casi di consolidamento emorragico focale o difuso l’aspetto istologico è diverso ed è deinito meglio con capillarite o microangioite 4,3,5,6.

DISCUSSIONE

La Granulomatosi di Wegener è una malattia multisistemica ad espressione clinica variabile che nella sua fase di massima attivi-tà è caratterizzata, da un punto di vista istopatologico, da logosi granulomatosa necrotizzante delle alte e basse vie aeree e da glo-merulonefrite e vasculite necrotizzante a livello polmonare e di

vari organi e tessuti. La Granulomatosi di Wegener è una malattia rara. Negli Stati Uniti la sua prevalenza è di circa 3 casi su 1.000.000 abitanti 7. Colpisce tipi-camente adulti dalla IV alla VI decade, con età media di 46, 41 e 56 anni in tre ampie casistiche 7,8, ma può insorgere frequentemente, con manifestazioni cliniche e prognosi diverse 9, anche in soggetti più anziani: in uno studio su 51 pazienti, 29 (57%) avevano meno di 60 anni e 22 (43%) avevano 60 anni o più 9. E’ particolarmente rara nei bambini, ma interessa un discreto numero di adolescenti 10,11. La prevalenza è uguale nei due sessi 12,8. La rarità dei casi in-sorti durante la gravidanza indica che questa non rappresenta un fattore di rischio (la malattia in questi casi è più severa) 13, 14. Alcuni autori hanno notato una variabilità stagionale dell’esordio clinico, con un picco in primavera (circa il 35% dei pazienti) e un calo in estate (14%) 15, secondo altri con un picco in inverno16.

REPERTI DI LABORATORIO E DIAGNOSI

Anomalie ematologiche e sierologiche. Anemia, talora emolitica17, trombocitosi e leucocitosi, eventualmente con eosinoilia18. I markers di danno endoteliale e le alterazioni della coagulazione, come i complessi trombina-antitrombina III, i D-dimeri di ibrina, il fattore di von Willebrand e la trombomodulina, sono elevati in molti pazienti e, secondo alcuni studi, in relazione al grado di se-verità della malattia 19. La velocità di eritrosedimentazione è alta (>70 mm/h) nella mag-gior parte dei pazienti. Il fattore reumatoide, in genere a basso tito-lo, può essere presente nel siero 20,21 e talora si possono riscontrare alti livelli di IgE 22,23,24.

La determinazione del titolo degli ANCA (anticorpi citoplasmatici anti-neutroili) è risultata utile sia per la diagnosi che per il trat-tamento della Granulomatosi di Wegener. I C-ANCA sono positivi nell’85-90% dei pazienti con forma disseminata 25,26 e in circa il 75% di quelli con forma limitata di malattia27, mentre più rari sono i P-ANCA (diretti contro la mieloperossidasi o l’elastasi leucocitaria) 28,29. Sebbene i C-ANCA compaiano anche in altre malattie, come in altre vasculiti e in alcune malattie infettive (amebiasi, cromomi-cosi) 30,31, la loro speciicità per la Granulomatosi di Wegener sembra essere relativamente alta 32,33. Diagnosi radiologica: oltre alla semplice radiograia del torace è molto utile una TAC ad alta risoluzione (HRCT) 34,35,36,37,38,39,40,41. Altre indagini utili sono: a) broncoscopia: nel liquido di lavaggio broncoalveolare sono stati rilevati anche livelli aumentati di cito-chine neutroilo-correlate e di prodotti dei neutroili, come IL-8, fattore stimolante la colonia dei granulociti (G-CSF) e IL-1β 42; b) citologia; c) prove di funzionalità respiratoria; d) biopsia polmona-re TAC guidata.

Sono molti i dati contrastanti nel caso descritto, anche se il quadro radiologico, l’esame istologico e l’aumento degli indici di iniam-mazione (VES, PCR) potevano far propendere per la Granuloma-

tosi di Wegener; la negatività dei markers di danno endoteliale e della coagulazione, assieme alla positività agli Ab anti Chlamdyae pneumoniae IgG (+)/IgM (-); Ab anti Chlamdyae Trachomatis IgG (+)/IgM (-) potevano indirizzare verso un quadro infettivo.

E’ stata perciò richiesta la consulenza di un altro Istituto che ha con-

Infezione necrotizzante granulomatosa polmonare

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cluso con la seguente diagnosi istologica: processo Linfoproliferativo

Angiocentrico a Cellule T associato a reazione granulomatosa sarcoi-

dosimile compatibile con lesione angiocentrica immunoproliferativa/T

(AIL-T).

Questa diagnosi ha suggerito una ulteriore consultazione. Con il consenso della paziente si è inviato il materiale in Arizona presso la Mayo Clinic per una terza opinione. Le conclusioni diagnostiche formulate sono state le seguenti: “il tessuto del lobo superiore di sinistra mostra caratteristiche compatibili con un’infezione granu-lomatosa necrotizzante (senza alcun agente patogeno intratessu-tale)”.

La Granulomatosi di Wegener è una patologia immunitaria dove fra le cause scatenanti vengono citati agenti infettivi come sostenuto da varie osservazioni 43. E’ stata segnalata anche un’associazione fra vasculiti sistemiche (fra cui casi di Granulomatosi di Wegener) e infezione cronica da parvovirus B19 43. In minor misura sono sta-te identiicate associazioni con l’inalazione di polvere di silice o di polvere di cereali 44,45. La paziente presentava entrambe le cause come caratteristiche: episodi scatenanti nel periodo invernale allorquando ci sono pandemie virali e lavorava presso un labo-ratorio di analisi. La diagnosi anatomopatologica di vasculite non è sempre agevole e non tutte le vasculiti documentate istologi-camente rappresentano un processo primitivo: alcune patologie polmonari, come le infezioni, la sarcoidosi, gli emboli di materiale estraneo iniettato o le tromboembolie possono provocare logo-si (forme secondarie) e la diagnostica diferenziale non sempre è agevole 46.

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Infezione necrotizzante granulomatosa polmonare

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Rurik

Are the personal characteristics of family physicians different from other physicians? Personal evolution from surgery to primary care

Le caratteristiche personali dei medici di famiglia sono differenti da quelle degli altri medici?Evoluzione personale dalla chirurgia alle cure primarie

Imre Rurik 1, 2

1Department of Family Medicine, University Debrecen, Hungary; 2Primary Care Centre, Budapest XX, 1201 Budapest, Hungary

Correspondence to:

Prof. Imre Rurik, [email protected]; [email protected]

Published by Edicare Publishing. All rights reservedIIPC 2009; 1, 1: 50-51

The work of family physicians is diferent from that of specialists; problem oriented, ofering continuity, holistic approach, com-plexity and patent centeredness.1-4

Let me reveal my experiences and speak about my personal way.When I attended the secondary school I decided to be medical doctor. My family had a very close friend who was a urologist; I often visited him and liked his personal manner and style. I knew nearly nothing about his work. Before the secondary school leaving examination I decided to be a psychologist.I was successful in sport. During my third university year I contributed to the scientiic work of the Department of Sport Physiology.In the fourth year I won a competition in urology and joined the student staf at the Urological Department of the University.After graduation I began my professional carrier in this surgical ield of medicine.As a young doctor, besides my obligatory calls at the department, I joined the staf on duty in primary care. The main reason was to earn some more money in addition to the low oicial salary of physicians in Hungary.It was very interesting to visit the homes of people and often to see the reasons why the patients become ill, which, in most cases, was visible among their living circumstances and family situation. I liked to chat with them about their problems and complaints.In my daily work within urology, I tried to manage the other illnesses of my patients, due to which my boss often tore me of a strip. I registered wider and longer anamnesis in the patient’s iles, not only comprising urological and genital complains, but frequently other illnesses and symptoms. The chief of depart-

ment preferred to ask for a consultation of specialists, instead of initiating other treatments apart from urology.In the early nineties, I intended to go to work abroad, and found a very well paid post in Brunei. But I was afraid that I can only do a job of a surgeon, performing only operations, without understanding the people having quite diferent cultural values and languages, and this land was very far away from my country. That was the reason why I negotiated for another job in Kuwait, which was closer to Hungary, but later it came to nothing be-cause of the Gulf War.That year I decided to change my professional ield and applied for a family physician’s post in the same district where I worked. My application was accepted, and I started as general practitioner, a panel doctor, as it was called in Hungary then. For a few years I kept my hospital post part time, but later it became more and more diicult to harmonize these diferent jobs.During my hospital years I had a very good professional con-nection with a colleague who was a neurologist-psychiatrist and some of his skills were learnt and copied.In the shortened residency program I made the qualiications exam and acquired my second speciication in 1993, which was followed by the third in occupational medicine in 1998.Nowadays I practice urology for a few hours a week as private, although it is free for my patients who are registered in my primary care practice. Since this academic year I was appointed as Associate Professor, Chair, Department of Family Medicine of University Debrecen, which is the second largest medical school in Hungary.Teaching young colleagues was always interesting and impor-tant for me in the university, later in the hospital and recently

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Are the personal characteristics of family physicians diferent

in my practice. Hungarian and German medical students like to come to me, often returning some years later for a non-oicial consultation.I also found scientiic work important and interesting. I am very proud of being the irst family physician in Hungary to acquire the PhD degree according to the new regulation introduced in 1992, which is identical with that of the developed countries, replacing the Soviet type of scientiic qualiication.The prestige of primary care was generally low in Hungary, but later on it become more popular. Stepping out from a German-type of hierarchy within Hungarian hospitals was also an important aspect. I like to say that I am the master of myself, but a servant of my patients. I know my professional carrier is not a typical one, neither in Hungary, nor in other countries. It took many years before and during university for me to ind a profession and 10 more years

to ind the real one, family medicine.Family physicians have to analyze more complicated problems, which bring individual responsibility to the fore, and this greatly difers from team work in hospitals. To update the knowledge, to harmonize the personal relationship with the patients and to develop the communications skills are never ending processes. It should be a task, but should not be a constraint. The everyday pleasure is present in our work, it should not be missed.

REFERENCES

1. Arnold Cs. Family Medicine (in Hungarian).Medicina. Budapest.1999.2. Tierney LM, McPhee SJ, Papadakis MA (eds). Current Medical Diagnosis &

Treatment 2000, 39/e. McGraw-Hill Co. San Francisco.2000.3. Jones R (ed). Oxford Textbook of Primary Medical Care. Oxford University

Press.2005.4. Sandolzer H (ed). Allgemeinmedizin. Shaker Verlag. Aachen.2006.

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Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 52

Articles Focus On

Articoli

La comunicazione di cattive notizie in medicina di famiglia

Communicating bad news in primary care

Alberto Marsilio1, 2

1Medico di Medicina Generale, Venezia2Società Italiana di Geriatria e Gerontologia

Correspondence to:

Dr. Marsilio Alberto, [email protected]

Published by Edicare Publishing. All rights reservedIIPC 2009; 1, 1: 52-54

RIASSUNTO

La comunicazione di cattive notizie è uno dei compiti più gravosi per il Medico di Famiglia.

Esistono alcuni strumenti per aiutarlo in questa delicata mansione.

I contatti ripetuti con il paziente forniscono la strategia di base e la comunicazione diventa un processo dinamico e continuo nel tempo.

Parole chiave:

comunicare; cattive notizie; medicina di famiglia

ABSTRACT

Communicating bad news is a challenging and weighty task for every general practioner. Literature gives some tools to help him in this mission. However the basic

strategy is the relationship between patient and physician and at the same time the constant and dynamic communication.

Key words:

communicate; bad news; primary care

INTRODUZIONE

Comunicare una diagnosi infausta non è mai facile per nessuno, men che meno per il Medico di Famiglia, anzi è uno dei momenti di maggior criticità per la nostra professione, perché, a ben guar-dare, travalica il nostro essere medici e ci coinvolge in toto anche come persone.Ma è un compito a cui non possiamo sottrarci essenzialmente per due motivi:Il primo, molto concreto, è dovuto al fatto che ogni anno in Italia ci sono 250.000 persone afette da una malattia inguaribile ed è stato calcolato che un Medico di Famiglia assiste mediamente dai 4 ai 6 malati terminali per anno. Quindi, volenti o nolenti, queste persone le incontriamo nei nostri ambulatori.Il secondo motivo fa riferimento ad una delle caratteristiche peculiari della Medicina di Famiglia e cioè la relazione protratta nel tempo tra medico e paziente; relazione che in genere dura molti anni e che, quando possibile, dovrebbe continuare anche nell’ultima parte di vita del paziente.Il paziente ci ha scelto tra tanti altri medici, ci ha dato la sua idu-cia, mentire e far parte della congiura del silenzio, sarebbe come tradire questa iducia.

Comunicare cattive notizie deve rientrare tra i compiti del Medico di Famiglia proprio in virtù di questo rapporto di iducia che si è instaurato con gli anni.Quanto detto viene anche confermato da un’ indagine del CENSIS; alla domanda: ”secondo lei, nel caso di una malattia grave, che cosa è più giusto per il paziente?”: solo il 2.5% degli intervistati ritiene che il paziente non debba essere informato, mentre per l’ 82.3% del campione la comunicazione della malattia grave deve essere di competenza del medico.1

Criticità nella comunicazione di cattive notizie

Ma se vi è ormai accordo sul fatto che di norma la cattiva notizia debba essere comunicata (a meno che il paziente non lo voglia) e che questo sia un compito del medico, bisogna però anche ammettere con sincerità che sia il paziente, che il medico si sentono impreparati ad afrontare il tema della morte e a parlarne.Il paziente rimane senza parole ma non è che non ne vuol par-lare; non ne sa parlare perché non ha mai pensato alla morte in quanto l’educazione al morire è completamente assente dalla nostra cultura e dalla nostra società.Il paziente avverte che sta morendo, ma è del tutto analfabeta di

Marsilio

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Focus On Articles

Articoli

La comunicazione di cattive notizie in Medicina di Famiglia

fronte a questa fase cruciale della vita e anche noi medici spesso non troviamo le parole adatte.Di fronte c’è un paziente che in precedenza ho incontrato molte volte, con cui ho afrontato e risolto numerosi problemi di salute, come faccio ora a dirgli che sta morendo, a rispondere ai suoi dubbi senza mentire ma allo stesso tempo senza ferirlo? E poi, come gestire le mie reazioni personali senza pensieri di fuga o di proiezione di fronte alla morte di una persona?In efetti, secondo una recente ricerca, ben il 75% dei Medici di Famiglia fa fatica ad afrontare le responsabilità di ine vita e ad-dirittura il 92% aferma di aver bisogno di formazione.2 Quindi il tema della comunicazione di una malattia inguaribile è un argomento estremamente scottante e complesso.Sperimentiamo ogni giorno in ambulatorio che la competenza professionale, pur essendo importante, da sola non basta, biso-gna saper comunicare, e saperlo fare eicacemente altrimenti rischiamo di non mettere in atto una valida relazione d’aiuto ma anzi di provocare più danni che beneici.A conferma di ciò sono sempre più numerose le evidenze in cam-po oncologico, di una migliore qualità di vita legata, non tanto al livello di informazione ricevuta, quanto al grado di soddisfazione provato per l’informazione ricevuta.In efetti il rapporto medico-paziente può essere considerato a ragione nella categoria dei “beni relazionali” cioè quei beni o servizi che generano utilità non solo per il loro valore intrinseco, ma anche per le modalità con cui si svolge il processo di consumo; cioè sono beni che prendono senso proprio dal rapporto e dall’incontro con l’altro, dalla capacità di creare solidarietà, interdipendenza.Sappiamo bene che nel processo di produzione dei servizi sanitari chi fruisce di tali servizi attribuisce importanza, e perciò valore positivo, non solo all’ottenimento del risultato, ma anche alla modalità di erogazione del servizio stesso.

MODELLI E TECNICHE

PER LA COMUNICAZIONE DI CATTIVE NOTIZIE

Ecco perché ormai da tempo vengono fornite al medico delle “raccomandazioni” che lo aiutano a dare le cattive notizie in modo appropriato.A questo proposito sono stati elaborati vari modelli; uno dei più usati, soprattutto in ambito oncologico, è il modello SPIKES3 (Tabella 1).Una eicace comunicazione tra medico e paziente inoltre, può utilizzare svariate tecniche comunicative, tra le quali vale la pena di citare l’ empatia e la sincronizzazione:EMPATIA: è la capacità di immedesimarsi nello stato d’animo di un’altra persona, sentire cioè la sua ansia, paura, ecc. come se fossero nostre, senza però aggiungervi la nostra ansia, la nostra paura in modo da mantenere bassa la partecipazione emotiva.SINCRONIZZAZIONE: si basa sulla comunicazione non verbale adatta ad instaurare in modo rapido una relazione empatica con il paziente. Consiste nel tentare di rilettere nell’altro la propria im-magine, nel mandargli segnali non verbali (postura, gesti, tono della voce…) che egli può facilmente riconoscere. Questo clima di comprensione e di riconoscimento reciproco stimola il paziente ad aprirsi e a raccontare di sé.L’ empatia e la sincronizzazione hanno come basi biologiche ì neu-roni specchio: neuroni localizzati nella corteccia pre-motoria frontale

che si attivano sia durante l’osservazione che durante l’esecuzione di una determinata azione.Quando due persone comunicano si attivano determinate aree neu-ronali; nel momento in cui entrano in empatia le persone sembrano fare involontariamente gli stessi movimenti come fossero davanti ad uno specchio. La funzione dei neuroni specchio è quella di rappre-sentare azioni a livello cerebrale ainché avvenga una comprensione delle stesse; in questo modo le persone sono in grado di riconoscere che qualcun altro sta eseguendo una determinata azione e di usare le informazioni acquisite per agire in modo appropriato.4

In definitiva l’attività dei neuroni specchio rappresenta il punto di condivisione tra l’informazione inviata dall’emittente e quella ricevuta dal ricevente.Modelli e tecniche di comunicazione sono di grande aiuto nel processo comunicativo ma non devono essere applicati troppo rigidamente; la comunicazione deve essere sempre individualizzata e centrata sul singolo paziente: c’è chi non vuol conoscere la diagnosi, chi vuol sapere tutto nei minimi particolari, chi è ambivalente (da un lato vuole sapere ma dall’altro ha paura di conoscere la verità).

RUOLO DEL MEDICO DI FAMIGLIA

Il Medico di Famiglia si trova in una posizione privilegiata perché conosce la persona (la sua storia, il suo modo di concepire la malattia, le emozioni, l’habitus psicologico, la cultura, il sistema valoriale, il credo religioso) e conosce la famiglia.5

L’ambiente famigliare risulta essere una miniera di informazioni. Il fatto stesso di incontrare il paziente a casa propria, nel suo letto, cambia completamente la prospettiva e le dinamiche del rapporto medico-paziente; quando la famiglia è presente, con vincoli forti, è una risorsa importantissima: malato e famiglia sono un tutt’uno: un nucleo soferente e un nucleo di cura allo stesso tempo.Sempre più spesso però la famiglia è assente: anziani che vivono soli, con igli che abitano lontani o troppo impegnati con il lavoro e l’assistenza viene delegata alla cosiddetta “badante” con cui dobbiamo confrontarci per prendere decisioni.A volte poi ci troviamo di fronte malati che, per età o patologia, non sono in grado di esprimere le proprie volontà;6 in questi casi, se il confronto con la famiglia è doveroso, allo stesso tempo discu-tere solo con i famigliari “saltando” del tutto il paziente, comporta problemi di tipo etico e legale perché per il nostro ordinamento

Tabella 1. MODELLO SPIKES

S = Setting up Iniziare preparando il contesto e disponendosi all’ascolto.

P = Perception Valutare le percezioni del paziente, cercando di capire ciò che la persona sa già e l’idea che si è fatta della sua malattia.

I = Invitation Invitare il paziente ad esprimere la propria volontà di essere informato o meno sulla diagnosi, prognosi e i dettagli della malattia.

K = Knowledge Fornire al paziente le informazioni utili per comprendere la situazione clinica.

E = Emotions Aiutare il paziente ad esprimere le proprie reazioni emotive, cercando di rispondere ad esse in modo empatico.

S = Summary Discutere, programmare e concordare con il paziente una strategia che valuti le possibilità di intervento e i risultati attesi. Lasciare spazio ad eventuali domande. Rendersi conto di quanto il paziente ha capito e riassumere quanto detto.

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Articles Focus On

Articoli

giuridico l’unico destinatario dell’informazione e titolare delle scelte rimane il paziente (a meno che non vi sia un sostituto legale).Proprio per il setting peculiare della Medicina di Famiglia (che si fonda sui contatti ripetuti nel tempo con il paziente), si possono poi sfruttare al meglio, nel processo comunicativo, alcune strategie: Innanzitutto la cosiddetta Medicina d’iniziativa o d’opportunità: cioè approittare di ogni contatto con il paziente per attivare azioni miranti alla prevenzione o al riconoscimento precoce delle malattie (per esempio diabete mellito, ipertensione arteriosa).Calata nel contesto della comunicazione di malattie inguaribili, la medicina d’iniziativa dovrebbe sfruttare le ripetute visite con il paziente per iniziare un dialogo sulle problematiche di fine vita cosicché quando arriva il “momento” la notizia cada su un terreno un po’ più preparato e vi sia un orientamento su come comportarsi. Sappiamo bene poi che comunicare una cattiva notizia richiede preparazione, serenità e disponibilità di tempo; anche in que-sto caso il Medico di Famiglia può usufruire dei contatti ripetuti per scegliere il momento più adatto sia per il paziente che per il medico (perché anche noi possiamo avere una giornata “storta”, l’ambulatorio strapieno: in questi casi può essere utile farlo ritor-nare un altro giorno o dare un appuntamento fuori dell’orario di ambulatorio).I contatti ripetuti con il paziente sono poi fondamentali per comu-nicare la cattiva notizia per gradi, perché il malato in genere non è in grado di comprendere adeguatamente in un unico incontro tutte le informazioni riguardanti la diagnosi, la prognosi, le opzioni terapeutiche; bisogna ripetere, rinforzare, ampliare i concetti.

CONCLUSIONE

Da quanto in qui detto appare chiaro che per il Medico di Fami-glia la comunicazione di cattive notizie non si limita al momento dell’informazione, ma è un processo dinamico e continuo nel tempo durante tutta la fase della malattia; il processo comunicativo infatti, per essere realmente eicace, oltre all’informazione del puro dato clinico deve fornire anche sostegno al paziente.7

Partendo da questo concetto della comunicazione come processo

dinamico, vorrei concludere proponendo un piano d’intervento che evidenzi il “continuum” della comunicazione di cattive notizie in Medicina di Famiglia (Tabella 2). Accompagnare un paziente ino al momento della morte è una straordinaria possibilità di arricchimento professionale ed uma-no che segna in maniera indelebile il nostro agire di medici e di uomini. Ma anche per la famiglia può essere un’ esperienza straordinaria che dà serenità per aver fatto tutto il possibile per il proprio caro (Fig. 1).

BIBLIOGRAFIA

1. CENSIS, Forum per la ricerca Biomedica: Fiducia, dialogo, scelta. La comu-nicazione medico-paziente nella sanità Italiana. Roma 5 Luglio 2007

2. Simposio “Le decisioni di ine vita: quale il ruolo della desistenza terapeu-tica”. Cricelli C. Mestre 24 Maggio 2008

3. Bayle WF e Coll. Protocollo SPIKES The Oncologist 2000; 5: pp. 302-3114. Rizzolati G. e Sinigaglia C. So quel che fai: il cervello che agisce e i neuroni

specchio. Milano: Rafaello Cortina, 20065. Shields CE. Giving patients bad news. Prim. Care 1998 Jun; 25(2): pp.

381-3906. Torke AM et al. The Physician-Surrogate Relationschip. Arch Intern Med.

2007; 167: pp. 1117-11217. Ngo-Metzger Q, August KJ, Srinivasan M, Liao S, Meyskens FL Jr. End-

of-Life care: guidelines for patient-centered communication. Am Fam Physician 2008 Jan 15; 77(2): pp. 167-174

Tabella 2. LA COMUNICAZIONE “CONTINUA” DI CATTIVE NOTIZIE IN MEDICINA DI FAMIGLIA

Comunicare la diagnosi Capire se e quanto vuole essere informato, Discutere opzioni terapeutiche Stabilire obiettivi

Discutere efficacia ed effetti collaterali del trat-tamento

Adoperarsi perché paziente e famigliari siano consapevoli che l’exitus è vicino

Comunicare la prognosi Parlare della probabile durata della malattia, delle aspettative

Rivalutare la prognosi, rivedere le aspettative Rivalutare l’appropriatezza o futilità dei trat-tamenti

Discutere il decorso della malattia

Bilanciamento di rischi e benefici di ciascun trattamento

La malattia sta progredendo? Il paziente ne ha coscienza? Va cambiata la terapia?

Dare la preferenza alle cure palliative e al sollievo dei sintomi

Coordinare le cure Continuare ad occuparsi del paziente anche se ricoverato Fornire informazioni utili

Collaborazione con altre figure professionali (As-sistenza Domiciliare Integrata)

Valutare la preferenza per ricovero o per-manenza a casa

Fornire sostegno Fare attenzione alle emozioni, ai dubbi Supporto psicologico?

Rispondere alle domande in modo chiaro; curare ansia e depressione

Non abbandonare paziente e famiglia anche quando “non c’è più niente da fare”

Figura 1. Stralcio della lettera della figlia di un paziente deceduto a casa propria

Marsilio

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Journal & Guidelines News Reviews

Rubriche

9

Mortality Results from a Randomized Prostate-Cancer Screening Trial

Vaccine Prevention of Maternal Cytomegalovirus Infection

Gerald L. et al.

Published at www.nejm.org March 18, 2009 (10.1056/NEJMoa0810696)

I reali benefici dello screening del cancro della prostata con l’uso del PSA, della esplorazione rettale o di

altri test di screening sono ad oggi sconosciuti. A dispetto di queste incertezze, lo screening con PSA è

stato largamente adottato sia dai medici che dai pazienti, e negli USA l’uso di questo test dal 1988 ad oggi

è aumentato drammaticamente1. Numerosi studi osservazionali riportano risultati contrastanti rispetto ai

benefici dello screening2. L’American Urological Association e l’American Cancer Society raccomandano di

eseguire annualmente il test del PSA e l’esame clinico con digito palpazione, iniziando dopo i 50 anni negli

uomini a rischio normale di cancro della prostata e di iniziare più precocemente negli uomini a più alto

rischio. 3,4 Il National Comprehensive Cancer Network raccomanda un algoritmo per lo screening basato

sul calcolo del rischio, includendo familiarità, razza ed età.5 Per contro, lo U.S. Preventive Services Task

Force recentemente ha concluso che ci sono evidenze insufficienti negli uomini in età inferiore a 75 anni,

per valutare il bilancio tra rischi e benefici dello screening, mentre sconsiglia il test dopo i 75 anni.6

he beneit of screening for prostate cancer with serum prostate-speciic–antigen (PSA) testing, digital rectal

examination, or any other screening test is unknown. Despite these uncertainties, PSA screening has been adopted

by many patients and physicians in the United States and other countries. he use of PSA testing as a screening

tool has increased dramatically in the United States since 1988.1 Numerous observational studies have reported

conlicting indings regarding the beneit of screening.2 he American Urological Association and the American

Cancer Society recommend ofering annual PSA testing and digital rectal examination beginning at the age of 50

years to men with a normal risk of prostate cancer and beginning at an earlier age to men at high risk.3,4

he National Comprehensive Cancer Network recommends a risk-based screening algorithm, including family

history, race, and age.5 In contrast, the U.S. Preventive Services Task Force recently concluded that there was

insuicient evidence in men under the age of 75 years to assess the balance between beneits and side efects

associated with screening, and the panel recommended against screening men over the age of 75 years.6

Le infezioni congenite da citomegalovirus (CMV) sono una causa importante di deficit uditivo e cognitivo

e di disfunzioni motorie nei neonati. Il vaccino con glicoproteina B ha il potenziale per ridurre i casi di

infezione materna e congenita da CMV.

Congenital infection with cytomegalovirus (CMV) is an important cause of hearing, cognitive, and motor im-

pairments in newborns. CMV glycoprotein B vaccine has the potential to decrease incident cases of maternal

and congenital CMV infection.

1. Potosky AL, Miller BA, Albertsen PC, Kramer BS. The role of increasing detec-tion in the rising incidence of prostate cancer. JAMA 1995;273:548-552.

2. Lin K, Lipsitz R, Miller T, Janakiraman S. Beneits and harms of prostate-speciic antigen screening for prostate cancer: an evidence update for the U.S. Preventive Services Task Force. Ann Intern Med 2008;149:192-199.

3. American Urological Association (AUA). Prostate-speciic antigen (PSA) best practice policy. Oncology (Williston Park) 2000;14:267-72, 277.

4. American Cancer Society guidelines for the early detection of cancer. (Ac-

cessed March 6, 2009, at http://www.cancer.org/docroot/ped/content/ped_2_3x_acs_cancer_detection_guidelines_36.asp.)

5. Kawachi MH, Bahnson RR, Barry M, et al. National Comprehensive Can-cer Network clinical practice guidelines in oncology: prostate cancer early detection (v.2.2007). (Accessed March 6, 2009, at http://www.nccn.org/professionals/physician_gls/PDF/prostate_detection.pdf.)

6. Screening for prostate cancer: U. S. Preventive Services Task Force recom-mendation statement. Ann Intern Med 2008;149:185-191.

http://content.nejm.org/cgi/content/full/NEJMoa0810696?query=TOC

Robert F. Pass, M.D. et al.

NEJM Volume 360:1191-1199 March 19, 2009 Number 12

http://content.nejm.org/cgi/content/short/360/12/1191?query=TOC

Bollettino di breve e puntuale revisione bibliografica di articoli

scientifici e linee guida recentemente pubblicati sulle maggiori

riviste scientifiche del panorama internazionale

Page 58: Ijpc Vol 1

Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 56

Reviews Journal & Guidelines News

Rubriche

9

ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure 2008

Guidelines on the diagnosis and management of acute pulmonary embolism

Italian Society of Hypertension Guidelines for Conventional and Automated Blood Pressure Measurement in the Office, at Home and Over 24 Hours

Per la prima volta la nuova edizione 2008 delle Linee Guida ESC affronta la diagnosi e il trattamento sia

della Insufficienza Cardiaca acuta che cronica, con le più recenti evidenze ed indicazioni per aiutare il

medico nell’adottare le migliori strategie in funzione della diversa tipologia di paziente e della valutazione

del rischio-beneficio delle scelte adottate.

hese new 2008 ESC Guidelines on heart failure cover for the irst time acute and chronic heart failure, with the

latest evidence and guidance to help the physicians to assume the best strategies according to diferent types of

patients and evaluation of the risk-beneit of those measures.

Sono disponibili online le linee guida dell’European Society of Cardiology sull’Embolia Polmonare Acuta;

sono descritte le attuali procedure validate per la diagnosi, valutazione prognostica, terapia e management

nelle specifiche situazioni cliniche.

he 2008 update of the ESC Guidelines on Acute Pulmonary Embolism is now available; it focuses on current

validated methods of diagnosis, prognostic evaluation, PE therapy and management in speciic situations.

L’articolo fornisce istruzioni e raccomandazioni su come eseguire la misurazione della pressione arteriosa

in ambulatorio, a domicilio del paziente e nel monitoraggio delle 24 ore.

Grande attenzione è rivolta ad alcuni aspetti, quali la accuratezza degli strumenti utilizzati, l’effetto “camice

bianco” e l’educazione del paziente.

his article ofers instructions and recommendations on how to perform blood pressure measurements in the

doctor’s oice, in the patient’s home and in ambulatory conditions over 24 hours. Great attention is paid to so-

me of the general aspects of blood pressure measurement, including the accuracy of blood pressure measuring

devices, the importance of a ‘white coat efect’, and the need for patient education.

Eur Heart J 2008: 29;2388-2442

Eur Heart J 2008:29;2276-2315

Gianfranco Parati et al.

High Blood Pressure & Cardiovascular Prevention:Volume 15(4)2008pp 283-310

http://www.escardio.org/guidelines-surveys/esc-guidelines/GuidelinesDocuments/guidelines-HF-FT.pdf

http://www.escardio.org/guidelines-surveys/esc-guidelines/GuidelinesDocuments/guidelines-APE-FT.pdf

http://highbloodpressure.adisonline.com/pt/re/hbp/abstract.00151642-200815040-00008.htm;jsessionid=JJtVQ4VG6yTyWJLwT7TGhThWhmzJnqpDkWrBvGNj2sdxMsjjRn3x!-256325120!181195629!8091!-1

Page 59: Ijpc Vol 1

Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 57

Web References Reviews

Rubriche

9

Ipertensione arteriosa

www.siia.it

Ipertensione arteriosa

http://hyper.ahajournals.org/

Ipertensione arteriosa

www.hypertension.it

Tabagismo

www.tabaccologia.orgTabagismo

www.fumo.it

Selezione di siti web a carattere scientifico e/o divulgativo,

italiani ed internazionali, correlati ai contenuti di questo numero,

con risorse, utilità e link per l’approfondimento specifico

Page 60: Ijpc Vol 1

Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 58

Reviews Web References

Rubriche

9

Dolore cronico

www.aisd.it

Dolore cronico

www.iasp-pain.orgDolore cronico

www.doloredoc.it/scientifico/home.html

Tabagismo

www.euro.who.int/tobaccofree

Page 61: Ijpc Vol 1

Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 59

Books Reviews

Rubriche

9

Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 59

Selezione delle produzioni editoriali italiane e internazionali dedicate

alle cure primarie, alla metodologia clinica e sanitaria, alle medical

humanities, alla comunicazione e ai cambiamenti della medicina

Il libro di Sebastiano Mercadante, clinico e

ricercatore dal personal impact factor impres-

sionante, realizzato insieme ad un qualificato

staff, è un’opera fuori dal comune.

E’ un’operazione culturale di alto livello:

riesce a parlare del dolore per 50 capitoli

senza, volutamente, toccare l’oncologia. Co-

sì emerge un vasto mondo di conoscenze

inatteso, probabilmente intuito, cui ogni

professionista del mondo della salute potrà

guardare per approfondire la realtà trasver-

sale del dolore, che non è sempre contrario

semantico e terapeutico, come una certa

prassi semplificatrice spesso sottende, di

analgesico.

Dolore è proposto come elemento costitu-

tivo non solo della malattia, ma ampliando,

dell’esperienza umana. Non si fraintenda:

è un libro molto tecnico rivolto sia alla

pratica ospedaliera sia a quella domicilia-

re della medicina e delle cure primarie.

Medici e infermieri troveranno gli aspetti

generali di base, i criteri di valutazione,

i trattamenti terapeutici attualmente di-

sponibili e le possibili soluzioni interdi-

sciplinari. E’ un libro italiano scritto in

modo asciutto su presupposti ed esperienze

internazionali.

Dalla presentazione: “L’approccio scientifico e clinico al dolore, fino a poco tempo fa consi-derato solo un sintomo di processi patologici in corso, ha subito in questi ultimi decenni dei cambiamenti radicali. Oggi, infatti, il dolore è ritenuto non solo una componente chiave della malattia ma anche una malat-tia a sé stante che, quando cronicizza, può condizionare la vita e le attività quotidiane del paziente”.

Il dolore. Valutazione, diagnosi e trattamento

Sebastiano Mercadante

Masson, 2006Pagine: 632 - ISBN: 9788821427831

Arrivato alla sua terza edizione questo po-

tente manuale metodologico d’orientamento

informativo e informatico è diventato un

must per tutti quelli che anelano a veder

comparire il proprio nome indicizzato su

PubMed. Complice il formato tascabile e

l’esposizione tutt’altro che accademica dei

contenuti, “Attenti alle bufale” si candida

a diventare il miglior amico di viaggio ol-

tre che vademecum utilissimo per evitare

i temutissimi rifiuti dai referee.

Seguendo i dettami dell’edutainement l’autore,

Tom Jefferson, medico epidemiologo fra i

fondatori della sezione Vaccini della Cochrane

Collaboration, spazia dalle metanalisi alle linee

editoriali delle riviste passando attraverso la

peer review e le norme di valutazione di un

mondo che in quanto a falsificazioni avrebbe

fatto la felicità di Karl Popper.

Dalla prefazione alla terza edizione: “Abbiamo pensato di creare una prima parte della terza edizione che abbiamo chiamato Attenti ai

mandriani, essendo i mandriani coloro che raccolgono bufale. Nei mandriani troverete molta grafica e poco testo e soprattutto una dissezione sistematica e speriamo chiara di come sono fatte le riviste e alcuni siti. Non ci scusiamo per avere scelto soprattutto il BMJ, essendo questa la rivista più innova-tiva, vibrante e varia, ma anche perché gli articoli sono riproducibili free, cioè gratis a fini didattici.” Sono dunque l’ironia e l’onestà metodologica le leve comunicative del libro”.

www.attentiallebufale.it

Attenti alle bufale… e ai mandriani

Tom Jefferson

Pensiero Scientifico Editore,2008,Pagine: 254, ISBN: 978-88-490-0241-6

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Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 60

Reviews Books

Rubriche

9

Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 60

Un libro dalla trattazione erudita ma chiara,

utile a tutti i medici: giovani, per un imprinting

metodologico coerente con i cambiamenti epo-

cali in atto, esperti e vetusti per un maggiore

insight professionale. Partendo dalla pratica

della medicina individuale il libro svisce-

ra “l’errore” contestualizzandolo in ambito

gruppale e organizzativo, divenendo un utile

sussidio anche ai manager, non praticanti,

della medicina. Epistemologia, tassonomia,

classificazione, qualità, logica, psicologia,

sociologia e infine pedagogia dell’errore: dalla

progressione si evince che l’autore, Giacomo

Delvecchio, membro del consiglio direttivo

della Società Italiana di Pedagogia Medica, è

un medico con compiti di formazione dalla

consumata esperienza e visione interdisci-

plinare imprescindibile all’esercizio della

medicina nel terzo millennio, con i paradig-

mi bio-psico-sociali della WHO sempre più

presenti e richiesti nelle cure primarie anche

delle piccole realtà cittadine.

Dalla prefazione: “Nel comune sentire l’errore

è vissuto come uno smacco, una sconfitta e quasi sempre assume un connotato eti-camente riprovevole; questo vissuto inizia generalmente con l’esperienza scolastica di ciascuno di noi, quando gli errori vengono abitualmente riprovati, spesso puniti e per questo nascosti quando all’autore sembra troppo tardi per evitarli.Il timore dell’errore diventa spesso an-gosciante nell’esperienza professionale, in modo particolare in professioni dove l’errore sanitario influisce direttamente sul “bene salute” di altri esseri umani e inoltre comporta il rischio di una sequela giudiziaria…”.

Decisione ed errore in medicina

Giacomo Delvecchio

Centro Scientifico Editore, 2005,Pagine:250 - ISBN: 88-7640-4872

Un dizionario “conciso” di 20.000 termini utili

a tutti gli operatori nel mondo della sanità

e delle cure primarie. Medici, infermieri

ma anche psicologi, educatori professionali

e assistenti sociali troveranno in questo

dizionario compattati tutti i termini della

medicina dell’oggi, dalle direttive anticipate

ai disturbi di personalità con classificazione

DSM IV, dall’ermafroditismo a generosi

approfondimenti sulle droghe e dipendenze,

dal counseling al burnout, dal doping ai

metodi di contraccezione ed al disturbo

da internet-dipendenza.

Il dizionario può diventare anche un’utile

bussola, ai non addetti ai lavori, per non

perdere la rotta giusta nell’inseguire le com-

plicate traiettorie diagnostiche negli episodi

del Dr. House o i protocolli salvagente di E.R.

Il CD-Rom presenta un’interfaccia spartana

ma di facile utilizzo, quando se ne apprende

il funzionamento.

Dalla presentazione dell’edizione italiana:

“Il Dizionario di medicina moderna copre le materie classiche della medicina con-

temporanea, ma si apre anche ad ambiti a essa collaterali, persino inusuali e inat-tesi: dal giornalismo medico alla medicina accademica, dall’industria farmaceutica all’architettura ospedaliera, dalla politica sanitaria all’industria alimentare. Ai lemmi classici di un dizionario scientifico, il volume aggiunge la terminologia del linguaggio medi-co “parlato’, i vocaboli ormai divenuti di uso corrente anche sulla stampa di divulgazione scientifica. È questa una scelta alternativa rispetto ai dizionari di impianto più tradi-zionale, ma in linea con la dimensione di ‘villaggio globale e integrato’ assunta dalla medicina moderna”.

Dizionario di Medicina Moderna

Joseph C. Segen

McGraw Hill, 2007Curatore edizione italiana: Massimo Vanoli, Giancarlo TraisciPagine: 1100 - ISBN: 9788838639173 - con CD Rom

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Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 61

Pointing Up Reviews

Rubriche

9

Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 61

Sezione dedicata alla recensione di libri, articoli, pubblicazioni, notizie

utili al dibattito ed all’approfondimento scientifico di tematiche

di comune interesse per le professionalità operanti nelle Cure Primarie

La Medicina di Famiglia è una disciplina accademica riconosciuta

ed insegnata in tutto il mondo nell’ambito dei corsi di laurea in

Medicina e Chirurgia e, in alcuni casi, riconosciuta anche come

disciplina specialistica post-laurea.

In Italia, con un ritardo di circa mezzo secolo e sulla spinta delle

normative europee per il conseguimento di standard formativi

condivisi nella realtà comunitaria, da alcuni anni hanno preso

timidamente il via i Corsi di Insegnamento Universitario di Medi-

cina di Famiglia (pur se non in tutte le università) ed il Tirocinio

Valutativo post-laurea per la abilitazione all’esercizio professionale.

Ma ancora oggi la Medicina di Famiglia non ha ancora in Italia una

“dignità” stabile e formalizzata di insegnamento universitario.

Ad ogni modo ciò ha dato finalmente impulso a diverse esperienze

di insegnamento, basate soprattutto sull’esperienza tutoriale. La

Medicina Generale infatti, per sua stessa natura, la sua propria

metodologia clinica ed il suo ambito di esercizio ambulatoriale

e domiciliare, non può essere rinchiusa dentro i muri dell’Uni-

versità, ma va insegnata nel suo setting naturale, il territorio,

luogo in cui la malattia si produce con i suoi effetti sulla vita

delle persone.

L’opera di Paolo Evangelista (medico di famiglia, Professore a

contratto di Medicina di Famiglia, Università degli Studi de

L’Aquila) e Massimo Casacchia (Presidente del Corso di Laurea

Specialistica in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi de

L’Aquila) ripercorre con puntualità i principi fondanti della disci-

plina e gli aspetti caratterizzanti del metodo clinico e del processo

decisionale peculiari della Medicina di Famiglia, ed analizza gli

strumenti didattici propri della attività tutoriale, fornendo al

“lettore/medico di famiglia” un utile guida per intraprendere la

difficile ed appassionante strada del tutoring.

Introduzione alla Medicina GeneraleMedicina di Famiglia

Paolo Evangelista e Massimo Casacchia

Ed. Alpes Italia; 2008

http://www.alpesitalia.it/scheda.cfm?id=206977#

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Italian Journal of Primary Care | march 2009 | Vol 1 | No 1 62

Info&More Meeting Calendar

Informazioni

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MAGGIO 2009

4° Congresso Mediterraneo di PneumologiaSciacca (AG), 21-23 Maggio 2009

Info

www.ideacpa.com - [email protected]

XVII Congresso Nazionale dell’Associazione Medici DiabetologiRimini, 27-30 maggio 2009

Info

www.oic.it - [email protected]

XXXIII Congresso Nazionale della Società Italiana di EndocrinologiaSorrento (NA), 27-30 maggio 2009

Info

www.fasiweb.com - [email protected]

VI Giornata Nazionale della Prevenzione delle Malattie Cardiovascolari e RespiratorieRoma, 28-29 Maggio 2009

Info

www.ideacpa.com - [email protected]

XX Corso Nazionale Interattivo di Cardiologia clinica “Donna e Cuore”Verbania Pallanza, 28-30 maggio 2009

Info

www.fondazionecardiologiatonolli.it - [email protected]

Congresso di Allergologia - SIAC Sez Apulo-LucanoMesagne (BR), 30 maggio 2009

Info

www.meeting-planner.it - [email protected]

GIUGNO 2009

40° Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCOFirenze, 4-7 giugno 2009

Info

[email protected] - www.oic.it

19th European Meeting of HypertensionMilano, 12-16 Giugno 2009

Info

www.aimgroup.eu - [email protected]

84° Congresso Nazionale della Società Italiana di Dermatologia, medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST)Firenze, 10-13 giugno 2009

Info

[email protected]

AGOSTO 2009

ESC – European Society of Cardiology Barcellona (Spagna), 29 agosto–2 settembre 2009

Info

www.escardio.org - [email protected]

SETTEMBRE 2009

15th Wonca Europe Conference Basilea (Svizzera), 16-19 settembre 2009

Info

www.congress-info.ch/wonca2009/[email protected]

6° Congresso Nazionale A.G.E.La Geriatria: punto d’incontro fra territorio ed ospedale nella gestione della “fragilità” e della “complessità di cure”

Parma, 30 settembre-3 ottobre 2009

Info

[email protected]

VIII Congresso Nazionale AIUC - Associazione Italiana Ulcere CutaneeL’ulcera cutanea difficile: regola o eccezione?

Firenze, 23-26 settembre 2009

Info

www.congressiefiere.com - [email protected]

1° Congresso Nazionale IFIACI(Federazione delle Società Italiane di Immunologia, Allergologia e Immunologia Clinica)Trieste, 30 settembre-3 Ottobre 2009

Info

www.aimgroup.eu - [email protected] ERS – European Respiratory SocietyVienna (Austria), 12 – 16 settembre 2009

info

www.messe.at - [email protected]

OTTOBRE 2009

XXVI Congresso Nazionale della Società Italiana dell’Ipertensione ArteriosaRoma, 1-4 Ottobre 2009Auditorium Parco della Musica

Info

www.aimgroup - [email protected]

XIX Congresso Nazionale ANCE – Cardiologia Italiana del TerritorioTaormina, 6 – 11 Ottobre 2009

Info

www.ancecardio.it - [email protected]

NOVEMBRE 2009

XVIL Congresso Nazionale della Società Italiana di ReumatologiaRimini, 4-7 Novembre 2009

Info

www.aimgroup.eu - [email protected]

Congresso Nazionale SINU (Società Italiana Nutrizione Umana)Firenze, Novembre 2009

Info

www.promoleader.com - [email protected]

XXVI Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina GeneraleFirenze, 26-28 Novembre 2009

Info

www.aimgroup.eu - [email protected]

Highlighst in Allergy and Respiratory DiseaseGenova, 13-14 Novembre 2009

Info

www.ideacpa.com - [email protected]

DICEMBRE 2009

54° Congresso Nazionale Società Italiana di GeriatriaFirenze, 2–5 Dicembre 2009

Info

www.sigg.it - [email protected]

70° Congresso Nazionale della Società Italiana di CardiologiaRoma, 12 dicembre 2009

Info

www.aimgroup.eu - [email protected]

XL Congresso Nazionale AIPOX Congresso UIPCertezze scientifiche e criticità organizzative in Pneumologia

Milano, 2-5 Dicembre 2009

Info

www.aiponet.it - [email protected]

FEBBRAIO 2010

CardioPneumo AIMEF 20107° Congresso Nazionale5th International Conference on Cardiovascular and Respiratory Disease in Family MedicineCardioPneumo Donna La medicina di genere nella società del terzo millennio: dalla prevenzione alla cura

Bari, 18-20 Febbraio 2010

Info

www.cardiopneumoaimef.it - [email protected]

MAGGIO 2010

Geriatrics in Primary Care 1st IJPC ConferenceMestre/Venezia, 14-16 maggio 2010

Info

[email protected] - [email protected]

5th IPCRG World ConferenceToronto (Canada), 26 – 29 maggio 2010

Info

www.theipcrg.org - [email protected]

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