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“IL SISTEMA GIURIDICO DELL’UE: PRINCIPI CARDINE E FONTI DI DIRITTOPROF.SSA MARIA TERESA STILE

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Università Telematica Pegaso Il sistema giuridico dell’UE:

principi cardine e fonti di diritto

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 LA DIRETTA EFFICACIA DELLE DIRETTIVE---------------------------------------------------------------------- 3

2 GLI EFFETTI DELLE DIRETTIVE -------------------------------------------------------------------------------------- 4

3 IL PRIMATO DEL DIRITTO UE ------------------------------------------------------------------------------------------ 6

4 IL SISTEMA GIURIDICO DELL’UE: DIRITTO ORIGINARIO, DIRITTO DERIVATO ------------------- 8

5 TRATTATI ISTITUTIVI COMUNITARI E DELL’UNIONE ------------------------------------------------------- 9

6 PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO MUTUATI DAI SISTEMI GIURIDICI E PRINCIPI GENERALI

PROPRI DEL DIRITTO UE ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12

7 LE FONTI DEL DIRITTO DELL’UNIONE - SCHEDA RIEPILOGATIVA ----------------------------------- 13

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principi cardine e fonti di diritto

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1 La diretta efficacia delle direttive

Dal rapporto d’integrazione tra sistemi giuridici – quello dell’Unione e quelli nazionali – si

originano spesso fenomeni di contrasto tra norme, che vengono affrontati dalla Corte di giustizia

sulla base dei due principi cardine dell’ordinamento UE: il principio della diretta efficacia e quello

del primato del diritto dell’Unione.

La questione della diretta efficacia assume, tuttavia, profili più specifici con riguardo alla

problematica dell’applicabilità delle direttive.

Ed invero, come per l’efficacia delle norme dei trattati, anche per la diretta efficacia degli atti di

diritto derivato -in particolare per le direttive, generalmente non direttamente applicabili, ma

necessitanti di un atto di trasposizione al fine di spiegare i propri effetti in ambito nazionale- la

Corte di giustizia si è pronunciata stabilendone i presupposti.

Per essere direttamente efficace una direttiva deve:

- imporre agli Stati membri obblighi sufficientemente chiari e precisi;

- chiarire il contenuto di un obbligo già previsto dai trattati;

- porre a carico degli Stati membri un obbligo di astenersi dall’approvare

determinati atti o dal compiere specifiche azioni (obbligo di non facere).

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2 Gli effetti delle direttive

Effetti delle direttive sono:

- l’effetto verticale, proprio delle direttive, riguarda i rapporti tra i cittadini e lo

Stato e si produce nei casi in cui l’ordinamento dell’Unione prevede norme più favorevoli per i

singoli rispetto alla normativa interna che non è stata adeguata. Decorso inutilmente il termine

fissato per dare attuazione alla direttiva, i singoli possono far valere in giudizio diritti precisi ed

incondizionati, che derivano loro dalla direttiva, ed i giudici devono accogliere una simile richiesta.

Per le autorità nazionali, inoltre, sussiste il divieto di opporre qualunque disposizione interna non

conforme ad una disposizione della direttiva;

- l’effetto orizzontale, generalmente escluso per le direttive, riguarda i rapporti tra privati e la

possibilità, dunque, di far valere i diritti individuabili sulla base della direttiva sia pur non

trasposta tra “privati”.

Il riconoscimento di un effetto diretto solo verticale delle direttive ha prodotto disfunzioni e

anomalie, atteso il diverso trattamento che ne deriva per i lavoratori nel settore pubblico, abilitati a

far valere una direttiva non trasposta dinanzi al giudice nazionale, rispetto a quelli del settore

privato, cui tale possibilità sarebbe negata.

Al fine di rimediare a siffatta problematica di carattere discriminatorio, la Corte di Lussemburgo ha

fatto ricorso a due mezzi di efficacia indiretta delle direttive: l’interpretazione conforme e la tutela

risarcitoria.

In base al principio dell’interpretazione conforme, tutti gli organi nazionali e, in particolar modo, i

giudici, sono tenuti ad interpretare il proprio diritto interno in modo quanto più compatibile con le

prescrizioni del diritto dell’Unione, anche se queste non sono direttamente efficaci. In tale maniera,

è assicurato un effetto orizzontale indiretto alle direttive, le cui norme vengono mediatamente

applicate dal giudice nazionale ai rapporti tra privati, temperando le conseguenze discriminatorie

connesse all’esclusione degli effetti diretti orizzontali nei rapporti interprivati1.

1 V., sul punto, Corte giust. sent. 5 ottobre 2004, cause C- 397 a 403/01, Pfeiffer e a., in Racc, p. I-

8835.

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E’, tuttavia, escluso che il giudice possa procedere ad un’interpretazione contra legem delle norme

nazionali. In questi casi, in cui il risultato prescritto da una direttiva non può essere conseguito

mediante interpretazione, può attivarsi in via residuale il rimedio risarcitorio, sempre che

sussistano le condizioni necessarie per intentare l’azione risarcitoria, vale a dire, che la direttiva sia

idonea ad attribuire diritti in capo ai singoli, che la violazione commessa sia sufficientemente

caratterizzata, ovvero “grave e manifesta”, e che vi sia un nesso causale diretto tra l’inadempienza

dello Stato (violazione) e il danno sofferto2.

2 V., specificamente, giurisprudenza Francovich e post Francovich. Corte giust. sent. 19 novembre

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3 Il primato del diritto UE

Per primato del diritto UE s’intende quel principio per cui in caso di conflitto, di contraddizione

o di incompatibilità tra norme di diritto dell’Unione e norme nazionali, le prime prevalgono sulle

seconde.

Tale principio è stato affermato per la prima volta dalla Corte di giustizia nella sentenza Costa c.

Enel (15 luglio 1964).

Secondo la Corte, infatti, avendo gli Stati membri, con l’istituzione delle Comunità (oggi

dell’Unione), accettato limitazioni di sovranità e la possibilità che le istituzioni europee emanassero

diritto vincolante per gli Stati e per i cittadini, si determina la prevalenza del diritto dell’Unione sul

diritto nazionale.

Tale limitazione di sovranità ha quindi come corollario l’impossibilità per gli Stati membri di far

prevalere contro l’ordinamento dell’Unione europea un provvedimento unilaterale ulteriore; se ciò

accadesse sarebbe messo a repentaglio lo stesso fondamento giuridico dell’Unione.

Il principio di primazia del diritto UE sul diritto nazionale contrastante è scandito da numerosi

passaggi che vedono protagoniste la Corte di giustizia e la nostra Corte costituzionale, che,

progressivamente si è allineata all’orientamento della Corte di Lussemburgo.

Nella sentenza Simmenthal del 1977, la Corte di giustizia fu ancora più esplicita affermando che

“in forza del principio della preminenza del diritto comunitario, le disposizioni del trattato e gli atti

delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l’effetto, nei loro rapporti con il

diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della

loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente,

ma anche – in quanto dette disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore

rispetto alle norme interne, dell’ordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri

– di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura in cui questi

fossero incompatibili con norme comunitarie”.

1991, cause C-6 e 9/90, Francovich e a., in Racc., p. I-5357.

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Nella stessa sentenza la Corte ha chiarito gli effetti dell’applicazione di un tale principio, con

particolare riferimento all’attività del giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito delle

proprie competenze, il diritto dell’Unione europea.

Incombe, dunque, sul giudice nazionale “l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme,

disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della

legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in

via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale”.

Occorre precisare che il “primato”, seppur non espressamente inserito nei trattati, è ricordato nella

Dichiarazione n. 17, allegata ai trattati in seguito alla riforma di Lisbona; ad essa è collegato altresì

il parere del servizio giuridico del Consiglio secondo cui “il fatto che il principio della preminenza

non è incluso nel Trattato non altera in alcun modo l’esistenza del principio stesso e la

giurisprudenza esistente della Corte di giustizia”.

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4 Il sistema giuridico dell’UE: diritto originario, diritto derivato

Il sistema giuridico dell’UE è costituito dall’insieme di norme che regolano l’organizzazione e lo

sviluppo dell’Unione europea e i rapporti tra questa e gli Stati membri.

Classificazione delle fonti:

- fonti di primo grado (diritto originario);

- fonti di secondo grado ( atti di diritto derivato);

-fonti di terzo grado (regolamenti della Commissione di attuazione degli atti del Consiglio).

Diritto originario: è costituito dall’insieme delle norme che formano il quadro giuridico

costituzionale dell’Unione.

Diritto derivato: è costituito dall’insieme degli atti emanati dalle istituzioni dell’Unione.

Classificazione:

- diritto scritto, costituito dai trattati istitutivi, dai successivi atti integrativi e modificativi e dagli

atti di diritto derivato;

- diritto non scritto, costituito dai principi generali di diritto individuati dalla Corte di giustizia UE.

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5 Trattati istitutivi comunitari e dell’Unione

• Diritto scritto: Trattati istitutivi e atti modificativi delle disposizioni originarie

Trattato di Parigi - Istitutivo della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio).

Firmato a Parigi il 18.04.1951; ratificato con L. 25.06.1952, n. 766; entrato in vigore il 23.07.1952

(di durata limitata a 50 anni, con scadenza al luglio 2002).

Trattati di Roma – Istitutivi della CEE (Comunità economica europea) e della CEEA o

Euratom (Comunità europea per l’energia atomica).

Firmati a Roma il 25.03.1957 (dai 6 Paesi fondatori); ratificati con L. 14.10.1957, n. 1203; entrati

in vigore l’ 1.01.1958.

Obiettivo della CEE: instaurazione del mercato comune e introduzione di alcune politiche comuni

(politica agricola, commerciale, dei trasporti, della concorrenza).

Trattato sulla fusione degli esecutivi, 8 aprile 1965; ratificato con L. 3 maggio 1966, n. 437;

entrato in vigore il 1° luglio 1967. Abrogato dal Trattato di Amsterdam che ne ha, tuttavia,

conservato le disposizioni principali, ha istituito un Consiglio unico e una Commissione unica per le

tre Comunità.

Trattato di Lussemburgo, 22 aprile 1970; ratificato con L. 23 dicembre 1970, n. 1185; entrato in

vigore il 1° gennaio 1971 e successivo Trattato di Bruxelles, 22 luglio 1975; ratificato con L. 6

aprile 1977, n. 148; entrato in vigore il 1° giugno 1977, hanno conferito al Parlamento europeo

nuove competenze in materia di bilancio.

Atto Unico Europeo (AUE), firmato a Lussemburgo il 17 febbraio 1986 da 9 Paesi membri e

all’Aja il 28 febbraio 1986 dagli altri 3 Paesi membri; ratificato con L. 23 dicembre 1986, n. 909;

entrato in vigore il 1° luglio 1987, con l’obiettivo principale dell’instaurazione progressiva del

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mercato interno (entro il 31 dicembre 1992), nel quale è assicurata la libera circolazione di merci,

persone, servizi e capitali e dell’introduzione delle politiche comunitarie, della coesione economica

e sociale, della ricerca e sviluppo tecnologico, dell’ambiente.

Trattato di Maastricht o Trattato sull’Unione europea (TUE) – Istitutivo dell’Unione europea,

firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 (dai 12 Paesi membri); ratificato con L. 3 novembre 1992, n.

454; entrato in vigore il 1° novembre 1993. Stabilisce la nuova architettura dell’Unione fondata su

tre pilastri: Le tre Comunità (I pilastro); la PESC - Politica estera e di sicurezza comune (II

pilastro); la GAI – Cooperazione in materia di giustizia e affari interni (III pilastro). Prevede la

realizzazione dell’Unione economica e monetaria (UEM) entro il 1° gennaio 1999; l’introduzione

delle politiche comunitarie, della competitività industriale, delle grandi reti transeuropee, della

cooperazione allo sviluppo.

Trattato di Amsterdam, firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997 (dai 15 Paesi membri); ratificato

con L. 16 giugno 1998, n. 209; entrato in vigore il 1° maggio 1999. Ha ulteriormente modificato i

trattati istitutivi, rinumerando gli articoli, comunitarizzando alcuni settori, introducendo la politica

dell’occupazione ed inoltre delle funzioni di Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza

comune, esercitate dal Segretario generale del Consiglio (primo titolare lo spagnolo Javier Solana a

seguito del Consiglio europeo di Colonia del 3-4 giugno 1999).

Trattato di Nizza, firmato a Nizza il 26 febbraio 2001 (dai 15 Paesi membri); ratificato con L. 31

maggio 2002, n. 102; entrato in vigore il 1° febbraio 2003. Ha apportato modifiche soprattutto di

carattere istituzionale in vista del futuro allargamento dell’Unione ed ha introdotto la Carta dei

diritti fondamentali.

Trattato di Lisbona, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 (dai 27 Paesi membri); ratificato con

L. 2 agosto 2008, n. 130; entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Modifica il Trattato sull’Unione

europea (TUE) e il Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE), oggi ridenominato Trattato sul

funzionamento dell’Unione europea (TFUE), con l’obiettivo prioritario di perseguire le modifiche

istituzionali volte all’allargamento previste dal Trattato costituzionale del 2004, non entrato in

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vigore a causa dell’esito negativo dei referendum di Francia e Olanda per l’approvazione della

legge di ratifica.

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6 Principi generali di diritto mutuati dai sistemi giuridici e principi generali propri del diritto UE

I principi generali sono quei principi cardine del sistema dell’Unione individuati dalla Corte di

giustizia nella sua funzione di assicurare la corretta applicazione ed interpretazione delle norme UE.

• Diritto non scritto:

- tra i principi generali di diritto mutuati dai sistemi giuridici, si annoverano quelli della

certezza del diritto, della proporzionalità dell’azione amministrativa, della forza maggiore, del

legittimo affidamento;

- tra i principi generali propri del diritto UE, si annoverano quelli

dell’uguaglianza, della solidarietà, del primato del diritto UE, del mutuo

riconoscimento, della diretta applicabilità e dell’ effetto diretto,

dell’equilibrio istituzionale, dell’efficacia diretta (anche delle direttive, alla

presenza di certe condizioni) od anche di un’efficacia indiretta delle direttive,

(Corte giust. sent. Pfeiffer del 5 ottobre 2004), dell’effetto utile delle norme

UE, della responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto UE con il

conseguente obbligo risarcitorio.

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7 Le fonti del diritto dell’Unione - Scheda riepilogativa

Fonti

I grado(diritto UE originario);II grado(diritto derivato);III grado(atti di esecuzione).

Diritto originario

diritto scritto: trattati istitutivi; trattati di modifica;

diritto non scritto: principi generali del diritto.

Diritto derivato

atti tipici: regolamenti, direttive, decisioni (vincolanti)

pareri e raccomandazioni (non vincolanti);

atti atipici: autorizzazioni, concessioni, atti interni,

accordi interistituzionali, ecc.