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IDENTITÀ E RELAZIONI NEI TOP MANAGEMENT TEAM. Gabriele Morandin Università degli Studi di Bologna Piazza Scaravilli, 2 40126 - Bologna BO Tel. 051 209.8073 [email protected] Massimo Bergami Università degli Studi di Bologna Piazza Scaravilli, 2 40126 - Bologna BO Tel. 051 209.8071 [email protected] Alessandro Lomi Università degli Studi di Bologna Piazza Scaravilli, 2 40126 - Bologna BO Tel. 051 209.8074 [email protected] 1. INTRODUZIONE Questo lavoro ha l’obiettivo principale di connettere l’identità sociale nell’organizzazione e la struttura dei network interpersonali, mediante un’indagine empirica e di 1

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IDENTITÀ E RELAZIONI NEI TOP MANAGEMENT TEAM.

Gabriele MorandinUniversità degli Studi di Bologna

Piazza Scaravilli, 240126 - Bologna BO

Tel. 051 [email protected]

Massimo BergamiUniversità degli Studi di Bologna

Piazza Scaravilli, 240126 - Bologna BO

Tel. 051 [email protected]

Alessandro LomiUniversità degli Studi di Bologna

Piazza Scaravilli, 240126 - Bologna BO

Tel. 051 [email protected]

1. INTRODUZIONE

Questo lavoro ha l’obiettivo principale di connettere l’identità sociale

nell’organizzazione e la struttura dei network interpersonali, mediante un’indagine

empirica e di concettualizzazione induttiva.

A partire dalle informazioni contenute in dati raccolti all’interno di un gruppo

industriale internazionale, si analizza il collegamento tra identificazione organizzativa e

strutture delle relazioni interpersonali tra i membri del top management team. In

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particolare, si intende trovare supporto empirico all’ipotesi di una base relazionale

dell’identificazione organizzativa, attraverso l’analisi delle implicazioni di 12 distinti

tipi di relazione tra i 47 membri del top management team indagato e l’identificazione

organizzativa degli stessi.

Lo studio è motivato dalla necessità di approfondire due temi principali. Il primo

riguarda la relazione tra strutture emergenti di comunicazione interpersonale e

identificazione con l’organizzazione. Il secondo riguarda il rapporto tra identità

individuale e struttura delle comunità interpersonali all’interno dell’organizzazione.

Entrambi i temi hanno implicazioni dirette per comprendere i processi di interpretazione

della realtà organizzativa, in quanto suggeriscono una rappresentazione dell’identità

organizzativa basata simultaneamente sulla struttura sociale emergente dal sistema di

relazioni interpersonali osservato e sull’affiliazione ad aggregati superiori.

Dal punto di vista pragmatico, i risultati dello studio promettono di facilitare la

progettazione di processi di comunicazione all’interno di organizzazioni culturalmente

differenziate e di favorire l’integrazione tra i membri di team manageriali in imprese

internazionali.

2. QUADRO TEORICO E IPOTESI

Nel corso degli ultimi dieci anni la ricerca organizzativa si è interessata in maniera

crescente al tema dell’identità, un tema da tempo presente negli studi sulle

organizzazioni, ma ancora poco investigato sul piano empirico e spesso definito in

maniera approssimativa anche sul piano concettuale. Infatti, dopo la sua introduzione

(Simon, 1947; March e Simon, 1958), questo concetto è stato utilizzato con accezioni

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diverse e senza una precisa operazionalizzazione. Queste considerazioni hanno indotto

numerosi ricercatori di comportamento organizzativo a cercare di individuare dei

riferimenti teorici più consistenti e migliorare le rappresentazioni empiriche del

costrutto. Ashforth e Mael (1989) hanno suggerito un’interpretazione di identificazione

alla luce della Social Identity Theory (Tajfel, 1981) e una sua misura (Mael e Ashforth,

1992).

Successivamente altri Autori hanno contribuito a maggiori approfondimenti concettuali

di questo tema (Dutton, Dukerich e Harquail, 1994), empirici (Bhattacharya, Rao,

Glynn, 1995) e metodologici (Bergami e Bagozzi, 2000).

Il risultato che ne è scaturito è quello di una maggior chiarezza e miglior

approfondimento, ma allo stesso tempo di una maggior limitatezza della teoria

dell’identità sociale applicata all’organizzazione. Infatti, a fronte di una miglior

comprensione e operazionalizzazione dell’identificazione organizzativa, ne è scaturita

una sempre maggior focalizzazione degli studi su processi cognitivi, valutativi ed

emotivi individuali e sulle conseguenze di questi in termini di atteggiamenti e

intenzioni, mentre gli aspetti più generali di interpretazione della realtà organizzativa

non sono stati sviluppati in maniera altrettanto approfondita.

Albert e Whetten (1985) avevano tentato di costruire un ponte tra l’identificazione

organizzativa dei partecipanti e l’identità organizzativa nel suo insieme, uno sforzo che

ha avuto scarso seguito, se non in contributi sporadici e parziali. Questa consapevolezza

ha portato l’Academy of Management Review a dedicare il primo numero del millennio

al tema identità e organizzazione, al fine di aprire una riflessione ampia sui percorsi di

sviluppo della teoria sull’identità.

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In questo ambito e al fine di offrire una migliore comprensione del ruolo e dei diversi

livelli per cui il concetto di identità è rilevante negli studi organizzativi, questo lavoro

vuole indagare le possibilità di costruire un ponte tra la social network theory e la social

identity theory in campo organizzativo. Un tentativo di questo tipo era già stato

proposto da Bergami, Corrado e Lomi (1997), con un’indagine esplorativa in

un’organizzazione di lavoro, volto a verificare l’esistenza di una base relazionale

dell’identificazione. In quel contributo, gli Autori avevano studiato la correlazione

esistente tra differenze nel grado di identificazione (Bergami, 1996) e differenze nei

profili relazionali relativi a relazioni di amicizia, fiducia e consiglio professionale

(Krackhardt, 1988, 1990), evidenziando la rilevanza di queste ultime due. Questa prima

indagine aveva dunque incoraggiato a proseguire in questa direzione, lasciando

intravvedere una base relazionale dell’identificazione.

Infatti, la Social Identity applicata all’organizzazione propone un’interpretazione di

identificazione essenzialmente cognitiva, in quanto basata su rappresentazioni mentali

degli individui. Le spiegazioni offerte consentono di spiegare l’intensità

dell’identificazione sulla base dell’attrattività degli attruibuti e dell’immagine

organizzativa per l’autostima dell’individuo (Ashforth e Mael, 1989; Bergami e

Bagozzi, 2000; Dutton, Dukerich e Harquail, 1994). Lo stesso schema propone una

spiegazione degli outcome dell’identificazione in termini di commitment affettivo,

comportamenti di cittadinanza organizzativa e cooperazione con gli ingroup (Bergami e

Bagozzi, 2000). Quest’ultimo aspetto è stato ampiamente sviluppato dai ricercatori di

psicologia sociale che hanno contribuito prevalentemente mediante esperimenti a

spiegare la relazione tra identificazione sociale, percezione di appartenenza di altri

soggetti allo stesso gruppo e comportamenti di favoritismo o cooperazione nei confronti

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di questi (Abrams e Hogg, 1988).

Sul piano organizzativo, al di là della necessità di una conferma di questa teoria della

cooperazione mediante evidenze empiriche, si apre un problema legato alla definizione

di organizzazione, intesa come gruppo sociale target dell’identificazione cognitiva dei

suoi partecipanti. Infatti, il costrutto di identificazione sociale con l’organizzazione

inteso come rilevanza della membership organizzativa nel proprio concetto di sé

(Dutton e al., 1994) trova una possibilità di operazionalizzazione nel grado di

sovrapposizione tra rappresentazione di sé e rappresentazione dell’organizzazione

(Bagozzi e Bergami, 2000). Evidentemente questa soluzione propone una scappatoia

“cognitiva” all’alternativa poco attraente di considerare l’organizzazione come un

oggetto, magari coincidente con l’istituzione (impresa o altro). Se da una parte il

problema della definizione di organizzazione come oggetto ben identificato e non

ambiguo viene aggirato con l’approccio cognitivo individuale, resta aperto il problema

di coevoluzione tra identificazione dei componenti l’organizzazione e l’identità

organizzativa che questi contribuiscono a definire. Ad esempio, se una persona dice “Mi

identifico nella Lazio” dovrebbe esser ben chiaro cosa sia la Lazio. Se però l’identità

della Lazio dipendesse da chi si identifica nella Lazio, ecco che il concetto presenta dei

rischi di ricorsività. Sul piano teorico, inoltre, si consideri ad esempio l’immagine di

organizzazione che emerge da modelli ispirati al garbage can model (Cohen, March,

Olsen, 1972). Per i proponenti originari di tale modello, le caratteristiche centrali

dell’organizzazione si possono sintetizzare come fluidità della partecipazione,

ambiguità della tecnologia e instabilità delle preferenze. Assumendo per un momento

che la rappresentazione astratta dell’organizzazione resa del garbage can model sia

realistica, in cosa un membro ideale potrebbe identificarsi, data la fondamentale

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ambiguità dell’organizzazione come oggetto autocontenuto?

A questo punto, assume particolare rilevanza la domanda centrale sottesa a questo

lavoro: qual è la base sociale della cognizione?

In questo studio si intende approfondire ulteriormente l’ipotesi della base relazionale

dell’identificazione, al fine di offrire una rappresentazione dell’identificazione basata

sui processi organizzativi e con la prospettiva di avviare una riflessione sulle relazioni

tra identità organizzativa e identificazione sociale dei componenti l’organizzazione.

La nostra ipotesi riguarda l’esistenza di un relazione positiva tra grado di centralità nella

rete di scambi tra attori organizzativi sociale e intensità della loro identificazione

organizzativa. Ci aspettiamo che questi temi si pongano come centrali in gruppi dai

contorni ben definiti, come ad esempio gli studenti studiati da Lomi (1997), gli allievi

della scuola ufficiali indagati da Bagozzi, Bergami e Leone (1999) per i quali i problemi

collegati all’identità si intersecano con quelli legati al mantenimento dei confini. Ci

aspettiamo altresì che i temi proposti in questo lavoro siano particolarmente rilevanti in

quei contesti empirici nei quali il concetto di identià assume significato strategico, come

ad esempio il top management team in gruppi industriali diversificati o internazionali.

La dimostrazione dell’esistenza di una base relazionale dell’identificazione sarebbe già

un risultato importante che però non consentirebbe di chiarificare molto il citato

problema della ricorsività tra identità e identificazione. Questo problema potrebbe

trovare qualche potenziale esplicativo nell’ipotesi in cui la centralità degli attori nel

network sociale spiegasse l’identificazione con un gruppo organizzativo, ma non con un

altro.

La possibilità di verificare il livello di identificazione organizzativa con in maniera

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efficiente è offerta dalla misura sviluppata da Bergami e Bagozzi (2001), consistente in

due item (uno visivo e uno verbale) che spingono l’individuo a esprimere il livello di

sovrapposizione nel primo caso tra la propria identità e quella di un gruppo target e nel

secondo caso tra la propria immagine e quella dello stesso gruppo.

In questo lavoro intendiamo verificare anzitutto la relazione tra grado di centralità e

identificazione organizzativa e successivamente confrontare il caso di identificazione

con la singola impresa e poi con il gruppo cui l’impresa appartiene.

3. METODI

3.1. Soggetti e procedure

Lo studio si basa sui dati raccolti sul management team di un gruppo industriale

italiano, fortemente internazionalizzato, la cui capogruppo è quotata sul mercato

azionario. L’organizzazione si sostanzia in quattro susbsidiaries, recentemente acquisite,

coordinate da una holding industriale.

Operano nel gruppo circa 1.200 persone, di cui circa 900 operai, 250 impiegati e 47

executive (inclusi 4 collaboratori esterni con ruolo direttivo). I dati presentati in questo

studio sono stati raccolti in occasione di una più ampia indagine che ha interessato tutti i

dipendenti del Gruppo, basata sulla somministrazione di un questionario anonimo

composto da domande chiuse. I questionari consegnati agli executive comprendevano

altri 41 item aggiuntivi rispetto a quelli di impiegati, capi-reparto e operai, oltre a 12

schede per la rilevazione di dati relazionali; nel caso degli executive, evidentemente,

non è stato possibile conservare l’anonimato.

Il questionario è stato somministrato ai soggetti da un ricercatore, preceduto da una

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lettera o da una telefonata dell’Amministratore Delegato del gruppo. I soggetti hanno

compilato personalmente il questionario dopo una dettagliata illustrazione del

ricercatore. Il totale dei rispondenti è stato di 901, inclusi tutti i 47 executives.

3.2. Misure

Il questionario somministrato ai manager comprendeva da 208 item e 12 schede per la

rilevazione dei dati relazionali. In questo studio vengono presi in considerazione solo le

osservazioni delle relazioni, le misure dell’identificazione organizzativa e alcuni tratti

individuali.

Reti sociali. I dati relazionali sono stati raccolti mediante schede, poi riassunti in matrici

di adiacenza. Ogni scheda era composta da una breve introduzione, necessaria a guidare

cognitivamente il soggetto, una domanda diretta e l’elenco dei soggetti compresi nel

network indagato. Le relazioni osservate sono state scelte sulla base di interviste

qualitative precedenti alla somminstrazione del questanario e sulla base dei risultati

della ricerca empirica precedente (Krackhardt e Brass, 1994) che ha indicato in queste le

relazioni maggiormente significative.

1. interazione settimanale

2. interazione giornaliera

3. comunicazione via posta elettronica settimanale

4. comunicazione via posta elettronica giornaliera

5. dipendenza del soggetto da altri per svolgere bene il proprio lavoro

6. dipendenza di altri dal soggetto per svolgere bene il proprio lavoro

7. utilità del soggetto da interazione più frequente con altri

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8. utilità di altri da interazione più frequente con il soggetto

9. potenziale di sostituibilità temporanea di altri

10. potenziale di sostituibilità da parte di altri

11. fiducia verso altri

12. fiducia percepita da altri

A titolo esemplificativo viene qui riportata la scheda relativa alla relazione numero 11.

“In questa sezione, indichi le persone che lei ritiene particolarmente affidabili

relativamente a questioni professionali. Risponda a questa domanda segnando il

numero posto a sinistra dei nomi delle persone che lei ritienei più affidabili per

questioni professionali. Come in precedenza, le chiediamo di indicare tutti i nomi che

ritiene più appropriati. Qualora lei ritenesse che nessuna delle persone riportate

nella tabella sia particolarmente affidabile per questioni professionali, non indichi

alcun nome.

Quali fra le seguenti persone ritiene particolarmente affidabili, relativamente a

questioni professionali?”.

Le matrici di adiacenza relative alle 12 relazioni indagate hanno rappresentato gli input

per calcolare il grado di centralità di ogni individuo nelle strutture relazionali

considerate, utilizzando a questo scopo il software Ucinet. In questo modo sono stati

calcolati i seguenti indici: betweeness, eigenvector, indegree, outdegree, infarness,

outfarness, definiti in Lomi (1991).

Identificazione organizzativa. L’identificazione organizzativa cognitiva è stata misurata

mediante una scala comprendente due item: uno visivo e uno verbale (Bergami e

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Bagozzi, 2000).

La misura è stata ripetuta due volte: la prima con riferimento all’identificazione con

l’impresa di appartenenza, mentre la seconda con riferimento al Gruppo nel suo

insieme. L’affidabilità delle misure cognitive di identificazione con l’impresa presenta

un = ,76, mentre nel caso dell’identificazione con l’impresa presenta un = ,77.

Tratti individuali.

A parte “sesso”, “esperienza nel settore prima di entrare in impresa” ed “esperienza nel

settore prima di entrare nel Gruppo” (variabili binarie), sono stati considerati in questo

studio alcuni tratti individuali, tra quelli disponibili e precisamente età, anzianità in

impresa, anzianità nel gruppo, formazione.

L’età è stata rilevata sulla base di 5 classi (meno di 20 anni, tra 21 e 30, tra 31 e 45, tra

46 e 60, oltre 60).

L’anzianità in impresa e nel gruppo sono state misurate una domanda aperta riguardante

il numero di anni trascorsi.

La formazione è stata rilevata con una scala a cinque punti riguardante “l’ultimo titolo

scolastico o accademico ottuenuto” (elementari, medie, superiori, laurea, master o

dottorato).

4. RISULTATI

Al fine di testare la relazione tra centralità dell’attore nelle strutture relazionali

considerate e il grado di identificazione con l’impresa e con il gruppo cui l’impresa

appartiene, sono state effetuate alcune regressioni multiple. Vista la natura esplorativa

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dell’indagine è stata utilizzata la procedura backword, che consente di escludere le

variabili non significative.

Le tabelle che seguono illustrano i risultati delle analisi volte a testare la significatività

dei modelli utilizzati nel predire l’Identificazione con l’impresa (Tabella 1.) e

l’Identificazione con il Gruppo (Tabella 2.).

Nel primo modello sono state regredite alcune variabili riguardanti attirbuti individuali

(anni trascorsi in azienda e all’interno del Gruppo, precedente esperienza nel settore

prima di entrare in azienda e precedente esperienza in altre imprese del Gruppo)

sull’intensità dell’identificazione.

Il secondo modello, invece, oltre a quelle appena descritte, incorpora altre variabili

dipendenti che indicano il grado di centralità dell’individuo nelle strutture relazionali

qui considerate (comunicazione via posta elettronica settimanale, comunicazione via

posta elettronica giornaliera, dipendenza di altri dal soggetto per svolgere bene il

proprio lavoro, utilità del soggetto da interazione più frequente con altri, utilità di altri

da interazione più frequente con il soggetto, potenziale di sostituibilità temporanea di

altri, fiducia percepita da altri).

In dettaglio, queste variabili sono costruite mediante l’indice di centralità, denominato

“OutFarness” (Beauchamp, 1965), che può esse interpretato come un indicatore di

“efficienza” della struttura di relazioni dell’attore considerato.

I risultati mostrano come i modelli stimati non spieghino l’intensità dell’identificazione

con l’impresa (M1: R² = .00 e F =.1.03; M2: R² = .00 e F =.1.00).

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Tabella 1. Predizione dell’Identificazione con l’Impresa(Coefficienti di regressione standardizzati, valori di t in parentesi).

IDENTIFICAZIONE CON L’IMPRESA Modello 1 Modello 2Anzianità in Impresa .233

(.933).280

(1.089)Anzianità nel Gruppo -.141

(-.560)-.162

(-.605)Esperienza nel settore prima di entrare in Impresa .025

(.154).013

(.068)Esperienza in altre imprese del Gruppo .267

(1.586).179

(1.012)Comunicazione via posta elettronica settimanale -.166

(-.763)Comunicazione via posta elettronica giornaliera -.284

(-1.541)Dipendenza di altri da sè per svolgere bene il proprio lavoro

.312(1.244)

Altri con cui sarebbe utile interagire più freqientemente

.237(1.219)

Utilità di altri da interazioni più frequenti -.309(-1.398)

Potenziale di sostituire temporaneamente altri .020(.102)

Fiducia percepita da altri .039(.193)

F 1.03 1.00R² Adj. .00 .00N 46 46* p < .05** p < .01

I risultati evidenziano come il Modello 4 spieghi una percentuale di varianza

apprezzabile (R² = .30; F = 2.45*), mentre il Modello 3 ne spiega una quantità

trascurabile (R² = .02), oltre a non essere significativo (F = 1.24).

Il secondo modello mostra il valore predittivo di alcune variabili riguardanti il grado di

centralità dell’individuo nella struttura relazionale esistente tra gli executive di questo

gruppo industriale. In particolare la dipendenza di altri da sè per svolgere bene il

proprio lavoro ( = 634**), la comunicazione via posta elettronica almeno giornaliera

( = -.308*) risultano essere antecedenti significativi dell’identificazione con il gruppo.

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Tabella 2. Predizione dell’Identificazione con il Gruppo(Coefficienti di regressione standardizzati, valori di t in parentesi).

IDENTIFICAZIONE CON IL GRUPPO Modello 3 Modello 4

Anzianità in Impresa -.167(-.675)

-.057(-.262)

Anzianità nel Gruppo .186(.749)

.110(.489)

Esperienza nel settore prima di entrare in Impresa .011(.069)

.022(.143)

Esperienza in altre imprese del Gruppo .331*(1.987)

.288(1.939)

Comunicazione via posta elettronica settimanale -.304(-1.668)

Comunicazione via posta elettronica giornaliera -.308*(-1.992)

Dipendenza di altri da sè per svolgere bene il proprio lavoro

.634**(3.009)

Altri con cui sarebbe utile interagire più freqientemente

.299(1.832)

Utilità di altri da interazioni più frequenti -.288(-1.552)

Potenziale di sostituire temporaneamente altri -.297(-1.796)

Fiducia percepita da altri -.251(-1.477)

F 1.24 2.45*

R² Adj. .02 .30

N 46 46* p < .05

** p < .01

Sulla base di questi primi risultati, sono state condotte nuove analisi, introducendo

indicatori di centralità relativi ad altre strutture relazionali indagate nell’indagine, al fine

di verificare la forza predittiva dell’identificazione (con il gruppo).

I risultati evidenziano come il Modello 5 spieghi una percentuale di varianza molto

elevata e presenti un buon livello di significatività (R² = .41; F = 2.863*, p = .011).

Tabella 3. Predizione dell’Identificazione con il Gruppo

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(Coefficienti di regressione standardizzati, Errori standard in parentesi).

IDENTIFICAZIONE CON IL GRUPPO Modello 3 Modello 5Anzianità in Impresa -.167

(-.675)-.073

(.-.361)Anzianità nel Gruppo .186

(.749).347

(1.543)Esperienza nel settore prima di entrare in Impresa .011

(.069).143

(.937)Esperienza in altre imprese del Gruppo .331*

(1.987).371*(.220)

Interazione almeno giornaliera .385*(2.423)

Comunicazione via posta elettronica settimanale -.467*(-2.607)

Comunicazione via posta elettronica giornaliera -.338*(-2.348)

Dipendenza da altri per svolgere bene il proprio lavoro -.168(-1.146)

Dipendenza di altri da sè per svolgere bene il proprio lavoro

.928**(4.072)

Altri con cui sarebbe utile interagire più freqientemente

.316*(2.003)

Utilità di altri da interazioni più frequenti -.322(-1.834)

Potenziale di sostituzione di altri -.368*(-2.378)

Fiducia verso altri -.412*(-2.164)

Fiducia percepita da altri -.398*(-2.418)

F 1.24 2.86

R² Adj. .02 .41n 47 47* p < .05** p < .01

Gli antecedenti dell’identificazione con il gruppo, secondo questo modello sono

rappresentati dagli indici di outfarness delle seguenti relazioni: interazione giornaliera

( = .39*), comunicazione via posta elettronica almeno settimanale ( = -.47*),

comunicazione via posta elettronica almeno giornaliera ( = -.34*), dipendenza di altri

da sé ( = 93**), altri con cui sarebbe utile interagire più frequentemente ( = .316*),

altri che potrebbero essere sostituiti da sé ( = -.37*), altri ritenuti affidabili ( = -.42*),

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altri da cui si percepisce fiducia ( = -.40*); inoltre una variabile attributiva come

l’esperienza in altre imprese del gruppo si presenta come antecedente significativo in

questa analisi ( = .37*).

5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

In questa indagine preliminare siamo partiti da una riflessione sull’identificazione come

costrutto centrale nella riflessione organizzativa e sulla focalizzazione degli studi di

comportamento organizzativo su aspetti cognitivi e individuali. In questo senso abbiamo

evidenziato la necessità di approfondire l’analisi della base relazionale

dell’identificazione sociale dell’organizzazione, un percorso di ricerca ancora

inesplorato empiricamente e sul quale esiste una scarsa concettualizzazione teorica.

Inoltre, dal punto di vista dell’interpretazione della realtà organizzativa, abbiamo

sottolineato come i concetti di identificazione e di identità organizzativa presentano un

rischio di ricorsività, in quanto spesso viene proposta una visione di identificazione dei

partecipanti all’organizzazione con un’identità che essi stessi contribuiscono a creare.

A questo proposito, abbiamo rimarcato la necessità di un’interpretazione di

organizzazione come qualcosa di emergente dalle relazioni degli attori che ne fanno

parte.

Con queste finalità abbiamo studiato 12 diversi tipi di relazione tra i componenti il top

management team di un gruppo industriale, analizzando l’influenza della centralità di

ognuno sul grado di identificazione con limpresa in cui opera e con il gruppo nel suo

insieme. Le analisi sono state effettuate, compiendo anche un controllo su alcune

variabili attirbutive come l’anzianità nell’impresa e nel gruppo e come l’esperienza

precedente in altre imprese del settore e del gruppo.

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I risultati mostrano l’esistenza di una base relazionale dell’intensità dell’identificazione

con il gruppo, mentre le variabili considerate non mostrano alcun impatto

sull’identificazione con l’impresa di appartenenza. In particolare il confronto tra due

modelli uguali dal punto di vista dei predittori, regrediti però sull’identificazione con

l’impresa e con il gruppo, mostra la non significatività del primo e un’apprezzabile

livello di varianza spiegata (R2 = .30*) nel socondo caso.

Infine la stima di un nuovo modello che rappresenta un evoluzione del precedente

significativo, al quale sono state aggiunte nuove variabili relative al grado di centralità

degli individui in altre relazioni porta la varianza spiegata a valori ancora superiori (R2

= .41*).

Questi semplici risultati, al di là della necessità di una più approfondita comprensione

del contenuto delle relazioni studiate e di una interpretazione più completa del

significato e della forza predittiva dei costrutti considerati, offrono un conforto empirico

ad alcune delle ipotesi formulate.

In particolare è stata verificata l’esistenza di un collegamento tra centralità nel network

sociale definito da alcune relazioni esistenti nel top management team oggetto di studio

e il grado di identificazione sociale nell’organizzazione.

Inoltre, poiché i modelli mostrano che solo con riferimento al gruppo come target di

identificazione le relazioni predittive degli antecedenti sono significative, è possibile

sotenere che anche la seconda questione, quella riguardante la natura

dell’organizzazione come target per l’identificazione degli individui, merita un

approfondimento.

Se – parafrasando le parole di Jon Elster– si può affermare che non esitono

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“organizzazioni” ma solo relazioni fra individui, allora dovrebbe risulare chiaro il valore

del nostro tentativo di rivelare le basi relazionali della identità organizzativa. In questo

lavoro l’occasione empirica per approfondire questo importante tema teorico ci è stata

fornita da dati che noi stessi abbiamo raccolto sulle relazioni multiple che intercorrono

tra i membri del top management team di un grande gruppo internazionale. Allo stato

attuale del nostro studio i risultati preliminari che abbiamo riportato sostengono l’utilità

di approfondire le ipotesi riguardanti la base relazionale dell’identificazione e la

necessità di comprendere il processo organizzativo che porta l’individuo a identificarsi,

al di là delle sue rappresentazioni individuali di attrattività di alcuni attributi.

Nella sua forma presente, il nostro lavoro soffre di una serie di limiti che ne riducono

l’estensione empirica. Il primo è ovviamente collegato alla dimensione ridotta del

campione che suggerisce prudenza nell’avanzare pretese di generalità. Il secondo limite

è inerente alle procedure statistiche adottate le quali – mentre sono giustificabili

nell’ambito di uno studio esplorativo – sono del tutto inadeguate a falsificare ipotesi

specifiche di derivazione teorica. Il terzo limite è meno dipendente dai dati e dai metodi

ed è collegato all’uso di indici relazionali come variabili attributive specifiche alle unità

di osservazione.

Come abbiamo accennato, crediamo sia giusto riconoscere le implicazioni di questi vari

limiti per l’estenzione empirica dei risultati che abbiamo riportato. Malgrado ciò

crediamo anche che sia legittimo considerare il nostro lavoro come un tentativo utile per

continuare ad approfondire la relazione complessa tra identità organizzativa e struttura

delle reti sociali.

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