IES: Industria e sviluppo - Giugno 2013

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ies Industria e Sviluppo trimestrale di informazione, opinione, economia, impresa Confindustria Arezzo, Firenze, Grosseto, Siena Non è mai troppo tardi… o quasi SIMONE BETTINI I motivi di un’adesione: ai lettori del Magazine IES GIULIO ANDREANI Uscire fuori dalla selva oscura ROBERTO CORDEIRO GUERRA LA GHIGLIOTTINA ANNO V - N. 2 aprile-giugno 2013 DELLE TASSE DALLE TERRITORIALI Arezzo L’industria aretina: un secolo, cento foto Firenze Contrattazione sindacale: l’innovazione è rosso rame! Grosseto Un aiuto alla ripresa: i finanziamenti innovativi per le PMI Siena Siena, amministrative 2013: le proposte di Confindustria

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Trimestrale di informazione, opinione, economia, impresa Confindustria Arezzo, Firenze, Grosseto, Siena

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iesIndustria e Sviluppo

trimestrale di informazione, opinione, economia, impresa Confindustria Arezzo, Firenze, Grosseto, Siena

Non è mai troppo tardi… o quasi

SIMONE BETTINII motivi di un’adesione: ai lettori del Magazine IES

GIULIO ANDREANI

Uscire fuori dalla selva oscuraROBERTO CORDEIRO GUERRA

LA GHIGLIOTTINA

AN

NO

V -

N. 2

apr

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iugn

o 20

13

DELLE TASSE

DALLE TERRITORIALIArezzoL’industria aretina: un secolo, cento fotoFirenzeContrattazione sindacale: l’innovazione è rosso rame!GrossetoUn aiuto alla ripresa: i finanziamenti innovativi per le PMISiena Siena, amministrative 2013: le proposte di Confindustria

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Direttore responsabile: Annarosa Pacini [email protected]

Comitato di redazione: Simone Bettini, Sandro Bonaceto, Antonio Capone, Cesare Cecchi, Andrea Fabianelli, Massimiliano Musmeci, Piero Ricci, Mario Salvestroni

Coordinatore editoriale: Furio Massi

Redazione: Luisa Angioloni (Arezzo), Simona Bandino (Firenze), Rossella Lezzi (Siena), Franco Passarini (Grosseto)

Hanno collaborato a questo numero: Maurizio Abbati, Pino Di Blasio, Mauro Bonciani, Andrea Brocchi, Mattia Cialini, Francesco Colonna, Giuseppe Nigro, Tiziana Nocentini, Paolo Vannini

Impaginazione, grafi ca e foto: Franco Passarini

Direzione e redazione: Confi ndustria Grosseto, viale Monterosa 196, 58100 Grosseto, [email protected]

Editore: Assoservizi Toscana Sud Rete d’Imprese. Via Roma, 18 - 52100 Arezzo

Stampa: Soluzioni per la Stampa Srl, Corso Carducci 34, Grosseto

Registrazione: Tribunale di Grosseto n. 1/2009 del 26.03.2009

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PUBBLICITÀ: per informazioni e prenotazioni di spazi pubblicitari su “IES - Industria e Sviluppo” rivolgersi a: [email protected] tel. 339.6908960

EDITORIALE

COVER STORY

TERRITORIALI

SOMMARIO

La morsa del Fisco uccide il Paese

Uscire fuori dalla selva oscura

Di tasse (e di crisi) si muore

8

7

Siena, Amministrative 2013: le proposte di Confindustria

36 SIENA

Contrattazione sindacale: l’innovazione è rosso rame!

30 FIRENZE

10

26

22

12

16

Non è mai troppo tardi… o quasi

Con troppo fisco si perde l’Europa

Alla ricerca della ripresa perduta

Tra il dire e il fare c’è il fisco da cambiare

L’industria aretina: un secolo, cento foto

AREZZO42

Un aiuto alla ripresa: i finanziamenti innovativi per le PMI

GROSSETO48

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Noi le sosteniamo con 10 miliardi.

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 7EDITORIALE

Nel 2009 fu registrato al Tribunale di Grosseto il Magazine IES, un

trimestrale di informazione, opi-nione, economia, impresa edito dalle Associazioni industriali di Arezzo, Siena, Grosseto: le tre As-sociazioni della Toscana del Sud. Fino dall’esordio il Magazine ha avuto accoglienza più che positiva dagli associati e dalle istituzioni locali. Nel 2011 gli editori hanno puntato a dare al Magazine di-mensione sempre più regionale con una “cover story “ trasversale al sistema confi ndustriale to-scano, oltre a pagine di specifi ca informazione sulle attività delle tre Associazioni. Nel marzo di quest’anno i presidenti di Arezzo, Siena, Grosseto mi hanno chiesto, come presidente di Confi ndustria Firenze, se eravamo interessati a diventare il quarto editore di Ies. Così, da questo numero il Maga-zine esce potenziato, passando a 6000 copie, inviato gratuitamente anche agli associati di Firenze e ad un numero sempre maggiore di rappresentanti delle istituzioni.

Auguro alla direzione e re-dazione di Ies buon lavoro e ai lettori tradizionali e nuovi buona lettura.

Simone Bettini Presidente Confi ndustria Firenze

I motivi di un’adesione: ai lettori del Magazine IES

Simone Bettini

La morsa del Fiscodel Fisco uccide il Paese

C’è sempre un sot-tinteso pen-siero sul

nostro sistema. Che sia compito della Stato offrire tutto ma possibilmen-te con poca spesa. Un’idea che in un certo senso ha avu-to grande successo: i dati dell’evasione sono evidenti. Eppure il Fisco non è una somma di gabelle medievali, almeno non dovrebbe, ma il normale prezzo della civiltà.

Questo bizzarro confl itto di interessi tra lo Stato e il cittadino, come sei i due fossero estranei, ha portato a una lotta di astuzie, nella quale ciascuno prova a ga-rantire se stesso. Avviene così che l’evasione valga un 15 per cento del Pil, il valore aggiunto prodot-to dal sommerso. Il meccanismo funziona così: lo Stato mette più imposte e tasse possibili, e an-che a prezzo di un’alta evasione, qualcosa arriva alla casse pubbli-che. Il privato ne evade quante può, visto che poi ci sono le altre a garantire un esborso. C’è ovvia-mente un pecca: che mica tutti sono così abili o così assistiti o nelle condizioni di evadere.

Ma è anche più grave che non si sappia rispondere a una domanda. Che sistema fi scale vogliamo: meno rendite e più produzione? Più sulle aziende e meno sulle persone fi siche? Più sulla fi nanza e meno sulla produ-zione? Forte o bassa progressivi-tà? Il nostro sistema è incoerente e instabile, perché cambia di con-tinuo.

Qualche mese fa, un gior-nale ha messo in rilievo dei dati ricavati dal sito della Ragioneria

Genera-le dello S t a t o . Ci sono circa 1.800 leggi fi scali, con 76 modelli

con circa 1.500 pagine, e gli F23 e gli

F24 hanno circa 1.100 codici. E via così. I prelievi sono tanto variegati che lo Stato decide che sia il pri-

vato a fare da raccogli-tore. Però se si guardano

i dati si vede che Irpef, Ires e Iva da sole valgono i tre quarti delle entrate. Quin-di una fatica enorme, per Stato e privati, per raccogliere questo ultimo quarto, per portare alle casse entrate almeno suffi cienti per far funzionare la macchina. C’è una pressione fi nanziaria e burocratica sulle imprese, non in modo omogeneo, ma distorsivo, visto che chi evade ha un vantag-gio competitivo evidente. Si crea una strozzatura per molti, e vie di fuga per altri che sono comun-que refrattari al fi sco, equo o non equo. C’è chi evade per neces-sità, ma c’è chi lo fa per regola.

Quindi chi è nella tagliola fi scale e burocratica invoca ri-duzioni, ovviamente, e urlano anche quelli che dalla tagliola si

tengono fuori. E mancano i soldi per favorire l’economia. Con in-consistenti dibattiti sul numero dei parlamentari o suoi loro sti-pendi: questioni etiche di rilievo, ma fi nanziariamente poco signi-fi cativi.

I nostri mali sono principal-mente tre: l’evasione fi scale, la corruzione (pubblica e privata) e la criminalità organizzata. Ogni

discussione sul sistema fi scale e sulla situazione economica

che non contempli questi punti pecca di

un atteggia-m e n t o

da struz-zo. Oppu-

re di ipocri-sia o specifi ca

convenienza.Il fi sco è

anima di una na-zione, mostra il

senso di giustizia che vi si respira. Le grandi Associazioni di catego-ria a questo dovrebbero puntare: a un fi sco equo e severo, a una legge sulla corruzione che non la-sci spazi a chi ha la carne debole, a una lotta che non offra espedienti ai criminali (compresi i colletti bianchi), con leggi penali e pro-cessuali effi caci e non dispersive e fondate sul rinvio.

I mali della Pubblica am-ministrazione non sono frutto di malattie autoimmuni. Ma causati da infezioni che girano nella so-cietà. Interveniamo su quelle e molto andrà a posto.

di Francesco Colonna, editorialista “Corriere Fiorentino”

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 8 COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - FIRENZE

Uscire fuori dalla selva oscura

Ha assistito clienti im-portanti, dall’ex cam-pione di calcio Chri-

stian Vieri al più grande gruppo farmaceutico italiano, Menarini. Arrivando sempre a un accordo con l’Agenzia delle Entrate, pro-va di aver centrato l’obiettivo. In ogni caso si è trattato di accordi milionari, di compromessi cospi-cui tra fi sco e contribuenti, van-taggiosi per entrambi.

All’Università di Firenze insegna Diritto tributario e Di-ritto tributario internazionale, può paragonare i sistemi fi sca-li dei diversi Paesi. E se lui dice che «la pressione fi scale in Italia è tra le più alte del mondo», c’è da credergli senza avere nessuna ombra di dubbio. Lui è il profes-sor Roberto Cordeiro Guerra,

avvocato fi scalista fondatore di uno studio specializzato a Firenze, legale di molte aziende e di privati facoltosi. La miglio-re guida possibile per orientarsi nella giungla dei tributi italiani, nella foresta amazzonica di tas-se, imposte, balzelli, zavorre più o meno pesanti e nascoste, che frenano il decollo di imprese e famiglie, e imbrigliano il sistema economico del Bel Paese.

«Sa qual è il primo proble-ma del sistema fi scale italiano? La scarsa trasparenza. Nemme-no noi tributaristi – ammette il professor Cordeiro Guerra – sappiamo con esattezza quanti siano i tributi in Italia. Orientarsi tra le imposte è diffi cile, e non lo è solo per quelle che toccano il

sistema produttivo. Si può solo partire dal livello di imposizio-ne, ma anche per quelle cifre bisogna rivolgersi ad istituzioni esterne».

In pratica sono gli altri Paesi a dirci quanto pagano le nostre imprese di tasse?

«Sono classifi che relative, comparazioni tra sistemi. E in tutti gli schemi e graduatorie, dalla Banca Mondiale all’Oc-se, l’Italia è agli ultimi posti per pressione fi scale. Lo studio dell’Università di Torino quan-tifi ca il peso del fi sco sulle im-prese, comprendendo anche gli oneri sul lavoro, al 68,5 per cento del totale. Percentuale che piaz-za l’Italia al 170esimo posto al mondo su 183 Paesi, dopo il Bra-sile e la Mauritania».

Come si fa ad arrivare a una percentuale così pesante, quando le varie imposte pre-vedono aliquote molto più basse?

«Non possiamo somma-re percentuali diverse. Dire che l’Ires è al 27,5 per cento e l’Irap è al 3,9 per cento non signifi ca che paghiamo l’Ires sette volte più dell’altra. Il gettito dell’Irap è di poco inferiore, perché la base imponibile è completamente diversa, non si deducono i costi di manodopera, come per l’Ires. Perciò è chiamata l’imposta su chi assume. Il sistema italiano deve essere più trasparente, in maniera che si capisca subito quanto si paga».

Nel caso di Ires e Irap cosa bisognerebbe fare?

Una vera e propria giungla di imposte, difficile da comprendere, difficile da quantificare. Servono trasparenza e il coraggio di riformaredi Pino Di Blasio, caposervizio interni ed economia regionale “La Nazione”

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 9COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - FIRENZE

«Uniformare la base im-ponibile e poi cercare di ridurla. Otterremo diversi vantaggi, il peso fi scale per le imprese sarà più basso e potranno investire di più. E sarà più basso anche per i lavoratori, che avrebbero più sol-di per aumentare i loro consumi. Così ripartirebbe un circolo vir-tuoso per l’economia».

Come fi losofi a fi scale, qual è il tributo più corretto sulle imprese?

«E’ quello sul reddito, come per le persone fi siche. Irpef e Ires sono concettualmente imposte giuste perché colpiscono gli utili, i guadagni, depurati da una serie di oneri sopportati dal contri-buente. Ma se poi il sistema non rende deducibili spese cruciali, come la pubblicità, la rappresen-tanza e le sponsorizzazioni alla cultura e all’arte, diventa ingiu-sto anche un tributo concettual-mente giusto».

Cosa bisognerebbe incen-tivare, agendo sulla deducibi-lità?

«Gli investimenti in ricer-ca, innovazione, in creazione di lavoro. Le imposte sulle società hanno rifl essi immediati sulla crescita dell’impresa. L’Italia è indietro anche nelle classifi che sulla tutela dei marchi e sul tem-po concesso per ammortizzarli. Il cuore del problema del nostro sistema fi scale sta proprio nell’e-quilibrio tra cosa si incentiva e cosa si penalizza. Dietro le ali-quote e gli oneri deducibili si na-

Una pressione fiscale, quella italiana, che supera il sessanta per cento e impedisce alle aziende di investire in ricerca, innovazione, nuovi posti di lavoro

Per liberare risorse serve un taglio drastico alla spesa pubblica, che ancora oggi spende più di quanto “guadagna”

scondono freni alla formazione dei dipendenti, alle risorse per fi nanziare la ricerca, a fondi per creare lavoro».

Oltre a intervenire sul fronte delle entrate, le impre-se chiedono anche di tagliare il motivo principale per cui si pagano le tasse...

«Se si riferisce alla spesa pubblica, il nesso è evidente. I tributi servono a quello ed è ov-vio che bisognerà tagliarla dra-sticamente, anche perché si con-tinua a spendere più di quanto si incamera. Le prime risorse disponibili vanno dirottare alla creazione di lavoro, è questa la priorità in Italia».

Per rientrare nei vincoli europei, all’orizzonte c’è l’au-mento dell’Iva...

«Sono le imposte più facili da prendere, si pagano anche quando non ci sono utili. Come l’Imu, che per le imprese è un costo, purtroppo pesante, anche quando l’attività non dà profi tto. O l’Irap che pago anche quando sono in perdita, senza poter de-durre i costi del lavoro».

Filosofi e corrette, ma non crede che l’evasione fi scale sia troppo alta per permettere una riforma del sistema?

«Le imprese toscane e ita-liane non hanno una propen-sione all’evasione maggiore di altri Paesi. Più piccola è l’im-presa, maggiore è la possibilità di evadere le tasse. Un gruppo industriale, una grande azienda strutturata, hanno meno chances. Una ricetta per combattere l’eva-sione fi scale è quella di aumen-tare la dimensione delle imprese. Così come ridurre le aliquote e la selva di imposte, sicuramen-te abbassa il numero di chi non

paga i tributi. In ogni caso non bisogna commettere l’errore di aumentare le imposte più facili da incamerare. Bisogna invece aumentare i controlli, renderli diffusi, non legarli indissolubil-mente al risultato, alla sanzione. Per combattere chi evade il fi sco deve dimostrare che controlla quasi tutti i contribuenti, anche quelli in regola».

Ticket sanitari, addizio-nali Irpef, Irap pesanti, nuove tasse sui rifi uti: non crede che la Toscana, come altre Regio-ni, abbia realizzato un fede-ralismo fi scale solo in entrata?

«Le Regioni hanno poco margine di manovra sul fi sco, e quello che hanno lo usano spes-so male. Se ci si limita a spostare una parte del gettito da un ente all’altro, il gioco non vale la can-dela. Le Regioni dovrebbero li-mitare la loro spesa, non copiare gli sprechi dello Stato centrale. Invece, quando hanno avuto l’occasione di decidere, quasi tutte hanno scelto di aumentare il numero dei consiglieri».

Roberto Cordeiro Guerra

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 10 COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - FIRENZE

Non è mai troppo tardi… o quasiTroppe tasse, troppa evasione, troppa spesa pubblica. Semplificare, alleggerire la pressione fiscale, sostenere le imprese: il momento di cambiare è ora

Di troppe tasse (e buro-crazia) si muore e la crisi economica inizia-

ta nel 2008 ha accentuato il pro-blema invece di essere occasione per ripensare norme e fi scalità su impresa e lavoro. Risultato, anche in Toscana la pressione fi scale si è incrementata e non si vedono all’orizzonte cambiamenti di stra-tegia, né a livello della Regione, né da parte degli altri enti locali, alle prese con i tagli dello Stato ma anche con una macchina, parte-cipate comprese, spesso sovradi-mensionata. Giulio Andreani, professore di diritto tributario presso la Scuola dell’Economia e delle Finanze e dottore com-mercialista, spiega cosa può e deve cambiare.

Professore, il livello di tas-sazione è sempre più alto: come ci si è arrivati?

“Dal 1965 la spesa pubbli-

ca si è andata sempre più incre-mentando, senza effetti positivi in termini di investimenti, visto che le infrastrutture e la ricerca, ad esempio, sono rimaste al palo. Ciò ha determinato la necessità di maggiori entrate e quindi di tasse sempre più elevate, con un gettito fi scale, rispetto al prodotto interno lordo, maggiore di quello di gran parte degli altri Paesi.

Il gettito non manca, perché chi paga le tasse le paga anche per chi le evade... Per questo il recupe-ro dell’evasione fi scale deve esse-re utilizzato per ridurre le tasse, e non per incrementare ancora la spesa. Chi spende male non è mi-gliore di chi evade”.

Quali sono le tasse ed i tributi che secondo la sua espe-rienza incidono di più sulla vita delle imprese?

“Quelle personali sul reddi-to e l’Irap. In concreto Ires, Irpef

e Irap la cui aliquota è del 3,9 per cento, non data però dal reddito prodotto, ma su un importo pari al reddito aumentato di una serie di costi; con la conseguenza che l’incidenza di tale imposta varia da impresa a impresa e assume valori percentuali ben più elevati del 3,9 per cento. Risultato, la tassazione reale delle imprese supera gene-ralmente il 50 per cento del loro reddito effettivo. E il total tax rate, cioè il peso complessivo delle tas-se e dei contributi supera il 68 per cento del reddito prodotto”.

La semplifi cazione di cui tutti parlano è ben lontana e la burocrazia è un costo evidente: cosa possono fare in concreto gli enti locali?

“Nel corso degli anni gli adempimenti imposti alle imprese per pagare le tasse sono in effetti notevolmente aumentati, con la conseguenza che queste ultime

sostengono costi elevati. Tuttavia il compito di ridurre tale genere di oneri compete al governo e al parlamento”.

La manovra 2013 della Regione Toscana prevede di “richiedere ai cittadini toscani un contributo di responsabi-lità” basato su “una manovra fi scale che, agendo sui tributi a titolarità regionale, tuteli le fasce sociali deboli garantendo il funzionamento dei servizi fondamentali” per maggiori in-troiti per 232 milioni di euro: è la strategia giusta?

“Le fasce più deboli vanno naturalmente protette, sia per doverosa solidarietà sia perché la mobilità sociale è utile allo svilup-po economico, specialmente in un paese come il nostro che è da troppi anni socialmente bloccato. Tuttavia, se la fruizione di servizi essenziali dipende dai redditi di-

di Mauro Bonciani, giornalista “Corriere Fiorentino”

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 11COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - FIRENZE

Fondamentale il ruolo della Regione

Toscana per favorire lo sviluppo

delle imprese e dell’economia

L’Irap pesa molto sulle imprese, anche su quelle in perdita:

perché sia abolita occorre rimodulare

il sistema di agevolazioni e

sovvenzioni

Giulio Andreani

chiarati dai contribuenti, vengo-no premiati gli evasori. I servizi essenziali vanno assicurati razio-nalizzando la spesa pubblica; ad esempio quella delle Asl dove un risanatore aziendale otterrebbe notevoli risultati senza grandi dif-fi coltà tecniche”.

Cosa dovrebbe fare la Re-gione per tutelare le imprese, grandi, medie e piccole? È pos-sibile alleggerire la pressione fi scale e come?

“La Regione non può far granché quanto a pressione fi sca-le. Può ridurre l’aliquota dell’addi-zionale regionale o dell’Irap, come in qualche caso ha peraltro fatto, ma, in assenza del federalismo fi -scale, il livello dell’imposizione di-pende dal parlamento. La Regione può, però, svolgere, per favorire lo sviluppo delle imprese e dell’eco-nomia, attività che singolarmente le aziende non hanno la capacità di attuare: mi riferisco alla ricerca e all’internazionalizzazione.

La Regione potrebbe poi dar vita, magari insieme a qualche banca, a un fondo di turnaround, allo scopo di favorire l’avvio delle nuove iniziative imprenditoria-li che possono nascere quando un’impresa non riesce ad andare avanti perché è soffocata dai de-biti, ma la sua attività può ancora essere condotta con risultati po-sitivi, perché il prodotto è valido; questo genererebbe benefi ci per la collettività e per le stesse casse regionali, grazie ai capital gain re-

alizzabili una volta completato il risanamento”.

Confi ndustria Toscana chiede l’abolizione dell’Irap: è d’accordo?

“L’Irap viene calcolata, come ho detto, su un importo che è ge-neralmente maggiore del reddito; conseguentemente può assumere, a seconda della struttura dei costi delle aziende, un peso rilevante e, a causa del suo meccanismo appli-cativo, può rendersi dovuta anche da imprese in perdita. Ecco perché è particolarmente detestata.

Non bisogna tuttavia dimen-ticare che essa ha sostituito non solo l’Ilor, ma anche contribuzioni dovute dalle imprese per fi ni as-sistenziali; il gettito che essa ge-nera è quindi consistente e la sua abolizione tutt’altro che semplice. Potrebbe tuttavia essere abolita se venisse al tempo stesso eliminata tutta una seria di agevolazioni e sovvenzioni di cui le imprese at-tualmente godono, la cui utilità è tuttavia da dimostrare”.

Cosa possono e devono fare gli Enti locali per agevolare l’uscita dalla recessione?

“Gli Enti locali non hanno un preciso ruolo da svolgere per agevolare l’uscita dalla recessione. Ho però visto troppo spesso valide iniziative imprenditoriali ostacola-te da comportamenti e ritardi delle amministrazioni comunali: in Pa-esi vicini gli insediamenti produt-tivi sono incentivati e corteggiati, mentre in Italia sono spesso osta-

colati”.È necessario tassare di più

la rendita e le transazioni fi -nanziarie o anche questi prov-vedimenti rischiano di essere recessivi e servirebbe un ridi-segno complessivo del sistema fi scale?

“Per molti anni il reddito d’impresa e i redditi realizzati dal-le persone fi siche sono stati tassati con aliquote che arrivano sino al 45 per cento, mentre i capital gain e le rendite fi nanziarie, che hanno in genere natura speculativa, sono state assoggettate a imposizione generalmente nella misura del 12,5 per cento.

Ciò è distorsivo e ingiusto. Tale distorsione è stata più recen-temente attenuata, elevando al 20 per cento tale aliquota, ma in qualche misura permane. Il fatto è che, da un lato, vi è l’esigenza di prevedere una tassazione di favo-re per incentivare il risparmio, e, dall’altro, quella di evitare di tas-sare i redditi speculativi meno di quelli di lavoro e d’impresa, per-ché ciò è iniquo e discorsivo. E’ inoltre opportuno che questo tipo di prelievo sia armonizzato con quello degli altri paesi, per evitare fughe di capitali”.

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 12 COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - AREZZO

Alla ricerca della ripresa perdutaFisco ma non solo: dalla burocrazia alla giustizia, dalle infrastrutture all’energia, gli scogli che bloccano la barca dell’impresa

Duecento se t tanta-duemila euro. E’ quello che la Bara-

clit ha pagato nel 2012 di Imu per lo stabilimento di Bib-biena (Ar). “Sa qual è il vero problema? Se un’azienda va in pareggio o in rosso – dice l’amministratore delegato Franco Bernardini – deve pagare lo stesso fi no all’ul-timo centesimo di tasse e di Irap.

E di questi tempi, andare in perdita non è poi così dif-fi cile”. Bernardini è al timo-ne di una società del settore edile leader nella realizzazio-

ne di prefabbricati in calce-struzzo, è anche presidente di Confi di Toscana, organismo che ha l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito alle Pmi della regione. Sa quanti lacci e lacciuoli della burocrazia, diverse, gravose e complesse tassazioni, costi, spese e lun-gaggini incidano in maniera compromettente sui risultati di un’azienda.

“Prendiamo ad esempio l’Ires – prosegue –. Si paga sugli utili, è un’imposta equa, se guadagni paghi altrimenti no. L’Irap invece è un’impo-sta ingiusta ed onerosa perché

si paga anche se l’azienda è in perdita essendo una tassa sul lavoro. Il già alto costo del la-voro aumenta di un altro 3,9 per cento. Assurdo. Poi c’è la Tarsu o Tia sui rifi uti, che quest’anno è diventata Ta-res, oppure l’Imu. Queste si pagano sulle superfi ci degli immobili nelle disponibilità di un’impresa. E in un ambito particolare come quello edi-lizio tassazioni del genere si fanno sentire molto più che in altri”. Basti pensare alle gran-di superfi ci di stoccaggio per materie prime o per ingom-branti prodotti lavorati, oltre

che ai luoghi di produzione veri e propri. “Quest’anno il conto dell’Imu è stato un sa-lasso e temo che nel 2013 au-menterà molto – prosegue –. Mi domando se una pressione fi scale del genere sia davve-ro quel che serve all’Italia in questo momento così critico. Il settore edile, e non solo, è allo stremo”.

Quanto possano incide-re le tasse su un’azienda lo spiega bene un esperto, Pao-lo Marraghini, che si occupa di fi sco e tributi per Confi n-dustria Arezzo. “Un’impresa - dice - è tenuta a versare il

di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 13COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - AREZZO

L’IMU? Un vero e proprio colpo

di scure per le imprese, che

faticano ad andare avanti

Il taglio del cuneo fiscale potrebbe dare ossigeno sia alle imprese che ai lavoratori

Paolo MarraghiniFranco Bernardini

27,5 per cento di Ires, imposta sul reddito di società, che si paga sugli utili. In realtà, utili ‘rettifi cati’, perché non tut-te le spese sono interamente deducibili. C’è poi l’Irap, che è invece l’imposta regionale sulle attività produttive, la cui aliquota nominale è fi ssata al 3,9 per cento, ma che di fatto è molto più elevata in quanto la percentuale è calcolata sul reddito lordo, che non tiene conto del costo per il perso-nale e degli oneri di natura fi nanziaria”. Di fatto un’im-presa complessivamente in perdita, ma che – tolti i costi per il personale e per gli oneri fi nanziari – risulta in attivo è tenuta al pagamento dell’Irap. E questo per quanto riguarda la tassazione diretta.

“C’è poi quella indiretta – continua Marraghini – che per alcuni tipi di imprese inci-de in maniera particolarmen-te pesante. Si vedano l’Imu o la Tares. Negli ultimi anni il quadro si è aggravato – e pa-recchio – per le imprese. L’I-mu, rispetto alla vecchia Ici ha fatto registrare un incremen-to medio del 40 per cento, a volte anche del 50 per cento. La Tares, in confronto alle precedenti imposte sui rifi u-ti, è più onerosa perché deve fi nanziare ‘servizi indivisibili’ forniti dall’ente locale come

l’illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade, la polizia municipale, le aree verdi”.

E se un’attività è in crisi, fardelli fi scali del genere non possono che allargare le crepe fi nanziarie, divenendo – nei peggiori ma non infrequenti casi – incolmabili baratri.

“Allo stato attuale – pro-segue l’esperto dell’Associa-zione Industriali – la pressio-ne fi scale sulle imprese sfonda mediamente la quota del 50 per cento, arrivando anche al 55 per cento. Una fetta enor-me. In un periodo di diffi coltà come questo è fondamentale una riduzione delle imposte per permettere alle aziende di respirare, tornare in carreg-giata e riprendere a crescere”.

Lo scopo di un’impresa è fare profi tto, essere in salute è condizione essenziale per il benessere dei suoi lavoratori. “Purtroppo però – argomen-ta Marraghini – buona parte del costo del lavoro, ovvero la spesa sostenuta dall’im-prenditore per i suoi presta-tori d’opera non fi nisce nelle tasche di questi ultimi. Anzi”. Il taglio del cuneo fi scale – ovvero la differenza tra costo del lavoro e reddito percepi-to dai dipendenti – potrebbe dare ossigeno sia alle imprese che a chi vi lavora. “Poniamo

che un lavoratore venga retri-buito con 1.000 euro lordi al mese: per calcolare la quota netta occorre togliere spese per previdenza e tasse che si mangiano un 35-40 per cen-to del totale. Dal canto suo l’azienda spende 1.800 euro per mantenere quella persona sotto contratto. Il cuneo fi sca-le è oggettivamente troppo elevato”.

Ma se la diminuzione della pressione fi scale è cer-tamente una priorità, non è affatto senza conseguenze in tempi di magra. Auspicabile

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 14 COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - AREZZO

Per essere competitivi occorrono tempi a misura d’impresa, una realtà ancora sconosciuta alla Pubblica Amministrazione

I costi dell’energia pesano

sull’impresa: un settore in

cui servono liberalizzazione

e maggiore concorrenza

e auspicata, invocata e pro-messa su più fronti, rimasta spesso lettera morta dopo ab-bondanti promesse elettorali. All’apparenza, allora, più in-dolore e fattibile sembrerebbe uno snellimento delle regole. Quanto mai urgente.

“Si parla tanto di sempli-fi cazione – continua Marra-ghini - ma se ne fa piuttosto poca. Occorre ‘dimagrire’ sia sul versante delle prescrizioni che le imprese sono tenute a rispettare a livello contributi-vo che normativo. Ci troviamo spesso di fronte a situazioni paradossali, a una moltiplica-zione di obblighi nei confron-ti degli enti più svariati. Serve una razionalizzazione, per rendere ragionevoli le richie-ste alle imprese”.

Pressione fi scale adegua-ta, meno regole ma più sicure. Perché la giungla normativa porta anche a complessi d’in-certezza che sono ulteriore ostacolo alla buona impresa. “E’ ovvio che le aziende deb-bano rispettare le regole cui sono sottoposte.

Purtroppo spesso la bu-rocrazia in campo tributario

genera una selva nella quale è diffi cile districarsi. Tanto che gli operatori stessi, a volte, non hanno la sicurezza – no-nostante gli scrupoli – di aver agito nel rispetto di tutte le regole.

E allora, in attesa che la semplifi cazione non diventi realtà, sarebbe giusta minor asprezza in sede di control-lo. Ovvero: si badi all’aspetto sostanziale, piuttosto che a quello formale. I sopralluo-ghi nelle sedi aziendali sono spesso temuti per l’intrigo

di prescrizioni cui attenersi”, conclude Marraghini.

Una situazione che gene-ra ansia nel mondo dell’im-prenditoria, come attestato da Franco Bernardini di Baraclit. “E’ diffi cile che un controllo non si concluda con una am-menda anche in aziende serie e corrette – spiega – perché i cavilli burocratici che possono incidere negativamente sono innumerevoli e spesso non chiari”.

Il labile confi ne tra la re-golarità e irregolarità è una zona grigia, vista con molta paura. Anche perché l’entità delle multe – nell’ordine di migliaia di euro – è rilevante, specie per le attività più pic-cole.

Tasse, controlli, burocra-zia. Ecco in sostanza alcuni degli ostacoli più alti su cui si infrangono i migliori proposi-ti dello spirito di inziativa im-prenditoriale. Ma non sono gli unici. Si sommano alla man-canza di infrastrutture, di ade-guati e moderni collegamenti, ai costi della politica, ai suoi tempi biblici, a un’attenzione delle amministrazioni giudi-cata “bassa” rispetto ai temi cari alle imprese.

“Ci vorrebbe – spiega Bernardini – più sensibilità sul tema delle tasse. A livello cen-trale, come locale. I Comuni

dovrebbero contenere quanto più possibile l’aliquota Imu”. Anche se la scelta dello Stato di riscuotere la propria fetta dalla parte fi ssa dell’aliquota, di fatto, rischia di incentivare le amministrazioni municipa-li – le cui casse sono sempre più diffusamente esangui – ad innalzare, per quanto in loro potere, la tassa.

“Ci sono poi le lungaggi-ni – continua Bernardini – per ottenere un’autorizzazione. All’estero non è così. Se si presentano problemi, tutte le parti pubbliche interessate si siedono a un tavolo e si trova una ragionevole soluzione. In tempi rapidi.

Poi: gli imprenditori de-vono fare i conti con i costi dell’energia che sono davvero spropositati. Colpa soprattut-to dei monopoli: ove possibi-le occorre liberalizzare. Tanto più che lo Stato italiano non può più permettersi parteci-pazioni onerose; una scelta intelligente anche per sanare i disastrati conti pubblici che abbiamo.

Infi ne la giustizia, che va riformata al più presto. Ha tempi che sono un’assurdità. La mia azienda ha un conten-zioso in atto, la prima udienza del processo d’appello è stata appena fi ssata nel 2019. Fra sei anni. Non ci sono parole”.

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 16 COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - GR, SI, LI

Tra il dire e il fare c’è il fisco da cambiare

Non basta la crisi, gli imprenditori devono fare i conti con un fisco iniquo e illogico. Serve un sistema che funzioni. Solo così l’impresa italiana potrà ritrovare il posto che meritadi Giuseppe Nigro, direttore “Sienafree.it”

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 17COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - GR, SI, LI

Senza riforme strutturali nei prossimi mesi il sistema produttivo italiano rischia di essere distrutto

Andrea Gemignani Massimo Boldrini Maurizio Manno

N on bastasse la crisi, a mettere alle cor-de – talvolta fatal-

mente – le aziende è l’iniqui-tà e illogicità, ancor più della pesantezza, della tassazione italiana. Interpellati, gli im-prenditori lo sostengono in coro, ed è la fondatezza dei loro argomenti a testimoniare che l’unanimità è fi glia non della demagogia del non voler pagare ma del pragmatismo di voler stare all’interno di un sistema che funzioni. “Se par-liamo di tassazione, il nostro paese è a un livello di eccel-lenza rispetto al panorama europeo e anche extra – apre l’analisi Andrea Gemignani, ex presidente Confi ndustria Livorno –.

Quello che è accaduto dal 2008 in poi – l’arrivo della crisi e l’accelerazione dei pro-cessi di globalizzazione, l’in-tegrazione tra i mercati anche a livello europeo, la ricerca di nuovi mercati per le azien-de italiane e la necessità di confrontarsi con competitors internazionali – non ha fatto altro che acuire un gap ampia-mente conosciuto per portare ancora di più in luce i nervi scoperti di un sistema che ne-cessita di riforme strutturali.

Se non ci sono provvedi-menti non dico nei prossimi anni ma nei prossimi mesi, il sistema produttivo italiano rischia di essere distrutto: già una buona parte di aziende, quelle di servizi e manifattu-riere, che hanno la manodo-pera al primo posto tra i costi di produzione, sono state can-cellate dal mercato negli ulti-mi anni, la stragrande mag-gioranza sono in una fase di diffi coltà, e le altre si salvano perché rappresentano eccel-lenze. Servono riforme che riguardano sia il costo del la-voro che la tassazione del red-dito delle aziende, due valori non in linea con i nostri com-petitor di livello europeo”.

Il modo in cui vengono spesi i soldi pubblici non è un incentivo: “Il nostro è un pae-se ormai antiquato dal punto di vista della macchina politi-ca, che rappresenta un costo insostenibile per lo stato e per i cittadini.

Un provvedimento es-senziale è tagliare i costi della macchina pubblica e allegge-rire la tassazione sulle impre-se e sui lavoratori dipendenti, per dare fi ato e maggiori op-portunità di sviluppo a tutta

l’iniziativa privata. In un momento come

questo in cui è richiesta la massima effi cienza e compe-titività, ci sarebbe bisogno, oltre che di ridurre il peso delle imposte sulle aziende, anche di snellire le procedure autorizzative e di abbattere i costi delle infrastrutture e di gestione dei servizi di cui le aziende necessitano: i costi delle utilities mandano fuori mercato un’azienda che pro-va a competere col resto del

mondo. In realtà il nostro è un

sistema pesante, eccessiva-mente burocratizzato, in cui le norme si moltiplicano: è diffi cilissimo avere chiarezza, soprattutto per gli investitori che hanno bisogno di certez-za dei tempi, dei costi e del diritto”.

Gemignani tratteggia in conclusione la sua idea sulle misure necessarie: “Sicura-mente ridurre le percentuali di tassazione a carico dei dipen-

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Meno sprechi e più competenze: serve un’Amministrazione pubblica efficace ed efficiente

L’imprenditore si trova prigioniero di un labirinto di

regolamenti in cui le regole cambiano

ogni giorno e adeguarsi diventa

sempre più difficile

denti e delle aziende, ridurre il numero di imposte, rivedere tutto l’apparato normativo per quanto riguarda i controlli in materia ambientale e di sicu-rezza, andando a snellire sen-za ridurre il livello di rispetto delle norme europee, di cui noi abbiamo appesantito il re-cepimento.

Un gran numero di norme non signifi ca maggior sicurez-za o rispetto dell’ambiente, le normative ambientali in Italia sono quanto di più complicato possa esserci: non è un van-taggio per chi deve operare ma anche controllare, ma di-venta – anche in buona fede – motivo di scarso rispetto dell’ambiente stesso perché è diffi cilissimo interpretare le norme, è facilissimo cadere in errore. Ci potranno essere an-cora imprenditori che hanno il fegato di andare avanti, ma ce ne saranno sempre meno”.

La mortifi cazione della vita delle aziende dovuta al sistema di tassazione è an-che nelle parole di Massimo Boldrini, amministratore della Df Srl di Siena: “Si è arrivati al punto che negli ul-timi tempi stiamo riducendo notevolmente gli investimenti sulla ricerca per pagare le tas-se.

Noi abbiamo pagato lo scorso anno oltre 40mila euro

di Imu senza avere nessun vantaggio né agevolazione: la strada la puliamo noi, l’erba la togliamo noi, un palo del-la luce rotto lo aggiustiamo noi. Il problema non è tanto questo, ma che non siamo competitivi quando andiamo all’estero, in particolare con le aziende tedesche che oltre a essere meno tassate han-no vantaggi di logistica nella spesa per le autostrade, per il gasolio e riescono a fi nanziare le vendite a un tasso estrema-

mente agevolato. Esempio: dalle auto

aziendali per l’assistenza si detrae solo il 20 per cento, solo 12mila euro su 60mila, ma non è che le usiamo per fare le sfi late, se fanno 80-90mila chilometri auto non è per andare a spasso.

E perché si detrae l’80 per cento di spese telefoniche? Mica facciamo telefonate per-sonali. Se abbiamo ospiti, per-ché si deve detrarre solo il 75 per cento e il 25 per cento lo devo pagare con gli utili? Chi ci governa non ha mai lavo-rato e non conosce le caratte-ristiche delle piccole e medie aziende.

Sull’Irap poi non faccio commenti, è criminale tassa-re così tanto l’assunzione dei dipendenti”. Interfacciarsi con

una pubblica amministrazio-ne ineffi ciente è come paga-re una “tassa” aggiuntiva: “Io pago oltre 13mila euro di net-tezza urbana, portando ogni settimana solo un sacco di piatti di plastica della mensa.

Almeno è detraibile – prosegue Boldrini –. C’è vo-luto un anno per avere il per-messo dal Comune per il terzo stabilimento nella nostra pro-prietà: quando sono arrivati i permessi, la ditta che doveva realizzarlo è fallita, e abbiamo buttato via i 600mila euro per arrivare fi no a quel punto.

Dal punto di vista buro-cratico è una tragedia. Ci fan-no perdere tempo e denaro per corsi inutili e non mirati come dovrebbero. Ci sono persone incompetenti che gestiscono la cosa pubblica a

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Chi dà lavoro aiuta il suo territorio, la

regione, l’intero paese: è sulla

piccola e media impresa che si

fonda l’economia

tutti i livelli. Il grande proble-ma è la non gestione dei pro-getti, fanno sprechi continui.

Fanno le strade e invece di farne una e fi nirla, ne fanno tre senza fi nirle. È un proble-ma di cervelli. Chi sbaglia do-vrebbe andare fuori”.

Solo chi conosce sul cam-po la quotidianità delle diffi -coltà di un’azienda può capire perché certe misure sconfi na-no nel vessatorio: “Abbiamo tutti i mesi e tutti i giorni tasse e tassettine, abbiamo punte di spese in certi mesi: a dicembre devo anche pagare le tredice-sime, eppure si lavora meno.

Molte aziende non paga-no, e se non lo fanno non ce la fanno più a ripagare. L’Irap va levata. Negli anni ‘50-’60 un apprendista pagava per venire a imparare, ora si assume una persona che non sa fare nien-te: è assurdo, così non si as-sume nessuno, si fa prendere una partita Iva e ci si fa fare una fattura.

La cosa grave che sta av-venendo in Italia è che si giu-stifi ca dal punto di vista etico l’evasione delle tasse. È la

cosa peggiore che possa capi-tare: se c’è un servizio si paga anche volentieri. Ma non se le tasse sono eccessive.

E in più non si può pen-sare sempre con una menta-lità vetero-comunista che il datore di lavoro sia un delin-quente, un affamatore, un la-dro, uno sfruttatore: io anni fa ho venduto un appartamento per fi nanziare l’azienda.

Prima le banche ci chie-devano di investire e patri-monializzare, adesso diventa

un debito perché gli immobili non crescono di valore e sono tassati dall’Imu. Tante cose scoraggiano, se sono ottimista è perché all’estero si riesce a vendere”.

Lavora con l’estero anche Maurizio Manno, titolare della ditta grossetana “F.lli Manno”: “E’ chiaro che qual-cosa non regge: per come è formata, la tassazione scorag-gia l’imprenditore e lo svilup-po economico.

Questo perché è pensata per garantirsi una minimum tax: anche se le aziende sono in perdita, lo stato si garanti-sce un prelievo per mantene-re il funzionamento di questa enorme belva dal punto di vista burocratico che sta con-sumando l’Italia. Questa belva andrebbe affamata per capire che senza aziende non vive.

Partiamo dall’assurdo: l’Irap e l’indetraibilità degli interessi passivi colpiscono i due principali fattori produt-tivi, il lavoro e il capitale. In questa maniera le aziende che danno lavoro e hanno fatto investimenti si trovano pena-lizzate, non possono patrimo-nializzarsi, cioè l’esatto con-trario di quello che serve per gli obblighi di Basilea 3.

Un’impostazione del ge-nere non permette all’impren-ditore di avere la voglia di fare

impresa, di investire”. Super-fl uo sottolineare che anche il sistema dei controlli punitivi e non preventivi crea disagi ulteriori: “L’imprenditore vive una condizione di non parità tra controllato e controllore – prosegue Manno –, così l’op-portunità di far valere i propri diritti spesso lascia il passo a calcoli di convenienza vi-ste le possibilità discrezionali dell’Agenzia delle Entrate.

L’incertezza del diritto e la presunzione di colpevolez-za sono oggi i due principi di fatto vigenti nel fi sco ita-liano; la prima è legata alle tante norme ed alla loro con-tinua evoluzione: oltre che ai provvedimenti legislativi, bisogna tener conto delle in-terpretazioni autentiche, del-le circolari dell’Agenzia delle Entrate, degli orientamenti giurisprudenziali e della dot-trina, che sono postume ed in evoluzione, in questo quadro anche volendo rispettare la normativa, l’imprenditore non è sicuro di applicare corretta-mente il diritto, in quanto dal momento del bilancio al mo-mento del controllo cambia puntualmente un’interpreta-zione e l’azienda è permanen-temente a rischio sanzioni”.

Il passo è breve verso il secondo principio, la presun-zione di colpevolezza: “Il con-

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Un cambio di rotta deciso e improcrastinabile: alla politica serve coraggio e una visione di lungo periodo

Non c’è futuro per l’impresa se

l’imprenditore può pensare solo a

sopravvivere

trollore, ha come obiettivo di portare a casa qualcosa, visto il primo principio l’accerta-to è colpevole e si deve solo capire quanto. Questo premia l’atteggiamento furbo, perché la spada di Damocle è su tut-ti, ma chi sbaglia in maniera premeditata ha maniera di ac-cantonare mettendo in conto sanzioni, mentre si mortifi ca il vero imprenditore, quello onesto, che è contento di pa-gare le tasse, ma che vorrebbe contribuire con il giusto al be-nessere del suo paese.

Il cambio di passo nel rapporto col contribuente richiederebbe un maggior controllo preventivo e quello successivo per casi gravi e ben determinabili. Ma purtroppo siamo in un paese in cui le forze dell’ordine non fanno i controlli nei parcheggi delle discoteche per salvare vite ma a due chilometri di distanza per ritirare patenti”.

E’ evidente che lo stato ha bisogno di risorse, ma per re-perirle diventa necessario un

sistema più sostenibile: “La politica deve prendere dagli imprenditori il coraggio che ha chi effettua un investimen-to.

Deve capire che non è aumentando la tassazione che aumentano le entrate fi -scali (siamo il primo paese al mondo a dimostrare la curva di Laffer), ma che di fronte all’aumento delle tasse ol-tre un certo limite le entrate diminuiscono. Il coraggio è

passare a tassare la rendita e non il lavoro, levare le tasse ingiuste, stupide e contropro-ducenti come quelle sul lavoro e sugli investimenti, detassan-do completamente il lavoro ed il reddito derivante da nuovi investimenti per almeno tre anni (questa misura è pratica-mente a costo zero in quanto nel breve nel permanere di queste condizioni non sono ipotizzabili nuovi investimen-ti produttivi) per abbracciare

una visione di lungo periodo in cui le risorse si autogene-rano”.

Conclude Manno: “La soluzione non può essere nel mettere toppe, in primis per-ché non servono nuove nor-me ad incasinarci l’esistenza, ci bastano quelle che abbiamo (sarebbe ora di stabilizzare), in secondo luogo perché il si-stema non può reggere senza una profonda riforma, biso-gna mettersi al tavolino con una visione totale con poche regole, chiare e giuste, ma basta mettere toppe perché il sistema non regge più. L’im-prenditore deve tornare a po-ter indirizzare le sue energie sul suo core business, non su come affrontare il fi sco”.

Solo allora la genialità italiana sarà libera di espri-mersi nella creatività sul lavo-ro e non per la sopravvivenza dell’azienda.

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Di tasse (e di crisi) si muoreResistono gli imprenditori, ma gli ostacoli sono sempre di più. Per le PMI intervenire sulla fiscalità non è sufficiente: per poter competere, serve di più

È una vera e propria montagna di tributi quella che sta sa-

lassando le aziende italiane, e dunque anche quelle toscane, e che mette a serio repentaglio ogni possibile ripresa econo-mica. E poi ci sono molti al-tri ostacoli che accrescono le diffi coltà delle imprese, dalle carenze infrastrutturali ai tem-pi e ai costi della politica, fi no

al pessimo funzionamento del sistema giudiziario. Delle diffi -coltà che le aziende quotidia-namente incontrano e delle eventuali possibili vie d’uscita abbiamo parlato con alcuni addetti ai lavori: Andrea Tem-pestini del Cda dell’azienda Gastronomia Toscana, vice presidente dell’Unione indu-striale pratese e membro del-le commissioni credito e fi sco

di Confi ndustria nazionale, Massimo Di Martino, ad di Abiogem Pharma, azienda farmaceutica di Pisa e Mar-co Calamai, funzionario dell’Unione industriale di Prato. Ecco il quadro che ne emerge.

La tassazione sulle aziende ha raggiunto ormai livelli intollerabili. Quali

sono le imposte che dan-neggiano maggiormente le imprese (Irap, Tarsu, Imu…) e come si dovrebbe interve-nire per alleviare tale pres-sione?

Tempestini: “L’Irap è la più terribile, sulla Tarsu dob-biamo capire ancora cosa acca-drà. Quanto all’Imu basti dire che solo nel territorio pratese

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di Paolo Vannini, giornalista freelance

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Una tassa iniqua e distorsiva: Confindustria chiede di togliere immediatamente il lavoro dalla base imponibile Irap

Andrea Tempestini Massimo Di Martino Marco Calamai

gli immobili manifatturieri sono passati da 12 milioni a 23, con la stessa redditività: una follia. Siamo consapevoli che l’Imu è stata introdotta per esigenze di bilancio ma nella realtà dei fatti si paga il doppio per cose che producono reddi-to (ammesso che lo producano davvero) nella stessa misura. Sull’Irap il nostro Centro studi conferma che le aziende con più risorse umane hanno una maggiore incidenza di questa imposta. La soluzione? Far in-cidere il costo del lavoro meno sulla base imponibile e far sì che i nuovi occupati non vi ri-entrino”.

Di Martino: “Posso sol-tanto parlare della pressione fi scale relativa al settore di mia appartenenza, il farmaceutico.

Se in generale la pressione fi -scale sull’attività di impresa è elevata, quando si parla di far-maci le cose diventano molto peggiori: si deve aggiungere che ogni azienda farmaceutica riceve un budget annuale dalla Agenzia del farmaco (Aifa) per i prodotti rimborsabili dal Ssn, e in caso di sfondamento deve ripianare; dopo il terremoto in Abruzzo è ancora in vigore una riduzione del prezzo dei farmaci rimborsabili del 1,83 per cento (diventato 4,1 per

cento soltanto per il secondo semestre 2012); vista l’attività di alta innovazione, non è pre-visto alcun credito di imposta per le spese di ricerca, con una drammatica differenza rispetto alla stessa attività svolta negli altri Paesi. Gli interventi più urgenti sono sicuramente una stabilizzazione delle regole che permetta di poter investire con un time to market molto lungo, ed una corretta defi nizione del livello di assistenza e del tetto della spesa farmaceutica che è

drammaticamente sottostima-ta. E’ altrettanto evidente che alleggerire la pressione fi scale a valle è sicuramente un sol-lievo, ma l’impatto è inferiore rispetto ai balzelli specifi ci che ho elencato”.

Calamai: “Irap e Imu sono certamente percepite con disagio dalle imprese. L’Irap, soprattutto in una situazione come quella attuale in cui mol-te imprese chiudono gli eserci-zi in perdita o con utili risicati, mostra uno dei suoi aspetti più

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Le carenze infrastrutturali e i ritardi del sistema giudiziario penalizzano le imprese, aumentandone i costi

Le aziende non chiedono vantaggi,

ma solo di essere messe in condizioni

paritetiche per competere senza zavorre

negativi, una base imponibile sostanzialmente slegata dalla capacità reddituale dell’azien-da. Molto spesso l’Irap dovuta fi nisce in queste situazioni per essere superiore all’utile rea-lizzato.

L’intervento che deve es-sere fatto è quello di rendere interamente deducibile il costo del lavoro dipendente, contri-buendo in questo modo anche a ridurre il cuneo fi scale che è fra i più alti dei paesi Ocse. L’I-mu è cresciuta in modo enor-me rispetto all’Ici, aggravando le diffi coltà delle imprese ma-nifatturiere che utilizzano am-pie superfi ci per le loro attività, spesso anche in parte inutiliz-zate per effetto della crisi”.

Si parla probabilmente ancora troppo poco di cu-neo fi scale e della necessità di intervenire pesantemente su questa materia. E’ questo, invece, un elemento decisi-vo per ridurre i costi alle im-prese e facilitare la creazio-ne di nuovi posti di lavoro?

Di Martino: “Sicuramen-te sì. Forse maggiore impor-tanza ha la fl essibilità in en-

trata ed in uscita rispetto alle nuove regole della Riforma Fornero. In ogni caso l’alline-amento al benchmark del costo del lavoro della media europea sarebbe molto importante. La rigidità in uscita sicuramente rallenta la possibilità di creare nuova occupazione”.

Calamai: “Un intervento sul cuneo fi scale è sicuramen-te auspicabile sia riducendo il costo del lavoro per le imprese rendendole più competitive, sia incrementando il reddito disponibile dei lavoratori con effetti positivi sui consumi”.

Tempestini: “Usando una

metafora si possono parago-nare le nostre aziende ma-nifatturiere a degli atleti che corrono con una zavorra ad-dosso. Ce la fanno comunque a salire sul podio ma certo se non avessero quel peso dietro otterrebbero ben altri risulta-ti. Le aziende non chiedono vantaggi ma di essere messe in condizioni paritetiche. Il lavoro è un fattore produttivo, non siamo competitivi perché c’è troppa distanza fra la busta paga e ciò che realmente paga un’impresa nel complesso”.

Quanto peso hanno, nel-la valutazione generale del buon funzionamento delle imprese italiane, le gravi carenze infrastrutturali, i co-sti abnormi della politica, il pessimo funzionamento del sistema giustizia? Possono essere considerate anche queste e in che misura altre “tasse” sulle aziende?

Calamai: “Le carenze in-frastrutturali ed i ritardi del sistema giudiziario penalizza-no certamente la imprese, au-mentandone i costi diretti ed indiretti”.

Tempestini: “Perché nel mondo del calcio solo chi re-alizza stadi di proprietà mie-te successi? Eppure non è la struttura stadio di per sé a portare risultati sul campo. Lo

stesso discorso si può fare con le imprese toscane che non sono mai riuscite, in tutti que-sti anni, ad avere un aeroporto all’altezza. Per volare all’estero sempre più bisogna recarsi a Bologna o Genova.

Per non dire della terza corsia autostradale sulla Firen-ze-Mare. Queste sono condi-zioni che fanno la differenza, se esistono o non esistono. La velocità nel raggiungere gli obiettivi è un fattore fonda-mentale”.

Di Martino: “Per me han-no una importanza capitale! Sono tutte voci che minano la credibilità del nostro paese e tengono lontani o mandano via gli investitori stranieri. Più che tasse credo che vadano considerate vere e proprie ca-renze di competitività del si-stema paese e di conseguenza delle aziende che vi lavorano”.

Sempre in materia di tassazione quali elementi hanno peggiorato gli effet-ti della pressione fi scale: nuove norme tributarie, inasprimento dei controlli, responsabilità aggiuntive di controllo attribuite alle im-prese committenti o cos’al-tro?

Tempestini: “Certo nuove norme tributarie sono sicura-mente una cattiva abitudine.

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Fisco e controllo, uno stimolo al miglioramento che spesso penalizza proprio le imprese virtuose

Favorire gli investimenti, promuovere la ricerca e l’innovazione, queste le strade da percorrere per la ripresa

La loro retroattività poi è una cosa pessima. Cambiare le re-gole durante il gioco non va mai bene. La lotta all’evasio-ne è sacrosanta ma l’inaspri-mento dei controlli non può diventare, come troppo spesso accade, vessazione. Verifi che e controllo vanno fatti, e sotto-lineo che vanno fatti su tutti, ma gli abusi di controlli sono un’altra cosa”.

Di Martino: “Considero l’attività di controllo uno sti-molo al miglioramento qua-litativo ed anche al compor-tamento etico sotto il piano della responsabilità sociale dell’impresa e della corretta fi scalità. Il problema è la man-canza della certezza del diritto al momento che dai controlli emergono contestazioni; in questo caso differenti modi di lavorare che alla fi ne non prevedono sanzioni su coloro che non rispettano le regole si concretizza con una pena-lizzazione nei confronti delle imprese virtuose, una specie di concorrenza sleale”.

Calamai: “Alcune modi-fi che alla normativa fi scale, anche non recentissime, han-no in questo momento effetti particolarmente negativi, mi riferisco alla deducibilità degli interessi passivi per i soggetti Ires nel limite del 30 per cento del Rol, alla riportabilità delle perdite fi scali delle società di

capitali nel limite dell’80 per cento dell’utile dell’esercizio, solo in parte compensata dal-la riportabilità illimitata delle stesse perdite, alla normativa sulle società in perdita sistemi-ca; tutte misure che in periodo di crisi, fi niscono per far pa-gare le imposte ad imprese in diffi coltà privandole di risorse da destinare ad investimenti per migliorare la produzione o riposizionarsi sui mercati. Altre modifi che normative re-centi hanno gravato le imprese di pesanti adempimenti bu-rocratici, mi riferisco in parti-colare alla normativa sulla re-sponsabilità solidale per l’Iva e le ritenute fi scali nei contratti di appalto”.

Esistono, a suo avviso, proposte precise per miglio-rare questa situazione: cosa è possibile fare a breve ter-mine per dare respiro fi scale soprattutto alle Pmi?

Di Martino: “Non sono un esperto su questi argomen-ti. La mia sensazione è che il problema principale delle Pmi è la generale sottocapitalizza-zione che le rende più vulnera-bili delle concorrenti straniere. Eventuali interventi che agi-scano nel breve periodo sulla fi scalità delle Pmi non credo che però aggiungano sostan-ziali vantaggi sotto il profi lo

strategico e competitivo, ma darebbero soltanto un po’ di ossigeno. Ormai il futuro delle Pmi in generale, ed italiane in particolare, rimane la mode-sta dimensione e la scarsa in-ternazionalizzazione, e credo che sia sotto questi due profi li che la struttura industriale del nostro paese si sta giocando il futuro”.

Calamai: “Dal punto di vista del risparmio fi scale ol-tre alla deducibilità totale del costo del lavoro dalla base imponibile Irap è necessario favorire gli investimenti di capitale nell’impresa, un in-

tervento rapido in questa dire-zione potrebbe essere attuato potenziando in modo signifi -cativo l’Aca (aiuto alla crescita economica). Oltre al risparmio fi scale le imprese necessitano: di una signifi cativa semplifi -cazione fi scale (Confi ndustria ha segnalato numerosi adem-pimenti che possono essere semplifi cati o addirittura eli-minati); di una maggior cer-tezza della normativa fi scale e di un maggior equilibrio nel rapporto con l’amministrazio-ne fi nanziaria. In questo senso è importante che si dia concre-ta e piena attuazione ai prin-cipi contenuti nello statuto del contribuente”.

Tempestini: “Alleggerire la base imponibile, procede-re alla semplifi cazione de-gli adempimenti fi scali e alla standardizzazione delle pro-cedure. Per quanto riguarda gli incentivi e i contributi alle Pmi, a tutti i livelli, io sarei per la loro abolizione e per il con-temporaneo abbassamento dell’aliquota Ires.

I contributi così come sono concepiti oggi, sono aiu-ti, non incentivi. Quindi non sono una soluzione”.

COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - PRATO E PISA

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 26 COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - LUCCA E MASSA

Con troppo fisco si perde l’EuropaAffossa la competitività e toglie risorse agli investimenti. Dalla riforma fiscale parte la ripresa del Paese, ma da sola non basta

U n viaggio con il freno a mano tirato. Il siste-ma imprenditoriale

italiano appare frenato in maniera inequivocabile da una pressione fi scale che limita lo sviluppo, ta-gliando margini di profi tto impor-tanti sia per la capitalizzazione che per gli investimenti e l’innovazio-ne. Quando si parla di tassazione sulle imprese, l’Italia dimostra di non aver ancora agganciato il tre-no dell’Europa, che marcia rapi-damente verso un sistema di age-volazioni e sgravi fi scali sul lavoro messi in atto proprio per aiutare il sistema produttivo. E purtroppo aver perso questo treno per le no-stre aziende signifi ca dover paga-re più tasse delle loro concorrenti

straniere. Tanto che, secondo alcu-ne recenti analisi, per livello impo-sitivo ci troviamo al primo e certo non invidiabile posto in Europa e al tredicesimo su scala planetaria, quindi sullo stesso piano dei co-siddetti paesi del terzo mondo e dietro a quelli in via di sviluppo.

Sebbene con dati diversi, anche un’indagine Confi ndustria-Deloitte ha evidenziato questo handicap del nostro sistema im-prenditoriale, provocato da un ef-fective tax rate (pressione fi scale ri-spetto all’imponibile) che arriva al 58 per cento e risulta assai più alto di quello di partner europei come Germania (43 per cento), Gran Bretagna (40 per cento) o Spagna (29 per cento).

“Se vogliamo rilanciare il sistema impresa bisogna gioco-forza agire nella direzione di una riduzione del livello di tassazione, partendo proprio da quello che si defi nisce global tax rate”.

Detta la sua ricetta per la ri-presa Giulio Grossi, della Petri e Grossi Srl di Lucca, azienda ultracentenaria, visto che l’anno della sua fondazione è il 1895, nata come fabbrica di nastri tessuti rigi-di e poi evoluta per adattarsi alle nuove esigenze del mercato inter-nazionale, affi ancando alla produ-zione originale quella di moderni fi lati di qualità. “Bisogna partire dal cuneo fi scale, che nel 2012 è stato oltre il 53 per cento del costo del lavoro – spiega Grossi – e potrebbe

essere ridotto eliminando il costo del lavoro dalla base imponibile Irap e tagliando di molti punti per-centuali gli oneri sociali che grava-no sul manifatturiero.

Solo per fare degli esem-pi indicativi della situazione di fronte alla quale ci troviamo, ba-sti ricordare l’Ires, cioè l’imposta sui redditi societari, che oggi è al 27,5 per cento, mentre in Uk è al 20 per cento; a tal proposito una delle proposte di Confi ndustria è quella di ridurla al 23 per cen-to, ma ancora non è stata presa in considerazione. Da non trascurare è poi il peso dell’Imu, che non solo è troppo elevata, ma va anche ri-vista nei suoi parametri, poiché in alcuni casi i macchinari aziendali

di Maurizio Abbati, giornalista freelance

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 27COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - LUCCA E MASSA

Primi in Europa per livelli impositivi, gli

italiani si trovano su scala planetaria al livello dei paesi in via di sviluppo

La ripresa ha bisogno di una strategia politica industriale perché manifatturiero e PMI possano recuperare competitività

sono stati inclusi nella determina-zione delle rendite catastali; inoltre non è deducibile ai fi ni Ires. Infi -ne sarebbe necessario escludere dall’imposta i fabbricati invenduti, oggi compresi”.

Ma non solo solo le tasse a gravare sul sistema produttivo. “L’agevolazione Ace, che incentiva la capitalizzazione delle imprese – prosegue Grossi – ha un effet-to troppo limitato, ne andrebbe rafforzato l’impatto; non ci sono possibilità per ammortizzare ve-locemente beni ad alto contenuto tecnologico e di importanza stra-tegica. Per fare poi un altro piccolo esempio, le soglie di deducibilità delle spese di acquisto autovetture o carburante, delle spese telefo-niche ed altre ogni anno dimi-nuiscono; tutto ciò comporta un aumento delle cosiddette riprese fi scali e quindi del livello generale di tassazione”.

E poi c’è l’aspetto della sem-plifi cazione del sistema di regole, da tempo invocata e mai attuata. “Il sistema tributario – per Grossi – è spesso poco chiaro, poco traspa-rente non certo, non stabile e mol-to complesso. Gli adempimenti fi scali che un’impresa si trova a dover affrontare per uniformarsi agli obblighi previsti in materia fi scale e contributiva sono innu-merevoli nell’arco di un anno e per

un’azienda di piccole dimensioni come la nostra ciò è molto gravoso. Mentre il sistema sanzionatorio è molto rigido e punitivo; ad esem-pio esistono assurde sanzioni per errori puramente formali e in ge-nerale sarebbe giusto riequilibrare l’entità delle sanzioni e rivedere le soglie di punibilità.

Tutte cose affrontabili, ma solo se si riesce a colmare una la-cuna importante, quella di una strategia di politica industriale, che ad oggi purtroppo è assente”.

Imprese senza ossigeno a causa delle tasse anche secondo un esperto fi scalista come Alberto Varetti, dello Studio omonimo a Lucca. “Bisogna concentrarsi per prima cosa sulle imposte dirette, in quanto l’Iva non è un costo per la maggior parte delle imprese – pre-cisa Varetti –.

Quelle costituite come socie-tà di capitali pagano l’Ires del 27,50 per cento, alla quale va aggiunta l’Irap del 3,90 per cento e quindi, in totale, un’aliquota del 31,40 per cento. Le imprese costituite in for-ma di società di persone o indivi-duali pagano l’Irpef progressiva a seconda dell’ammontare del loro utile che varia dal 23 per cento al 43 per cento, oltre alle addizionali regionali e comunali (circa 1,50 per cento) e oltre all’Irap come sopra.

Ma le cose non sono così

semplici, perché le imposte non si pagano sull’utile contabilmen-te conseguito, ma sull’imponibi-le fi scale che si origina dall’utile contabile aumentato dei costi fi -scalmente indeducibili che sono svariati, complicati e minuziosi.

Basti pensare che gli interes-si passivi corrisposti, per esempio,

alle banche possono essere dedotti solo per il 30 per cento del Margi-ne Operativo Lordo, ma poiché le imprese sono indebitate e lo stato di crisi ha ridotto notevolmente i margini operativi, questa norma provoca imponibili virtuali contrari al buon senso, maggiormente in momenti come l’attuale.

Ci sono poi i tributi locali, i so-vrapprezzi energetici, i contributi ai consorzi e via dicendo, e per effetto di questi meccanismi e balzelli, si arriva a prelevare anche il 300 per cento dell’utile contabile. Detto questo, ritengo che la pressione tributaria reale media sia attorno al 60 per cento degli utili contabili medi. Poi ci sono sanzioni micidiali che non distinguono chi davvero evade, da chi commette semplici errori di valutazione”.

Una costellazione di imposte dunque, ma è possibile fare una sorta di “black list” di quelle più “sgradite” e quelle che più gravano

Giulio Grossi

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 28 COVER STORY / LA GHIGLIOTTINA DELLE TASSE - LUCCA E MASSA

Le imprese che esportano hanno retto meglio all’impatto ma la crisi ha colpito duro anche in Toscana

La riduzione delle tasse sul lavoro da sola non basta a creare nuova occupazione

sulle imprese e rendono diffi cile l’attività e lo sviluppo? “Sicura-mente l’Irap che, malgrado le cor-rezioni effettuate recentemente, colpisce l’indebitamento oneroso e il monte salari. Fu concepita an-che come stimolo alle imprese a capitalizzarsi, ma questo lodevole intento, alla luce dell’andamento economico recessivo, diviene miti-co e quindi la percossione dell’im-posta è ancora più mal digerita. In effetti quest’imposta si corrispon-de anche in caso di perdita”.

Ma quale operazione consen-tirebbe concretamente di agevola-re le imprese e creare nuovi posti di lavoro? “Bisogna premettere – spiega Varetti – che in economia non esiste l’on-off che consenta di passare con immediatezza dal-lo stato negativo a quello positivo e ciò in quanto i provvedimenti hanno inerzia e prima di spiegare i loro benefi ci occorre molto tempo. Inoltre, quando si parla di provve-dimenti per la crescita, si deve ri-cordare che questa si può ottenere solo con profonde riforme dell’in-tero sistema economico, volte a creare un ambiente favorevole allo sviluppo dell’attività d’impresa, c’è quindi bisogno di interventi mol-teplici e complessi.

Detto questo, penso che po-trebbe essere utile un provvedi-mento di immediata esenzione, al-meno decennale, da imposte sugli utili reinvestiti in attività produttive (macchine, impianti, aziende). Dico immediata perché l’agevola-zione oggi esistente (Ace) ha il di-fetto della lentezza. Per l’edilizia si potrebbe reintrodurre l’esenzione da imposte sul reddito degli edifi ci invenduti di recente costruzione e su quelli nuovi adibiti ad abitazio-ne.

La tanto invocata riduzione dei gravami fi scali sul lavoro serve a migliorare l’incidenza di questo costo sui costi totali e a rilanciare i consumi, ma da sola non può cre-are nuova occupazione.

Occorre infatti tener conto che l’impiego del lavoro umano nelle attività manifatturiere nel tempo si è ridotto, per effetto di automatismi più o meno spinti e dell’informatica. Inoltre è noto che quando il costo del lavoro umano supera il 25-30 per cento dei costi totali non c’è più convenienza a produrre in Occidente. Pertanto, i posti di lavoro non possono essere creati solo dalle aziende manifat-turiere, ma devono essere ricercati nello sviluppo del turismo, dell’a-

gricoltura e dei servizi; fra l’altro i provvedimenti che hanno ritar-dato il pensionamento, nel breve andare hanno prodotto un freno al turn-over preesistente che non potrà riadeguarsi se non fra alcu-ni anni. Inoltre la reintroduzione del regime fi scale forfettario per micro imprese, con imposizione e contribuzione annue fi sse, potreb-be favorire la nascita di attività da parte di non occupati, pensionati ed anche studenti”.

Intanto un’altra delusione è arrivata dalla legge Fornero, al-meno secondo Varetti: “Non mi sembra che si colgano immediati benefi ci dai provvedimenti presi, a prescindere da quelli pensionistici: la disoccupazione è aumentata, ma sappiamo che la riforma è stata condizionata da rilevanti pressioni sociali che l’hanno peggiorata, in un ambiente economico forte-mente critico”.

Ma tasse a parte, qual’è la situazione di salute delle imprese nel nostro territorio? “Per prima cosa occorre distinguere fra impre-se che esportano e imprese che si rivolgono al mercato interno, es-sendo intuitivo che le prime han-no minori problemi. Il nostro terri-torio è regione di esportatori e non è industrializzato come il Nord e, di conseguenza, ha sopportato meglio l’impatto della crisi econo-mica, in ciò aiutato dall’assenza di grandi metropoli con popolazione concentrata; tuttavia i fatturati si sono ridotti, la crisi dell’edilizia ha provocato gravi effetti su tutte le imprese, comprese quelle artigia-nali, e ha fatto cessare centinaia di partite Iva e di micro e piccole attività, le sofferenze bancarie sono alle stelle.

E’ diffi cile dire quante imprese sono in sofferenza, anche perché c’è una resistenza direi quasi istin-tiva ad ammettere pubblicamente le proprie diffi coltà. Posso dire che le domande di Concordato Pre-ventivo al Tribunale di Lucca agli inizi del mese corrente erano più del doppio di quelle dell’anno pre-cedente. Occorre però mettere in conto l’effetto del provvedimento del governo Monti (Decreto Svi-luppo) che ha modifi cato l’acces-so alla procedura di Concordato Preventivo, rendendola indubbia-mente più favorevole ai debitori e quindi strumento per risolvere le crisi fi nanziarie che, in altri tempi, venivano regolate con meccanismi di scarsa evidenza pubblica”.

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 30 CONFINDUSTRIA FIRENZE

Accordo alla tede-sca? No, all’ameri-cana? O meglio, se-

condo il genio e l’estro italiano che del modello contrattuale teutonico e di quello a stelle e strisce ha miscelato innovazio-ne e competitività: fl essibilità variabile legata ai risultati, isti-tuzione di una Commissione congiunta azienda-lavoratori, che ha il compito di valutare periodicamente gli andamenti economico-fi nanziari delle at-tività italiane dell’impresa.

Con questi inediti conte-nuti è KME Italy SpA ad apri-re una nuova stagione nelle relazioni sindacali italiane: la società che rappresenta le

attività industriali italiane di KME, il primo gruppo indu-striale europeo di prodotti in rame e leghe, con 2,6 miliardi di ricavi e 6.300 dipendenti nel mondo, controllato da Intek Group SpA.

L’accordo permette all’a-zienda, riducendo il costo del lavoro dei dipendenti, di rendere competitivi gli stabi-limenti italiani, scongiurando così la chiusura di alcuni siti produttivi che le diffi coltà del mercato di riferimento mon-diale avevano reso necessaria.

Siamo arrivati alla fi r-ma, spiega Marco Del Punta, direttore Risorse Umane del gruppo KME, “con tenacia e

pragmatismo, ma la soluzio-ne positiva è stata soprattutto frutto della reciproca fi ducia che ha caratterizzato sempre i rapporti fra le parti, anche nei momenti più diffi cili del con-fronto.

Fin dall’inizio abbiamo cercato di guardare alla real-tà per quella che è e non per quella che vorremmo che fos-se.

Una realtà drammatica-mente chiara di un mercato del settore che ha perso circa il 35 per cento dei volumi ne-gli ultimi cinque anni! In que-sto contesto, abbiamo cercato di individuare la soluzione migliore per raggiungere l’o-

biettivo comune di azienda e lavoratori: migliorare la reddi-tività dell’azienda limitando al massimo l’impatto sociale dei necessari provvedimenti”.

Ed ecco la più importan-te delle novità introdotte: la variabilità totale e completa del premio di risultato, legata a parametri di redditività che saranno applicati a tutti i di-pendenti italiani del gruppo (manager compresi), per tutto il tempo, tre anni, di validità dell’accordo fi rmato lo scorso aprile.

Legando più direttamente la parte variabile del tratta-mento economico agli obietti-vi di redditività, – l’EBITDA a

Contrattazione sindacale: l’innovazione è rosso rame!Il leader mondiale Kme inaugura una nuova stagione nelle relazioni sindacali italiane

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 31CONFINDUSTRIA FIRENZE

livello Italia – il nuovo accordo va a rendere variabili istituti che negli anni erano divenuti stabili, chiamando così tutti i dipendenti alla condivisione dei risultati della gestione per superare il periodo di crisi e proteggere il futuro dell’azien-da.

Detto in altri termini, l’impresa potrà sensibilmente abbattere il costo del lavoro nei periodi di crisi, recuperan-do gli effetti che negli anni la rigidità del premio aveva por-tato in termini di competitività rispetto ad altri paesi.

“Un’assunzione di re-sponsabilità importante”, come ha sottolineato l’impresa in una nota diffusa alla fi rma dell’accordo “in quanto il nuo-vo premio verrà erogato solo se saranno raggiunti risultati economici che rendano l’a-zienda economicamente ‘so-stenibile’”.

“Crediamo di aver dato un contributo interessante al su-peramento del vecchio model-lo ‘confl ittuale’ di relazioni in-dustriali – continua Del Punta – con l’introduzione di una più ampia parte del salario legata esclusivamente all’andamento economico (che va a sostituire le vecchie componenti variabi-li che, nel tempo, erano dive-nute fi sse), insieme alla costi-tuzione di una Commissione

Economica Congiunta che ogni quattro mesi avrà accesso ai conti aziendali, nella massi-ma trasparenza”.

Ecco la seconda novi-tà introdotta: l’istituzione di una Commissione Economica Congiunta, composta da rap-presentanti sindacali e azien-dali, con il compito di valutare periodicamente gli andamenti economico-fi nanziari delle at-tività italiane.

I membri di tale Commis-sione avranno pieno accesso ai dati economici consuntivi e previsionali dell’anno in cor-so. Ad ispirazione del modello tedesco i sindacati avranno un ruolo di verifi ca nella gestione dell’azienda.

Approvato dal referen-dum dei lavoratori con il 68,87 per cento dei voti, l’accordo ha consentito di scongiurare 275 esuberi e le chiusure di alcuni siti produttivi italiani.

La questione Kme inizia infatti, nel febbraio scorso, quando l’azienda annuncia 275 esuberi, poco meno di un centinaio nel sito produttivo di Serravalle Scrivia in Piemon-te, poco più di 140 in quello di Fornaci di Barga in provin-cia di Lucca, e una quarantina nelle Offi cine Lime di Campo Tizzoro nel pistoiese, di cui l’a-zienda annuncia la chiusura.

Ma l’annuncio è ancora

più pesante: sarà spento uno dei forni fusori del rame di Fornaci di Barga.

Una doccia fredda sulla centralità italiana del Gruppo. Razionalizzare, ridurre i costi, migliorare l’effi cienza per con-tinuare a essere competitivi sul mercato. Una scelta obbligata per l’azienda. Spiegata dal crollo dell’edilizia, dal mercato dell’auto, degli elettrodome-stici.

Immediate le reazioni dei sindacati: scioperi, tavoli isti-tuzionali. Altrettanto imme-diata la reazione dell’azienda,

che non persegue la strada de-gli accordi separati e fa sedere tutti allo stesso tavolo.

Inizia la trattativa, che si conclude con l’ultimo incontro di una 24 ore non stop e l’ac-cordo fi rmato Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil.

Le novità introdotte nell’accordo scongiurano i 275 esuberi, grazie anche all’aiuto di esodi volontari e contratti di solidarietà e portano ad una piano industriale che prevede, sino al termine dell’accordo, – dicembre 2015 – il mante-nimento e lo sviluppo dell’at-tuale attività industriale dell’a-zienda in Italia: non solo sarà mantenuto in attività il forno fusorio di Fornaci di Barga, ma sarà aumentato l’utilizzo della sua capacità produttiva.

In più, sarà mantenuta la produzione di prodotti fi ni-ti nei stabilimenti di Fornaci di Barga e Serravalle Scrivia, dove per effetto del taglio del-la produzione erano previsti i più consistenti esuberi. Infi ne, è stata evitata la chiusura delle Offi cine Lime.

L’innovazione nella con-trattazione sindacale è rossa: rosso rame!

Grazie all’accordo, l’impresa potrà sensibilmente abbattere il costo del lavoro nei periodi di crisi

L’accordo permette all’azienda di rendere competitivi gli stabilimenti italiani, scongiurando la chiusura di siti produttivi

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 32 CONFINDUSTRIA FIRENZE

È possibile capovolge-re il paradigma sulla sostenibilità dell’in-

novazione tecnologica in sanità, affermando che è proprio l’in-novazione che rende sostenibile un sistema sanitario universale e di valore adeguato ai bisogni?

Alla domanda ha provato a rispondere, nello scorso mag-gio, l’incontro organizzato da Confi ndustria Firenze e Acca-demia Nazionale di Medicina su “Dove investire per l’innova-zione in sanità”. Un partecipato dibattito che ha visto economi-sti, manager della sanità e delle aziende del settore, ricercatori e professionisti sanitari impegnati nel trovare e condividere le vie possibili per farlo. La sanità to-scana, come quella di altre Re-

gioni italiane, nel breve periodo dovrà cercare di migliorare, o mantenere, i propri servizi, ri-ducendo però il proprio budget. La soluzione possibile potrebbe essere una ottimizzazione delle risorse snellendo ed effi cien-tando la loro gestione: in que-sto l’applicazione di strumenti informatici alla pratica della salute – quello che si defi nisce e-health - potrebbe essere una delle soluzioni adottabili, per massimizzare le risorse, incre-mentare il livello qualitativo e quantitativo dei servizi ai citta-dini e ridurre i costi.

Partiamo, però, da un para-dosso: tra i primi colpevoli della crescita della spesa sanitaria c’è l’innovazione tecnologica. Ma è la stessa innovazione in tecno-

logia biomedicale a essere un driver per riqualifi care la spesa sanitaria, aumentandone effi -cienza e produttività. Ed è an-cora l’innovazione tecnologica a essere anche driver di sviluppo e crescita industriale: la sanità va vista come settore di cresci-ta e sviluppo e non come fonte di costi. Così, nella discussione della giornata fi orentina si è par-lato di come ricercare una spesa “produttiva”, in grado cioè di conseguire quegli obiettivi che anche il programma “salute per la crescita” del Parlamento Eu-ropeo ha defi nito: la tutela della salute dei cittadini come risorsa naturale e il mantenimento del sistema sanitario come produt-tore di lavoro qualifi cato e driver di politiche per un’istruzione di

livello elevato. E’ stato considerato il qua-

dro macroeconomico e le sue tendenze nei prossimi anni, la dipendenza tra fi nanziamento adeguato del fondo sanitario e andamento del Prodotto In-terno Lordo, le trasformazioni del sistema delle cure indotte dall’invecchiamento e delle ma-lattie croniche che richiedono nuovi approcci e anche nuove tecnologie, in particolare nel campo del ICT e della teleme-dicina.

Dopo alcuni interventi che hanno analizzato la sostenibilità fi nanziaria del sistema e quella dell’innovazione, sia nel campo delle tecnologie che dei farma-ci, suggerendo le possibili via di compatibilità e di bilanciamento

Ricercatori e aziende del settore a Firenze analizzano i benefici

Sanità: l’innovazione riduce i costi, migliora i servizi, fa crescere il Pil

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 33CONFINDUSTRIA FIRENZE

Un traguardo raggiun-to con soddisfazione e successo, testimo-

niato dalle 213.888 ore di for-mazione erogate dalla sua na-scita a da oggi, dagli oltre 9.046 allievi formati e dai più 1.100 corsi effettuati e infi ne dalle ol-tre 660 aziende coinvolte.

Cosefi nasce nel 2003, oggi è una società accreditata dalla Regione Toscana e con siste-ma di gestione certifi cato ISO 9001:2008 ed è composta da una giovane, dinamica e affi a-tata squadra di collaboratori sensibili a cogliere le più inno-vative tendenze del mercato della formazione e a rispondere con velocità alle richieste delle imprese con percorsi formativi completamente personalizzati.

Cosa chiedono oggi le aziende? Formazione su misu-ra ma soprattutto formazione sulla sicurezza. Per adempiere alle normative previste dal testo unico, ma anche per una accre-sciuta sensibilità ai molteplici aspetti del tema.

Tra i progetti realizzati in

questi anni da Cosefi , spicca FIliera-Valore, progetto che ha coinvolto tutte le principali grif-fe della moda a livello interna-zionale e innumerevoli piccole imprese subfornitrici e che ha permesso di supportare la fi lie-ra in una crescita esponenziale negli ultimi tre anni. Le com-petenze trasferite alle imprese erano principalmente inerenti la lean production e la riduzio-ne dei costi di produzione tra-mite una migliore gestione del processo logistico lungo tutta la supply chain.

Dello scorso anno, invece, il master executive in business administration, completamente personalizzato sulle esigenze del gruppo Giovani Imprendi-tori fi orentino. Iniziativa, fi nan-ziata dalla Provincia di Firenze, che ha coinvolto più di 20 gio-vani imprenditori associati.

Per festeggiare i suoi primi dieci anni di vita alle imprese associate a Confi ndustria Fi-renze, Cosefi ha realizzato una striscia di percorsi formativi in forma completamente gratuita.

Compie dieci anni l’agenzia formativa di Confindustria Firenze, COSEFI (Consorzio Servizi Formativi alle Imprese)

Formazione: compie dieci anni la scuola d’impresa fiorentina

tra domanda sociale e necessi-tà economiche, si è svolta una tavola rotonda sui temi del so-stegno alla ricerca e alle aziende che rischiano producendo tec-nologie innovative.

I partecipanti hanno di-scusso d’innovazione terapeu-tica, ricerca e sviluppo, part-nership pubblico/privato, R&D nelle malattie rare, ma anche di sostenibilità e innovazione economica: modelli di fi nan-ziamento degli investimenti, modelli di risk and cost sharing che permettono l’accesso dei pazienti a terapie o strumen-

tazioni innovative ed infi ne di innovazione dei processi e della governance con semplifi cazione delle procedure, espansione dei sistemi informatici, effi cienza dei processi.

La pietra angolare per af-frontare e vincere la sfi da è stata concordemente indicata nella necessità di un quadro strategi-co e nel ruolo della Politica cui è richiesto non il compito, che è di tante competenze ed energie diverse, ma la responsabilità di sapere cogliere le opportunità che il futuro ci offre e sapere tra-sformarle in un bene pubblico.

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 34 CONFINDUSTRIA FIRENZE

la ToscanaDistribuzione Merci in tutta

TRASPORTILOGISTICADEPOSITI

Collegamento diretto giornaliero Toscana - Lombardia

Equitalia Centro cerca il dialogo

P iù assistenza, in tempi più rapidi e con indubbi van-

taggi di efficienza e di colla-borazione: Equitalia Centro ha aperto uno sportello in Confindustria Firenze dedi-cato alle aziende associate.

Il servizio è frutto di un accordo siglato, lo scor-so aprile, dal presidente di Confindustria Firenze Simo-ne Bettini e dal direttore re-gionale Toscana di Equitalia Centro, Piergiorgio Iodice.

L’agente di riscossio-ne si impegna, attraverso

lo sportello, a fornire in-formazioni e assistenza in tempi rapidi sulle posizioni più complesse riguardanti le imprese associate alla Con-findustria fiorentina.

Obbiettivo dell’iniziati-va è rafforzare il dialogo tra imprese e fisco per offrire maggiore sostegno al mon-do imprenditoriale.

A Equitalia è richiesto da più parti di essere sempre meno solo agente di riscos-sione e sempre più anche struttura di servizio per il cittadino e per l’impresa per

rendere sempre più agevole il loro rapporto con l’am-ministrazione finanziaria. E’ questa la filosofia che ha dato vita alla collaborazione fra l’agente di riscossione con l’Associazione del ca-poluogo toscano: una delle prime esperienze del genere nate in Italia.

Per usufruire di servizi dello sportello, le imprese associate a Confindustria Firenze possono contattare gli uffici della loro associa-zione. Sono questi infatti, a farsi carico di analizza-

re preventivamente il caso presentato ed eventual-mente attivare per i casi più complicati le procedure per accedere al servizio di assi-stenza specialistica fornita da Equitalia.

Grazie alla convenzio-ne è stato attivato anche un sportello virtuale a cui si accede mediante il portale www.gruppoequitalia.it.

Attraverso questo ca-nale, Confindustria Firenze formula quesiti e ottiene ri-sposte per conto dei propri iscritti.

Aperto uno sportello in Confindustria Firenze per accedere ai servizi di assistenza specialistica

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 36 CONFINDUSTRIA SIENA

La città di Siena si è trovata ad affron-tare la campagna

elettorale per le elezioni am-ministrative in un quadro economico ulteriormente modificato e dove le analisi prospettiche non mostrano segnali per una positiva evo-luzione nel breve periodo. Per questo Confindustria ha lanciato un appello ed una serie di proposte ai candi-dati Sindaco finalizzate un “rilancio” del sistema econo-mico.

Su queste Confindustria misurerà quindi l’azione di governo della nuova Am-ministrazione comunale. Di seguito una sintesi delle pro-poste.

L’AMMINISTRAZIONE E LA SEMPLIFICAZIONE

La ridotta disponibilità di risorse impone oggi un ripen-samento del modello sul qua-le la Città si è per troppo tem-po adagiata. E’ indispensabile confrontarsi con un quadro di inevitabile e progressivo

arretramento della presen-za pubblica che deve trovare compensazione in una nuo-va collaborazione pubblico-privato che favorisca sviluppo e attrazione di nuove realtà imprenditoriali e crei quindi occasioni di sbocco occupa-zionale.

Vanno inoltre attivate politiche di pagamento rapi-de e in corrispondenza con le scadenze contrattuali e va ridotta l’imposizione, oggi ai massimi storici, agendo sul lato della spesa. Cioè razio-

nalizzati gli Organismi buro-cratici e snellite le procedure autorizzative, quindi sfruttata ogni opportunità per inter-cettare risorse dall’Europa in favore di investimenti per la crescita.

IL TERRITORIO E LO SVILUPPO

La centralità del Comu-ne di Siena risente di confini fisici che non sono oggi più rappresentativi delle realtà sociali ed economiche.

Nessun progetto di su-

Siena, amministrative 2013: le proposte di ConfindustriaUn appello e una serie di proposte da Confindustria Siena alla nuova Amministrazione Comunale

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 37CONFINDUSTRIA SIENA

Perdere l’opportunità dell’aeroporto è una scelta di immobilismoche non guarda al futuro

La ridotta disponibilità di risorse impone

un ripensamento dei modelli sino ad

oggi utilizzati

peramento delle criticità strutturali e di sviluppo pro-spettico può avere possibili-tà di pieno successo se non partendo quindi da una se-ria analisi sulla dimensione fisica del Comune di Siena, pensando cioè ad un Comu-ne nuovo, allargato con quelli confinanti così da sfruttare economie di scala ed effi-cienze organizzative capaci di fronteggiare la riduzione di risorse e garantire sia i servizi alle comunità che le poten-zialità strategiche sottostanti al ridisegno della geografia localizzativa in un livello di-mensionale che faccia premio anche nel confronto con le al-tre realtà regionali.

In questo rientra anche il Regolamento Urbanistico della Città di Siena di cui ne va rivista la filosofia tenendo conto dei cambiamenti eco-nomici e di vita intervenuti ed in una prospettiva di ter-ritorio unico così da affron-tare davvero un’”idea” nuova di quella che sarà non solo la Città ma la comunità del do-mani.

Un’occasione anche per avviare una seria valutazio-ne sui destini di grandi con-tenitori di proprietà pubblica programmando interventi che vedano l’utilizzo di nuo-vi strumenti quali il leasing in costruendo o il project fi-nancing in un quadro nuovo

di rapporti collaborativi con l’imprenditoria privata.

L’EDILIZIALa situazione dell’edilizia

si presenta particolarmente grave e quindi è necessario attivare da subito politiche di valorizzazione delle real-tà imprenditoriali locali al-trimenti destinate a sparire, assegnati i lavori superando il criterio del massimo ribasso le cui conseguenze in termi-ni di caduta dei fatturati, di tempi, di qualità e di certezza di realizzazione come di infil-trazioni di aziende irregolari sono sotto gli occhi di tutti.

Va semplificata una bu-rocrazia che è di ostacolo alla realizzazione di inter-venti, come il dare seguito alle proposte presentate agli Stati Generali dell’Edilizia nel 2010 in modo unitario dal

Settore e dai Sindacati e con-divise, almeno nelle dichiara-zioni, dalle Amministrazioni Pubbliche.

LE INFRASTRUTTURELa posizione geografica-

mente baricentrica della città di Siena nel territorio toscano impone interventi di miglio-ramento del sistema infra-strutturale, dai collegamenti stradali a quelli su rotaia, così da contrastare una incalzan-te meridionalizzazione della Toscana del Sud soprattutto dopo l’avvio dell’alta velocità.

C’è inoltre bisogno di aree industriali attrezzate, ca-blaggio e nuovi sistemi di tra-sferimento dati come di ser-vizi anche logistici alle aree produttive così da accrescere la competitività e l’attrattività del territorio anche in ottica di investimenti esterni nel si-stema economico.

Sul tema aeroportua-le Confindustria resta ferma nella convinzione che per-dere l’opportunità dell’Aero-porto sia una scelta miope, d’immobilismo e che non guarda al futuro. Va quindi ridisegnato un progetto inte-grato nel Piano Aeroportuale

Regionale con Pisa, Firenze e Grosseto e che guardi ad un bacino più ampio quale è quello della Toscana meridio-nale.

L’IMPRESAPer recuperare i danni

della crisi e mantenere in-tegro il nostro sistema so-cio-economico c’è bisogno di porre forte l’attenzione sull’impresa quale sogget-to strategico, soprattutto dal momento che la Città non potrà più contare su livelli di sbocco occupazionale nel pubblico come in passato.

C’è bisogno di ragionare su schemi nuovi, di una scos-sa capace di ridare ottimismo all’iniziativa privata, di favo-rirne la propensione all’inve-stimento, di ricreare così le condizioni che sottostanno allo sviluppo; se non c’è im-presa non c’è produzione di ricchezza e non c’è occupa-zione.

Vanno poi attivate poli-tiche di attrazione per com-pensare le perdite intervenute in termini di unità produttive, riorientati gli sbocchi occupa-zionali verso il privato, favo-rita una formazione capace

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 38 CONFINDUSTRIA SIENA

È necessaria una forte azione

di marketing territoriale per

intercettare il turismo di qualità

La fase delicata che sta vivendo l’Università deve essere superata attraverso un “progetto condiviso” con la Città

di dare risposta alla domanda insoddisfatta di lavoro, so-prattutto giovanile e quali-ficato, rilanciata una cultura d’impresa che si è nel tempo fortemente affievolita. Serve infine maggiore e migliore selezione delle capacità, del merito e delle professionalità.

LA CULTURA E LA FORMAZIONE

Un territorio per crescere ha bisogno di professionalità adeguate e quindi di una cul-tura che sia diffusa e di qua-lità e qui Siena può giocare una carta importante e dalle grandi potenzialità grazie alla presenza dell’Università e dell’Università per Stranieri.

La fase delicata che sta vivendo l’Università deve es-sere superata attraverso un “progetto condiviso” con la Città e che coniughi concreti interventi di risanamento ad una azione forte di valorizza-zione e rilancio della didatti-ca.

Recupero di efficienza quindi e scelte organiche in termini di corsi di laurea e docenza con attenzione alla attrazione di studenti ed alle prospettive offerte dal mutato

sistema economico-produtti-vo.

C’è bisogno di un “nuovo rinascimento” che recuperi Siena ad un ruolo centrale nel campo della cultura, fa-cendo premio sulla qualità delle proprie Istituzioni come sulla sua storia. C’è quin-di l’Università per Stranieri, una delle tre riconosciute in Italia, impegnata nella dif-

fusione del plurilinguismo quale materia inserita dagli anni settanta nei programmi della Comunità Europea pro-prio come elemento portante dell’idea di Europa.

Ne va valorizzata la presenza in termini di inte-grazione nel territorio con benefici effetti in termini di trasferimento della cono-scenza, esperienze e pro-fessionalità, ma anche per il ruolo che può svolgere come ambasciatrice nel mondo di Siena e della sua cultura.

IL TURISMOIl settore turistico rap-

presenta per questo territorio un contributo importante al PIL che deve essere di più e meglio sviluppato coniugan-do le potenzialità ancora ine-spresse al nuovo modello di gestione del tempo libero.

L’intervenuta frammen-tazione e conseguente ridu-zione dei periodi feriali ren-dono la facilità ed i tempi di collegamento delle località di destinazione una discri-minante fondamentale nelle scelte dei viaggiatori. E’ quin-

di necessario riflettere sul sistema e la qualità della via-bilità in un contesto integrato di scorrimento del traffico e di aree di sosta sia generali che dedicate così da rendere agevole l’attracco e l’accesso al centro storico.

Vanno messe a dispo-sizione infostrutture di co-pertura wireless con libero accesso, utilizzati quindi si-stemi per la lettura di infor-mazioni turistiche ed eventi sia su totem che direttamen-te sui palmari portando così Siena a livello dei più impor-tanti centri europei.

E’ quindi necessaria una forte azione di marketing ter-ritoriale che intercetti quel tu-rismo di qualità che ben si lega al patrimonio storico e natu-rale presente e quindi va colta l’opportunità di un ripensa-mento anche della program-

m a z i o n e come delle

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 39CONFINDUSTRIA SIENA

Export: perconquistare nuovi

mercati serve una presenza oganizzata e continuativa

all’estero

politiche dell’offerta per al-lungare il periodo turistico ai tempi di bassa stagione.

Un progetto cioè che tenga conto del cuore arti-stico della Città e che ne su-peri la visione tradizionale di “museo” quale contenitore di opere, perché la vera “opera” è proprio la Città stessa. Siena Capitale della Cultura 2019 è poi un progetto che potrebbe rappresentare un’ulteriore e grande occasione di crescita ma che Siena si trova ad af-frontare in concorrenza con altri territori.

E’ una sfida questa che deve essere vissuta in positi-vo, come laboratorio proget-tuale e di gestione di iniziati-ve e progetti che allarghino il perimetro degli interlocutori

e coinvolgano gli operatori del settore ne l l ’o rga-nizzazione d e l l ’ o f -ferta, così come altri attori e t e r r i t o -ri nella

valorizzazione insieme del-le ricchezze e delle diversità verso un risultato che sia su-periore alla somma dei singo-li fattori.

GLI ENTI DI PROMOZIONERagionando di “promo-

zione”, in tempi di “risorse scarse” il primo problema su cui porre attenzione sono le dispersioni e le duplicazioni di programmi come di eventi e progetti a beneficio di una sintesi quali-quantitativa non più rimandabile.

Questo vale tanto per il turismo come per l’Export,

dove la capacità di penetra-zione sui mercati non può più farsi discendere semplice-mente dalla partecipazione a fiere e missioni, ma attraver-so una presenza organizzata e continuativa all’estero ed azioni di incoming per tra-sferire quel valore aggiunto rappresentato dal life-style del territorio.

LA FONDAZIONE MPS E ISTITUZIONI FINANZIA-RIE COLLEGATE

La crisi che ha investito tutte le più importanti Istitu-zioni cittadine vede in primo piano, per il loro peso specifi-co e ruolo nel sistema socio-economico, la Fondazione e la Banca Monte dei Paschi.

Per questo bisogna oggi riaffermare con decisione i valori di una storia secolare fatta di successi in ogni am-bito e che solo la perdita di “visione” degli ultimi anni è riuscita a mettere in crisi; per questo è richiesta come pri-oritaria una azione volta al recupero di credibilità ed al rilancio di queste Istituzioni e quindi atti concreti che an-tepongano la salvaguardia, la stabilità e la creazione di ric-chezza ad ogni altra conside-razione.

Dal successo di questo dipende infatti il futuro di una comunità; una respon-sabilità quindi non solo con-

giunturale ma di prospettiva, perché dovuta alle attuali come alle nuove generazioni.

La Fondazione deve per questo valutare con atten-zione, rigore e visione futura ogni atto volto ad accompa-gnare la Banca MPS fuori dal-la tempesta, anche mediatica, che la sta interessando ed al contempo operare valuta-zioni e scelte di prospettiva atte a recuperare equilibrio patrimoniale e ruolo attivo in termini di sostegno al tessuto socio-economico del territo-rio di riferimento.

La Banca MPS deve ritro-vare “subito” la propria iden-tità, legata a questo territorio dove è nata, e dove per secoli si è garantita il proprio suc-cesso. Sul piano delle attese imprenditoriali ci si aspetta quindi maggiore attenzione alle imprese del territorio ed in particolare alle sue eccel-lenze che svolgono un ruolo di “traino” dell’intero sistema economico.

Sostegno finanziario quindi, ma anche e forse so-prattutto, una presenza più attiva nella valorizzazione, accompagnamento ed assi-stenza alle decisioni di in-vestimento e nella ricerca di partnership e mercati.

Un ruolo quindi di at-trattore e di sostegno allo sviluppo qualitativo che soli possono dare stabilità e pro-

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 40 CONFINDUSTRIA SIENA

È importante sottolineare la presenza femminile nel mondo e nella società

Il territorio ha bisogno di un

sistema diversificato ed integrato

fra produzioni sostenibili

ed efficienza energetica

spettiva alle aziende e quin-di opportunità di lavoro. C’è poi la Finanziaria Senese di Sviluppo e se è vero, come è vero, che difetti di crescita, bassa capitalizzazione, inno-vazione tecnologica relativa e scarsa propensione all’estero sono le criticità del nostro sistema economico, riviene evidente la necessità di una nuova e diversa incisività di azione verso questi obiettivi e che includa anche strumen-ti operativi che privilegino partecipazioni, sottoscrizioni obbligazionarie, bond di area, prestiti partecipativi, magari in collaborazione con il Siste-ma Bancario.

L’ECONOMIA DEL FUTUROQueste Istituzioni do-

vranno poi trovare un ruolo proprio a sostegno delle nuo-ve frontiere dello sviluppo. Prima fra tutte la cosiddet-ta Green Economy che può avere un ruolo importante di attrazione di investimen-ti come di occasioni occu-pazionali oltre a favorire la riduzione del conto ener-gia con riflessi positivi sulla competitività delle aziende. In questo sta anche il conse-guimento dell’obiettivo “Sie-

na Provincia Carbon Free”, importante sul piano della vivibilità ma anche marchio qualificante per il turismo e per tutte le produzioni locali. E’ necessario quindi dare so-stegno agli investimenti nella ricerca e nella applicazione per lo sviluppo di produzioni energetiche rinnovabili, dal fotovoltaico al solare termi-co, alle biomasse ed in parti-colare alla geotermia. Perché il territorio ha bisogno di un sistema diversificato ed inte-grato fra produzioni sosteni-bili ed efficienza energetica. Ma ci vogliono regole certe, una pianificazione norma-tiva ed un assetto unificato delle procedure autorizzative sull’intero territorio. E’ quin-di è necessaria una azione

di sensibilizzazione accom-pagnata da stimoli all’effi-cientamento degli impianti e degli edifici con intuibili rica-dute per altri settori coinvolti, dall’impiantistica all’edilizia, ai produttori di serramenti etc… In questo possono veni-re a beneficio sia alcune com-petenze ed imprese private già presenti come gli Enti di formazione di personale spe-cializzato quali la Fondazione ITS. Poi c’è il grande tema delle Scienze della Vita, che vede Siena ricca di vocazioni come di tradizioni culturali e di ricerca. E’ già operativo un Polo Scientifico riconosciuto dalla Regione Toscana e sono presenti numerose imprese e contenitori come l’incubatore Toscana Life Sciences e quin-di il Siena Biotech.

Un insieme però che, se visto come tale, e coniugato con la imprese private e la ricerca universitaria potreb-be davvero rappresentare un vantaggio competitivo fonda-mentale in termini sia di svi-luppo che di risposta ad una

domanda crescente di occu-pazione di qualità.

LA PRESENZA FEMMINILEConfindustria Siena, nel

marzo 2012, ha adottato “La carta per le pari opportunità e l’uguaglianza sul lavoro” e quindi un richiamo operativo, oltre al principio, al sostegno della presenza femminile nel mondo economico come in quello sociale è indispensabi-le. Favorire la partecipazione femminile al lavoro significa garantirne la conciliazione con la vita familiare e quindi strumenti che incidano sui meccanismi normativi di so-stegno alla genitorialità come i nidi, sia generici che azien-dali, e tutti quei servizi indi-spensabili alle famiglie. Solo così si creano effettive e reali condizioni di parità sociale e insieme si pongono le pre-messe perché la donna non si trovi più a dolorose scelte fra la “realizzazione familiare” at-traverso la maternità e quella “professionale” nell’ambito del mondo lavorativo.

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 42 CONFINDUSTRIA AREZZOCONFINDUSTRIA AREZZO

Con la mostra “L’indu-stria aretina: un seco-lo, cento foto”, realiz-

zata dal Confi ndustria Arezzo, si è dato origine al primo archivio fotografi co di aziende che hanno fatto la storia di Arezzo e delle sua provincia.

Le foto, fornite dagli im-prenditori, dimostrano che fi no alla prima metà dell’Ottocento esistevano solo forme marginali di artigianato locale legate so-prattutto alla lavorazione della lana e della paglia, svolte a do-micilio, che occupano manodo-pera nei mesi invernali.

Nel capoluogo non erano presenti vere e proprie industrie, questo termine ha assunto una

diversa valenza nel tempo per cui è più corretto parlare di offi -cine ed opifi ci. Queste “imprese” erano per lo più a carattere fami-liare e rivestirono un ruolo im-portantissimo per il successivo sviluppo dell’industria aretina.

E’ proprio nella seconda metà del XIX secolo che l’attività economica di Arezzo e provin-cia andò incontro ad un decollo. Venne superato il problema della marginalità territoriale e si ebbe un incremento negli scambi. In quegli anni si registrò la nascita dei primi istituti di credito.

Il numero delle industrie censite e presenti nel nostro ter-ritorio fi no all’anno 1883 rilevò che erano presenti industrie mi-

nerarie, metalmeccaniche, chimi-che, alimentari, tessili, industrie che si occupavano di “produzio-ni diverse” ma per questo non meno importanti.

Fondamentali per la nascita e lo sviluppo e la localizzazione degli insediamenti industriali furono senz’altro le miniere di lignite di Castelnuovo dei Sab-bioni (Comune di Cavriglia) nel Valdarno Superiore. Non dobbiamo sottovalutare altri tipi di lavorazione, anch’essi impor-tanti in questo tipo di sviluppo come l’industria di laterizi, gli opifi ci manifatturieri per la la-vorazione della seta, i cappellifi ci del Valdarno ma anche tutte le lavorazioni legate alla coltura del

tabacco soprattutto nelle zone della Valtiberina e della Valdi-chiana.

Nel primo decennio del Novecento gli insediamenti in-dustriali divennero più numerosi soprattutto nel capoluogo e nel-le vallate del Casentino e della Valtiberina: infatti, in piena età giolittiana, nasce la Società Mi-neraria ed Elettrica del Valdarno (1905), l’industria vetraria, già presente nel Valdarno, si concen-tra e fonda la Società per l’indu-stria Vetraria Toscana (1906), in pieno centro ad Arezzo sorge lo stabilimento SACFEM, Società Anonima Costruzioni Meccani-che e Ferroviarie, che apre i bat-tenti nell’ottobre del 1907 impie-

L’industria aretina: un secolo, cento foto

di Tiziana Nocentini

Con la mostra “L’industria aretina: un secolo, cento foto”, realizzata da Confindustria Arezzo, uno sguardo alle origini delle imprese che hanno fatto la storia del territorio

La Familiare 1925

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 43CONFINDUSTRIA AREZZOCONFINDUSTRIA AREZZO

gando cento operai.Dal censimento industriale

del 1911 emerge che le impre-se presenti nel territorio areti-no erano 2.320 con un totale di 14.776. Fra queste nove avevano tra i centouno e i duecentocin-quanta operai, cinque le aziende che avevano tra i duecentocin-quantuno e i cinquecento ad-detti mentre una sola era quella che aveva un numero superiore alle mille maestranze, le Ferriere Italiane.

Durante la Grande Guerra l’industria aretina ebbe un arre-sto ad eccezione dei piccoli opifi -ci a conduzione familiare e dello stabilimento SACFEM che ebbe commesse statali per la costru-zione di vagoni ferroviari, parti di aerei ed anche materiale bellico.

Per quanto riguarda il perio-do fascista gli unici dati reperibili sono quelli presenti nelle rela-zioni statistiche del Consiglio provinciale delle Corporazioni. Da queste viene evidenziata una crescita, anche se pur lieve, di al-cuni settori legati soprattutto ai bisogni locali (mulini, pastifi ci, sartorie, piccole offi cine mecca-niche, mobilifi ci, segherie) desti-nate a salire di numero sino agli anni Trenta.

Le industrie di piccole e medie dimensioni sembrava avessero superato con successo la crisi che investì l’intero paese negli anni 1929-1930 ma non fu

così, infatti quelle presenti nel-la provincia aretina scesero da 5.559 a 3.477.

Gli anni Trenta furono se-gnati da una stagnazione dell’in-dustria aretina; questo non si-gnifi ca però totale immobilismo, infatti grazie all’iniziativa di pic-coli imprenditori manifatturieri riacquistò un certo dinamismo.

Durante la seconda Guerra Mondiale Arezzo subì dodici in-cursioni aeree ed alla vigilia della Liberazione, il 16 luglio 1944, la città era pressoché distrutta. La mancanza di materie prime, la lenta sistemazione delle infra-strutture portò l’industria aretina ad attraversare un momento di stasi. Solo a partire da metà degli anni Cinquanta la fase di rico-struzione si inserì in un grande processo di dinamismo econo-mico che diede inizio all’esodo dalle campagne e dalle zone montane per dare origine al pro-cesso di inurbamento e al vero e proprio decollo industriale areti-no. Dovremmo però aspettare la fi ne degli anni Cinquanta, e l’ini-zio degli anni Sessanta, per assi-stere ad un massiccio sviluppo di molti settori industriali fra i quali quello dominante meccanico-orafo.

Negli anni Sessanta si regi-strò anche l’aumento degli Im-prenditori presenti nel territorio. Dal Censimento del 1961 gli im-prenditori e liberi professionisti

passarono da 141 a 308 nel 1971 e aumentò anche il numero dei lavoratori dipendenti che passa-no dalle 9.683 unità del 1961 alle 11.928 del 1971.

Durante gli anni che segna-rono l’abbandono dalle campa-gne, si registrò un aumento mi-gratorio, da parte dei lavoratori, verso la piccola e media impresa che era investita da una crescita sostanziale.

In questi anni si verifi ca anche il mutamento della strut-tura familiare. Durante il fl usso migratorio coloro che si sposta-rono portarono con sé i modelli di organizzazione familiare e di tradizione mezzadrile con cui avevano convissuto fi no agli anni Sessanta.

E’ sempre in questi due de-cenni che le infrastrutture hanno avuto un’accelerazione: infatti, viene terminata l’autostrada A1, viene incrementata la rete stra-dale e quella ferroviaria.

Il 1967 registrò una evolu-zione positiva del settore indu-striale soprattutto nei comparti manifatturieri come quello della lavorazione dei metalli preziosi. Nelle fabbriche orafe e tessili si ebbe un incremento di manodo-pera femminile che fi no ad allora erano impiegate in attività legate all’agricoltura.

L’esistenza di una tradizio-ne può produrre un sostrato di competenze sedimentate nel

corso del tempo, la cui rilevan-za in termini occupazionali e produttivi può compiutamente esprimersi solo quando più con-dizioni concomitanti si realizza-no.

Il ruolo delle grandi im-prese nel processo di dispiega-mento del sistema economico locale è fondamentale non tanto nella diffusione del “saper fare” e nell’innovazione tecnologica ed organizzativa, ma per il fatto che, a seconda dei casi, hanno anche assunto funzioni di “incu-batrici”, “motrici” e “guida”.

Le imprese “motrici” sono quelle che hanno aperto una strada e trainato la crescita dell’area industriale e che di-ventano il punto di riferimento e guida nel distretto e ne assumo-no la leadership.

Fonderia Bastanzetti - Interno stabilimento fi ne anni ‘50

La Fabbrica del ghiaccio 1890

Fabbrica degli stracci 1924

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 44 CONFINDUSTRIA AREZZO

Gli obiettivi della visita a Bruxelles sono stati ambiziosi, come am-

biziose sono le aspirazioni eco-nomiche della terra di Arezzo, ferita ma non depressa dalla crisi. Un viaggio per sondare strade meno battute, per comprendere rischi e possibilità dell’internazio-nalizzazione: così una delegazio-ne di Confi ndustria Arezzo è vo-lata nella capitale belga, per una due giorni di approfondimento della realtà dell’Unione Europea gli scorsi 9 e 10 aprile.

L’idea della trasferta è ma-turata all’interno del Consiglio direttivo dell’Associazione degli Industriali ed è stata promossa dal presidente Andrea Fabianelli. E’ stata sviluppata con un inten-to preciso: quello di approfon-dire la conoscenza dell’Europa da parte di alcuni rappresentanti d’azienda, attraverso incontri con funzionari, deputati europei del nostro Paese e con i membri delle commissioni operative. Un full immersion breve e intensa: un compendio, ma irrinunciabile, per chi intende muovere giusti passi nella direzione del com-mercio con l’estero.

Sono partite alla volta di Bruxelles diciassette persone. La

delegazione era guidata dal pre-sidente di Confi ndustria Arezzo Andrea Fabianelli e dal direttore Massimiliano Musmeci. Hanno preso parte anche i referenti della segreteria del consiglio direttivo Alessandro Tarquini e internazio-nalizzazione Ilaria Nesti. Hanno partecipato tredici imprenditori e manager del tessuto economico aretino: Dario Bonauguri (Bonor srl), Giuseppe Bistoni (Lascaux srl), Attilio Lebole (Textura spa), Paolo Fabbro (Unoaerre Indu-stries spa), Mario Maneschi (Pa-stifi cio Fabianelli spa), Luciano Raviola (Power One Italy spa), Dario Micheli(Quadrifoglio spa) Igor Michele Magini (Impresa edile stradale Magini srl), Anto-nio Boncompagni e Urbano Dini (Aisa spa), Giuseppe Fabozzi (Edil Fab srl), Marco Sanarelli (Mely’s Maglieria), Giuseppe At-tanasio (FIAIP Arezzo, Federa-zione italiana agenti immobiliari professionali).

Più informazione, più cura e forza nel sapere imporre progetti. E’ stato Gianfranco Dell’Alba ad illustrare come l’Italia può uscire da secche di debolezza e met-tere a frutto i fondi comunitari a disposizione per lo sviluppo. Il direttore della delegazione di

Confi ndustria presso l’Unione Europea è stato il primo contat-to con la delegazione aretina il 9 aprile. Un incontro che ha iniziato a sciogliere alcuni nodi di incom-prensione dei meccanismi comu-nitari. E’ stato illustrato il ruolo di Confi ndustria nella formazione, nell’informazione e soprattutto di lobby e rappresentenza, il modo in cui gli Industriali possono so-stenere le proprie ragioni presso i vari organismi dell’Unione. Un ruolo svolto presso il Parlamen-to europeo e il Consiglio della Ue - che sono le due camere che detengono il potere legislativo -, la Commissione europea che è l’Esecutivo, e il Consiglio euro-peo, che esamina invece le pro-blematiche connesse al processo di integrazione.

Poi sono state focalizzate le perplessità sui fi nanziamenti comunitari che arrivano in Italia. L’assurdo per cui, ad esempio, il nostro Paese - pur essendo leader per numero di enti e imprese che hanno benefi ciato di un fi nanzia-mento diretto dalla UE nel trien-nio 2009-2011 - non conferma il primato per quanto riguarda l’importo di tali contributi. L’I-talia è sorpassata dai competi-tor tedeschi, francesi, spagnoli e

britannici. Dall’Alba ha illustrato così le ragioni del ritardo italiano: scarsa informazione, ineffi ca-cia nel proporsi (l’Italia è spesso partner delle iniziative, piuttosto che coordinatrice), saldo negativo tra risorse messe a disposizione e quelle accreditate dall’Unione europea.

Incontro di grande sostan-za è stato quello con Massimo Baldinato, membro del Gabinet-to del vice presidente Antonio Tajani e responsabile del dossier sorveglianza del mercato e si-curezza prodotti. Al centro del confronto due questioni cruciali per l’economia aretina. La pri-ma è stata quella del “Made in”: una proposta sostenuta dall’Ita-lia per tutelare la genuinità dei prodotti ma rimasta bloccata per anni. Il problema? L’approc-cio. La norma passerebbe come forma“protezionistica”, ad esclu-siva tutela degli interessi delle aziende manifatturiere dei Pae-si produttori. Così l’intenzione attuale è quella di guardare al versante della salute dei consu-matori: puntando sul concetto di tracciabilita del prodotto. La se-conda riguarda il settore orafo. La delegazione aretina ha presenta-to un rapporto sui temi cui l’im-

Conoscere e approfondire, la ricetta aretina contro la crisi

di Mattia Cialini

Aprire gli occhi sul mondo e rovesciare punti di vista. Spazzare pregiudizi e approfondire le opportunità, attingendo sapere alla fonte

Delegazione di industriali aretini a Bruxelles

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 45CONFINDUSTRIA AREZZO

Rischi e possibilità dell’interna-

zionalizzazione:da Bruxelles nuove

idee e stimoli interessanti

prenditoria del territorio è parti-colarmente sensibile. Tra questi l’uso del nichel nella gioielleria, in particolare per la lavorazione dell’oro bianco. Di recente è sta-ta modifi cata una norma tecnica utilizzata per il calcolo del rilascio del nichel (EN1811:2011), ciò ha generato incertezza e un incre-mento ingiustifi cato nei costi di produzione. E che, di fatto, ha favorito i produttori extracomu-nitari che non sono tenuti al ri-spetto della norma. Due questio-ni cruciali sul tavolo della ripresa: Arezzo aspetta risposte, con più fi ducia.

Tra gli altri incontri del pri-mo giorno quello con Stefano Santacroce, funzionario del Mi-nistero dello Sviluppo Economi-co e rappresentante permanente d’Italia presso la Ue. Quindi con i deputati: l’on. Niccolò Rinaldi membro della commissione per il commercio internazionale, capo delegazione Idv (Alde), e l’on. Giovanni La Via membro della commissione Bilanci, capo dele-

gazione Pdl (Ppe). Si è discusso soprattutto in merito ai rapporti tra governo centrale italiano e de-putati a Bruxelles. Gli onorevoli hanno spiegato l’assoluta colla-borazione esistente tra loro nel segno della tutela degli interessi italiani a prescindere dalla casac-ca politica.

Il secondo giorno del viag-gio, il 10 aprile, la delegazione di Confi ndustria Arezzo ha incon-trato Maria Pia Vigliarolo, della direzione generale Impresa sulle

politiche per le Pmi e l’imple-mentazione dello Small Business Act. Quindi si è svolta la visita al Parlamentarium – il centro visita-tori del Parlamento europeo – pri-ma, al Parlamento Europeo poi. Gli ulteriori incontri sono stati con l’on. Antonio Cancian, mem-bro della commissione Tran, con il quale si è discusso dello sviluppo delle strade europee E78 ed E45; con Angelo Ricci, diplomatico che si occupa di trasporti presso la rappresentanza permanente

dell’Italia presso l’Unione Euro-pea; con Lia Potec, responsabile desk Italia della Dg Move (dire-zione generale trasporti e mobili-tà). Si è chiusa così un’esperienza di pregio, che ha arricchito il ba-gaglio di chi ha partecipato con iniziative mirate. Un’iniezione di competenza giudicata dagli stes-si imprenditori – al termine del viaggio – come indispensabile. Fondamentale, per chi intende mantenere o conquistare fette di mercato oltre confi ne.

Questa “rivoluzione” na-sce dal recepimento della Direttiva Europea

2011/7/UE “Late Payments” per la lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali tra soggetti economici ed ha anche un nome: Decreto Legislativo n.

192 del 9 novembre 2012. Possiamo defi nirlo come

un vero spartiacque nel fi ume tumultuoso degli scambi com-merciali tra privati e tra privati e Pubblica Amministrazione spesso caratterizzati, in Italia, da compor-tamenti arbitrari di una delle parti

Il 1° gennaio 2013 sarà ricordato come la data di inizio di una vera e propria “rivoluzione” delle regole civilistiche, fiscali ed economiche che disciplinano i rapporti commerciali tra soggetti privati e tra privati e Pubblica Amministrazione

Arriva la rivoluzionedelle regole sui pagamenti

di Andrea Brocchi e Luisa Angioloni

coinvolte proprio nella manifesta-zione fi nanziaria del pagamento, cioè proprio in quella fase che do-vrebbe suggellare la “correttezza” della transazione/scambio di beni e servizi.

La normativa infatti non ri-sparmia nè i soggetti economici privati nè quelli pubblici dal rispet-to delle novità di comportamento divenute disciplina inderogabile per le transazioni commercia-

li: si parla di rimodulazione dei contratti, di condizioni di nullità, di termini precisi di pagamento, di responsabilità e conseguen-ze fi nanziarie in caso di ritardata evasione dei termini contrattuali, di interessi di mora non più pro-babili ma obbligatori anche nella segnalazione contabile e solo di-screzionali nella riscossione.

“Il problema tuttavia è che dopo sei mesi dall’entrata in vi-

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 46 CONFINDUSTRIA AREZZO

gore della normativa, la maggior parte delle aziende non l’ha an-cora recepita – spiega Andrea Fabianelli, Presidente di Con-fi ndustria Arezzo – proprio per illustrare alle aziende le novità introdotte dal D. Lgs. 192 abbia-mo organizzato uno specifi co seminario presso la nostra sede insieme a Confi ndustria, ANCE ed ABI”.

Il problema dei pagamenti è attualmente una delle maggiori cause delle diffi coltà economiche delle imprese, in particolare di quelle di piccole e medie dimen-sioni. I ritardi sono all’ordine del giorno e quelli in capo alla Pub-blica Amministrazione hanno or-mai da tempo superato il livello di decenza e civiltà.

Ciò non signifi ca che i priva-ti possono eludere gli obblighi di legge, tuttavia, la stessa normati-va lascia alla storicità del rapporto commerciale tra due soggetti, alle caratteristiche funzionali del mer-cato ed economiche del settore di appartenenza, la possibilità di trovare un accordo di reciproca soddisfazione nei pagamenti.

La “tranquillità” trasmessa

da questa normativa generale, che obbliga soggetti economici diver-si per tipologia (privati e pubbli-ci), a comportamenti comuni, non viene però garantita nei settori dei beni alimentari, agroalimentari e turistico-recettivi, dove i rapporti commerciali vengono regolati da un’altra “chiaccherata” normati-va, conosciuta come Art. 62 della Legge n. 27 del 24 marzo 2012. Per semplifi care, proviamo ad immaginare un’impresa che ha rapporti commerciali con privati e P.A. per forniture di beni generici

ma anche alimentari.Nell’ambito dei rapporti

commerciali con la P.A. gli spazi di azione sono giustamente molto più limitati ed in modo perentorio viene stabilito il termine di paga-mento in 30 giorni, elevabile a 60 giorni in caso di espressa pattui-zione tra le parti. Tuttavia, anche in questo caso, il D. Lgs. 192 non ha generato grossi cambiamenti di rotta: i debiti della P.A. verso le aziende fornitrici di beni e servizi si sono addirittura divisi in “debiti accumulati” sino al 31.12.2012, e

“debiti di nuova emissione” gene-ratisi nel corso del 2013.

Per i secondi interviene il D. Lgs. 192 a “garantire” obbli-ghi e doveri della PA, per i primi invece è stata necessaria l’ema-nazione di un Decreto Legisla-tivo ad hoc, il n. 35 dell’8 aprile 2013, per affrontare la questione dell’enorme volume di stock di debiti commerciali scaduti; una situazione di grave inadempienza fi nanziaria da parte della P.A. che mina la certezza del diritto ed il rispetto dei contratti, che inaridi-sce le tesorerie delle aziende con rifl essi negativi sulla loro capacità di credito bancario, che comprime sino a bloccare le possibilità di investimento e di sviluppo delle stesse imprese. Il Decreto, che ha disposto lo svincolo di 40 miliardi di debiti degli oltre 90 accumulati, impone alla P.A. una serie di im-portanti quanto doverosi adem-pimenti, temporalmente discipli-nati, dei quali si sta seguendo la fattiva esecuzione operativa per cercare di anticipare la data della trasformazione in legge ed ero-gare defi nitivamente i pagamenti alle imprese.

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 48 CONFINDUSTRIA GROSSETO

S i è tenuta nel mese di maggio, presso la sede di Confi ndustria To-

scana, la presentazione del primo fondo che investe in mini bond sul mercato italiano, nato per le PMI, presentato da Banca MPS, Confi ndustria e Finanziaria Inter-nazionale. L’evento è stato mode-rato da Mario Salvestroni, presi-dente di Confi ndustria Grosseto e responsabile della commissione credito e fi nanza di Confi ndustria Toscana che da oltre due anni è impegnato per facilitare l’accesso

al credito delle aziende.“Le novità introdotte dall’art.

32 del D.L. 83/2012 rivestono un’importanza strategica, gra-zie alla possibilità di creare nuovi strumenti per il fi nanziamento delle PMI – osserva Mario Salve-stroni, presidente di Confi ndustria Grosseto –.

L’emissione di obbligazioni ai sensi della recente normativa con-sente per la prima volta in Italia l’effettivo accesso al mercato dei capitali da parte delle società non quotate.

Questi strumenti, ormai noti con il nome di Mini Bond, sono il primo passo per avvicinare le aziende italiane alle condizioni di accesso al credito tipico delle eco-nomie più avanzate, consentono il superamento della stretta dipen-denza delle PMI dal credito ban-cario, quale fonte pressoché unica di fi nanza esterna alla compagine sociale, fatto che costituisce un freno per le potenzialità di svilup-po delle imprese.

I Mini Bond sono i prodotti della nuova fi nanza d’impresa che

spingono la modernizzazione del rapporto banca-impresa con l’ac-compagnamento delle PMI verso il mercato dei capitali”.

“Il rapporto più maturo con il mercato dei capitali – prosegue Salvestroni – tende a responsa-bilizzare maggiormente le nostre imprese riducendo in parte la loro dipendenza dal credito bancario con il superamento delle attuali criticità del credito a breve termi-ne.

Questi strumenti oltre alla li-beralizzazione della fi nanza d’im-

Un aiuto alla ripresa: i finanziamenti innovativi per le PMINuovi strumenti per facilitare l’accesso al credito delle Piccole e Medie Imprese, superando la stretta dipendenza dal credito bancario

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 49CONFINDUSTRIA GROSSETO

L’accesso al credito è un nodo cruciale per le imprese: solo da investimenti, ricerca einnovazione può ripartire lo sviluppo

Nuovi approcci alla finanza d’impresa consentono il recupero di competitività e maggiore orientamento all’internazionalizzazione

presa consentono il rafforzamento patrimoniale delle imprese, con-trastando la carenza patrimoniale da tempo lamentata dal sistema bancario come il maggiore freno alla crescita delle aziende italiane.

Infi ne – conclude il Presiden-te di Confi ndustria Grosseto – i mini bond sono un valido mezzo per orientare il risparmio interno verso l’economia produttiva italia-na e per generare un fl usso netto positivo di capitali dall’estero.

Un nuovo approccio alla fi -nanza d’impresa più trasparente che consente il recupero di com-petitività e maggiore orientamen-to all’internazionalizzazione”.

Nel loro intervento, Fabrizio Viola, amministratore delegato di Banca Monte dei Paschi di Siena, Vincenzo Boccia, vice presiden-te di Confi ndustria e presidente di Piccola Industria e Andrea de Vido, amministratore delegato di Finanziaria Internazionale, duran-te la Conferenza stampa che si è tenuta in Confi ndustria Toscana per illustrare quello che è il primo Fondo che investe in Minibond sul mercato italiano hanno evi-denziato il valore di “una fonte di fi nanziamento alternativa per le imprese non quotate, le Pmi, e un’opportunità per migliorare la loro liquidità per crescere e opera-re al meglio sul mercato”.

APPROFONDIMENTIBanca Monte dei Paschi di

Siena e Finanziaria Internaziona-le, con la collaborazione di Con-fi ndustria, hanno deciso di co-gliere le opportunità tracciate dal nuovo quadro normativo intro-dotto dalla legge 134 del 2012, che ha posto le basi per l’emissione, da parte delle imprese non quota-te, di titoli di debito, obbligazioni (i cosiddetti Minibond) e cambiali fi nanziarie. Il Fondo Minibond è un fondo di tipo chiuso e riservato ad investitori qualifi cati e investirà in strumenti di debito, prevalente-mente minibond emessi da Pmi residenti in Italia, ed avrà durata massima di 7 anni, con dimen-sioni inizialmente comprese tra i 100 e i 150 milioni di euro. Il fondo sarà promosso e gestito da Finan-ziaria Internazionale Investment Sgr e collocato insieme a Banca

Monte dei Paschi di Siena. Si tratta di un’operazione di sistema che favorisce in sostanza la destina-zione del risparmio italiano a so-stegno delle attività produttive sul territorio nazionale, anche grazie a Confi ndustria che, come rappre-sentante delle imprese associate, sarà partner determinante nella promozione dell’iniziativa.

In questo quadro, Mps Capi-tal Services banca per le imprese ricoprirà il ruolo di advisor delle imprese emittenti, accompagnan-dole nell’attività necessaria per

l’accesso al Fondo.Gli obiettivi - Il progetto ar-

ricchisce quindi l’offerta delle for-me di fi nanziamento alternative al credito bancario in favore di una disintermediazione “intelligente”. Grazie a questa iniziativa, la pri-ma in Italia a carattere nazionale dedicata alle Pmi, BMps rafforza il proprio ruolo di banca di riferi-mento proponendo un servizio ad alto valore aggiunto.

La Banca fornisce assistenza al cliente in tutte le fasi, dall’e-missione del titolo al suo col-locamento, fi no al reperimento dell’interesse da parte di investi-tori professionali, con disponibilità elevate di liquidità e orizzonti d’in-vestimento di medio lungo perio-do, per i quali l’introduzione dei Minibond costituirà una possibili-tà ulteriore per ampliare la propria gamma di investimenti e diversifi -care i propri rischi fi nanziari.

Il Fondo consente infi ne alle imprese di migliorare i profi li di ri-schio/rendimento attraverso un’a-deguata diversifi cazione, facilitan-do la capacità di accesso all’ampia rete di potenziali futuri investitori domestici e internazionali che po-tranno essere reperiti da BMps e Finint.

Un momento della presentazione

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 50 CONFINDUSTRIA GROSSETO

I l 22 maggio scorso è stato pubblicato in Gazzetta Uffi ciale il

Decreto n. 55 del 3 aprile 2013, contenente il Regolamento mi-nisteriale in materia di emissio-ne, trasmissione e ricevimento della fattura elettronica da applicarsi alle amministrazio-ni pubbliche, che introduce le specifi che tecniche necessarie per rendere effettivo l’obbligo di fatturazione elettronica nella transazioni tra PA e relative im-prese fornitrici (articolo 1, com-mi 209-214, legge 24 dicembre 2007, n. 244).

Secondo le stime della Ricerca 2013 dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e De-materializzazione della School

of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) se la Digitalizzazione ve-nisse applicata non solo alla fattura, ma a tutti gli scambi documentali del ciclo dell’ordi-ne, coinvolgendo tutte le rela-zioni tra gli attori economici del Paese (sia tra le imprese, che tra queste e la PA), si potreb-bero raggiungere i 60 miliardi di euro di risparmi complessivi nel caso in cui l’adozione fosse estesa a tutte le relazioni tra gli attori economici del Paese, ov-vero sia tra le imprese, che tra queste e la PA.

Secondo gli esperti, per quanto riguarda le singole or-ganizzazioni, l’introduzione della fatturazione elettronica

può portare un risparmio di circa 2-4 euro a fattura (per fatture non strutturate, ovvero non elaborabili dai sistemi ri-ceventi) sino a 5-9 euro a fattu-ra in caso di formati strutturati, elaborabili direttamente dai sistemi informativi aziendali in entrata e in uscita.

Se venisse adottata una completa digitalizzazione del ciclo dell’ordine si potrebbero raggiungere risparmi di costo compresi tra i 25 e 65 euro.

Il Regolamento, adottato dal Ministro dell’economia e delle fi nanze di concerto con il Ministro per la pubblica am-ministrazione e la semplifi ca-zione, è in vigore dal 6 giugno 2013.

L’obbligo di utilizzo esclu-sivo della fatturazione elettro-nica nelle suddette transazioni comporta che a partire dalle date individuate dal Regola-mento per la decorrenza effet-tiva dell’obbligo - che variano a seconda delle PA interessate - le stesse PA non potranno accettare fatture non trasmesse in via elettronica per il tramite del cosiddetto Sistema di inter-scambio.

Inoltre, decorsi tre mesi dalle suddette date, le ammini-strazioni non potranno pagare neanche parzialmente le fattu-re non elettroniche.

Al riguardo, il Regola-mento dispone le specifi che tecnico-operative del Sistema

Risparmi e semplificazione con la fatturazione elettronica PA-ImpreseE’ stato emanato l’atteso Decreto Attuativo che sancisce l’obbligatorietà della Fatturazione Elettronica da parte delle Imprese verso la Pubblica Amministrazione

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 51CONFINDUSTRIA GROSSETO

La fattura elettronica,

un passo importante verso

la semplifi cazione della Pubblica

Amministrazione

di interscambio; tale sistema è, in sostanza, la piattaforma ge-stita dall’Agenzia delle entrate e da Sogei che farà da tramite ai fi ni dello scambio delle fatture elettroniche tra PA e imprese fornitrici.

La decorrenza è scagliona-ta secondo i seguenti termini:

- 6 giugno 2014, ossia 12 mesi dall’entrata in vigore del Regolamento, per l’adozione obbligatoria da parte di Mi-nisteri, Agenzie fi scali ed Enti nazionali di previdenza e as-sistenza sociale, salvo che le amministrazioni e tutti i relativi fornitori non prendano accordi per adeguarsi in anticipo.

L’adeguamento anticipato è però possibile solo a partire dal 6 dicembre 2013, ossia de-corsi 6 mesi dall’entrata in vi-gore del Regolamento, termine entro cui verrà reso disponibile il citato Sistema di interscam-bio;

- 6 giugno 2015, ossia 24 mesi dall’entrata in vigore del Regolamento, per l’adegua-mento da parte di tutte le al-tre amministrazioni pubbliche, come individuate nell’elenco

ISTAT delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato dello Stato, e rela-tive imprese fornitrici.

Per quanto riguarda, inve-ce, la decorrenza dell’obbligo in capo alle amministrazioni locali, occorrerà attendere un ulteriore provvedimento mini-steriale da emanarsi entro il 6 dicembre 2013, come disposto dalla legge n. 244/2007 (artico-lo 1, comma 214).

Il Regolamento rimette a un futuro decreto anche la determinazione delle modalità

di inclusione nel suddetto ob-bligo delle fatture emesse da soggetti non residenti in Italia, che quindi per ora rimangono escluse. Con riferimento alle misure di supporto per le PMI, che si troveranno a dover ge-stire le procedure informatiche legate alla fatturazione elettro-nica, il Regolamento prevede:

- strumenti informatici gratuiti destinati alle PMI abi-litate al Mercato Elettronico della Pubblica Amministra-zione (MEPA) e fi nalizzati alla generazione delle fatture nel

formato previsto dal Sistema di interscambio, alla conservazio-ne delle stesse e alla comunica-zione con detto Sistema;

- successive misure di supporto informatico alle PMI, che dovranno essere defi nite dall’Agenzia per l’Italia di-gitale, in collaborazione con Unioncamere e sentite le asso-ciazioni di categoria delle im-prese e dei professionisti.

Ulteriori informazioni possono essere richiesti telefo-nando a Confi ndustria Grosse-to, 056.468.811.

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IES | aprile-giugno 2013 | Pagina 52

Il progetto interna-zionale “Informedu”, nell’ambito del Pro-

gramma settoriale Leonardo Da Vinci, ha come obiettivo fondamentale quello di svi-luppare indicazioni operative e metodologiche per l’indivi-duazione, il riconoscimento e la convalida dell’apprendi-mento informale e non forma-le al fi ne di rientrare del siste-ma educativo.

Capofi la del progetto è Giano Ambiente, società di formazione di Confi ndustria Grosseto. Dal 23 al 27 giugno 2013 è prevista una missione in Lituania, uno dei paesi part-ner del progetto.

“La missione in Lituania è un momento importante – osserva Giovanni Mascagni (Giano Ambiente, agenzia formativa di Confi ndustria Grosseto) –, poiché si fi rmerà il Memorandum of Under-

standing con il quale si san-cisce il riconoscimento delle competenze individuate nella sperimentazione.

L’accordo permetterà ai partecipanti alla sperimen-tazione il riconoscimento e validazione degli apprendi-menti non formali e informali riconosciuti durante il proget-to e la possibilità, attraverso la mobilità nei paesi partner, di rendere riconducibili le unità di apprendimento (competen-ze) scelte.

Inoltre, durante la mis-sione saremo testimoni del processo lituano e delle loro metodologie per il riconosci-mento degli apprendimenti da esperienza”.

La ricaduta pratica del progetto è di grande valore: condividere un modello di riconoscimento delle compe-tenze utilizzato dai soggetti che si occupano di “formale”

(scuole, agenzie formative, ecc.) per favorire la creazione e l’utilizzo di “portfolio” di com-petenze da parte degli adulti che si muovono tra i sistemi dell’istruzione e del lavoro.

Due sono i principi guida alla base di questo approccio: il primo, che vede il lavoro come un ambiente di appren-dimento, quindi con una sua importante e peculiare valenza formativa.

Il secondo, che la perso-na ha diritto ad avere il con-trollo sul proprio percorso professionale attraverso la consapevolezza e la capacità di condivisione delle proprie competenze.

Intanto prosegue con grande partecipazione la spe-rimentazione che, nell’ambito del progetto, consente ai par-tecipanti di verifi care e valida-re le competenze acquisite nel settore turismo.

Inform.Edu: la validazione delle competenze diventa europeaProcedono a pieno ritmo le attività del progetto “Inform.Edu - Il riconoscimento e la validazione dell’apprendimento informale e non formale del sistema dell’istruzione”

“Inform.Edu - Il riconosci-mento e la validazione dell’ap-prendimento informale e non formale nel sistema dell’i-struzione” è realizzato da un consorzio composto da part-ner nazionali ed europei, che sono: Giano Ambiente, agen-zia formativa di Confi ndustria Grosseto; Kaunas Chamber of commerce industry and crafts lituana; il Centre Interinstitu-tionnel del Bilan de Compéten-ces D’Arras francese; la struttura regionale Steunpunt Scouting Gerderland dei Paesi Bassi; l’Amministrazione Pro-vinciale di Grosseto; l’Istituto professionale “Polo Bianciar-di”; il Liceo “A. Rosmini” di Grosseto; i Centri territoriali permanenti per l’istruzione e la formazione in età adulta di Grosseto e Arcidosso.

IL PROGETTO “INFORM-EDU”

CONFINDUSTRIA GROSSETO

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Produttore leader a livello globale di pigmenti specializzati a base di biossido di titanio, destinati alla manifattura di svariate applicazioni: rivestimenti, inchiostri, polimeri, prodotti

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Confindustria Toscana Sud

Per fare di più, per contare di più

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