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IDENTITÀ E RELAZIONI NEI TOP MANAGEMENT TEAM.
Gabriele MorandinUniversità degli Studi di Bologna
Piazza Scaravilli, 240126 - Bologna BO
Tel. 051 [email protected]
Massimo BergamiUniversità degli Studi di Bologna
Piazza Scaravilli, 240126 - Bologna BO
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Alessandro LomiUniversità degli Studi di Bologna
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1. INTRODUZIONE
Questo lavoro ha l’obiettivo principale di connettere l’identità sociale
nell’organizzazione e la struttura dei network interpersonali, mediante un’indagine
empirica e di concettualizzazione induttiva.
A partire dalle informazioni contenute in dati raccolti all’interno di un gruppo
industriale internazionale, si analizza il collegamento tra identificazione organizzativa e
strutture delle relazioni interpersonali tra i membri del top management team. In
1
particolare, si intende trovare supporto empirico all’ipotesi di una base relazionale
dell’identificazione organizzativa, attraverso l’analisi delle implicazioni di 12 distinti
tipi di relazione tra i 47 membri del top management team indagato e l’identificazione
organizzativa degli stessi.
Lo studio è motivato dalla necessità di approfondire due temi principali. Il primo
riguarda la relazione tra strutture emergenti di comunicazione interpersonale e
identificazione con l’organizzazione. Il secondo riguarda il rapporto tra identità
individuale e struttura delle comunità interpersonali all’interno dell’organizzazione.
Entrambi i temi hanno implicazioni dirette per comprendere i processi di interpretazione
della realtà organizzativa, in quanto suggeriscono una rappresentazione dell’identità
organizzativa basata simultaneamente sulla struttura sociale emergente dal sistema di
relazioni interpersonali osservato e sull’affiliazione ad aggregati superiori.
Dal punto di vista pragmatico, i risultati dello studio promettono di facilitare la
progettazione di processi di comunicazione all’interno di organizzazioni culturalmente
differenziate e di favorire l’integrazione tra i membri di team manageriali in imprese
internazionali.
2. QUADRO TEORICO E IPOTESI
Nel corso degli ultimi dieci anni la ricerca organizzativa si è interessata in maniera
crescente al tema dell’identità, un tema da tempo presente negli studi sulle
organizzazioni, ma ancora poco investigato sul piano empirico e spesso definito in
maniera approssimativa anche sul piano concettuale. Infatti, dopo la sua introduzione
(Simon, 1947; March e Simon, 1958), questo concetto è stato utilizzato con accezioni
2
diverse e senza una precisa operazionalizzazione. Queste considerazioni hanno indotto
numerosi ricercatori di comportamento organizzativo a cercare di individuare dei
riferimenti teorici più consistenti e migliorare le rappresentazioni empiriche del
costrutto. Ashforth e Mael (1989) hanno suggerito un’interpretazione di identificazione
alla luce della Social Identity Theory (Tajfel, 1981) e una sua misura (Mael e Ashforth,
1992).
Successivamente altri Autori hanno contribuito a maggiori approfondimenti concettuali
di questo tema (Dutton, Dukerich e Harquail, 1994), empirici (Bhattacharya, Rao,
Glynn, 1995) e metodologici (Bergami e Bagozzi, 2000).
Il risultato che ne è scaturito è quello di una maggior chiarezza e miglior
approfondimento, ma allo stesso tempo di una maggior limitatezza della teoria
dell’identità sociale applicata all’organizzazione. Infatti, a fronte di una miglior
comprensione e operazionalizzazione dell’identificazione organizzativa, ne è scaturita
una sempre maggior focalizzazione degli studi su processi cognitivi, valutativi ed
emotivi individuali e sulle conseguenze di questi in termini di atteggiamenti e
intenzioni, mentre gli aspetti più generali di interpretazione della realtà organizzativa
non sono stati sviluppati in maniera altrettanto approfondita.
Albert e Whetten (1985) avevano tentato di costruire un ponte tra l’identificazione
organizzativa dei partecipanti e l’identità organizzativa nel suo insieme, uno sforzo che
ha avuto scarso seguito, se non in contributi sporadici e parziali. Questa consapevolezza
ha portato l’Academy of Management Review a dedicare il primo numero del millennio
al tema identità e organizzazione, al fine di aprire una riflessione ampia sui percorsi di
sviluppo della teoria sull’identità.
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In questo ambito e al fine di offrire una migliore comprensione del ruolo e dei diversi
livelli per cui il concetto di identità è rilevante negli studi organizzativi, questo lavoro
vuole indagare le possibilità di costruire un ponte tra la social network theory e la social
identity theory in campo organizzativo. Un tentativo di questo tipo era già stato
proposto da Bergami, Corrado e Lomi (1997), con un’indagine esplorativa in
un’organizzazione di lavoro, volto a verificare l’esistenza di una base relazionale
dell’identificazione. In quel contributo, gli Autori avevano studiato la correlazione
esistente tra differenze nel grado di identificazione (Bergami, 1996) e differenze nei
profili relazionali relativi a relazioni di amicizia, fiducia e consiglio professionale
(Krackhardt, 1988, 1990), evidenziando la rilevanza di queste ultime due. Questa prima
indagine aveva dunque incoraggiato a proseguire in questa direzione, lasciando
intravvedere una base relazionale dell’identificazione.
Infatti, la Social Identity applicata all’organizzazione propone un’interpretazione di
identificazione essenzialmente cognitiva, in quanto basata su rappresentazioni mentali
degli individui. Le spiegazioni offerte consentono di spiegare l’intensità
dell’identificazione sulla base dell’attrattività degli attruibuti e dell’immagine
organizzativa per l’autostima dell’individuo (Ashforth e Mael, 1989; Bergami e
Bagozzi, 2000; Dutton, Dukerich e Harquail, 1994). Lo stesso schema propone una
spiegazione degli outcome dell’identificazione in termini di commitment affettivo,
comportamenti di cittadinanza organizzativa e cooperazione con gli ingroup (Bergami e
Bagozzi, 2000). Quest’ultimo aspetto è stato ampiamente sviluppato dai ricercatori di
psicologia sociale che hanno contribuito prevalentemente mediante esperimenti a
spiegare la relazione tra identificazione sociale, percezione di appartenenza di altri
soggetti allo stesso gruppo e comportamenti di favoritismo o cooperazione nei confronti
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di questi (Abrams e Hogg, 1988).
Sul piano organizzativo, al di là della necessità di una conferma di questa teoria della
cooperazione mediante evidenze empiriche, si apre un problema legato alla definizione
di organizzazione, intesa come gruppo sociale target dell’identificazione cognitiva dei
suoi partecipanti. Infatti, il costrutto di identificazione sociale con l’organizzazione
inteso come rilevanza della membership organizzativa nel proprio concetto di sé
(Dutton e al., 1994) trova una possibilità di operazionalizzazione nel grado di
sovrapposizione tra rappresentazione di sé e rappresentazione dell’organizzazione
(Bagozzi e Bergami, 2000). Evidentemente questa soluzione propone una scappatoia
“cognitiva” all’alternativa poco attraente di considerare l’organizzazione come un
oggetto, magari coincidente con l’istituzione (impresa o altro). Se da una parte il
problema della definizione di organizzazione come oggetto ben identificato e non
ambiguo viene aggirato con l’approccio cognitivo individuale, resta aperto il problema
di coevoluzione tra identificazione dei componenti l’organizzazione e l’identità
organizzativa che questi contribuiscono a definire. Ad esempio, se una persona dice “Mi
identifico nella Lazio” dovrebbe esser ben chiaro cosa sia la Lazio. Se però l’identità
della Lazio dipendesse da chi si identifica nella Lazio, ecco che il concetto presenta dei
rischi di ricorsività. Sul piano teorico, inoltre, si consideri ad esempio l’immagine di
organizzazione che emerge da modelli ispirati al garbage can model (Cohen, March,
Olsen, 1972). Per i proponenti originari di tale modello, le caratteristiche centrali
dell’organizzazione si possono sintetizzare come fluidità della partecipazione,
ambiguità della tecnologia e instabilità delle preferenze. Assumendo per un momento
che la rappresentazione astratta dell’organizzazione resa del garbage can model sia
realistica, in cosa un membro ideale potrebbe identificarsi, data la fondamentale
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ambiguità dell’organizzazione come oggetto autocontenuto?
A questo punto, assume particolare rilevanza la domanda centrale sottesa a questo
lavoro: qual è la base sociale della cognizione?
In questo studio si intende approfondire ulteriormente l’ipotesi della base relazionale
dell’identificazione, al fine di offrire una rappresentazione dell’identificazione basata
sui processi organizzativi e con la prospettiva di avviare una riflessione sulle relazioni
tra identità organizzativa e identificazione sociale dei componenti l’organizzazione.
La nostra ipotesi riguarda l’esistenza di un relazione positiva tra grado di centralità nella
rete di scambi tra attori organizzativi sociale e intensità della loro identificazione
organizzativa. Ci aspettiamo che questi temi si pongano come centrali in gruppi dai
contorni ben definiti, come ad esempio gli studenti studiati da Lomi (1997), gli allievi
della scuola ufficiali indagati da Bagozzi, Bergami e Leone (1999) per i quali i problemi
collegati all’identità si intersecano con quelli legati al mantenimento dei confini. Ci
aspettiamo altresì che i temi proposti in questo lavoro siano particolarmente rilevanti in
quei contesti empirici nei quali il concetto di identià assume significato strategico, come
ad esempio il top management team in gruppi industriali diversificati o internazionali.
La dimostrazione dell’esistenza di una base relazionale dell’identificazione sarebbe già
un risultato importante che però non consentirebbe di chiarificare molto il citato
problema della ricorsività tra identità e identificazione. Questo problema potrebbe
trovare qualche potenziale esplicativo nell’ipotesi in cui la centralità degli attori nel
network sociale spiegasse l’identificazione con un gruppo organizzativo, ma non con un
altro.
La possibilità di verificare il livello di identificazione organizzativa con in maniera
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efficiente è offerta dalla misura sviluppata da Bergami e Bagozzi (2001), consistente in
due item (uno visivo e uno verbale) che spingono l’individuo a esprimere il livello di
sovrapposizione nel primo caso tra la propria identità e quella di un gruppo target e nel
secondo caso tra la propria immagine e quella dello stesso gruppo.
In questo lavoro intendiamo verificare anzitutto la relazione tra grado di centralità e
identificazione organizzativa e successivamente confrontare il caso di identificazione
con la singola impresa e poi con il gruppo cui l’impresa appartiene.
3. METODI
3.1. Soggetti e procedure
Lo studio si basa sui dati raccolti sul management team di un gruppo industriale
italiano, fortemente internazionalizzato, la cui capogruppo è quotata sul mercato
azionario. L’organizzazione si sostanzia in quattro susbsidiaries, recentemente acquisite,
coordinate da una holding industriale.
Operano nel gruppo circa 1.200 persone, di cui circa 900 operai, 250 impiegati e 47
executive (inclusi 4 collaboratori esterni con ruolo direttivo). I dati presentati in questo
studio sono stati raccolti in occasione di una più ampia indagine che ha interessato tutti i
dipendenti del Gruppo, basata sulla somministrazione di un questionario anonimo
composto da domande chiuse. I questionari consegnati agli executive comprendevano
altri 41 item aggiuntivi rispetto a quelli di impiegati, capi-reparto e operai, oltre a 12
schede per la rilevazione di dati relazionali; nel caso degli executive, evidentemente,
non è stato possibile conservare l’anonimato.
Il questionario è stato somministrato ai soggetti da un ricercatore, preceduto da una
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lettera o da una telefonata dell’Amministratore Delegato del gruppo. I soggetti hanno
compilato personalmente il questionario dopo una dettagliata illustrazione del
ricercatore. Il totale dei rispondenti è stato di 901, inclusi tutti i 47 executives.
3.2. Misure
Il questionario somministrato ai manager comprendeva da 208 item e 12 schede per la
rilevazione dei dati relazionali. In questo studio vengono presi in considerazione solo le
osservazioni delle relazioni, le misure dell’identificazione organizzativa e alcuni tratti
individuali.
Reti sociali. I dati relazionali sono stati raccolti mediante schede, poi riassunti in matrici
di adiacenza. Ogni scheda era composta da una breve introduzione, necessaria a guidare
cognitivamente il soggetto, una domanda diretta e l’elenco dei soggetti compresi nel
network indagato. Le relazioni osservate sono state scelte sulla base di interviste
qualitative precedenti alla somminstrazione del questanario e sulla base dei risultati
della ricerca empirica precedente (Krackhardt e Brass, 1994) che ha indicato in queste le
relazioni maggiormente significative.
1. interazione settimanale
2. interazione giornaliera
3. comunicazione via posta elettronica settimanale
4. comunicazione via posta elettronica giornaliera
5. dipendenza del soggetto da altri per svolgere bene il proprio lavoro
6. dipendenza di altri dal soggetto per svolgere bene il proprio lavoro
7. utilità del soggetto da interazione più frequente con altri
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8. utilità di altri da interazione più frequente con il soggetto
9. potenziale di sostituibilità temporanea di altri
10. potenziale di sostituibilità da parte di altri
11. fiducia verso altri
12. fiducia percepita da altri
A titolo esemplificativo viene qui riportata la scheda relativa alla relazione numero 11.
“In questa sezione, indichi le persone che lei ritiene particolarmente affidabili
relativamente a questioni professionali. Risponda a questa domanda segnando il
numero posto a sinistra dei nomi delle persone che lei ritienei più affidabili per
questioni professionali. Come in precedenza, le chiediamo di indicare tutti i nomi che
ritiene più appropriati. Qualora lei ritenesse che nessuna delle persone riportate
nella tabella sia particolarmente affidabile per questioni professionali, non indichi
alcun nome.
Quali fra le seguenti persone ritiene particolarmente affidabili, relativamente a
questioni professionali?”.
Le matrici di adiacenza relative alle 12 relazioni indagate hanno rappresentato gli input
per calcolare il grado di centralità di ogni individuo nelle strutture relazionali
considerate, utilizzando a questo scopo il software Ucinet. In questo modo sono stati
calcolati i seguenti indici: betweeness, eigenvector, indegree, outdegree, infarness,
outfarness, definiti in Lomi (1991).
Identificazione organizzativa. L’identificazione organizzativa cognitiva è stata misurata
mediante una scala comprendente due item: uno visivo e uno verbale (Bergami e
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Bagozzi, 2000).
La misura è stata ripetuta due volte: la prima con riferimento all’identificazione con
l’impresa di appartenenza, mentre la seconda con riferimento al Gruppo nel suo
insieme. L’affidabilità delle misure cognitive di identificazione con l’impresa presenta
un = ,76, mentre nel caso dell’identificazione con l’impresa presenta un = ,77.
Tratti individuali.
A parte “sesso”, “esperienza nel settore prima di entrare in impresa” ed “esperienza nel
settore prima di entrare nel Gruppo” (variabili binarie), sono stati considerati in questo
studio alcuni tratti individuali, tra quelli disponibili e precisamente età, anzianità in
impresa, anzianità nel gruppo, formazione.
L’età è stata rilevata sulla base di 5 classi (meno di 20 anni, tra 21 e 30, tra 31 e 45, tra
46 e 60, oltre 60).
L’anzianità in impresa e nel gruppo sono state misurate una domanda aperta riguardante
il numero di anni trascorsi.
La formazione è stata rilevata con una scala a cinque punti riguardante “l’ultimo titolo
scolastico o accademico ottuenuto” (elementari, medie, superiori, laurea, master o
dottorato).
4. RISULTATI
Al fine di testare la relazione tra centralità dell’attore nelle strutture relazionali
considerate e il grado di identificazione con l’impresa e con il gruppo cui l’impresa
appartiene, sono state effetuate alcune regressioni multiple. Vista la natura esplorativa
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dell’indagine è stata utilizzata la procedura backword, che consente di escludere le
variabili non significative.
Le tabelle che seguono illustrano i risultati delle analisi volte a testare la significatività
dei modelli utilizzati nel predire l’Identificazione con l’impresa (Tabella 1.) e
l’Identificazione con il Gruppo (Tabella 2.).
Nel primo modello sono state regredite alcune variabili riguardanti attirbuti individuali
(anni trascorsi in azienda e all’interno del Gruppo, precedente esperienza nel settore
prima di entrare in azienda e precedente esperienza in altre imprese del Gruppo)
sull’intensità dell’identificazione.
Il secondo modello, invece, oltre a quelle appena descritte, incorpora altre variabili
dipendenti che indicano il grado di centralità dell’individuo nelle strutture relazionali
qui considerate (comunicazione via posta elettronica settimanale, comunicazione via
posta elettronica giornaliera, dipendenza di altri dal soggetto per svolgere bene il
proprio lavoro, utilità del soggetto da interazione più frequente con altri, utilità di altri
da interazione più frequente con il soggetto, potenziale di sostituibilità temporanea di
altri, fiducia percepita da altri).
In dettaglio, queste variabili sono costruite mediante l’indice di centralità, denominato
“OutFarness” (Beauchamp, 1965), che può esse interpretato come un indicatore di
“efficienza” della struttura di relazioni dell’attore considerato.
I risultati mostrano come i modelli stimati non spieghino l’intensità dell’identificazione
con l’impresa (M1: R² = .00 e F =.1.03; M2: R² = .00 e F =.1.00).
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Tabella 1. Predizione dell’Identificazione con l’Impresa(Coefficienti di regressione standardizzati, valori di t in parentesi).
IDENTIFICAZIONE CON L’IMPRESA Modello 1 Modello 2Anzianità in Impresa .233
(.933).280
(1.089)Anzianità nel Gruppo -.141
(-.560)-.162
(-.605)Esperienza nel settore prima di entrare in Impresa .025
(.154).013
(.068)Esperienza in altre imprese del Gruppo .267
(1.586).179
(1.012)Comunicazione via posta elettronica settimanale -.166
(-.763)Comunicazione via posta elettronica giornaliera -.284
(-1.541)Dipendenza di altri da sè per svolgere bene il proprio lavoro
.312(1.244)
Altri con cui sarebbe utile interagire più freqientemente
.237(1.219)
Utilità di altri da interazioni più frequenti -.309(-1.398)
Potenziale di sostituire temporaneamente altri .020(.102)
Fiducia percepita da altri .039(.193)
F 1.03 1.00R² Adj. .00 .00N 46 46* p < .05** p < .01
I risultati evidenziano come il Modello 4 spieghi una percentuale di varianza
apprezzabile (R² = .30; F = 2.45*), mentre il Modello 3 ne spiega una quantità
trascurabile (R² = .02), oltre a non essere significativo (F = 1.24).
Il secondo modello mostra il valore predittivo di alcune variabili riguardanti il grado di
centralità dell’individuo nella struttura relazionale esistente tra gli executive di questo
gruppo industriale. In particolare la dipendenza di altri da sè per svolgere bene il
proprio lavoro ( = 634**), la comunicazione via posta elettronica almeno giornaliera
( = -.308*) risultano essere antecedenti significativi dell’identificazione con il gruppo.
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Tabella 2. Predizione dell’Identificazione con il Gruppo(Coefficienti di regressione standardizzati, valori di t in parentesi).
IDENTIFICAZIONE CON IL GRUPPO Modello 3 Modello 4
Anzianità in Impresa -.167(-.675)
-.057(-.262)
Anzianità nel Gruppo .186(.749)
.110(.489)
Esperienza nel settore prima di entrare in Impresa .011(.069)
.022(.143)
Esperienza in altre imprese del Gruppo .331*(1.987)
.288(1.939)
Comunicazione via posta elettronica settimanale -.304(-1.668)
Comunicazione via posta elettronica giornaliera -.308*(-1.992)
Dipendenza di altri da sè per svolgere bene il proprio lavoro
.634**(3.009)
Altri con cui sarebbe utile interagire più freqientemente
.299(1.832)
Utilità di altri da interazioni più frequenti -.288(-1.552)
Potenziale di sostituire temporaneamente altri -.297(-1.796)
Fiducia percepita da altri -.251(-1.477)
F 1.24 2.45*
R² Adj. .02 .30
N 46 46* p < .05
** p < .01
Sulla base di questi primi risultati, sono state condotte nuove analisi, introducendo
indicatori di centralità relativi ad altre strutture relazionali indagate nell’indagine, al fine
di verificare la forza predittiva dell’identificazione (con il gruppo).
I risultati evidenziano come il Modello 5 spieghi una percentuale di varianza molto
elevata e presenti un buon livello di significatività (R² = .41; F = 2.863*, p = .011).
Tabella 3. Predizione dell’Identificazione con il Gruppo
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(Coefficienti di regressione standardizzati, Errori standard in parentesi).
IDENTIFICAZIONE CON IL GRUPPO Modello 3 Modello 5Anzianità in Impresa -.167
(-.675)-.073
(.-.361)Anzianità nel Gruppo .186
(.749).347
(1.543)Esperienza nel settore prima di entrare in Impresa .011
(.069).143
(.937)Esperienza in altre imprese del Gruppo .331*
(1.987).371*(.220)
Interazione almeno giornaliera .385*(2.423)
Comunicazione via posta elettronica settimanale -.467*(-2.607)
Comunicazione via posta elettronica giornaliera -.338*(-2.348)
Dipendenza da altri per svolgere bene il proprio lavoro -.168(-1.146)
Dipendenza di altri da sè per svolgere bene il proprio lavoro
.928**(4.072)
Altri con cui sarebbe utile interagire più freqientemente
.316*(2.003)
Utilità di altri da interazioni più frequenti -.322(-1.834)
Potenziale di sostituzione di altri -.368*(-2.378)
Fiducia verso altri -.412*(-2.164)
Fiducia percepita da altri -.398*(-2.418)
F 1.24 2.86
R² Adj. .02 .41n 47 47* p < .05** p < .01
Gli antecedenti dell’identificazione con il gruppo, secondo questo modello sono
rappresentati dagli indici di outfarness delle seguenti relazioni: interazione giornaliera
( = .39*), comunicazione via posta elettronica almeno settimanale ( = -.47*),
comunicazione via posta elettronica almeno giornaliera ( = -.34*), dipendenza di altri
da sé ( = 93**), altri con cui sarebbe utile interagire più frequentemente ( = .316*),
altri che potrebbero essere sostituiti da sé ( = -.37*), altri ritenuti affidabili ( = -.42*),
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altri da cui si percepisce fiducia ( = -.40*); inoltre una variabile attributiva come
l’esperienza in altre imprese del gruppo si presenta come antecedente significativo in
questa analisi ( = .37*).
5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
In questa indagine preliminare siamo partiti da una riflessione sull’identificazione come
costrutto centrale nella riflessione organizzativa e sulla focalizzazione degli studi di
comportamento organizzativo su aspetti cognitivi e individuali. In questo senso abbiamo
evidenziato la necessità di approfondire l’analisi della base relazionale
dell’identificazione sociale dell’organizzazione, un percorso di ricerca ancora
inesplorato empiricamente e sul quale esiste una scarsa concettualizzazione teorica.
Inoltre, dal punto di vista dell’interpretazione della realtà organizzativa, abbiamo
sottolineato come i concetti di identificazione e di identità organizzativa presentano un
rischio di ricorsività, in quanto spesso viene proposta una visione di identificazione dei
partecipanti all’organizzazione con un’identità che essi stessi contribuiscono a creare.
A questo proposito, abbiamo rimarcato la necessità di un’interpretazione di
organizzazione come qualcosa di emergente dalle relazioni degli attori che ne fanno
parte.
Con queste finalità abbiamo studiato 12 diversi tipi di relazione tra i componenti il top
management team di un gruppo industriale, analizzando l’influenza della centralità di
ognuno sul grado di identificazione con limpresa in cui opera e con il gruppo nel suo
insieme. Le analisi sono state effettuate, compiendo anche un controllo su alcune
variabili attirbutive come l’anzianità nell’impresa e nel gruppo e come l’esperienza
precedente in altre imprese del settore e del gruppo.
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I risultati mostrano l’esistenza di una base relazionale dell’intensità dell’identificazione
con il gruppo, mentre le variabili considerate non mostrano alcun impatto
sull’identificazione con l’impresa di appartenenza. In particolare il confronto tra due
modelli uguali dal punto di vista dei predittori, regrediti però sull’identificazione con
l’impresa e con il gruppo, mostra la non significatività del primo e un’apprezzabile
livello di varianza spiegata (R2 = .30*) nel socondo caso.
Infine la stima di un nuovo modello che rappresenta un evoluzione del precedente
significativo, al quale sono state aggiunte nuove variabili relative al grado di centralità
degli individui in altre relazioni porta la varianza spiegata a valori ancora superiori (R2
= .41*).
Questi semplici risultati, al di là della necessità di una più approfondita comprensione
del contenuto delle relazioni studiate e di una interpretazione più completa del
significato e della forza predittiva dei costrutti considerati, offrono un conforto empirico
ad alcune delle ipotesi formulate.
In particolare è stata verificata l’esistenza di un collegamento tra centralità nel network
sociale definito da alcune relazioni esistenti nel top management team oggetto di studio
e il grado di identificazione sociale nell’organizzazione.
Inoltre, poiché i modelli mostrano che solo con riferimento al gruppo come target di
identificazione le relazioni predittive degli antecedenti sono significative, è possibile
sotenere che anche la seconda questione, quella riguardante la natura
dell’organizzazione come target per l’identificazione degli individui, merita un
approfondimento.
Se – parafrasando le parole di Jon Elster– si può affermare che non esitono
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“organizzazioni” ma solo relazioni fra individui, allora dovrebbe risulare chiaro il valore
del nostro tentativo di rivelare le basi relazionali della identità organizzativa. In questo
lavoro l’occasione empirica per approfondire questo importante tema teorico ci è stata
fornita da dati che noi stessi abbiamo raccolto sulle relazioni multiple che intercorrono
tra i membri del top management team di un grande gruppo internazionale. Allo stato
attuale del nostro studio i risultati preliminari che abbiamo riportato sostengono l’utilità
di approfondire le ipotesi riguardanti la base relazionale dell’identificazione e la
necessità di comprendere il processo organizzativo che porta l’individuo a identificarsi,
al di là delle sue rappresentazioni individuali di attrattività di alcuni attributi.
Nella sua forma presente, il nostro lavoro soffre di una serie di limiti che ne riducono
l’estensione empirica. Il primo è ovviamente collegato alla dimensione ridotta del
campione che suggerisce prudenza nell’avanzare pretese di generalità. Il secondo limite
è inerente alle procedure statistiche adottate le quali – mentre sono giustificabili
nell’ambito di uno studio esplorativo – sono del tutto inadeguate a falsificare ipotesi
specifiche di derivazione teorica. Il terzo limite è meno dipendente dai dati e dai metodi
ed è collegato all’uso di indici relazionali come variabili attributive specifiche alle unità
di osservazione.
Come abbiamo accennato, crediamo sia giusto riconoscere le implicazioni di questi vari
limiti per l’estenzione empirica dei risultati che abbiamo riportato. Malgrado ciò
crediamo anche che sia legittimo considerare il nostro lavoro come un tentativo utile per
continuare ad approfondire la relazione complessa tra identità organizzativa e struttura
delle reti sociali.
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BIBLIOGRAFIA
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