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NUMERO 1 - ANNO 1 - 2013 M MICROFINANZA TRIMESTRALE ISSN 2282-099X ICR FINANZA

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NUMERO 1 - ANNO 1 - 2013

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TRIMESTRALEISSN 2282-099X

ICR FINANZA

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Visita i siti dell’Ente Nazionaleper il Microcredito

www.microcreditoitalia.org

Progetto Microcredito e servizi per il Lavoro

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di emma evangelista

il riscattoeconomico esocialericominciadall’autoimpresa

avoro, occupazione e impresa, questi sono i termini a cui fare riferimen-to per l’analisi dello sviluppo sociale e culturale del Paese. L’ormai trop-po sfruttata, ma sempre attuale, visione kennedyana di una ricchezzache non si misura in termini di Pil ma di servizi ai cittadini, di infrastrut-ture, servizi sociali e sanitari, e più in generale di benessere diffuso, è ilmetro da adottare nel terzo millennio. Questa visione si può realizzareattraverso la sostanziale responsabilizzazione dell’individuo e l’aumen-to della sua produttività nel mercato economico con l’autoimpiego. Gliultimi dati trimestrali diffusi dall’Istat non sono certo incoraggianti e re-gistrano non solo uno stato di crisi del mercato del lavoro e dell’occupa-zione ma anche un dato psicologico e sociale inquietante: è in incremen-to il numero di “quanti non hanno cercato lavoro perché scoraggiati”*.Il microcrocredito è uno strumento che permette non di trovare lavoroma di costruirlo, progettare la propria impresa e realizzarla, può esseredunque una speranza ed una leva contro l’aumento del tasso di disoccu-pazione, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno dove l’autoimpresapuò compensare la perdita dell’occazione fungendo come ammortizza-tore sociale. Per quanto riguarda la situazione italiana, in particolar mo-do, dai dati della indagine condotta dal progetto Monitoraggio, si sco-pre che i beneficiari sono per la maggiorparte uomini, con un’istruzionemedio alta, che intendono aggiungere una seconda entrata economica alreddito familiare. Il Microcredito nel mondo, e mi riferisco in particolarmodo ai Paesi in via di Sviluppo, nasce, invece per favorire l’impresafemminile. La via italiana al Microcredito e l’Ente nazionale, che si pro-pone di attualizzare il progetto nel nostro Paese, tenta proprio un recu-pero di questa idea iniziale favorendo una campagna informativa e vira-le rivolta proprio alle donne. Questo numero, dunque, è dedicato in granparte a fotografare quella che è la situazione occupazionale femminile ri-portando testimonianze dirette ed esempi di buone pratiche di uno stru-mento che ogni giorno di più si rende fondamentale per lo sviluppo eco-nomico.

Il microcrocredito è unostrumento che permettenon di trovare lavoro madi costruirlo, progettare la propria impresa e realizzarla

*http://www.istat.it/it/archivio/83443

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Anno 1- numero 1 - 2013

Testata giornalistica registrata presso

il Tribunale di Roma autorizzazione n.46/2013 del 18 febbraio 2013

Rivista trimestrale

Direttore responsabile: Emma Evangelista

[email protected]

Osservatori a cura dei direttori:

Cristiano Carocci, Giovanni Nicola Pes,

Tiziana Lang, Mario La Torre

Segreteria di redazione: M. R. Cozza

tel. 06 39870249

[email protected]

Sede legale della rivista:

Ente Nazionale per il Microcredito,

Via Vittoria Colonna 1 - 00193 Roma

Hanno collaborato: Mario Baccini, Stefano Battaggia, Giancarlo Battista,

Lucio Battistotti, Ugo Biggeri, Federico Bria, Luisa Brunori, Alessandro Cardente, Cristiano Carocci, Giorgio Caroli, Marina De Angelis, Luca Sabinade, Michele D’Onofrio, Mario Esposito, Emma Evangelista, Teodoro Fulgione,

Riccardo Maria Graziano, Mario La Torre, Stefanie Lammermann, Tiziana Lang, Alessandro Luciano, Luisa Brunori, Roy Mersland, Alma Minghi, Simone Ovart,

Flavio Padovan, Marco Paoluzi, Giovanni Nicola Pes, Silvia Sitari,Francesco Verbaro, Gianfranco Verzaro, Marcello Viaggio.

Progetto grafico: Francesco Callegher - www.studiocallegher.com

sito internet: www.microcreditoitalia.org

e-mail: [email protected]

Stampa: Gruppo L.H. s.r.l

Via Val Trompia, 112/114

00141 Roma

sommario1 Il rIscatto economIco e socIale rIcomIncIadall’autoImpresadi emma evangelista

4 l’europa solIdaledi mario Baccini

6 leggI per creare InclusIone fInanzIarIadi riccardo maria graziano

8 Il fIlo che connette Il mondodi silvia sitari

10 donne che rIcomIncIano da sédi emma evangelista

13 la cIlIegIna sulla tortadi emma evangelista

15 magrI una vIta per l’Impresadi alma minghi

17 l’IdentItà del mIcrocredItodi luisa Brunori

19 amerIca latIna aquÍ estÁ la revolucIÓndi teodoro fulgione

21 BrasIle, un paese pIeno dI contraddIzIonIdi teodoro fulgione

23 al centro della Bussola verdeorodi teodoro fulgione

24 mIcrofInanza e dIsaBIlItàdi roy mersland e stefano Battaggia

27 una macro-app per Il mIcrocredItodi lucio Battistotti

29 oBIettIvo InclusIone socIaledi giancarlo Battista

31 credIto: l’ImpIanto dell’economIadi giorgio caroli

33 Il deBIto funzIonaledi giorgio caroli

35 nel mondo della puBBlIca ammInIstrazIonedi francesco verbaro

37 un radar sulle competenze della p. a.di gianfranco verzaro

A cura dell’Ente Nazionale per il Microcredito

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Rivista finanziata nell'ambito del progetto "Microcredito e Servizi per il Lavoro - Azione di sistema per la promozione e creazione presso

i Servizi per il lavoro di strumenti operativi innovativi volti all'autoimpiego e alla microimprenditorialità"

(Operazione a valere sull'Asse B Occupabilità del PON Governance e Azioni di Sistema FSE Ob. Convergenza 2007-2013) cod.731

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39 allontanare Il Baratro della povertàdi marcello viaggio

41 osservatorIo microcredito e servizi per il lavorouna fotografIa ItalIanagruppo di lavoro monitoraggio

44 InIzIare dal terrItorIo

46 testImonI dI dIgnItàdi alma minghi

48 l’esercIto deI collettI BIanchIdi mario esposito

49 economIa alternatIvadi alessandro cardente

51 osservatorIomicrocredito e politiche di sviluppoIl ruolo delle donne nel sIstema economIcodi simone a. ovart

53 female-led BusIness and access to credIt In germanydi stefanie lammermann

56 l’unIverso femmInIle e I servIzI fInanzIarIdi marina de angelis

58 credIto e ImprendItorIa rosadi marco paoluzi

61 osservatorIomicrocredito e programmi comunitari2014-2020 pIanIfIcare Il futurodi tiziana lang

64 fondI garanzIa e fInanzIamentI strutturalIdi sabina de luca

66 co. smo un esempIo per Il suddi federico Bria

69 uno sguardo da Bruxellesdi silvia sitari

71 osservatorIo microcredito e sistema bancario e finanziarioper un’ecologIa del BanchIeredi mario la torre

74 Banca etIcadi ugo Biggeri

76 extraBanca di mario la torre

79 questIone dI metododi flavio padovan

81 grazIe al mIcrocredIto l’acqua non ha smesso dI sgorgaredi michele d’onofrio

82 I fIorI dI nIcole: un sogno realIzzatodi michele d’onofrio

83 la mIcroImprendItorIalItà pakIstana premIatadalle nazIonI unItedi michele d’onofrio

84 nel settore della moda I mIcroprestItI costItuIscono un prezIoso strumentodi michele d’onofrio

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Formare per consolidare la via italiana e crearenuove opportunità

di mario baccini*

l’europasolidale

gli albori della sua nascitala Comunità europea ave-va come prerogativa l’au-toaffermazione di sé comeentità superpartes che so-stenesse il superamento diun conflitto bellico e ga-rantisse la sopravvivenzadelle libertà individuali.

Da allora ad oggi passando per gli accordi di Romal’affermazione dell’Europa, come un soggetto unitarioche potesse garantire una stabilità politica, sociale edeconomica, si è andata concretizzando attraversol’idea dell’integrazione. Il Presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano, nei suoi incontri bilaterali ha ri-badito che: “L’Italia non è mai venuta meno ai propriimpegni in campo europeo e continua a svolgere ilproprio ruolo per il consolidamento e lo sviluppo delprocesso di integrazione europeo”. Certamente que-sto processo fondamentale passa attraverso l’occupa-zione e la creazione di nuove opportunità. L’idea diunità, negli anni, sedimentatasi su una corrispondenzatra identità diverse che si uniscono nel comune soste-gno, ha superato il principio di integrazione per con-vogliare forze e risorse in un mutualismo che si con-cretizza nella solidarietà e nella sussidiarietà, senzasfociare mai nell’assistenzialismo; se si escludono lemalevole interpretazioni di acronimi come PIIGS pergli stati membri oggi in difficoltà. Le risorse che l’Eu-ropa mette a disposizione sono in questo momentofondamentali per tutte quelle economie continentali

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provate dalla crisi economica globale. L’Italia, finora,ha utilizzato solo una piccola parte di queste risorse,restituendone molte, troppe per quanto siano necessa-rie al riavvio del sistema economico del Paese. Da dovericominciare? Naturalmente dalla piccola e media im-presa, da sempre motore del Paese, e dalle raccoman-dazioni dell’UE che indirizza all’utilizzo del microcre-dito quale strumento fondamentale per la crescita.Noi siamo convinti che, per creare una controtenden-za sistemica, il microcredito sia una risorsa indispen-sabile. L’Ente Nazionale per il Microcredito si propo-ne attraverso un’attenta selezione delle capacità e del-le competenze di poter sostenere questi programmi edessere in grado di attrarre fondi comunitari per pro-durre formazione, informazione e know how che ren-dano la ‘via italiana al microcredito’ un fiore all’oc-chiello per il Paese ed anche una pratica riproducibileche sappia essere esempio per gli altri Paesi comunita-ri. Il compito del nostro Ente è quello di sostenere leprogettualità attraverso la formazione delle compe-tenze, il monitoraggio delle attività sul territorio,l’apertura di sportelli per il lavoro, l’informazione spe-cifica e corrente. L’Europa è un nostro interlocutoreprivilegiato tanto che l’Ente è stato ufficialmente rico-nosciuto come contact point della Commissione UEper tutto quello che riguarda il settore del microcredi-to. Allo stesso tempo è stato riconosciuto dal Parla-mento italiano come centro nazionale di competenze,promotore di microcredito e naturalmente interlocu-tore diretto con l’Europa. Riteniamo, per questo, che ilcompito della politica e dei suoi rappresentanti, ad

ogni livello, sia quello di sostenere la microfinanza egli operatori del settore con una normativa che snelli-sca le pratiche burocratiche e permetta una fiscalità divantaggio per le imprese che iniziano attraverso questiprocessi una nuova vita contributiva, favorendo an-che le possibilità di accesso al credito con interventi di-retti nella formazione di fondi di garanzia pubblici. Mipare che oggi l’attenzione della politica si concretizzianche attraverso un interesse mediatico per il fenome-no, che davvero può essere la chiave per il riscatto per-sonale e imprenditoriale italiano, è sicuramente alta.Si sta dimostrando una leva importante contro la di-soccupazione e l’emarginazione. Anche MovimentoCinque stelle di Beppe Grillo, nato come esternazionedi una protesta sociale, ha compiuto come primo attola creazione di un fondo di garanzia per il sostegno allepiccole e piccolissime imprese locali. Così come l’inte-resse di investitori pubblici e privati che si attivano percreare soluzioni online, certificate da ABI, per attivaremicrocredito per piccole imprese, misura quanto siaelevato l’interesse per l’argomento. Molte realtà spon-tanee stanno nascendo, contribuendo al trend positi-vo del fenomeno che deve necessariamente fare i conticon le competenze e le professionalità che sono in gra-do di operare nel settore. Il nostro compito è proprioquesto. Sostenere e diffondere la cultura della microfi-nanza per poter capitalizzare quelle risorse che l’Euro-pa, in primis, l’Italia, ma anche i privati, mettono a di-sposizione per poter garantire un riavvio del sistemaeconomico. È una sfida ardua, ma possibile.

* presidente enm

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un confronto con gli stati dell’unione peruna normativa condivisadi riccardo maria graziano*

leggi percreareinclusioneFinanziaria

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vità dei prossimi mesi deve essere volta a stabilizza-re il settore con la pubblicazione dei decreti attuati-vi del d.lgs.169/2012 miranti a creare le condizionidi migliore operatività per tutti i soggetti interessati(istituti di credito, operatori di microcredito e isti-tuzioni senza fini di lucro, organismo vigilante) conil fine ultimo di aumentare la disponibilità di mi-crocrediti, su tutto il territorio nazionale, per colo-ro che non riescono ad accedere ai canali del credi-to tradizionale. In un momento storico che vede iltasso di povertà relativa salire al 21% e oltre 1.300mila famiglie vivere al di sotto della soglia di pover-tà assoluta, in cui il tasso di disoccupazione ha rag-giunto l’11,7% con oltre il 38% dei giovani privi diun’occupazione, il microcredito può rivelarsi unutile strumento di politica attiva del lavoro, a soste-gno dell’avvio di nuove microimprese da parte dicoloro che sono fuoriusciti dal mercato del lavoro(si pensi ad es. all’effetto esaurimento della cassin-tegrazione), o al loro rafforzamento, ivi compresala possibilità di utilizzarlo da parte dei lavoratoriautonomi e micro/piccoli imprenditori che deside-rano aggiornare le proprie competenze. Sfide cuil’Ente non intende sottrarsi e sulle quali sta già pre-disponendo proposte per i dicasteri competenti.

* Segretario Generale ENM

’approvazione della leggesul microcredito pone l’Ita-lia, assieme con Francia eRomania, tra i Paesi piùavanzati in Europa in mate-ria di normativa sull’inclu-sione finanziaria e sociale.In occasione del Forum eu-ropeo, organizzato dall’Ente

Nazionale per il Microcredito il 31 gennaio e 1febbraio, i rappresentanti dei tre Paesi si sono in-contrati in una Tavola rotonda di confronto sulledisposizioni specifiche e sui contesti sociali e cultu-rali in cui tali norme sono intervenute, non ultimosull’influenza che l’attuale crisi economica e finan-ziaria ha esercitato nello stimolare il dibattito deipolicy maker comunitari e nazionali sulla finanzache mira al fine etico dell’inclusione. In particolare,ha destato interesse nel pubblico il riconoscimentoal nostro Paese della capacità di farsi laboratoriosperimentale sul tema del credito destinato all’in-clusione finanziaria (e sociale) approvando il d.lgs.19 settembre 2012, n.169, che recepisce il dettatodegli articoli 111 e 113 del T.U.B. recanti la nuovadisciplina del microcredito in Italia (importi, servi-zi, beneficiari, intermediari, tassi di interesse e ga-ranzie, vigilanza su operatori e sul mercato). L’atti-

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per esempio, quel “filo rosso” che avrebbe dovutocollegare quegli aspetti tanto diversi dei modelli so-ciali nazionali combinandoli fra di loro per formareuna nuova realtà unitaria all’interno della UE. Oggici troviamo ad ondeggiare tra un’Europa che, se dauna parte obbliga tutti a tenere sotto controllo ipropri conti interni, poiché ogni singola esposizionedebitoria si riflette negativamente sull’esposizione“comunitaria”, dall’altra continua a permettere ilconsolidarsi dell’egemonia economica di alcuni a di-scapito di altri.Sembrerebbe proprio che la strategia di sviluppo,approvata nei Consigli europei di Lisbona nel 2000,e nel 2001 a Stoccolma, che consisteva nel trinomio“crescita economica/coesione sociale/protezioneambientale”, in questi ultimi anni abbia avuto unabrusca battuta di arresto. La crisi globale non ha ri-

a crisi di questi nostri tempideve necessariamente stimo-lare la capacità dei cittadinidelle democrazie occidentalia trovare nuovi modi di pen-sare al welfare e alle politichesociali. L’avvio del mercatounico, ispirato da criteri stret-tamente liberisti, avrebbe do-

vuto essere equilibrato, fin da subito, con un paral-lelo avvio di una politica sociale europea che ga-rantisse contemporaneamente il perseguimento siadegli obiettivi dello sviluppo economico sia degliobiettivi di giustizia sociale e di rafforzamento dellepratiche di democrazia connesse all’efficienza e allaqualificazione dello stato sociale. Ma le cose nonsono andate esattamente così: non è stato trovato,

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l’emancipazione femminile attraverso l’autoimpiego è ilpunto di svolta delle strategie di sviluppo economico globaledi silvia sitari

il Filoche connetteil mondo

Barack Obama e la madre

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registrato un incremento del proprio reddito. L’in-cremento di reddito viene utilizzato per sanare debi-ti, ma soprattutto per migliorare la qualità di vitadella propria famiglia; permette un aumento di con-sumo di cibo e un miglioramento delle condizioniabitative. I programmi di microcredito rappresentano ancheun forte incentivo all’emancipazione femminile:possibilità di decidere, partecipazione crescente del-le donne alle decisioni sia familiari sia territoriali.Inoltre l’accesso al microcredito ha sviluppato l’atti-tudine a conciliare lavoro e famiglia. Il migliora-mento della condizione della donna passa senzaombra di dubbio anche per il microcredito. E proce-dendo nella disamina di questa vincente combina-zione scopriamo che ci sono donne che hanno datovita ad organizzazioni che si occupano di aprirel’accesso al microcredito per quelle donne che han-no subito violenza, che sono vittime di guerre e digravi discriminazioni di genere. E ancora: la sensibi-lità femminile guarda con attenzione all’ingressodelle piccole e medie imprese nel mercato di quelle“economie emergenti” sempre più voraci come laCina; sottoscrive protocolli di intesa territoriali peraprire l’accesso al microcredito alle classi più svan-taggiate; osserva che c’è una relazione molto strettatra microcredito, impegno e soddisfazione delle per-sone (la capabilities di Amartya Sen), e rapporti so-ciali, attribuendo all’utilizzo del microcredito un va-lore sociale “fondante” per la coesione “nei gruppi”e “tra gruppi” di persone nelle società del terzo mil-lennio. Quando Amartya Sen, Premio Nobel perl’economia nel 1998, disse che “lo sviluppo può es-sere visto come un processo di espansione delle li-bertà reali godute dagli esseri umani”, certamentepensava ad una diffusione di un benessere “etico egiusto” per un numero sempre crescente di persone,ad una progressiva inclusione di persone nella “res”e quindi nella società. E chi, meglio delle donne conil sostegno “sociale” del microcredito, è in grado diraccogliere la sfida della società del terzo millennioche, opponendosi al liberismo sfrenato, deve esserevolta ad una crescente inclusione sociale dove lapersona, attraverso il lavoro, trovi riscatto e digni-tà?

sparmiato né Stati Uniti né Europa. Le difficoltàsempre crescenti che si presentano per reperire fon-di a chi vuole fare impresa sono un ostacolo insor-montabile, così come sono aumentate le disparitàsociali e di genere. Ma sembra che proprio da ungenere, quello femminile, si stia ricostituendo quel“filo rosso” che tende ad unire piuttosto che a divi-dere, che trova condivisione di problemi e, quindi,soluzioni concrete e condivise. Cosa possono averein comune donne come la signora Ann Dunham, lamamma del presidente Obama, con un gruppo didonne calabresi, e con delle giovani donne africa-ne? Le donne, da sempre impegnate nella cura enello sviluppo della proprio nucleo familiare conun’attenzione particolare per ogni singolo compo-nente, ormai da qualche anno si sono andate orga-nizzando con idee nuove e creative che sono diven-tate azioni concrete per affrontare questi tempi cosìdifficili. La mamma di Obama, trasferitasi in Indo-nesia con il secondo marito, dovendo tirare su il“suo Barry”, mise su un business riscoprendo unacultura racchiusa nella collezione di stoffe batik ri-maste per anni nei bauli di famiglia. Quei tessuti in-sieme con altre suppellettili diventarono per lei unafonte di reddito. E ne fecero una paladina riguardoalla donna e alla sua condizione sociale. In Cala-bria, nella Locride, alcune donne si sono createun’occupazione che le rende autonome recuperan-do l’uso di un’antica tessitura locale. Molte giovanidonne, nei paesi del Corno d’Africa ma anche in al-tri Stati del continente africano, stanno riportandoalla luce lavorazioni artigianali locali, con materialipreziosi oppure “da riciclo”, garantendo per sestesse e le loro famiglie migliori condizioni di vita.Tutto questo però contiene un fattore comune: ilmicrocredito. Il microcredito inteso non come meraassistenza sociale ma come sostengo alla persona eal lavoro attraverso il quale ogni persona si riscattae ritrova la sua dignità. Il binomio “donna e microcredito” sta via via di-mostrando tutta la sua efficacia e la sua potenziali-tà. Esaminando, per esempio, la realtà di donne be-neficiarie del microcredito in alcuni paesi del Medi-terraneo sono emersi dati interessanti: il 70% delledonne che hanno avuto accesso al microcredito ha

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riprendi in mano la tua vita: l’informazione perl’accesso al credito in rosa vola sul web. parte la nuova campagna informativa del gruppo delle donne per il microcredito appoggiata dall’enmdi emma evangelista

donne chericominciano da sÉ

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a comunicazione non è comeil pallone e la politica dovetutti sono esperti, necessita diprofessionalità affinché ilmessaggio arrivi. Parole diDaniela Brancati, membro delComitato scientifico dell’EnteNazionale per il Microcredi-to, giornalista, saggista, prima

direttrice donna della RAI, e guida del gruppo di lavoro“Donne per il microcredito”, che ci parla della nuovacampagna di informazione sul microcredito al femmi-nile.

Come nasce l’idea di radunare un gruppo di donne persviluppare un’attività specifica di microcredito?Facendo parte del Comitato scientifico dell’Ente honotato che non esisteva nessuna attività specifica neiconfronti delle donne, così è cominciata l’avventura.Abbiamo riunito in un workshop oltre venticinque as-sociazioni e rappresentanti di categorie di attivitàfemminili, da quelle più storiche come Cif e Udi aquelle più recenti e professionalizzate, fino alle sezionifemminili di Unioncamere e sindacati. Il risultatodell’incontro ha sancito in modo univoco che in Italiamancava un’informazione specifica verso le donne, leprime potenziali utenti del microcredito. Allo stesso

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va per sollevare il loro mondo. Inrealtà sono donne intraprendenticon un’idea ma senza credito. Lacampagna consisterà in uno spotche sarà diffuso via web e contia-

mo che questa rete di associazioni così importante ciconsenta di riprodurlo su tanti siti, portali, blog e socialnetwork per veicolarlo al meglio. Sarà una campagnavirale e ci aspettiamo che molti visiteranno la paginaweb dedicata al progetto www.microcreditodonna.it,una derivazione del sito ufficiale dell’Ente Nazionaleper il Microcredito. Sarà lo snodo/nodo con tutte le re-altà che accetteranno di far parte di questa rete ma so-prattutto sarà il punto di incontro con tutti coloro chevorranno erogare microcredito. I progetti dell’Ente co-me Capacity building e Servizi per il lavoro possono es-sere uno dei veicoli di questa campagna. Negli sportellidi Servizi per il lavoro, ad esempio, cominceremo a fareuna campagna di sistema per sostenere questo progettodi imprenditoria femminile.

modo manca una formazione delle donne e anche dicoloro che devono erogare loro microcredito. Per farlabreve, dopo una discussione lunga e interessante, ab-biamo deciso di varare una campagna informativa perquesta platea a cui, peraltro, il microcredito si è essen-zialmente rivolto quando è nato nei Paesi in via di Svi-luppo. È paradossale pensarlo, certo noi non siamoCalcutta, tuttavia, da noi le donne incontrano ancoraostacoli pesantissimi per l’accesso al credito e sonoostacoli anche culturali perché c’è da un lato una diffi-denza dei bancari nei confronti delle donne, ma dal-l’altro quella delle donne nei confronti delle banche.Questa diffidenza è data da un insieme di fattori: dailinguaggi, che spesso le donne non amano e non capi-scono come quelli della burocrazia, ma anche dal fattoche all’alba del 2013 ti puoi sentir dire ‘torni con la fir-ma di suo marito’, quando semmai sei tu che nella cop-pia guadagni di più, quando non c’è un obbligo perchéc’è regime di separazione dei beni, quando la firma delmarito non è un atto dovuto semmai un sopruso, pun-to e basta. A fronte di tutto questo abbiamo pensato diinformare le donne innanzitutto di cosa sia il microcre-dito. Lo dico ‘con un sorriso’ ma molta gente pensa cheil microcredito sia un credito piccolo, micro perché po-co, fatto di pochi soldi. È vero che a disposizione nonc’è un fondo enorme, ma è vero pure che il microcredi-to ha una sua dimensione etica, culturale e sociale, chesono i fattori che lo distinguono da un credito piccolo.Inoltre per accedere al microcredito non si devono for-nire garanzie reali, ma questo non si sa, quindi le don-ne spesso non lo chiedono neppure. Far conoscere que-sta dimensione etica, sociale e culturale di tale stru-mento è un fatto importante perché ci troviamo difronte a una crisi economica epocale in cui il tasso diesclusione delle donne dal ruolo attivo del mercato dellavoro è consistente e il microcredito è un’arma poten-zialmente molto importante.

Lo slogan della campagna?Essenzialmente è riprenditi in mano la tua vita perchédietro la tua idea c’è una garanzia. Vogliamo raggiunge-re donne di ogni età unite dalla volontà di reagire allacondizione di esclusione, donne che hanno una buonaidea ma che stentano a realizzarla perché non hanno ildenaro necessario. Denaro che serve loro da piccola le-

Daniela Brancati

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Una donna al Quirinale potrebbe favorire lo sviluppodell’impresa di genere?Potrebbe favorire nel suo ruolo di garante della Costi-tuzione un’azione di “moral suasion”. Se al Colle do-vesse mai salire una donna con sensibilità verso il pro-prio genere sicuramente potrà esercitare questo tipo dipersuasione. Mi auguro che i governi che verranno sia-no sempre più frutto di democrazia paritaria e tenganopresente in tutti i loro atti dell’impatto di genere. La leg-ge sulla presenza femminile in tutti i consigli di ammini-strazione delle società quotate e anche delle banche do-vrebbe cominciare a far vedere i propri effetti. Ma ripe-to non basta che siano donne, bisogna che siano donneconsapevoli.

Resistenze incontrate finora?Non ci sono state, perché quando spieghi le cose allepersone non ci sono resistenze. Certo con le banchenon è facile perché hanno una concezione del prodottofinanziario come un prodotto che deve stare sul merca-to punto e basta, il che naturalmente è vero perché ilmercato è fondamentale, ma è anche vero che il micro-credito parte non dalle esigenze del mercato ma daquelle della società e in particolare da necessità di in-clusione sociale che alla fine devono stare a cuore an-che alle banche perché senza inclusione sociale si gene-ra povertà e con la povertà le banche che ci fanno?!

Qual è lo scopo delle donne che ottengono microcre-dito?Sostanzialmente è fare auto-occupazione. All’inizio, in-fatti, chiamarlo micro-impresa è anche esagerato per-ché magari vogliono mettere in piedi un’attività perquella occupazione che non hanno mai trovato o chehanno perso. Quindi è più corretto parlare di auto occu-pazione e di donne che hanno bisogno di molta forma-zione di tipo imprenditoriale e di fare quel salto di quali-tà innanzitutto nella propria cultura e nelle proprie am-bizioni che le porti dall’auto-occupazione alla microim-presa. Il tutoraggio in Italia è sicuramente una praticadiffusa ed estesa, ma quasi sempre viene inteso come unaiuto a superare le formalità burocratiche; che è fonda-mentale perché molto spesso neppure persone esperteriescono a mettere i numeri al posto giusto, ma quandouno mette su un’impresa non avendo questo tipo di cul-tura il tutoraggio deve essere molto più specifico, moltopiù importante dovrebbe far capire la natura dell’im-presa: del giusto rischio, del giusto compenso, come sipossono sfidare i mercati anche essendo una piccolissi-ma realtà. Con il tutoraggio bisogna trasmettere unacultura imprenditoriale. È chiaro che chi si rivolge allebanche con meno timori è una persona con un alto gra-do di scolarizzazione perché gli altri hanno una natura-le e, forse saggia, diffidenza nelle banche, quindi chi hapiù intraprendenza di solito è una persona con maggio-re autostima e consapevolezza di sé, ma noi pensiamoche tutto questo si possa costruire per utilizzare il mi-crocredito come strumento di inclusione. Il microcredi-to è uno strumento facile, perché non richiede le forma-lità del credito tradizionale e che diminuisce la discre-zionalità della banca sulla concessione del credito.

Uomini che immaginano per le donne

Questa campagna nasce dalla volontà di infor-mare le donne sulle potenzialità di uno stru-

mento nuovo e allo stesso tempo semplice percreare opportunità di auto-impiego. La campagnaè stata curata dalla Sigeta Italia, di Biagio Vanaco-re che, insieme a un poker d’assi della comunica-zione pubblicitaria, ha firmato il progetto perl’ENM. Quattro uomini: Luca Olivetti, AlessioCuozzo e Mario La Fortezza hanno realizzato sot-to la guida del art director, Renato Sarli, gli spot ela loro diffusione. Come mai il presidnete dei pub-blicitari italiani ha scelto degli uomini per raccon-tare un progetto di riscossa tutto al femminile?Perché studiamo dal di fuori, cerchiamo di cogliereal meglio e di riportare nel modo più semplice e di-retto le esigenze, attraverso i nostri occhi per soste-nere le donne. Con la nostra agenzia abbiamo cu-rato altre campagne di genere, contro l’infibula-zione ad esempio, e contro la violenza domestica.Ho accolto la richiesta della Brancati e del suogruppo perché ritengo che sia importante che ledonne prendano coscienza di quanto possono fareanche con questo strumento e come agenzia pensoche il nostro lavoro sia anche e soprattutto di im-pegno sociale, nel nostro piccolo volevamo contri-buire ad una battaglia per lo sviluppo .

E.V.E.

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il business dell’economia solidale per lo sviluppodel territorio secondo irene pivettidi emma evangelista

la cilieginasullatorta

mpegnata nella vita pubblica, impegnata in politica, Irene Pivetti è donna eimprenditrice del sociale. Tra i suoi obiettivi c’è quello di sviluppare un pianodi intervento a favore dei territori a minore densità di popolazione, ad inco-minciare dai piccoli comuni al di sotto dei 5000 abitanti, favorendo in modospeciale l’attrazione di investimenti dall’estero, volti alla creazione di nuoveunità produttive, o alla salvaguardia di quelle esistenti, e alla tutela dei beniculturali presenti sul territorio, con l’incentivazione alla creazione di societàdi diritto privato volte all’interesse pubblico per la gestione di servizi pubbli-ci (trasporti, tutela del territorio, smaltimento rifiuti, acquedotti, energia,

ecc). Un programma ambizioso in cui crede fermamente e che dopo l’esperienza da presi-dente della Camera, l’ha portata ad accettare anche l’incarico, a titolo gratuito, di assesso-re nel comune di Berceto, poco più di duemila anime sull’appennino parmigiano. Nel2008 per iniziare a realizzare questa idea di economia sociale, ha fondato l’associazioneLTBF Onlus che si propone di creare opportunità di lavoro per persone in difficoltà dalpunto di vista economico, sociale, culturale, con particolare attenzione alle donne. LTBFopera in Italia e in alcune regioni svantaggiate d’Europa, specialmente nel baci-no del Mediterraneo, nonché in alcuni Paesi del continente africano.

Cosa significa impegnarsi sul territorio per svilupparne le potenzialità?L’autorità e l’amministrazione locale autorizza, legittima, propone ed è ti-tolare delle strategie ma in realtà è necessaria una struttura di promozionesociale che si occupi della progettazione. Io nel 2008 ho messo in piedi unastruttura di questo tipo, non è questione di bandiere, è questione di investi-menti pubblici privati da gestire. Questo nucleo è il centro di competenzereali che impianta tutta la struttura, la radica sul comune attraverso altrestrutture pubbliche e private e, grazie al sostegno del Comune che funge daaggregatore, costruisce un progetto che può essere finanziato. A questopunto è opportuno valutare anche se ci sono fondi europei a cui poter attin-gere per valorizzare le strutture sportive del territorio, le infrastrutture via-rie, la rete di illuminazione etc.

I

Irene Pivetti

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Qual è il ruolo della microfinanza in questo disegno?La microfinanza può essere il soggetto che finanzia i nu-clei che lavorano nella realizzazione finale del progetto.Si può immaginare la formazione di cooperative o di mi-croimprese che si occupano di varie attività utili allo svi-luppo: la cooperativa di manutentori o quella di autistidove il singolo che apre l’attività di trasporto che serve lazona dove il trasporto pubblico provinciale non arriva.Io penso alle realizzazioni che abbiamo fatto nei paesi,cito l’esempio di Berceto che a me è più vicino: abbiamopreso un van, pulmino a sette posti, che va in giro per lemontagne a prendere i bambini per il calcetto, gli anzianiper accompagnarli a fare le visite mediche piuttosto chele madri con i bambini per andare dal pediatra. È unadelle tante realtà realizzate che offre un vero servizio so-ciale, facendo quello che la compagnia locale degli auto-bus non può nemmeno sognarsi di fare perché ha corse emezzi limitati. Questo è un tipico esempio di micro-rea-lizzazioni che sono espressione della microfinanza por-tata sul territorio. Sicuramente queste esperienze da solenon bastano a determinare lo sviluppo del territorio, perquesto è necessaria una progettazione più ampia perchépoi si possa arrivare a una realizzazione organica e piùampia: se lo si fa su un comune è un conto se strategica-mente si decide di farlo su un’area, ad esempio una dor-sale appenninica, un territorio, una valle, si sviluppa be-nessere diffuso per l’area con maggiori servizi e risultativisibili nel miglioramento della qualità della vita. Con-cretamente, per fare un esempio, investo in trenta auto-vetture, le si compra con fondi derivanti da bandi comu-nitari o strumenti di altro tipo e si crea un servizio capil-lare per tutte quelle zone altrimenti escluse o poco servitedall’agenzia di trasporto pubblico territoriale.

In questa ottica come intervenite e, a suo avviso, gli spor-telli di microcredito e Servizi per il lavoro quale utilitàpossono avere sul territorio?Io la vedo dal punto di vista del privato sociale che nonha gli strumenti utilissimi della microfinanza, io sonosoggetto che fa progettazione, la parte complementaredella microfinanza. Ho una centrale operativa conden-sata in un centro unico nazionale in cui si possa avereuna visione globale d’insieme e abbiamo bisogno di ‘n’tentacoli sul territorio che possano farci richieste sullequali noi possiamo intervenire. Da queste ‘basi locali’,che potrebbero essere gli sportelli sul territorio, magari

all’interno della Pubblica Amministrazione, dobbiamoconoscere quali sono le risorse del territorio, se lì c’è unarisorsa agroalimentare, se c’è una potenzialità turistica,un importante giacimento culturale o una particolarepropensione sportiva. Vediamo e valutiamo le tipologiedi intervento su uno o più temi; strutturiamo su questiuna valorizzazione e un’offerta immaginando quali pos-sano essere enti e privati che possano portare risorse e in-vestire perché devo essere capace di ragionare anche intermini di finanza di progetto. Devo essere capace di faredue tipi di progetti: uno basato sull’attrazione di fondieuropei che possano finanziarne la realizzazione, e l’altrasulla finanza di progetto che utilizza denaro privato perintervenire su strutture di utilizzo pubblico, fermo re-stando che la remunerazione del privato è solitamentesull’utenza e la fruizione successiva. Il nostro obiettivo,dunque, è dare supporto a programmi di attrazione diinvestimenti privati, dall’Italia e dall’estero, specialmen-te quelli destinati alle aree a bassa densità demografica,per la salvaguardia del territorio, la creazione di infra-strutture e l’offerta di servizi; per incentivazione allacreazione di società di diritto privato volte all’interessepubblico, come ad esempio le Common Interest Compa-nies, o le cooperative di comunità, per dare strumenticoncreti al solidarismo economico. In questo quadrol’amministrazione locale ha un potere decisivo. Se il co-mune ha la volontà di rendere efficace questa azione, na-turalmente non in termini economici di cui spesso nondispone, ma in termini di sostegno alle pratiche burocra-tiche, la strada può esser tracciata e concretizzarsi realiz-zazione delle progettualità. La microfinanza è la cilieginasulla torta di questo processo perché chiude questo ciclopensando alla persona e alla occupazione del singolo cheviene integrato nei progetti.

I.Pivetti e P.Barilla sul taxi sociale donato da LTBF onlus a Berceto

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la testimonianza di una donna capitanod’industria e responsabile di aiddadi alma minghi

magriuna vitaper l’impresa

obiettivi di porre luce suiruoli imprenditoriali e diri-genziali delle donne italiane,di incoraggiare e tutelare ledonne nel mondo del lavoroe mettere a disposizione del-le giovani imprenditrici leproprie esperienze. Conquesto obiettivo al mio in-gresso nell’80 in Associazione con spirito associativo,ho contribuito alla crescita dell’Associazione ricopren-do diversi incarichi fino alla Presidenza dell’AIDDA.

Quale era il suo principale obiettivo per AIDDA?Promuovere le aziende delle socie in tutto il territorionazionale. Doveva diventare un network tra di loro,uno scambio tra tutte. Io ho un’azienda tutta al femmi-nile, questo le dovrebbe far capire il mio modo di ragio-nare.

Le donne che fanno parte di AIDDA sono complici traloro?Sì. La complicità serve. Così come serve arrivare a unpunto in cui sei il capo ma non indiscusso. Devi dimo-strare che riesci a passare la mano. Questo è essenziale.

L’AIDDA è composta da donne che dirigono imprese indiversi settori?Sì. Dall’industria, all’artigianato, all’agricoltura, alcommercio e ai servizi.

ome è iniziata la sua carrieradi imprenditrice?Provengo da una famiglia diimprenditori e quindi hosempre sentito parlare diazienda. Dopo gli studi a Na-poli, sono entrata nell’Azien-da di famiglia, mio padre eradistributore per il sud di arti-

coli da regalo, porcellane e cristallerie. La trattativa e ilcontatto con la gente mi hanno sempre affascinato.

Si è mai sentita discriminata per il solo fatto di esseredonna?No mai. In nessun campo e per nessun motivo.

La parità di genere in campo imprenditoriale esiste?Forse non esiste. Dall’esperienza personale rifletto: ladonna è nata con la capacità di svolgere più ruoli con-temporaneamente ma deve emergere nel ruolo, nel set-tore dove è più capace. Di esempi ce ne sono tanti e le sideve riconoscere la sua bravura. Tutto ciò è legato al-l’evoluzione del tempo, della cultura e della formazione.

Cos’è L’AIDDA? AIDDA (Associazione Imprenditrici E Donne DirigentiDi Azienda) nasce nel 1961 a Torino. Associazione uni-ca nel suo genere perché garantisce versatilità e ampiez-za del raggio d’azione in diversi ambiti dell’imprendito-ria. Fondata da cinque donne di grande valore con gli

CMarina Magri

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Quali sono le differenze che una donna può apportareall’interno di una azienda?La sensibilità e la creatività. La donna è più flessibile es-sendo abituata a ricoprire molti ruoli: quello di madre,di figlia, di moglie. Soprattutto nel lavoro che faccio co-me Amministratore Unico della Società di BusinessCenter T.R. srl - Gruppo Tiempo per testimoniare comela donna abbia una reversibilità diversa.

Lei ha le stesse collaboratrici da anni?Sì con le quali si è creato un rapporto di complicità. Hosempre sottolineato loro e alle mie dipendenti che se silavora solo per la necessità di prendere uno stipendiosenza l’amore per ciò che si fa, si creano due scontenti, ioe loro e la rottura è certa.

Come nasce la sua attuale attività?Dal desiderio di diversificare. Provengo dalle macchineutensili industriali per la lavorazione del legno e del fer-ro di cui ero a digiuno ma la voglia di fare, mi ha dato lapossibilità di arrivare. Mi sono sposata giovane ma nonho avuto figli per 13 anni per cui era una comunione conmio marito ed è stato un divertimento folle nel lavorare.

Amore folle nel lavorare. Questo il suo successo?Sì. Ci si deve spingere sempre in avanti per ottenere dipiù. Molto tempo fa non c’era la mentalità dell’eccel-lenza. Oggi invece è necessaria. Me ne rendo conto an-che dai corsi di formazione che si svolgono nella nostrastruttura per conto di altre aziende.

Come è passata al commercio di macchine utensili indu-striali alla realizzazione di un Business Center di succes-so?A questo proposito le racconto una cosa. All’iniziodell’attività di macchine utensili industriali eravamo in4 e avevamo due sedi. Una a Roma e una a Napoli. ANapoli dovevamo comprare un edificio come depositodelle nostre macchine volute dai grandi produttori. Maun giorno accadde una cosa particolare. Un articolouscito su “Il Mondo” nel 79, raccontava di alcuni ufficipiccoli nati in America nel ‘69. E così venne in mente an-che a noi di trasformare il nostro deposito in un edificiodi uffici da affittare all’occorrenza … cominciammo co-sì… L’entusiasmo ci ha dato la forza per andare avanti.

Il coraggio non deve mai mancare?No. Anche se l’economia è in una situazione di tale diffi-coltà che porta pochi ad averne.

Suo marito è stato uno stimolo nella sua realizzazioneprofessionale?Sì. Sono stata fortunata. Lui era la mente dei progetti.Dopo la sua morte, avvenuta quando mia figlia aveva14 anni, mi sono rimboccata le maniche. Volevo vende-re tutto ma fu lei a farmi cambiare idea con la sua intelli-genza.Mio marito ha creato rapporti di fiducia tra le persone eio ho portato avanti i suoi progetti.

Si sente più soddisfatta come madre o come imprendi-trice?In entrambi i settori ugualmente. Come madre ho sem-pre cercato di non bloccare nessuna iniziativa di mia fi-glia essendo sua complice. Oggi lei mi sostituisce in pie-no in tutto.

Cosa ne pensa della quota rosa e pari opportunità?Io credo che se una donna è brava non la si può esclude-re. E’ ciò che riesci a fare e come riesci a farti valere a es-sere importante. Le pari opportunità dovrebbero anda-re sull’eccellenza delle persone che sanno fare e tutelarechi non ha la possibilità di fare niente. Sono le leggi chedevono essere modificate. Ciò che è importante è l’eccel-lenza, e lo dico sempre ai giovani perché un ragazzo ec-cellente può aiutare chi lo è di meno.

La differenza, quindi, è giusto che ci sia tra uomo e don-na?Dio ci ha creato diversi. Accettiamo questa condizionesenza mai sottometterci.

Il microcredito viene definito come credito di piccoloammontare finalizzato all’avvio di un’attività impren-ditoriale? È d’accordo?Assolutamente sì. Trovo sia fondamentale sia per noiimprenditori sia per i giovani. Il microcredito è indi-spensabile e credo che debbano essere divulgati in ma-niera maggiore tutti i progetti del microcredito. Lo tro-vo uno strumento estremamente importante, interes-sante ed essenziale.

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ricerca e formazione per una ideamultidimensionaledi luisa brunori*

l’identitàdel microcredito

microfinanza secondo una prospettiva multidisci-plinare. Il M.I.O. intreccia la propria esistenza conun altro centro di ricerca, il C.I.R.I.G. (Centro In-terdipartimentale per la Ricerca e l’Intervento suiGruppi), che apporta il suo contributo attraverso lostudio degli aspetti intangibili e relazionali del Mi-

crocredito. L’Osservatorio col-labora con Enti pubblici e pri-vati attraverso convenzioni eaccordi operativi, per promuo-vere scambi di conoscenza, peruna nuova concezione dello svi-luppo sociale a partire dagli in-dividui. In primo luogo con

l microcredito costituisce una delleinnovazioni più rivoluzionarie degliultimi decenni.Tra le diverse iniziative che hannoconsiderato gli aspetti etici del dena-ro, del prestito e dell’attivazione dellerisorse, l’idea realizzata in Bangla-desh per opera di M. Yunus costitui-sce una vera e propria rivoluzione nei

rapporti sociali e nella concezione di un’economiain grado di riappropriarsi del suo significato eti-mologico di “regola della casa”. Per questa ragio-ne Persone, Istituzioni, Governi e Organismi delgenere più vario si sono attivati per favorirne losviluppo.La collaborazione tra M. Yunus e l’Università diBologna nasce nel 2003, in occasione della sua do-cenza al Master sui Gruppi. L’anno successivol’Università di Bologna gli conferisce la LaureaHonoris Causa in Pedagogia con l’intenzione divalorizzare quegli aspetti educativi che sono stati,allo stesso tempo, motore e ragion d’essere del-l’esperienza Grameen.Nel 2007 all’interno dell’Universitàdi Bologna nasce il Microfinance In-ternational Observatory (M.I.O.), ilcui Presidente Onorario è Muham-mad Yunus, con la vocazione di ope-rare come Centro di eccellenza perla ricerca e le analisi sui fenomeni di

INel 2007 all’interno

dell’Università di Bologna nasce il MicrofinanceInternational Observatory

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relativamente agli aspetti tipicamente economici,tecnico-bancari e quindi tangibili, ma anche relati-vamente a tutti quegli aspetti “intangibili” di svi-luppo dell’individuo e di impatto migliorativo sullaComunità.Nello studio sulle possibilità di applicazione del mi-crocredito in Italia si colloca la creazione della Fon-dazione Grameen Italia, una collaborazione traUnibo, Unidea (ora Fondazione Unicredit) e Gra-meen Trust. Questa Fondazione, di cui sono attual-mente Vicepresidente, opera in stretto contatto conGrameen Trust, che ne ha la Presidenza, nella per-sona del Prof. Huzzat Islam Latifee.Il nostro lavoro ha trovato spazio e vigore all’inter-no di altre importanti organizzazioni internaziona-li, quali ad esempio il Microcredit Summit Cam-paign, che si è servito delle nostre competenze perl’elaborazione del Seal of Excellence, così come perla redazione del Microcredit Summit Campaign Re-port 2013.Nel 2010 è nata l’Associazione Win Win, strutturaoperativa che raccoglie e pratica i saperi acquisitinegli anni, con l’obiettivo di sviluppare interventi“psico-economici”: forme di “oikòs nomia” attentaai bisogni umani, a partire dal territorio bolognese.

* Prof. ssa Luisa BrunoriDirettore M.I.OVicepresidente Fondazione Grameen Italia

l’Ente Nazionale per il Microcredito (E.N.M.), concui sono state attuate utili e proficue collaborazio-ni per la formazione degli operatori.Tra i numerosi corsi di formazione attivati dall’Os-servatorio, l’E.N.M. ha reso possibile, presso Uni-bo, un Corso di Alta Formazione nell’anno accade-mico 2009/2010 e un Master di I livello (cfr.) at-tualmente in corso, nella condivisa convinzioneche sia necessaria una formazione professionalespecifica affinché l’operatore di microcredito, oltrea possedere competenze relative alla “tecnicalità”bancaria, sia in grado di aiutare a trasformare lecrisi in occasioni, attraverso lo sviluppo delle capa-bilities delle persone. L’approccio didattico si fonda su un’analisi multi-disciplinare dei diversi modelli di Microcredito, apartire da quello Grameen, che nella nostra visioneconiuga al meglio le valenze tangibili e intangibili-relazionali, intrecciando aspetti individuali e co-munitari in una relazione virtuosa di tipo win-win,riuscendo a restituire risultati migliori di altri mo-delli. La complessità del fenomeno in questione ri-chiede un accurato lavoro di valutazione delle di-verse esperienze in atto per individuarne efficaciaed efficienza. In questa direzione sono improntati iprogetti di Dottorato di Ricerca portati a terminenella nostra sede, che rimarcano l’importanza diuna valutazione dei programmi di microcredito,

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il rapporto tra microcredito e america latina ha influito non poco nel sorprendente sviluppo del continente

di teodoro Fulgione

america latinaaquÍ estÁla revoluciÓn

Cile e Venezuela. Ma c’é anche dell’atro. Nellarincorsa dell'America del Sud nei confronti delricco Occidente, un ruolo lo gioca anche il micro-credito che sta alimentando lo sviluppo delle pic-cole e medie imprese. Un modello di sviluppo che,almeno nelle intenzione, punta a rispettare le ca-ratteristiche e la natura del territorio. Insomma,stop agli investimenti dall'alto e sfogo alla 'fanta-sia' sudamerica.Il rapporto tra microcredito e America Latina hainfluito non poco nel sorprendente sviluppo del

ivelli di crescita altissimi,calo del tasso di povertà ecrollo di quello dell'analfa-betismo: è i l nuovo SudAmerica, quello che si è af-facciato nel nuovo millen-nio e guarda al futuro conottimismo.Stabilità istituzionale e at-

tente politiche economiche sono alla base del bo-om latino americano, trainato da Brasile, Perù,

L

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continente. Sono ben otto, infatti, le nazioni 'lati-no americane' nei primi 12 posti della singolareclassifica mondiale della crescita del microcreditosecondo i dati di Banco Interamericano de Desar-rollo, Corporación Andina de Fomento e BancaMondiale. Un successo legato all’evoluzione delquadro regolatorio e istituzionale del settore delmicrocredito. Ma molto si deve alle politicheeconomiche-finanziarie attuate dagli Stati sullascorta della inedita stabilità macroeconomica delcontinente. I punti di forza del boom sudameri-cano sono certamente l'esistenza di una solida in-frastruttura di centrali di rischio e le nuove leggisu trasparenza dei prezzi e risoluzione delle con-troversie. Un quadro che ha portato all’esplosio-ne del settore della piccola e media imprenditoriain Perù, allo sviluppo dell’agricoltura rurale inBolivia, alla crescita del sistema cooperativo ar-gentino e all’imprenditorialità diffusa in Brasile.Fenomeni che, in Italia, ricordano il boom del se-condo dopoguerra.L'assenza di un banco centrale sudamericano, co-me sono la Bce in Ue e la Federal Reserve negliUsa, e la mancanza della supervisione unica diuna istituzione transnazionale continentale(l’unico riferimento comune per l’azione gover-nativa di ogni singolo Stato é rappresentato dalleraccomandazioni del Banco Mondiale), hannodeterminato che ogni nazione abbia una propria

politica monetaria indipendente. Così dal Messi-co all’Argentina ci si imbatte in politiche diffe-renti e si passa da logiche 'laisser faire' ad un in-terventismo spinto. Ogni sistema ha pregi e difet-ti: il forte dirigismo di alcuni Stati ha favorito laconcessione di crediti a famiglie e impresa, limi-tando però la diffusione di iniziative autonome efalsando il libero mercato. Parimodo, l’eccessivadisinvoltura di alcune nazioni ha sì favorito l'in-gresso dell'iniziativa privata finanziaria (ancheinternazionale e non sempre disinteressata) maha visto anche crescere il livello di indebitamentomedio della classe meno abbiente e l’usura. Inogni caso, il microcredito sta favorendo la nasci-ta di una piccola borghesia imprenditoriale, pro-veniente spesso dalle classi piu' umili della popo-lazione. Tassi di crescita alti si registrano in Perùe Brasile. Nella ex colonia portoghese, determi-nante é stato l’intervento del Governo centrale: ilBrasile e' uno dei Paesi con il maggior numero diprogrammi di sviluppo creditizio. Particolare dif-fusione hanno avuto i programmi 'CrediAmigo' e'AgroAmigo' del Banco del Nordeste de Brasil,così come la campagna di microcredito del Bancodel Caixa Economica Federal: si tratta di prodot-ti finanziari rivolti principalmente a piccolissimiimprenditori o cittadini 'lontani' dalla possibilitàdi essere finanziati. Le grandi istituzioni bancariebrasiliane puntano fortemente sulle piccole e me-die imprese. La loro politica aggressiva sul mer-cato ha portato ad un ribasso dei costi (anche sei tassi di interesse restano altissimi rispetto aquelli europei). Va sottolineato che le PMI rap-presentano quasi la totalità delle imprese brasi-liane e il loro fatturato incide fortemente sullaformazione del Pil nazionale, impiegando circa il50% della forza lavoro del Paese.È anche per lottare contro la disoccupazione chele istituzioni statali brasiliane spingono affinchési finanzino le piccole aziende, soprattutto nellezone meno sviluppate del Paese dove spesso leimprese hanno serie difficoltà nel reperimentodal sistema finanziario privato della liquiditàmonetaria necessaria al proprio sviluppo. Lostesso governo centrale sta intervenendo per fa-vorire le esportazioni di queste piccole imprese.

Federal Reserve

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intervista al sociologo del lavorodomenico de masi sulle prospettive del nuovo mondo

di teodoro Fulgione

brasile,un paese pienodi contraddizioni

ontinuamente in viaggiotra l’Italia, il Paese dovee' nato, ed il Brasile, ilPaese che lo ha adottato,Domenico De Masi é te-stimone del boom 'ver-deoro' e meglio di altripuò 'raccontarlo' all’Eu-ropa. Crescita stratosfe-

rica del Pil, grazie allo sviluppo del tessuto im-prenditoriale, ma soprattutto evoluzione della so-cietà: e' questo il Brasile che il sociologo del lavo-ro descrive. Piccole e medie imprese, scolarizzazio-ne, distribuzione della ricchezza secondo un mo-dello di sviluppo “poco occidentale”.

Il Brasile continua a crescere. Sembra inarrestabile.Eppure i suoi vicini nel continente avvertono glieffetti della crisi internazionale dell’Argentina, delCile e dell’Uruguay.Paragonare il Brasile ad Argentina, Cile o Uruguayappare logico ma stiamo parlando di Paesi diffe-renti. Tutti 'latini' ma il Brasile é l’unico di culturaportoghese. È una differenza non da poco. La cul-tura spagnola é 'squadrata', simile a quella tede-sca. Lo si capisce visitando città come Buenos Ai-

C

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Anche l’Italia, con i suoi emigrati, ha contribuitoalla crescita della nazione.In Brasile ci sono 26 milioni di italiani o discen-denti, e ben 7 milioni con il passaporto. San Paoloè la più grande città italiana nel mondo con i suoiquattro milioni di italiani, il doppio di Roma. Equesto grazie agli italiani e al loro spirito impren-ditoriale. In tanti hanno messo su grandi aziendeagricole, vinicole. Poi ci sono le grandi aziende co-me Fiat, Pirelli ed il gruppo Mercegaglia.

Tante piccole e medie imprese che stanno trainan-do l’economiaIl Pil cresce ad un ritmo del 1,5%, quasi costante.Non ha le punte di altre nazioni ma si tratta di unacrescita più equilibrata, equamente suddivisa traindustria, terziario e agricoltura.

Un modello da imitare?A breve presenterò, prima in Brasile e poi in Italia,il mio nuovo libro che mette a confronto 15 mo-delli di vita nel mondo. Si va dal Giappone al NordEuropa, ai grandi Paesi musulmani, il Nord Ameri-ca, il Sud Europa. Il Brasile non é mai primo innessuno delle classifiche basate su differenti criteridi valutazione, eppure se si calcolano tutti i criterie si fa una media, é il Paese con il modello di vitamigliore.

res, Città del Messico: sono cresciute secondo unpiano regolatore, mentre le città brasiliane il pianoregolatore non ce l'hanno. Seguono un sviluppocurvilineo e non rettilineo. E poi il Brasile é unPaese non guerriero, non é stato impegnato in tut-te le guerre che hanno coinvolto i suoi vicini nel-l'ultimo secolo. Ha una cultura inclusiva, nonesclusiva dove si respira solidarietà e musicalità:non é un caso se tutt’ora siano presenti piu' di 40etnie. Certo, non é il paradiso. C’é anche qui lacorruzione che é propria di tutto il mondo latino ec’é una forte divaricazione tra ricchi e poveri.

La ricchezza del Paese cresceC’é un modello nuovo di crescita. Se vogliamo, unpò più equo. Venti milioni di persone negli ultimianni sono passate dal sottoproletariato al proleta-riato. Il Pil nazionale cresce e contemporaneamen-te si riduce il distacco tra le classi sociali. Anche al-tre nazioni, tra le cosiddette emergenti, stanno cre-scendo ma il Brasile é più democratico, ad esem-pio, rispetto a Cina e India. Pechino non é una de-mocrazia compiuta, a New Delhi c’é una famigliaal potere da 60 anni. In Brasile c’é una tradizionedemocratica che ha le sue radici nel passato e cheha visto solo una parentesi con la dittatura. Gli ul-timi presidenti sono tutti espressione del voto de-mocratico.

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di teodoro Fulgione

puntare sulle piccole e medie imprese.No, non è esattamente così. La differenza fra ilmodello di sviluppo di questi anni e quello precedenteè che l'America Latina ha trovato nell’Asia quel chenon trovava più nell’Europa né negli Stati Uniti: c'e'qualcuno (la Cina su tutti) che compra commoditiescompulsivamente. Ma a parte quello, il modello non è molto diversodall’anteriore: l’agro-business, l'estrazione mineraria eil petrolio continuano a non creare posti di lavoro néa migliorarne la qualità. Nell’America Latina èsempre stata l’economia 'informale' o spontanea acrearli. La differenza è che adesso, i microcrediti, stannocontribuendo a rafforzare una struttura produttiva icui effetti più nocivi (disoccupazione, esclusione, ecc.)non sono più risolti con investimenti pubbliciprovenienti dalle tasse.

Come sta cambiando la società dell’America Latina?Le società latinoamericane stanno cambiando menodi quello che sembra. È vero che in alcuni paesi, comeconseguenza del boom, c’è stata una notevolemobilità sociale ascendente, ma è anche vero che nellamaggior parte di essi, l’inflazione sta cominciando acambiare la situazione, provocando i primi segni didisagio. Dall’altra parte c’è un altro gruppo di paesi in cui nonc’è stata nemmeno mobilità… Tendenze strutturali aparte, il punto importante è che ci sono due problemifondamentali che, anche se la crisi ha mimetizzato,continuano a non essere risolti: la dipendenza estera ela disuguaglianza interna. Da questo punto di vista, l'America Latina resta lastessa.

Il Brasile sembra avere la crescita più solida. InEuropa si guarda con invidia alla crescita 'verdeoro'.È un modello da imitare?Non tutto in questa crescita è perfetto: persiste, peresempio, una forte dipendenza estera, un’economiaspeculativa che cresce a macchia d’olio; mancanoinfrastrutture, lavoro qualificato. Insomma, il Brasiledovrà prendere decisioni coraggiose ed intelligenti nei prossimi anni se vuole continuare ad essere un Paese emergente. Con il Mondiale e le Olimpiadinon basta.

segreti della 'revolucion' dell'America Latina,l'espansione dell'economia, i nuovi equilibrigeopolitici di centro-America e sud-America, il

ruolo del microcredito ed il cosiddetto 'ascensoresociale' brasiliano. Cosa sappiamo di un continenteche, apparentemente, non conosce la crisi. JuanAgullo' lo ha girato in lungo e largo, dal Messicoall'Argentina, dove ora insegna in una universitàrealizzata non a caso al confine tra Brasile, Argentinae Paraguay.

I Paesi dell'America Latina guidano le classifiche dellacrescita economia ma anche quelle dell’espansione delmicrocredito. Perché?Perché l'America Latina cresce, non è in crisi. E unodegli effetti di questa crescita è un ampliamento deimercati interni (fino ad adesso, molto piccoli) che,tuttavia, non sempre sta portando alla creazione diposti di lavoro formali. Ecco dove il microcredito haun senso: è utilizzato come uno strumento al serviziodella piccola impresa, del lavoro autonomo, ecc. Mabisogna anche comprendere che il microcredito faparte di una vecchia logica popolare di sopravvivenzache, in questo momento, ha trovato un'eco socialepositiva perché non soltanto risolve problemi marende anche da un punto di vista economico.

Il modello di sviluppo dell'America Latina, dopodecenni d’investimenti calati dall’esterno, sembra

I

l’università di iguazù, l’esperienza di Juan agulló e l’esclusione socialebrasiliana

al centrodella bussolaverdeoro

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di roy mersland1 e steFano battaggia2

microFinanzae disabilità

i è sostenuto che a gruppi partico-larmente vulnerabili di persone,ad esempio individui con disabili-tà, venga impedito l’accesso aiservizi di microfinanza. Il tema èimportante: le persone che vivonocon disabilità nei paesi in via disviluppo spesso hanno difficoltà atrovare un lavoro; molti perciò ri-

piegano sul lavoro autonomo e l’accesso al capitalesi rende ancor più necessario. Inoltre, la Convenzio-ne delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con di-sabilità (2008) sottolinea la perequazione delle op-portunità per le persone con disabilità.

La ricerca sulla microfinanza e la disabilità è scarsa,stante la difficoltà di reperire dati. Infatti, i ricercato-ri devono sormontare la difficoltà di definire la disa-bilità, categorizzare i cittadini secondo la definizionee campionare una serie sufficientemente rappresen-tativa della popolazione. Fortunatamente, con l’aiu-to dell’Unione Nazionale dei Disabili Ugandese(NUDIPU), siamo stati in grado di comprendere me-glio il concetto di ‘microfinanza e disabilità’.Generalmente si pensa che le persone diversamenteabili abbiano un basso accesso ai servizi di microfi-nanza. Ci sono infatti cinque meccanismi di esclusio-ne o barriere, che comportano l’esclusione delle per-sone diversamente abili dai servizi di microfinanza:

S

le persone che vivono con disabilità nei paesi in via di sviluppospesso hanno difficoltà a trovare un lavoro: molti perciò ripiegano sul lavoro autonomo e l'accesso al capitale si rende ancor più necessario. la microfinanza può dare una risposta efficace, posto che alcuni ostacoli vengano rimossi.

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sono raggiungibili solo sa-lendo le scale o facendosilargo fra la folla. Il capitalefinanziario è una risorsanecessaria per il lavoro au-tonomo, ma da solo nongarantisce la sopravviven-za di un’attività. Altri ca-pitali, come il capitaleumano ed il capitale socia-le sono necessari per l’uso

efficiente del capitale finanziario. Di più, è la combi-nazione di diversi tipi di capitali assieme alle oppor-tunità offerte dal mercato che decidono se le attivitàdi lavoro autonomo delle persone disabili lavoro san-no coronate dal successo. In alcuni casi, se non è pos-sibile procedere al rimborso di un prestito, l’accessoal credito potrebbe effettivamente risultare dannosoper le persone con disabilità.Un’attività economica inizia sovente dando fondo airisparmi. Infatti, il 50% degli intervistati dello studiougandese affermano di utilizzare il loro risparmio co-me capitale di avviamento. Un altro 43% ha iniziatocon un capitale ottenuto da vendite di beni o daimembri della famiglia. Solamente il 7% inizia la sua

l’autoesclusione, l’esclusione dai membri del grup-po, l’esclusione da parte del personale, l’esclusionecausata dalla inidonea progettazione dei servizi e in-fine l’esclusione causata dalla stessa disabilità.A prima vista, l’auto-esclusione non è un ostacolopeculiare dell’uso dei servizi di microfinanza: in ge-nerale le persone con disabilità sperimentano rifiutidurante tutta la vita. L’esclusione ricorrente produ-ce bassa autostima, che a sua volta porta all’auto-esclusione dai servizi pubblici e privati, come la mi-crofinanza. L’auto-esclusione può anche essere attri-buita al fatto che alcune persone con disabilità e leloro famiglie nutrono costantemente l’aspettativa diricevere sussidi e non sono quindi disposti a pagare itassi di interesse richiesti dalle istituzioni di microfi-nanza sostenibili.Anche l’ostracismo da parte di altri clienti di micro-finanza può costituire un serio ostacolo alle personecon disabilità. La barriera può essere attribuita allametodologia del ‘prestito di gruppo’. Per esempio,nei gruppi di solidarietà o nelle banche di villaggio,sono i membri che decidono chi includere nel grup-po. Siccome tutti i membri sono responsabili per iprestiti individuali, i più vulnerabili tendono ad es-sere emarginati dai “forti”.Stigma, discriminazione ed il rischio percepito diesclusione provengono anche dai funzionari delleistituzioni di microfinanza. Infatti, spesso non sonoin grado di vedere al di là della disabilità, ricono-scendo la reale capacità lavorativa, ragion per cuisussiste uno scarto fra il rischio di credito percepitoe quello reale. Quasi sempre i prodotti di microfinanza sono pro-gettati per clienti non disabili, mentre le persone condisabilità possono avere esigenze particolari. Peresempio, rate sui prestiti troppo frequenti possonorappresentare un ostacolo insormontabile per le per-sone con vari handicap fisici e mobilità ridotta. In ge-nere, nel microcredito la metodologia è spesso stan-dardizzata e poco flessibile.La disabilità medesima può essere un serio ostacoloper le persone con disabilità, a causa, per esempio, dibarriere architettoniche e informative. Le informa-zioni fornite in forma verbale e scritta possono risul-tare inaccessibili a molti utenti con disabilità visiva ouditiva. Inoltre, le istituzioni di microfinanza spesso

Bilde Roy

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attività con l’aiuto di un prestito. Ciò dimostra comei ‘microimprenditori’ portatori di disabilità siano si-mili agli altri imprenditori. I dati dall’Uganda con-fermano, ancora una volta, che i prestiti sono unafonte minore di finanziamento di nuove attività di la-voro autonomo. Le organizzazioni che rappresenta-no i diversamente abili ed i politici interessati a mi-gliorarne il reddito attraverso l’autoimpiego dovreb-bero comprendere l’importanza del risparmio, nonsolo dei prestiti. L’accesso al risparmio meglio aiuta abilanciare entrate e spese, assicurando che le esigen-ze di base possano essere quotidianamente soddi-sfatte. Le persone con disabilità vengono frequente-mente coinvolte in forme di risparmio e gruppi dicredito informali (casse peote e cooperative di credi-to). Si vuole qui sottolineare l’importanza di integra-re le persone con disabilità nelle istituzioni di micro-finanza formali: infatti, l’accesso alla microfinanzadev’esser permanente e non un evento occasionale.Purtroppo, molti programmi di sviluppo ad hoc nonsono finanziariamente sostenibili e tendono a scom-parire dopo pochi anni. Nei paesi in via di sviluppola stragrande maggioranza delle persone con disabi-lità sono lavoratori autonomi, perciò l’accesso al ca-pitale è estremamente importante, forse più impor-tante che per il cittadino medio. Inoltre, anche se ilmiglioramento del reddito è ovviamente importante,l’accesso alla microfinanza influenza l’autostimadelle persone con disabilità e la loro integrazione nel-la società in generale. Abbiamo perciò motivo di rite-nere che gli effetti (positivi) dello sviluppo della mi-crofinanza siano in media maggiori per le personecon disabilità che per altri.

¹ Roy Mersland è Professore Associato presso ilDipartimento di Economia e Gestione Aziendale dell’Università di Agder, Norvegia

² Stefano Battaggia è Consulente in Affari Europei

by roy mersland1 and steFano battaggia2

t is often contended that especially vulnerablegroups of people, for instance persons withdisabilities, are barred from accessing

microfinance services. The topic is important: aspersons with disabilities living in developingcountries often struggle to get a job, most of themturn to self-employment and access to capital is thusa needed ingredient. Moreover, the United NationConvention of the Rights of Persons withDisabilities (2008) stresses equalisation ofopportunities for persons with disabilities. In 2012,using data of a survey in Uganda, prof. Merslandconducted several studies to better understand theconcept of ‘microfinance and disability’. It isgenerally assumed that persons with disabilities havelow access to microfinance services. There are in factfive exclusion mechanisms, or barriers, that lead tothe exclusion of disabled and other vulnerablepersons from microfinance services: exclusion by the

disabled him/herself, exclusion by other credit groupmembers, exclusion by staff, exclusion by servicedesign and exclusion from the disability itself. DPOsand policy makers interested in improving personswith disabilities’ outcome from self-employmentactivities should focus on the importance of savingsand not only loans. Access to savings is what canbest help balance uneven incomes and expenses andthus assure that basic needs can be met on a dailybasis. Although improvement in incomes and assetsis obviously important, access to microfinance mayalso influence persons with disabilities’ self-esteemand general integration into society. Thus, there maybe reason to believe that the (positive) developmenteffects of microfinance on average are larger forpersons with disabilities than others.

Microfinance and Disability

I

Roy Mersland

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piccole e micro imprese rappresentano piùdel 50% delle attività in europaimpiegando il 30% della forza lavoro

di lucio battistotti*

un macro-appper il microcredito

da ultimo, creare un ambiente favorevole per l’im-prenditoria, la crescita e la creazione di posti di lavo-ro. Proprio per le specificità del tessuto imprenditorialeeuropeo, un particolare accento va posto sulla di-mensione delle piccole e medie e, addirittura, sullemicro-imprese. Queste ultime giocano un ruolo chia-

ve nell’economia europea e la lo-ro importanza sta crescendo inmolti Stati Membri. Esse rap-presentano più del 90% di tuttele imprese in Europa e danno la-voro a circa il 30% della forzalavoro impiegata in aziende e

el mezzo di una crisieconomica e finanzia-ria che è entrata nelsuo sestoquinto annocon effetti che si conti-nuano a sentire so-prattutto sull’econo-mia reale, migliorarela competitività delle

imprese europee rimane una delle sfide principali eun’ambizione continua della Commissione europea.In questo contesto si inseriscono tra l’altro le recentiiniziative, fortemente volute dal Vicepresidente An-tonio Tajani, come la strategia per la nuova politicaindustriale e il Piano d’azione per l’imprenditoriali-tà. Il punto di partenza per entrambe è ridare all’in-dustria e alle imprese in Europa il posto che si meri-tano e rimetterle al centro delle scelte di politica eco-nomica. L’Europa ha una vocazione e tradizione im-prenditoriali che vanno conservate e promosse. Leazioni della Commissione si sono per-tanto concentrate sugli obiettivi di ga-rantire l’accesso alle varie forme di fi-nanziamento in favore delle imprese,aumentare la loro capacità di innova-re e competere nei confronti dei loroconcorrenti su piano globale e, non

NL’Europa ha una

vocazione e tradizioneimprenditoriali

che vanno conservate e promosse

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istituzioni non finanziarie. In Italia, i dati sono anco-ra più impressionanti. Circa il 95% di tutte le azien-de italiane sono microimprese. Esse impiegano circail 50% della forza lavoro nazionale, rispetto a unamedia europea del 30%. Ma “piccolo” non dev’essere in alcun modo sinoni-mo di “debole”. Anche perché le PMI sono una risor-sa e un’opportunità uniche per l’economia europea eitaliana. Uno studio della Commissione dimostrache l’85% dei nuovi posti di lavoro creati in Europatra il 2002 e il 2010 sono stati creati proprio da loro.Le microimprese hanno portato il contributo più al-to alla crescita dell’occupazione totale: il 57%.Uno dei principali ostacoli allo sviluppo delle PMI ècostituito dall’accesso ai finanziamenti, specie per leimprese che sono all’inizio della propria attività.Una delle risposte a tali difficoltà è il microcredito.La microfinanza come strumento per promuovere leiniziative imprenditoriali deve essere supportata edincoraggiata a tutti i livelli, europeo, nazionale, re-gionale e locale. Essa ci riporta all’essenza della fi-nanza, cioè un’attività che raccoglie i risparmi e li in-dirizza verso le attività produttive, l’economia reale.Negli ultimi anni l’impegno dell’UE e, in particolaredella Commissione, è diventato sempre più diffuso eintenso. Abbiamo sostenuto gli istituti di microfi-nanza, i fondi e gli stakeholders di settore per più diun decennio, aiutandoli a coprire dei gap di mercatospecifici e a promuovere soluzioni finanziarie e altremisure di sostegno alle micro imprese, così come allePMI. L’UE sostiene la microfinanza europea attra-verso garanzie dirette o contro-garanzie ai portafoglidi microcredito. Per esempio, lo strumento europeodi garanzia per le PMI, l’Azione congiunta per soste-nere le istituzioni di microfinanza in Europa (JA-SMINE), L’iniziativa sulle Risorse Condivise per leImprese che vanno dalle Micro alle Medie (JERE-MIE), e il Programma di Microfinanza PROGRESSsono ormai ben consolidati e hanno dimostrato laloro efficacia sul campo. Inoltre, nell’ambito delnuovo Quadro finanziario pluriennale, approvatorecentemente dai Capi di Stato e di Governo, è statoinserito per la prima volta - su iniziativa della Com-missione - un Programma specifico per la competiti-vità delle PMI” (meglio conosciuto come COSME). A fronte di livelli di disoccupazione inaccettabili in

Europa, specie tra i giovani e le donne, il microcredi-to diventa una leva necessaria per incentivare le per-sone a diventare imprenditori di se stessi. Si tratta diispirare anche una vera e propria rivoluzione cultu-rale: fare in modo che l’imprenditore sia percepitocome figura positiva, centrale per il benessere e l’in-novazione, e che lo Stato non sia di ostacolo ma simetta al suo servizio.L’esperienza accumulata negli ultimi anni a livelloeuropeo ci insegna però che non basta avere accessoalle forme di finanziamento; serve anche disporredelle informazioni necessarie. La mancanza di essepuò indurre l’istituto di credito a percepire il micro-credito come un’attività ad alto rischio, e con alti co-sti di gestione. A causa di questi fattori, esiste sfortu-natamente un gap di mercato per il microcredito. Ein tempi di crisi finanziarie, questo gap è diventatoancora più grande. Per questo, la Commissione si è impegnata, assiemeai suoi partner tra cui anche l’Ente Nazionale per ilMicroredito e altri attori coinvolti, e dopo una ap-profondita consultazione ha sviluppato anche un ve-ro e proprio Codice Europeo di Buona Condotta perla Microfinanza. Le misure devono essere adeguatamente sostenutedall’assistenza e dalla consulenza: abbiamo perciòcreato una rete estesa di sostegno alle aziende, per as-sistere e consigliare le PMI e le microimprese sui temieuropei, come l’accesso alle forme di finanziamento,alle gare di appalto pubbliche, alla legislazione UE eai programmi di finanziamento europei. Se vogliamo davvero dare nuovo slancio alla nostraeconomia, l’accesso al credito è un tema rispetto alquale non basta porsi domande, bisogna trovare so-luzioni semplici, costruite sulla collaborazione tratutti, banche e imprese in primis. Il microcredito rap-presenta una di queste soluzioni, svolgendo anche unimportante ruolo sociale, visto che dà un segno diconcreta fiducia a chi ha difficoltà a riceverne: i piùpiccoli e i più deboli. Vogliamo più imprenditori inEuropa? Allora è anche sul microcredito che dobbia-mo puntare perché porta crescita, lavoro e inclusionesociale, un mix perfetto per uscire dalla crisi.

* direttore della Rappresentanza in Italia della Commissioneeuropea

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dal ii Forum europeo al workshop internazionale in italiadi giancarlo battista

obiettivoinclusionesociale

a seconda edizione del forum “microfinanza e poli-tiche dell’unione europea: risorse e opportunità perla microimpresa e l’inclusione sociale” organizzatodall’ente nazionale per il microcredito, in collabo-razione con la commissione europea rappresentan-za in Italia e con il patrocinio del ministero degliaffari esteri, si è svolta incontrando il plauso deicentotrentasei stakeholder partecipanti, rappresen-L

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tativi di tutte le categorie, le istitu-zioni e le maggiori Ong del setto-re, nonché di gruppi finanziari ebancari. Una iniziativa il cui suc-cesso si è concretizzato nell’indivi-duazione dei problemi del settorecon relative proposte di soluzioni.Questo grazie anche al contributo di tecnici di spes-sore internazionale e di prestigiosi esponenti di or-ganizzazioni micro finanziarie giunti da Bruxelles,dalla Germania, dalla Romania, dalla Francia e dalLussemburgo. Oltre alle sei nazioni europee hannopartecipato alla due giorni di workshop romani an-che rappresentanti di ADI e Microfinanza Europea,un successo che ha superato di gran lunga le aspet-tative della sessione dell’anno precedente e che giàproietta la sua ombra sul 2014 con il terzo evento. Il successo delle iniziative legate alla micro finanza,oggi, risponde alle esigenze del cittadino: ne favori-sce la partecipazione alla vita economica, ne ampliale opportunità di business, di accesso al credito e alprofitto, stimolandone l’iniziativa e promuovendo-ne la responsabilità. L’individuo riscatta la propriadignità tramite il lavoro, ma non nel senso classicode “il lavoro nobilita l’uomo”, bensì in quello chel’uomo si sente riconosciuto attraverso la sua attivi-tà operativa che lo rende degno, onorabile e valen-te. In quest’ottica vanno incentivate promozione eformazione e promossi imprenditorialità e svilupposostenibile, senza i quali si scade presto in inattivitàe fragilità sociale. La microfinanza è, quindi, stru-mento essenziale, per dirla con il ministro GiulioTerzi, “per salvaguardare la qualità delle democra-zie” ed evitare che “il disagio materiale possa favo-rire derive populiste e regressioni della cittadinan-za”. Il vice presidente della Commissione Ue, Anto-nio Tajani, nell’occasione ha riflettuto sull’esigenzadi far risorgere lo spirito imprenditoriale, aiutandodonne, giovani ed immigrati; il tutto con il soste-gno dell’Europa che, attraverso la Commissione,sta cercando di creare un mercato europeo dellamicrofinanza con la semplificazione delle procedu-re burocratiche e una fiscalità di vantaggio che con-senta, anche, alle PMI di ricevere finanziamenti di-rettamente dai privati.

Il presidente dell’ENM, MarioBaccini, ha parlato invece dellepotenzialità e del valore di questostrumento facendo riferimento aun nuovo umanesimo pragmaticoche si sviluppa su due pilastri: re-sponsabilità personale e spirito

imprenditoriale. Solo in questo modo la persona ri-trova la sua centralità e l’autorità statale si legitti-ma in qualità di garante della libertà dei cittadini.Microcredito ed economia sociale di mercato sonogli strumenti per ridare lavoro e sicurezza alle fascepiù deboli. La logica di mercato, il liberismo sfrena-to, il falso mito costruito sulla capacità di autore-golamentarsi, ci hanno portato sull’orlo del bara-tro. Per uscire dalla crisi, come ha sottolineato Giu-lio Terzi, “occorre dare risposte concrete alla gente,a chi ha idee e progetti ma non può realizzarli permancanza di credito”. Siamo già un punto di riferimento europeo perquanto riguarda il microcredito, basta pensare chel’ENM è riuscito ad attrarre fondi per circa diecimilioni di euro in un triennio, sviluppando proget-tualità e competenze per la diffusione dello stru-mento. La proposta interessante emersa da questaedizione del Forum, lanciata dal ministro Terzi co-me voce del MAE, e condivisa da tutto l’establi-shment presente, è quella di farsi promotori di unainiziativa planetaria. L’Italia potrebbe essere la pri-ma nazione ad ospitare un forum mondiale sul mi-crocredito con il supporto e la collaborazione dellaFarnesiana, della UE e dell’Ente Nazionale per ilMicrocredito. Una iniziativa che corrisponderebbeal naturale decorso di un progetto in cui l’Italia e letre istituzioni hanno fortemente creduto dal mo-mento in cui Kofi Annan, segretario generale del-l’ONU, lanciò l’anno internazionale del microcredi-to e che oggi ha visto concretizzarsi le prime pro-gettualità. Il futuro è di chi si rimbocca le maniche,investendo sulle proprie capacità e sul proprio spi-rito imprenditoriale. La microfinanza dà la chiaved’accesso ad un futuro migliore, operativo e pro-duttivo, accorciando i tempi d’attesa in un Paeseche ha tutte le carte in regola per riuscire a risolle-varsi. Basta proseguire sulla strada già tracciata.

Il successo delleiniziative legate allamicro finanza, oggi,

risponde alle esigenze del cittadino

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secondo giacomo vaciago bisognafinanziare le idee sfondando il murodell’ignoranza e dei pregiudizi sull’assenza di rischiodi giorgio caroli

credito: l’impianto dell’economia

cioè più di assistenzialità che di innovazione. Nel casoitaliano va invece giocato sul come garantire più che inpassato, finanziamenti e credito alle best practice piùinnovative. Devi sfondare un muro di ignoranza, pre-giudizio o di semplice ricerca dell’assenza di rischio esostenere così un’idea che richiede un finanziamento abuon fine. Combinando le due cose il Paese migliore-rebbe sicuramente.

Perché il credito è così importan-te?Semplicemente perché il credito,come dice la Banca dei Regola-menti di Basilea, è l’impianto

egare il microcredito alfinanziamento delle ideee dell’innovazione, spo-gliandolo della dimen-sione assistenzialista ti-pica di quello praticatonei Paesi in via di svilup-po dell’Africa e dell’Asiae farlo diventare chiavedi volta di un sensibile

miglioramento del Paese. A questo pensa GiacomoVaciago, presidente di Refricerche, già professore or-dinario di Politica economica nell’Università Cattoli-ca del Sacro Cuore di Milano, quando gli si chiedequale possa essere l’impiego del microcredito in Italia.

“Questa forma di finanziamento ha un’immagineesclusivamente legata alla piccola dimensione, al ‘miservono 1000 euro, o 5000, per un determinato sco-po”. Questo strumento andrebbe invece coniugato conl’innovazione: ‘ho un’idea e con milleeuro, o 5000, posso realizzarla’. Loscopo deve quindi essere il finanzia-mento dell’idea e della sua realizzazio-ne. Insomma: il microcredito così co-m’è ora dà un’idea di terzo mondo,

LQuesto strumentoandrebbe invececoniugato conl’innovazione

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ciale e vincano i migliori. Se i migliori dipendono dal co-gnome vuol dire che la tua vita è decisa il giorno in cui seinato e questo è il contrario del mondo che vorremmo.Vorremmo che nell’interesse di tutti crescano i migliori.Se crescono i peggiori ma dal bel cognome siamo rovi-nati, la società non funziona bene e quindi i migliori so-no indotti ad andarsene.

Anche in molti altri Paesi, però, la situazione non è affat-to buona. Molti giovani italiani sono andati in Spagnadurante il boom economico di Aznar, e guardi come èandata a finire. E in molti, ormai, danno la colpa all’Eu-ro, perchè dicono che quando c’era la lira c’erano piùsoldi per tutti.Meglio chiarire. Non dobbiamo diventare tutti tede-schi, il che sarebbe un incubo che ci obbligherebbe ascappare in America. È già successo… Dobbiamo cia-scuno valorizzare le proprie qualità. Non dobbiamo sal-vare ogni quattro anni Alitalia: io volerei benissimo Luf-thansa sul Milano-Roma e non mi vergognerei a dirlo.Intendo dire: l’idea alla base dell’Euro era valorizzare ledoti di ciascuno, come nei buoni matrimoni. Questo modello si è rotto perché abbiamo fatto finta diessere tedeschi: noi, i greci, gli spagnoli, buttando soldidalla finestra. Se Grecia e Spagna si fossero specializzate,anche facendo debiti per 10 anni, ma debiti utili e cheavessero lasciato valore aggiunto, adesso staremmo tuttimeglio. Invece, hanno fatto finta di essere americani a

tassi tedeschi. Quando ti svegli daisogni ti restano gli incubi: nel casospecifico devi ripagare i debiti. Enon si può dare tutta la colpa alcreditore: se uno ha fatto troppidebiti un po’ di colpe le avrà anchelui, o no?.

idraulico dell’economia. Senza credito, l’economia ècome un motore senza olio: grippa.

Ovvero?Se non c’è credito l’economia si ferma, in attesa che ilcredito ritorni. Questo lo abbiamo visto in tutto il mon-do nell’ultimo trimestre del 2008 e lo abbiamo rivisto inEuropa nell’ultimo trimestre del 2011, quando siamostati di nuovo coinvolti in un razionamento del creditoimpressionante. Il problema è ancora lì: in questo mo-mento il credito, o la carenza di credito, è una palla alpiede dell’economia perché è scarso ancor più che caro.

Questo perché le banche e le finanziarie tengono benstretti i cordoni della borsa?Non esattamente, il problema vero è un altro: in Italiaha difficoltà a trovare credito chi non ha già altro credi-to, in altre parole non si danno soldi al nuovo. La logicacon cui funziona il nostro sistema creditizio è che i soldisono dati a chi li ha già e quindi, paradossalmente, a chine ha meno bisogno, perché è colui che ha meno rischidi credito. Il credit risk è ciò che permette di selezionare:tu hai molto bisogno di credito perché hai una grandeidea in testa eccetera? Allora non c’è da fidarsi: sei an-che molto rischioso, perché potresti fallire. Quindi ilproblema italiano non è tanto il credito, micro o macroche sia, quanto il credito alla novità.

E questo si ripercuote sulla vita socialedel Paese, oltre che su quella economi-ca?Inevitabilmente. In Italia la famiglia e,quindi, il chi sei alla nascita, conta tan-to, fattore che è il contrario della societàche la democrazia indica: mobilità so-

Non dobbiamo diventaretutti tedeschi, il che

sarebbe un incubo che ciobbligherebbe a scappare

in America

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rofessor Carlo Secchi, docente emerito di Politica econo-mica europea all’Università Bocconi di Milano. Secondouna nota definizione, il credito è l’impianto idraulicodell’economia. Lei è d’accordo?Il credito è la canalizzazione del risparmio verso gli in-vestimenti e le esigenze delle imprese, quindi non c’è ilminimo dubbio: più che l’impianto idraulico, il credito èquasi il sistema di vene e arterie che fa girare il sangue eci tiene in vita.

Un impianto ormai vicino all’infarto, però. Molti indicatori diconoche le piccole e medie imprese sono in crisi anche e soprattutto perla difficoltà nel trovare credito. Perché da tre anni ormai succedequesto?I motivi sono tanti e tutti hanno a che fare o risalgono ai problemidelle banche e alla crisi finanziaria iniziata nel settembre 2008 con ilfallimento di Lehman Brothers. Per certi aspetti, è come il cane chesi morde la coda: le banche devono essere molto più attente al ri-schio, vuoi per motivi che hanno a che fare con la dura lezione dellacrisi, vuoi per le nuove regole che sono state concordate a livello in-ternazionale, che prevedono che i rischi devono essere rapportati alcapitale disponibile per l’erogazione del credito, e che il quantum di-pende dalla qualità del rischio. Regole più severe e l’aver percepitoun rischio maggiore automaticamente hanno fatto chiudere i rubi-netti. In più, la crisi economica si è riversata sulle imprese, che sonodiventate debitori più ‘rischiosi’ proprio perché c’è la crisi. Infine, cisono i problemi delle banche stesse che, dovendo mettere in ordine ipropri bilanci come tutte le imprese, limitano la quantità di risorsedisponibili e modificano la loro destinazione.Questa contrazione nella concessione di crediti può essere la rea-zione all’eccessiva facilità con cui, alla fine degli anni ‘10, veniva

“Ci sono i problemi delle banche stesse che,dovendo mettere in ordine i propri bilancicome tutte le imprese,limitano la quantità di risorse disponibili”

Icarlo secchi parla del fenomeno delmicrocredito in crescita e ricorda latradizione secolare delle banche popolaridi giorgio caroli

il debitoFunzionale

Carlo Secchi

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concesso denaro in prestito? Insomma, senza debiti si starebbe me-glio?Dire che tutto il debito è da eliminare è un’affermazione sbagliata,in quanto l’economia, per poter funzionare, ha bisogno di debito,se non altro per poter investire o per affrontare le spese che hannoun ritorno diluito nel tempo e per far fronte alle esigenze dei ri-sparmiatori che hanno la necessità di coprirsi nel corso del tempo.Il debito, quindi, è funzionale al buon andamento dell’economia.Detto questo, è evidente che se si va oltre certi limiti abbiamo lebolle, che poi scoppiano. Il fatto che ci siano state delle situazionidi debito eccessivo e non sufficientemente sorretto da adeguate ga-ranzie non vuol dire che un debito fisiologico ben gestito non vadabene. Quello che è successo è stato il travalicare i limiti prudenzia-li.

Chi ancora concede credito, invece, sono gli istituti che si occupanodi microcredito. Secondo lei, questo fenomeno in continua crescita,potrà in qualche modo aiutare nell’uscita dalla crisi, soprattuttoper microimprese e famiglie? Il microcredito nei Paesi evoluti e sviluppati come l’Italia è un fe-nomeno complesso su cui si sono accesi i riflettori a seguito degliesperimenti compiuti con successo in Asia e in altre parti del mon-do, esperimenti che sono valsi il premio Nobel nel 2006 a Muham-mad Yunus (ideatore e realizzatore del microcredito moderno, ov-vero di un sistema di piccoli prestiti destinati ad imprenditori trop-po poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali,ndr.). È però un grave errore immaginare che tutto sia stato inven-tato lì. Noi abbiamo in Italia una tradizione di almeno due secoli:le mutue e le banche popolari nate tra il 700 e l’800 a sostegno del-l’economia agricola e di sussistenza. Ecco, quello è paragonabile aun microcredito, cioè la mobilitazione di risorse locali per fini disviluppo locale. Detto questo, considero il rinnovato interesse neiconfronti del microcredito molto importante perché consente di ca-nalizzare risorse, apparentemente di modesta entità, ma prezioseper chi le riceve, a piccole attività produttive o anche a una miglio-re gestione del bilancio familiare in momenti di difficoltà che con-sentono di innescare processi di sviluppo, di garantire un minimodi livelli occupazionali e un migliore equilibrio sociale. Il fenomenoè importante e va incoraggiato dal punto di vista del quadro legi-slativo, con strumenti di sostegno di tipo fiscale e regolamentatorioadatti.

“Il microcredito nei Paesievoluti e sviluppati comel’Italia è un fenomenocomplesso su cui si sonoaccesi i riflettori a seguitodegli esperimenti compiuticon successo in Asia e in altre parti del mondo”

Muhammad Yunus

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le azioni sulla capacità istituzionale per la promozione degli strumentifinanziari e per lo sviluppodi Francesco verbaro*

nel mondo della pubblicaamministrazione

miti sulla spesa per la formazione, misure che si pro-traggono orma da alcuni anni, stanno indebolendo for-temente le amministrazioni pubbliche, anche rispetto aquel processo lento iniziato negli anni ’90 che avrebbedovuto consegnarci un’amministrazione di servizi e disviluppo in luogo di un’amministrazione certificatricedi status (“from the red tapes to results” era uno deglislogan della riforma di quegli anni).Con i programmi affidati all’Ente nazionale Microcre-dito sul PON GAS 2007-2013 Assi Occupabilità e Ca-pacità Istituzionale, rispettivamente da parte del Mini-stero del lavoro e del Dipartimento della funzione pub-blica, si è voluto nuovamente rilanciare il ruolo del set-tore pubblico rispetto ad una sfida pesante che si poneagli stati nazionali europei, qual è quella di creare svi-luppo e lavoro. Un recente volume1, nel tracciare le sfi-

de dei prossimi anni, parla aperta-mente della “coming jobs war”, co-me la guerra che gli Stati dovrannoaffrontare per offrire sviluppo e be-nessere ai propri cittadini. L’obietti-vo che ci si pone oggi con i due pro-grammi, “sportelli per il microcre-dito per l’autoimpiego” e “gover-nance sulla programmazione deglistrumenti finanziari” è quello dicollocare le amministrazioni pub-bliche del Mezzogiorno, media-

programmi finanziati con i fondi comuni-tari negli ultimi anni hanno dato grandeimportanza alla capacità istituzionale del-le pubbliche amministrazioni, soprattuttodi quelle dell’ex Obiettivo 1, oggi obietti-vo Convergenza. Il peso che ricopre il set-tore pubblico in termini di intermediazio-ne delle risorse, pressione fiscale, attratti-vità, competitività del territorio e sviluppo

del territorio è da anni noto. Così come da anni è notoil calo di efficienza e di capacità d’intervento delle am-ministrazioni pubbliche italiane, alle quali ormai sichiede quasi in maniera rassegnata almeno di costaremeno. L’andamento della spesa corrente, la crisi del de-bito sovrano e l’aumento della pressione fiscale hannoportato i Governi italiani a rafforzare le misure di con-tenimento dei costi dell’apparatopubblico, rinunciando al tema dellaqualità dei servizi e della promozio-ne dello sviluppo. Non è un casoquindi che, intrapreso il percorsodel federalismo fiscale nel 2001, ilnostro Paese non abbia mai adotta-to i livelli essenziali delle prestazionie ancora oggi faccia fatica ad indivi-duare i costi e i fabbisogni standard.Il blocco delle assunzioni, il bloccodella contrattazione collettiva e i li-

IL’andamento della spesa

corrente, la crisi deldebito sovrano e

l’aumento della pressionefiscale hanno portato i Governi italiani a

rafforzare le misure dicontenimento dei costidell’apparato pubblico

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ministrazioni pubbliche e in particolare delle Regioni,attraverso la trasmissione di conoscenze tecnico-ge-stionali, funzionali al conseguimento degli obiettividella strategia Europa2020 (lotta alla povertà e al-l’esclusione sociale, aumento dell’occupazione) chehanno attinenza con gli strumenti di microcredito fina-lizzati all’inclusione finanziaria e all’avvio di attivitàautonoma e microimprenditoriale. Si tratta in questocaso di un intervento diretto alle amministrazioni chehanno competenze sulla programmazione delle misurein materia di occupazione, inclusione sociale e start updelle micro imprese e, quindi, senz’altro agli assessoratidelle regioni e alle agenzie di queste per avviare pianiche contemplino l’utilizzo e l’impiego degli strumentidi microfinanza. In una realtà come quella del Mezzo-giorno in cui il credito ha un costo mediamente più alto,il tasso di occupazione è basso e la disoccupazione dilungo periodo non accenna a diminuire, in cui le ammi-nistrazioni pubbliche continuano a registrare costi ele-vati di gestione, i programmi affidati all’Ente Naziona-le per il Microcredito rispondono a una serie di criteridi efficienza ed efficacia (numero di sportelli avviati at-tesi, servizi innovativi per il cittadino, maggiore utilizzodegli strumenti microfinanziari esistenti e creazione dinuovi strumenti finanziari innovativi nell’ottica dei cri-teri di sviluppo della strategia Europa2020, ecc.) e co-stituiscono una scommessa vincente in termini di otti-male utilizzo dei fondi comunitari.

* Prof. Francesco VerbaroDocente Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione

NOTE1 Clifton, Jim “The Coming Jobs War”, Gallup Press, 2011. 2 Si tratta del progetto “Capacity Building. Competenze per lapubblica amministrazione” di cui all’articolo di Gianfranco Ver-zaro, pp 39/40

mente le meno efficienti per l’alto numero di dipenden-ti e costo del personale, nel processo di promozionedello sviluppo attraverso l’autoimpiego, diffondendol’utilizzo degli strumenti finanziari come il microcredi-to. Di fronte a tassi elevati di disoccupazione e d’inatti-vità, con molti lavoratori espulsi dal mercato del lavo-ro e da tempo percettori di sostegno al reddito, occorreporre in essere una serie di misure e offrire maggioriopportunità d’inserimento nel mondo del lavoro, qua-le può essere l’autoimpiego in linea con lo spirito di Eu-ropa 2020.Analizzando brevemente i due progetti è possibile me-glio spiegare le modalità attraverso le quali è possibile,su politiche di sviluppo ben individuate, agire per mi-gliorare la capacità istituzionale delle nostre ammini-strazioni. La pluralità di strumenti di ingegneria mi-crofinanziaria attivati sui territori da parte di soggettipubblici e privati, ha spinto a ritenere necessario l’av-viamento di sportelli o punti informativi in grado di of-frire informazioni aggiornate non solo sulle iniziativedi microfinanza, ma anche su quelle azioni ad esserecorrelate che sono utili per avere il quadro più ampiodelle “convenienze” che il settore pubblico mette a di-sposizione di cittadini e imprese nell’attuale fase di cri-si. La pluralità di incentivi, doti, interventi a sostegnodello sviluppo e del lavoro, così come quelli sul micro-credito, richiedono dei veicoli informativi e dei sup-porti consulenziali minimi che il settore privato nonpuò offrire. Le numerose esperienze in materia di spor-telli per le imprese o per l’occupazione giovanile, cosìcome la stessa esperienza dei centri per l’impiego hamostrato negli anni la debolezza crescente delle pub-bliche amministrazioni e la loro incapacità ad erogareservizi oggi fortemente richiesti come quelli consulen-ziali. È chiaro che sportelli qualificati e strutturati sulmicrocredito per l’autoimpiego si pongono in lineacon un processo di trasformazione delle pubbliche am-ministrazioni volte a renderle partecipi di processi disviluppo. Non si tratta soltanto di rendere le ammini-strazioni più leggere e di ridurre i costi fiscali e le bar-riere amministrative all’accesso, ma di far erogare alleamministrazioni pubbliche dei servizi di assistenza ed’informazione che avrebbero un costo elevato sulmercato. Il secondo progetto, implementato dall’EnteNazionale per il Microcredito2, punta invece a raffor-zare la capacità programmatoria e strategica delle am-

La pluralità di incentivi, doti,interventi a sostegno dellosviluppo e del lavoro, così comequelli sul microcredito,richiedono dei veicoliinformativi e dei supporticonsulenziali minimi che ilsettore privato non può offrire

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un radar sullecompetenzedella p. a.

l rafforzamento della capacità istituzio-nale per una più efficace programmazio-ne delle politiche di sviluppo rappresen-ta da anni uno degli assi portanti dellaprogrammazione delle risorse comunita-rie. Peraltro, come si legge nel documen-to di consultazione sui “Metodi e obiet-tivi per un uso efficace dei fondi comu-

nitari 2014-2020”, presentato nel dicembre scorsodal Ministro per la Coesione Territoriale, “i ritardi ele inefficienze che occorre superare sono sotto questoprofilo ancora rilevanti”, nonostante “uno sforzoconsistente condotto negli anni passati, in termini siadi risorse sia di interventi dedicati al miglioramentodelle capacità istituzionali, amministrative e tecnichedelle amministrazioni”. Proprio a causa di tali critici-tà, il Governo ha avviato nel dicembre 2011 una ri-programmazione delle risorse comunitarie e di quelledi cofinanziamento nazionale, per un valore comples-sivo pari a 12,1 miliardi di euro, con lo scopo di ac-celerare l’attuazione degli interventi previsti per il pe-riodo di programmazione 2007-2013 ed anticiparequei nuovi metodi di “programmazione rivolta ai ri-sultati” che sono stati poi recepiti dalla nuova politi-ca di coesione per il 2014-2020, in linea con Europa2020. Il “Piano di Azione Coesione”, con il quale èstata realizzata la predetta riprogrammazione di ri-sorse ha riallocato in tre fasi successive – sia attraver-so la riduzione del cofinanziamento nazionale sia conla revisione interna dei programmi – più di 12 miliar-di di euro, che hanno riguardato in misura prevalentele Regioni dell’Obiettivo Convergenza, vale a dire la

Campania, la Puglia, la Calabria e la Sicilia.Nell’attuale fase in cui ci si avvia a definire i pro-grammi operativi che disciplineranno l’utilizzo deifondi strutturali nei prossimi anni, il tema della capa-city building viene pertanto percepito come uno deifattori fondamentali che devono sottintendere allaprogrammazione strategica delle risorse comunitariee nazionali destinate alle politiche per la crescita, checomporta il coinvolgimento di tutti gli attori coinvol-ti nell’elaborazione e nell’attuazione di tali strategie.Quello della capacity building va inteso come un te-ma trasversale attraverso il quale, per ogni settore diintervento, occorre identificare i meccanismi mag-giormente funzionali al miglioramento della capacitàamministrativa, non solo dei soggetti ma anche dellestrutture preposte all’implementazione delle strategiedi sviluppo, senza dimenticare che politiche di bilan-cio sempre più restrittive impongono in tutti i conte-sti organizzativi la revisione di modelli e procedure difunzionamento degli strumenti di public manage-ment. Ciò comporta la necessità di rivedere, a tutti ilivelli dell’amministrazione pubblica, i modelli orga-nizzativi, nonché i processi di pianificazione, di pro-grammazione e di gestione.La revisione di tali modelli risulta oggi ancora piùdecisiva e urgente che in passato, come evidenziatorecentemente anche dalla Commissione Europea(Annual Growth Survey 2013), che ha indicato pergli Stati membri la necessità di utilizzare meglio i fon-di comunitari attraverso il rafforzamento della capa-cità amministrativa ed ha sottolineato l’importanzadi poter disporre di amministrazioni efficienti per

Idi gianFranco verzaro*

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insistere sullo sviluppo di competenze mirate nei set-tori della pubblica amministrazione che si occupanodi programmazione e, dall’altro, creare le condizioniper una maggiore collaborazione tra il settore del cre-dito tradizionale e le istituzioni di microfinanza, chesono in possesso degli strumenti di conoscenza del si-stema del microcredito e degli strumenti di accompa-gnamento da porre in in atto a sostegno di coloro cheaccedono al microcredito stesso. Un aspetto partico-larmente innovativo che l’Ente Nazionale per il Mi-crocredito intende sviluppare con tale progetto va ri-cercato nell’enfasi da dare non solo al “prodotto mi-crocredito” ma anche a tutti quei prodotti di microfi-nanza che spesso vengono ricondotti ad esperienze ef-fettuate nei paesi in via di sviluppo, ma che vanno as-sumendo da alcuni anni un rilievo sempre più accen-tuato anche nei paesi ad economia avanzata. Ci si èspesso interrogati su cosa sia la microfinanza e su co-sa la distingua dalla finanza di tipo tradizionale. LeNazioni Unite ne hanno dato la seguente definizione:“Microfinance refers to loans, savings, insurance,transfer services, microcredit loans and other financialproducts targeted at low income clients”. Si tratta,quindi, di un insieme di prodotti e servizi volti a favo-rire l’inclusione finanziaria di soggetti a basso redditoo in stato di disagio sociale, che consistono non solonel microcredito ma anche in prodotti di risparmio, inservizi di pagamento e di trasferimento di denaro, nelmicro-leasing, nelle micro-assicurazioni e in altri pro-dotti volti alla soluzione del disagio abitativo, qualead esempio l’Housing Microfinance. L’ancora giovanepresenza nel nostro paese del microcredito e la novità(per certi versi assoluta) della microfinanza hanno de-terminato finora uno scarso accesso ai fondi comuni-tari su queste tematiche. L’obiettivo che l’Ente Nazio-nale per il Microcredito ed il Dipartimento della Fun-zione Pubblica si sono posti con il progetto CapacityBuilding è proprio quello di creare un background dibase nelle strutture amministrative dedicate e favorirela creazione di reti territoriali fra tutti i soggetti coin-volti, per convogliare un maggior volume di risorsecomunitarie destinate all’utilizzo di questi strumentifinanziari.

* Presidente Fondo Pensioni BNL/BNP Paribas Italia e consi-gliere di amministrazione dell’ENM

l’implementazione efficace delle strategie di crescita.A tal fine, per la Commissione è fondamentale raffor-zare, anche attraverso un training obbligatorio, le tec-niche della programmazione “non generica”, le capa-cità di applicare alle decisioni di programmazione icosiddetti principi di “attenzione trasversale” rivolti aspecifici target di beneficiari finali, nonché le attivitàdi progettazione con supporti dedicati.Ciò rende evidente la portata fortemente innovativadella nuova impostazione della politica di coesioneper il 2014-2020, che vede nella valorizzazione deglistrumenti di ingegneria finanziaria – e in particolare,tra questi, del microcredito e della microfinanza –una delle condizioni per realizzare progetti mirati,funzionali alle politiche di occupazione e inclusionesociale e finanziaria. Va proprio in questa direzione ilprogetto “Capacity building sugli strumenti finanzia-ri: definizione e sperimentazione di nuove competen-ze e modelli d’azione per la gestione efficiente ed effi-cace dei Programmi Operativi in preparazione alnuovo ciclo di programmazione 2014-2020”, cofi-nanziato dal Fondo Sociale Europeo, che l’Ente Na-zionale per il Microcredito sta sviluppando in siner-gia con il Dipartimento della Funzione Pubblica perle Regioni dell’Obiettivo Convergenza. Si tratta diun’iniziativa fortemente innovativa non solo a livellonazionale ma anche europeo, perché per la primavolta si mira a rafforzare, a beneficio di tutti gli attoricoinvolti nella programmazione e attuazione dei fon-di europei (amministrazioni pubbliche e stakehol-ders), le competenze necessarie per l’impiego efficien-te degli strumenti finanziari di microcredito e micro-finanza, a sostegno delle politiche di sviluppo, occu-pazione e inclusione e con l’obiettivo di definire unsistema nazionale, strutturato e stabile nel tempo, do-ve la possibilità di accesso al credito sia vista comeelemento di sistema e non come condizione legata al-la disponibilità temporanea di fondi o all’azione disingoli soggetti pubblici o privati. Con tale progetto,si intende quindi favorire anche il rafforzamento el’allargamento del partenariato a tutti i soggetti delsistema (banche, consorzi fidi, associazioni e fonda-zioni, Università, terzo settore), in modo da assicura-re un miglioramento della conoscenza del microcre-dito e della microfinanza e della sua valenza inclusivaa livello istituzionale. A tal fine, occorrerà da un lato

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allontanareil baratrodella povertà

sione di piccoli prestiti, che permettono ad immigra-ti, ex tossicodipendenti, famiglie a bassissimo reddi-to di riscattare una vita difficile. Secondo l’Istat nel Belpaese il 13,6 % della popola-zione, 8.173 milioni di persone, versa in stato di po-vertà. Un pensionato su due vive con meno di 1.000euro al mese. E non finisce qui. Nel Mezzogiorno il ri-schio di povertà supera la media nazionale di circa15 punti percentuali (39,5% contro 24,6%). E le ri-

sorse pubbliche per fronteggiare lasituazione sono davvero scarse. Ilmicrocredito sociale, per decine dimigliaia di famiglie allo stremo, èl’unica chance per non sprofondare

uando Muhammad Yu-nus, premio Nobel perla Pace e docente dieconomia, nel 1977fondò nel Bangladeshla Grameen Bank, la“banca del villaggio”,per liberare dalla famemigliaia di donne econtadini poveri, nonimmaginava certo che

l’idea avrebbe fatto strada nelle economie di merca-to internazionali. Già, perché nel mondo finora han-no beneficiato di tale strumento in 15 milioni. I de-stinatari? In genere persone o piccoli gruppi chesvolgono attività legate all'agricoltura e all'alleva-mento, oppure attività commerciali e micro-impren-ditoriali (piccoli ristoranti e panifici, sartorie, eccete-ra). Ma la microfinanza trova applicazione anche inaltre forme. Per chi ha un lavoro precario, con com-pensi bassi e contratti, se va bene, di sei mesi, in Italiaaccedere al credito bancario non è facile. Anzi, è pro-prio impossibile. Lo stesso per giovani senza lavoro,famiglie disagiate. Per questi sog-getti deboli il rischio di finire nellemani degli usurai è molto alto. Ma un’alternativa esiste ed è il mi-crocredito sociale. Ossia la conces-

Q

Ma un’alternativa esiste ed è

il microcredito sociale

in italia versa in condizioni di estrema indigenza il 13,6% della popolazione ma questo trend può essere invertitodi marcello viaggio

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davvero nell’emarginazione. Un ruolo chiave in que-sto contesto lo riveste proprio l’Ente Nazionale peril Microcredito, presieduto da Mario Baccini, in pra-tica l’unico ente di riferimento nazionale per l’Italiadegli strumenti microfinanziari promossi dall’Unio-ne Europea e degli interventi di questo tipo realizzaticon i fondi UE. Al recente Forum Microfinanza e po-litiche dell’Unione europea, a Roma, ai primi di feb-braio, Baccini ha sottolineato come, attraverso lamicrofinanza, si “possa tradurre un messaggio so-ciale in possibilità di lavoro” svolgendo anche “atti-vità di cooperazione”. La stretta del credito, il cosiddetto “credit crunch”,morde a 360 gradi. Uno studio della Banca Mondia-le stima che oltre il 25% della popolazione in Italia èesclusa da prestiti bancari, una delle percentuali piùalte nell’Unione Europea. Proprio in antitesi a que-sta situazione, la microfinanza sociale sta rapida-mente affermandosi in Italia come strumento a ca-vallo fra mercato e terzo settore. A Milano la Fondazione Welfare fin dal 2001 distri-buisce assegni per il microcredito, e di recente halanciato un nuovo progetto: “Spesso passano anche6 mesi prima che un cassintegrato prenda la primaindennità, noi facciamo in modo da anticipare i soldiper poi farceli rimborsare dall’Inps”. Welfare ha 17sportelli anti-crisi aperti in città. Diverso il caso di Extrabanca, istituto di creditoesclusivamente per immigrati, filiali a Milano e Bre-scia, con oltre 1.500 prestiti concessi a colf, baby-sit-ter e badanti straniere, per lo più di origine filippina(20%) e indiana (10%). Gli impiegati agli sportellisono della stessa provenienza delle badanti: Paki-

stan, Marocco, Camerun, Filippine...Fra Emilia Romagna e Lombardia opera invece a fa-vore dei terremotati la Fondazione Etimos, sportelli aModena, Mirandola, Carpi e Mantova che concede,senza nessuna richiesta di garanzia, piccoli prestiti,fino a 10mila euro, a famiglie e singoli residenti neicomuni danneggiati dal sisma, esclusi dal credito tra-dizionale. A Parma la Fondazione Cariparma ha attivato 2 li-nee di microcredito, una per le micro attività impren-ditoriali e l’altra di emergenza sociale, destinata adaiutare giovani e famiglie per situazioni impreviste:spese mediche, rate di affitto, libri scolastici.Ma bisogna fare in fretta. Ne è convinto il neo-segre-tario della Uil di Roma e del Lazio, Pierpaolo Bom-bardieri: “Come sindacato posso dire che ai nostrisportelli si presenta un gran numero di immigrati, cuidiamo consulenza legale e amministrativa. Ma pos-siamo fare ben poco, a parte dare informazioni suglistrumenti finanziari disponibili, che sono pochi e didifficile utilizzo per loro. Anche per chi ha un con-tratto temporaneo, un mutuo o un prestito bancariosono oggi assolutamente off limits. La verità è che,senza interventi di credito sociale, la soglia di povertàè destinata ad alzarsi sempre di più”. A che tipo di in-terventi pensa, invece? “Ad esempio la Regione po-trebbe creare fondi di garanzia sociale sul modellodei cosiddetti prestiti d’onore nei colleges degli StatiUniti. Soldi pubblici che in America vengono erogatitramite associazioni o fondazioni per permettere aigiovani di terminare gli studi, e poi restituiti una vol-ta cominciato a lavorare. È un meccanismo che po-trebbe essere mutuato anche da noi”

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una analisi dei dati 2011 eseguita dagliesperti del progetto monitoraggio

osservatorio microcredito e servizi per il lavoro a cura di cristiano carocci

*

una FotograFiaitaliana

l “Progetto Monitoraggio dell’integra-zione delle politiche del lavoro con lepolitiche di sviluppo locale dei sistemiproduttivi relativamente al microcreditoed alla microfinanza” ha condotto la se-conda edizione dell’indagine sulle inizia-tive di microcredito attive, fotografandoil fenomeno nel 2011. I 105 progetti di microcredito monito-

rati restituiscono i seguenti dati dimensionali: a fron-te di quasi 5mila domande valutate, i microcreditierogati sono stati circa 3mila, per un ammontarecomplessivo di poco meno di 30 milioni di euro, pariquindi ad un valore medio di circa 10mila euro ca-dauno. Questi dati medi cambiano significativamen-te se si considerano le due principali finalità dei mi-

crocrediti (Tabella 1): poco più della metà dei presti-ti erogati risponde ad esigenze socio-assistenziali, maessi assorbono solo l’8 per cento dell’ammontarecomplessivo; per contro, il 49 per cento dei micro-crediti concessi per finalità di autoimpiego e di mi-croimpresa hanno comportato erogazioni pari ad ol-tre 27 milioni di euro, cioè quasi il 92 per cento deltotale. Ne deriva che l’importo medio dei microcre-diti sociali è pari a circa 1.600 euro, contro i quasi19mila euro medi dei microcrediti rivolti all’autoim-piego. Anche il rapporto tra prestiti concessi e do-mande erogate è significativamente diverso tra le duetipologie di microcrediti: in ambito sociale si riesce asoddisfare il 78 per cento della domanda, mentre inambito microimprenditoriale solo il 48 per cento deirichiedenti ha ottenuto il microcredito richiesto.

IAnno 2011

Domande valutate, microcrediti concessi e relativo ammontare per finalità ed aree di intervento

Domande Microcrediti Erogati /domande Ammontare Ammontare valutate 2011 concessi 2011 erogato 2011 medio per MCv.a. % v.a. % Rapporto Euro % Euro

Sociale Resto Italia 1.839 94,1 1.467 96,1 79,8 2.285.972 93,7 1.558

Sud Convergenza 116 5,9 60 3,9 51,9 153.055 6,3 2.551

Totale 1.955 100,0 1.527 100,0 78,1 2.439.027 100,0 1.597

Auto- Resto Italia 2.121 70,4 1.144 79,1 53,9 23.761.713 86,8 20.771

impiego Sud Convergenza 891 29,6 302 20,9 33,9 3.602.774 13,2 11.930

Totale 3.012 100,0 1.446 100,0 48,0 27.364.488 100,0 18.924

Totale Resto Italia 3.960 79,7 2.611 87,8 65,9 26.047.686 87,4 9.976

Sud Convergenza 1.007 20,3 362 12,2 35,9 3.755.829 12,6 10.375

Totale 4.967 100,0 2.973 100,0 59,9 29.803.515 100,0 10.025

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to (Grafico 2). Tale onere è sostenuto quasi sempre dalbeneficiario e solo raramente, nel 10,5 per cento dei ca-si, il pagamento degli interessi è a carico di altri soggetti,ovvero condiviso con altri soggetti . Guardando poi aiservizi ausiliari connessi all’erogazione del microcredi-to, si rileva che il 79 per cento delle iniziative prevedeservizi di assistenza tecnica rivolti ad aiutare i candidatinella sottoscrizione della domanda di microcredito, nel64 per cento dei casi sono offerti servizi di accompagna-mento e tutoraggio , mentre i servizi di formazione sonodecisamente più rari: a livello nazionale, infatti, tale of-ferta è presente solo nel 23 per cento dei casi. Focaliz-zando però sull’effettivo utilizzo di tali servizi da partedegli utenti di microcredito si rileva: il 71,4 per centodei promotori ha dichiarato che la maggior parte deipropri richiedenti usufruisce dei servizi di assistenzatecnica per l’accesso allo strumento, mentre solo il 46,7per cento dei promotori ha dichiarato che i servizi di ac-compagnamento e tutoraggio sono utilizzati dalla mag-gioranza dei beneficiari dopo l’erogazione. Il dato si ri-duce ulteriormente se si considerano i servizi di forma-zione: solo l’11,4 per cento dei promotori ha dichiaratoche tali servizi sono utilizzati dalla maggior parte deipropri beneficiari.

* a cura del Progetto Monitoraggio - per il capo Progetto com.Alessandro Luciano

Considerando questi pochi dati d’insieme, è già eviden-te che siamo in presenza di due sottouniversi distinti:da un lato, gli interventi di carattere sociale, significati-vamente numerosi, ma di importi molto modesti, cheperò intercettano una significativa quota della doman-da espressa; dall’altro lato, il microcredito volto all’au-toimprenditorialità con importi medi erogati moltopiù rilevanti e che però, per numerosità, è in grado disoddisfare solo la metà della domanda esplicita, in que-sto caso ben più elevata. Va poi anche osservato chenelle aree più svantaggiate (Campania, Calabria, Pu-glia e Sicilia), dove opera il 23 per cento dei programmiin corso in Italia, sono stati concessi, sempre nel 2011,solo il 12,6 per cento dei microcrediti italiani per unammontare complessivo delle stesse proporzioni, se-gnalando un ritardo di queste aree sul fronte della dif-fusione dello strumento. Qui, però, la gran parte deimicrocrediti accordati (85 per cento) è indirizzato al-l’autoimpiego, finalità che corrisponde al 96 per centodell’ammontare erogato in queste aree. Il monitorag-gio ha altresì consentito di verificare che sono statipiuttosto rilevanti i microcrediti concessi nel 2011 allecategorie più svantaggiate sul mercato del lavoro: sultotale dei microcrediti erogati in Italia, il 36,4 per centoè stato concesso a donne, il 18,6 per cento a giovani dietà inferiore ai 30 anni ed il 17,3 per cento ad immigra-ti (Grafico 1). Nelle regioni Obiettivo Convergenza, sultotale dei microcrediti erogati in queste aree, le donnesalgono a quota 42,8 per cento ed i giovani under 30 al29,8 per cento, mentre gli immigrati si riducono al 10,5per cento. Estrapolando dalla mole di indicatori che ilmonitoraggio ha permesso di elaborare quelli più sin-tetici, si evidenzia inoltre che nel 2011 i microcreditisono stati concessi a titolo oneroso nel 79 per cento deicasi ed il tasso d’interesse medio applicato è pari al 3,7per cento, con alcune lievi differenze a seconda della fi-nalità del microcredito concesso e dell’area di interven-

Microcrediti concessi a soggetti svantaggiati

Offerta e grado di utilizzo di servizi ausiliari (valori percentuali)Assistenza Accompagnamento Formazione

tecnica e tutoraggioNe usufruisce maggior parte dei beneficiari 71,3 46,7 11,4Ne usufruisce la metà dei beneficiari 2,9 8,6 1,0Ne usufruisce una quota minoritaria di richiedenti 4,8 9,5 10,5Nessun servizio offerto 21,0 35,2 77,1Totale 100,0 100,0 100,0

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roject Monitoring of integrationbetween employment polices wit localdevelopment of production systems in

relation to microcredit and microfinance” led thesecond study on micro-credit initiatives,photographing the phenomenon in 2011. The 105microcredit projects monitored return the followingdimensional data: in the face of almost 5 thousandapplications evaluated, microcredit disbursed havebeen about 3 thousand, for a total of just under 30million euro, then an average value of about 10thousand euro each. These average figures changesignificantly if we consider the two main objectivesof microfinance : slightly more than half of the loansresponds to social care needs, but they account foronly 8 percent of the total, on the other hand, 49 percent of micro-loans for the purpose of self-employment and micro-enterprises have led topayments of more than € 27 million, or nearly 92percent of the total. It follows that the averageamount of social microcredit is approximately €1,600, compared to almost 19 thousand euroaverage of microfinance directed self-employment.The ratio of loans and claims paid is significantly

Microcredit in Italy in 2012: the main of the Project Monitoring

different between the two types of micro-credit: inthe social sector is able to meet 78 percent ofdemand, while in the field microimprenditoriale only48 percent of applicants received microcreditrequired. Considering these few data together, it isalready clear that we are in the presence of twodistinct sottouniversi: on the one hand, welfare,significantly numerous, but very small amounts, butintercept a significant portion of the demandexpressed; by the other hand, the micro face to selfwith average amounts paid much more relevant andwhich, however, by number, is able to meet only halfthe explicit request, in this case is much higher.Extrapolating from the amount of indicators thatmonitoring has been possible to synthetic ones, it isworth mentioning that in 2011 the microcredit weregranted in return for payment in 79 percent of casesand the average interest rate applied is equal to 3.7percent, with some minor differences depending onthe purpose of microcredit granted and of theintervention . The burden is borne mostly by therecipient and only rarely, in 10.5 percent of cases, thepayment of interest is dependent on someone else, orshared with other parties.

“P

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ecco il piano degli sportelli informativi peri progetti di microimprenditorialità

iniziare dal territorio

ei mesi di ottobre enovembre 2012l'Ente Nazionale peril Microcredito harealizzato in Cam-pania, Puglia, Cala-bria e Sicilia quattroseminari sul Proget-to “Microcredito e

servizi per il lavoro”, al fine di consentire la par-tecipazione diretta degli interlocutori istituziona-li alle attività finalizzate alla creazione di 50nuovi Sportelli informativi per il microcredito,secondo quanto previsto dall'Avviso pubblicoper le manifestazioni di interesse rivolto ai servi-zi pubblici per l'impiego, alle amministrazioni eagli enti autorizzati all’intermediazione di perso-nale ai sensi dell’art.6 del D.lgs. 276/2003. Conl'obiettivo primario di diffondere la conoscenzae l'utilizzo del microcredito come strumentod'inclusione sociale e lavorativa e in grado direalizzare una vera politica attiva del lavoro, se-condo le più recenti indicazioni dell'Unione Eu-ropea. Ogni incontro è stato preceduto da unacapillare campagna informativa sui media tradi-zionali e sul web non solo per informare sulle fi-nalità del progetto, ma anche per promuovere lamassima adesione possibile alle manifestazionid'interesse.La fase di comunicazione ha raggiunto in un pri-mo momento soprattutto siti internet generalisti,mentre in seguito si è registrato un significativoriscontro di interesse anche sui siti tecnici e disettore e su quelli delle pubbliche amministrazio-

NAlcune immagini dei seminari

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ni e delle università, trovando inoltre un signifi-cativo spazio anche su 14 emittenti locali (tra cuii Tg3 di Campania, Calabria e Puglia) e, in alcu-ni casi, anche sulle agenzie di stampa e quotidia-ni nazionali (Ansa, Italpress, Libero). Il format base dei seminari ha previsto un primomomento informativo su obiettivi e contenuti delProgetto Microcredito e servizi per il lavoro e aseguire una tavola rotonda di approfondimentocon la partecipazione di giornalisti, economisti eprotagonisti del settore creditizio per una rifles-sione sia sugli strumenti del microcredito già at-tivi nel territorio di riferimento, sia sulla valenzainclusiva della microfinanza per coloro che sitrovano in condizioni di svantaggio nel mercatodel lavoro.Ben 390 sono stati i partecipanti registrati aiquattro seminari provenienti dai settori del cre-dito e della finanza (39), delle amministrazioniregionali (9), provinciali (17) e locali (26), delleCamere di Commercio (4), delle associazionirappresentative e delle parti sociali (13), degli or-dini professionali (50), dell’associazionismo enon profit (19), del settore della formazione(25), della stampa (13), della scuola (45 studentidegli ultimi due anni delle scuole su-periori), oltre che da un significativonumero di professionisti privati(100). Numerosi quindi i rappresen-tanti a livello decisionale e dirigen-ziale degli enti ammissibili, qualifica-ti a presentare istanza ai sensi del-l’Avviso Pubblico per la manifesta-zione d’interesse all’adesione del pro-getto. E le 87 manifestazioni di interesse perve-nute alla data del 30 novembre in rappresentan-za di 152 tra enti e amministrazioni, hanno con-fermato in modo convincente la validità del per-corso informativo seguito. Alla fase di raccolta delle manifestazioni d’inte-resse è seguita la valutazione di merito e la pub-blicazione dell’elenco delle amministrazioni edenti che a conferma della volontà chiaramentedimostrata sono ora impegnate nella sottoscri-zione degli atti convenzionali con l’ENM per unaefficiente realizzazione delle attività progettuali.

uring the months of October andNovember 2012 the National Agency forMicrocredit has made in Campania,Puglia, Calabria and Sicily four seminars

on the project "Microcredit and employmentservices", in order to allow the direct participationof institutional representatives to activities aimedthe creation of 50 new counters information formicro-credit, as provided in the notice for publicexpressions of interest addressed to the publicemployment services, administrations andinstitutions authorized to intermediate staffpursuant to Article 6 Legislative Decree no.276/2003. With the objective of disseminatingknowledge and the use of microcredit as a tool forsocial inclusion and employment and make it areal active labor market policy, according to themost recent guidelines of the European Union.Each meeting was preceded by an intensiveinformation campaign in traditional media and onthe web not only to inform the aims of the project,but also to promote the widest possible adherenceto expressions of interest. The communication

phase reached at first especiallywebsites generalists, while later, therewas a significant finding of interestalso sites and technical sector andthose of public administrations anduniversities also found a significantspace also 14 local stations (includingTg3 of Campania, Calabria and

Puglia) and, in some cases, even on thenews agencies and national newspapers (USAToday, Italpress, Available). The basic format ofthe seminars provided a first information on theobjectives and contents of the Project Microcreditand employment services and follow a round tablestudy with the participation of journalists,economists and industry leaders for credit is areflection on the tools of micro-credit alreadyactive in the area in question, and on theimportance of inclusive microfinance for thosewho find themselves at a disadvantage in the labormarket.

New “Doors” for new projects

D

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combattere la povertà e l’esclusione sociale nelle regioni obiettivodi alma minghi

testimonidi dignità

l sogno di valorizzare la persona uma-na, è diventato realtà soprattutto nellequattro regioni Obiettivo Convergen-za (Campania, Calabria, Puglia e Sici-lia). Realtà meno avanzate che vivonolontane dai riflettori in cui l’impulsodel microcredito all’avvio di un lavo-ro è stato ancora più elevato.Lo scenario economico a livello

mondiale, è sicuramente cambiato nel corso deglianni ma rimane immutata la voglia di affermarsi

all’interno di una società. Milioni di persone sitrovano nella circostanza di non poter accedereai servizi finanziari di base. Sono molte quelleche vengono delineate nelle nuove categorie dipoveri. Quei poveri che non devono essere di-menticati, che non hanno urlato in silenzio go-dendo della possibilità del microcredito; unostrumento di politica attiva del lavoro, un inter-vento volto a migliorare e promuovere l’occupa-zione, ridurre la disoccupazione, agevolare l’in-gresso dei giovani e delle donne nel mondo del

I

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nuova come testimonia un ragazzo appena ven-tenne. Non avendo la capacità di garanzie per po-ter usufruire dei servizi finanziari di base, si è av-vicinato al microcredito per ampliare la sua pa-netteria.Sono molte le persone e i motivi per i quali si ac-cede al microcredito sociale o imprenditoriale malo scopo è lo stesso per chiunque, quello di ritro-vare una dignità avendo sicurezza nel futuro sen-za dovere lasciare la propria regione, come rac-conta un ragazzo neolaureato calabrese. Tramite ifondi del microcredito ha potuto realizzare i suoiprogetti non lasciando la sua terra d’origine. La pace duratura non può essere ottenuta a menoche le larghe fasce della popolazione non trovinomodi per uscire dalla povertà. (Yunus Premio No-bel per la Pace nel 2006).

lavoro, ovvero, avvicinare la domanda e l’offerta.L’idea del microcredito, concepito come strumen-to di sviluppo economico per sostenere la popo-lazione, porta l’individuo all’educazione dell’usodel denaro. Chi sono i beneficiari di questo pre-stito? Tutti. Uomini: coniugati, single, diplomati,laureati, disoccupati, immigrati, in cerca di unaprima occupazione. Donne: coniugate, single,giovani, più avanti con gli anni, diplomate, divor-ziate, separate, vedove. Tutti coloro che sono par-ticolarmente deboli nelle aree più svantaggiatedel nostro Paese e che cercano una rilevante viad’uscita a situazioni emergenziali.Da una prima indagine sull’universo dei benefi-ciari che hanno avuto accesso a progetti di mi-crocredito attivi nel 2010 nelle quattro regioniObiettivo Convergenza, si possono considerarealcune realtà divenute rappresentative nel lorocomplesso. È il caso di una giovane donna spo-sata con figli che da un giorno all’altro è rimastasenza lavoro. Dopo colloqui falliti e problemati-che insuperabili, ha deciso di aprire una sua atti-vità per dimostrare a se stessa di potercela fare.Ha goduto quindi del prestito del microcreditoper mettere in piedi una trattoria a livello fami-liare. Un messaggio importante dato da una gio-vane donna che non si è abbattuta davanti a dei“no” ma che ha avuto il coraggio di ricostruir-si. A volte il mercato del lavoro è limitato e in-conciliabile con una vita di famiglia portandoquasi l’1,3% delle donne a lasciare il lavoro do-po la nascita di un figlio. Un’altra testimonianzala riporta una donna immigrata e italiana da pa-recchi anni che ha accolto il microcredito a brac-cia aperte perché le ha ridato la possibilità di ri-prendere un percorso di lavoro fallito preceden-temente. Come capita a tanti. Facente partedell’Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere,aiuta gli immigrati a sviluppare i progetti micro-credito. Ciò che vuole sottolineare è la prepara-zione e lo studio che molte persone immigratehanno, in attesa di una apertura nei loro con-fronti. Un’apertura che lei è stata in grado di tro-vare. Per molti il microcredito ha rappresentatouna speranza per far valere se stessi, per ampliareattività di lavoro già avviate o per costruirne una

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l progetto “Microcredito e servizi per il lavoro” si apprestaa entrare nel vivo delle attività di assistenza alla creazionedegli sportelli per il microcredito e l’autoimpiego nellequattro regioni interessate. Le amministrazioni e gli entiche hanno confermato con atti di impegno formale la lorovolontà di partecipare al progetto attuato dall’Ente Nazio-nale per il Microcredito sono oltre 60 tra province (con iloro Centri per L’impiego), Comuni e Camere di Commer-cio, e saranno circa 90 gli sportelli informativi dove opere-

ranno oltre 130 tra funzionari e dirigenti individuati dalle rispettiveamministrazioni, per l’attività di consulenza informativa e orientamen-to sul microcredito. A questi ultimi saranno dedicate le sessioni formati-ve specialistiche e la piattaforma web informativa sul microcredito, sul-l’attività di orientamento e accompagnamento alla microimprendito-rialità, sugli incentivi e sgravi fiscali per la creazione e il rafforzamentod’impresa inclusiva. I primi sportelli saranno operativi a partire dal me-

se di giugno 2013 e si avvarranno nella loroattività delle reti territoriali che il proget-

to sta creando con gli attori locali delmicrocredito e dello sviluppo econo-

mico.

* Capo Progetto Servizi per il Lavoro

I90 sportelli e 130 funzionari pronti arispondere ai cittadini sulle attività di microcredito

di mario esposito*

l’esercito deicollettibianchi

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green economy e microcreditoper combattere la crisi e la povertà

di alessandro cardente

economiaalternativa

l dibattito che si è imposto in questiultimi decenni si è ispirato costan-temente al concetto singolare di“crisi” basandosi sul falso idealeche la crisi sia una sola. Le “crisi”che, invece, caratterizzano il desti-no di una parte di umanità e del-l’epoca nella quale viviamo sono al-

meno tre: Quella economica, quella climatica-ambientale e quella sociale. Da molti anni i Paesipiu’ industrializzati si sono uniti per discutere eper elaborare soluzioni che più di altre potesserofare fronte a tali tematiche complesse. L’UnioneEuropa ha fatto, per esempio, della sostenibilitàambientale e sociale una delle pietre angolaridella propria politica, vedendosi doverosamentecostretta a imporsi scadenze e regole indispensa-bili. Pensiamo al “Pacchetto Clima ed Energia”che comprende norme vincolanti che hanno loscopo di assicurare il raggiungimento di targetclimatici ed energetici entro il 2020 per far fron-te all’emergenza inquinamento. Risolvere il pro-blema climatico e ambientale, non solo significagarantire a tutti una migliore protezione dellasalute umana e una migliore qualità della vita,ma vuole anche dire risolvere la questione socia-le e quella economia.Il raggiungimento di questi target entro il 2020,infatti, impone agli Stati membri i seguentiobiettivi:● riduzione del 20% dell’emissione dei gas serrarispetto al 1990●l’aumento della produzione di energia da fonti

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rinnovabili del 20%●miglioramento del 20% nell’efficienza energe-ticaQuesti obiettivi non solo serviranno per combat-tere il cambiamento climatico, ma accrescerannola sicurezza energetica e rafforzeranno la compe-titività dell’EU. Infatti si è stimato che l’aumentodella produzione di energia da fonti rinnovabilidel 20% garantirà la creazione di 817mila nuoviposti di lavoro solo dal settore delle rinnovabilie da quello dell’efficienza energetica. La creazione di nuova occupazione, di buonecondizioni di lavoro e di un nuovo modello eco-logico, etico e sociale possono essere la giustacura per guarire dalla crisi economica, sociale edalla povertà e per promuovere lo sviluppo uma-no, inteso come espansione delle capacità degliindividui. Il Microcredito nella Green Economysi integra perfettamente generando importantiopportunità per le microimprese in difficoltà edescluse dalla bancabilità e per progetti di au-toimpiego.Pensiamo ai percorsi di avviamento per la rein-gegnerizzazione, a quelli di riconversione o allaformazione professionale del proprio capitaleumano delle microimprese.Ma anche a progetti come l’avviamento di picco-le botteghe di alimentari e di detersivi biologicialla spina e a Km zero. Altri progetti finanziabi-li, solo per citarne alcuni: apicoltura per la pro-duzione di miele, gestori di punti noleggio dimoto elettriche o bike-sharing, avviamento pro-fessionale per guide escursionistiche ambientali,per bioarchitetti o per certificatori energetici. La Micro Green Finance non è solo un’espressio-ne che vuole coniugare sviluppo economico-so-ciale e difesa dell’ambiente, ma è uno stile nuo-vo, un valore, una pratica dimostrata, con laquale è davvero possibile intraprendere una stra-da alternativa per far quadrare il cerchio tra eti-ca ed economia che genera comunque un profit-to “pulito” e che proietta la nostra società versouna nuova fase già iniziata che in molti defini-scono: “La terza rivoluzione industriale”.

he debate emerged in recent decades hasconstantly inspired by concept of "crisis"based on the false idea that the crisis should

be one.The "crisis" that characterize the fate of a part ofhumanity and the contemporary age are, instead, atleast three:The economic-climate change - environmental andsocial issues. For many years, most countries' indu-strialized, have come together to discuss and developsolutions that others could do more to address thesecomplex issues.The Europe Union hasdone, for example, theenvironmental and socialsustainability a corner-stone of its policy, duti-fully forced to imposedeadlines and rules.Think of the "Climateand Energy Package"which includes bindingrules that are designed toensure the achievementof climate and energy targets by 2020 to meet theemergency pollution.Solve the climate problem and the environment, notonly means ensuring everyone a better protection ofhuman health and a better quality of life, but it alsomeans solving the social question and the economy.The Green Micro Finance is not only an expressionthat seeks to combine economic and social develop-ment and environmental protection, but it is a newstyle, a value, a practice demonstrated, with whichit is really possible to take an alternative route tomake ends meet the circle between ethics and eco-nomics that still generates a profit, "clean" and thatpropels us towards a new phase that many call al-ready "the third industrial revolution."

Green Economy and Microcredit Alternative Economy to combat the crisis and poverty

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Female-led business and access to credit in germanydi simone a. ovart*

il ruolo delledonne nelsistema economico

che l’approccio adottato da UN Women e dalle Agen-zie delle Nazioni Unite considera lo strumento del mi-cro-credito non in termini meramente assistenziali; alcontrario la micro finanza è concepita come importan-te strumento atto a favorire politiche attive relative almercato del lavoro e ai bisogni di inclusione sociale. Una delle principali iniziative di UN Women è il Fundfor Gender Equality, l’unico fondo globale volto esclu-sivamente al miglioramento e alla promozione della

lobalmente, le donne co-stituiscono il 40% dellaforza lavoro e contribui-scono in maniera deter-minante allo sviluppo delsistema economico e so-ciale; tuttavia, la discri-minazione di genere el’ineguaglianza in termi-

ni di capacitazioni e capacità priva la metà dell’umani-tà dell’espressione della propria persona e il sistemainternazionale del proprio potenziale di crescita. Uno degli obiettivi primari di UN Women è l’empo-werment femminile in termini economici adottandocome paradigma concettuale l’approccio dello svilup-po umano. L’accesso al credito è chiaramente un impe-rativo di tipo morale, in quanto, permette alla personadi divenire fine, e non mero mezzo, del processo di svi-luppo; tuttavia, il concetto è altresì efficiente ed effica-ce dal punto di vista della stessa teoria economica.La possibilità di entrare nel mercato del lavoro e di da-re il via ad una propria idea imprenditoriale manife-stamente arricchisce e dà stimolo alla crescita econo-mica e, in particolare ai giorni nostri, in tempi di cicloeconomico sfavorevole consente ai soggetti più debolidi spezzare il circolo vizioso costituito da povertà, di-scriminazione e illibertà. Altresì, preme sottolineare

G

osservatorio microcredito e politiche di sviluppo a cura di giovanni nicola pes

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condizione femminile in termini economici e di parte-cipazione politica, cogliendo la profonda interdipen-denza e interrelazione tra le due tematiche in esame.Il Fondo è lo strumento mediante il quale l’Organizza-zione finanzia progetti volti all’empowerment econo-mico e la partecipazione femminile nei processi deci-sionali, mediante anche lo strumento della micro fi-nanza. Il Fondo e l’Organizzazione sono intervenuti inMarocco, Uzbekistan, Cina e in Centro America. InAmerica Latina, UN Women in partnership con RED-CAMIF sta rafforzando i servizi di micro finanza e lafruibilità degli stessi nella regione al fine di combatterela forte esclusione sociale.Dalle considerazioni svolte, emerge chiaramentel’idea di un microcredito atto, e al servizio, della pro-mozione della persona umana e delle sue capacità;idea profondamente interdipendente al concetto disviluppo nella sua accezione più alta e al reale fruiredei diritti e della sicurezza umana.La donna è considerata destinatario attivo; essa divie-ne agente dello sviluppo della propria persona. L’approccio è dimostrato dal fatto che la politica delFondo in oggetto è basata su un modello peculiare edinnovativo, tramite il quale le donne pongono in esse-re i loro progetti e programmi economici nei Paesi diloro provenienza e sulla base delle rispettive e specifi-che esigenze. L’empowerment economico e il progettodi micro finanza, pertanto, incide anche sui settori ovespesso la discriminazione di genere risulta più pervasi-va, vale a dire l’ambito della proprietà, dei processi de-cisionali di allocazione delle risorse, la proprietà ter-riera, l’utilizzo corretto della tecnologia e l’influenzasui canali di accesso al credito tradizionali. La proget-tualità perseguita da UN Women e dal Fondo è statapiù volte riconosciuta come meccanismo efficiente edefficace volto all’allineamento con le progettualità egli impegni internazionali e regionali, si pensi ad esem-pio agli Obiettivi del Millennio.La prospettiva di genere negli strumenti di credito e dipolitica economica si configura come strumento dicrescita e di inclusione sociale e come valida compo-nente per qualsiasi politica volta ad apportare miglio-ramenti nel sistema sociale, data l’interrelazione tra glistessi.

*Simone A. Ovart, Presidente Un Women

di simone a. ovart

upporting women to become entrepreneursthrough microfinance is a part of UNWomen’s strategy to end poverty and ensure

human rights.UN Women is focusing on an approach to advancingwomen’s empowerment considering the recipients ofprojects as agent of change, and micro finance is con-sidered as a constructive means to pave the way to asustainable development. In order to fulfil its goals regarding women’s eco-nomic empowerment, it has been created a Fund forGender Equality, which is the only global fund that isexclusively dedicated to women’s economic and po-litical empowerment.The Fund is based on a model in which women im-plement their own programmes in their own coun-tries based on their priorities.UN Women is supporting a number of projects relat-ed to micro credit services in China, Uzbekistan andLatin America considering economic empowermentinterdependent to control over decision-makingprocesses, land and livelihoods: a gather of humanrights are ensured trough by micro credit.

The PresidentSimone A. Ovart

S

Un woman and microcredit

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di steFanie lammermann*

Female-ledbusiness andaccess to credit in germany

16% of men)3. Therefore, microcredit can be a po-werful solution, especially for female business star-ters. Microfinance institutions offer lower loanamounts, alternative collateral arrangements, flexiblerepayment plans and innovative lending models. Inaddition, most often, business support such as trai-ning and business plan advice are provided. In Germany, since 2004, Deutsches Mikrofinanz In-stitut (DMI) is the national network of microfinanceinstitutions (MFIs). DMI currently brings together 61MFIs that provide microloans up to 20,000 Euro(average loan size: 6,000 Euro) to people who are ex-cluded from bank finance, with a special focus onwomen, young people and migrants. The MFIs do allthe client support from the first contact till full repay-ment of the loan, while due to banking monopoly thebank gives out the microloans. Since 2010, alreadymore than 12,000 German entrepreneurs have recei-ved microloans under this cooperation model. Out of

ver the years, self-em-ployment and entrepre-neurship have becomemore and more attracti-ve job options for Ger-man women. Today30% of business star-ters are women1. Al-though this is not a ve-

ry high percentage compared to other countries asfor instance the US, it still represents an increasecompared to the years before (e.g. in 2000 only 27%of entrepreneurs were female). However, a majorchallenge for female entrepreneurs in Germany re-mains their access to finance. Only 33% of womenstart with the support of a bank loan (compared to50% of men) 2. External funders such as privatebanks, but also public development banks seem re-luctant when it comes to financing women. One ma-jor reason for this is that -generally speaking- female-led enterprises show specific characteristics that arenot favoured by banks: they are often relativelysmall entities, operated on a part-time basis and/orwithout previous business experience… In fact, 70%of all women start as solo-entrepreneurs and womenmore often than men work in in part-time self-em-ployment (62% of part-time self-employed peopleare women). Moreover, women more often start outof economic inactivity (25 % of women compared to

OStefanie Lammermann

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these, 32% were women. Although this is in linewith the national part of female entrepreneurs, itcould still be higher, when we act on the consum-ption that microfinance is especially well adapted towomen’s needs. Moreover, most of the microloansare provided in sectors where many female-led busi-nesses can be found such as services, retail trade andfood & beverage. In order to investigate ways to increase outreach tofemale entrepreneurs DMI carried out two studies inthe course of 20124. They bring forward specific re-commendations for MFIs as well as policy makers.First of all, it seems that MFIs do not necessarily ne-ed to offer specific loan products for women, but ra-ther provide flexibility and adapt their marketing tobe geared to the specific sectors and living conditionsof women. A successful experience already exists: in2010 a specific loan for women entrepreneurs in thehealth and care sector was developed and marketedaccordingly: the GeSo loan. The design is based onthe assumption that many women, especially thosesetting up out of economic inactivity, do need smallsums at the beginning and do not have any guaran-tors. Thus, to receive a GeSo loan no guarantor is re-quired, but it is enough to bring in a recommenda-tion/reference from a friend or business partner. Theloan volume is capped to 3,000 Euro, but can becombined with a “normal” microloan to increase thefinal loan sum. Such initiatives are already accompanied by othermeasures such as close cooperation between MFIsand female business support centres and promotionof more female role models. However, in order to fa-cilitate access to finance for women, it will not beenough to sensitise MFIs with regard to gender, butalso convince researchers and policy-makers of theneed to further support womens’ business. Germany has already done a step in the right direc-tion by creating the National Agency for Female Bu-siness Starters (Bundesgründerinnen Agentur BGA)in 2004. However, much still needs to be done, espe-cially when it comes to child care facilities, researchor availability of gender-disaggregated data. In orderto support businesswomen, a stronger policy for fe-male entrepreneurship will be needed in the future -

with measurable and time-bound goals and backedby sufficient funding. Through its advocacy activitiesDMI is working in this direction in order to supportmore women when it comes to starting up and gro-wing their business.

* Stefanie Lämmermann, project manager, Deutsches Mikrofi-nanz Institut (DMI)

NOTE:1 Institut für Mittelstandsforschung Bonn, http://www.ifm-bonn.org/2 Agentur für Gleichstellung im ESF, „Gender-Aspekte in derExistenzgründung“, January 20103 ibid4 Deutsches Gründerinnen Forum e.V. (DGF), „Gründerinnenund Mikrokredite – ein Ländervergleich Polen, Italien,Deutschland“, April 2012 and Weiberwirtschaft eG, „Mikro-kredite für Frauen – Praxiserfahrungenmit dem Mikrokreditfonds Deutschland und Handlungsemp-fehlungen“, April 2012

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di steFanie lammermann*

Imprenditoria femminile e accesso al credito delle donne in Germania

n Germania il fenomeno dell’imprenditoriafemminile è in aumento. Tuttavia, l’accesso alcredito delle donne rappresenta ancora un osta-

colo. Infatti solo il 33% delle donne iniziano le loroattività imprenditoriali con il supporto di un prestitobancario contro il 50% degli uomini. Questo è dovu-to in parte dalle caratteristiche delle imprese al fem-minile che sono spesso di piccole dimensioni, gestitecon lavoro part-time e senza esperienza previa. Il mi-crocredito, con i suoi prestiti di entità minore, senzala necessità di garanzie e combinato ai servizi di ac-compagnamento, può essere una soluzione. Deutsches Mikrofinanz Institut (DMI), il networknazionale che raggruppa 61 istituzioni di microfi-nanza (IMF), ha lanciato due iniziative di ricerca perinvestigare modi di aumentare la prossimità delleIMF alle imprenditrici donne che, al momento, costi-tuiscono il 32% della loro clientela. I risultati dellericerche hanno evidenziato che le IMF devono au-mentare la loro flessibilità, adottando strategie dimarketing mirate alle imprenditrici donne e ai settoriin cui operano, e l’esigenza di promuovere iniziativedi policy a supporto dell’imprenditoria femminile.

* Stefanie Lämmermann, project manager, Deutsches Mikro-finanz Institut (DMI)

I

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la letteratura scientifica di genere mostra come le donne,anche in paesi sviluppati, continuino ad essere discriminatedi marina de angelis

l’universoFemminilee i serviziFinanziari

zione si evince a vari livelli: tassi d’interesse più alti,prestiti più bassi, richiesta di un garante (spesso ilmarito), un’auto esclusione dovuta alla maggiore av-

versione al rischio e indotta dallaconsapevolezza che l’essere donnarende l’accesso al credito, soprat-tutto per importi alti, più comples-so e costoso.Il lavoro di Alesina, Lotti e Mi-strulli sul settore bancario italia-no2, conferma come il contesto cre-ditizio sia caratterizzato da taste-

l mancato accesso al credito in Europaè uno dei maggiori ostacoli alla realiz-zazione delle proprie idee imprendito-riali. Secondo il Flash Barometer 20101

“Entrepreneurship in the EU and be-yond”, l’esclusione finanziaria è la cau-sa principale della mancata realizzazio-ne dell’autoimpiego. Lo studio eviden-zia che solo il 24% delle donne trova

possibile costituire la propria azienda rispetto al34% degli uomini. L’indagine “Survey on the Accessto Finance of SMEs”, condotta nel 2010 su circa13mila osservazioni, evidenzia che le imprese fem-minili erano solo il 12% del totale in Europa. Ri-spetto all’accesso al credito i dati 2011 dell’Interna-tional Monetary Fund indicano l’Italia come fanali-no di coda del vecchio continente, con un gap di ge-nere maggiore rispetto agli altripaesi: il 7% delle donne rispetto al15% degli uomini dichiarano diavere avuto accesso al credito ne-gli ultimi anni.La letteratura scientifica a riguar-do mostra come le donne, anchein paesi sviluppati, continuino adessere discriminate. La discrimina-

IRispetto all’accesso al credito i dati 2011dell’InternationalMonetary Fund

indicano l’Italia comefanalino di coda delvecchio continente

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discrimination, ossia differenze di genere nei creditiaccordati causate da fattori soggettivi piuttosto cheda ragioni legate alla storia creditizia e alle oggettivecaratteristiche del richiedente. Il lavoro analizza uncampione di 200 banche che offrono prestiti a pic-cole imprese, molte delle quali individuali. I risultatievidenziano che le donne ricevono condizioni di cre-dito peggiori rispetto agli uomini: tassi più alti, im-porti inferiori. Analizzando i dati della centrale deirischi risulta chiaro come si tratti di pura discrimi-nazione, le donne sono infatti meno a rischio degliuomini in quanto registrano un più basso tasso difallimenti e una miglior storia creditizia. La riduzione dei divari di genere esistenti e il ricono-scimento di un’attiva partecipazione economica esociale delle donne, è sicuramente una delle maggio-ri sfide del nostro Paese e dell’Europa in generale.Soprattutto in questa congiuntura storica diminuirele disuguaglianze è fondamentale per riavviare ilprocesso di crescita. Le donne sono più vulnerabili,fanno lavori meno retribuiti, hanno incarichi menoimportanti, non sfruttano al massimo il loro capita-le umano adattandosi a lavori non adeguati al lorolivello d’istruzione. Allo stesso tempo risultano esse-re meno a rischio in termini di restituzione del cre-dito, sono le meno soggette a bancarotta, generanopiù esternalità positive dall’utilizzo del credito. Faci-litare il loro accesso al credito è dunque un mezzoper ridurre le disuguaglianze e favorire lo sviluppoma anche la crescita economica.Il microcredito che ha sempre avuto un profilo alfemminile, non è in Europa ancora pienamentesfruttato come strumento volto alla riduzione delledifferenze di genere3 e può essere maggiormente va-lorizzato in questo senso.Oltre alla evidenziata discriminazione, quello che sievince è una mancanza d’informazione da parte del-le donne sugli strumenti a loro disposizione edun’auto discriminazione causata anche da una co-noscenza inferiore rispetto agli uomini in materia fi-nanziaria. Insistere sui programmi di formazione sufinanza e imprenditorialità è un aspetto centrale percombattere i fattori che scoraggiano le donne. Fon-damentale è anche la creazione di reti e una maggio-re protezione sociale. In questa direzione devonoandare gli interventi di sistema volti a correggere

quest’imperfezione del mercato, possibilmente conun approccio territoriale e che tenga in considera-zione le differenze culturali.

NOTE:1 http://ec.europa.eu/public_opinion/flash/fl_283_en.pdf2 http://www.nber.org/papers/w142023 http://www.european-microfinance.org/documents.php?piId=9524

di marina de angelis

ender differences in the usage of financialservices is a debated research issueamong the scientific literature even in

developed countries. Data (e.g. FMI, SAFE)underlines a gendergap in credit accessin Europe andespecially in Italy.Lotti, Alesina,Mistrulli (2009) findtaste-discriminationbehaviors againstwomen in a sampleof 200 Italian banks,they show thatwomen face worstcredit conditionscompared to men:higher interest rates, smaller loan sizes. Thisevidence is not justified by women performances asborrowers or entrepreneurs. This gender gap is dueto both discrimination from the supply-side andself-selection of women. In fact, women find theaccess to credit services too tricky and they oftenlack knowledge on financial and entrepreneurshiptopics compared to men. A broader access to creditof women is a tool to reduce inequalities and tosupport the growth path, particularly in the currenteconomic scenario.

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Women’s access to financial services

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pari opportunità vs disparità di genere in campo finanziario: l’opinione del consigliere patrizia de rose, capo dipartimento per le pari opportunità della presidenza del consiglio dei ministri 

di marco paoluzi

credito eimprenditoriarosa

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le che l’obiettivo dell’occupazione femminile, che èinserito tra le priorità della Strategia Europa 2020 eche il Ministro Fornero ha perseguito con particolaredeterminazione, può essere conseguito ampliando leopportunità di investimento per le imprese femminilie nel contempo assicurando le condizioni finanziarieperché tali imprese si radichino nel mercato e siespandano.È questa la ragione che ha determinato la scelta delDipartimento Pari opportunità di mettere a puntouno strumento di ingegneria finanziaria che prevedela costituzione, nell’ambito del Fondo centrale di Ga-ranzia per le PMI (che opera presso il Ministero perlo Sviluppo economico), di una sezione speciale dedi-cata all’imprenditoria femminile, sostenuta con ri-sorse a valere del Fondo per le Pari opportunità, perun importo che abbiamo quantificato in 10 milioni dieuro.

Una cifra senz’altro significativa ma può essere piùdettagliata? Di che strumento sitratta? Si tratta in sostanza di un interven-to a sostegno dell’imprenditoriafemminile che, senza sovrapporsi,né tantomeno sostituirsi agli stru-menti di politica economica già esi-stenti, si propone di sottolinearenel dibattito sull’accesso al credito

ome evidenziato dalle rile-vazioni di molti uffici stu-di, risulta oramai acquisi-to che le imprenditrici ita-liane sono spesso penaliz-zate nell’accesso al credi-to, dato confermato dal-l’indagine effettuata daUnioncamere, che pubbli-

ca periodicamente un rapporto sull’imprenditoriafemminile nel nostro Paese. Naturalmente la difficol-tà dell’accesso al credito è un problema che riguardaun gran numero di aziende italiane, comprese quelle‘maschili’. Tuttavia, secondo le statistiche, la percen-tuale di neo-imprenditori maschi che riesce a ottenereun prestito è attorno al 30% e risulta più alta di alme-no 5 punti rispetto a quella delle colleghe donne.

Consigliere De Rose, quali sono le attività che il Di-partimento per le Pari Opportunità della Presidenzadel Consiglio dei Ministri, ha mes-so in campo per contrastare questacondotta?Il Dipartimento ha in programma,tra le attività da promuovere e so-stenere con le risorse a propria di-sposizione, una serie di interventiin favore dello sviluppo dell’im-prenditoria femminile, consapevo-

C“La difficoltàdell’accesso

al credito è un problemache riguarda un

gran numero di aziendeitaliane, comprese quelle ‘maschili’”

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delle imprese un punto di vista di genere.Nelle prossime settimane lo strumento sarà perfezio-nato e sarà avviato un programma di promozione ediffusione che veicoli le informazioni alle donne im-prenditrici e alle donne che sono in procinto di aprireun’attività dal momento che le opportunità di lavorodipendente sono tendenzialmente in riduzione e l’ini-ziativa privata, attraverso forme di autoimprendito-rialità e autoimpiego, si configura quale ambito peresplorare occasioni di lavoro che diano alle donne glistrumenti per sostenere il proprio progetto di vita.

Sulla base della tabella di marcia per la parità tradonne e uomini del 2006-2010 e sul patto euro-

peo per la parità di genere, la Commissioneha recentemente presentato la “Strategia perla parità tra donne e uomini 2010-2015”.

Questa strategia costituisce la piatta-forma per la cooperazione fra la

Commissione, le altre istituzionieuropee, gli Stati membri e le al-

tre parti interessate, nel qua-dro del patto europeo per la

parità di genere.

Qual è il contributo del nostroPaese in questa direzione?

In queste settimane il Dipartimento Pa-ri opportunità è impegnato, come lamaggioranza delle Amministrazioninazionali e regionali, sui tavoli tema-tici previsti dalla politica di coesione2014-2020, che sarà attuata con ri-sorse aggiuntive nazionali e comu-nitarie. Com’è noto, l’articolo 7della proposta di Regolamentogenerale sui fondi strutturaliprevede che il principio dellapromozione delle pari oppor-

tunità di genere e della nondiscriminazione con-

noti l’intera strate-gia di sviluppo (unitamente al

principio della sostenibilità ambientale) e il ruolo delDipartimento è quello di sostenere tale principio: mi-gliorando le analisi in chiave di genere dei fenomeni,

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l’A.N.I.A. e delle altre associazioni per analisi sul-l’applicazione, nel settore assicurativo, del principiodi parità di trattamento tra uomini e donne di cui alD.Lgs. n.196/2007; la partecipazione, attraverso unproprio delegato, ai Forum sullo stato di applicazio-ne della Direttiva all’interno degli Stati Membri chesi tengono a Bruxelles; l’esame delle criticità sottopo-ste all’attenzione del Dipartimento tramite l’indiriz-zo di posta elettronica [email protected] specifica-mente destinato alla segnalazione di singoli casi; e larisposta ai quesiti pervenuti.

Nella rivista ‘Microfinanza’, naturalmente, non puòmancare una domanda specifica sul microcredito.Come Capo Dipartimento perle Pari Opportunitàcome valuta questo strumento nella lotta alla dispari-tà di genere?Ritengo che il microcredito sia uno strumento moltointeressante per la crescita imprenditoriale delle don-ne, perché flessibile e in grado di fornire risposte con-crete senza richiedere quelle garanzie che molte don-ne non potrebbero sostenere. L’esperienza ha dimo-strato che si tratta di una opportunità interessanteanche per altri soggetti non particolarmente sostenu-ti dalle banche, come gli immigrati, per esempio. An-che nella prossima programmazione comunitaria,così come è avvenuto in quella che si concluderà que-st’anno, è previsto uno spazio significativo a questotipo di iniziative.

dando indirizzi perché le politiche territoriali mirinonon soltanto alla crescita economica, ma anche aquella culturale, insistendo sulla promozione dei di-ritti e della parità per tutti e sul contrasto a ogni for-ma di discriminazione. Sul tema dell’uguaglianza digenere il Consiglio d’Europa ha emanato la direttiva2004/113/CE sulla parità di trattamento nell’acces-so ai beni e servizi e nella fornitura di beni e servizi,nonché la direttiva 2006/54/CE sulla parità di tratta-mento fra donne e uomini in materia di occupazione.

Quali sono state le iniziative del nostro Governo inrisposta a queste disposizioni? Anche su questo fronte il Dipartimento è impegnatoattraverso una serie di attività, quali la ricognizionedel campo di applicazione della normativa, delle as-sociazioni dei consumatori e degli utenti suscettibilidi essere utilmente coinvolti nell’analisi dei settorisocio-economici maggiormente esposti all’applica-zione del D.Lgs n.196/2007, concentrando l’atten-zione anzitutto sul settore assicurativo e finanziario;il mantenimento dei contatti con i soggetti pubblici(ISVAP e Banca d’Italia) e con gli operatori di settore(Associazioni di categoria, ANIA e ABI) maggior-mente interessati alla applicazione della Direttiva2004/113/CE; l’invio alle Associazioni dei consuma-tori delle note informative sulla Direttiva2004/113/CE, sul D.Lgs n. 196/2007 e sulle attivitàdi competenza dell’Ufficio; il coinvolgimento del-

“Ritengo che ilmicrocredito sia unostrumento moltointeressante per lacrescita imprenditorialedelle donne, perchéflessibile e in grado difornire risposte concrete”

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il dictat dell’europa è: programmare beneper un uso efficace dei fondi comunitaridi tiziana lang

2014-2020 pianiFicareil Futuro

della microimprenditorialità e dell’inclusione so-ciale (e finanziaria) dei soggetti che si trovano incondizioni di vulnerabilità nel mercato del lavoro.Il Documento proposto dal Ministro per la Coe-sione Territoriale, d’intesa con i Ministri del Lavo-ro e delle Politiche Sociali e delle Politiche Agrico-le, Alimentari e Forestali (ossia i tre Ministeri di-rettamente interessati dalla gestione dei Fondistrutturali, ndr) sconta l’apparente sottovalutazio-ne del potenziale degli strumenti di ingegneria fi-nanziaria quali mezzi utili a diffondere e rafforza-re la microimprenditorialità, nonché a facilitare iprocessi d’inclusione sociale di soggetti vulnerabili(in quanto non bancabili o in condizioni di svan-taggio nel mercato del lavoro). La stessa proposta di Regolamento per i Fondistrutturali 2014-2020 dedica una particolare at-tenzione all’ingegneria finanziaria con l’inserimen-

to di uno specifico titolo dedica-to agli “Strumenti finanziari”(Titolo IV - art.32-40), come ciricorda Sabina De Luca1 nel suocontributo al presente Osserva-torio, ma lascia altresì ampia li-bertà agli Stati membri e alle au-torità di gestione di utilizzare glistrumenti finanziari, laddove loritengano opportuno, in relazio-ne a tutti gli obiettivi tematici

a consultazione pubbli-ca promossa dal Mini-stro per la Coesione ter-ritoriale, Fabrizio Barca,sul documento “Metodie obiettivi per un uso ef-ficace dei fondi comuni-tari 2014-2020” ha ri-scosso notevole interes-

se presso stakeholder pubblici e privati interessatialla definizione dei documenti della nuova pro-grammazione dei Fondi strutturali e dell’Accordodi partenariato tra lo Stato membro e la Commis-sione europea. L’Ente Nazionale per il Microcredito partecipa alconfronto pubblico in ragione del proprio man-dato istituzionale che prevede la promozione, in-dirizzo, agevolazione, valutazione e monitoraggiodel microcredito e della microfi-nanza in Italia, compresi gli stru-menti microfinanziari dell’Unio-ne europea o, comunque, realiz-zati a valere sui fondi comunitari(art.8 comma 4-bis della Legge12 luglio 2011, n.106); ma, an-che, in funzione dell’esperienzatecnica maturata nella consulen-za alla creazione e gestione distrumenti finanziari a sostegno

LL’Ente Nazionale per

il Microcreditopartecipa al confrontopubblico in ragione del proprio mandato

istituzionale cheprevede il monitoraggio

della microfinanza

osservatorio microcredito e programmi comunitari a cura di tiziana lang

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previsti dai futuri programmi operativi, senzaprescrizioni per quanto concerne settori, benefi-ciari, tipologie di progetti e attività da finanziare.Tuttavia, poiché gli strumenti finanziari costitui-scono una categoria speciale di spesa, la cui posi-tiva concezione e applicazione dipendono da unacorretta valutazione delle lacune e delle esigenzedel mercato in cui essi vanno ad agire, il Regola-mento prevede, a monte dell’istituzione di ogninuovo strumento finanziario, la realizzazione diuna puntuale valutazione ex ante. Detta valutazio-ne dovrà essere tesa a evidenziare le lacune delmercato di riferimento, gli investimenti effettuatiin modo non ottimale, le relative esigenze di inve-stimento, la possibile partecipazione del settoreprivato e il conseguente valore aggiunto apportatodai nuovi strumenti finanziari. La valutazione exante diviene tanto più essenziale nell’attuale mo-mento di crisi, al fine di evitare inutili e inefficacisovrapposizioni e incoerenze tra strumenti finan-ziari adottati dai differenti attori a vari livelli. Unulteriore elemento oggetto di valutazione è il con-testo operativo in cui saranno utilizzati gli stru-menti finanziari, nonché le capacità amministrati-ve e le competenze tecniche necessarie al successodel loro impiego, che variano considerevolmenteda territorio a territorio. A quanto detto, si aggiungano le previsioni della

Legge n.180/2011 “Statuto delle imprese” di at-tuazione dello “Small Business Act” comunitario,che dedica particolare attenzione alle piccole e mi-cro-imprese prevedendo una riserva in loro favoredel 25% della quota minima degli incentivi di na-tura automatica e valutativa (60%), e individuatra le sue finalità: il sostegno all’avvio di nuoveimprese, in particolare da parte di giovani e don-ne, e la valorizzazione del potenziale di crescita, diproduttività e di innovazione delle micro, piccole emedie imprese italiane. Finalità che coerentementesi ritrovano tra i “Risultati attesi” del Documentoproposto dal Ministro per la Coesione territoriale.Alla luce di quanto sopra illustrato e, al fine di ga-rantire il contributo efficace degli strumenti finan-ziari all’attuazione della nuova programmazione(azioni e risultati attesi), sarebbe opportuno chel’Accordo di Partenariato e i Programmi operativi2014-2020 prevedessero un inserimento “main-streamed” del microcredito e della microfinanza,in particolare in alcune aree tematiche: Competiti-vità dei sistemi produttivi, dove è prevista esplici-tamente l’attivazione di strumenti finanziari a so-stegno della creazione e rafforzamento d’impresa;Occupazione, nell’ambito della quale rientrano leazioni utili a conseguire il “risultato atteso” del-l’aumento dell’occupazione femminile e degli im-migrati, che può essere determinato dal ricorso a

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Si rileva, inoltre, l’opportunità di dedicare azionispecifiche alla qualificazione dei servizi di suppor-to alla competitività delle imprese esistenti, inclu-dendo tra queste ultime le istituzioni di microfi-nanza (IMF) in quanto imprese di servizi, e preve-dendo delle attività a sostegno della loro azione diaffiancamento e assistenza ai microimprenditori elavoratori autonomi in fase di start up (come noto,ai sensi degli articoli 111 e 113 del Testo UnicoBancario le istituzioni microfinanziarie devonopossedere determinati requisiti di onorabilità e de-vono offrire, oltre ai microcrediti, anche “un’attivi-tà ausiliaria di assistenza e monitoraggio dei sog-getti beneficiari”). Un ultimo cenno deve essere fatto al bisogno ur-gente di migliorare le basi informative nel Paese(altro risultato atteso della programmazione. Man-ca nel caso del microcredito una dorsale unica diraccolta dei dati relativi agli strumenti finanziari asostegno dell’occupazione e dell’inclusione sociale,da far confluire in un sistema nazionale di monito-raggio sull’ingegneria finanziaria a valere sui Fondistrutturali.

NOTE:1 Sabina De Luca è Capo Dipartimento per lo sviluppo ela coesione economica al MiSE, dipartimento che coordinale attività negoziali con la Commissione europea per lapredisposizione dei Regolamenti e dei documenti di pro-grammazione per il periodo 2014-2020.

strumenti microfinanziari gestiti anche dalla Ban-ca europea per gli investimenti (BEI), magari am-pliando il bacino dei beneficiari a tutti i soggettidisoccupati di l.d., ai giovani disoccupati e NEET,agli inoccupati; Inclusione sociale e lotta alla po-vertà, che prevede la promozione dell’imprendito-ria/occupazione sociale da parte di soggetti nonprofit anche attraverso il miglioramento dell’ac-cesso al credito, soprattutto degli strumenti micro-finanziari finalizzati alla lotta alla povertà e all’in-clusione sociale di soggetti particolarmente vulne-rabili. Deve essere ricordato, inoltre, il ruolo che ilmicrocredito può svolgere in alcune situazioni so-ciali “a rischio” quale strumento a sostegno dellacrescita del capitale sociale nelle zone del Mezzo-giorno, in particolare là dove insiste l’azione dicontrasto alla criminalità organizzata (per lo svi-luppo ad es. di nuova imprenditorialità nelle strut-ture sequestrate alle mafie). Microcredito e microfinanza, infine, potrebberoessere inseriti quali strumenti dedicati all’autofi-nanziamento, da parte del micro e piccolo impren-ditore e del lavoratore autonomo, dell’aggiorna-mento e rafforzamento delle proprie competenze(il tutto sempre nell’ottica di contribuire al conse-guimento di uno dei risultati attesi della program-mazione: l’“aumento della quota di risorse umanequalificate nelle imprese”).

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di sabina de luca*

Fondi digaranzia eFinanziamentistrutturali

ttraverso il microcredito èpossibile perseguire obiet-tivi di inclusione sociale lacui rilevanza, in una pro-lungata fase recessiva, nonpuò che aumentare. Tra gliinterventi già avviati spic-ca il Fondo di Garanziaper le PMI (L. 662/96) di

cui è titolare la Direzione Generale per l’Incentivazio-ne delle Attività Imprenditoriali del Dipartimento perlo Sviluppo e la Coesione Economica presso il Mini-stero dello Sviluppo Economico. Questa misura pre-vede una corsia preferenziale, ovvero una procedurapiù snella, per prestare garanzie pubbliche di rilevan-te intensità a favore di prestiti di piccolo importo(con una soglia di 20 mila euro incrementabile, in al-cuni casi, a 30 mila) erogati da Banche a fronte sia diinvestimenti, sia di fabbisogni di liquidità. Delle ope-

razioni accolte dal Fondo nell’ultimo triennio, quelledi importo minore o uguale a 25 mila euro sono pocomeno di 38 mila a fronte di operazioni creditizie percirca 600 milioni di euro.Tav. 1: Fondo di garanzia per le PMI (L. 662/96),operazioni accolte nel triennio 2010-2012.Il fondo di garanzia per le PMI, finanziato (in specifi-ci territori e settori) anche con risorse comunitarie(FESR), si rivolge a una platea di micro impreseesposta a un rischio di razionamento del credito che,per quanto rilevante, è meno intenso rispetto ad altrecategorie. Difatti questo strumento non esaurisce lospettro degli interventi realizzati nel periodo di pro-grammazione 2007-2013 dei fondi strutturali. Di-verse Regioni hanno sperimentato l’utilizzo di risor-se del Fondo Sociale Europeo per finanziare, in viadiretta e a tassi molto agevolati, operazioni di micro-credito proposte da soggetti appartenenti alle cate-gorie maggiormente esposte al rischio di esclusione

ATabella 1

Anno Operazioni accolte Importi garantiti Finanziamenti sottostanti2010 50.074 5.209.257.834 9.089.535.933- di cui con finanziamento ≤25.000 € 9.858 84.852.771 155.661.728 2011 55.206 4.410.384.966 8.337.980.256 - di cui con finanziamento ≤25.000 € 12.276 101.646.146 195.310.752 2012 61.408 4.035.540.823 8.189.647.703 -di cui con finanziamento ≤25.000 € 15.628 121.587.491 244.604.005

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ni di investimento non ottimali e necessità di investi-mento». Un altro tassello utile a migliorare la qualitàdella gestione degli strumenti è il nuovo articolo 111del TUB1 che disciplina i requisiti soggettivi deglioperatori del microcredito. Cruciale è comunque lameccanica fine degli strumenti di policy, che dovràtrovare il giusto equilibrio tra finalità sociale (che in-duce la parte pubblica ad assumere rischi) e tuteladelle risorse pubbliche (visto che misure rotative pos-sono produrre effetti amplificati sul tessuto economi-co e sociale). Monitoraggio in itinere e accountabilitydei risultati risulteranno essenziali per valutare laqualità delle scelte allocative e, quando opportuno,introdurre correttivi all’intervento pubblico.

*Sabina De Luca - Capo Dipartimento delle Politiche diCoesione e Sviluppo 

NOTE:1 Per come sostituito ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. 13 agosto 2010,n. 141,modificato dall’art. 16, D.Lgs. 14 dicembre 2010, n.218 e dall’art. 3, comma 1, lett. da e) a i), D.Lgs.19 settembre2012, n. 169

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dal credito (giovani, donne, disoccupati di lunga du-rata, personale in CIG, disabili, immigrati, impresedel terzo settore, ecc.). Dalla valutazione di questeesperienze si devono trarre insegnamenti per il perio-do di programmazione dei fondi europei 2014-2020, il cui sistema di regole è in via di definizione.L’art. 15 della bozza di Regolamento relativa al Fon-do Sociale Europeo esplicita che il menù delle misuredi policy può ricomprendere «i programmi di condi-visione dei rischi, i capitali propri e i crediti, i fondi digaranzia, i fondi di partecipazione e i fondi di presti-ti» e rimanda al più dettagliato sistema di norme pre-visto dagli art. 32 e ss. della bozza di RegolamentoGenerale. Ampio è lo spazio per valorizzare il poten-ziale del microcredito a patto di agire con rigore me-todologico nella programmazione e gestione degliaiuti di Stato. A tal fine una condizione necessariama non sufficiente è posta proprio dal citato art. 32 ilquale prescrive che le decisioni in materia debbanoessere assunte «sulla base di una valutazione ex anteche ha individuato fallimenti del mercato o condizio-

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grazie a progress, lo strumento europeo per la microfinanza, bcc mediocrati ha curato un programma vivace per il meridione

di Federico bria*

co. smoun esempioper il sud

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a provincia di Cosenza è unadelle più estese d’Italia concrescita demografica fermaper via di una emorragiachiamata emigrazione che, daqueste parti, non si è mai fer-mata e che ora sta riprenden-do il vigore di altre epoche.Neanche un anno fa, del re-

sto, lo Svimez avvertiva che “il Sud è sempre piùspopolato e a rischio tsunami demografico”. Siamoin una terra in movimento, insomma, soprattuttoper quanto riguarda la sua componente giovanile.Proprio ai giovani ha sempre guardato la BCC Me-diocrati che, da diversi anni, ha avviato un progettodi microcredito denominato “Voglio Restare”, de-dicato a quei ragazzi, istruiti e volenterosi, concre-tamente attratti dal mercato del lavoro di altre zo-ne d’Italia e del mondo.Forse per questo, quando ha preso corpo il contat-to con il FEI, Fondo Europeo per gli Investimenti, èvenuto naturale il nome da assegnare al microcredi-to destinato al territorio: lo abbiamo chiamato CO-SMO. Ma il nostro Cos.Mo. è una parola contrat-ta, formata dai termini Cosenza e Movimento. Infin dei conti, anche la BCC Mediocrati è in perennemovimento, caparbiamente alla ricerca di stradenuove che, in questo caso, ci hanno portato fino inLussemburgo per accedere ad una provvista che -apparentemente - non sembrava destinata a sogget-ti come noi.Invece, nel Granducato abbiamo trovato grandissi-ma disponibilità e reale intenzione di conoscenza.Grazie alla indispensabile intermediazione di Feder-casse, ci siamo presentati al FEI e abbiamo comin-ciato a spiegare loro chi siamo. Abbiamo descrittola BCC Mediocrati, naturalmente, ma, man manoche procedevamo nel rapporto, ci siamo resi contodi avere un ruolo importante anche in rappresen-tanza dell’intero movimento del Credito Cooperati-vo Italiano. Troppo distante la filosofia di una BCCda quella di una normale banca d’affari delle di-mensioni percepite in Europa, e decisamente diver-sa anche dalle dimensioni organizzative di piccoliintermediari di credito, spesso enti non profit, nem-meno lontanamente paragonabili ad un istituto

bancario sia per dimensioni che per normativa diriferimento.Nell’ambito delle attività di microcredito, create asostegno di soggetti “bancariamente deboli”, laBanca aveva già nel suo portafogli prodotti di mi-crofinanza (migrantes, per extracomunitari residen-ti) e microcredito (“voglio Restare” e “Il Seminato-re” per giovani desiderosi di avviare o incrementareuna propria attività). Tuttavia, ci siamo resi contoche la mancanza di liquidità avrebbe finito col pro-durre un ostacolo anche per quelle piccole imprese(micro, con riferimento agli standard europei) checostituiscono il 95% della clientela della Banca.Così, alla ricerca di nuovi canali di funding, nel-l’autunno 2011 abbiamo presentato ufficialmenteal FEI la domanda di accesso ad un prestito senior,nell’ambito dello strumento PROGRESS. L’iter bu-rocratico è stato abbastanza celere e, dopo pochimesi, a gennaio 2012, abbiamo ricevuto la visita didue-diligence da parte dell’Organismo comunitario.Dinanzi agli ispettori europei, la Banca ha illustratosé stessa, dalla governance ai crediti, dalla missional sistema dei controlli, per finire nelle filiali a toc-care con mano il rapporto “differente” di una ban-ca cooperativa a mutualità prevalente.Dalla due-diligence alla firma del contratto sonopassati 5 mesi, nel corso dei quali si è sviluppatauna intensa attività di relazione piena zeppa di do-cumenti e informazioni.Il 27 giugno 2012 abbiamo firmato il contratto, inbase al quale il FEI eroga una provvista di € 3 mi-lioni e la banca si impegna ad aggiungerne altri 1,5in modo da creare un portafoglio di 4,5 milioni de-stinati ad iniziative di microcredito sotto i 25.000euro.Con la provvista comunitaria, come detto, la Me-diocrati ha dato vita ad un unico prodotto, deno-minato COSMO — “COSenza in MOvimento” - edestinato a tutte le microimprese (meno di dieci di-pendenti e con un fatturato non superiore a 2 mi-lioni di euro) e a lavoratori autonomi. Non ci sia-mo limitati ad offrire un sostegno a soggetti tradi-zionalmente deboli nei rapporti bancari (extraco-munitari, donne, giovani, naturalmente inclusi inun progetto come questo), ma abbiamo voluto in-serire anche soggetti diversi (persone fisiche o giuri-

L

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diche) in modo da offrire loro un supporto utile asuperare le attuali difficoltà di mercato. Un soste-gno finalizzato ad evitare l’insorgere di crisi dovutea mancanza di liquidità.Siamo partiti in piena estate e, nei primi sei mesi,abbiamo già erogato 630mila euro, che salgono aquasi 800mila se consideriamo anche i finanzia-menti già deliberati e non ancora erogati.Si tratta, in totale, di 38 affidamenti, per lo più rife-riti ai settori dell’artigianato e del commercio (altrisettori sono: agricoltura, piccola industria e servizi)per un totale di 86 persone coinvolte, tra i titolaridelle attività e loro dipendenti. Le donne interessatedal progetto sono, attualmente, 28.Riguardo al titolo di studio, 13 soggetti titolari diattività sono laureati, tutti gli altri possiedono undiploma, tranne un caso in cui il titolare ha la li-cenza media.Poche risultano le domande respinte (solo 3), mabisogna tener conto che l’elevata propensione allarelazione col cliente, porta la nostra Banca ad uncontinuo rapporto consulenziale. Ciò si traduce, incasi come questi, a sconsigliare la presentazione di

una domanda che sin dall’inizio non appare merite-vole di accoglimento.Molte sono le richieste di informazioni provenientida altre regioni d’Italia. In questi casi spieghiamoagli interlocutori, per lo più indirizzati a Mediocra-ti dal link presente nei siti della Commissione Euro-pea e del FEI, che una BCC è una banca locale, au-torizzata ad operare nel territorio di propria com-petenza. Contemporaneamente, però, ci siamo residisponibili a presentare lo strumento PROGRESS atutte le altre BCC italiane desiderose di attivarlo avantaggio dei propri soci e dei territori di riferi-mento. Perciò, siamo stati molto lieti quando, pochimesi fa, abbiamo ricevuto notizia che una tra le piùgrandi e significative BCC d’Italia, come Emilban-ca, ha concluso il proprio iter firmando il contrattocon il FEI. Riteniamo, infatti, che il Credito Coope-rativo Italiano, per le sue caratteristiche ontologi-che, possa essere un validissimo partner per ogniprogetto di microcredito.

* Federico Briasegretario generale BCC Mediocrati

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dalla commissione per i diritti delladonna e l’ugualianza silvia costaammonisce: “c’é ancora tanto da fare”

di silvia sitari

uno sguardoda bruxelles

oggi e così moltiobiettivi, comela riduzione del-la povertà, sonoconfluiti nell’Eu-ropa “20-20-20”. Con questacrisi oggi, in Ita-lia, abbiamo sul-la soglia dellapovertà una po-polazione del24% con il dato drammatico che riguarda 2 bambinisu 4, e quello che vede una povertà molto “femmini-lizzata”. L’Italia, sulla povertà relativa, ha l’indicato-re peggiore. La media delle donne che lavorano è in-torno al 50%, rispetto all’obiettivo del 2012 che eradel 60%, sebbene il Nord Italia abbia quasi raggiun-to l’obiettivo, ma il Sud è fermo al 35%, per cui lacondizione delle donne si è molto polarizzata, acuen-dosi tra Nord e Sud, tra fasce di età, e tra donne confamiglie in condizioni particolari. Sono questi i datida considerare per le politiche da adottare.

Analizziamo un po’ qualcuno di questi punti?Riguardo all’indipendenza economica, dove trovia-mo i temi del lavoro autonomo, della dell’imprendi-torialità femminile e della conciliazione, noi abbiamoun tasso di disoccupazione che è ancora molto alto

a strategia UE per la pari-tà tra donna e uomo pas-sa anche per il microcre-dito.L’onorevole Silvia Costa,europarlamentare mem-bro della Commissioneper i diritti della donna el’uguaglianza di genere,

da sempre impegnata con sensibilità e determinazio-ne nelle problematiche legate alla condizione delladonna, ha idee molto chiare per realizzare la paritàdelle donne.

A che punto siamo, in Italia, con le normative suquanto disposto dalla Commissione europea dei Di-ritti della Donna e Uguaglianza di Genere?Nel 2010/2015 viene approvata la nuova tabella dimarcia per aggiornare le priorità che si dà l’UnioneEuropea in materia di parità tra uomini e donne. Alprimo posto c’è l’indipendenza economica delle don-ne, al secondo la pari retribuzione, al terzo la paritànei processi decisionali. Poi c’è la lotta alla violenzacontro le donne, che è in crescente aumento, la paritànelle “azioni esterne” e, infine, la governance cioé lariorganizzazione di quegli organismi di monitorag-gio e di controllo dell’efficacia delle misure che ven-gono adottate. Questo, però, avveniva nel 2010quando eravamo ancora lontani dalla grande crisi di

LSilvia Costa

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con dentro, anche, un’alta percentuale di lavoro fem-minile precario e sottopagato. Riguardo al lavoro au-tonomo, invece, abbiamo il più alto numero di im-prenditrici donne: sono circa 1 milione e 200milacontro 1 milione della Francia e 800mila della Ger-mania. C’è grande vivacità e capacità delle donne ita-liane nel mettersi in proprio, si mettono in gioco piùfacilmente rispetto all’uomo medio. A favorire tuttoquesto è senz’altro la tradizione storica italiana dellepiccole imprese familiari territoriali. E qui si collocala potenzialità di strumenti finanziari nuovi come ilmicrocredito, con l’accompagnamento e la formazio-ne. Siamo ancora al palo per la salute della lavoratri-ce madre, per le strutture di assistenza all’infanzia, eper la parità di genere riguardo all’immigrazione.Sulla parità delle retribuzioni sta lavorando presso laUE una commissione di esperti che raccoglie tutti idati per capire come stanno le cose nella PubblicaAmministrazione, poiché sul privato ci sono menodati disponibili. Il nostro Paese ha una minore dispa-rità salariale, dovuta sia alla presenza dei contrattinazionali sia al maggior controllo negli avanzamentidi carriera. Ma le donne accedono meno alle posizio-ni di dirigenza perché la loro disponibilità di tempo èlimitata, mancando le strutture citate prima, e perché

necessitano di formazione. Riguardo alle parità deci-sionali abbiamo fatto la legge sulla direttiva europeaper l’equilibrio di genere nei cda, ma rimane l’impor-tanza del controllo e del monitoraggio. È rilevante ilruolo svolto da alcune organizzazioni di donne cheformano e preparano per ricoprire questi ruoli. E leparità decisionali devono trovarsi anche negli istitutidi ricerca, nelle giunte regionali, comunali e in ognialtro organismo.

E per il dramma della violenza sulle donne? Ritengo importanti tre cose: la direttiva sulla trattadegli esseri umani, che mette al centro azione di tutelae reintegrazione della vittima, ma anche una lottamolto più forte alla criminalità organizzata. La diret-tiva sulla pedopornografia, poiché le vittime sono perun buon numero bambine, e la direttiva sull’ordine diprotezione europeo: far valere un ordine di protezio-ne ottenuto nel proprio paese anche negli altri paesidell’Unione. Questa è una cosa di cui si parla pocoma è importante che ogni stato membro adotti questadirettiva per tutelare le donne vittime di violenza, allequali è stato riconosciuto nel proprio paese un ordinedi protezione. Ed è importante dare loro i riferimentiprecisi: questo implica anche un passaggio veloce diinformazioni tra le varie intelligence.

Che ruolo può svolgere il microcredito in tutto que-sto?Credo moltissimo nel microcredito. Ho fattoun’esperienza di vari anni con la fondazione “RisorsaDonna” e le donne immigrate, che sono le meno“bancate” di tutte almeno fino a qualche anno fa, eha funzionato con un altissimo livello di restituzione.Perché il microcredito non è uno sportello bancarioma un pacchetto di misure e di interventi che può agi-re su vari livelli quali l’accompagnamento nel proces-so di building, nella ricerca per conoscere la doman-da del mercato, nella formazione. Se ci sono questecondizioni sono alti restituzione e successo, altrimen-ti non funziona. Ma in Italia mancano ancora leggi enormative per il microcredito volto all’autonomiadella persona che con cifre più modeste, e i parametridetti prima, può essere un valido strumento per il su-peramento della povertà e l’inclusione sociale di unnumero sempre crescente di persone.

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esistono diversi modi di “fare banca” ineuropa e italia. tre esempi di stile: bancaetica, extrabanca e intesa san paolo

di mario la torre*

per un’ ecologiadel banchiere

el suo articolo Unabussola per lascienza economica,il premio Nobel Ja-mes Buchanan, ciricorda che in eco-nomia, a differenzadi quanto accadeper le scienze natu-

rali, i vincoli che descrivono l’ambiente in cui siopera sono del tutto arbitrari. Mentre uno scien-ziato naturale è obbligato dalle leggi della natura,l’economista ha davanti a se uninsieme alternativo di vincoli,estranei ad un qualsiasi “stato dinatura”, che sono semplicementefrutto di una costruzione dell’es-sere umano; il suo obbligo èquello di sperimentare le alterna-tive per tentare di massimizzareil benessere collettivo. Peccatoche gli economisti, sostiene Bu-chanan, siano molto diversi traloro: troviamo economisti dotatidi poca immaginazione, che ten-dono a riconoscersi nei vincoliesistenti, ed economisti più ferti-li, capaci di immaginare mondiche “potrebbero essere” ed anco-

ra non sono. L’economista d’immaginazione oltre-passa i confini della scienza naturale e riconosce ilvalore potenziale che emergerebbe in presenza divincoli alternativi a quelli esistenti. Possiamo pen-sare che, anche per i banchieri, valga lo stesso: esi-stono “banchieri scientisti” e “banchieri d’imma-ginazione”; i primi, prediligono lo stato delle cose,

i secondi, esercitano la libertàd’immaginazione; i primi, gesti-scono la banca come un labora-torio di scienze naturali; i secon-di, vivono la banca con l’entusia-smo tipico di un atelier e speri-mentano, nel quotidiano, ciò chenelle scienze naturali è sperimen-tabile solo in occasioni di scoper-te rilevanti: il proprio contributoal miglioramento sociale e dellacondizione umana. La crisi economica, ahimè, ci rac-conta, senza equivoco, che lacongregazione dei “banchieriscientisti” è ben più numerosadella famiglia dei “banchieri

Peccato che gli economisti,sostiene Buchanan, siano

molto diversi tra loro:troviamo economisti

dotati di pocaimmaginazione, che

tendono a riconoscersi neivincoli esistenti ed

economisti più fertili,capaci di immaginare

mondi che “potrebbero essere” ed ancora non sono

N

osservatorio microcredito e sistema bancario e finanziario a cura di mario la torre

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d’immaginazione”. Contrazione del credito, esclu-sione finanziaria e tassi di povertà in aumento, daun lato testimoniano la necessità di ripensare ilmodello di bancarizzazione delle economie avan-zate, dall’altro sono il segno di una diffusa incapa-cità dei banchieri di inoculare modelli gestionalialternativi, di una ostinazione, pressoché compul-siva, a tenere in piedi archetipi organizzativi edoperativi antistorici. I modelli di vigilanza banca-ria in giro per il mondo, non hanno, di certo, faci-litato l’opera del “banchiere d’immaginazione”;anzi, hanno alimentato, ed alimentano tuttora, lasopravvivenza e la nascita di “banchieri scienti-sti”. Gli obblighi prudenziali imposti alle banche,nelle diverse formulazioni elaborate negli ultimitrent’anni (Basilea 1, 2 e 3), si caratterizzano peruna crescente dose di abbrutimento quantitativo;si potrebbe affermare che le autorità di vigilanzahanno spinto verso una meccanizzazione quantita-tiva della ricerca della stabilità, creando il terrenoper il proliferare di uomini, e istituzioni finanzia-rie, poco innovativi e distanti dall’interazioneumana. Parafrasando Buchanan, è possibile affer-mare che la vigilanza, avendo imposto alle banchesostanziosi investimenti in tecnologia e in acquisi-zione di abilità tecnica in quanto tale, ha determi-nando un processo di autoselezione grazie al qua-le le persone che hanno scelto, e scelgono, di di-ventare banchieri sono, principalmente, quelle at-tratte dalle proprietà analitiche dei modelli quan-titativi. La vigilanza ha alimentato, negli anni, unagenerazione di “banchieri scientisti” che, a suavolta, ha trasformato l’arte del banchiere da una“scienza morbida” in una “scienza dura”. Qualelegge naturale stabilisce il livellominimo di patrimonio di vigilan-za richiesto alle banche? Qualelegge naturale impone la codifi-cazione e la misurazione dei ri-schi oggi vigente? Quale legge innatura stabilisce che un clientesenza garanzie non possa vanta-re un proprio merito creditizio?Quale legge in natura stabilisceche il valore aggiunto creato da

una banca debba essere misurato ricorrendo esclu-sivamente ai valori lavorati da una contabilità or-dinaria? I ripensamenti dei modelli bancari e degli stili divigilanza discussi sui tavoli istituzionali e scientifi-ci in questi mesi sono una presa di coscienza, daparte di autorità, banchieri e studiosi, circa il falli-mento di quanto professato in questo mezzo seco-lo. Tuttavia, sembra mancare quella folgorazioneutile ad una vera ecologia del banchiere. Nel suosaggio Verso un’ecologia della mente, Gregory Ba-teson spiega come sia facile essere vittime dei cli-chés: “…per pensare idee nuove e dire cose nuovedobbiamo disfare tutte le idee già pronte e mesco-lare i pezzi…la gente è sempre li a mettere le cosea posto ma nessuno si preoccupa di metterle in di-sordine. Sembra proprio che le cose si mettano indisordine da sole. E poi bisogna rimetterle a po-sto”. Mescolare i pezzi: ecco, dunque, il compito del“banchiere d’immaginazione”: restrizione del cre-dito, esclusione finanziaria e povertà si possonocombattere strutturalmente solo con istituzioni edautorità meno scientiste e con “banchieri d’imma-ginazione”. A cosa serve introdurre i conti correntidi base (cosiddetti conti low cost) quando gli spor-tellisti non conoscono il prodotto e la cultura fi-nanziaria dell’accoglienza e della prossimità nonfanno parte dello stile di fare banca? Risposta: anove mesi dall’introduzione dei nuovi conti cor-renti, solo l’1,6% degli 850 mila pensionati, poten-ziali destinatari, ne ha usufruito. Quale significatopossiamo attribuire ai riassetti organizzativi dellebanche – spesso ispirati dalla giusta idea di cercare

maggiore aderenza al territorio edalle piccole imprese – quando siadottano sistemi di rating cheescludono totalmente qualsiasivalutazione qualitativa dell’im-presa e del progetto? Risposta: lavariazione annua dei prestiti alsettore privato è ancora in flessio-ne (-2,3% a gennaio 2013). Le istituzioni e le autorità di vigi-lanza, nazionali e sovranazionali,

Quale legge in naturastabilisce che il valoreaggiunto creato da una

banca debba esseremisurato ricorrendo

esclusivamente ai valorilavorati da una

contabilità ordinaria?

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mente concepito, con una “mission d’immagina-zione”: Extrabanca, quella dell’inclusione finanzia-ria; Banca Etica quella di offrire ai risparmiatorisoluzioni di investimento selezionate secondo cri-teri alternativi a quelli tradizionali. Anche grazie aquesti esperimenti, l’Italia si pone come Paese-La-boratorio per un modello di finanza etica, ad oggiancora difficile da declinare, che non può che na-scere dal “rimescolare i pezzi” di quanto è già sta-to visto e conosciuto. La nuova legge sul microcre-dito (artt. 111 e 113 del T.U.B.) potrà dare nuovalinfa alle idee dei banchieri coraggiosi; così pure larecente norma che estende al microcredito l’opera-tività del Fondo Centrale di Garanzia per le pmi. Il

legislatore italiano è stato “co-struttivamente disordinato”, an-ticipando molti altri Paesi in Eu-ropa e nel mondo. Sapranno inostri banchieri fare altrettanto?Nell’ecologia della loro mente lerisposte ai nostri bisogni.

* Mario La Torre – Università di Ro-ma La Sapienza – Membro Cda EnteNazionale per il Microcredito

dovrebbero incoraggiare un processo di rinnova-mento del pensiero bancario e trarre ispirazioneda quelle esperienze virtuose che esistono e cre-scono stabili ed efficienti. L’Italia è - caso raro inEuropa - testimone di modelli alternativi di farebanca; in questo numero della rivista abbiamo vo-luto riportarne tre: quello di Intesa Sanpaolo -gruppo bancario tra i più rilevanti per dimensioneed ambiti operativi - e quelli di Extrabanca e Ban-ca Etica, banche di minore dimensione ma conuna misson dedicata alla finanza inclusiva. IntesaSanpaolo sta compiendo uno sforzo di contestua-lizzazione della microfinanza nell’ambito dellapropria struttura e dei propri ambiti operativi tra-dizionali. Extrabanca e BancaEtica rappresentano due esempidi intermediari bancari che, nelrispetto dell’assetto giuridico-isti-tuzionale disegnato dal TestoUnico Banche, propongono unmodello di intermediazione credi-tizia differente; due banche, auto-rizzate e vigilate da Banca d’Ita-lia, che operano conciliandol’obiettivo del profitto, contabil-

Intesa Sanpaolo sta compiendo uno sforzodi contestualizzazione

della microfinanzanell’ambito della

propria struttura e deipropri ambiti operativi

tradizionali

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credito come diritto e strumento control’esclusione socialedi ugo biggeri

bancaetica

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per rispondenza alla mission dell’istituto, ma ancheper il modello utilizzato di cui sono punti chiave: ilforte radicamento territoriale dei soggetti attuatoripartner di Banca Etica, la priorità della relazione

tra l’organizzazione di riferimentoe il soggetto beneficiario, la corre-lazione forte e quanto più direttapossibile fra risparmiatore consa-pevole (il cui denaro va a costitui-re il fondo di garanzia) e il benefi-ciario del credito. I fondi di garan-

er Banca Etica l’accesso alcredito è un diritto e uno stru-mento per combattere l’esclu-sione sociale; per questo sindalla sua nascita ha messo incampo programmi di micro-credito. Tra il 2005 e il 2012 (dati algiugno 2012), Banca Etica hastipulato diverse convenzioni

per l’erogazione di microcrediti con Enti Locali(26, principalmente sul microcredito imprendito-riale) e reti sociali, quali le Caritas e le organizza-zioni non profit (37, principalmente sul microcre-dito sociale). Grazie ad esse, Banca Etica ha finanziato più di1000 soggetti (persone fisiche e micro-imprese, emolti cittadini extracomunitari) per un importocomplessivo di circa 7,9 milioni di euro, con unaleggera prevalenza dell’importo erogato sul micro-credito imprenditoriale.Sono numeri piccoli, se confrontati rispetto agliimpieghi annui complessivi della banca (inferioriall’1%), ma proporzionalmente molto più alti del-la media delle banche tradizionali. Sorprendente-mente, sono anche numeri signifi-cativi in termini assoluti, a dimo-strazione che il settore del micro-credito deve ancora svilupparsi inItalia.Il microcredito ha un ruolo im-portante in Banca Etica, non solo

P

“Banca Etica hafinanziato più di 1000soggetti, per un importocomplessivo di circa 7,9 milioni di euro”

Ugo Biggeri

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prio del gruppo Banca Etica costituito grazie all’im-pegno dei clienti di Etica sgr che, sottoscrivendo ifondi Valori Responsabili, devolvono su base vo-lontaria un euro ogni mille euro investiti (0,1%) afavore del fondo (attualmente di oltre 700 Mila eu-ro).Negli ultimi due anni, Banca Etica ha attivato an-che il programma di microcredito per la capitaliz-zazione, finalizzato a sostenere le cooperative cheintendono avviare processi di capitalizzazione, nontramite una banca, ma coinvolgendo i propri soci. Ilmicrocredito di capitalizzazione si configura infatticome la possibilità di disporre immediatamente, intermini di liquidità, dell’aumento di capitale delibe-rato, grazie al finanziamento erogato da Banca Eti-ca, consentendo poi ai soci di versare le quote sotto-scritte in tempi adeguati alle loro disponibilità.L’esperienza di questi anni in Banca Etica ci ha mo-strato che esiste una forte richiesta di microcreditoin Italia e che è possibile farlo anche in contesti dif-ficili. Certo, i tassi di sofferenza indicano ancorauno spazio di miglioramento nella costruzione del-le garanzie relazionali: la percentuale attorno al10% è infatti decisamente più alta rispetto agli altricrediti di Banca Etica (1%) e del microcredito nelSud del mondo, ma in alcune regioni italiane sonocomunque tassi vicini ai tassi di sofferenza medi delsistema bancario. Vi sono almeno due aspetti suiquali occorrerebbe lavorare per dare un futuro almicrocredito in Italia. Il primo è di ordine culturale:vi è ancora molta strada da fare per capire, comesuccede nel resto del mondo, che non è il basso tas-so di interesse la caratteristica principale del micro-credito, bensì, appunto, la possibilità di costruirequelle relazioni di fiducia che consentono di darecredito.Il secondo è di ordine normativo: stiamo attenden-do da troppo tempo un quadro di riferimento chia-ro e completo per le operatività legate al microcre-dito. L’approvazione degli artt. 111 e 113 del TestoUnico Banche, avvenuta anche grazie al sostegnodella Rete Italiana Microcredito, riteniamo possaessere una buona base di partenza per favorire losviluppo del microcredito in Italia.

* Ugo Biggeri – Presidente di Banca Etica

zia richiesti nelle convenzioni, svolgono una fun-zione fondamentale in quanto consentono di ab-bassare la rischiosità del prestito senza che sia ne-cessario chiedere garanzie al beneficiario, inoltre illoro andamento rotativo, e la possibilità di appli-care un moltiplicatore, permettono di aumentare ilplafond erogabile. Esiste un fondo di garanzia pro-

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una banca per gli immigrati, intervista alpresidente andrea orlandinidi mario la torre

extrabanca...

stini, e quelli che vorrebbero disperatamente nonesserlo. I primi non esistono per il fisco e non so-no soggetti a tutti gli altri doveri civici, tuttavia,in qualche modo, riescono spesso ad accedere aduna parte dei diritti dei cittadini regolarizzati, co-me ad esempio al servizio sanitario pubblico, esvolgono attività per le quali la regolarizzazionenon è necessaria. I secondi, invece, vorrebbero a tutti i costi ottene-re documenti in regola per poter condurre una vi-ta normale, serena e priva di ansia: a tal fine, so-no persino disposti a pagare per ottenere quantonecessario, cadendo spesso nelle mani di spietatitruffatori. Esiste poi una terza categoria di immigrati che vi-ve in una situazione “ibrida” di non regolaritàche, appunto, non può essere definita di “pura ir-regolarità”: sono coloro i quali, alla scadenza delpermesso di soggiorno, non sono stati in grado dirinnovarlo, avendo nel frattempo perso il lavoro eprecipitando di conseguenza nella precarietà.Non possono essere definiti clandestini ma si puòimmaginare con quanta delusione ed angosciapossano vivere una condizione del genere: “Macome, dopo tanti sforzi eri riuscito a sfiorare iltanto agognato benessere degli italiani, ad adotta-re il loro modello di vita e di colpo lo perdi peressere ricacciato nello stato di incertezza prece-dente?! Avrai una colpa, avrai pur fatto qualcosache non dovevi, altrimenti non sarebbe successo!

residente Orlandini, Extra-banca è una banca commer-ciale, nata nel 2010, vigilatada Banca d’Italia, dedicataprincipalmente agli immigra-ti. In base alla sua esperienzaprofessionale, ci può descri-vere i tratti essenziali degliimmigrati presenti sul terri-torio italiano che, ancora og-

gi, sono vittime di numerosi clichè?Per sfatare uno dei tanti clichè, partiamo da undato di fatto: gli italiani commettono più reatidegli immigrati regolari, forse a causa della crisiche evidentemente si fa sentire; gli immigrati re-golari, infatti, delinquono di meno, mentre gli ir-regolari sono più inclini a delinquere.Il problema dell’integrazione degli stranieri nonriguarda, quindi, gli immigrati regolari perchéquesta è già avvenuta nei fatti: come farebbel’Italia, ad esempio,senza il 90% delle badanti diorigine straniera?Gli irregolari delinquono di più, e in modo espo-nenziale, per cui la soluzione del problema sem-brerebbe facile: è sufficiente ridurre il numero diquesti ultimi e, se possibile, azzerarlo del tutto. Aparte la difficoltà o l’impossibilità di perseguirecon successo un simile obiettivo, gli immigrati ir-regolari si dividono in due categorie molto diver-se tra loro: quelli contentissimi di essere clande-

P

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cario può addirittura essere fonte di orgoglio e te-stimoniare il fatto di “avercela fatta”: per questomotivo, alcuni immigrati all’apertura del contonella nostra banca si fanno scattare una fotogra-fia da inviare ai familiari rimasti nel Paese di pro-venienza. L’integrazione non è una mera questio-ne di documenti o di passaporto; questi servonoad evitare le “seccature” e le perdite di tempo le-gate ai rinnovi dei permessi; l’integrazione passa,piuttosto, per gli status symbol come lo smar-tphone o il suv; l’integrazione è “vivere come gliitaliani” e, per farlo, è necessario il credito banca-rio e la fiducia delle persone.

E comunque non interessa: fino a quando le cosenon cambiano resti fuori dal gioco”.

Come si traduce questo scenario in termini ban-cari? Per quanto riguarda gli irregolari contenti di es-serlo, il fatto di non poter avere un conto corren-te in banca non rappresenta certo un problema;si pensi, ad esempio, agli spacciatori o ad altreprofessioni del delinquere che non ne hanno al-cun bisogno per gestire i propri interessi. Diverso il caso di quelli desiderosi di regolariz-zarsi; essere intestatari di un conto corrente ban-

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Quali sono i principali bisogni che spingono gliimmigrati a rivolgersi alla vostra banca?Lo straniero che desidera essere bancarizzato nonintende delinquere ma lavorare, ne ha bisognoper essere pagato dal datore di lavoro, per rela-zionarsi con i fornitori e con i clienti quando ge-stisce una microattività, oppure per accedere adun mutuo immobiliare perché, come per gli italia-ni, anche per immigrati, il primo sogno resta lacasa.

L’apertura di un conto corrente ad un immigratotrova ostacoli nella normativa vigente? Per venire incontro alle diverse tipologie di immi-grati che ho delineato, e che quotidianamente sirivolgono ad Extrabanca, sarebbe importante unainnovazione normativa che consentisse l’aperturadi un conto con operatività fortemente limitata, avalere su documenti dei Paesi d’origine. In fondo, questa sensibilità dell’accoglienza si stadiffondendo nel mondo. La moglie di Bill Gates halanciato negli Stati Uniti una grande campagnaperché venga permesso ai figli dei clandestini arri-vati da bambini sul suolo americano, e ivi cresciutiimparando l’inglese alle scuole locali, di ottenere lacittadinanza e rimanere legalmente nel Paese.

Nelle filiali di Extrabanca anche il personale è ingran parte straniero; questo sempre per migliorarel’accoglienza?Nelle filiali di Extrabanca, prima banca in Europadedicata agli immigrati, si parlano 11 lingue perchéla scarsa conoscenza dell’italiano è la prima barrie-ra all’accoglienza; gli sportelli sono aperti dalle no-ve di mattina alle sette di sera, con orario continua-to, tutti i giorni feriali e al sabato; ciò, per cercaredi andare incontro alle esigenze dei nostri clientiche, spesso, non hanno orari di lavoro regolari.

La vostra clientela immigrata si concentra su alcunespecifiche etnie?La composizione quanti-qualitativa del nostro por-tafoglio clienti è sufficientemente articolata comedimostrano i dati divisi per clientela privata e smallbusiness.

L’iniziativa che lei ha portato avanti con grandepassione sta dando buoni frutti?In due anni, sono stati aperti 4.500 conti correnti.Nei prossimi tre anni, è prevista l’apertura di altre18 filiali e, in una fase successiva, pensiamo diesportare il modello di business all’estero: ognigiorno, infatti,ci sono più persone al mondo cheemigrano di quante ne nascono.

Privati Small Business1 Filippine 21,7% 1 Italia 49,1%2 Italia 12,9% 2 Cina 17,4%3 India 10,1% 3 Pakistan 9,2%4 Sri Lanka 8,7% 4 India 5,8%5 Cina 5,8% 5 Albania 2,1%6 Perù 5,8% 6 Bangladesh 2,1%7 Pakistan 5,3% 7 Egitto 2,1%8 Ecuador 5,0% 8 Ecuador 1,9%9 Romania 5,0% 9 Romania 1,9%10 Ucraina 3,0% 10 Brasile 1,1%

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per trasformare i progetti sperimentali di microfinanza in strumenti operativi è necessario un approccio sistematico e lo sviluppo di una piattaforma di conoscenze che consenta di imparare dai propri errori. ce ne parla lorenzo mancini di intesa sanpaolodi Flavio padovan*

questionedi metodo

Mancini - è rappresentato dal Prestito della Speran-za, l’iniziativa lancia dalla CEI, la Conferenza Epi-scopale Italiana, in collaborazione con l’Associazio-ne Bancaria Italiana. Si tratta del primo progetto na-zionale di ampio respiro avviato nel nostro Paese peril sostegno del reddito, che è una delle due declina-

nalizzare e capire i ri-schi che si assumononel finanziare soggettifinora consideratinon bancabili è un’at-tività che richiederàtempo, dai 3 ai 5 anni,ed esige l’adozione diun modello di decisio-ne e di una piattafor-

ma di conoscenze per monitorare ex post le attivitàsvolte e correggere eventuali errori commessi sullabase delle percentuali di restituzione che si registre-ranno. Solo così si potrà interpretare correttamenteil fenomeno e trasformare il microcredito da attivitàsperimentale a strumento realmente operativo. E’questa l’opinione di Lorenzo Mancini, Responsabi-le dei progetti sociali del Laboratorio Banca e Socie-tà di Intesa Sanpaolo, che Microfinanza ha intervi-stato per conoscere l’approccio a questo settore daparte di uno dei più importanti gruppi bancari ita-liani.“La sensazione è che la fascia di popolazione nonbancabile secondo i filtri tradizionali si stia allar-gando, e quindi occorrerà comprenderla sempremeglio e confrontarsi con nuovi bisogni. Un’occasione importante per conoscere e accumu-lare esperienza in questo settore nuovo non solo perIntesa Sanpaolo ma in generale per l’Italia - spiega

ALorenzo Mancini

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reali motivi che spingono ad iniziare un’attività im-prenditoriale, le capacità e le competenze lavorative,l’eventuale supporto della famiglia o di una rete piùestesa di relazioni. Ma l’aiuto di Vobis non terminain questa fase, perché abbiamo affidato loro ancheuna sorta di tutoraggio successivo, che si aggiunge aquello messo in campo da chi promuove l’iniziativa.Devo dire che gli ex colleghi sono veramente bravi eriescono con molta capacità e vicinanza ad essered’aiuto alle persone in difficoltà. Se Intesa Sanpaolooggi copre più del 50% delle richieste del Prestitodella Speranza, il merito è anche dell’approccio al ri-chiedente attraverso i volontari.

Alla prova dei fatti questa selezione funziona?Parliamo sempre del Prestito della Speranza: abbia-mo ricevuto 2.400 richieste, di cui 200 ancora in fasedi lavorazione. Su quelle già esaminate, nel 54% deicasi è stato erogato il finanziamento. La motivazionedelle bocciature possono essere diverse: per un giudi-zio negativo di Vobis che, ad esempio, ritiene eccessi-vo l’indebitamento già esistente e quindi crede siaopportuno intervenire con altre forme di sostegno,come le liberalità. Oppure perché dalle verifiche cheeffettuiamo scopriamo che il richiedente non ha rac-contato la verità a Vobis, che non ha strumenti ban-cari d’indagine, e quindi viene meno il rapporto fidu-ciario alla base del microcredito. Se questa selezionefunziona? Le percentuali relative ai rimborsi ci dico-no che il 90% dei beneficiari ha oppure sta regolar-mente restituendo il prestito, il 9% è stato escusso el’1% è stato messo in mora. Sono dei risultati su cuinessuno avrebbe scommesso prima.

Anche negli altri Paesi il tasso di restituzione riescead essere così elevato?Difficile fare confronti internazionali perché ogniPaese ha un suo modo di interpretare il microcredito.Molto dipende dalla struttura economica, dal tessu-to sociale, dalla rete di connessioni, dal suo modellodi famiglia. Non esiste un modello universale e quin-di non credo che sia possibile paragonare risultati direaltà diverse.

* Flavio Padovan – Direttore Bancaforte - ABI

zioni principali del microcredito in Italia e quellache, al momento, rappresenta la parte più importan-te dei finanziamenti, circa il 70%. L’altra è l’aiutoper l’avvio di un’attività imprenditoriale, più vicinaalla concezione originaria di Muhammad  Yunus,che almeno in Intesa Sanpaolo copre attualmentesolo il restante 30% del totale”.

Quali sfide impone alle banche l’attività di micro-credito?Affrontare situazioni e fenomeni a cui non sono abi-tuate, e che quindi richiedono modelli e approccinuovi, molto differenti da quelli tradizionali. Adesempio, in Intesa Sanpaolo abbiamo deciso di uti-lizzare per il microcredito non tutta la rete sul terri-torio, ma soltanto 125 filiali specializzate con perso-nale che abbiamo formato appositamente, dandoloro consapevolezza del valore sociale dell’attivitàche svolgono. Altra caratteristica del nostro approc-cio è il supporto alle persone richiedenti il prestito.Non è facile per loro motivare le necessità, valutaregli aspetti rischio, spiegare il progetto imprendito-riale che vogliono realizzare, capire se si stanno in-debitando troppo. Non avendo all’interno del grup-po Intesa Sanpaolo personale con una capacità spe-cifica in questo settore e per questi bisogni, nel 2009abbiamo avuto l’idea di sostenere la nascita diun’associazione di ex dipendenti che ci aiutasse inqueste attività. Si è costituita così Vobis, Volontaribancari per le iniziative nel sociale, indipendente dalgruppo Intesa Sanpaolo e aperta a tutti coloro chehanno lavorato in banca. Oggi hanno una rete di cir-ca 220 operatori organizzati territorialmente in tut-ta Italia. Ci appoggiamo a loro, ad esempio, per leattività legate al Prestito della Speranza.

Quali compiti svolgono per voi?Innanzitutto intervistano i richiedenti per fornirciuna valutazione oggettiva, e cioè l’analisi del fabbi-sogno finanziario, dell’efficacia del prestito nel co-prire le esigenze per le quali è chiesto, delle capacitàdella famiglia di uscire dalla situazione di bisogno.Insieme, ci consegnano anche una valutazione sog-gettiva, che va oltre le parole: indagano per capirequal è il vero bisogno al di là di quello espresso, i

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il business casalingo delle brocche di acqua in tanzania

miniera di rubino. Poil’intuizione di rifornired’acqua i commercianti,dal momento che ladomanda di acquapulita a Dar es Salaam èin costante ascesa. Iprimi tre anni di attività

sono stati difficili.Vendere l’acquaservendosi di unserbatoio fuori terra“non era abbastanzaper fare un buonprofitto”, lamentaMpuda. La pressione

nel serbatoio era sempretroppo bassa, el’acquisto di energia eratroppo oneroso perché ilmodello di businesspotesse funzionare.Con un primo prestitodi 500.000 scellinitanzaniani (US $ 360),Ruben ha comprato unserbatoio di acquesotterranee, che gli hapermesso di aumentare il suoapprovvigionamentoidrico. I soldi che ha cominciato aguadagnare in più sonodapprima serviti perpagare il canone mensiledell’energia fornita dalComune per pomparel’acqua al suo nuovoserbatoio. Il redditosupplementare, poi, haanche permesso diprendere in affitto trecamion per la fornituraall’ingrosso di acqua.Prima del prestito,vendeva in media 2.000litri di acqua al giornoper un profitto di soli $7 e ora vende 25.000litri al giorno e raccoglieun profitto di $ 46.

Ruben Mpunda vive aDar es Salaam inTanzania, con la mogliee due figli, in una casacomposta da due stanze,dove si passa, senzasoluzione di continuità,dalla zona notte a quella giorno.Nel suo giardino si trovauna grande vasca di duemetri di altezza graziealla quale si rifornisconodi acqua pulita i gestoridelle attivitàcommerciali nellevicinanze. Quattroclienti sono accanto alserbatoio, con brocchevuote, e aspettanopazientemente il proprio turno.Ruben ha iniziato la suaattività nel 2004, dopodieci anni di lavoro spesiin un hotel, in unafabbrica di birra e in una

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grazie al microcreditol’acqua non ha smesso di sgorgare

rubrica a cura di michele d’onofrio

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alcuna esperienza,Nicole aveva assicuratoil proprietario delnegozio che era unagrande lavoratrice e chenon lo avrebbe deluso.«Dopo tre giorni, midiede le chiavi delnegozio», afferma ora,con malcelata

soddisfazione. «Holavorato in quel negozioper otto anni»aggiunge. Poi, spinta dalsuo spiritointraprendente, Nicoleha lasciato il primolavoro e si è impiegatapresso un sito web chevendeva online

composizioni florealiispirate al designgiapponese, note comeIkebana. In realtàsognava già allora diaprire una propriaattività, ma i costi distart-up erano troppoalti. Fu solo anni piùtardi, poiché anche nelnuovo lavoro era unadelle dipendentimigliori, che si risolse:«Se riesco a fare benepresso le imprese d’altri,perché non mettermifinalmente in proprio?».Nicole sapeva delleopportunità offerte dalmicrocredito allepersone che, come lei,non hanno un capitalené qualcosa da dare ingaranzia. Ha usato ilsuo prestito di $ 2.000,ricevuto da una bancache si occupa proprio dimicrofinanza, periniziare il propriobusiness: ha comprato ifiori ed è riuscita adaprire appena in tempoper San Valentino unapiccola bottega. Laprima giornata dilavoro è stato un grandesuccesso, e il negoziocontinua a lavorarebene. Oggi Nicole è unfulgido esempio diquanto sia gratificantepossedere una piccolaimpresa e lavorare inproprio, e la sua attivitàdi fiorista diventaprofittevole ogni giornodi più.

n negozio di fioriillumina un quartiere eporta sorrisi a tutti.Nicole Pelayo,proprietaria del negoziodi fiori Nikkibana,saluta i passanti con ilsuo sorriso ampio, lamaggior parte di questirestituiscono il gesto confamiliarità. Anche seNikkibana è statoaperto pochi mesi, è giàuna bottega di successo.«Di che colore lopreferisci?» Nicolechiede a un cliente, chesta cercando di deciderequale fiore acquistare.Pare che la fiorista cisappia proprio fare.Undici anni fa, Nicoleha scoperto il suo amoreper i fiori quando iniziòa lavorare presso unfiorista della zona.Anche se non aveva

i Fiori di nicole: un sogno realizzato

2000 dollari per comprare i fiori e aprire in tempo per san valentinoU

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mensile è aumentato,in questo modo, di Rs.2.000 su base mensile.Contestualmente alrimborso del primoprestito, si è avvalsa diun secondo prestito diRs. 20.000, che èservito per prendere inaffitto una casa più

grande per espanderela propria attività. Ilmarito ha lasciato illavoro per aiutare lamoglie, il lorocommercio ècominciato a fiorire e,da allora, hannoiniziato a fare ancheRs. 12.000 al mese. Tre

dei loro bambini sonoiscritti a scuola, mentreil più grande aiuta igenitori nella loroattività. Nel 2005,Nasim Bibi era tra i 16micro-imprenditori disuccesso a cui sonostati conferiti i “Global Micro-EntrepreneurshipAward”, premipromossi dal Fondo disviluppo delle NazioniUnite in collaborazionecon Citi GroupFoundation, HarvardBusiness School eFondo di povertà“Pakistan Alleviation”.

asim Bibi, madre di 4 figli, è una residentedi Farooqabad in Pakistan. Le retribuzionigiornaliere del maritonon sono mai statesufficienti persoddisfare le esigenzedella famiglia. Diecianni, cosí, Nasim fa hainiziato a fare cuscini eguanciali in schiuma, inscala ridotta, persbarcare il lunario. Masenza capitale non erain grado di espanderela sua attività.Mettendo da partetutto il suo scetticismosul finanziamento e sulcredito, ha chiesto unmicroprestito di Rs.10.000, utilizzato perl’acquisto di materieprime per il propriobusiness . Il suo reddito

la microimprenditorialitàpakistana premiatadalle nazioni unite

dai cuscini cuciti a mano all’impresa di famiglia. la scalata all’impresa di una donnaN

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paese, per le quali Kubraha cominciato a venderei prodotti sui mercati diSheikhupura e di Laho-re. Dopo un paio di annisi è sposata e trasferitaladdove venivano pro-dotti i teli ricamati. Ini-

zialmente il marito eracontrario all’idea che lamoglie lavorasse, poi,come il giro di affari ècresciuto, così è cresciu-ta anche la consapevo-lezza che la dovesse in-coraggiare. Grazie al

microcredito, Kubra haprima preso in affitto,poi acquistato un nego-zio, che è divenuto, neltempo, una piccolaazienda. Oltre ad esserestata in grado di coin-volgere la sorella minorein questa attività, assi-cura lavoro a moltedonne della sua zona.Kubra è un esempio didonna emancipata e at-tiva, che ora vende an-che fuori dalle aree rura-li, ed è arrivata fino aquelle urbane di Kara-chi. Occorre un inesau-sto e costante apprendi-mento di nuove tenden-ze e design, se ci si pro-pone di dare concorren-za alle ricamatrici dellezone urbane più evolute.In media, il lavoro diquesta nuova piccola re-altà di imprenditorialitàfemminile genera un fat-turato di Rs. 125.000 almese con un margine diprofitto del 35%. Ulti-mamente si è realizzatoun altro sogno di Kubra,cioè una sfilata di abitida sposa interamenteprodotti nella propriaminuscola azienda. Gliordini dei clienti da Ka-rachi e Lahore non si so-no fatti attendere; oraKubra sta pensando,grazie a un a nuovo mi-croprestito, di prenderein affitto un piccolo ne-gozio in una grande areaurbana., perché diventiil suo showroom.

ubra Asghar proviene dauna famiglia abbastanzanumerosa, composta da2 fratelli e 2 sorelle. Isuoi genitori vivono inPakistan, dove il padre èun agricoltore. Un padreche ha insegnato ai pro-pri figli a perseguire ipropri sogni.Nel 1997, durante unavisita in un piccolo paesesvolta per completare ipropri studi da infermie-ra, ha visto la perizia concui le donne del luogo ri-camavano. Ha consiglia-to alcune modifiche neldesign a una di questedonne, e poi le ha com-prato, con il poco dena-ro che aveva in tasca, iltelo ricamato. Da questoinaspettato incontro ènata la prima collabora-zione fra Kubra e le don-ne di questo minuscolo

nel settore della moda i microprestiticostituiscono un prezioso strumento

in pakistan un esempio di come diventare stilista e aprire uno showroomK

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