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IDEERICOSTRUTTIVEPER LA SCUOLA

materiali e documentiprodotti dal lavoro collettivo delForum Politiche Istruzione PD

2010-2012

IDEE

RICOSTRUTTIVE

PERLA

SCUOLA

ringraziamo, per il prezioso contributo,chi ci ha aiutato nello svolgimento dei Forum:

Antonella BerrettiniAntonella Carpentieri

Michela De LuciaTiziana di LorenzoGiovanna Deledda

Tatiana GiacintiLaura MarcucciGreta Micheli

Raffaella PolselliAntonella TeppatiMelinda Trovato

Progetto grafico e impaginazionedemografici

IDEE RICOSTRUTTIVEPER LA SCUOLA

materiali e documenti prodottidal lavoro collettivo del Forum

nazionale politiche dell'Istruzione PD

a cura di:Giovanni Bachelet, Giancarlo Sacchi, Susanna Loi, Chiara Preti

Paola Meloni, Lorenzo Pavoncello

www.politicheistruzione.forumpd.it

1. INTRODUZIONEGiovanni Bachelet Presidente ForumGiancarlo Sacchi Direttore Forum 7

2. VALUTAZIONE E RILANCIO DELLA SCUOLA ITALIANA 17

3. SCUOLA ALLA RISCOSSA 29

3.1 Rilanciare la scuola pubblica, per tutti e per ciascuno 29

3.2 Una scuola autonoma nel sistema delle autonomie 33

3.3 Una scuola per i cittadini di domani 37

3.4 Scuola, formazione, lavoro: raccordi e percorsi 41

4. GUARDIAMO AL FUTURO, VARESE 2010

4.1 Dieci proposte per la scuola di domani 49

4.2 Verbale sintetico della Commissione scuola 69

5. RILANCIO, GOVERNO E RAPPRESENTANZADELLE AUTONOMIE SCOLASTICHE 77

6. I LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI (LEP)NEI SERVIZI EDUCATIVI, SCOLASTICI E FORMATIVI 91

7. INSEGNANTE OGGI, INSEGNANTE DOMANI 101

8. DIRIGENTI SCOLASTICI: STATUS, RUOLO, VALUTAZIONE, FORMAZIONE, RECLUTAMENTO 117

9. CICLI SCOLASTICI: LO SNODO DELLE MEDIE 121

10. MUSICA E SCUOLA 131

APPENDICE A: Grafici ad albero 137

APPENDICE B: Partecipanti 2010-2012 161

INDICE

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Distratti da ghiotte contese su registrazioni e turni divoto, i media non hanno sottolineato che l’AssembleaNazionale del PD, riunita il 6 ottobre per decidere le re-gole con cui ammettere alle primarie di coalizione piú diun candidato PD, aveva anche deliberato, a larghis-sima maggioranza, che “Ciascun candidato iscritto alPD, con una dichiarazione allegata alle firme, riconoscei fondamentali contenuti politici e programmatici deli-berati dall’Assemblea Nazionale.”Questa delibera acquista particolare attualità dopo lostraordinario successo di partecipazione alle elezioniprimarie, mentre si lavora al programma della coali-zione di centrosinistra per le elezioni vere. Essa implica,ad esempio, che per il PD le “10 proposte per la scuoladi domani”, approvate quasi all’unanimità dall’Assem-blea Nazionale a Varese il 9 ottobre 2010 e riprodotteanche in questo libretto, rimangano la base certa dellatrattativa con il resto della coalizione. In altre parole, le“riforme inconcludenti e contraddittorie” cui si riferiscela carta degli intenti delle primarie non sono certo iden-tificabili con quelle avviate da Berlinguer nel primo go-verno Prodi, il cui completamento e rifinanziamentorappresentano anzi, per il PD, il quadro strategico del-l’azione riformatrice del prossimo governo progressista.

1. INTRODUZIONE

Giovanni BacheletPresidente Forum nazionale politiche Istruzione PdGiancarlo SacchiDirettore Forum nazionale politiche Istruzione Pd

Solo in questo quadro si potrà rilanciare la scuola e re-stituirle risorse, efficacia e centralità nella società, ridu-cendo lo spread con il resto d’Europa in termini di suc-cesso formativo, valutazione, formazione in servizio didocenti e dirigenti, qualità e sicurezza degli edifici sco-lastici, trattamento economico di chi ci lavora.Obbiettivamente inconcludente e contraddittorio è statoinvece, dal 2001 ad oggi, il boicottaggio e il definan-ziamento delle nostre riforme da parte dei governi di de-stra, in grado di sterilizzarle e sfigurarle anche agli oc-chi di molti che in origine le avevano condivise eguardate con speranza. In una scuola sistematicamentedenigrata e saccheggiata non sorprendono il disorien-tamento e la tentazione di ritorno all’ancien régime. An-zitutto, lo ricordava il fisico Andrej Sakharov, “un carronon può stare a lungo fermo in salita perché alla fine re-trocede”. Inoltre, benché sia caduto Berlusconi, in que-sto Parlamento e nella grande stampa gode ancora ot-tima salute la “santa alleanza”, il coro di coloro che nonhanno mai digerito le riforme, scolastiche e non, della si-nistra al governo. Essa annovera pensosi opinionisti, in-dividui e gruppi francamente reazionari, attempati exgiovani che si divertono piú a denunciare dall’opposi-zione il massacro della scuola che a rilanciarla gover-nando, e infine silenziosi conservatori che dal proprio uf-ficio ministeriale, confindustriale o sindacale nonintendono far migrare nemmeno un grammo del propriopotere centrale verso le autonomie scolastiche e terri-toriali. Di recente in questa santa alleanza è parso chesi arruolasse perfino il governo Monti: sul titolo V, an-ziché dargli finalmente applicazione varando per la

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Idee ricostruttive per la scuola

Introduzione

scuola un‘intesa Stato-Regioni ferma da anni, ha pre-sentato in autunno una nuova riforma costituzionale cheper ragioni di tempo non andrà mai in porto, ma intantogetta anch’essa cattiva luce sulle riforme del primo cen-trosinistra.Nelle drammatiche contingenze di questi anni, come ri-prendere il filo di queste riforme? Gli ultimi cinque annisono stati particolarmente drammatici: prima una falli-mentare politica del personale combinata a forti ridu-zioni dell’offerta formativa ammantate del nome di ri-forma, nei tre anni del governo Berlusconi, haschiacciato la scuola sull’emergenza dei precari; poi pernoi il tragico destino di parare in extremis un paio dicolpi bassi inferti alla scuola da quel governo tecnico cheper il bene del Paese noi stessi avevamo favorito. Come ricostruire una visione dotata di ampiezza e pro-fondità di campo, un pensiero lungo in grado di ispirareun percorso sostenibile di rilancio della scuola italianaverso la piena realizzazione degli obbiettivi di ugua-glianza e sviluppo della persona umana e della cittadi-nanza dettati dalla Costituzione e iscritti nel nostro so-gno di un’Europa unita, equa e solidale?Come superare la schizofrenia (o l'ipocrisia) ed evitare chepolitiche scolastiche di successo adottate in Emilia Ro-magna e in Puglia dai principali leader della nostra coali-zione – che al governo delle rispettive regioni hannopuntato sull'autonomia scolastica e sulle sue sinergie congli enti locali, attraverso un governo democratico dellasussidiarietà – restino invece un tabú a livello nazionale?Il Forum Nazionale Politiche dell’Istruzione del PD hacercato di rispondere a queste domande, affrontando un

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Idee ricostruttive per la scuola

certo numero di snodi cruciali. Evitando kermesse elet-torali e passerelle politico-mediatiche che anche a sini-stra trasformano a volte il partecipante in spettatore, ab-biamo adottato un metodo democratico bottom-uppensato per cittadini adulti. Sulla base di input schema-tici (i grafici a albero raccolti alla fine di questo libretto,spediti in anticipo ai partecipanti, vedi appendice), al Fo-rum si alternavano gruppi di lavoro e riunioni plenarieche attraverso un’ampia discussione identificavano ipunti condivisi e quelli controversi, stilando alla finedocumenti di sintesi dei lavori che nel tempo sono statipubblicati sul sito www.politicheistruzione.forumpd.it e hanno fornito punti di riferimento agli organi direttivie deliberativi del partito in vista della progressiva co-struzione di una piattaforma programmatica comune. Con questo metodo fra il 2010 e il 2012 oltre quattro-cento fra esperti, leader di associazioni professionali emovimenti variamente collegati al mondo della scuola,sindacalisti, amministratori, dirigenti PD ed esponenti dialtri partiti di sinistra e di centro (e anche, volutamente,un po’ di insegnanti dirigenti collaboratori e studenti noninquadrati in nessuna organizzazione) sono stati piúvolte coinvolti dal nostro Forum, in un comune sforzo diapprofondimento e progettualità.Questo sforzo si è articolato in quattro seminari specia-listici cui ha partecipato in media una ventina di persone(sulla valutazione del sistema scolastico, i livelli es-senziali delle prestazioni nell’istruzione, il ruolo del di-rigente scolastico e il rapporto fra musica e scuola), equattro sessioni plenarie della durata di due giorni, a cia-scuna delle quali hanno partecipato, organizzati in

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Introduzione

gruppi di lavoro e sessioni plenarie, circa 200 persone.Nelle pagine che seguono pubblichiamo, senza pretesadi completezza ma con l’orgoglio di un contributo ori-ginale nel metodo e nel merito al programma del PD ealla scuola italiana di domani, i documenti di sintesi deinostri incontri, già apparsi un po’ alla volta sul sitowww.politicheistruzione.forumpd.itLa prima di queste sessioni (25-26 settembre 2010)ha collocato il tema di una coerente e credibile valuta-zione dell’intero sistema scolastico (affrontato in unseminario specialistico il 15 luglio 2010) nel piú ampioquadro di una possibile riscossa della scuola basata su ri-sorse, strutture, valutazione di rango europeo; di inter-venti organici di contrasto alla dispersione ed educa-zione all’interculturalità per i cittadini di domani, dallaprimissima infanzia al cruciale passaggio delle medie edel primo biennio superiore; della piena attuazione del-l’autonomia scolastica e del Titolo V della Costituzionenel quadro di un rilancio dal basso del rapporto di col-laborazione e corresponsabilità fra scuole, famiglie, ter-ritorio e enti locali. Il primo anno di lavoro del Forum, insieme ad altre im-portanti iniziative della segreteria (ad esempio sull’edi-lizia scolastica e sulla fascia 0-6, la scuola da zero a seianni) ha consentito al PD di formulare le 10 proposteper la scuola di domani poi approvate dall’assembleanazionale di Varese (ottobre 2010). Su questa base ilPD ha affrontato con critiche puntuali e costruttive (ol-tre alle doverose proteste) sia l’impianto generale dellecosiddette riforme Gelmini, sia iniziative estemporaneedi sapore propagandistico messe in campo dalla Gelmini

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in relazione a problemi reali: ad esempio la circolare del30% del 2010 legata all’alta concentrazione di studentistranieri in una singola classe, oppure la raffica di “co-nati” valutativi del 2011, il cui problema non era l’Invalsima semmai il sistematico definanziamento dell’Invalsi, lasua non terzietà rispetto al Ministero, l’assenza di unprogetto credibile e adeguatamente finanziato di valu-tazione e sostegno al sistema scolastico nel suo com-plesso. Sulla terzietà e su finanziamenti adeguati all’In-valsi dispiace dover osservare che anche il regolamentopartorito dal nuovo governo, per altri versi positivo,non rappresenta progressi.Al tema del governo e rappresentanza delle autono-mie scolastiche è stata poi esclusivamente dedicata laseconda sessione plenaria (15-16 gennaio 2011).Lungo questo percorso il Forum ha avuto il merito dimettere in luce una mancanza grave quanto i tagli e lapolitica del personale, e, insieme ad essa, di indicare unapossibile via d’uscita dall’impasse creata con lo stran-golamento economico e organizzativo dal duo Tre-monti-Gelmini; strangolamento economico e organiz-zativo che, malgrado gli sforzi del PD, finora non haricavato quasi alcun sollievo dall’avvento del governotecnico. La mancanza grave è che nemmeno in questi 5 anni c’èstato alcun progresso verso il completamento dell’au-tonomia scolastica, né verso l’attuazione del nuovo Ti-tolo V della Costituzione. Sul Titolo V abbiamo già dettoche anche il governo Monti non si è mosso, anzi si èmosso male; sull’autonomia scolastica aveva varato agennaio (con il nome di “organico dell’autonomia“)

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Introduzione

l’organico funzionale, una delle 10 proposte del PDscuola citate all’inizio; però, non accompagnata dallepolitiche di personale che il PD reclamava, è rimasta pur-troppo una grida manzoniana. Adesso anche la legge diiniziativa parlamentare sull’autogoverno della scuola siè insabbiata al Senato, a causa di un colpo di mano PDL.Per il rilancio della scuola sembra quindi che dovremoproprio aspettare un nuovo Parlamento e un nuovoGoverno. La via d’uscita dall’impasse, in tempi di graviristrettezze economiche e difficoltà a quadrare i contidello Stato, rimane però sempre quella: un’accelera-zione nel percorso di attuazione dell’autonomia scola-stica e del Titolo V, con restituzione alla scuola delle ri-sorse imprudentemente sottratte; restituendole, magari,non al centro, bensí agli enti locali e alle scuole auto-nome. In questo spirito il ripristino del modulo alle ele-mentari o del piano nazionale informatica alle superioripotrebbe avvenire potenziando, rifinanziando e ade-guatamente responsabilizzando sia l’autonomia scola-stica sia gli enti locali, anziché emettendo un nuovoeditto ministeriale che, dopo anni di gestazione, stabi-lisca di nuovo con infinito dettaglio orari, programmi,curricula uguali per tutti, in barba a un’Europa che daanni ci parla di obbiettivi formativi e competenze diuscita. Questa ipotesi ha spinto il Forum fra marzo e luglio2011 ad una riflessione specialistica sui LEP (livelli es-senziali delle prestazioni), cardine del cosiddetto fede-ralismo fiscale nel delicato passaggio dal regime attualea quello, previsto per il futuro, in cui l’imposizione fiscalee la gestione dell’offerta formativa diventeranno inte-

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ramente regionali. Si tratta di un passaggio molto piúdelicato per la scuola che per la sanità: sia perché per lascuola diverse amministrazioni concorrono già oggi in-sieme allo Stato all’offerta formativa sul territorio (oc-corre stare attenti a non punire, nel nuovo regime, pro-prio i territori virtuosi), sia perché la definizione deilivelli essenziali in termini di servizi, diritti e risultati di ap-prendimento è piú difficile del conteggio di cerotti, saleoperatorie o infarti.Le ultime sessioni plenarie del Forum, dedicate nell’au-tunno 2011 (15-16 ottobre) agli insegnanti e nellaprimavera 2012 (17-18 marzo) ai cicli scolastici e allosnodo delle medie, hanno aggiunto altri due tasselli im-portanti. Tutti sono avvertiti della delicatezza di ogni in-novazione che possa avere ricadute sul contratto na-zionale degli insegnanti, eppure non sono pochi i punticondivisi emersi nel nostro Forum sullo stato giuridico,la formazione iniziale e in servizio, le tutele, la progres-sione di carriera e di stipendio, l’importanza dell’orga-nico funzionale e dell’orario funzionale. Anche sui cicliscolastici esistono, lo si legge nei corrispondenti docu-menti di sintesi pubblicati in questo libretto, ampie areedi dissenso su come realizzare la conclusione degli studia 18 anni; l’idea però di finire a 18 anni, colmando an-che qui lo spread con l’Europa, è risultata largamentecondivisa.Senza, come dicevamo, pretesa di completezza, il lavorobottom-up del Forum presentato nelle prossime pagineha messo in evidenza un numero di punti condivisi suf-ficiente a ispirare e orientare i primi passi di chi fra pocodovrà scrivere e poi attuare un programma di governo

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Introduzione

in grado di rilanciare la scuola; ha pure registrato puntiancora controversi, bisognosi di ulteriore approfondi-mento e condivisione. Ha infine confermato quantonotato anche nelle assemblee scolastiche, in altri incon-tri del PD scuola e alle feste democratiche estive: in chia vario titolo vive nella scuola c’è notevole e diffusacompetenza, forte desiderio di partecipazione, ma an-che (dopo catastrofiche esperienze della destra al go-verno e qualche recente, tremendo scivolone anche deicosiddetti tecnici) fortissima diffidenza verso qualsiasigoverno che voglia mettere mano alla scuola senzaprima restituirle risorse e centralità, e senza prima ascol-tarla e coinvolgerla attivamente nei processi di rilancioe rinnovamento.Una volta al governo, dunque, sarà bene che consulta-zioni ministeriali come quella da poco svolta sulle nuoveindicazioni nazionali per il primo ciclo, cui un enorme nu-mero di scuole ha risposto fornendo le proprie osserva-zioni, rappresentino la regola e non l’eccezione: che unapproccio bottom-up capace di prendere sul serio i cit-tadini e trattarli da adulti, insieme ad appropriate deci-sioni di bilancio che ci riportino in Europa anche sul ver-sante della spesa scolastica, ricostruiscano un rapportodi stima e fiducia reciproca fra famiglie, scuola e buonapolitica, senza il quale il paese è condannato al declino.

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2. VALUTAZIONE E RILANCIO DELLA SCUOLA ITALIANADocumento di sintesi del seminario del 15 luglio 2010

Parte integrante del documento “Guardiamo al futuro.Dieci proposte per la scuola di domani” approvato dall’assemblea nazionale di Varese, 8-9 ottobre 2010

Negli ultimi decenni si è accumulata, in Italia anche permerito dei governi di centrosinistra, una crescente mole diesperienze e ricerche sul ruolo della valutazione nell’am-bito delle politiche dell’istruzione. Malgrado ciò il nostroPaese è ancora privo di strumenti sistematici che consen-tano a scuole ed insegnanti di orientare e qualificare lapropria attività, a chi governa di investire su basi più sicure,monitorando e favorendo i progressi delle singole scuole,e alla scuola stessa di presentarsi in modo trasparente, as-sicurando un costante miglioramento delle comunità edu-cative. Per alcuni aspetti ad essa correlati sono stateespresse, nel corso delle XVI legislatura, proposte di leggedel Pd su formazione iniziale dei docenti, reclutamento egovernance. Riteniamo che il sistema di valutazione, l’incentivazione ela formazione continua in contesto siano strettamente le-gati e non debbano perseguire finalità di tipo competitivo,né tanto meno punitivo. Essi sono idealmente ispirati adun’altra filosofia di fondo: non sono gli altri che mi im-pongono una valutazione, ma sono anzitutto io scuola, iodirigente, io docente, anche io discente, a chiedere una va-lutazione che riconosca il mio lavoro. In tale contesto nonintendiamo però eludere la responsabilità di una propostadi valutazione e incentivazione anche in merito a ciò che

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è andato sotto il nome di ‘carriera’ e allude al riconosci-mento della qualità professionale e all’ampliamento dellecompetenze che il singolo docente o dirigente maturanoper rendere migliore la scuola. Mettendo in primo piano e valorizzando le diffuse pro-fessionalità ed esperienze positive si può rilanciare il si-stema scolastico, migliorarne la performance e smontarecosí nel modo piú efficace il mito negativo di una scuolapesante, obsoleta rispetto ad una società in rapido muta-mento, costosa ed improduttiva per il Paese. La valutazione, in un’ottica di sistema, tiene conto del con-testo e fa toccare con mano a ciascun soggetto del pro-cesso educativo (sistema, singola scuola, studenti, dirigentie docenti) il livello a cui si trova, lo responsabilizza, gli for-nisce gli strumenti per raggiungere il massimo del propriopotenziale a partire da quel livello. Fondamentale è la funzione di team multiprofessionali disupporto alle scuole, sia per indirizzare alla formazionecontinua, sia per interventi specifici di rafforzamento ri-spetto a punti deboli eventualmente emersi nel quadro diun intervento globale di valutazione-miglioramento-incentivazione. Detti team, oltre a raccogliere compe-tenze specialistiche presenti negli organismi nazionali pre-posti alla valutazione, dovrebbero far leva su laboratoriterritoriali messi in campo dalle reti di scuole e da strutturepubbliche, private e associative, che sostengano le scuolee i sistemi educativi e formativi territoriali sul fronte dellaricerca, della documentazione, della formazione deglioperatori. Una scuola affaticata, con standard bassi; undocente demotivato; un dirigente inadeguato; un alunnodropout avranno priorità negli interventi, potranno di-

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sporre delle necessarie competenze, saranno al centro dicambiamenti organizzativi e scelte finalizzate a ottimizzarele diverse professionalità. Per semplicità di esposizione accenniamo separatamentealla valutazione relativa di ciascuno dei quattro soggettiappena elencati, ricordando che si tratta però di processiinterdipendenti, con particolare riferimento alla trasver-salità del dato sugli esiti scolastici.

I) Valutare il sistema scolasticoLa principale valutazione da mettere in campo è rivolta alsistema scolastico italiano nel suo complesso a partire dalgoverno nazionale (ruolo del Ministero in primis), dai ri-sultati generali ottenuti e dall’uso generale delle risorse: secioè sono adeguate ed equamente distribuite. Sotto lalente della valutazione vanno quindi anche le agenzienazionali come Invalsi e Ansas. Occorrono indicatori certi, definiti a livello nazionale in re-lazione agli obbiettivi formativi e ai LEP (livelli essenziali delleprestazioni) prima di avviare il processo di valutazione, conil concorso dei territori. La valutazione infatti non è un ar-gomento neutro e non può fare a meno del consenso in-formato di un Paese che ne comprenda e ne condivida il si-gnificato: occorrono chiarezza e condivisione delle modalitàdi valutazione. Un bilancio periodico potrebbe essere affi-dato ad una conferenza per il Parlamento con diversi sog-getti: politici, scienziati, professionisti, agenzie internazionali,famiglie, sindacati, imprenditori.

II) Valutare le singole autonomie scolasticheIl secondo grande filone della valutazione è quello delle

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singole autonomie scolastiche e delle loro reti di servizio:valutarle significa riconoscere la loro importanza istituzio-nale. In linea di principio il nostro sistema è fondato sulle scuoleautonome; in pratica la loro autonomia è limitata. Soloportando a compimento il processo di autonomia e il de-centramento delle competenze amministrative e di pro-grammazione diventa legittima la valutazione ai diversi li-velli. Per questa valutazione, cui (nell’arco di un triennio o unquinquennio) dovrebbe aver diritto ogni scuola, va previ-sto e opportunamente formato un corpo di ispettori dellaRepubblica* che, coadiuvati da un team, svolgono, con-testualmente alla valutazione, un ruolo di consulenza, as-sistenza e supporto. Le scuole che rispetto a ben precisi in-dicatori/standard (ad esempio quelli relativi agli esitiscolastici) risultassero al di sotto di una certa soglia, sa-rebbero automaticamente e prioritariamente visitate edaccompagnate al miglioramento, cioè inserite in un pianodi interventi finanziari, organizzativi e professionali atti ariportarle al più presto nel circolo virtuoso. Rientrerebbe in questo filone anche l’autovalutazionedelle singole scuole e la documentazione e diffusionedelle buone pratiche. L’esperienza degli altri paesi dell’UEevidenzia infatti l’opportunità di intrecciare la valutazioneesterna con l’autovalutazione/autoregolazione.

III) Valutare gli esiti scolasticiLa terza valutazione è quella degli esiti scolastici a supportodella dirigenza e della crescita professionale dei docenti edi tutta la comunità.

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Di questo tipo di valutazione si occupa oggi l’Invalsi*, cheper essere autorevole dovrebbe diventare un istituto au-tonomo dal Ministero e dotato di risorse certe ed ade-guato personale per i propri compiti istituzionali; in talescenario, oltre che all’apprendimento, essi potrebberoestendersi a quelli di una specie di “ISTAT della scuola” conil compito, ad esempio, di raccogliere dati demografici eprodurre attendibili previsioni del fabbisogno degli annisuccessivi, oggi svolto da società private. Se in Italia la valutazione di insegnanti e dirigenti è allo sta-dio di discussioni preliminari e sperimentazioni, gli studenti,soprattutto negli ultimi anni, sono perseguitati dalle valu-tazioni. Da un lato sono stati contrabbandati come provedi una ritrovata serietà della scuola il ritorno dal giudizioespresso in parole al voto in numeri, la stretta sul voto dicondotta e perfino l’aumento delle bocciature; dall’altrosono state reiterate e generalizzate prove INVALSI ancoraprive di ben definite relazioni con gli obbiettivi e i processieducativi. La valutazione dovrebbe invece avere carattere sistemicoe coinvolgere in ugual misura i quattro aspetti qui indicati,in modo che i risultati dell’uno influiscano su tutti gli altri.È importante prevedere e gestire le conseguenze, volutee non, che le pratiche valutative generano, per evitare che,anziché migliorare la scuola, alimentino l’abbandono sco-lastico e mettano a rischio la coesione sociale. Un conto èche la valutazione degli apprendimenti abbia scopo co-noscitivo, finalizzato a individuare gli interventi (compen-sativi, premiali, correttivi) utili a migliorare la didattica, emagari a responsabilizzare contestualmente docenti e di-rigenti attraverso l‘etica del rendiconto; un altro che in-

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fluisca per il 15% sul voto d’esame del singolo studente.In ogni caso modalità e finalità della valutazione vannochiarite all’inizio e non dovrebbero essere cambiate incorsa, il che vale anche per gli altri livelli di valutazione, chedovranno anche coinvolgere allievi e famiglie, parte inte-grante della comunità scolastica, soggetti corresponsabilidel progetto educativo. Su questo livello potrebbero inserirsi i crediti lavorativi el’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

IV) Valutare il personale docentee dirigente della scuolaLa quarta valutazione è legata ad un sistema di incenti-vazione e promozione della crescita professionale del per-sonale docente e dirigente della scuola. Alcuni elementi possono capovolgere l’approccio tradi-zionale: a) richiesta volontaria della valutazione nel mo-mento in cui il professionista ritiene utile vedere ricono-sciuta la propria crescita professionale; b) valutazionedella maturazione professionale relativa ad una particolarespecializzazione (educativa, didattica, docimologica, or-ganizzativa, formativa dei nuovi docenti, ecc...) e calata nelcontesto (area geografica svantaggiata, quartiere ad altaimmigrazione, scuola con standard bassi… o, viceversa,alti standard e cultura elevata); c) valorizzazione della di-dattica ordinaria di qualità e di ulteriori iniziative didatti-che svolte nella scuola; d) riconoscimento sociale, profes-sionale ed economico come esito di una valutazionepositiva e/o di accresciute responsabilità attribuite al do-cente o al dirigente (stabile: agendo ad esempio sugli scattidi anzianità, da anticipare a chi è più meritevole; per fun-

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zione svolta, ad esempio nel caso di responsabilità tem-poranee); e) valutazione come condizione per nuovi sboc-chi professionali, quali dirigente scolastico, ispettore tec-nico, tutor dei nuovi docenti, ecc... In tale contesto èutile sottolineare che ampio peso va dato all’effettiva ca-pacità didattica con gli alunni (portfolio del docente), evi-tando che titoli accademici, master o frequenza a corsiesterni possano capovolgere un giudizio negativo sulcampo. La valutazione dei docenti deve essere inoltrefatta in un’ottica di sistema, incentivando il miglioramentocomplessivo delle scuole, ad esempio l’efficace integra-zione e collaborazione del gruppo di docenti che si occupadi uno stesso gruppo di ragazzi. Si è detto da più parti chei docenti sono sempre più disponibili ad essere valutati(vedi ad esempio ricerca ANP-Nomisma 2008); tutti però,per non sentirsi vittime, pretendono chiarezza sulle fina-lità della propria valutazione, stabilità nel processo valu-tativo sull’arco di una carriera, trasparenza nell’uso deglistrumenti. La valutazione dovrebbe produrre standarddidattici apprezzabili e livelli stipendiali più elevati ed evi-tare errori evidenziati in esperienze straniere. La valorizzazione della professione non può prescinderedalla formazione continua, prevista per legge o inserita inun codice deontologico, ma in ogni caso adeguatamentefinanziata.

VALUTAZIONE E RICERCA Al lavoro di rilevazione degli apprendimenti e di altre va-riabili che presumibilmente li determinano va affiancato unlavoro di riflessione e di ricerca atto ad affinarne e per-ferzionarne gli strumenti. Essa va ricompresa in un’azione

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di conoscenza di fattori e meccanismi che determinano ilsuccesso dell’azione educativa, dando priorità a fondi perricerche che aprano la frontiera dell’innovazione didat-tica, docimologica, educativa e valutativa e che prepa-rino una nuova leva, ampia e qualificata, di esperti. Rien-tra in questo filone la valutazione della spendibilità deititoli di studio, la certificazione delle competenze e ilriconoscimento dei crediti, in ambito internazionale, neirapporti tra formazione e lavoro e per l’apprendimentolungo l’arco della vita, anche a livello non formale e in-formale. Questi studi dovrebbero far capo ad un’istitu-zione scientifica autonoma* dall’Invalsi e coinvolgere Uni-versità e centri di ricerca nazionali e internazionali.

LA VALUTAZIONE RICHIEDE RISORSEEscludendo gli stipendi, le risorse attuali in capo agli ispet-tori, all’Invalsi e all’Ansas sono aleatorie e in gran parte le-gate a progetti e finanziamenti non statali o una tantum.Occorre rendere certe nel tempo le risorse a disposizionedel futuro Istituto (o dei futuri Istituti*) per consentireun’adeguata programmazione di ispezioni indagini ricer-che e interventi di sostegno alle autonomie scolastiche ela possibilità di anticipo degli scatti stipendiali. Il 30% de-gli 8 miliardi decurtati con la 133/08 che il Governo avevapromesso di restituire alle scuole poteva rappresentare unabuona base, ma se davvero fino al 2013 verrà per ragionidi emergenza destinato ad altri scopi (recupero scatti di an-zianità e ripianamento debiti delle scuole), occorrerà re-perire risorse di analoga entità o attendere il 2013, comesegnalato da un ordine del giorno del PD sulla manovrafinanziaria dell’estate 2010.

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Valutazione e rilancio

*Sono segnati con asterisco il corpo degli ispettori dellaRepubblica, l’Invalsi e l’istituzione scientifica autonoma(che potrebbe anche limitarsi al ruolo di coordinamentoe funding agency) che dovrebbe promuovere ricerchedidattiche, docimologiche, educative, valutative e ancheamministrative, in collaborazione con università ed entidi ricerca. Si tratta di tre corpi che dovrebbero essereautonomi dalle funzioni di programmazione e gestionedella scuola, nel senso di un’indipendenza funzionale eburocratica che garantisca la massima indipendenza. Aquesto allude il termine “ispettori della Repubblica”usato al posto di “ispettori ministeriali”. Questi tre corpiassorbirebbero, rimescolandole, le funzioni oggi in capoagli ispettori ministeriali, all’Invalsi e all’Ansas. Fintanto-ché programmazione e gestione delle risorse dellescuole sono in capo al MIUR, cioè prima della piena at-tuazione del titolo V della Costituzione, essi potrebberoessere tre dipartimenti di un Istituto posto, come l’ISTAT,sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio; oppureesistere come tre diversi soggetti istituzionali, tutti indi-pendenti dal MIUR e vigilati dalla Presidenza del Consi-glio. Nel momento in cui la quasi totalità delle compe-tenze scolastiche sarà invece trasferita alle Regioni, ilMIUR come l’abbiamo conosciuto non esisterà piú equesto Istituto (o questi Istituti) rappresenterà la fun-zione principale rimasta in capo allo Stato centrale: va-lutare il sistema scolastico a tutti i livelli, vigilare sullaqualità e sui livelli essenziali di prestazione e fornire alleautonomie scolastiche strumenti e risorse per il migliora-mento.

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3. SCUOLA ALLA RISCOSSAPrima sessione del Forum nazionale politiche Istruzione PdRoma, 25-26 settembre 2010

3.1 Rilanciare la scuola pubblica, per tutti e per ciascunoDocumento di sintesi del gruppo A

La scuola di domani deve avere carattere unitario in tuttoil Paese, fondarsi sull’equità e sulla coesione sociale, es-sere di qualità per far fronte alle sfide di un mondo checambia, promuovere il merito e il successo formativo. Ciòequivale a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pienosviluppo della persona umana, a portare ciascuno al mas-simo del proprio potenziale senza che nessuno si perda osi senta escluso, nemmeno i ragazzi più deboli, italiani oimmigrati che siano.La scuola di domani deve promuovere le persone e leloro conoscenze e competenze lungo tutto l’arco dellavita, perché possano acquisire e mantenere i diritti di cit-tadinanza. Deve dare priorità all’apprendimento, te-nendo conto del divenire dei ragazzi nelle diverse età econtesti sociali in cui vivono. Deve formare cittadini ca-paci di informarsi e aggiornarsi per tutta la vita, per par-tecipare attivamente e consapevolmente alla vitaeconomica e civile.La scuola di domani deve ricuperare l’immenso patrimo-nio spazzato via dal centrodestra, dal modulo e il tempopieno della scuola primaria alle sperimentazioni di suc-cesso della secondaria superiore. Deve ristabilire senzaequivoci l’obbligo d’istruzione a 16 anni, rivedendo (ra-dicalmente, se necessario) in modo unitario l’insieme co-

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stituito dalle attuali medie e il primo biennio delle supe-riori, dove, nel passaggio cruciale dalla preadolescenzaall’adolescenza, si concentrano dispersione scolastica emancato orientamento tanto al lavoro quanto allo stu-dio successivo.La scuola di domani deve prevedere organicamente, apartire dall’asilo nido, un’offerta formativa prescolare diqualità, volàno per il benessere attuale e futuro dei bam-bini, aiuto fondamentale nell’impegno educativo enella conciliazione dei tempi di vita e lavoro dei genitori,sostegno allo sviluppo come fonte di occupazione direttae indiretta, strumento fondamentale di coesione sociale,lotta contro l’esclusione, integrazione linguistica per chi(italiano o immigrato) a casa non parla bene italiano.La scuola di domani non potrà essere di qualità europeasenza risorse, strutture, strumenti di valutazione di rangoeuropeo. Dal fondo della classifica OCSE, sia per le ri-sorse che per la sicurezza degli edifici scolastici, la scuoladi domani dovrà risalire almeno verso la media dei paesieuropei. E dovrà acquistare maggiore autonomia e mag-giore responsabilità, per rispondere a testa alta del pro-prio insostituibile operato.Occorre un rinnovato patto con le famiglie e la società in-tera per condividere le strategie formative e, piú in ge-nerale, ritrovare la certezza che, a partire dal territorio, losviluppo delle comunità e la possibilità per ogni nuovagenerazione di orientarsi nel mondo sono inseparabilidall’investimento in scuola e formazione.La definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP)deve garantire pari opportunità a tutti i cittadini, supe-rando con adeguate risorse perequative le disparità ter-

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ritoriali. Dagli interventi per l’infanzia come servizio indi-spensabile alla crescita dei/lle bambini/e, alla riforma deicicli scolastici per una più efficace relazione con gli altriPaesi europei, fino alla riorganizzazione della formazionepermanente e ricorrente, i LEP costituiscono l’ossaturadelle norme generali sull’istruzione previste oggi dallaCostituzione.La scuola è un’istituzione della Repubblica il cui fine èl’istruzione e la trasmissione dei principi costituzionali chefondano la convivenza civile. Essa realizza questa mis-sione attraverso una comunità educante capace di espri-mere una propria progettualità, condivisa dai soggettiche operano in essa e nella realtà sociale.Questa impostazione richiede una didattica attiva, im-perniata su efficienti laboratori, progetti e nuove tecno-logie, capace di coinvolgere i diversi ambienti educativida quello familiare a quello lavorativo, strutturalmente ingrado di rinnovarsi costantemente. E richiede un rap-porto stabile tra scuola e università, che le ponga su unpiano di parità nella formazione iniziale e in servizio deidocenti, nella documentazione e nella ricerca, nell’orien-tamento.

3.2 Una scuola autonoma nel sistema delle autonomieDocumento di sintesi del gruppo B

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Il rilancio della scuola si fonda sull’autonomia; da qui si deveripartire, completando il processo avviato con l’art. 21 dellalegge 59/1997. Rafforzare l’autonomia significa conferirealle unità scolastiche poteri di autogoverno, decentrare icompiti di gestione (inclusa quella del personale) dal mini-stero alle autonomie, fornire indicazioni sul governo delleautonomie (interne ai singoli istituti e sui territori), sancirnela rappresentanza e capacità di intervento nelle decisioni dipolitica scolastica.Per garantire livelli essenziali e adeguatezza delle prestazionile autonomie vanno sostenute, sia attraverso l’incentiva-zione alla costruzione di reti, sia con l’attivazione di centridi servizi, sia, evidentemente, garantendo risorse umane efinanziarie certe per l’innovazione metodologica nei variambiti disciplinari oltre, evidentemente, a quelle destinatealle attività ordinarie (oggi falcidiate).L’offerta formativa dovrà da un lato mettere in atto l’ana-lisi dei fabbisogni e l’attenzione alla domanda sociale del ter-ritorio, dall’altro evidenziare i nuclei fondamentali dei saperie della didattica, per arrivare ad un curriculum suddiviso in:obbligatorio, opzionale e facoltativo.L’autonomia è il dispositivo che consentirà sia di realizzarel’inclusione sociale, sia di valorizzare le eccellenze, deglialunni e dei docenti.

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La cornice normativa è quella del nuovo titolo V della Co-stituzione, che al più presto deve realizzare l’intesa traStato e Regioni, per definirne concretamente le prerogativee consentire alle scuole autonome si trovare la propria col-locazione istituzionale, con la definizione di regole, poteri erisorse.I Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) sono il banco diprova del nuovo orizzonte di governo del sistema; non pos-sono indicare i livelli minimi dell’intervento statale, meno chemai al fixing attuale; per la loro definizione si devono invececoinvolgere i territori, comprese le autonomie scolastiche.Lo Stato ha il compito di fare la sintesi a livello nazionale edi indicare i necessari controlli. Sempre allo Stato competel’individuazione dei costi standard e degli interventi pere-quativi. Tale percorso dovrà andare di pari passo con quellodel federalismo fiscale.Le Regioni dovranno procedere all’analisi delle esigenze deiterritori attraverso un’interlocuzione ampia con il mondodella scuola; per questo va riconosciuta la rappresentanzadelle scuole autonome in modo formale.Alle Regioni dovranno inoltre essere attribuite le risorse dipersonale necessarie, che andranno poi assegnate allescuole e gestite sulla base di un adeguato organico di isti-tuto, fermo restando lo stato giuridico nazionale.In tale contesto le Regioni dovranno anche partecipare alladefinizione del contratto collettivo nazionale di lavoro(CCNL).Uno degli aspetti fondamentali dell’autonomia è la revisionedelle modalità di governo delle scuole. La partecipazione allagestione delle scuole, tuttora governate in modo preva-lentemente centralistico, è in crisi.

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È indispensabile rivedere la legislazione del 1974, ancora invigore, nell’ottica da un lato dell’autogoverno delle scuole,dall’altro della reale possibilità decisionale e di governo deiloro organi monocratici e collegiali.In tale ottica le scuole potranno formalizzare e regolare ilcontributo delle diverse organizzazioni sociali alla propriavita ed attività. L’autonomia deve comunque promuoverela partecipazione democratica.La responsabilità dei risultati, infatti, non è solo verso l’in-terno del sistema, ma anche verso gli stakeholders; la ren-dicontazione può avvenire attraverso il Bilancio sociale.La legislazione regionale potrà anche individuare percorsicondivisi di programmazione, reperimento e gestione dellerisorse. Il vigente patto di stabilità mette in difficoltà anchegli enti che dispongono di risorse e intendono parteciparecon interventi finanziari; il Pd ne chiede da tempo la revi-sione.Nella scuola dell’autonomia, tra istituzione e comunità, vacollocato il ruolo del dirigente scolastico. Per favorire la fun-zione dirigente c’è bisogno di un quadro normativo chiarosulla base del quale poter costruire in maniera trasparenteil processo decisionale.Una piena realizzazione dell’autonomia necessita di un si-stema di valutazione, di carattere nazionale, con modalitàdi interlocuzione con i territori, soprattutto con le Regioni,indipendente dal Ministero e responsabile verso il Parla-mento, in cui la valutazione dei docenti avviene su base vo-lontaria in relazione all’avanzamento di carriera, ma per al-tro verso è parte integrante della valutazione complessivadell’autonomia scolastica (vedi il documento del ForumPolitiche dell’Istruzione PD specificamente dedicato al tema

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su http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/108668

Reclutamento-formazione iniziale-formazione in servizioLa situazione in cui versa il precariato dei docenti richiedeattenta considerazione e interventi immediati. La stabilità delpersonale è essenziale; il precariato è un problema checompromette la qualità complessiva della scuola e potrà es-sere pienamente superato solo attraverso una più articolatae autonoma organizzazione del lavoro scolastico.Occorre perciò rendere immediatamente disponibili perl’immissione a tempo indeterminato i posti attualmentecoperti con incarico annuale e riprendere in prospettiva ilpiano di stabilizzazioni intrapreso dal governo Prodi. Inprevisione del momento in cui cominceranno ad essere di-sponibili gli abilitati del nuovo sistema di formazione iniziale,va garantito un equilibrio tra immissioni dalle graduatorie enuovo reclutamento attraverso un’opportuna relazione franumero chiuso e fabbisogno.Contrariamente a quanto finora previsto, il nuovo sistemadi formazione iniziale dovrà valorizzare le esperienze posi-tive maturate nell’ambito delle SSIS, e in particolare i su-pervisori SSIS, figure chiave per il raccordo scuola-univer-sità (citato in premessa: vedi “Rilanciare la scuola pubblica:per tutti e per ciascuno”).E’ necessario introdurre una formazione in servizio obbli-gatoria e certificata.L’organico funzionale di istituto potrà rendere disponibili in-segnanti con contratto a tempo indeterminato non ancoratitolari di specifico posto di insegnamento.La continuità didattica è un bene essenziale: salvo rare emotivate eccezioni, il personale docente dovrebbe rimanere

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in servizio presso la stessa scuola per non meno di 3 anni.L’accesso all’insegnamento deve avvenire in ogni caso perpubblico concorso; rimane aperto l’ambito territoriale in cuiil concorso può essere effettuato, fermo restando il pari di-ritto di accesso per tutti i cittadini italiani (e ormai anche del-l’Unione Europea, unico vincolo essendo quello della co-noscenza della lingua).In relazione all’offerta formativa aggiuntiva rispetto al “corecurriculum”, legata all’autonomia e affidata allaresponsabilità della scuola, la valutazione dei requisiti e lachiamata diretta da parte della scuola, già in atto in diverserealtà locali, andrebbero sperimentate in vista di regolecerte, trasparenti e condivise.Completare il processo dell’autonomia scolastica (vedi “Unascuola autonoma nel sistema delle autonomie territoriali”)implicherà anche l’introduzione per legge della “carriera”dei docenti e la possibilità di istituire figure professionali di-versificate, al fine di affrontare la sfida della complessità edu-cativa alla quale l’autonomia stessa deve rispondere.

3.3 Una scuola per i cittadini di domaniDocumento di sintesi del gruppo C

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La scuola che vogliamo ha fra i propri scopi la trasmissionedei principi che fondano la convivenza civile (vedi: "Rilan-ciare la scuola pubblica: per tutti e per ciascuno") e non puònon essere conforme ai principi della Costituzione e alla Di-chiarazione dei diritti dell’uomo. Questi due pilastri della de-mocrazia implicano oggi la promozione di una cittadinanzaattiva in una società e quindi in una scuola sempre più mul-ticulturale che richiede contemporaneamente conoscenzadelle proprie radici e capacità di dialogo. Una cittadinanzache diventi, dunque, interculturale, anzi che si fondi via viasu comuni valori che rendano solida e consapevolmentepartecipata la convivenza: i valori che già sono mirabilmentesintetizzati nella Costituzione italiana.Oltre alla necessità di stabilire una diversa architettura di si-stema conforme a questo fine, è necessario operare sul cur-riculum del cittadino attivo, promuovendo un nuovo pro-tagonismo degli studenti, la parità di genere, una didatticainnovativa e interattiva, flessibile, centrata sul metodo coo-perativo, laboratoriale, attenta al plurilinguismo e ai nuovilinguaggi, aperta al territorio, con nuove modalità di orga-nizzazione dei tempi, degli spazi, dei gruppi, il che, a qual-siasi età, risulta impossibile senza una pluralità di presenzee compresenze docenti, necessarie al recupero dei ritardi,alla promozione delle eccellenze e delle differenze in modo

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che non diventino mai diseguaglianze quanto, piuttosto, ri-sorse comuni. Una simile scuola della comunità per le comunità diventa“presidio pedagogico” del territorio, capace di promuovere,attraverso la formazione, nuove relazioni sociali, sviluppo,integrazione e mobilità sociale.Per raggiungere questi obiettivi è necessario arricchire l’of-ferta formativa anche attraverso un lavoro di rete, trascuole e con altri enti ed agenzie impegnate nel territorio,affinché la funzione di “mediazione” della scuola, finoraprevalentemente svolta nei confronti della cultura umani-stico-classica e occidentale, si rivolga anche alle altre culture,storie, antropologie; nonché alla cultura scientifica, statistica,giuridica ed economica, fortemente penalizzate dalla scuoladel passato e anche da quella del presente.Le conoscenze e le competenze necessarie alla missione cul-turale e civile della scuola qui tratteggiata andranno tenutein grande considerazione nella formazione iniziale e in ser-vizio dei docenti (vedi “appendice B”), anche attraverso unaqualificata azione di documentazione delle buone pratiche.Una scuola veramente accogliente, per tutti, dovrebbe po-tenziare scambi e relazioni tra gli istituti e le famiglie del ter-ritorio, così come tra gli istituti e le famiglie di altri Paesi, epromuovere la preparazione pedagogica di una nuova ge-nerazione di mediatori interculturali, tenendo presente cheè la scuola nel suo complesso che assume un ruolo più am-pio di mediazione interculturale. Nello stesso spirito lascuola dovrebbe non tagliare, ma potenziare e qualificareil sostegno alle classi in cui sono presenti alunni con disabi-lità (con nuova attenzione alla serietà e alle competenze ri-chieste alla “scuola inclusiva”, dalle disabilità gravissime fino

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ai disturbi specifici di apprendimento e al “semplice” disa-gio): una pedagogia inclusiva che fa bene a tutti gli alunni,di cui l’Italia è stata leader in Europa.Oggi piú del 60% degli alunni cosiddetti stranieri sono natiin Italia da famiglie immigrate; il PD è da tempo impegnato,a livello legislativo, nell’estensione della cittadinanza ai natiin Italia. Per loro, ed ancora di più per chi raggiunge il no-stro Paese durante l’infanzia e l’adolescenza, la scuola nondeve solo essere il luogo della piena integrazione, ma deveessere strutturalmente preparata ad un’accoglienza che of-fra il raggiungimento della piena conoscenza della linguaitaliana per lo studio, del successo scolastico e di un ade-guato orientamento agli studi superiori. Si deve conse-guentemente anche ripensare l’offerta formativa e orientarsiverso nuovi programmi e modalità di apprendimento chepossono diventare una ricchezza per il sistema scolastico ita-liano. In Italia la laicità è intrecciata con la scuola fin dallasentenza 203/1989 della Corte costituzionale, che ha ele-vato la laicità a principio supremo dell’ordinamento costi-tuzionale. Da allora la composizione religiosa della popola-zione italiana è mutata radicalmente per effettodell’immigrazione, la secolarizzazione è avanzata, la Lega hatentato di trasformare i simboli cristiani in strumenti iden-titari di esclusione. La sfida del nostro tempo è sviluppareuna comune cultura laica e repubblicana, capace di contri-buire alla civile e fraterna convivenza di una società multi-religiosa e secolarizzata. Ad affrontare vittoriosamente que-sta sfida la scuola pubblica può dare un contributoinestimabile, apprezzando e valorizzando tutte le tradizionie, al tempo stesso, seminando nelle famiglie dei vecchi enuovi italiani i principi della Costituzione.

3.4 Scuola, formazione, lavoro: raccordi e percorsiDocumento di sintesi del gruppo D

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Secondo la strategia europea 2020 l’apprendimento vaconsiderato uno dei motori essenziali dello sviluppo.In presenza di mercati aperti e globalizzati, con una ri-presa lenta e incerta, non si può affrontare la sfida dellacompetitività limitandosi a tenere sotto controllo i contipubblici: occorre anche valorizzare al massimo innova-zione e creatività, qualità che richiedono investimenti inistruzione, ricerca, educazione, cultura. Pur riconoscendole attuali difficoltà di bilancio, c’è insomma la necessità direperire risorse aggiuntive per contrastare politiche adat-tive (minor sviluppo, meno formazione), per allineare i si-stemi, qualificarli, migliorare le dotazioni strumentali, sa-nare e ammodernare strutture e edifici spesso fatiscenti.Nell’ambito di tale scenario la circolarità tra sistemi, apertie raccordati, deve sostituire l’approccio in filiera. Si trattadi incrementare le sinergie che producono ricerca e in-novazione e ulteriore educazione.I percorsi di apprendimento e gli ordinamenti dovrebberobasarsi sull’acquisizione della conoscenza per compe-tenze anche nelle scuole, ma i docenti sono spesso im-preparati a questo tipo di didattica. Sono quindi urgentiiniziative formative specifiche, a carattere universale, ri-volte agli insegnanti e agli operatori della formazione pro-fessionale, e sistemi di attendibile valutazione dei risultati,

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diversi da quelli basati sulla media dei voti attribuiti, ca-paci di cogliere e valorizzare le professionalità esistenti.Occorre applicare il Titolo V della Costituzione, derubri-cato invece dall’agenda politica del governo; senza un’in-dicazione della qualità dei servizi e delle rispettive com-petenze istituzionali, si rischia di determinare i livelliessenziali di prestazione (LEP) al ribasso. Tale processodeve essere presidiato stabilendo sinergie con gli asses-sori regionali competenti, anche per un uso integrato dellerisorse regionali, nazionali e comunitarie.Il divario territoriale è una delle criticità più rilevanti, daaffrontare attraverso (I) la fissazione dei LEP (II) la leggesull’apprendimento permanente (III) l’accreditamentodelle agenzie formative (IV) l’offerta di servizi di tra-sporto e per il tempo libero. È indispensabile un maggiorcontrollo sulla spesa destinata alla formazione e sull’im-piego dei fondi strutturali comunitari.

Istruzione e formazione professionaleGli istituti professionali di stato (IPS) e l’offerta di forma-zione regionale non andrebbero utilizzati come canali diserie C destinati a giovani disadattati o emarginati, bensívalorizzati nei collegamenti virtuosi con il sistema pro-duttivo del territorio. L’apertura delle scuole al territorioe la contaminazione tra capacità e attitudini dei ragazzi ecompetenze da sviluppare per incontrare il mercato del la-voro dovrebbero trovare in adeguati servizi di orienta-mento lo strumento per scelte informate e ponderate diragazzi e famiglie. Alla carenza di orientamento per ra-gazzi e famiglie e all’esperienza dequalificata di alcunimodelli triennali è stato invece sovrapposto il recente rior-

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dino Gelmini degli IPS, che sembra averne accelerato ildeclino. Le imprese hanno espresso preoccupazione (I) sultaglio delle opzioni e delle figure professionali (II) sul ta-glio di laboratori, stage e tirocini e (III) sulla sovrapposi-zione con la formazione professionale regionale e/o gliistituti tecnici. Anche le famiglie non hanno gradito: nel2010 le iscrizioni agli IPS sono calate del 2.2 %. Piú in ge-nerale, nel recente riordino del secondo ciclo sono stateazzerate le idee innovative e le buone pratiche realizzatenelle più recenti sperimentazioni. Il riordino è infatti fi-nalizzato a risparmi di spesa attraverso la riduzione del-l’offerta formativa, e il recupero delle sperimentazioni disuccesso, attraverso lo strumento della flessibilità nel cur-ruculum, è rimasto finora del tutto teorico perché, per es-sere attivato, richiedeva risorse aggiuntive paragonabili aquelle sottratte attraverso il riordino.Urge un rafforzamento del sistema professionalizzante,per consentire circolarità e mobilità effettive tra differentiopportunità attraverso il riconoscimento, la validazione,la certificazione pubblica dei crediti e delle competenze el’accreditamento delle strutture formative, secondo l’ac-cordo Stato-Regioni del 2008.Per prevedere i fabbisogni di competenze, al posto di co-stosi e lenti osservatori nazionali e regionali, potrebbe es-sere attivato un sistema di partenariato locale tra soggettipubblici e privati (istituzioni competenti, imprese, asso-ciazioni di imprese, organizzazioni di rappresentanza deilavoratori, scuole e agenzie formative) per condividere laprogrammazione formativa sulla base di reali esigenze difigure e profili professionali (comitati locali per le com-petenze). La piattaforma europea EQF (European quali-

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fication framework) sugli standard di competenze, per es-sere applicata va corretta e “curvata” alle condizioni delmercato del lavoro. Il Repertorio nazionale, una volta de-finito, va sottoposto a periodica manutenzione.L’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) va po-tenziata e gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) vanno istituiticome esperienze di formazione terziaria non accade-mica, distinguendo tra un’offerta regionale flessibile, nonstabile, legata alle condizioni locali in continua trasfor-mazione, e un’offerta di eccellenza, da consolidare neisettori strategici dello sviluppo del Paese. L’effettiva co-progettazione fra scuola e imprese dei percorsi, e in par-ticolare degli stage, vetrina delle aziende, è uno stru-mento potente, se ben concepito e utilizzato. Vannoinfine individuate forme efficaci di monitoraggio e con-trollo.

Apprendimento permanenteOccorre un provvedimento di legge per riconoscere il di-ritto individuale all’apprendimento permanente, esten-sione del diritto all’istruzione che condiziona l’accesso atutti i diritti. Anche la formazione continua va riconside-rata, nel senso di orientare le iniziative verso i soggetti chesono più bisognosi di essere formati, aggiornati, ricon-vertiti, e sono più a rischio di perdita del posto di lavoro.Occorre anche un maggior coordinamento tra program-mazione regionale e programmazione dei fondi inter-professionali, ampliandone il campo di intervento (ap-prendisti, lavoratori atipici e discontinui…)L’attività del centro provinciale istruzione adulti (CPIA),nuovo nome del vecchio CTP (centro territoriale perma-

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nente per l'istruzione e la formazione in età adulta) puòessere rivolta con successo anche al recupero della di-spersione giovanile, in quanto, a differenza dell’offerta“ordinaria”, si presta ad essere svolta in modo persona-lizzato, con l’obiettivo di rafforzare l’autostima, consen-tendo anche rientri nella scuola e inserimenti nel mercatodel lavoro, attraverso rapporti non episodici con le im-prese del territorio.

Dispersione, obbligo, formazione, apprendistatoL’obbligo d’istruzione impartita per almeno dieci anni e ilconseguente innalzamento da 15 a 16 anni dell’età perl’accesso al lavoro sono nell’articolo 1 comma 622 dellalegge 296/2006, la prima finanziaria dell’ultimo governoProdi. La stessa legge, al comma successivo, consentivaperò che a Bolzano l’ultimo anno dell’obbligo scolasticofosse speso nelle scuole professionali provinciali in abbi-nata con “adeguate forme di apprendistato”. Non basta.La parte della legge Biagi (53/2003) che consentival’espletamento del diritto-dovere di istruzione e forma-zione attraverso l’alternanza scuola-lavoro con il contrattodi apprendistato, non fu mai esplicitamente abrogata. In-fine, caduto anzitempo il governo Prodi senza aver com-pletato la riforma del biennio superiore, la destra con lalegge 133/2008 ha reso l’obbligo scolastico assolvibileanche frequentando percorsi di istruzione o formazioneprofessionale, e poi, con un mini-emendamento ad unalegge omnibus non ancora definitivamente approvato, statentando di riportare l’obbligo a 15 anni.A quest’ultimo colpo di mano tutto il PD si è opposto:molto diversamente dal caso di Bolzano, l’emendamento

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prevede un apprendistato selvaggio e a costo zero pressole aziende, senza alcun ruolo didattico e progettuale dellascuola e degli enti locali. Per lo stesso motivo il PD ha con-trastato in Parlamento l’apertura della legge 133/2008 al-l’obbligo assolto attraverso percorsi di istruzione o for-mazione professionale e non abbandoniamo l’idea diconcludere il percorso dell’obbligo con un biennio unita-rio. Tuttavia, di fronte ad un apprendistato di qualità al-toatesina e/o a percorsi scuola-lavoro nell’ultimo trattodell’obbligo, purché ben controllati e guidati dalla scuolae dagli enti locali, questo nostro seminario, come ancheprecedenti discussioni promosse dal PD, ha registratoanche qualche apertura. Le opinioni democratiche appa-iono su questo punto divergenti soprattutto in relazionealle diverse provenienze e disparità territoriali. La stradamaestra rimane quella di un obbligo di istruzione forte-mente ancorato al conseguimento di competenze gene-rali e del sostegno alle politiche dell’orientamento, inuna scuola rinnovata sul piano metodologico e didatticoe aperta ad esperienze di alternanza con il mondo del la-voro. Non dovrebbe essere liquidata, ma semmai di-scussa e ulteriormente approfondita, la possibilità di per-corsi che valorizzino ambienti diversi di apprendimentonei quali sia però garantita equità e qualità dell’azione for-mativa.Il passaggio delicato tra istruzione e formazione vede il fe-nomeno della dispersione, che secondo alcuni va inte-gralmente recuperata nell’ambito della scuola, in appli-cazione dell’articolo 3 della Costituzione; secondo altri ilsuo recupero si ottiene valorizzando le esperienze dei per-corsi triennali (ormai ordinamentali, cui va assicurata ade-

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guata copertura finanziaria) e diversificando le opportu-nità formative.Secondo i dati di monitoraggio ISFOL tali percorsi hannoconsentito di dare una qualifica a 130.000 giovani, altri-menti dispersi (il 25% di un campione di 1.000 soggettiintervistati intende reinserirsi nel sistema dell’istruzione),e le 21 qualifiche concordate in Conferenza Unificatahanno reso più leggibili e trasparenti gli apprendimenti,anche in vista di passaggi e passerelle tra sistemi.L’apprendistato, secondo i piú, per i minori (15 anni) nondeve rappresentare un’altra soluzione impropria contro ladispersione. Il ciclo per l’acquisizione delle competenze dibase va completato a scuola o nei percorsi triennali manon in un’esperienza lavorativa, ristabilendo senza equi-voci l’obbligo d’istruzione a 16 anni; alcuni sostengonoinvece che sarebbe opportuno sperimentare articolazioninon legate all’età ma ai livelli di competenza da acquisire,perché l’apprendistato permette di salire gradini sociali,viene richiesto dal progresso tecnologico, serve alla co-struzione del ruolo in un rapporto diretto giovane/aziendae sottolinea la valenza formativa del lavoro.Comunque anche dopo i 16 anni, per proporre l’ap-prendistato, l’impresa dovrebbe possedere condizionispecifiche da controllare e monitorare. Da tutti vienesottolineata la necessità di una riconfigurazione per il ri-lancio dell’istituto dell’apprendistato, ristabilendone laessenziale valenza formativa, collegandolo struttural-mente con la scuola come nel caso altoatesino, liberan-dolo dalle altre finalità con cui è stato prevalentementeutilizzato (flessibilità e abbattimento dei costi), esigenzeda dirottare su altre forme di primo inserimento che non

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richiedono strutturalmente o giuridicamente l’impegnoformativo. L’apprendistato riformato potrebbe essere im-piegato anche per promuovere l’inserimento delle giovanidonne in posizioni professionali scientifiche e tecniche,dove sono sottorappresentate.

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Gli obiettivi di Europa 2020 chiedono a tutti gli Statimembri di promuovere una crescita intelligente, inclu-siva e sostenibile. Per il futuro dell’Italia, per tornare adavere alti tassi di occupazione, produttività e coesionesociale, dobbiamo raggiungere un risultato molto con-creto: dimezzare il nostro tasso di dispersione scolasticae triplicare il numero di laureati. Solo se sapremo inve-stire sui saperi, scommettendo sulla qualità del capitaleumano del nostro Paese e su una società della cono-scenza diffusa, po tremo tornare a crescere. Il rapporto annuale 2009 dell’ISTAT, fa emergere unvero e proprio allarme edu cativo. L’Italia ha un primatonegativo in Europa: 2 milioni di giovani tra i 15 e i 24anni non sono né a scuola, né al lavoro; vivono una con-dizione di vuoto a grandissimo rischio. Il tasso di ab-bandono scolastico è del 22%: il 12,2% degli iscritti alprimo anno della scuola superiore abbandona definiti-vamente la scuola, il 14% al Sud. I livelli di istruzionedella popolazione italiana sono troppo bassi: soltanto il12,8% della popolazione è in possesso di una laurea, il40% di un diploma, il 46,6% ha soltanto la licenza me-dia. Il divario nei livelli di istruzione della popolazione ita-liana (soprat tutto adulta) è molto elevato rispetto aipaesi europei. La scuola ha storicamente ot tenuto risul-

4. GUARDIAMO AL FUTURO

4.1 Dieci proposte per la scuola di domaniApprovate dall’Assemblea nazionale di Varese il 9 ottobre 2010

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tati importanti nella lotta all’analfabetismo, ma ancoraoggi opera in un Paese con un livello culturale troppobasso. Altri dati allarmanti del rapporto Istat ri guardanola lettura e l’utilizzo delle tecnologie da parte dei gio-vani: 1,2 milioni di giovani nel 2009 non ha letto alcunlibro e non sa utilizzare il computer. Il recente rapportoOcse 2010 evidenzia come la media di investimenti inistruzione dei paesi membri, sia cresciuta fortemente ne-gli ultimi anni e risulti pari al 5,7% del Pil, ma l’Italia sicolloca al di sotto della media, investendo solo il 4,5 %del Pil. Penultimi in graduatoria, davanti solo alla Slo-vacchia. Eppure è dimostrato che la maggiore spesaper istruzione produce rendimenti certi, come un mag-gior gettito fiscale ed una mag giore occupabilità e lastessa Banca d’Italia sostiene, sulla base di complesseanalisi, che il rendimento medio dell’investimento inistruzione è dell’8.9%. Il Governo non affronta i problemi cronici del sistemascolastico italiano, ma li ag grava, infliggendo 8 miliardidi tagli, e sottraendo 132.000 posti di insegnanti e per-sonale ATA nel triennio. Una cura da cavallo, che sta uc-cidendo il malato. Il PD non solo è impegnato a difendere il diritto uni-versale all’istruzione ma in tende rendere il sistema sco-lastico italiano più efficace e più equo. Vogliamo ripor-tare gradualmente l’investimento almeno al livellomedio dei Paesi OCSE. Torniamo ad in vestire sulla co-noscenza per garantire a tutti pari opportunità di ap-prendimento e di educazione. La scuola, per garantire“uguaglianza e libertà”, come ci chiede la nostra Costi-tuzione. La scuola, unico vero ascensore sociale, per ri-

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Guardiamo al futuro

dare slancio ad una società bloccata. Non basta difen-dere l’esistente, dobbiamo dare a questo Paese unapro spettiva di cambiamento. Vogliamo scuole aperte tutto il giorno, tutto l’anno e pertutta la vita. Facciamo partire di qui il nostro “progettoper l’Italia”, per mobilitare energie, persone, intelli -genze, per farne un nuovo movimento. Scuole aperteperché come diceva Caponnetto la mafia teme più lascuola della giustizia. Immaginiamo la scuola comeluogo fon dante di comunità, dove oltre ai necessari in-segnamenti curricolari ci si può fermare il pomeriggio perstudiare, fare sport, suonare, recitare, imparare le lingue.Dove di venta un valore anche l’apprendimento nonformale e informale. Vogliamo che in una scuola come questa la qualità, siaintesa come raggiungi mento di risultati alti per tutti glistudenti (e non solo per una parte di loro); vogliamocontrastare la dispersione scolastica la discriminazionesociale; il rinnovamento della figura del docente, non piùerogatore di conoscenza, ma sollecitatore dell’appren-di mento; la ristrutturazione dei luoghi e dei tempi dellascuola, oggi fissati rigidamente. La scuola di domani deve promuovere le persone e leloro conoscenze e compe tenze lungo tutto l’arco dellavita, perché possano acquisire e mantenere i diritti di cit-tadinanza. Deve dare priorità all’apprendimento, te-nendo conto del divenire dei ragazzi nelle diverse età econtesti sociali in cui vivono. Deve formare cittadini ca-paci di informarsi e aggiornarsi per tutta la vita, per par-tecipare attivamente e consape volmente alla vita eco-nomica e civile. La scuola che vogliamo ha fra i propri

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scopi la trasmissione dei principi che fondano la convi-venza civile e non può non essere con forme ai principidella Costituzione e alla Dichiarazione dei diritti del-l’uomo. Questi due pilastri della democrazia implicanooggi la promozione di una cittadinanza attiva in una so-cietà e quindi in una scuola sempre più interculturale.Oltre alla necessità di stabilire un’architettura di sistemaconforme a questo fine, è necessario operare sul curri-culum del cittadino attivo, promuovendo un nuovo pro-tagonismo degli studenti, la parità di genere, una di-dattica innovativa e interattiva, flessibile, centrata sulme todo cooperativo, laboratoriale, attenta al plurilin-guismo e ai nuovi linguaggi, aperta al territorio, connuove modalità di organizzazione dei tempi, degli spazi,dei gruppi, il che, a qualsiasi età, risulta impossibilesenza una pluralità di presenze docenti. Una similescuola della comunità per le comunità diventa “presidiopedagogico” del ter ritorio, capace di promuovere, at-traverso la formazione, nuove relazioni sociali, svi luppo,integrazione e mobilità sociale. Per raggiungere questi obiettivi è necessario arricchirel’offerta formativa anche attraverso un lavoro di rete, trascuole e con altri enti ed agenzie impegnate nel ter rito-rio, affinché la funzione di “mediazione” della scuola, fi-nora prevalentemente svolta nei confronti della culturaumanistico-classica e occidentale, si rivolga anche alle al-tre culture, storie, antropologie; nonché alla culturascientifica, statistica, giu ridica ed economica, fortementepenalizzate dalla scuola del passato e anche da quella delpresente. Le conoscenze e le competenze necessarie alla missione

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culturale e civile della scuola qui tratteggiata andrannotenute in grande considerazione nella formazione inizialee in servizio dei docenti, anche attraverso una qualificataazione di documen tazione delle buone pratiche. Una scuola veramente accogliente, per tutti, dovrebbepotenziare scambi e rela zioni con istituti e famiglie di al-tri Paesi e promuovere la preparazione pedagogica diuna nuova generazione di mediatori interculturali. Nellostesso spirito la scuola do vrebbe non tagliare, ma po-tenziare e qualificare il sostegno alle classi con alunni di-versamente abili (con nuova attenzione ai disturbi spe-cifici di apprendimento e al “semplice” disagio): unapedagogia inclusiva che fa bene a tutti gli alunni, di cuil’Ita lia è stata leader in Europa. Oggi più del 60% degli alunni cosiddetti stranieri sononati in Italia da famiglie immigrate; il PD è da tempo im-pegnato, a livello legislativo, nell’estensione della cit ta-dinanza ai nati in Italia. Nei casi di emergenza linguistica,che pure esistono, occorre affrontare la domanda inve-stendo, come hanno fatto i governi e le amministrazionidi centrosinistra, in didattica supplementare dell’italianocome lingua straniera ed altri programmi atti a favorireun rapido ed equilibrato inserimento. Per la generalitàdei casi occorre però ripensare l’offerta e orientarsiverso nuovi programmi e modalità di apprendimentoche possono diventare una ricchezza per il sistema sco-lastico ita liano.

1 Un nuovo piano straordinarioper un’educazione di qualità 0-6 Negli ultimi decenni le scienze pedagogiche, psicologi-

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che, sociologiche, così come più recentemente le neu-roscienze, insegnano dell’importanza dell’infanzia nellavita delle persone, delle condizioni materiali e relazionaliin cui la si vive e delle esperienze educative che vengonoofferte. Anche gli economisti oggi sottolineano la ne-cessità che, in una società globalizzata, si investa nel ca-pitale umano garantendo a tutti un’educazione presco-lare. Vogliamo la riunificazione del sistema di educazioneprescolare. Serve un nuovo piano straordinario triennaleper l’implementazione del sistema territoriale dei servizieducativi della prima infanzia, per raggiungere l’obiet-tivo del 33% di copertura. Vogliamo trasformare l’asilo nido da servizio a domandaindividuale a diritto edu cativo di ogni bambino e bam-bina, come già proposto da molti anni e da molte parti(Legge di iniziativa popolare 0-6 depositata al Senato daAnna Serafini) e garantire ad ogni bambino e bambinadel nostro Paese un posto nella scuola della scuola del-l’infanzia (oggi le liste di attesa nelle scuole dell’infan-zia sono tornate a crescere). I divari abnormi tra nord e sud del Paese nei livelli diistruzione, si spiegano anche così: nel mezzogiornosono pochissimi i posti al nido e una rarità il tempo pienonella scuola primaria.

2 La scuola primaria:nessun bambino sia lasciato indietro I modelli educativi del tempo pieno e del modulo con lecompresenze degli inse gnanti, sono considerati un’ec-cellenza a livello europeo, e producono, proprio grazie

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al lavoro in piccoli gruppi, i più alti livelli di apprendi-mento degli alunni. I test Invalsi e i dati OCSE Pisa par-lano chiaro: il rendimento scolastico degli alunni è piùalto lad dove è più diffuso il modello educativo deltempo pieno. Noi i gioielli di famiglia del sistema scolastico italiano“tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze”li rimetteremo in vetrina e li estenderemo in tutto ilPaese.

3 Una scuola autonomanel sistema delle autonomie locali Per raggiungere l’obiettivo di dimezzare la dispersionescolastica, come chiesto dagli obiettivi di Europa 2020,non basteranno di certo le pesanti catene dell’ordine edisciplina con cui la Gelmini vuol tenere i ragazzi legatiai banchi delle nostre scuole. Occorre attribuire piutto-sto alla scuola autonoma e all’autonomia di insegna-mento quelle risorse necessarie per innovare la didatticadella scuola superiore di primo e secondo grado. E’ solo investendo in un più stretto rapporto tra auto-nomie locali e scuole auto nome, che riusciremo a scon-figgere davvero i mali del sistema scolastico italiano, col-mando i divari tra nord e sud del Paese, che questoGoverno sta invece ampliando. Uno degli aspetti fon-damentali che concorre alla crescita della qualità dellascuola è costituito infatti dal rapporto positivo, dalla col-laborazione tra la scuola stessa e le autonomie locali. È,quindi, fondamentale incrementare le relazioni tra au-tonomie scolastiche e autonomie locali, rendendo lascuola un luogo aperto, un centro in cui la comunità si

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ritrova e si identifica; inoltre, la scuola deve fruire delleopportunità del territorio. Il Partito Democratico propone di sottoscrivere definiti-vamente l’accordo sull’at tuazione del Titolo V, già li-cenziato dalla Commissione Tecnica della ConferenzaStato-Regioni. Un cambiamento così radicale del quadro normativo edella distribuzione delle competenze tra Stato e Regionicomporta una trasformazione profonda del funzio -namento del Ministero dell’Istruzione, oggi fortementeimpegnato in una gestione amministrativa centralizzatasulla vastissima organizzazione scolastica, che conta piùdi 1 milione e 200mila dipendenti, che si articola in au-tonomie scolastiche distribuite in modo capillare in tuttoil Paese. Il Ministero deve potenziare e qualificare le pro-prie funzioni di indirizzo, di programmazione alta, di ve-rifica, valutazione e controllo ri spetto al funzionamentodelle autonomie scolastiche e ai risultati di apprendi-mento dei ragazzi. Gli uffici scolastici regionali, attuali ar-ticolazioni del Ministero della Pub blica Istruzione, de-vono essere trasferiti per le loro competenze e per lamaggioranza del personale dipendente alle Regioni. Alle Regioni spetta definire il dimensionamento e il nu-mero delle autonomie sco lastiche, la distribuzione nelterritorio delle scuole, le specializzazioni nella scuolasu periore. La valorizzazione dell’autonomia scolastica costituisceper noi una assoluta prio rità, non ancora realizzata a di-stanza di dieci anni dall’approvazione della legge che laha istituita. Occorre, quindi, una legge che rimotivi nella scuola la

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partecipazione degli stu denti, delle famiglie e di tutto ilpersonale scolastico, riaffermando l’autonomia e la li-bertà di insegnamento. Le scuole hanno fatto molto permigliorare i livelli di appren dimento e combattere la di-spersione: hanno prodotto sperimentazioni importanti,molto al di là delle innovazioni di carattere normativo edelle risorse statali alle stesse dedicate. Si tratta di espe-rienze basate su ricerche e sperimentazioni di grande va-lore, che dovrebbero essere maggiormente conosciutee diffuse, proprio perché costitui scono buone praticheper la qualificazione della scuola. E’ importante soste-nere que sta azione di ricerca e di formazione sul campodei docenti, affinché diventi un patrimonio comune ditutte le scuole, non solo di quelle che le hanno messe inatto.

4 Dai livelli essenziali delle prestazioni (lep)ai livelli essenziali degli apprendi mentie delle competenze (leac) In maniera ormai malcelata, la questione dei Livelli Es-senziali delle Prestazioni, per il Governo, assume la de-clinazione di livelli minimi, fondati sui tagli dall’art. 64della legge 133 del 2008. La sfida che il nostro Partito vuole lanciare su questotema è nel merito, fondata su elementi concreti e com-prensibili per l’opinione pubblica, ovvero declinare i LEPcome livelli essenziali di apprendimenti e competenzenecessari LEAC. La scelta degli apprendimenti e delle competenze, qualeelemento determinante per la definizione dei LEAC,consente di garantire l’unitarietà dell’ordinamento del-

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l’istruzione, (un ragioniere di Torino deve avere le stessecompetenze di uno di Trapani) e queste competenze de-vono essere utili a raggiungere quegli obiettivi che lastrategia di Lisbona ha indicato e che gli standards in-ternazionali richiedono e rilevano. Nella definizione dei costi standard occorre far riferi-mento alla quota capitaria pesata, riferita ad ogni ra-gazzo in età scolare, ponderata sulla base delle caratte-risti che socio-culturali e geomorfologiche del territorio,sulla base della presenza di alunni disabili e di alunnistranieri; questa quota dovrà essere definita sulla basedi numerosi indicatori di carattere quantitativo e quali-tativo.

5 Risorse umane e finanziarie certeper la scuola dell’autonomia Dagli organici di diritto e di fatto, all’assegnazione di unorganico funzionale a ciascuna scuola autonoma. La scuola autonoma, per poter assolvere pienamente ilproprio mandato educativo ha bisogno di una stabilitàpluriennale delle risorse finanziarie e professionali. Per questo occorre innovare le norme per dare soluzioneal problema dei residui attivi e ricondurre a binari pa-ralleli ed omogenei la tempistica dell’erogazione an-nuale dei finanziamenti secondo il calendario dell’annoscolastico, per determinare una maggiore trasparenza eresponsabilità, permettere una migliore programma-zione delle risorse ed altrettanto migliore capacità dianalisi e gestione della spesa. Non può più essere che i finanziamenti della legge440/97 arrivino con oltre un anno di ritardo, sempre più

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parcellizzati e in minima parte rispetto allo stanziamentoglobale. Questi dovrebbero essere attributi integral-mente alle scuole subito dopo l’ap provazione del bilan-cio dello Stato, modificando la legge laddove questaprevede un iter molto complicato e ormai privo di senso(come il parere delle commissioni parla mentari sul pianodi riparto e la registrazione della direttiva annuale daparte della Corte dei Conti). Questa modifica alla legge440/97 è una riforma a costo zero ma d’immediato be-neficio. C’è poi un problema di trasparenza che va su-perato con la pubblicazione da parte del MIUR dei pa-rametri utilizzati per inviare i fondi e della composizionedelle tranche. Le scuole autonome oltre ad aver bisogno di certezzesulla dotazione di risorse fi nanziarie su cui poter contareper poter organizzare al meglio il POF, hanno bisognodi certezze anche sugli organici professionali a disposi-zione. Per questo proponiamo il superamento della distinzionetra organico di diritto e organico di fatto, per passare al-l’assegnazione a ciascuna scuola autonoma di un OR-GANICO FUNZIONALE, che includa per reti di scuoleanche una quota di personale per le supplenze brevi eprofessionalità specializzate a supporto dei ragazzi conbiso gni speciali (autismo, dislessia, discalculia, etc). L’as-segnazione deve poter essere al meno triennale, e con-cordata con la programmazione attuata dagli Enti Localidei piani di offerta formativa territoriale. Questo si-stema, che costa non molto di più della spesa attualecomplessiva dello Stato (ai supplenti vengono pagatecomunque la di soccupazione e le ferie non godute),

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comporterebbe innumerevoli vantaggi, come: il supe-ramento del precariato scolastico; la programmazionecerta dei fabbisogni di in segnanti e conseguente pianodi reclutamento; la piena autonomia delle scuole nel-l’organizzazione della didattica per raggiungere l’obiet-tivo del successo scolastico dei ragazzi e delle ragazze.

6 Un moderno sistema di valutazioneper una scuola pubblica di qualità Una piena realizzazione dell’autonomia necessita di unsistema di valutazione, di carattere nazionale, con mo-dalità di interlocuzione con i territori, soprattutto con leRegioni, indipendente dal Ministero e responsabile versoil Parlamento, che includa la valutazione dell’intero si-stema scolastico, delle scuole, dei dirigenti e dei docenti- su base volontaria in relazione all’avanzamento di car-riera - come parti integranti di una valutazione com-plessiva dell’autonomia scolastica (vedi il documento delForum Politiche dell’Istruzione PD specificamente dedi-cato al tema su http://www.partitodemocratico.it/doc/108668

7 Formare e reclutare gli insegnanti di domani La situazione in cui versa il precariato dei docenti e ATArichiede attenta conside razione e interventi immediati.La stabilità del personale è essenziale; il precariato è unproblema che compromette la qualità complessiva dellascuola e potrà essere pie namente superato solo attra-verso una più articolata e autonoma organizzazione dellavoro scolastico. Occorre perciò rendere immediatamente disponibili per

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l’immissione a tempo in determinato i posti attualmentecoperti con incarico annuale e riprendere in prospet tivail piano di stabilizzazioni intrapreso dal governo Prodi. Inprevisione del momento in cui cominceranno ad esseredisponibili gli abilitati del nuovo sistema di formazioneiniziale, va garantito un equilibrio tra immissioni dallegraduatorie e nuovo recluta mento attraverso un’op-portuna relazione fra numero chiuso e fabbisogno. Contrariamente a quanto finora previsto, il nuovo si-stema di formazione iniziale dovrà valorizzare le espe-rienze positive maturate nell’ambito delle SSIS, e in par-tico lare i supervisori SSIS, figure chiave per il raccordoscuola-università. È necessario in trodurre una forma-zione in servizio obbligatoria e certificata. La continuità didattica è un bene essenziale: salvo raree motivate eccezioni, il personale docente dovrebbe ri-manere in servizio presso la stessa scuola per non menodi 3 anni. L’accesso all’insegnamento deve avvenire inogni caso per pubblico con corso; rimane aperto l’ambitoterritoriale in cui il concorso può essere effettuato, fermorestando il pari diritto di accesso per tutti i cittadini ita-liani (e ormai anche dell’Unione Europea, unico vincoloessendo quello della conoscenza della lingua). Nellacondizione attuale non riteniamo che ci siano le condi-zioni giuridiche e gestio nali per affidare il reclutamentoalla scelta delle singole scuole, scelta di carattere di scre-zionale, senza alcuna procedura di selezione. Completare il processo dell’autonomia scolastica impli-cherà anche l’introduzione della “carriera” dei docentie la possibilità di istituire figure professionali diversificate,al fine di affrontare la sfida della complessità educativa

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alla quale l’autonomia stessa deve rispondere.

8 Cambiare la scuola per dimezzare la dispersionescolastica, il passaggio cruciale dalla preadolescenzaall’adolescenza L’insuccesso e la dispersione scolastica, i bassi livelli diapprendimento degli stu denti e delle studentesse ri-spetto ai propri coetanei europei, si manifestano nellascuola secondaria di primo e secondo grado. Come tuttisappiamo, il punto di soffe renza è lo snodo che va da-gli 11 ai 16 anni, che coincide con il passaggio dallaprea dolescenza all’adolescenza e costituisce il puntodebole dell’azione orientativa. E’ qui infatti che si regi-stra il tasso più alto di dispersione scolastica, con puntedel 30%, so prattutto nel primo anno degli istituti pro-fessionali e tecnici. Occorre promuovere progetti ed esperienze di conti-nuità e di raccordo curricolare tra i due segmenti scola-stici. Invece, il passaggio dalla scuola del primo ciclo allascuola del secondo ciclo è tuttora problematico. Perché il biennio diventi realmente orientativo a partiredal primo anno, anzi dai primi mesi della secondaria disecondo grado, è necessario progettare una azione diorientamento incentrata sul recupero e sul riallinea-mento delle competenze di base, soprattutto di quelleafferenti all’area di istruzione generale (sviluppo degliassi cul turali) relative all’equivalenza formativa. Mentrenel secondo anno, invece, dovrebbe essere predispostaed attivata un azione di ri-orientamento. Perché questo si realizzi è necessario che si renda effet-tiva la pari dignità dei per corsi e la loro equivalenza for-

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mativa, dei bienni, dei licei, dei tecnici, dei professionalie della formazione professionale, indicando con preci-sione le competenze culturali in uscita riferite ai quattroassi culturali del biennio, in modo da garantire i passaggida un indirizzo all’altro senza costringere gli studenti adover affrontare gli esami di idoneità. Il Partito Democratico inoltre ritiene l’Anagrafe per com-battere la dispersione sco lastica strumento utile e ne-cessario, se fatto con criteri che rispondano in modo ef-fi cace ed efficiente all’obiettivo di dimezzare il tasso didispersione scolastica, che l’Europa 2020 impone al no-stro Paese. Vogliamo dare impulso alla nascita delle Ana grafi Re-gionali degli Studenti (oggi hanno o stanno istituendo leanagrafi solo 11 re gioni su 20). Le norme generali ministeriali secondo noi devono in-dicare soltanto i criteri per individuare i dati sensibili nonacquisibili, salvaguardando le competenze regionali egarantendo allo Stato la possibilità di acquisire, dal si-stema delle anagrafi regionali, i dati di cui necessita perl’esercizio delle funzioni che l’ordinamento gli riconosce,tra cui il sistema di valutazione. Nella bozza di Accordo sul Titolo V raggiunta all’unani -mità nella Conferenza Stato Regioni, è già prevista larealizzazione di un sistema uni tario di raccolta dei dati,a partire dai livelli regionali e quale sistema integrato de-gli stessi, che consente l’accesso e l’utilizzo da parte ditutti i protagonisti istituzionali (Stato, Regioni, Enti Lo-cali e istituzioni scolastiche) e che prevede anche la loroparte cipazione nella predisposizione dei criteri che lo go-vernano.

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9 Istruzione e formazione professionale di qualità perrilanciare il made in Italy nel mondo Occorre connettere organicamente il sistema dell’istru-zione, di competenza dello Stato, il sistema della for-mazione professionale, di competenza delle Regioninonchè le competenze dello Stato, delle Regioni e de-gli Enti Locali relative allo sviluppo e al lavoro. Riteniamo che sia opportuno che esista ampia collabo-razione tra i due sistemi, che le Regioni e le autonomielocali attuino una programmazione integrata. Non ri te-niamo opportuno un processo di unificazione tra i duesistemi, che farebbe perdere ai due sistemi le proprie pe-culiari caratteristiche e la propria identità, né una con-cor renza tra gli stessi. Occorre allineare i sistemi, qualificarli, migliorare le do-tazioni strumentali, sanare e ammodernare strutture eedifici spesso fatiscenti. Il divario territoriale è una dellecriticità più rilevanti, da affrontare attraverso (I) la fis-sazione dei LEAC (II) la legge sul-l’apprendimento per-manente (III) il riconoscimento, la validazione, la certi-ficazione pubblica dei crediti e delle competenze el’accreditamento delle strutture formative (IV) l’offertadi servizi di trasporto e per il tempo libero. È indispen-sabile un maggior controllo sulla spesa destinata alla for-mazione e sull’impiego dei fondi strutturali co munitari. L’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) vapotenziata e gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) vanno isti-tuiti come esperienze di formazione terziaria non acca-demica, distinguendo tra un’offerta regionale flessibile,non stabile, legata alle condizioni lo cali in continua tra-sformazione, e un’offerta di eccellenza, da consolidare

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nei settori strategici dello sviluppo del Paese. L’effettivaco-progettazione fra scuola e imprese dei percorsi, e inparticolare degli stage, vetrina delle aziende, è uno stru-mento po tente, se ben concepito e utilizzato. Vanno in-fine individuate forme efficaci di moni toraggio e con-trollo. Occorre poi un provvedimento di legge per riconoscereil diritto individuale al l’apprendimento permanente,estensione del diritto all’istruzione che condiziona l’ac-cesso a tutti i diritti. Anche la formazione continua va ri-considerata, nel senso di orientare le iniziative verso isoggetti che sono più bisognosi di essere formati, ag-giornati, riconvertiti, e sono più a rischio di perdita delposto di lavoro. Occorre anche un maggior coordina-mento tra programmazione regionale e programma-zione dei fondi interprofessionali, ampliandone il campodi intervento (apprendisti, lavoratori atipici e disconti-nui…).

10 Un piano straordinario per l’edilizia scolastica Due edifici scolastici su tre non sono a norma di legge,per questo è urgente met tere subito in sicurezza il 65per cento delle scuole italiane. Da uno studio della KRLSNetwork of Business Ethics, emerge che in Italia solo il46 per cento delle scuole ha il certificato di agibilità sta-tica, contro il 98 per cento della Germania, il 93 percento della Francia, il 92 per cento dell’Inghilterra, l’89per cento della Spagna, il 77 per cento della Polonia, il71 per cento del Portogallo, il 64 per cento della Ro-mania, il 58 per cento della Bulgaria e il 53 per centodell’Albania che chiude la classifica.

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Così come sappiamo che tanti Istituti funzionano fuorinorma ed in violazione del decreto che per la sicurezzaantincendio prevede la permanenza in classe di non piùdi 26 persone in presenza di una unica porta quale viadi fuga, ora a causa dell’au mento del numero deglialunni per classe, deciso dal Governo in carica, spessis-simo il limite viene sforato giungendo anche ad averepresenti in classe più di 38 alunni . E’ in gioco la vita deiragazzi. Il Partito democratico propone un piano straordinarioper la manutenzione, la messa in sicurezza degli edificiscolastici e l’edificazione di nuove scuole. Le risorse stanziate, anche dall’ultimo governo di centrosinistra, talvolta non pos sono essere spese dagli enti lo-cali per i lacci troppo stretti del patto di stabilità in-terno,che altrimenti verrebbe sforato. Per questo chie-diamo di escludere dal patto di stabilità le spese perl’edilizia scolastica, come più volte da noi sollecitatoanche in Parlamento. Lo snellimento delle procedure perreperire, liquidare e spendere le ri sorse, l’apertura dinuovi cantieri per la messa a norma e la ristrutturazionedegli isti tuti scolastici esistenti, oltre che l’edificazione dinuove scuole, permetterebbero anche di dare avvio acentinaia di nuovi cantieri, con un impatto positivo sul-l’econo mia e l’ occupazione. Va programmata con le Re-gioni e gli Enti Locali, soprattutto nel mezzogiorno, unarazionalizzazione e un rinnovamento radicale delle strut-ture sco lastiche destinando a questo scopo, nelle areesotto utilizzate, i fondi FAS. Togliendo le scuole dagli“appartamenti” in locazione ed edificando nuovi poliscolastici pro gettati con una architettura innovativa eco

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sostenibile in linea con le nuove tecniche di risparmioenergetico, che sostenga e renda possibile una nuova di-dattica a classi aperte ed interdisciplinare. Dotando gliistituti scolastici di palestre, biblioteche e la boratori, fa-cendo intervenire nel controllo e nell’indirizzo dell’uti-lizzo delle risorse per l’edilizia scolastica il consiglio di isti-tuto delle scuole autonome, rimotivando così anche lapartecipazione dei genitori e degli studenti, oltre che deidocenti e di tutti coloro che nell’istituto operano.

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4.2 Verbale sintetico della commissione scuolaAssemblea nazionale di Varese 8-9 ottobre 2010

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PremessaL’ampia e attenta partecipazione ai lavori della commis-sione (fra cinquanta e cento eletti dell’assemblea na-zionale) ha dimostrato il forte interesse dell’assembleanazionale per la scuola, che secondo la totalità dei par-tecipanti deve restare una priorità del PD, perché le po-litiche dell’istruzione sono uno dei punti che differen-ziano in modo più netto la destra dal centrosinistra. Inumerosi interventi al dibattito (una trentina), da ve-nerdì sera fino agli ultimi minuti di sabato mattina,testimoniano un’ampia e convinta condivisione del do-cumento preparatorio. Segue una sintesi del dibattitoche richiama, sottolinea e arricchisce di osservazionioriginali i molti punti condivisi; e presenta, in coda, po-chi punti critici e proposte di emendamento.

Sintesi: punti condivisi, sottolineature, integrazioniIl PD deve esprimere una visione complessiva dellascuola per il nostro Paese: scuola pubblica, inclusiva,della cittadinanza, aperta al cambiamento sociale,economico, impegnata nel rinnovamento dei saperi edella didattica. Una cornice generale nella quale ripen-sare anche l’attuale scansione dei gradi scolastici.La centralità della nostra scuola è la persona dell’alunno

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ed il suo apprendimento, la relazione educativa, la di-versità culturale, l’attenzione alla dispersione ed al suc-cesso formativo. Ciò equivale a rimuovere gli ostacoliche impediscono il pieno sviluppo della persona umana,a portare ciascuno al massimo del proprio poten-ziale senza che nessuno si perda o si senta escluso,nemmeno i ragazzi più deboli, italiani o immigrati chesiano.La scuola è allo stesso tempo un’istituzione della Re-pubblica, riconosciuta dalla Costituzione, come garantedei diritti degli alunni e delle famiglie, ed una comunitàeducativa; deve essere autonoma, saper interagirein un sistema di autonomie territoriali, esercitare unafunzione di presidio sociale, promuovere la partecipa-zione democratica. Particolare attenzione andrà dedicata alle scuole ita-liane all’estero, come diffusori della lingua e della culturadel nostro Paese, nonché quelle italiane in presenza diminoranze linguistiche, sempre più trascurate.La musica nella scuola richiede un approccio organicoe sistematico; soffre di una situazione confusa, a par-tire dalla scarsa valorizzazione nel primo ciclo fino allapoco trasparente istituzione dei licei musicali e alla nonapplicata riforma dei conservatori, che diventeranno uncanale accademico trascurando l’apprendimento musi-cale in altre età. Anche in questo la riforma Gelmini haaggravato anziché risolvere i problemi.A sostegno dell’autonomia occorre rivedere il sistema digoverno delle scuole, realizzare il riconoscimento dellaloro rappresentanza, riformare profondamente l’orga-nizzazione dell’amministrazione scolastica, coinvolgere

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maggiormente le famiglie, nel governo della scuola e so-prattutto in un nuovo patto formativo.L’autonomia didattica e organizzativa deve far leva suuna progettualità sempre più qualificata, la continuitàverticale dei processi formativi, l’innovazione delle me-todologie, dei contenuti e delle strutture. Le scuoledevono inoltre rappresentare centri di aggregazioniper i giovani, aumentando il tempo disponibile el’incremento di opportunità e di attrezzature.In tale ottica le politiche del personale devono dare sta-bilità sia al posto di lavoro sia alla figura docente in unadata realtà didattica (bene la proposta dei tre anni dedocumento preparatorio), ma anche rendere più flessi-bili le funzioni e le modalità di utilizzo. Bene l’organicodi istituto che consenta di adeguare le prestazioni allereali necessità degli alunni e dei contesti territoriali.Si devono sistemare i precari “in graduatoria”, macontemporaneamente riaprire i concorsi, per non per-dere una generazione di giovani che sono motivati allaprofessione docente. La parola concorso non è casuale:l’Italia di oggi non consente di derogare al principio delconcorso pubblico. Va altresì definita la formazione per-manente degli stessi docenti, continua e strutturata, acarico della comunità e non del singolo docente, da con-seguire in modo obbligatorio e certificato.Lo Stato deve garantire i Livelli Essenziali delle Presta-zioni e definire gli standard di apprendimento, nonchéoccuparsi del controllo dei risultati ai vari livelli: alunni,docenti, dirigenti, scuole (bene il documento PD sullavalutazione), in modo da valorizzare il merito di ciascunoe incentivare, anche economicamente, chi lavora nelle

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scuole di frontiera.Occorre imparare presto e bene; la scuola deve conso-lidare le competenze di base, anche attraverso unamaggiore capacità organizzativa, in modo che torni adessere un autentico “ascensore sociale”. Il tempo scuolaè un importante strumento, se tiene conto sia delle esi-genze della famiglie, sia dei ritmi di apprendimento edelle condizioni formative degli allievi.Istruzione e formazione professionale costituisconol’aspetto della continuità orizzontale da presidiare so-prattutto nella fase della preadolescenza dove più fra-gile si rivela la motivazione e l’orientamento, mettendoa rischio l’acquisizione di competenze necessarie perlo sviluppo personale e l’inserimento nel mondo del la-voro. Competenze generali e professionalizzanti de-vono andare di pari passo, attraverso sia una didatticalaboratoriale, sia un’integrazione dei percorsi e dei si-stemi formativi. E’ importante altresì sviluppare attivitàdi alternanza tra scuola e lavoro, per sviluppare ido-nee competenze e per valorizzare una pluralità di “am-bienti formativi”.La scorciatoia dell’apprendistato per l’assolvimento del-l’obbligo di istruzione non può però essere una solu-zione, soprattutto in questo momento di crisi per il la-voro e in quanto, salvo lodevoli ma rarissime eccezioni,essa in Italia difetta di adeguate strategie formative.Attenzione altresì alla situazione di disomogeneità perquanto riguarda i sistemi di formazione professionaleregionale nel nostro Paese, e, piú in generale, ai livelli diapprendimento e di qualità della scuola: senza stu-dio accurato delle condizioni di partenza e previsione

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dei necessari interventi correttivi, il federalismo può li-mitarsi a prendere atto delle drammatiche disparità dioggi o addirittura accentuarle.Sarà importante riorganizzare la spesa per i servizi for-mativi, soprattutto in relazione alle competenze degliEnti Locali e delle autonomie scolastiche: realizzare l’ap-plicazione del nuovo titolo quinto della Costituzione edefinire i costi standard in modo da non far calare l’ef-ficienza e la qualità dei servizi. Si tratta inoltre di defi-nire una “quota capitaria” (NB: nulla a che vedere conil “buono scuola” della destra) che non riguardi peròsolo il numero degli alunni, ma anche la tipologia e laqualità del servizio. I costi a carico delle famiglie sonocomunque in aumento; è urgente interrogarsi suiloro contributi e reclamare che i crediti delle scuolesiano saldati dal MIUR.La formazione riguarda tutto l’arco della vita; va po-tenziato un sistema di formazione degli adulti, oggi ca-rente, anche attraverso un’apposita legislazione (anchequi, come in tutto il resto della discussione, in accordocol documento, che è solo da sviluppare).Dovranno essere realizzati due piani straordinari: unoper l’edilizia scolastica, anche mediante un appositocensimento (anagrafe) dei locali, in modo da ga-rantire la sicurezza degli allievi e sostenere la qualità de-gli apprendimenti; l’altro per diffondere le nuove tec-nologie, sia per la comunicazione multimediale checome strumenti di arricchimento delle azioni formativee professionalizzanti.Dalle battaglie per il ripristino delle compresenze e la di-fesa delle sperimentazioni (che erano non un retag-

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gio ideologico, ma la concreta messa in opera dicapacità di innovazione e di relazione con la società eil territorio, in una parola erano il nome dell’autonomia),il PD deve stare dentro alle lotte, contro il degradodelle scuole; deve combattere la destra che fa di ognierba un fascio per giustificare i tagli, innovare quel cheè vecchio, difendere quel che vale: non siamo in di-fesa del fortino assediato, vogliamo cambiare in me-glio, e proprio per questo porre mano a ciò che non vae non picconare ciò che funziona bene. Per lo stesso mo-tivo, sulla base dell’esperienza e delle trasformazioni so-ciali degli ultimi decenni, il PD deve essere creativo eaperto a ripensamenti e miglioramenti anche nel “ri-mettere in vetrina i gioielli” del modulo e del tempopieno o il tempo prolungato alle medie, o nel rilanciaree valorizzare la scuola d’infanzia e primaria nel suo cre-scente ruolo di presidio sociale sul territorio.Il PD deve essere sempre più capace di fornire ai suoi unsupporto per lo scambio di esperienze e buone pratichescolastiche, per battere la rabbia autolesionista e volgerlaall’impegno. In tal senso la nuova piattaforma te-lematica assemblea*2.0 potrebbe risultare preziosa pergli eletti dell’assemblea.Incassata l’amplissima condivisione sui dieci punti e suldocumento sulla valutazione del sistema scolastico del Fo-rum, il PD dovrà indicare con chiarezza priorità e risorse;priorità fra i dieci punti, che non potranno essere realiz-zati simultaneamente quando vinceremo le elezioni; ri-sorse per la progressiva realizzazione. In questo sensoil Quaderno Bianco di Prodi, Fioroni e Padoa Schioppasarà un ineludibile punto di riferimento.

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Guardiamo al futuro

Punti critici e proposte di emendamento Abolire il passaggio del documento assembleare in cuisi propone che il fondi relativi alla legge 440 non pas-sino più attraverso le commissioni parlamentari. Ap-profondire maggiormente il ruolo degli organi collegialinell’ambito dell’edilizia scolastica. Rivedere e precisareil passaggio sulle disabilità. Discutere, sia pure in formasperimentale, la possibilità di chiamata diretta di docentiper le quote di flessibilità dei curricula da parte di reti discuole. Studiare la possibilità di prepensionare i docentiche lo desiderano.Superare l’identificazione fra aula e classe. Studiare, nelriordino dei cicli, la possibilità di portare da 13 a 12 glianni di scuola, come già accade in numerosi Paesi eu-ropei.

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5. RILANCIO, GOVERNO E RAPPRESENTANZADELLE AUTONOMIE SCOLASTICHE

Seconda sessione del Forum nazionale politiche dell’Istruzione del PDRoma, 15-16 gennaio 2011

Documento di sintesi

La scuola è un’Istituzione della Repubblica che garanti-sce, insieme al valore legale dei titoli di studio su tutto ilterritorio nazionale, pari opportunità a tutti i cittadini in or-dine al diritto allo studio e al pieno sviluppo della perso-nalità (successo formativo), nel rispetto della loro co-scienza morale e civile. Questa missione, a lungo compiutaattraverso un modello di government ministeriale, ha co-nosciuto forme progressive di decentramento, dalla cartadei servizi della scuola alla semplificazione amministrativafino alla riscrittura del Titolo V della Costituzione, passandoper l’autonomia scolastica e il riconoscimento della parità,nell’ottica di un sistema integrato di istruzione pubblica.Elevata da un decennio a dignità costituzionale ma ancorapriva di mezzi e strumenti attuativi, l’autonomia scolasticaha sviluppato solo in piccola parte le proprie potenzialitàdidattiche, organizzative, di ricerca e di partecipazione. Loha fatto, parzialmente, dove c’era un dirigente capace diprendersi le proprie responsabilità, una comunità scolasticavivace e partecipe, enti locali che sostenevano strategica-mente la scuola; molto resta da fare affinché ovunque,non solo in alcune isole fortunate, decolli un’autonomiapiena, responsabile e partecipata. La stagione dei “decreti delegati” del 1974 aveva pro-mosso la partecipazione di genitori e studenti alla vita del-

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l’istituto, estesa anche ad altre componenti rappresenta-tive della comunità politica, economica e sociale del ter-ritorio. Purtroppo il mancato trasferimento alle scuole dieffettivi poteri e responsabilità di governo ai diversi livelli(istituti, distretti, consigli scolastici provinciali...), lo svuo-tamento di risorse umane e finanziarie, la scarsa rilevanzadei soggetti esterni alla scuola nei processi decisionali e,non ultima, la mancanza di adeguata informazione e for-mazione per un suo corretto ed efficace esercizio, hannofortemente demotivato la partecipazione che, special-mente fra i genitori ma in misura significativa anche fragli studenti, ha registrato un forte calo nei momentielettorali. La crisi della democrazia rappresentativa ha contribuito adaffievolire l’originaria tensione verso una scuola comunitàche interagisce con la più ampia comunità sociale e civile,ovvero ad accrescere il rischio dell’autoreferenzialità. Nelfrattempo sono risorti movimenti spontanei di genitori esi è fatta strada l’idea di un ruolo autonomo delle famiglienelle scelte educative, fino a forme embrionali di privatiz-zazione. La crisi partecipativa è anche crisi della visione co-munitaria della scuola come luogo dove si collabora per unfine condiviso; essa disperde un patrimonio prezioso perl’educazione alla democrazia, per l’attuazione di un pattoeducativo tra scuola famiglie e territorio, per la coesionesociale. Scuola istituzione e scuola comunità non vanno con-trapposte, ma integrate in una prospettiva di reci-proco rafforzamento e miglioramento: la comunità ac-quista spazi e poteri nella gestione, l’istituzionerafforza il proprio ruolo di garanzia nel raggiungi-

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mento degli obiettivi e nel controllo dei risultati. In tale prospettiva, ampliata da sempre maggiori relazioniinternazionali, si apre la strada all’idea della scuola auto-noma, capace di autoregolazione, all’interno di un si-stema nazionale che garantisca (a partire dall’attivazionedi una valutazione indipendente che ne consenta il moni-toraggio periodico a tutti i livelli) gli standard sia nella pre-stazione del servizio (LEP), sia nei risultati di apprendi-mento (competenze in uscita, profili degli indirizzi, indaginisulle prestazioni, confronto con il mondo del lavoro...).L’autonomia, riconosciuta (non concessa) alle scuole, èstata recentemente elevata a dignità costituzionale. Lanormativa attuale ipotizza già un’autonomia didattica,organizzativa, di ricerca, innovazione e sviluppo, ma è an-cora priva di mezzi e di strumenti attuativi sul piano fi-nanziario, dei curricula e della gestione del personale. L’autoregolazione sul piano giuridico e didattico consen-tirà alle istituzioni scolastiche di essere pienamente inse-rite nel territorio, anche se i loro compiti sono sostenuti daobiettivi universali di tipo culturale e formativo, e di eser-citare il proprio specifico ruolo di istituzione finalizzata allaformazione della persona (lungo tutto l’arco della vita)contribuendo anche alla progettualità e allo sviluppo delterritorio. E’ dunque la realizzazione piena dell’autonomia scolasticail primo e piú importante obiettivo politico. Occorre por-tare a compimento il decentramento delle competenzeamministrative iniziato con le “leggi Bassanini” e applicareil nuovo Titolo V della Costituzione. Il Ministero deve po-tenziare e qualificare le proprie funzioni di indirizzo, di altaprogrammazione, di verifica, valutazione e controllo ri-

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spetto al funzionamento delle autonomie scolastiche e airisultati di apprendimento, trasferendo i compiti di ge-stione a Regioni, enti locali e scuole. In tale ottica il rilan-cio della partecipazione non potrà avvenire attraverso gliattuali organi collegiali: occorrerà da un lato una legge sul-l’autogoverno degli istituti scolastici, e, dall’altro, strutturedi sostegno sul piano delle professionalità, dei servizi,delle relazioni economiche e sociali. Qui anche le fonda-zioni, enti di diritto privato, potranno agire in modo inte-grativo e non sostitutivo, per rinfrancare ed aumentare lepotenzialità dell’autonomia medesima. L’istituto scolasticoautonomo va quindi ricontestualizzato alla luce di:

• norme generali sull’istruzione e livelli essenziali delle pre-stazioni e obiettivi di apprendimento • programmazione della rete scolastica, integrazione trai sistemi formativi: statali e paritari, di istruzione e forma-zione professionale, lifelong learning • progettazione dei curricula e dell’offerta formativa • valutazione degli apprendimenti e del funzionamentodell’istituto • rappresentanza delle scuole autonome nelle decisioni dipolitica scolastica ai diversi livelli territoriali • gestione del personale. Pur coinvolgendo dinamiche legate ad un unico obiettivo,si possono considerare tre ambiti di intervento.

Governo internoLa partecipazione di insegnanti, studenti, genitori e co-munità locale alla vita e al governo della scuola è untratto distintivo, solido e condiviso del sistema scolastico

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e della scuola dell’autonomia, che va accompagnato coniniziative di supporto. E’ una direzione ineludibile di avvi-cinamento della scuola ai cittadini che può restituire valoreall’educazione e all’istruzione e, nel secolo della globaliz-zazione e della interculturalità, attivare nuove forme dicoinvolgimento e partnership per alunni e famiglie di al-tri Paesi. Il rilancio della partecipazione implica anche la ri-scoperta del valore della democrazia che compone il con-flitto ed evita rigidità, sovrapposizioni e duplicazioni, peresempio tra rappresentanza sindacale e poteri e funzionidella componente professionale, o tra diversi livelli am-ministrativi e territoriali. Mettendo al centro il valore for-mativo dell’autonomia, occorre perciò intervenire sui di-spositivi in grado di conciliare partecipazione ed esigenzadi efficacia ed efficienza nelle decisioni, distinguendo e co-ordinando organi di indirizzo e organi tecnici, il ruolo deldirigente e quello della comunità sociale e professionale.Una simile efficienza organizzativa non deve essere, na-turalmente, fine a se stessa: va sempre ricondotta al-l’obiettivo dell’apprendimento, dell’innovazione, dellaprogettazione e della sperimentazione formativa. L’espe-rienza suggerisce, del resto, che autonomia e partecipa-zione non sono in contraddizione: l’autonomia si è spessorealizzata dove la partecipazione era più ampia e coinvol-geva gli studenti, il patto educativo tra scuola e famiglie,il patto territoriale con le scuole, gli enti locali.

Il buon governo e il rilancio della scuola dell’autonomia ri-chiedono: • riconoscimento della centralità dell’alunno come titolaredel diritto al successo formativo

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• varietà delle forme di partecipazione, da tarare sulle di-verse realtà e cicli scolastici • rappresentanza delle componenti, semplificata nelleprocedure, da definire nella scuola dell’autonomia con re-golamenti interni, sulla base di una normativa generale,essenziale, di garanzia • rimotivazione alla partecipazione, anche attraversoforme non assembleari (web, social network…) • articolazione del collegio docenti, dei dipartimenti e deiconsigli di classe, necessaria a portare a sintesi l’indirizzoformativo della scuola e al tempo stesso garantire alla so-cietà nel suo insieme il prezioso bene costituzionale dellalibertà di insegnamento • figure professionali con competenze per la formazione,la valutazione, il raccordo scuola-territorio e i compiticonnessi con l’attuazione dell’autonomia • partecipazione di enti locali, privati, università e ricercanella realizzazione del piano di offerta formativa dellascuola• costituzione di reti scolastiche per: - semplificare la gestione amministrativa delle scuole auto-nome, migliorando l’efficienza nell’erogazione dei servizi - coordinare azioni e progetti a carattere territoriale - sviluppare attività formative e di coordinamento su: in-clusione, integrazione, orientamento, istruzione adulti.

Mentre sugli obiettivi indicati sembra esservi ampio con-senso, sulle modalità di traduzione operativa perman-gono opinioni diverse, in merito a: • statuto autonomo per ogni scuola o invece regola-mento nazionale

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• rete obbligatoria o invece temporanea, volontaria e “discopo” • figure professionali particolari, diverse o no dall’inse-gnamento, gerarchizzate o meno • gestione decentrata del personale • presenza degli enti locali nella gestione diretta dellescuole.

Governo territorialeGli accordi di rete fra scuole per una varietà di scopi isti-tuzionali sono possibili dal 1999. Il regolamento dell’au-tonomia prevede perfino la possibilità di scambi tempo-ranei fra docenti: il giorno in cui le scuole autonomefossero dotate di un organico funzionale (una delle pro-poste approvate dal PD a Varese), non ci sarebbe bisognodi nuove leggi per condividerne la gestione in una rete discuole. Finora, però, la possibilità di fare rete è stata pocosfruttata. La difficoltà è istituzionale (sete di autonomiadelle singole scuole nel governo e nell’organizzazione fi-nanziaria) e culturale: una scuola da sempre divisa fra ten-tazione autoreferenziale e sguardo verso l’alto (Ministero)fatica, specie in territori disagiati, a guardarsi attorno e so-lidarizzare con altre scuole, se sono in gioco servizi e pro-dotti della propria iniziativa progettuale. Tutti convengono sulla necessità di rafforzare l’autonomiacon reti di sostegno e laboratori territoriali per la do-cumentazione e la diffusione delle buone pratiche, la ri-cerca e l’innovazione didattica e organizzativa, l’aggior-namento di docenti, dirigenti e personale amministrativo,la promozione di sinergie su punti strategici come l’inter-culturalità o l’integrazione dei diversamente abili. Le

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opinioni si dividono sulla obbligatorietà o meno di unanuova e dettagliata normativa sulle reti di scuole, per de-finirne anche la loro rappresentanza. Alcuni vorrebbero attribuire a queste reti compiti oggisvolti dalla singola amministrazione scolastica e/o renderleobbligatorie, nel timore di una “autonomia pulviscolare”.In questo scenario l’unità autonoma diverrebbe la rete discuole; ad essa, non piú alla singola scuola, sarebbero ri-feriti, ad esempio, l’entrata in ruolo, la gestione del per-sonale e l’organico funzionale, evitando naturalmente diinvadere il campo delle competenze di regioni ed enti lo-cali o prevedendo con esse specifiche intese. Altri sostengono invece che responsabilità e rappresen-tanza in tutte le sue componenti debbano rimanere nellemani della singola scuola autonoma: la sua taglia, dopo gliultimi dimensionamenti, non sarebbe affatto pulvisco-lare, e un suo ulteriore, forzato accorpamento in reti ob-bligatorie rischierebbe di scipparne la dinamica alla co-munità scolastica finendo per consegnarla agli enti localie in ultima analisi alla politica, con rischi non dissimili daquanto già visto per le ASL. Sostengono pure che l’auto-nomia sia rimasta fragile e le reti non siano decollate so-prattutto per il mancato supporto finanziario, organizza-tivo e culturale, per la mancata valutazione, perl’insufficiente trasferimento di responsabilità da parte delMinistero, l’eccesso di leggi e circolari: problemi risolubilia legislazione quasi invariata attraverso opportuni inter-venti di indirizzo accompagnati da adeguati incentivi fi-nanziari. In coerenza con lo sviluppo della legislazione costituzio-nale e la piena attuazione del decreto legislativo n. 112 del

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1998, alle autonomie scolastiche spetta un ruolo istitu-zionale sul territorio. Per esercitare tale ruolo è necessarioun nuovo modello di governo del sistema scolastico, chenecessita di organi di rappresentanza. La rappresentanzanei diversi ambiti territoriali, in analogia con gli enti locali,primi interlocutori nella programmazione dell’offerta for-mativa, si manifesta nella volontà delle scuole di associarsiper risolvere problemi comuni e ottimizzare le risorse. Lalibera associazione delle scuole autonome (ANCI dellescuole?) potrebbe così diventare interlocutore istituzio-nale dell’ente locale per la programmazione dei fabbiso-gni formativi e i diversi aspetti della politica scolastica. L’autonomia è il dispositivo più importante per realizzarecompiutamente le riforme ordinamentali e la costituzionedei sistemi formativi territoriali. Sul piano istituzionaledeve, com’è noto, essere ancora portata a termine, anchese, per ora, il dibattito pubblico sul federalismo lascia lascuola piuttosto in ombra. Tutta la legislazione che si ri-collega all’esperienza degli organi collegiali non è più ingrado di intercettare il cambiamento che sta avvenendosoprattutto nel governo dei sistemi locali. Occorre una ra-dicale riforma dell’Amministrazione Scolastica e del Con-siglio Nazionale della Pubblica Istruzione, in considerazioneda un lato dei sempre maggiori spazi occupati nel settoredalla Conferenza Stato-Regioni, e, dall’altro, dell’impor-tanza che a livello nazionale rimanga un organismo di ga-ranzia della libertà di insegnamento, del significato na-zionale della funzione docente e dell’unitarietà del sistemascolastico. L’autonomia è ancor più sfida culturale, perché poggia suprocessi partecipativi e di coesione sociale: ha a che fare

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con l’educazione permanente alla democrazia. Partecipa-zione e corresponsabilità hanno consenso, oggi, nell’opi-nione pubblica e tra il personale della scuola? Si imponeun’intelligente opera di rimotivazione, anche per contra-stare chi, in chiave egoistica anziché solidale, confonde au-tonomia e privatizzazione. E’ necessario dunque muovere da una individuazionechiara della ripartizione delle competenze tra stato, regioni,province, comuni, istituzioni scolastiche, nell’applicazionedel Titolo V della Costituzione. Occorre mettere gli enti lo-cali nella condizione, anche finanziaria, di esercitare com-piutamente le funzioni riconosciute dalla normativa vi-gente. L’autonomia scolastica è fragile, soprattutto neiterritori in disagio economico e sociale o in presenza diconflitti con le altre autonomie territoriali, e decolla solose sostenuta dagli enti locali per tutte le materie e funzioniche richiedono investimenti e potere contrattuale che lescuole, anche in rete, non riescono a raggiungere. Rico-noscerlo non è una diminutio delle scuole autonome, mala condizione per il loro rafforzamento. L’autonomia èspesso condizionata dai livelli di sviluppo socio -econom-ico del territorio e risulta necessario sostenere i territori indifficoltà, anche nella prospettiva di un federalismo com-pensativo. I finanziamenti statali devono essere mantenutisulla base del costo ponderato per alunno; la scuola ge-stirà tali risorse integrandole con altre fonti, pubbliche eprivate. In tale contesto occorre anche rimettere in di-scussione l’odierna combinazione (né autonomista, néfederalista, né solidale) di risibili tasse scolastiche versateal centro e opachi “contributi volontari” versati dalle fa-miglie alle scuole.

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Occorre un quadro atto a garantire i livelli essenziali delleprestazioni su tutto il territorio nazionale, a promuovere ilmiglioramento del sistema, a identificare e riportare rapi-damente a norma distorsioni e abusi. Vanno chiaramenteindividuati i luoghi della programmazione, dove adeguatistrumenti di analisi dei bisogni sociali contribuiranno alladefinizione di obbiettivi formativi e relativi livelli essenzialidelle prestazioni, e organismi nazionali e territoriali di so-stegno all’elaborazione e manutenzione dei curricoli. Il variegato panorama delle realtà locali chiede da un latol’interpretazione estensiva delle norme, per consentire(soprattutto ai Comuni) di intervenire col proprio sostegnoin situazioni di emergenza; dall’altro l’attenzione a non so-stituirsi ai compiti dello Stato (la scuola è della Repubblicae lo Stato non può disinteressarsene); dall’altro ancoral’importanza di vincolare le risorse ai necessari interventiper le scuole. Particolare considerazione va riservata all’edilizia scolastica,per i necessari investimenti statali e regionali. In proposito,benché riordinate e razionalizzate, le competenze vannomantenute agli enti locali: siamo contrari all’agenzia a ca-rattere privatistico “scuola SPA” proposta dal ministrodell’economia, così come si esprime timore circa la realepossibilità di attivare risorse stabili per questo settore nel-l’ambito delle “funzioni fondamentali” di comuni e pro-vince previste dalla legge sul federalismo fiscale, confer-mando la necessità di un piano straordinario nazionale(una delle dieci proposte PD per la scuola approvate a Va-rese, ottobre 2010). Anche una manutenzione ordinariadegli edifici direttamente in mano alle scuole autonomeavrebbe bisogno di garanzie, sia sul piano dei finanzia-

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menti che delle intese con le amministrazioni locali. L’autonomia scolastica si colloca nel sistema delle auto-nomie territoriali. Il suo ruolo si esplica tra scuole, anchedi diverso ordine e grado, e nelle “conferenze d’ambito”con le politiche sociali, giovanili, sanitarie. Distinguiamoanzitutto le modalità di rappresentanza di livello supe-riore alla singola scuola (sub provinciale, provinciale, re-gionale, nazionale), realizzabile attraverso aggregazioni li-bere o obbligatorie di scuole, dalle reti di scuole “discopo” o funzionali, territoriali o istituzionali, di gestionedei servizi. È nella singola unità scolastica che si esprime il massimodella partecipazione diretta, ma il ruolo dei genitori deveessere considerato anche ai livelli territoriali superiori, co-ordinando i presidenti dei consigli di istituto, valorizzan-done le associazioni e/o attraverso consulte analoghe aquelle esistenti per gli studenti. E’ importante che chi faparte di questi organismi abbia un mandato. Nella rap-presentanza non ci si può riferire alla sola dimensione le-gale, con cortocircuito fra rappresentanza e responsabilità:ogni rappresentanza dovrebbe avere alle spalle un per-corso partecipativo e fondarsi prevalentemente su elezioni.

Supporti all’autonomia scolasticaIn un processo di profonda e continua trasformazioneidentificata nel concetto di società liquida, con gradi dicomplessità crescente, il sistema delle scuole dell’autono-mia, per sopravvivere, deve cambiare spesso; per non ri-fluire verso il rischio della polverizzazione, deve avereun’adeguata massa critica, in termini di risorse culturali,professionali, organizzative. L’istituzione di reti di scuole af-

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fronta efficacemente questo rischio, anche se non risolvetutti i problemi di sviluppo qualitativo della nostra scuola.Al centro sta infatti l’autonomia delle scuole come capa-cità di elaborare e attuare una proposta formativa ade-guata ai bisogni degli allievi e del territorio attraverso uncurricolo di scuola (progetto di offerta formativa) con il li-vello nazionale che esercita funzioni di valutazione e ga-ranzia. E’ necessario ripensare la logica sistemica che do-vrebbe sostenere e realizzare l’implementazione delprincipio dell’autonomia.

Proposte • integrazione e comparazione del quadro normativo (le-gislativo e contrattuale) a sostegno dello sviluppo del-l’autonomia correlata con i principi di responsabilità, va-lutazione e rendicontazione sociale e integrazione nelsistema istituzionale • sostegno e incentivi a reti di scopo volontarie e aperte(già oggi possibili per formazione, innovazione etc.) e de-finizione di nuove forme (reti, associazioni) di rappre-sentanza regionale, territoriale…. • istituzione di centri servizi a sostegno dello sviluppo del-l’autonomia: competenze, expertise, consulenza, assi-stenza alla progettazione, valutazione • sostegno finanziario a laboratori per la ricerca, docu-mentazione e innovazione nella progettazione educativa • definizione di un bilancio strategico (piano esecutivo digestione) di durata triennale per favorire un miglior livellodi progettazione formativa nelle istituzioni scolastiche au-tonome. • realizzazione di un salto di qualità attraverso l’attivazione

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di un sistema di formazione istituzionale, stabile, rivolto atutto il personale della scuola: formazione per l’accesso inruolo, formazione in servizio, formazione a sostegno di tra-sformazioni culturali e strutturali, formazione organizza-tiva • realizzazione di un programma straordinario di forma-zione (anche con supporto di teacher center, associazioniprofessionali e sistema universitario) per il rilancio della cul-tura dell’autonomia • istituzione di un efficace sistema di valutazione autore-vole e indipendente, basato su criteri e modalità condivise,ai diversi livelli: apprendimento, performance, istituto • supporto alle scuole autonome in ambito gestionale, at-traverso centri di servizi territoriali in sinergia tra enti lo-cali, amministrazione scolastica, regioni e istituzioni sco-lastiche autonome, secondo le linee dell’accordostato-regioni-enti locali sull’attuazione del Titolo V.

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La definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP)è il nuovo crocevia tra antichi e non risolti problemi didecentramento amministrativo (D.Leg.vo 112/1998), larevisione delle competenze prevista dal nuovo Titolo Vdella Costituzione, la piena realizzazione dell’autonomiascolastica e la riorganizzazione del sistema fiscale (L.42/2009) nonché della spesa per i servizi educativi,scolastici e formativi.

I LEP, qualsiasi specificazione se ne voglia dare, assu-mono rilievo quando un servizio pubblico è attribuitoalla responsabilità dei livelli decentrati di governo, conadeguati margini di autonomia nella modalità di eroga-zione, nella composizione dei servizi offerti e nel loro fi-nanziamento. La necessità di individuare un sistema diLEP nell’istruzione è legata alla prospettiva costituzionaledel trasferimento di questo comparto dallo Stato alle Re-gioni (e quindi al suo accorpamento ai servizi educativie formativi già di competenza regionale); le Regionidovranno poi condividere con gli enti territoriali e conle autonomie scolastiche l’organizzazione della fornituradei relativi servizi e la responsabilità del loro finanzia-mento. Nel quadro dell’autonomia delle scuole e delTitolo V della Costituzione (due riforme del primo

6. I LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI (LEP)NEI SERVIZI EDUCATIVI, SCOLASTICI E FORMATIVIDocumento di sintesi del ciclo di seminari marzo - luglio 2011

Forum nazionale politiche dell’Istruzione del Pd

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centrosinistra da rilanciare e completare urgentemente),i LEP rappresentano, per le autonomie locali, il vincolocapace di garantire l’unità nazionale attorno alle esi-genze fondamentali del cittadino e ai suoi diritti civili esociali attraverso l’obbligo di servizi congrui con stan-dard quantitativi e qualitativi fissati a livello nazionale.

I LEP vanno definiti indipendentemente dai livelli di go-verno, con legge dello Stato, anche se le politiche fi-nanziarie in tali servizi sono concepite in una prospettivadi “multigoverno”. Le “funzioni fondamentali” da fi-nanziare completamente su tutto il territorio nazionaledevono poi essere ripartite sul piano fiscale tra i livelli:nazionale, regionale, provinciale e comunale. In tutti iprovvedimenti fin qui approvati manca completamentel’aggancio con l’autonomia scolastica, anche per quantoriguarda la sua capacità di autofinanziamento e la rica-duta già oggi possibile sulle detrazioni fiscali, tanto perle persone fisiche (genitori, eccetera) quanto per le per-sone giuridiche (aziende, eccetera).

Istituzioni scolastiche autonome, enti locali, loro aggre-gazioni, realtà pubbliche, associative e private nel campodei servizi alla persona, del lavoro, dello sviluppo del ter-ritorio, costituiscono il quadro nel quale si deve realiz-zare la qualità delle prestazioni in un’ottica di corre-sponsabilità e di sussidiarietà, attraverso appropriati edefficienti criteri di programmazione, trasparenza nellagestione, un sistema di valutazione e accreditamentobasato sulla definizione di obbiettivi e finalizzato all’ef-ficacia e alla qualità dei risultati.

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livelli essenziali delle prestazioni

Il processo di definizione dei LEP, che dovranno riguar-dare l’intero sistema educativo, di istruzione e for-mazione, statale e paritario, richiede fiducia e con-senso nel ruolo della scuola, e più in generale, delsistema educativo e formativo. Se si vuole evitare che ilfederalismo fiscale si riduca a ripartire i compiti fra i di-versi soggetti, fotografando la frammentazione e il sot-tofinanziamento odierni anziché ricondurli a unità, re-sponsabilità e nuove potenzialità, occorrono, sulla basedi obbiettivi strategici (formativi e di sviluppo del terri-torio), adeguate politiche di coordinamento e incentivoalla cooperazione territoriale e interistituzionale. In altreparole, le politiche fiscali non possono essere disgiuntedai modelli di governo del servizio che, nel nostro caso,dovranno misurarsi con la ricerca di equilibri tra auto-nomia e diversità, equità e omogeneità, comparazioneinternazionale e obbiettivi europei, crescita della personae sviluppo economico e sociale.Nell’orizzonte delle prestazioni dell’istruzione e dellaformazione c’è, infatti, sia la dimensione economica, siaquella educativa, orientata alla qualità pedagogica e di-dattica dei processi. I LEP devono essere agganciati astandard di sviluppo della persona umana e della cit-tadinanza in riferimento ai diritti garantiti dalla Co-stituzione: devono configurare obbiettivi condivisi peril continuo miglioramento della società attraverso per-corsi formativi offerti ai giovani e al territorio. Il lin-guaggio dei LEP dovrà servire non solo ad esplicitare glielementi “essenziali” (imprescindibili) che vanno in ognicaso finanziati, ma anche a far convergere i punti di vi-sta dei diversi soggetti che operano per questa comune

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finalità sul territorio (scuole, enti locali, società), evitandoche il passaggio dal centralismo alle autonomie provo-chi dispersione o distrazione di risorse.

La prima esperienza consolidata nella definizione dei LEPriguarda il servizio sanitario. In tale ambito si tende allastabilizzazione della spesa attraverso un riparto di fondia livello nazionale; il territorio assume un ruolo orga-nizzativo e gestionale, ed è relativamente semplice de-finire natura e quantità delle prestazioni, in quanto il li-vello rilevante è inequivocabilmente regionale.

Nell’istruzione il decentramento amministrativo va an-cora completato e l’autonomia scolastica non è piena-mente realizzata. Prima dell’attuazione del cosiddetto fe-deralismo fiscale sarebbe certo preferibile procederealmeno al pieno trasferimento delle funzioni ammini-strative alle Regioni e al completamento e rifinanzia-mento dell’autonomia scolastica. Già oggi, tuttavia,l’azione congiunta dei soggetti e dei sistemi locali, sia suiservizi educativi e formativi, sia sulle competenze disupporto al sistema scolastico e alle famiglie per il dirittoall’accesso, sviluppa, sulla base del “presidio” istituzio-nale fornito dall’autonomia scolastica, una funzione di-namica nella quale il valore dei risultati finali è legato allaqualità del processo formativo che ad essi conduce. Perquesto motivo la ripartizione della sola spesa MIUR dioggi non può in nessun caso costituire la base di par-tenza per i LEP di domani: la spesa va prima “smontata”in tutte le attuali componenti e livelli di governo primarichiamati, e poi “ricostruita” attraverso i diversi livelli

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livelli essenziali delle prestazioni

territoriali di imposizione fiscale, da quello nazionalefino a quello delle scuole dotate di autonomia finanzia-ria.

In altre parole i LEP, anche nei limiti di compatibilità det-tati dai vincoli della finanza pubblica, non possono es-sere ricompresi in una definizione a priori della spesa; ledinamiche finanziarie vanno studiate, programmatee monitorate in modo partecipato nell’ambito delle fun-zioni di programmazione regionale e con intese Stato–Regioni. In gioco non ci sono solo i livelli di efficienza,c’è la crescita delle persone e lo sviluppo del Paese.Cambiare in modo unilaterale le risorse della scuola,come dal 2008 ha fatto la destra al governo, significametterne in discussione gli standard e le modalità di fun-zionamento. Ciò vale sia per la spesa corrente che pergli investimenti. Di questo la comunità (locale e nazio-nale) deve essere consapevole.

I LEP devono contrastare il pericolo di disuguaglianza in-sito in ogni processo di autonomia, ed essere perciò rag-giunti integralmente su tutto il territorio nazionale: sonolivelli inderogabili di quantità e qualità del servizio deiquali va costantemente monitorata l’erogazione se-condo l’ottica dei diritti, non livelli minimi da misuraresecondo l’ottica dei risultati (che vanno comunque va-lutati, cfr. successivo punto 3). Si veda qual è oggi la si-tuazione della dispersione scolastica, specialmente nelleparti del Paese a più alto rischio sociale; e come gli in-terventi finanziari, anche europei, abbiano avuto, in as-senza di politiche coerenti e concertate fra tutti i prota-

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gonisti istituzionali, una ricaduta per lo più marginale.Un altro esempio negativo è dato dagli interventi delleRegioni nella formazione professionale, che in assenzadi LEP ha prodotto un’inaccettabile diaspora: a secondadella Regione in cui si nasce l’offerta formativa è diqualità europea o invece di cartapesta. Più in generale,su ogni scala territoriale la qualità della scuola presentauna varianza maggiore che in altri Paesi; per questo i LEPsono urgenti e per questo un semplice criterio di ripartodei fondi non è una risposta adeguata.

Qualora però per il finanziamento di tutto il servizio odi una sua parte si giunga ad un fondo nazionale da ri-partire, occorrerà stabilire non solo una ragionevolemodalità di calcolo della “quota capitaria”, come già av-venuto nella sanità, ma anche adeguati algoritmi cor-rettivi legati alle peculiarità del servizio erogato e allecondizioni sociali, economiche e geografiche della co-munità di destinazione, in vista di una progressiva ri-mozione degli “ostacoli di ordine economico e sociale,che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cit-tadini, impediscono il pieno sviluppo della personaumana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori al-l’organizzazione politica, economica e sociale delPaese”. Ciò richiede, evidentemente, studi e simulazioni.

1) I LEP indicano:- i diritti da garantire: diritto alla prossimità del servi-zio, diritto alla custodia dei figli dei lavoratori, diritto al-l’integrazione, diritto all’apprendimento lungo tutto ilcorso della vita, eccetera

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livelli essenziali delle prestazioni

- gli aventi diritto: evoluzione della popolazione sco-lastica, ponderazioni di classi di età; per una sostanzialeperequazione, una volta garantite quantità e qualitàdell’offerta formativa, occorre anche tenere d’occhio ilsuccesso formativo: è la conquista delle competenze, ac-certata da indagini nazionali o internazionali, che so-stiene le pari opportunità nei diversi contesti- le condizioni per l’esercizio del diritto e per la fruizionedel servizio educativo, scolastico, formativo: program-mazione e distribuzione dei servizi sul territorio, carat-teristiche delle strutture (edilizia, attrezzature, eccetera)- e prestazioni: orario, curriculum, eccetera, e parametridel servizio: rapporto medio insegnanti / alunni, quali-ficazione del personale, sistemi di assicurazione dellaqualità- le istituzioni preposte: scuola dell’infanzia, primaria,secondaria, post diploma, educazione degli adulti, ec-cetera.

2) La garanzia dei LEP non può, purtroppo, realizzarsi inassoluto, a prescindere dalla compatibilità finanziarianazionale. E’ dunque necessario trovare un equilibriotra i conti pubblici ed il riconoscimento ai cittadini distandard quantitativi e qualitativi nell’offerta deiservizi. Nel comparto dell’educazione, dell’istruzione edella formazione, i LEP dovrebbero però, come minimo,costituire il riferimento cui ancorare la decisione aggre-gata (partecipata) sulla dimensione del fondo comples-sivo da dedicare al settore, comprendendovi tutti i livellidi governo interessati; fondo che, in rapporto agli aventidiritto, potrebbe alla fine essere ricondotto ad una quota

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capitaria. In altre parole, dovrebbero essere i LEP a for-nire la base per la determinazione di quello che si po-trebbe definire il fabbisogno nazionale standard per ilcomparto, non viceversa. Rispetto a quanto previsto daiLEP e garantito, per le Regioni meno ricche, dal mecca-nismo di perequazione nazionale previsto dal “ federa-lismo fiscale”, la singola Regione può raggiungere livellianche piú alti attraverso ulteriori risorse proprie; lostesso possono fare le altre autonomie territoriali e sco-lastiche. E’ però interessante osservare che la Costitu-zione (art. 119) prescrive che il finanziamento garantitodallo Stato venga assegnato a ciascuna Regione senzavincoli di destinazione, cosicché una Regione potrebbe,paradossalmente, dirottare su un capitolo di spesa to-talmente diverso il fondo perequativo che lo Stato le for-nisce per raggiungere i LEP nell’istruzione. L’unico ri-medio a questo paradosso è che lo Stato sottoponga asevero monitoraggio e verifica ex post l’effettiva capa-cità delle Regioni di erogare i LEP in condizioni di effi-cienza e appropriatezza nell’utilizzo delle risorse, nonchéla congruità tra le prestazioni erogate e le risorse messea disposizione dallo Stato attraverso il fondo perequa-tivo.

3) Per ogni livello di multigoverno del sistema andrannomessi in campo:- monitoraggio dell’erogazione delle prestazioni nel ri-spetto dei parametri/livelli essenziali e dell’appropria-tezza della quantità di risorse, della loro destinazione edel loro impiego, attraverso un sistematico controllo digestione basato su un sistema ben definito di indicatori

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livelli essenziali delle prestazioni

- valutazione dell’efficacia e dell’equità nello sviluppodelle competenze, con riferimento a criteri europei(EQF), benchmark (EU 2020), rilevazioni nazionali (IN-VALSI) e internazionali (OCSE–PISA)- valutazione dell’efficienza, intesa come confronto traefficacia, equità e costo di erogazione del servizio, fi-nalizzata a individuare e diffondere le migliori pratichee modalità organizzative.

Alla valutazione dovranno seguire piani di migliora-mento continuo, riconoscimento e valorizzazione dellebuone pratiche, interventi compensativi nelle situazionicritiche. Andrà operata, infine, una periodica revisionedei LEP e dei meccanismi di determinazione della quotacapitaria, sulla base dei risultati conseguiti e in rapportoall’evoluzione culturale, sociale ed economica del Paese.

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La professione docente è attraversata da stereotipi chehanno segnato la storia della scuola. Guardare all’inse-gnante di domani significa partecipare al cambiamentoche dalla trasmissione del sapere e la tradizione cultu-rale porta all’analisi e alla costruzione di saperi, compe-tenze e versatilità che aprano ragazzi e ragazze allacomprensione della realtà complessa e globalizzata in cuivivono e consentano a ciascuno di inserirvisi al meglio,attivamente e consapevolmente. Da pubblico dipen-dente al quale consegnare una volta per tutte il patri-monio da trasferire, il docente diventa professionista do-tato di autonomia didattica e di ricerca: responsabile diconoscenze, risultati, successo formativo e ricadute sullavita sociale e lavorativa.Oggi tendiamo ad un sistema formativo allargato che apartire dal territorio aiuti ogni ragazzo e ragazza, ogniuomo e donna a trovare il proprio posto nel mondo; unsistema che copra tutto l’arco della vita e veda la di-mensione educativa sempre meno in termini di con-trapposte antropologie e sempre piú con laica atten-zione alla persona, al suo sviluppo, alle sue difficoltà ein particolare ai condizionamenti che inducono ad ab-bandonare il percorso formativo. L’attenzione alla rela-zione aiuta i docenti a conoscere i propri alunni e cre-

7. INSEGNANTE OGGI, INSEGNANTE DOMANI

Terza sessione del Forum nazionale politiche dell’Istruzione del PDRoma, 15-16 ottobre 2011

Documento di sintesi

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scere con loro, sostenendone la motivazione con unaprofessionalità sempre aperta al miglioramento.In questa prospettiva va riconosciuta la centralità dellafunzione docente all’interno di un programma politicoche fornisca indicazioni sul sistema formativo italiano deiprossimi decenni: saldamente ancorato al dettato costi-tuzionale, confrontabile e competitivo con sistemi estrategie messi in atto a livello europeo.

FormazioneLa formazione iniziale e lo sviluppo professionale del-l’insegnante non sono attualmente in sintonia. La primaviene sempre ricondotta ai percorsi accademici. Il se-condo non è in relazione con la programmazione del-l’offerta formativa, la valutazione dei docenti e la lorovalorizzazione (come singoli e nell’organizzazione isti-tuzionale). Inoltre nella formazione dell’insegnante (inentrata e in servizio) finora ha sempre prevalso la di-mensione burocratica sulla promozione dell’iniziativaprogettuale e l’ottica dell’autonomia scolastica. L’adozione di un sistema di formazione iniziale che siconclude con l’abilitazione dovrebbe essere conte-stuale all’adozione delle procedure di reclutamentodegli abilitati. L’espansione del numero di abilitati oltrela necessità e la mancata copertura dell’intero orga-nico, dimostrata dalla presenza in servizio di un 15% diinsegnanti a tempo determinato, ha provocato una si-tuazione intollerabile, nella quale ai gravissimi danniche il precariato reca alla vita dei docenti e alla continuitàdidattica si accompagna una tragica “guerra tra poveri”alla ricerca di soluzioni che avvantaggino l’uno o l’altro

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gruppo. Molti fra i governi che si sono succeduti hannola responsabilità di non aver percorso con regolarità peril reclutamento la via maestra, costituzionalmente ob-bligatoria, dei concorsi pubblici; il governo Berlusconiha drammaticamente peggiorato la situazione, ridu-cendo gli organici e bloccando le procedure introdottedal governo Prodi nel 2006-2008 per la copertura atempo indeterminato tutti i posti effettivamente ne-cessari.Per evitare che i provvedimenti sulla formazione inizialesiano determinati, anziché dalla ricerca di percorsi diqualità, dall’esigenza di risolvere i problemi del preca-riato, occorre anzitutto la definizione della necessariaflessibilità nell’utilizzazione delle risorse di docenza me-diante l’attribuzione alle autonomie scolastiche dell’or-ganico funzionale con l’azzeramento delle supplenze.Occorre attivare procedure concorsuali relative al pre-detto organico funzionale mediante: (1) programma-zione anticipata rispetto al percorso di formazione, (2)partnership di università e sistema scolastico nella pro-gettazione e gestione delle attività formative, (3) rile-vanza agli interventi di accompagnamento nella fasedell’entrata in servizio.L’incomunicabilità dei percorsi di formazione degli inse-gnanti primari e secondari va probabilmente superata.Tra formazione iniziale e formazione in servizio, ancheal fine di facilitare una auspicabile mobilità fra i livelliscolastici e nell’ottica di un’articolazione di professio-nalità da utilizzare nel sistema formativo territoriale,occorre dar vita ad un modello formativo polivalente eplurimo: per i soggetti coinvolti (pariteticità dei saperi

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accademici e dei saperi di scuola), per le diverse stagioniprofessionali, per tipologie e metodologie. Le autono-mie scolastiche da un lato dovranno potenziare la ca-pacità di ricerca, sperimentazione e sviluppo, dall’al-tro le azioni di rete, in ambedue i casi per rifletteresull’esperienza e ricostruirla nell’attività di progetta-zione e innovazione, mediante la documentazione, ilsupporto di esperti, il dialogo con le associazioni pro-fessionali, la messa in opera di quegli strumenti (labo-ratori territoriali) già previsti nel decreto n. 275/1999.A questo fine va valorizzata, all’interno del sistema uni-versitario, l’attività di ricerca didattica per la formazioneiniziale e in servizio svolta in rapporto con le scuole, su-perando orientamenti, oggi prevalenti, che tendono in-vece a premiare ricerche esclusivamente accademiche,e valorizzando la metodologia laboratoriale, capace diagganciare teoria e pratica per una formazione riferitaall’esperienza e alla realtà delle nuove generazioni.Le competenze corrispondenti alla professionalità e lamotivazione sono centrali nel profilo del docente eformano l’oggetto delle politiche di formazione inizialee reclutamento. Affinchè il percorso formativo attraggagiovani fortemente motivati e qualificati (come sottoli-neato da recenti documenti UE), nei quali individuare esviluppare attitudini competenze e conoscenze del fu-turo docente (che la formazione in servizio dovrà con-tinuare ad alimentare), è determinante il raccordo conconcrete prospettive di ingresso stabile nell’insegna-mento e successiva carriera non professionalmente edeconomicamente piatta.Il rapporto tra università e scuola, lungi dal ridursi al

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contributo delle scuole allo svolgimento dei tirocini,deve rappresentare un autentico partenariato, parita-rio, che caratterizza l’intero sistema formativo a partiredalla progettazione delle attività. E’ perciò necessarioun organismo che valuti unitariamente le esigenze, de-finisca criteri omogenei, garantisca la finalizzazione delleattività formative al profilo da raggiungere, curi l’orga-nicità tra le diverse parti del percorso (didattiche disci-plinari, laboratori, tirocinio); dei compiti e delle decisionidi questo organismo il sistema scolastico deve essereparte integrante: va quindi rifiutata, in quanto contra-ria a questa logica di integrazione, ogni soluzione chepreveda organi ad hoc per il tirocinio, li separi dal restodel percorso formativo e limiti solo ad essi la presenzadella scuola.La collocazione del tirocinio all’interno del percorso diformazione deve avvenire in forme che evitino la ridu-zione a mero praticantato. Il tirocinio infatti è il luogodella formazione alla competenza riflessiva, perchéoffre all’insegnante in formazione occasioni guidate diripensamento sul proprio agire. Esso costituisce il rac-cordo tra saperi teorici e pratici e induce il dialogo trascuola e università. Non si tratta, infatti, di giustapporreformazione disciplinare e formazione nelle scienze del-l’educazione, bensì di correlare questi due ambiti all’in-terno di curricula mirati alla formazione di un’effettivaprofessionalità docente. Per questo stesso motivo il ti-rocinio non dovrebbe essere relegato all’ultimoanno.Mancano ancora indicazioni da parte del MIUR circa itutor per i vari tipi di tirocinio e i diversi compiti previ-

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sti dalla recente normativa, e anche su come favorireun’efficace programmazione delle attività. In propositosarebbe bene ricuperare il patrimonio di esperienze ecompetenze delle migliori SSIS.I posti da bandire per il TFA, il cui numero come dettoprima va correlato al successivo reclutamento, andreb-bero altresí ripartiti tra regioni (e tra università all’internodi una stessa regione) in modo omogeneo e, fermo re-stando il superamento delle prove di accesso, esserestrutturati in modo da riconoscere crediti relativi a pre-gressi percorsi dottorali universitari o esperienze di in-segnamento.Un grande nemico della crescita professionale è la rou-tine, la stabilizzazione acritica di comportamenti e pra-tiche, addirittura la perdita di segmenti di professiona-lità rimasti inutilizzati nel tempo; la formazione inservizio non è solo una questione deontologica, deveessere obbligatoria e certificata, nonché riconosciutasia sul piano economico e di carriera che amministrativo(punteggio per i trasferimenti, per incarichi interni al-l’organizzazione scolastica, per accedere alla dirigenza),tenendo adeguatamente conto della diversità di impe-gno tra partecipazione ad un corso di aggiornamento epromozione di ricerche e innovazioni sul campo, così daprevedere non solo premialità occasionali ma un si-stema incentivante.Si tratta di comporre la formazione individuale, in rela-zione alla qualificazione professionale dei singoli, con leesigenze dell’istituzione scolastica, evitare la burocra-tizzazione e dare priorità, anche differenziando i trat-tamenti individuali, a ciò che incide sull’effettivo mi-

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glioramento del sistema formativo.Si devono fissare gli obiettivi e i criteri di valutazionedella ricaduta della formazione del docente, ma garan-tirgli allo stesso tempo libertà di scelta riguardo ai luo-ghi e ai contesti presso cui realizzarla (scuole, agenziespecializzate, associazioni professionali, piattaforme on-line). Una formazione in servizio monitorata e certificata ri-manda all’accreditamento dei soggetti che la erogano:servono criteri a garanzia della qualità dell’offerta, cosìcome per parlare di riconoscimento professionale dei do-centi non bastano le ore frequentate, ma occorre ve-rificare l’avvenuta acquisizione di competenze e la ri-caduta sull’effettivo rinnovamento e arricchimento delladidattica a valle dell’intervento di formazione. Essenziale è la documentazione e la circolazione dellebuone pratiche valorizzando centri territoriali di sup-porto nell’ambito di reti di scuole e di servizi forma-tivi territoriali, l’apporto delle associazioni professio-nali e le potenzialità offerte dalle tecnologie dellacomunicazione (senza ridurre tutto all’online).La formazione in servizio riceverebbe ulteriore impulsose posta come condizione indispensabile di nuovi sboc-chi professionali del docente (dirigenza scolastica, tutorper i nuovi docenti e cosí via), abbinata naturalmente aduna valutazione che dia peso all’effettiva capacità di-dattica (portfolio del docente) evitando che dichiara-zioni formali di competenze professionali o frequenza apercorsi accademici possano capovolgere un giudizionegativo sul campo (cfr. punto successivo e assembleanazionale PD Varese 2010.

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http://www.partitodemocratico.it/doc/108668

Organizzazione

1) del sistema scolasticoAlla base dell’organizzazione del sistema c’è il dimen-sionamento, di competenza delle Regioni e degli Enti Lo-cali, i quali, in base alla normativa vigente, devono in-dividuare “ambiti funzionali” in base ai bisogni delterritorio e mantenere la rete dell’offerta formativa in-teragendo con le istituzioni scolastiche autonome.La recente imposizione del Governo Berlusconi circa lacostituzione degli Istituti Comprensivi nel primo ciclo vaconsiderata non in base ai risparmi economici generatida una semplice accorpamento di plessi e gradi scola-stici, ma in relazione alla continuità e allo sviluppo delcurriculum verticale, alle condizioni territoriali, all’edili-zia e disponibilità di spazi, nella consapevolezza che ladimensione dell’istituto e l’articolazione delle sue diversecomponenti incide pesantemente sull’organizzazione. Siritiene dunque che si possa arrivare alla definizione ditale tipologia di istituti solo con i tempi necessari ad unarazionale programmazione e ad una riflessione sui pa-rametri numerici stabiliti dalla legge 233/1998.Per far decollare l’autonomia c’è poi bisogno di una retedi aggiustamenti coordinati fra loro sul piano istituzionale,descritti in maggior dettaglio in documenti precedenti delPD (vedi Dieci proposte per la scuola di domani, Varese2010 http://www.partitodemocratico.it/doc/109007 e idocumenti 2010-2011 relativi al primo Forumhttp://www.partitodemocratico.it/doc/107290

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e al secondo Forum Istruzione del PD http://www.partitodemocratico.it/doc/202326e qui richiamati solo per sommi capi:• rappresentanza delle scuole autonome• applicazione degli ordinamenti scolastici• semplificazione normativa: un nuovo testo unico• edilizia e sicurezza• modalità di finanziamento• reti di scuole e sistemi formativi locali• organico funzionale.2) DidatticaL’elemento fondamentale è costituito dall’organico fun-zionale di istituto, come:• capacità di far fronte a nuovi bisogni educativi•gestione dei gruppi di allievi• riconoscere la centralità del lavoro cooperativo per idocenti e gli studenti• sviluppare le potenzialità progettuali e di ricerca of-ferte dall’autonomia delle istituzioni scolastiche• consentire la continuità e la stabilità del progetto• favorire una maggiore apertura delle scuole.L’organizzazione deve sostenere i tempi dell’apprendi-mento evitando la frantumazione della didattica e re-cuperando i modelli che hanno dimostrato efficacia,come tempo pieno e modulo nella scuola primaria.Qui occorre incidentalmente notare che, riforme a parte,occorrerà rapidamente porre rimedio all’illegalità dellecircolari attuative relative agli organici degli ultimi dueanni scolastici, basate su decreti interministeriali non an-cora emessi ed altri gravi errori di previsione del Mini-stro Gelmini (come quello sulla effettiva domanda del

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tempo pieno nella scuola primaria), e qualche mese fabocciate dal Consiglio di Stato: anche rispetto alle leggivigenti risulta incoerente l’organico stabilito dalle circo-lari che avrebbero dovuto attuarle.

3) Funzionale• Per l’attività dell’insegnante deve essere previsto unorario funzionale che comprenda anche la progetta-zione, la cura delle relazioni, l’esercizio dell’autonomia.• Occorre prevedere un migliore utilizzo delle risorseumane, una armonizzazione dei profili professionali ri-spetto alle classi di concorso, la possibilità di uno svi-luppo della carriera.4) Tutele• Vanno assicurate risorse adeguate ad una pluralità didomande formative, alla complessità e specificità dellescuole• I docenti devono avere una rappresentanza efficace siaa livello istituzionale che sociale, che consenta di superarela solitudine e la conflittualità, anche attraverso un “patto”con gli studenti e le famiglie. La contrattazione non deveessere intesa come contrapposizione, bensì convergenzaverso il bene comune legando le legittime prerogative deilavoratori con il diritto allo studio.Status• Ogni possibile rivalutazione dello status dei docentiimplica un preliminare recupero strutturale delle ri-sorse sottratte con la mutilazione della carriera. Bi-sogna altresì intervenire sulle cosiddette leggi Brunettache hanno fortemente burocratizzato e centralizzato lagestione del personale della scuola assieme a tutto

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quello della pubblica amministrazione, ingessando ognipossibile autonomia scolastica.• L’autonomia scolastica intesa come autonomia fun-zionale va considerata come base di partenza per l’av-vio dei processi di innovazione attraverso profili profes-sionali caratterizzati dal nesso tra libertà diinsegnamento e discrezionalità della dirigenza, con leconnesse responsabilità e gli obblighi di rendiconta-zione per tutti.• Occorrono risorse umane certe da porre in relazionecon il progetto della scuola, sia a livello nazionale che lo-cale; questo si ottiene dando sistematicità e certezzanella periodicità dei concorsi, il che garantisce la con-tinuità didattica e risolve l’annosa questione del preca-riato; occorre anche diffondere le funzioni di staff in-termedio di Istituto come modalità di governance perl’adozione di scelte didattiche partecipate e condivise,con reti di scuole e fra scuole e altre realtà territoriali chevalorizzino personale e finanziamenti.• Pur ipotizzando una possibile articolazione territorialediversificata, anche per tipologie di settori formativi,deve essere comunque garantito da norme di rango pri-mario che le regole di reclutamento siano definite a li-vello nazionale e le modalità di assunzione debbanoconferire stabilità all’organico.• I concorsi non devono accertare soltanto il sapere maanche il saper fare professionale: no a preselezioni esclu-sivamente mnemoniche (quiz), sí a test psico-attitudinalicoerenti con il profilo.• Le necessità di riassorbire il precariato (graduatorie adesaurimento) non può precludere il diritto di accesso ai

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giovani docenti: il “doppio canale” accompagnato dauna ragionevole periodicità dei concorsi si confermauna delle poche procedure atte a garantire equità versotutte le generazioni.• Sarà utile l’elaborazione di un codice deontologicoche descriva i contenuti della libertà di insegnamentofinalizzati a garantire il diritto all’istruzione, così po-trebbero essere previsti organi di garanzia necessari atutelare tale libertà di insegnamento e definire la re-sponsabilità educativa. E’ emersa in proposito la preoc-cupazione di un loro sostanziale depotenziamento de-rivante dai provvedimenti Brunetta, in particolaredall’inasprimento delle procedure sanzionatorie.• Va riconosciuta la specificità della scuola e del suopersonale rispetto al pubblico impiego, a fronte diuna tendenza all’omologazione. Resta aperto il pro-blema della regolazione della professionalità docente:procedura legislativa o contrattuale.• Per quanto riguarda la valorizzazione della professio-nalità docente, è condivisa la modalità di rendiconta-zione, ma devono essere chiarite finalità, strumenti esoggetti ai quali rispondere.ValutazioneLa valutazione è funzione di regolazione del sistema diistruzione, bene comune e servizio di carattere pubblicoe nazionale, essenziale per garantire l’equità nell’eser-cizio del diritto all’istruzione connaturata con lo spiritodemocratico della scuola e la sua missione costituzionale.La valutazione è essenziale nel sistema (incompiuto eancora da realizzare) delle autonomie, in cui anchequelle scolastiche rendono conto dei propri processi e ri-

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sultati in una prospettiva di miglioramento continuo.Essa è funzione di sistema in tutte le articolazioni: na-zionale, territoriale, di scuola. Vi si inscrive anche la va-lutazione delle prestazioni professionali (d’insegna-mento) e quella, antica ma sempre ridiscussa, degliapprendimenti degli studenti.La valutazione non risponde solo ad esigenze e dinami-che interne al sistema, ma è connaturata al carattere so-ciale e comunitario della scuola in quanto luogo di cit-tadinanza; non ha intenti competitivi o classificatori magarantisce l’equo esercizio dei diritti e lo sviluppo del si-stema verso l’innovazione e il futuro; costituisce stru-mento di conoscenza, interazione, osservazione, ac-compagnamento dei processi di sviluppo.La valutazione dell’insegnamento è un elemento, es-senziale ma non esclusivo, del sistema di istruzione e va-lutazione. Messa a repentaglio da campagne denigra-torie e discutibili esperimenti del governo Berlusconi,essa si fonda invece sul riconoscimento dell’importanzadel lavoro degli insegnanti e del loro insostituibile ruolonell’affrontare le trasformazioni della società e pro-muovere inclusione e cittadinanza attraverso lo sviluppodi conoscenze e competenze e l’allenamento all’ap-prendimento continuo.La valutazione dell’insegnamento deve considerare lacomplessità e le principali dimensioni in cui si articolal’attività didattica ed educativa: con gli alunni, i colleghi,nel contesto organizzativo e sociale; i contesti, i processie i risultati (apprendimenti, relazione, inclusione) rilevatiin modo strutturato. Va adottato un approccio multidi-mensionale, un ampio “cruscotto” di indicatori che

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comprendano almeno:• i risultati degli allievi ed i processi che li generano amedio e lungo termine• le pratiche di autovalutazione, come riflessione sul-l’insegnamento, sulle scelte organizzative, sull’efficaciadel lavoro collaborativo• la documentazione delle pratiche didattiche e dellaformazione continua (portfolio del docente) con funzionidi bilancio delle competenze e apertura allo sviluppoprofessionale•l’apprezzamento di genitori, studenti, colleghi sullaqualità della proposta formativa •lo sviluppo delle competenze degli allievi.La validazione della qualità dell’insegnamento dovrebbeessere frutto di una “triangolazione” degli elementiraccolti che garantisca rigore, trasparenza, lealtà e ter-zietà, grazie ad una precisa definizione di criteri, proce-dure, compiti e responsabilità.La valutazione svolge la sua principale funzione quandogenera effetti utili, di rendicontazione, correzione, mi-glioramento; il riconoscimento anche simbolico ed eco-nomico individuale va acquistando consensi in ambitodemocratico, ma appare ancora controverso. La valuta-zione individuale (a domanda ?) è uno strumento ed unacondizione per eventuali effetti di collocazione funzio-nali su compiti specifici e (obbligatoria?) per progres-sioni di carriera. Ciò è probabilmente dovuto in parte a genuini dubbi sudettagli e specifici strumenti, in parte alla molla moti-vazionale e non salariale dei numerosi insegnanti diqualità, testimoniata da molti sondaggi, in parte al fatto

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che risulta molto antipatico dare a qualcuno il dessertquando ancora per tutti scarseggia il pane. Poiché nes-suna valutazione è possibile senza un ampio consenso(e senza la garanzia che eventuali premialità saranno ag-giuntive e mai punitive rispetto all’attuale contratto na-zionale già molto inferiore agli standard europei!), unpunto di partenza serio (e non propagandistico come icontroproducenti conati valutativi espressi dal governoBerlusconi) potrebbe perciò essere l’attivazione di unprogetto che, a partire dal profilo indicato nel contrattocollettivo nazionale di lavoro, coinvolga dirigenti, inse-gnanti, genitori e studenti nell’individuare indicatori si-gnificativi e strumenti adeguati per ciascuna dimen-sione del profilo stesso.La priorità rimane comunque sviluppare la valutazionedelle scuole come conoscenza, interazione, osserva-zione, accompagnamento dei processi di sviluppo.

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Con l’avvio dell’autonomia scolastica emerge la fun-zione dirigenziale del capo di istituto come manager erappresentante legale di un’istituzione con personalitàgiuridica. Essa affianca le icone tradizionali del leadereducativo e del funzionario nel dibattito sulla missione esul futuro della scuola.La tradizione pedagogica italiana fa risaltare la funzionedi leadership educativa, la capacità cioè di costruire e pre-sidiare i valori e le finalità dell’istituzione scolastica; la vi-sione istituzionale oscilla tra un ruolo monocratico, perlo più burocratico, del funzionario direttivo della pubblicaamministrazione, e un ruolo manageriale (dirigenziale),orientato all’efficienza della gestione.All’interno di linee di governo e di standard stabiliti da-gli organi preposti sarà possibile e opportuno riconosceremaggiori margini di autonomia al dirigente scolastico peril raggiungimento di risultati dei quali sarà, a quel punto,sensato pretendere una verifica. Attualmente queste li-nee e questi standard sono in via di definizione con l’ap-plicazione del Titolo V della Costituzione e la riforma de-gli organi collegiali.La valutazione infatti, in assenza di una effettiva auto-nomia nella quale la professionalità del dirigente scola-stico sia pienamente valorizzata, lascia il tempo che

8. DIRIGENTI SCOLASTICI: STATUS, RUOLO,VALUTAZIONE, FORMAZIONE, RECLUTAMENTODocumento di sintesi del Seminario del 28 novembre 2011

Forum nazionale politiche dell’Istruzione del PD

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trova, come dimostra l’inefficacia di strumenti già speri-mentati come il SIVADIS.La legge 10/2011 istituisce un processo valutativo dettoa tre “gambe” (INVALSI, INDIRE, Ispettori) la cui effet-tiva partenza è demandata a un regolamento governa-tivo. Un anno prima, nel 2010, il PD ha sviluppato, sullavalutazione delle scuole, una riflessione sistematica checonviene richiamare perché rilevante anche per i dirigentihttp://www.partitodemocratico.it/dettaglio/108668La valutazione esterna dei dirigenti non dovrebbe infattiescludere la presenza dei “pari” e andrebbe collocata inun’ottica ampia, riferita alla scuola nel suo complesso: oc-corre evitare che le prove sui risultati dell’apprendimentodiventino l’unico criterio, rischiando di registrare le di-scriminanti sociali pre-esistenti anziché valutare la qua-lità del servizio scolastico.In questa prospettiva va posta la figura di un dirigentepubblico che nel settore specifico della scuola assicuri lagestione unitaria dell’istituzione e sia capace di affrontarecon successo le sfide sociali e culturali che la investono.In lui (o lei) devono quindi combinarsi le caratteristichedi leader educativo con quelle di manager: unuomo/donna delle istituzioni che fa parte integrantedella comunità scolastica e partecipa a tutte le sue dina-miche, sociali, culturali e professionali.Ogni dirigente opera sulla base di un contratto che in-dica gli obiettivi da raggiungere nella scuola in cui si trovao va ad operare; il contratto può indicare anche gli ob-biettivi di miglioramento, qualora siano state effettuatevalutazioni che li hanno identificati. Sulla base di questamissione il contratto dei dirigenti dovrà anche obbliga-

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toriamente prevedere una formazione permanente inservizio.La comunità professionale che si realizza nell’ambientescolastico richiama il principio dell’organizzazione fun-zionale: ogni rapporto gerarchico deve tener conto del-l’autonomia culturale e professionale dei docenti e dellaloro libertà di insegnamento.Occorre altresì evitare che si crei un vuoto conflittuale euno stallo tra il dirigente da un lato e docenti dall’altro:un’organizzazione-comunità deve coinvolgere e faremergere anche gli insegnanti, per esempio attraversoincarichi di middle management che già oggi contribui-scono in maniera determinante a tenere in piedi moltescuole. Un discorso simile si potrebbe fare per il perso-nale ATA (ausiliare, tecnico e amministrativo).La dirigenza scolastica deve provenire dalla scuola e peraccedervi occorrerà aver prestato un certo numero dianni di servizio da docente (senza però esagerare: nonha senso porre condizioni tali da reclutare dirigenti sco-lastici sull’orlo della pensione, servono dirigenti giovani).Il reclutamento non deve far riferimento soltanto ai titoli,ma ad un portfolio di competenze documentate, chemetta in evidenza i requisiti necessari per la funzione chesi andrà a svolgere, valorizzando le funzioni di middlemanagement eventualmente svolte da docente. Alleprove concorsuali si dovrà associare un tirocinio forma-tivo, il cui percorso dovrà avere un peso consistentenell’esito finale.Sul piano della retribuzione è necessario un criterio di pe-requazione con le altre dirigenze pubbliche.Siamo in un sistema nazionale di istruzione e formazione,

Dirigenti scolastici

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ma sui diversi livelli territoriali nei quali si sviluppa il ser-vizio, ovvero sullo snodo fra autonomia scolastica, au-tonomie locali e stato nazionale, manca ancora un’indi-cazione complessiva di governo. E’ quindi urgentedefinire la programmazione sul territorio regionale inrelazione alla rappresentanza delle scuole autonome(che non può essere esclusiva del dirigente scolastico), ipoteri del dirigente nell’organizzazione interna ed il ruolopolitico del consiglio di istituto e del collegio docenti. Ol-tre alla ripartizione delle competenze fra stato regioni escuole autonome, sembra urgente anche definire, per idirigenti scolastici, un contratto nazionale comune atutta la dirigenza (comprese le indicazioni sulla mobilità),in grado di riconoscerne le nuove funzioni e prevedernela valutazione dei risultati rispetto agli obbiettivi istitu-zionali e le aspettative della comunità.

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In un sistema centralistico il ciclo scolastico è la colonnavertebrale che tiene insieme le varie parti della scuolacon le loro diverse vocazioni e finalità, il tronco attraversocui circolano la linfa culturale e le risorse necessarie al suosostentamento: nella storia della nostra scuola quasi tuttele riforme sono partite da lì.In un sistema autonomistico il ciclo scolastico rappresentainvece un contenitore, un quadro di indirizzo nazionale en-tro il quale le scuole organizzano con flessibilità la propriarisposta alle esigenze formative delle persone e dei terri-tori. Non passa più tutto dai cicli: è proprio l'omogeneitàtendenziale dei risultati del lavoro scolastico rispetto alquadro di indirizzo nazionale a mettere in discussione la ri-produzione in ogni particolare di un rigido modello cen-trale (nulla è più ingiusto che fare parti uguali fra disuguali,diceva don Milani), e a chiamare in causa variabili localiche legano quantità e qualità delle prestazioni ai livelli dipartenza, alle aspettative e alle necessità di allievi e co-munità: variabili non uniformi su scala nazionale e neppuresu quella regionale. Questa è la ratio del nuovo Titolo Vdella Costituzione, quando assegna in via esclusiva alloStato le norme generali e i livelli essenziali delle prestazionie in via concorrente alle Regioni il resto della legislazione,

9. CICLI SCOLASTICI: LO SNODO DELLE MEDIEQ

Quarta sessione del Forum nazionale politiche dell’Istruzione del PDRoma, 17- 18 marzo 2012

Documento di sintesi

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specificando però, nel caso dell'istruzione, che va fattasalva l’autonomia delle istituzioni scolastiche.Se finora nella nostra tradizione riformare i cicli ha avutoil carattere dell’intervento compatto, da avviare ogni voltaa partire dal ciclo più basso, nell’ottica di una struttura re-ticolare potrebbe invece risultare utile partire dal nodocentrale delle medie non solo ai fini di un rilancio di quelciclo, visto oggi da molti come l'anello piú debole, ma an-che per affrontare l’intera riorganizzazione con una logicadi sistema che intersechi le problematiche del governodelle scuole e le realtà formative territoriali.E’ del resto convinzione sempre più diffusa che i problemidella scuola non si risolvano intervenendo solo sull’ordi-namento, quando la loro origine risiede prevalentementeal di fuori, nella famiglia e nel territorio.Già oggi identici ordinamenti producono risultati molto di-versi (lo suggerisce ad esempio la forte variabilità negli ap-prendimenti che emerge dalle prove OCSE-PISA) da re-gione a regione, da scuola a scuola e perfino all'interno diuna stessa scuola. Nel ripensare l'ordinamento occorre per-ciò anche pensare a come rendere maggiormente consa-pevole la comunità locale del ruolo della scuola, a comevalorizzare le competenze degli Enti Locali, a come usareil tempo scuola, a come far esprimere al meglio le poten-zialità di ogni alunno.La scuola media, forse il termine è ancora il più appro-priato, costituisce il segmento terminale del cosiddetto ci-clo di base o primo ciclo, della durata di otto anni, di cuiil quinquennio della scuola primaria (elementari) rappre-senta il segmento iniziale. Segna il passaggio ai saperi for-malizzati attraverso l'emergere di più discipline. E' attual-

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mente immersa in un processo di riorganizzazione che in-corpora in un istituto comprensivo i due segmenti delprimo ciclo e i tre anni della scuola dell’infanzia, auspica-bilmente per tutti.Numerose ricerche testimoniano gravi problemi legati al-l’apprendimento e alla qualità dei processi formativi.La scuola media dovrebbe mettere al centro dell’azionepedagogica l’allievo e l’ambiente, facendosi carico dei ra-pidi cambiamenti nello sviluppo delle giovani generazionie nelle loro condizioni socio-culturali.Anche l'esame con cui termina la scuola media è semprepiù in discussione, anche perché non conclude piú l’ob-bligo di istruzione, che si estende per un altro biennio. Aquesto proposito è ancora aperto il dibattito sull'efficaciaeducativa e formativa di un percorso scolastico compren-sivo e orientativo rispetto ad una canalizzazione precocedelle scelte anche al di fuori delle scuole superiori; in ognimodo, per l'ultimo periodo obbligatorio, sarebbe urgenteescogitare e valorizzare elementi di continuità con il pe-riodo precedente, anche per combattere la dispersionescolastica, che investe proprio gli anni a cavallo tra primoe secondo ciclo.Dalle medie, dunque, si diramano e potrebbero essere or-ganicamente affrontate le principali sfide che interpellanola scuola italiana.

Orientamento, opzione strategicaSi parla di identità fluida, di modalità di gestione dei saperinon in linea con quelle tramandate dalla nostra tradi-zione culturale, di cambiamento nelle forme di relazione.La risposta è prima di tutto nella organizzazione didattica

Cicli scolastici: lo snodo delle medie

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e nella suddivisione in gruppi tali da permettere all’internodella scuola un apprendimento personalizzato, soprat-tutto attraverso l’operatività; a tale scopo occorrono tempidi progettazione collegiale da parte dei docenti e figure disupporto sia per gli allievi che per i docenti.Entro questo quadro l’orientamento deve essere parte in-tegrante dei curricoli dai 6 ai 16 anni. La didattica orien-tativa è indirizzata verso l’acquisizione di competenze dicittadinanza attiva e il riconoscimento e affinamento dellecapacità individuali: mira a rendere l’allievo consapevoledi sé e capace di un contributo autonomo e responsabile.La scuola deve garantire luoghi e tempi necessari ad unpercorso di scoperta del mondo che è anche conoscenzadi sé.Un aiuto al percorso individuale di orientamento può es-sere assicurato, nel primo ciclo, dagli istituti comprensivi,purché organizzati attorno ad un progetto educativo enon intesi come semplice somma di percorsi che man-tengono la loro individualità, o, peggio, come puro esca-motage contabile finalizzato a ridurre il numero di dirigentiscolastici.Si propone una scuola che, senza abdicare alla responsa-bilità dell'istruzione, apra:• alla cultura del lavoro come contesto di esercizio di au-tonomia e responsabilità, come risorsa alla quale attingereper impegnare gli alunni in compiti di realtà capaci di daresenso al loro apprendimento e per il ruolo positivo che talecultura attribuisce alla condivisione e collaborazione• alla formazione professionale non come alternativa al-l’istruzione, ma come risorsa preziosa se integrata perpromuovere l’innovazione didattica, come apertura ai sa-

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peri non formali ed informali.

Si concorda nell’affidare alle autonomie scolastiche il com-pito centrale dell’istruzione fino a 16 anni, utilizzando a talfine tutte le risorse del territorio, comprese quelle di stagenelle aziende o in accordo con gli Enti Locali. Si concordaaltresì sull’utilità che già nella scuola media intervenga uncerto grado di opzionalità intesa come spazi didattici ascelta degli alunni, nei curricoli, come risorsa per indivi-dualizzare il percorso scolastico (senza però compromet-tere l’unitarietà del curricolo stesso).Le tematiche orientative si ripresentano anche nel bienniosuccessivo, che deve prevedere opzioni di indirizzo ri-spetto a un nocciolo comune, non un indirizzamentocompleto e irreversibile.Si vede favorevolmente la costituzione di poli scolastici diistruzione secondaria che potrebbero consentire spazi discelta più ampi all’interno dello stesso istituto. Sarebbe,questa, una struttura capace di contrastare il fenomenodella dispersione scolastica, facilitando l’integrazione e ipassaggi da un percorso ad un altro.Gli istituti comprensivi e i poli di istruzione secondaria pos-sono positivamente stimolare la collaborazione tra inse-gnanti con diversi ordinamenti per progetti di continuitàfra scuole.Si ritiene fondamentale trasferire la rilevanza valutativa eorientativa dall’esame di terza media alla certificazionedelle competenze al termine dell’obbligo. L'esame di terzamedia, non piú terminale, dovrebbe a sua volta assumeremaggiore valenza orientativa.

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Curricolo e valutazioneIl punto di partenza è quale definizione dare oggi al con-cetto di secondarietà per riconnettere la scuola mediacon il mondo contemporaneo. Assistiamo, come si è detto,a profondi cambiamenti nella vita evolutiva degli stu-denti: nel contesto familiare e socio-culturale, nella sfidaposta dalla multiculturalità, nella diffusione delle tecnolo-gie della comunicazione. Ciò influenza l’intero sistema sco-lastico, ma vede in questo grado di scuola particolari rischie particolari opportunità di rilancio.Purtroppo la riduzione delle risorse, insieme alla scarsa fles-sibilità dell'organizzazione, limita fortemente i processi diindividualizzazione e personalizzazione, la ricerca sulle di-scipline, l'offerta di strumenti didattici adeguati all’obiet-tivo di offrire, nell’ottica della costruzione di una culturapsico-pedagogica dell’istituto comprensivo, una propostaformativa coerente con la verticalità nei metodi e nei con-tenuti. L'obbiettivo rimane comunque una didattica ingrado, attraverso l’articolazione delle discipline, di pro-muovere l’unità del sapere e un “core” costituito da com-petenze (assi) trasversali fondamentali, dall’imparare adimparare, dai saperi di cittadinanza, dall’individuazione dinodi concettuali fondamentali, dai livelli essenziali delleprestazioni. Ciò potrebbe implicare anche una ridiscus-sione delle classi di concorso in vista di un loro accorpa-mento in macroaree di competenza.L’incremento delle opzionalità e l’ampliamento delle of-ferte facoltative (ivi comprese le politiche legate ai biso-gni educativi speciali e all’inclusione), sostenute dall’au-tonomia scolastica, permetteranno la scoperta e lavalorizzazione delle competenze di ciascun allievo.

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Il ricorso alla didattica laboratoriale e a metodi educativiche sollecitino un ruolo attivo degli studenti potrannomigliorare le strategie di insegnamento-apprendimento,strumento di connessione per rendere reale la verticaliz-zazione del curricolo. Le tecnologie, se usate in modo in-terattivo, faciliteranno questo approccio.Il tutto dovrà essere accompagnato dalla creazione di la-boratori di ricerca-azione negli istituti scolastici.Strategie e contenuti orientati ad una didattica per com-petenze richiedono una nuova concezione della valuta-zione degli alunni. Difficile pensare ad una pur necessariacoerenza valutativa tra la certificazione delle predettecompetenze e l’attribuzione dei voti decimali recente-mente restaurati dalla Gelmini nella scuola primaria (ele-mentari) e secondaria di primo grado (medie). Un altroelemento di incoerenza è dato dal completamento del-l’obbligo al biennio superiore, con un quadro di compe-tenze dato, e quello del primo ciclo, con l’attuale esamedi licenza media (valutazione espressa in decimi e provanazionale).Una prospettiva che riconosca il valore e il bisogno di unaformazione di base lunga richiede:• individuazione dei traguardi previsti dalle indicazioni na-zionali per il curricolo a fine scuola primaria (elementari)e secondaria di primo grado (medie) in relazione al pro-getto educativo della scuola• superamento della terminalità della scuola media rispettoall’obbligo di istruzione• progettazione e valutazione lungo gli assi di competenzeprevisti alla fine del biennio superiore per tutti gli alunni,con certificazione finale.

Cicli scolastici: lo snodo delle medie

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Riguardo alle prove nazionali INVALSI è necessario unnuovo patto tra scuole e Istituto Nazionale che preveda uninvestimento sulla valutazione degli apprendimenti effet-tuata dagli insegnanti nelle scuole e la formulazione diprove legate alle indicazioni nazionali per il curricolo e ailivelli di prestazione predefiniti.

Riordino dei cicliOccorre intervenire sulla scuola media, ma un eventualeintervento su di essa va inserito in una visione più gene-rale del sistema educativo di istruzione e formazione pro-fessionale: bisogna pensare globalmente ad una strutturanazionale leggera e flessibile, per poi agire localmente, nel-l’ottica dell’autonomia scolastica e del riferimento allenuove competenze delle Regioni e degli Enti Locali.I grandi obiettivi condivisi restano quelli di puntare alla for-mazione della persona, per tutto l’arco della vita, per la cit-tadinanza e per il lavoro.In larga misura si condivide la proposta dell'uscita dal si-stema di istruzione e formazione professionale a 18 annianziché 19.Sulle modalità di raggiungimento dell'obiettivo non c'è in-vece condivisione: le posizioni risultano ancora molto ar-ticolate. In questa varietà di opinioni risulta comunquepole position l'anticipo dell’obbligo a 5 anni nell’ambitodella generalizzazione della scuola dell’infanzia e (risorsepermettendo) il simultaneo innalzamento dell’obbligoscolastico/formativo a 18 anni. Due cicli lunghi con diversaarticolazione e modulazione potrebbero fornire ai do-centi tempi più distesi per l’osservazione e l’assunzione diresponsabilità rispetto ai risultati di ciascun alunno. La

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scuola media verrebbe in questo scenario collocata nelprimo ciclo e nell’ultimo anno sarebbero auspicabili opzioniche ne favoriscano la funzione orientativa.Risulta anche largamente prevalente l'idea di non rimet-tere in discussione l’esperienza degli istituti comprensivi:il primo ciclo va inserito in una prospettiva di curricolo ver-ticale dall’infanzia alla secondaria di secondo grado.In proposito è necessario "rendere coerenti" i comporta-menti degli Enti Locali per quanto riguarda gli impegniverso la scuola e nel potenziamento del sistema formativoterritoriale, anche con apposite normative derivanti daiprovvedimenti sul “federalismo” scolastico e fiscale, non-ché attraverso accordi che valorizzino il ruolo della scuolanello sviluppo del territorio e la realizzazione di laboratorie stage in ogni percorso scolastico e formativo. Sullascorta dell’applicazione del nuovo titolo V della Costitu-zione andrà affrontato il problema dell’istruzione e for-mazione professionale in relazione alle competenze digoverno.In generale emerge un forte apprezzamento per l'auto-nomia scolastica, sostenuta da un organico funzionalestabile di istituto, e l'esigenza di un suo rilancio anche nellaprospettiva della ricerca e della innovazione, per puntaread una analisi e ad una risposta efficace alla domanda piùche all’omogeneità dell’offerta nell'opera costituzionale dirimozione degli ostacoli che limitano la libertà e l'egua-glianza e impediscono il pieno sviluppo della personalitàdei ragazzi.Si propone infine di sperimentare diverse modalità di ar-ticolazione dei cicli utilizzando pienamente l’articolo 11 delDPR 275/99.

Cicli scolastici: lo snodo delle medie

10. MUSICA E SCUOLADocumento di sintesi del seminario del 3 dicembre 2012

Forum nazionale politiche dell’Istruzione del PD

La musica è un’indispensabile componente della forma-zione integrale della persona, una disciplina naturalmenteformativa per il coinvolgimento emotivo che suscita aogni età, per l’intrinseco intreccio fra sapere e saper fare,per l’automatico allenamento democratico al rispetto allacooperazione e alla valorizzazione di ciascuno; la cre-scente fruizione in tutti gli ambienti di vita le attribuisce an-che un rilevante profilo economico e civico: la formazioneall’ascolto implica maggiore comprensione e appaga-mento, ma anche maggior consapevolezza, superamentodella condizione di acritici consumatori.Quando però si entra nel merito di quale musica insegnarepuò nascere un divario tra così detti generalisti, che amanola divulgazione e l’educazione espressiva, e professionistipreoccupati della formazione dei futuri musicisti che guar-dano prioritariamente all’aspetto propedeutico.Il dibattito viene da lontano ed ha acquisito rilevanza isti-tuzionale in occasione della riforma della scuola mediaunica, che emerge dalla storia dei suoi programmi.Sotto questo profilo le recenti “indicazioni nazionali” peril primo ciclo accentuano la connotazione formativa di taleinsegnamento, mentre è parallelamente cresciuta l’espe-rienza nelle scuole medie ad indirizzo musicale che sicerca di estendere anche alla primaria.

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“L’apprendimento pratico della musica” è il titolo di unprogetto nazionale che da qualche anno cerca di sostenerela connotazione formativa con laboratori musicali edeventi dedicati a cori ed orchestre organizzate soprattuttodalle reti di scuole, mentre i Conservatori, istituti di alta for-mazione artistica, pongono al centro lo strumento musi-cale, con la logica, non dissimile da quella sportiva, di in-coraggiare già durante la scuola dell’obbligo un vivaioabbastanza ampio e di buon livello da garantire che qual-cuno raggiunga alla fine traguardi artistici e professionalidi eccellenza. Cosí, mentre la “musica d’insieme” in altriPaesi inizia molto presto, perfezionandosi progressiva-mente, da noi prevale lo studio individuale dello strumentoe solo in corsi avanzati gli allievi iniziano a suonare in or-chestra. Proprio l’analogia già richiamata con lo sport e isuoi livelli agonistici amatoriali e dilettantistici suggerisce,però, che al progresso del benessere e della scolarizzazionepossano accompagnarsi sempre piú ricchi percorsi di si-nergia e sussidiarietà fra scuola, enti pubblici, sociali, pri-vato-sociali e privati: una speranza e una traccia anche peril rapporto fra musica e educazione.Se nella scuola secondaria di primo grado, con o senza in-dirizzo musicale, vi sono già docenti specialisti per i qualinon è attualmente prevista una adeguata formazione pe-dagogico-didattica (e anche su questo punto si potrebberiflettere), nella scuola primaria (e perché no? anche nellascuola dell’infanzia, o addirittura nei processi formativi pre-visti da 0 a 3 anni), per le note valenze dell’esperienza so-nora nei bambini, non si può fare a meno di raccordaredocenti specialisti e generalisti. Per questi ultimi occorre in-tervenire intensificando in direzione musicale il profilo

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universitario; per gli altri occorre approfondire la colloca-zione giuridica, oltre, come si è detto, alla necessità di nonlimitare la competenza allo strumento musicale, ma am-pliarla anche alla dimensione pedagogico-didattica. At-tualmente nessuno “specialista” è ammesso nel curricolodelle scuole statati dell’infanzia e primaria ed una loroeventuale presenza è in genere extracurricolare, spesso atotale carico delle famiglie o di progetti finanziati da entilocali, sponsor, ecc...In un momento di crisi per l’organico di questi gradi discuola, per ragioni di priorità segnalate anche dal sistemanazionale di valutazione relativamente alle performancenelle “principali” materie, le attività espressive e quindi an-che la musica rischiano di essere marginalizzate ed espulse.Se sarà difficile riportare la disponibilità di insegnanti ai li-velli più floridi del passato, l’autonomia scolastica po-trebbe sopperire, anche attraverso “organici di istituto”,a queste carenze, compreso l’incremento delle strutture,come si è detto in precedenza per quanto riguarda i la-boratori musicali territoriali.Si tratterà dunque, da parte della comunità professio-nale, di presidiare i requisiti di questi specialisti attraversocriteri di flessibilità e collaborazione tra figure interne edesterne al sistema, e da parte dei sindacati di superare pre-giudizi, rigidità e illusioni in favore di un’intelligente e in-novativa difesa di tutti i lavoratori del settore e promozionedi uno svilupo sostenibile per il settore stesso.Una situazione di grave criticità è nel secondo ciclo, dovela presenza della musica, come per le altre materie, si ri-solve attraverso gli indirizzi. Il dibattito sul rapporto tra areacomune ed aree professionalizzanti in atto da qualche de-

Musica e scuola

Idee ricostruttive per la scuola

cennio avrebbe potuto suggerire la presenza della musicacome componente obbligatoria della formazione generale.La riforma Gelmini si è invece risolta nell’introduzione diun nuovo indirizzo ad hoc, il liceo musicale e coreutico(senza precedenti nel panorama istituzionale, salvo qual-che sperimentazione in atto nei Conservatori) che però,dato il budget previsto, è per ora presente in misura sim-bolica, e con modalità tali da esigere monitoraggio e ve-rifica in vista di una piú ampia diffusione.Sul versante dell’offerta infatti, a parte l’opportuno colle-gamento con i Conservatori, la mancanza di fondi ha im-pedito la loro istituzione in tutti quei territori che le legit-time programmazioni regionali avevano stabilito, mentresu quello della domanda la possibilità di ampliare ai gio-vani inseriti negli altri indirizzi del secondo ciclo di istru-zione la frequenza ai Conservatori ha imposto di fatto unadoppia frequenza, con accresciute difficoltà sia per gliapprendimenti musicali che per le altre materie curricolari.Un’ulteriore riflessione potrebbe coinvolgere la cosiddettaarea degli indirizzi espressivi del secondo ciclo, quelli de-dicati alle arti figurative, alla musica, alla danza e al tea-tro. Attualmente i licei musicali, se non trovano sponsor sulterritorio, non vengono istituiti; al tempo stesso i licei ar-tistici, per effetto dell’innalzamento imposto al numero de-gli allievi, rischiano la chiusura. Su una ampliata coesi-stenza nello stesso curricolo scolastico, quindi obbligatorioper gli studenti, di materie che si potrebbero definire ac-centuatamente cognitive con altre eminentemente espres-sive si potrebbe fin d’ora sperimentare in termini di auto-nomie scolastiche di area anziché monoindirizzo.In un’ottica di sistema non si possono dimenticare le

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Musica e scuola

scuole musicali cosiddette civiche, molto frequentate e concorpi docenti di notevole qualificazione. Alcune regioni nericonoscono già con proprie leggi il ruolo formativo. Al finedi mantenere e promuovere specifiche e preziose realtà lo-cali, è auspicabile una loro parificazione agli istituti musi-cali statali? Una proposta di legge rimasta lettera morta inquesta legislatura dovrà essere riesaminata, nella prossima,alla luce dei nuovi licei musicali (anche in termini di sussi-diarietà orizzontale) e del riordino dei Conservatori.Per quest’ultima ragione, e per tutte quelle evocate neipunti precedenti, una riflessione specifica meritano Con-servatori e Accademie: parliamo del comparto AFAM,l’Alta formazione artistico-musicale istituita con la legge508. Questo comparto richiederebbe un serio interventodi riforma. Il provvedimento attualmente in discussionealla Camera, proveniente dal Senato, affronta solo inparte il tema, privilegiando l’equipollenza del titolo di stu-dio alla laurea ai fini dell’ammissione ai concorsi. Pur-troppo forti spinte corporative per il passaggio diretto diAccademie e Conservatori nel sistema universitario, inassenza di disponibilità di finanza pubblica e di propostecredibili sul mantenimento della specificità artistica del-l’AFAM, hanno compromesso la possibilità di fare passiavanti e anche messo a rischio, speriamo non irreversibil-mente, la soluzione di problemi urgenti del settore: la re-golarizzazione dei precari, una normativa sui privatisti deiconservatori, la progressiva statizzazione degli istituti pa-reggiati, la possibilità (grazie all’equipollenza) di accedereai dottorati di ricerca. Per il futuro la strada maestra sem-bra la riforma della legge 508, anche per definire moda-lità flessibili di rapporto con il sistema universitario e scio-

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gliere diverse ambiguità: • sui politecnici delle arti;• sul rapporto fra sistema universitario, autonomia e pa-trimonio dell’Alta formazione; • sulla salvaguardia della peculiarità formativa nel campodella musica e dell’arte come tratto dell’identità culturaleitaliana, non riducibile ad una burocratica immissione nelsistema universitario, che certamente favorisce i docenti,ma non necessariamente qualifica gli studenti.Nella prossima legislatura il PD dovrebbe accompagnarequesti spunti programmatici con l’istituzione di un osser-vatorio permanente per l’approfondimento e il monito-raggio dell’educazione musicale (incluse le possibili siner-gie con l’educazione artistica) nell’ambito del rilanciodell’autonomia scolastica e della formazione permanentedi tutti i cittadini.

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APPENDICE A

I grafici a albero forniti dal forum come stimolo iniziale alla discussione di seminari e gruppi di lavoro

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SCUOLA ALLA RISCOSSAPRIMA SESSIONE DEL FORUM NAZIONALE

POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PD, 25-26 SETTEMBRE 2010

GRUPPO ASCUOLA OGGI, SCUOLA DOMANI

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SCUOLA ALLA RISCOSSAPRIMA SESSIONE DEL FORUM NAZIONALE

POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PD, 25-26 SETTEMBRE 2010

GRUPPO BUNA SCUOLA AUTONOMA NEL SISTEMA DELLE AUTONOMIE

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Idee ricostruttive per la scuolaSCUOLA ALLA RISCOSSAPRIMA SESSIONE DEL FORUM NAZIONALE

POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PD, 25-26 SETTEMBRE 2010

GRUPPO CUNA SCUOLA PER I CITTADINI DI DOMANI

SCUOLA ALLA RISCOSSAPRIMA SESSIONE DEL FORUM NAZIONALE

POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PD, 25-26 SETTEMBRE 2010

GRUPPO DSCUOLA, FORMAZIONE, LAVORO:

RACCORDI E PERCORSI

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RILANCIO, GOVERNO E RAPPRESENTANZADELLE AUTONOMIE SCOLASTICHE

SECONDA SESSIONE DEL FORUM NAZIONALEPOLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PD, 15-16 GENNAIO 2011

I LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI (LEP)NEI SERVIZI EDUCATIVI, SCOLASTICI E FORMATIVI

FORUM NAZIONALE POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PDMARZO 2011

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I LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI (LEP)NEI SERVIZI EDUCATIVI, SCOLASTICI E FORMATIVI

FORUM NAZIONALE POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PDLUGLIO 2011

INSEGNANTE OGGI, INSEGNANTE DOMANITERZA SESSIONE DEL FORUM NAZIONALE

POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PD, 15-16 OTTOBRE 2011

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DIRIGENTE SCOLASTICOFORUM NAZIONALE

POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PD, 28 NOVEMBRE 2011

CICLI SCOLASTICI: LO SNODO DELLE MEDIEQUARTA SESSIONE DEL FORUM NAZIONALE

POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PD, 17-18 MARZO 2012

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MUSICA E SCUOLAFORUM NAZIONALE

POLITICHE DELL’ISTRUZIONE DEL PD, 3 DICEMBRE 2012

Marilena AdamoTina AdelcinziaMaria Rosaria AdinolfiRosanna AgarossiEleonora AgostinelliFrancesco AlarioMirella AlbanoAndrea AlemanniPierluigi AlessandriniVincenzo AlessandroSabrina AlfonsiAnna AllerhandGiorgio AllulliCaterina AmadioMario AmbelEster AndreolaGiovanna AngelosanteAnna AngelucciRenato AnoèMirella ArcamoneMaria Rosaria ArdizzoneMassimo ArmilleiAnna ArmoneEmanuela ArnaoPaolo AstaMichele AzzoniBeppe Bagni

Francesco BaliceFilippo BarberisEmanuele BarbieriClaudio BartoliniFlavio BartoliniNicola BassanMariangela BasticoMario BattistiniGiovanni BelfioriLuciano BenadusiFulvio BenussiMartina Benvenuti Luigi BerlinguerMaurizio BerniDaniela BertocchiOlga BertolinoRoberto BertoniMirco BesuttiAntonio BettoniAnna Maria BianchiFederico Bianchi di CastelbiancoAnnamaria BilanciaMassimo BileGraziano BiraghiAnna Bisazza MadeoAdriana BizzarriDoriano Bizzarri

APPENDICE BRingraziamo qui gli oltre quattrocento esperti, leader di associazionie movimenti professionali e studenteschi, sindacalisti, amministra-tori, parlamentari, dirigenti PD e di altri partiti di sinistra e di cen-tro, nonché insegnanti dirigenti collaboratori e studenti noninquadrati in nessuna organizzazione che in questi tre anni hannoparticipato con competenza ed entusiasmo ai lavori del Forum, ren-dendo possibile l'approfondimento e l'elaborazione programmaticariassunti in queste pagine:

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Omer BonezziEleonora BorrelliLetizia BoscoBeniamino BroccaLeonardo BrunettiEmanuele BruschiMaria Pia BucchioniStefania BuccioliGiuseppe BuondonnoLaura BurraccioniMaria Letizia BurtuloDemetrio CaccamoMariella CagnettaPaolo CalidoniClelia CalisseCarlo CallegaroAmerico CampanariRoberto CampanelliMarco CampioneVittorio CampioneRosalba CandelaLuisa Capitanio SantoliniPiera CapitelliTiziana CapriottiAdelina CardilloBruno CariotiGianni CarliniManuela CarloniDaniela CasacciaFrancesco CasaleGiovanni CasalettoIside CastagnolaFrancesco CastronuovoArmando CatalanoGrazia Cattani

Marco CausiRoberto CavagliàMaria Vittoria CavallariLorenza CavallettiAlba CavicchiPiera Ceccalotti Ivana CeccheriniFernando CerchiaroGiancarlo CeriniMaurizio Certini Diana CesarinStefania CherubiniBrunella ChiappettaAnna Rosa CianciRaffaella CiardulloPiero CipolloneRoberto CiprianiRosa Cirillo Donatella CoccoliAntonio CocozzaFranco Codega Patrizia ColellaMariagrazia ColomboCamilla ColzaniGraziella ConteMaria Lucia ConvertiGigliola CorduasAngela CorteseCarlo CortesiCaterina CorvoMaria CosciaSilvia CostaAngela CostantiniDario CostantinoPaolo Cosulich

Idee ricostruttive per la scuola

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Giorgio CrescenzaMaristella CurreliRosa D’AmelioSonia D’AnielloGiuseppe D’AprileAnna D’ArcangeloPasquale D’AvolioAntonio D’Itollo Margherita D’OnofrioNicola Da SettimoFabrizio DacremaPaolo DamianiEmilia De BiasiMaria Grazia De CarolisOrazio De GiuliiAntonietta De LucaGian Candido De Martin Mariarosa De MattiaRosa De Pasquale Rosanna De PontiMaria Gemma De SanctisDaniela De SciscioloLetizia De TorreLuca De ZoltMarcello DeottoGiuseppe DesideriGiovanni Di FedeRosa Maria Di GiorgiMonica Di MartinoMassimo Di MennaMariano Di PalmaGianni Di PietroVicky DimaLeonardo DiniGaetano Domenici

Elena DuccilloPatrizia EpifaniFabiana FabianiMonica FabrisRosanna FacchiniPaola FarinaFiorella FarinelliSilvia FascioloSimonetta FasoliEmilio FatovicElena FaziFranco FebbraroAnnalisa FedeliGiosi FerrandesElena FerraraDavide FerrariFranca FerrariMaria Cleofe FilippiCarlo FiorentiniCaterina FiorilliItalo Fiorin Cosimo ForleoPatrizia Fornaciari Maria Cristina Fortunati Gianna FracassiPaolo FranciniMichela FredoanoAlice FumisPaola Gaiotti de BiaseAntonio GaldieroVittoria GallinaCaterina GammaldiRossana GarauMaria Pia GaravagliaDino Gasparri

Idee ricostruttive per la scuola

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Sergio GaudioCarmen GenchiAdolfo GenteManuela GhizzoniCarla GiacobbeAntonello GiannelliSusanna GiansantiGraziella Giorgi Valentina GiovanniniFiorenza GiovanniniCristina Giuntini Benedetta GranaiValentina GrippoDavide Guarnieri Giorgio GuattariCarla GuettiMario GugliettiMaria Grazia GuidaMassimo GuidottiSerena IaconoGregorio IannacconeMaria Paola IaquintaRoberta InguscioIsabella InnocenziLuciana IntilisanoFrancesco IovinePiero La CorazzaGiuliana La VerdeBeniamino LamiFranca LandiAgatino LanzafameSalvatore LapennaDaniela LastriSerena LaudisaGianpaolo Lazzeri

Loretta LegaLaura LemmiGiuliano LigabueAngela LischettiSusanna LoiGiovanna LongoPietro LucisanoMaria Teresa Lupidi SciollaGiunio LuzzattoMarco MaccoliniFrancesco MacrìRosamaria MaggioFiorella MagnaniMarco MaieroAntonio MaioranoElena MalagutiIlenia MalavasiGiuseppe Malpeli Claudia MancinaClaudia MandrileMaria Cristina MannocchiGiancarlo MarchesiniRosalba MarchiscianaAlessandro MargaglioEmanuela MarguccioSaretta Marotta Paolino Marotta Pasquale MarroMaria Cristina MartinPaolo MasiniFabio MatarazzoMaria MeleFrancesco MelendezPaola MeloniAssuntela Messina

Idee ricostruttive per la scuola

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Idee ricostruttive per la scuola

Filippo MessineoMilena MichelettiSimona MicheliMaria Luisa MichesiMaria MilettaInes MillesimiStefano MolinaPasquale MoliterniRosa MongilloAlessandra MorettiWalter MoroAssunta MorroneLaura MoscatiEleonora MostiLudovica MuntoniEnzo MuoioMarina MuscasSalvatore NapoliAngela NavaMarina NeziGianni NicolìSalvatore NoceraCarla Olivari Cinzia OlivieriMaria Stella OrigliaMaria Assunta OrsiGiulietta OttavianoMaria Luisa PacettaMirella PacificoDomenico PadulaSusy PagliucaAlessandro PajnoRita PallanteAnnamaria PalmieriPatrizia Patrignani

Giuseppe PatronciniLorenzo PavoncelloTiziana PedrizziRoberto PellegattaTonino PellegrinoMaria Grazia PellerinoGiovanna PenteneroIlaria PersiPietro PerzianiCaterina PesLivio PesciaRosaria PetrellaRaffaella PetrilliLoredana PettinelliDaniela PietrasantaGianfranco PignatelliAntonio PileggiMarilena PillatiGianpiero PiolaRino PirosciaMaria PiscitelliAnna Maria PoggiDonatella PoliandriKeren PonzoPaola PozziChiara PretiFrancesca PuglisiLoriana PupolinFranca QuartapelleMaria Maddalena QuattrocchiMarco Raccagna Fausto RacitiGiorgio RagazziniFabrizio ReberscheggGiorgio Rembado

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Idee ricostruttive per la scuola

Brunella RicciLucia RicciCristina RichieriAlessandra Righini Laura RimiFloriana Rizzetto Laura Maria RizzoGiulia RodanoAndrea RollinOsvaldo RomanAngelo RomanoGabriella RomanoRoberto RomitoSerena Rondoni Mongillo RosaBruno RoscaniClaudine RousseauLuigi RossiMaria Cristina RossiRenata RossiDaniela RossiMarco Rossi DoriaMaria Grazia RoversiAlfonso RubinacciCarlo RubinacciMario RusconiDomenico RussoGian Matteo SabatinoGiancarlo SacchiSimonetta SalaconeClaudio SaloneAntonia SaniAnnamaria SannaMaria Cecilia SantarsieroIlaria Santi

Francesco SantimoneAnnamaria SantoroOlivia ScarfoglioGiovanna SeddaiuSalvatore SicilianoSara SidorettiGiorgio Siena Nicoletta SilvestriDaniela SilvestriRaffaele SimoneAlessandra SiragusaFabio SivieroMichelle Maria SlatteryCarla SpazianiMila SpicolaPaola SpinelliValdo SpiniLucia Spreafico Paola Rita StellaMaria Antonietta StellatiIvana SummaRossella TacconiJohannella TafuriEmilia TaglialatelaFranca TaloneSara TarantolaManuela TerribileGiacomo TimpanaroMaurizio TiriticcoAntonino Titone Giuseppe TognonMario ToniniLetizia ToninoSofia Toselli Elena Tozzi

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Giovanni Trainito Paola TramezzaniNicola TranfagliaDonatella TraniMaura TranquilloGiuseppina TucciMaria UrsoValerio VagnoliVania VagnoniLauretta Valente Donatella ValentinoSara ValmaggiIra VanniniTatti VassalloAngelo Vecchio RuggeriStefano Veluti

Marcello VigliFlora VillaniRosanna VisocchiMaria Rosaria VitielloAnnalisa VittoreRosella VivioGuglielmo VivonaFrancesca ZaltieriFilomena ZamboliNicoletta ZampoliniAlberto ZanardiCristina ZanetteMarco ZelioliLuciana ZouRita ZulianiNicoletta Zuliani

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IDEERICOSTRUTTIVEPER LA SCUOLA

materiali e documentiprodotti dal lavoro collettivo delForum Politiche Istruzione PD

2010-2012

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