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I tanti volti della letteratura neogreca Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo riceve la laurea honoris causa dell’Università di Bologna “Le spose” di Pandelìs Voulgaris sono giunte fino a Roma “Le spose” di Pandelìs Voulgaris sono giunte fino a Roma

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I tanti volti della letteratura neogreca

Il Patriarca EcumenicoBartolomeo riceve la laurea

honoris causa dell’Università di Bologna

“Le spose”di Pandelìs Voulgaris

sono giunte fino a Roma

“Le spose”di Pandelìs Voulgaris

sono giunte fino a Roma

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IN QUESTO NUMEROForoellenicopubblicazione bimestralea cura dell’Ufficio Stampadell’Ambasciata di Grecia in ItaliaAnno VIII - n° 5-2005

In copertina:Odisseas Elitis, Kouros, 1978, collagetratto dal libro di Paola Maria Minucci“Odisseas Elitis, la materia leggera”Donzelli Editore, ottobre 2005

Collaborazione giornalisticaTeodoro Andreadis Synghellakis

ImpaginazioneE.d.S. Realizzazioni Grafiche

Hanno collaborato a questo numeroA. Athanasopoulou, R. Caparrini, P. Cesaretti, D. Deliolanes, M. De Rosa, M. Mondelou, P. Moreno, P. Treccagnoli, G. Vocca

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e-mail [email protected]

e possibile consultare la versione digitale diForoellenico presso il sito internet:www.ambasciatagreca.itdove potete trovare anche informazionisull’attualità politica e culturale della Grecia

4 “Immortalare” la letteraturadi Maurizio De Rosa

5 A colloquio con Giovanni Giovannetti di Teodoro Andreadis Synghellakis

9 Salvino Nucera: l’anima greca del Sud Italiadi Athanasia Athanassopoulou

13 A ciascuno la sua Itacadi Pietro Treccagnoli

15 I poeti greci del novecentodi Maria Mondelou

18 La Grecia, cosa dicono i giornalistia cura di Teodoro Andreadis Synghellakis� Levante: un filo comune di identità� Italia - Grecia ...i “pivot” di un nuovo rilancio culturale

22 Il Patriarca Bartolomeo riceve la laurea honoris causadell’Università di Bolognadi Dimitri Deliolanes

24 Il suggello di un legame storico, tra Grecia e Toscana, radicato nei secolidi Rudy Caparrini

26 Santa Sofia l’architettura della meravigliadi Paolo Cesaretti

29 Il figlio di Cleopatra e di CesareUna sensazionale scopertadi Paolo Moreno

32 Anastasia, la solidarietà senza confini

33 “Le Spose” di Pandelís Voulgaris sono giunte a Roma

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e d i t o r i a l e

Quando tutto è poesia

“ALL’INIZIO la luce E l’ora primaQuando le labbra ancora nel fangosperimentano le cose del mondo …”

All’inizio la luce. Ed i poeti. Il “logos”, la parola nell’espressione più alta dell’ “essere” uomo.La Grecia e la luce. La nostra Grecia, che nelle osterie ha cantato le strofe di due premi Nobel per la letteratu-ra, liberando l’anima della loro poesia, tutt’altro che facile.La Grecia: terra aspra; che sorride alla vita sussurrando versi di Giannis Ritsos,versi che rispecchiano convivenze struggenti di elementi dolorosi, sempre e comunque in un inno di libertà ebellezza.

Paese di grandi contraddizioni e di sorprendenti potenzialità, la nostra patria. E questonumero di Foroellenico, rivolgendosi come sempre a chi la Grecia la conosce bene o semplicemente la ama,torna a sottolineare, questa volta con la poesia, il ritratto di un Paese che sta costruendo un futuro solido manonella mano con la propria storia.

“Voglio far si che la poesia torna ad essere sentita ed anche vista”, scriveva Ritsos affidando la sua “Sonatasotto la luce della Luna” agli artisti che hanno portato i suoi versi sul palcoscenico. Ed è grazie a grandi com-positori come Mikis Teodorakis e Manos Hatzidakis che in Grecia la poesia ha viaggiato, con le ali della musi-ca, nel quotidiano della vita di intere generazioni.

Sono poesia anche le riflessioni del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, quando a Bologna, nel ricevere lalaurea honoris causa, ha parlato della protezione dell’ambiente e del Creato… “di questo piccolo mondo, il gran-de...”, come scrive Elitis nella sua Genesi in Dignum Est.

Così come è lecito considerare poesia le parole del collega Giancarlo Spadoni, caporedattore della trasmissio-ne di Rai 3 Levante: “...è l’essere prigionieri di un sogno, di una speranza, quello che ci accomuna davveromolto…”, dice nel definire i legami tra la Grecia e l’Italia.

Inoltre, in questo numero della rivista, la forza della solidarietà nel ponte di speranza tra il nostro Paese e laSicilia, dove i medici dell’Ismett di Palermo hanno regalato ad una piccola paziente greca un organo nuovo e lapossibilità di sorridere ancora.

E ancora, Hagia Sofia, il miracolo dell’architettura bizantina: la mostra che riproduce i disegni originali del gran-de tempio dell’Ortodossia è un poema dedicato all’ armonia. E suonano come dei versi gli appunti del registaPandelís Voulgaris, scritti nel corso delle riprese del suo Le spose, un film sull’immigrazione, “i viaggi infiniti deiGreci... viaggi della necessità - viaggi dell’anima, perché gli uomini sono i luoghi”.

Poesia. Perché alla nostra vita è necessaria. O solo perché, come scriveva il poeta della mia infanzia (confes-so che non riesco a ricordare l’autore o l’opera ma solo i versi): “spesso quando parlo del sole mi si impiglianella lingua una grande rosa, rossa. Ma non mi è possibile fermarmi…”

Buon anno e buona lettura Viki Markaki

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L’idea di realizzare un’edizione fotografica sulla let-teratura greca contemporanea è nata alla fine del2000 durante una cena nella casa pavese diGiovanni Giovannetti, noto come il “fotografo degliscrittori” (suo il più grande archivio fotografico diletterati in Europa).A questa cena, oltre a Giovannetti e a Maurizio DeRosa, partecipava anche l’editore Nicola Crocetti,che con la sua collana “Aristea” di narrativa e ivolumi di poesia (comprendenti in tutto una settan-tina di titoli, che si arricchiscono senza sosta) hacontribuito come nessun altro a far conoscere laletteratura greca moderna. All’inizio, il progettoprevedeva la realizzazione di un calendario contredici fotografie di autori greci viventi. Ben presto,il calendario si è trasformato in un libro con centofotografie e un testo storico sulla letteratura grecadell’ultimo mezzo secolo.Nell’edizione finale di Voci dall’agorà, le fotografiesono diventate centocinquanta, a cui occorreaggiungerne altrettante di autori classici reperite inarchivi pubblici e privati in Grecia e a Cipro.Quanto al testo storico, esso si è ampliato a com-prendere tutta la letteratura greca a partire dal1880, anno della svolta poetica di Palamàs, finoalle voci più recenti. Il viaggio per realizzare la foto-storia della letteratura greca del ventesimo secolo,come è stata chiamata, è cominciato alla fiera dellibro di Francoforte, nel 2001, anno in cui la Greciaera Paese ospite.In seguito è continuato ad Atene, soprattutto, maanche a Salonicco, a Rodi, a Creta e a Cipro, loca-lità in cui l’obiettivo di Giovanni Giovannetti haripreso gli scrittori nel loro ambiente. Scopo dellibro era dare un volto alla letteratura in greco delsecolo scorso. Una presenza importante è costitui-ta dagli autori greci ciprioti, mentre agli autori delladiaspora è dedicato un capitolo apposito, dove si

cerca di mettere in luce l’importanza del loro ruoloe il posto speciale che essi occupano nell’ambitodella produzione letteraria ellenofona.Per quanto riguarda le fotografie di autori classici,come già accennato, esse sono state reperite daarchivi fotografici pubblici e privati, e questo spie-ga perché nella fotostoria il pubblico troverà parec-chio materiale inedito persino in Grecia.

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“Immortalare” la letteratura

Viaggio nella cronostoria della letteratura greca del XX secolo attraversocentocinquanta fotografie raccolte per la prima volta in un volume

Letteratura

“Voci dall’ Agorà”, ovvero la letteratura neogreca per immagini. Un’iniziativa a cura di Maurizio DeRosa e Giovanni Giovannetti. Traduttore di molti romanzi dal greco in italiano e viceversa, stu-dioso di letteratura neogreca il primo, fotografo di grandi personaggi del mondo letterario ilsecondo. Un progetto unico nel suo genere, che si è potuto concretizzare grazie al sostegno del-l’editore Nicola Crocetti. Il volume è stato presentato alla Fiera Internazionale del Libro di Torinoe continua a riscuotere grande interesse. Fotografie e testo storico, immagini reperite negliarchivi e scattate nel corso di un “tour professionale” in tutta la Grecia. Ce ne parlano gli autori,sempre più convinti della bontà della loro iniziativa.

Ghiorgos Seferis a Ghèrasa nel 1953

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Le foto seguono passo passo il testo storico, che cercadi registrare tutte le tendenze della produzione lettera-ria greca contemporanea con un occhio di riguardo perl’ultimo ventennio. In questo senso, l’autore non esita ascommettere sui nomi di giovani autori, a volte relativa-mente poco noti anche in Grecia, di cui la critica sioccuperà spesso in futuro.Completare Voci dall’agorà ha richiesto molto impegnoda parte dell’autore e del fotografo (l’ultimo viaggio èstato realizzato nel marzo del 2004, alla vigilia dellaFiera del libro di Torino, dove pure la Grecia era Paeseospite).La passione di Maurizio De Rosa per la lingua e la let-teratura greca, e quella di Giovanni Giovannetti per lafotografia sono state determinanti per superare tutti gliostacoli di questa produzione. Quando si parla di arte edi cultura il mondo è molto più grande di quanto forsesiamo abituati a pensare. Per comprendere il villaggioglobale (ammesso che qualcuno voglia farlo) non ci sipuò limitare alle risposte o al modo in cui le domandevengono formulate dagli esponenti dei ‘grandi centri’ lin-guistici - che sono spesso anche grandi centri econo-mici.Quanto allo spazio occupato dalla letteratura greca inItalia esso è ancora limitato ma occorre tenere presen-te il punto dal quale si è partiti. Quando, nell’ormai lon-tano 1992, ho cominciato a occuparmi di letteraturagreca moderna partendo dai miei studi classici, il mate-riale disponibile era praticamente zero.

Oggi, dopo tredicianni, il passo avan-ti compiuto dall’edi-toria italiana èenorme. Certo, c’èancora molto dafare. In questi anniil sostegno delgoverno greco edell’Unione euro-pea è stato prezio-so.L’auspicio è cheesso non venga amancare, come dapiù parti si paven-ta”. Il libro è uscitonel maggio del2005 ed è distribui-to nel circuito libra-rio italiano.Le centocinquantafotografie di autoricontemporanei comprese nel libro, più altre cinquanta,sono state altresì presentate durante la mostra fotogra-fica “Alla luce delle Muse” realizzata a Torino nel mag-gio del 2004 durante la Fiera del libro.

Maurizio De Rosa

Il protagonista principale di questo lavoro è stato senzadubbio Maurizio De Rosa, con le sue conoscenze spe-cifiche sulla Grecia e la sua letteratura. Anche se,ovviamente, si è trattato di un lavoro in comune, “a quat-tro gambe”, si potrebbe dire. È stato possibile incontra-re duecentocinquanta scrittori e macinare migliaia dichilometri, grazie alla grande complicità intellettuale eprofessionale che è nata tra noi. Perchè oltre al grandeprogetto editoriale, c’era dietro la passione e il sensodella sfida. Io ho vissuto senz’altro di stimoli, riuscendoad apprendere continuamente cose nuove, malgrado laGrecia mi sia familiare, anche con i suoi scrittori.Stavolta sono riuscito a conoscere il vostro paese DaNord a Sud, da Est a Ovest. Vorrei farvi una domanda:esiste un’altra lingua con uno “strumento” di consulta-zione come questo? La risposta è no, nessun’altra almondo. Si tratta di un dato, un fatto incontestabile. Mipiacerebbe andare avanti, con lavori di questo generesu altre letterature, visto che con Crocetti ho realizzatoanche un libro fotografico sulla poesia italiana del ’900.In quel caso, tuttavia, abbiamo scelto il banco e nero,mentre per la Grecia abbiamo anche foto a colori. Misento di dire che questo libro sul vostro paese è statauna faticaccia epocale anche se ben ripagata dalle sod-

disfazioni. Abbiamo lavorato negli archivi pubblicidell’Elia, ed anche nell’ archivio Sokolis, una fonte ine-sauribile, grazie anche alla sua letteratura greca in piùvolumi. Il lavoro più capillare, poi, è stato quello di casa

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A colloquio con Giovanni Giovannettifotografo ed editore

in copertina il poeta Ghiannis Ritsos

Anghela Kastrinaki a Chanià, isola di Creta

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in casa. Non volevamo assolutamente un libro“paludato”. Raccontiamo anche la vita, ad esempiocon Apostolidis e la foto del battesimo a Skyros,Anagnostakis al servizio militare, Tsirkas, Vàrnalise Papaioannou a tavola , o la Liberaki in cucinache aiuta la figlia a fare i compiti. Partiamo da fine‘800, con le foto scelte negli archivi, con Palamàs,quindi, per arrivare fino ad oggi. Con un forte sbi-lanciamento ( quasi un terzo del libro) sui contem-poranei viventi.

Quante difficoltà e quante sorprese?

Il lavoro è filato liscio come l’olio. Non ci sono statirifiuti, nessuno si è negato. Sevogliamo trovare l’immagine piùstrana, più particolare, si potrebbefar cadere la scelta sulla foto dicopertina, con Yannis Ritsos venten-ne: ha il cilindro e i baffetti, può ricor-dare addirittura Charlie Chaplin.Contrasta sicuramente con il Ritsos“signore per bene”, che ho conosciu-to. Un’immagine molto potente edefficace. Ma penso anche alla parti-colarità di Seferis ed Embeirikos, cheerano entrambi fotoamatori moltobravi.

Qual è l’immagine complessiva dellaletteratura neogreca che ti porti den-tro, dopo questo viaggio?

Voglio essere sincero: la lingua è sicu-ramente un ostacolo, ma negli ultimi

anni molto è stato fatto. Non tutto quello che si pote-va fare, ma l’Ekebì - il centro Greco del Libro - hamolto contribuito ala promozione della lingua grecaall’estero. Penso agli esempi della Francia e dellaGermania. Personalmente credo che sarebbemeglio subordinare i contributi alle traduzioni allatiratura ed alla promozione di ogni libro, come adesempio fa il Canada. Gli editori devono investirenella promozione, con la presentazione dell’autore eper quanto riguarda le copie, che a mio avviso, nondevono essere inferiori a duemila o almeno milleot-tocento. In Italia, conosciamo bene nomi comeKavafis, e di recente, Markaris, ma non basta.

Esperienze e impressioni particolari al termine deltuo viaggio in terra ellenica?

La Grecia è parte del mondo ed io sono abituato alavorare sugli scrittori a tempo pieno. Ho forse il piùgrosso archivio fotografico di letteratura al mondo.Mi sento di dire che in Grecia, la storia, ha avuto econtinua ad avere, un peso molto forte. Ho volutoconoscere gli scrittori giovani per poter raccontare laloro vita ad Atene, ed ho trovato casi molto interes-santi. Un’autore, Tsamiotis, l’ho pubblicato io stessoin Italia. Potrebbero forse conquistarsi uno spazioancora più ampio, facendo tuttavia sempre i conticon la storia, e con “mostri sacri”, come LaMitropoulou, Matesis, la Sotiriou e soprattutto i poeti.Visto che la poesia, nel vostro paese, è tornata alivelli di eccellenza. Solo per fare qualche nome, vor-rei citare Vlavianòs, Fostieris, Vaghenàs, Koropoulis,Leondakis, e, dei precedenti, Sachtouris, Valaoritis,Sterghiopoulos. Molti, sono stati presentati dalla rivi-sta “Poesia” di Nicola Crocetti e dai libri da lui pub-blicati. Un contributo di fondamentale importanza ilsuo, di vero “ponte” tra Italia e Grecia. E natural-mente, dalla nostra fatica, non poteva mancare laletteratura cipriota, che è come un fiume carsico, colquale si deve fare i conti continuamente, ad ognipasso. Due nomi per tutti: Charalambidis tra i poeti ee Savvas Pavlou tra i narratori.

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Elitis e Iulita Iliopulu

Kostula Mitropulu

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Salvino Nucera scrive in dialetto o del dialetto dellasua terra: poesie, racconti, saggi, articoli. La suaarte ha in sè il dono della comunicazione diretta,dell’esperienza, della disposizione filosofica. Nellesue poesie, il tono è molto spesso confidenziale edil destinatario delle sue confessioni, è, solitamente,una donna. Nelle sue tematiche prevalgono l’amo-re, la solitudine, l’amore per la natura, assieme alsuo atteggiamento inconsolabile verso la morte ela mancanza di qualunque tipo di riferimento a Dio.Elementi che fanno emergere il suo aspetto “paga-no”. Più di ogni altra cosa, però, la passione per lasua terra, l’ansia per la lingua, il forte legame conle sue radici, conferiscono alla sua poesia il carat-tere vero dell’ arte popolare.La donna, come essere, come presenza e assen-za, è un punto di riferimento stabile della sua poe-sia, come anche la nuda terra, per rammentarci ilnostro futuro ritorno all’inconsistenza e come invo-lucro ospitale delle nostre radici, culla della nostrarinascita. Il riferimento a un luogo, di solito si con-cretizza con la sua terra d’origine, o nelle localitàdella Grecia. Il tempo viene definito dalla descri-zione del paesaggio, dalle caratteristiche delle sta-gioni dell’ anno, o non viene determinato affatto.Per la poesia di Salvino Nucera, quello che conta,è il momento: il momento dell’incontro, il momentodella separazione, del fantasticare. Il tempo vieneimmobilizzato attraverso dei momenti, con i quali simisura la vita umana. Attraverso descrizioni appa-rentemente semplici e la nostalgia, al termine dimolte strofe, fa la sua comparsa la riflessione filo-sofica, l’angoscia esistenziale, la sensazionedolce-amara di una vita, che malgrado tutte le suedifficoltà, è di un valore inestimabile ed esiste soloquì. Dalla sua filosofia poetica, manca solo la fedecristiana in una vita dopo la morte.Il suo materiale poetico, costruito coi mezziespressivi essenziali di una lingua di agricoltori,diventa strumento per esprimere gli stati d’animoin una grande varietà di sfumature e viene pla-smato passando per contrasti: da una parte la luceed il buio, la felicità, il contatto con la natura e conl’amore, dall’altra il dolore della privazione, dellamalinconia, del prendere coscienza del nostro pro-cedere solitario.Nella sua poesia coesistono tranquillamente laluce del giorno ed il crepuscolo suggestivo, il soleed il buio assoluto.la lingua semplice di Salvino Nucera va a formareuna struttura tanto solida da rendere impossibile ilcambiamento dell’ ordine dei sui elementi , poichè

potrebbe crollare tutto. Parallelamente, il poeta escrittore mette in risalto tutta la ricchezza etimolo-gica, grammaticale e sintattica di questo dialettogrecanico, e quindi la sua opera, oltre al valoreartistico intrinseco, costituisce anche un motivo distudio di questa lingua, che è stata, come dice luistesso: “…per secoli l’unico veicolo espressivo”1.A titolo esemplificativo, riportiamo i titoli da lui scel-ti: agapao na grapso (antimetatesi delle consonanti)Chalònero (χαλω′ = ο′ νειρο , sogno svanito). Comeanche le parole: pricada (πικρα′ δα, amarezza) echu-si, fèrusi, pulusi, (–σι la desinenza del verbo allaterza persona plurale) pote (= ο′ ταν , quando) pose(= ο′ πως, come) esone (= συνε′ βαινε, succedeva),okkiàlo (occhiali, dall’italiano) culùri (= dalla parolaitaliana colore) o pappùmu, (da παππου′ ς , nonno,caduta della –ς della desinenza e unione del prono-me possessivo con la parola), canena mai lei (frasenegativa con una e non due negazioni).Lui stesso si occupa della traduzione in italiano,pubblicata assieme alle sue poesie e ai testi inprosa in dialetto grecanico.Questo orientamento fisso verso la tradizione non

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Salvino Nucera: l’anima greca del Sud Italia

1 S. Nucera, Chalònero, Vibo Valentia, Qualecultura,1993,traduzione in italiano di S. Nucera, traduzione in greco:Athanasia Athanassopoulou.

il poeta e studioso Salvino Nucera

Salvino Nucera: l’anima greca del Sud Italiadi Sissy Athanassopoulou - neogrecista

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significa che Nucera non adotti elementi delmodernismo, come ad esempio l’ abolizione dellarima e l’introduzione di elementi prosastici.Nel romanzo intitolato Chalonero, con lo stessostile essenziale, racconta in terza persona la vitadei fuorilegge, dei ricercati, che per parte dellesocietà della Calabria, possono essere visti comeuna specie di eroi. Il riferimento, indiretto maaltrettanto chiaro, è alle “famiglie” del crimine cherecentemente hanno quasi monopolizzato la cro-naca.Attraverso ritmi narrativi lenti, come quelli della vitanella sua terra, pone in rilievo la struttura patriar-cale, il particolare codice d’onore, il ruolo dell’ami-cizia, come anche un atteggiamento passivo, la

disposizione fatalistica delle persone verso la real-tà che altri hanno creato.

«…Onèrevje mia mera na pai pu ito o pàtritu mesastu ffilu. En ècanne nipote na to cami na ene.

Acomì amèni, onerèvji.Pis inscèri an izì na ghenastì t’ònero oppure

tooo…Ònera, ònera ti ghenondo asce nicta ce chalan-nondo me tin imera…»

«....Sognava, un giorno, di occupare, in mezzo agli“amici”, il posto di suo padre.Non faceva nulla perchè questo potesse accadere.Ancora aspetta, sogna.Chissà se sarà vivo quando il sogno si realizzerà,oppure no....Sogni, sogni che si fanno di notte e si disfanno conil giorno…»2.Da anni ormai insiste nello scrivere e parlare la lin-gua dei suoi avi, spinto da un bisogno naturale esenza nessun fine nascosto. Senza clamore, umil-mente, evitando il piano del folklore, cerca di sal-vare la cultura che gli è stata tramandata sapendoche “... ο Εϕια′ λτης θα ϕανει′ στο τε′ λος κι οι Μη′ δοιεπιτε′λους θα διαβου′νε”. [che sbucherà da ultimoun Efialte/e i Persiani finiranno per passare]3.

2 Introduzione sul Chalònero,Vibo Valentia,Qualecultura,1993.3 Κ. Καβα′ ϕη, Θερµοπυ′ λες C.Kavafis,Termopili, tradu-zione in italiano: Tino Sangilio.

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ll volume di Salvino Nucera e Ettore Castagnasulle tradizioni culturali calabresi

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Il desiderio di ritrovarsiA colloquio con Salvino Nucera

Professore, Le vorrei chiedere dove e cosa inse-gna.

Da quasi sei anni insegno materie letterarie nellascuola media “Corrado Alvaro” di Siderno (ReggioCalabria)

Da quando ha cominciato a scrivere e cosa hapubblicato fin ora?

Ho incominciato a scrivere sui banchi di scuola,durante l’assenza di qualche insegnante nei primianni settanta, forse prima. Le opere pubblicatesono:a) Agapao na graspo (amo scrivere). Marra edito-

re, Cosenza, 1987b) Dialoghi greci di Calabria. Baruffa editore,

Reggio Calabria, 1988c) Sapori antichi della Calabria greca. Pontati edi-

tore, Reggio Calabria 1996d) Chalònero (Sogno infranto).Qualecultura editri-

ce, Vivo Valentia, 1993e) Sette canzoni orientali. Pontati editore, Reggio

Calabria, 1999f) Chimàrri (Rivoli). Qualecultura editrice, Vibo

Valentia, 1999

Quali sono di solito i Suoi temi? Visto che nellaSua poesia non ci sono riferimenti politici, Le vor-rei chiedere la Sua opinione per quando riguardala “poesia politica”.

Gli argomenti che mi ispirano sono l’amore insenso lato, l’amore per tutte le cose belle dell’esi-stenza, per tutto ciò che è bello. Mi infonde sereni-tà, felicità voluttuosa. Altri argomenti sono la natu-ra in tutte le sue manifestazioni, i problemi sociali.Non sono presenti nei miei scritti né argomentipolitici, né religiosi, perché ne ho scarsa cono-scenza e non sarei in grado di trattarli con suffi-ciente padronanza.

Scrive sempre nel dialetto? Se si, perchè?

Ho iniziato a scrivere e ho continuato per un po’ ditempo in lingua italiana, qualche volta anche invernacolo calabrese. Solo quando ho acquisitouna discreta padronanza della sintassi e del lessi-co greco-calabro ho incominciato a pensare ed ascrivere. Naturalmente, credo, ne abbiamo guada-gnato la musicalità, il ritmo, l’armonia del linguag-gio a discapito della forma italiana. È il risultatodesiderato.

Quale è il Suo rapporto con la Grecia e la lette-

ratura greca? Crede che ci sia un rapporto traquello che scrive Lei e l’opera dei poeti greci?Quale è il Suo poeta o scrittore greco preferito?

Il mio rapporto con la Grecia è ottimo sin dallaseconda metà degli anni settanta del secolo scor-so. Somiglia a quello di un’amante lontana per cuisi prova un fortissimo desiderio di vicinanza, di con-vivenza e la distanza rende ogni volta più forte ildesiderio di ritrovarsi. Ho letto molte opere poetichedi autori greci moderni e classici. Più volte la lorolettura è stata fonte di ispirazione. Tra di essi mi hasempre affascinato, calamitato Saffo, ma non moltodi meno Alceo, Pindaro, tutti gli altri lirici classici;ma anche Solomos, Seferis, Kavafis. Non conoscogli scrittori contemporanei e me ne dispiace.

Che rapporto c’è tra il grecanico e il dialetto puglie-se?

L’unico rapporto che io riesco a cogliere, forse frut-to della mia modesta conoscenza, è l’originecomune, la stessa madre patria, ma la stratifica-zione linguistica credo sia diversa. Il linguaggiogreco-calabro mi sembra più integro, meno stor-piato o smozzicato, più comprensibile e con moltilemmi diversi dal grico-salentino. Non riscontroaltro rapporto.

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Platèise greca? Parli greco?1

Racconto in grecanico-italiano di Savino Nucera

1) E. Castagna - S.Nucera, Sette canzoni orientali, Reggio Calabria, ed. Giuseppe Pontati, 1999

Calocèri tu 1964 o 65, den mu sinèrkete calà.Immo mbèonda stu pprevìteru jà na pao ambròme tin scolà. Àfica to spìtimu, te mmerìemu tu ffì-lumu me tu ppiu ècama tosse zimìe ce ejàna stoRighi. To èthela egò, canèna mu ipe ti o ìpiga, oìpiga.Ito o mina tu àgustu. Ola ta pedìa pos’emmèna tiìssai me tu pprevìteru ta pìrai (ciòla emmèna) stinoscìa jà ena mmina ìghio. I merìa cràzeto«Cucuddàro», ligo plen cato anden Gambàrie.Ìmmaston ecì asce ligo. kérò san mia vradìa, posepèzame òscíu, irthe ena ffilo ce ghèlonda muipe:-Ègua andin addin merìa ti se thèlusi.-Pios ene ti me theli? – tu aròtia egò pù den àminacanèna. Jà mia strammàda m’epèrae sti nnuàticandì asce àcharo.O filomu apàndie panda ghelònda:-Den iscèro pios ene, me ègua, trèsce!Ejàna porpatònda glìgora, ma en èthora canèna tiannòriza. Ligo macrìa asc'emmèna iche enan pre-vìtero c'enan pedì giùveno pu eplatèguai ismìa.Po’ mu ivre o prevìtero mu ècrasce na pao ecì. Sanejàna ecì condà ipe:-Echi tundo filo ti theli na platèspi ligo methèsu.

Era l’estate del 1964 o 65, non ricordo bene. Eroentrato in seminario per proseguire gli studi. Avevolasciato la famiglia, i luoghi del mio paese, gli amicicon i quali combinavo tanti guai ed ero andato aReggio. L’avevo desiderato, nessuno me l’avevaimposto.Era il mese di agosto. Tutti i ragazzi che erano inseminario erano stati condotti (me compreso) perun mese intero in villeggiatura, in montagna.La località si chiamava «Cucullaro», nei pressi diGambarie. Eravamo lì da pochi giorni quando unasera, mentre giocavamo all’aperto, giunse unamico e sorridendo mi disse:-Vai dall’altra parte (del caseggiato) che ti vogliono.-Chi mi vuole? - Chiesi con voce preoccupata, nonaspettavo nessuno. Per un attimo mi balenò inmente qualche cosa di spìacevole.L’amico mi rispose sempre sorridendo: - Non so chisia, ma vai, spicciati!Andai velocemente dove mi aveva detto ma nonvedevo nessuno che conoscessi. Mi fermai e pocodistante c’erano un prete ed un giovane che con-fabulavano. Accortosi di me, il prete mi invitò adavvicinarmi e quando fummo di fronte mi disse:-C’è questo amico che vorrebbe parlare con te

Middalo pricìo

Mìddalo pricìo ene to chùmamaden to scerome ma ghirìzome

to addismònima.Addazi colùri i arghìdda tu kerùasce màstora cosmico ftiamèni.Mìddalo glicìo ene to chùmamaena mmeli ti thorùme stin imèra.

Icòne ti den nnorìzonde èchusi t’astramenome crimmèni sce merìe macrìe.

Mandorla amara

La nostra terra è una mandorla amarasenza saperlo ne cerchiamo l’oblio.

Muta colore l’argilla del tempotornita da un vasaio cosmico.

La nostra terra è una mandorla dolceun miele che ritroviamo nel giorno.

Le stelle hanno disegno inconoscibilirimaniamo acquattati in luoghi lontani.

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Mas asciàfike manachì.O giùveno scèno den ito poddì spilò. Iche maddìacastanà, ritsa, dio arthàmmia megala, lamburistàce àsciunna. Eplàtespe ja protinò, pos iche:-Esù isso o Salvatore, Turi o Turiddu? - Ipe me miafonì cathari, glicìa, de chamiddì, de spilì. C’egò:-Me canèna asce tuta nòmata me cràzusi ecìni timu annorìzu - tu apàndia me fonì ftinì ce me t'ar-thàmmia chamiddà ρυ ecanunèguai pis iscèri ρυ jàtin dreposìmi.-Ce ρο’ se cràzusi ecìni ρυ se annorìzusι′? Sonnoegòe?...-Manè. Me cràzusι′ Salvino.-Ah, Salvino. Ce pose?... Egò cràzome Giòrgio.Giorgio Baròne ce immo ando Righi. Salvino esùisso ando Richùdi, en alι′ thìa?-De! Egò immo ando Chorìo tu Richudìu.--Ce den ene to stesso chorìo?-De! - Tu apàndia me fonì stenì.--Pu steki ì differenza? Scèrise na mu ta ìpise?-Echi megàli differenza, ma den scero na sas ta ipo.-Sto chorìosu platèite greca. Tuto en alìthia? - Ejàiambrò o Giorgio.-Alithìa. I megàli, ì jèri, spithìa methèsto platèusigreca.-Esù den to platèise? - Mu aròtie o Giòrgio. C'egò:-De, egò den to platèo.-Jatì den to platèise? - Ècame apìstefto o àddo-se.-Jatì den to scero. Den scero na νalo ismìa taloghìa.-Allora to capèise olo!-Capèo tossa pràmata ma den olo. O Giorgio muaròtie acomì:-Sto spìtisu den platèise greca? platèlatèi canènàgreco? - Den ambròmmu.-I mànasu ce o pàtrisu to scèrusi!-Pι′stèguo ti to scèrusi. Cathe tosso cunno tì pla-tèusi me tus addu pu to platèggu càgghι′o para tudialèttu.-C’esù pos’ècamese na mathèise na to capèspi-se?-San immo ple cèddi i nònnamu mana tu pàtrimupu èsteke ismìa methèma sto spiti,san tin ècannana lι′ssèthi mu ètreche apìssu ce eplàtevvje pandagreca. Den ene otu manachò ti èmatha na to capè-spo ma àcunna òsciu ando spiti ecìni pu to platèg-guai.San etègghioa o Giorgio ejài ambrò otu:-To scerise tι′ i glossa pu platèite sto chorìosu cesce adda chorìa ene mia megàli glossa ce palei?-De, den to scero. O càgghio scero ligo asc’ecìnopu èmatha, san arte, aρànu sta biblìa.-Ene mia glossa tι′ en echι′ na chathì, echì nasicothì ston kerò pos’èkame nsina sìmera. Esùce ola ta pedìa fola essèna ti pàite ambrò me tiscola èchete na ti mmathèite calà ja na sòite natì mmathèite stus addu tin den tin scèrusi. Ènemegàli amartìa an chànnete. Arte ègò echo napao. Condofèrro adda vaggi c'esù èchise na mumathèise onòmata ce lòghia otu pos ta scèrise.

Ci lasciò soli. Il giovane sconosciuto non era moltoalto. Aveva capelli castani, ricci, due grandi occhiintelligenti. Parlò per primo come avrebbe dovuto.- Tu sei Salvatore, Turi o Turiddu? - Disse con vocechiara, suadente, nè alta nè bassa. Ed io:- Non vengo chiamato con nessuno di questi nomida quelli che mi conoscono - risposi con voce fiocae con gli occhi bassi che fissavano chissà cosa perla timidezza.-e con quale nome ti si rivolgono quelli che ti cono-scono? - Riprese lo sconosciuto - Posso usarloanch’io?-Certamente. Mi chiamano Salvino.-Ah Salvino. e come?... Il mio nome è Giorgio.Giorgio Barone e sono di Reggio. Tu, Salvino, inve-ce sei di Roghudi, vero?-No! io sono di Ghorìo di Roghudi.-e non è lo stesso paese?-No! - Gli risposi con voce flebile.-Dove sta la differenza? Me la sapresti spiegare? -C’è una grande differenza ma non so spiegarla.-Nel tuo paese parlate greco. Questo è vero? -Andò avanti Giorgio.-Vero. Gli adulti, gli anziani spesso tra loro parlanogreco.-Tu lo parli? – Mi chiese Giorgio. Ed io:-No, io non lo parlo.-Perché non lo parli? Ti vergogni? - Chiese incre-dulo l’interlocutore.-Perché non lo so. Non so costruire correttamenteuna frase.-Allora lo capisci tutto!-Capisco molto ma non tutto. e Giorgio chieseancora:-a casa tua nessuno parla greco? -Non in mia presenza.-i tuoi genitori lo conoscono...-Immagino lo conoscano. Di rado li sento parlarecon quelle persone che ancora conoscono meglioil greco del dialetto.-e tu come hai fatto ad imparare a capirlo?-Quand’ero bambino mia nonna paterna che vive-va con noi in casa ed ero affidato alla sua vigilan-za, quando la facevo disperare mi rincorreva sgri-dandomi sempre in greco. Non è stato solo cosìche ho appreso a comprenderlo, ma ascoltavofuori casa quelli che lo parlavano.Quando conclusi la mia spiegazione, Giorgio andòavanti:-Lo sai che la lingua parlata nel tuo ed in altri paesiè molto antica ed importante?-No, non lo so o meglio so quel poco che ho impa-rato finora sui libri.-È una lingua che non deve scomparire, deve con-servarsi nel tempo come è successo sino ad oggi.Tu e tutti i ragazzi che avrete un’istruzione dovreteapprenderla al meglio per poterla insegnare acoloro che non l’hanno appresa. Sarà un granpeccato se scomparirà. Adesso io devo andare.Tornerò altre volte e tu devi insegnarmi in greconomi e frasi così come li sai.

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Econdòfere adda viàggi o Giorgio na platèspimethèmu. M'ècanne na ipo ena noma ce m’ecìnona camo ena llogo ìghio. Èlega «spomì»: «To spomì ene sto furro». Ce adda otu. _Giòrgio mu aròtie tote:-Jatì mu ìpese ti den scèrise na platèspise? Enespèmata.-Tuto den en platèspi. Ene cùndura lòghia ti sònni-se ipi manachòssu, san èchise kerò na ta ftiàse.Den sònnise platèspi me tus addu otu.-Echi na ene pò llèghise esù - ipe o Giòrgio.San condofèrrise sto chorìosu ste jortè ce to calo-

cèri èchise na ghirìese na platèspise m’ecìnu puscèrusi tin glossa. Otu ti sònnise mathèi calà. Tocànnise?-Manè, tu apàndia, ma den scero posso iton ì alì-thia. Ciòla an ito ghennìonda tι′candì asce cjinùτioossu sc'emmè ecìndo mina tu àgustu egò den toìscera, acomì.Sta chrònia pu immo me tu pprevìteru irthe addavι′àggi o Giòrgio na mu cheretì. Oramài ìmmastoghenastònda fili. Panda mu ròtinne pos ìpighe togrècomu, panda tu apàndegua: «Calà». En ito i alì-thia; adda pràmata perànnai tote andin nuàmu, tapramata olò to ppedìo.O Giòrgio sìmero, nuà ftinì, canni tossa pràmata.Poddì ton annonzúsi pose «Patri Nilu» mònacogreco ti meni sto monastèro tu Bivòngi.

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Fu di parola e ritornò diverse volte Giorgio a parla-re con me. Mi faceva dire un nome in greco e conquello costruire una frase intera. Dicevo «pane»:«Il pane è nel forno» o altre frasi del genere. AlloraGiorgio mi chiese:-Perché mi hai detto che non sapevi parlare? È unabugia! - Questo non è saper parlare. Sono brevifrasi che puoi ripetere a te stesso, quando hai tuttoil tempo per costruirle in modo corretto. Non puoidialogare con gli altri in questo- modo.-Dev’essere come tu dici - osservò Giorgio.-Quando rientrerai al paese durante le vacanze _in estate devi cercare di parlare in greco con quel-li che conoscono la lingua. Soltanto così la potraiapprendere bene. Lo farai?-Sì - risposi, ma non so quanto fosse sincera la miarisposta. Anche se fosse nato qualcosa di nuovo.dentro di me in quel mese di agosto, io non ne erocosciente, ancora.Negli anni che rimasi in seminario le visite di Giorgio,per salutarmi diceva lui, non mancarono mai. Oramaieravamo diventati, forse, amici. Ogni volta mi chiede-va come procedeva il mio apprendistato del greco ela mia risposta era sempre la stessa:-Bene!Non era vero. Altri pensieri affollavano allora la miamente, quelli di tutti gli adolescenti.Giorgio oggi, mente sopraffina, svolge varie attivi-tà. Molte persone lo conosceranno come «PadreNilo», monaco greco dell’Athos che vive nella«monì» di Bivongi.

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La Grecia contemporaneamente paga lo scotto dellaletteratura più antica del mondo occidentale. Pagatant’altro, ma riceve in cambio moneta sonante dalturismo. Chi è tornato da una vacanza nelle Cicladi,o sta per avventurarsi nel Dodecaneso, sa che nonsi può resistere alla malìa del mare abbagliante edell’ouzo in una taverna dalle sedie azzurre, ma nongli sarà risparmiata la leggenda classica locale. Aparte le indiscutibili Itaca, Delos, Delfi e pure l’acro-poli di Atene, a Ios cercheranno di vendervi la tombadi Omero, a Skyros il porto dove approdò Achille, aKefkas la rupe che fu fatale a Saffo. Vero o falso, èbello crederci.La Grecia paga anche lo scotto di avere una linguache nessuno parla (quella di Platone e di Eschilo)e che all’estero ancora si studia e di parlare unalingua, il dimotikò, che nessuno conosce, a partegli immancabili parakalò e kalimèra, strumenti fàti-ci, più che pratici. Semplificando, è un po’ comeaccade per gli italiani con il latino. Se si sta prepa-rando il proprio grosso grasso viaggio greco, nonsi può pensare quindi solo a folleggiare tra i vico-letti della chora e sulle spiagge dardeggianti inattesa dell’apparizione di un demone meridiano.[...] Chi ha ancora fresche in testa le versioni delliceo ha solo l’imbarazzo della scelta: un classicovale l’altro. I più volenterosi possono viaggiare con

Erodoto, il primo giornalista del mondo occidenta-le, seguendo le suggestioni dell’ultimo RyszardKapuscinski.Il paese di Zeus, poi, ha avuto visitatori illustri escriventi prima ancora che vi approdasse il soffe-rente Virgilio, e innamorati cronici prima ancorache Byron lanciasse il proprio cuore oltreMissolungi. Per questo, tra i tanti si può scegliere Ilcolosso di Marussi (Adelphi) di un irrefrenabileHenry Miller (sì, proprio quello dei Tropici) che visi-tò isole, paesotti e periferie, mescolando antico emoderno con gli occhi di un americano pentito,oppure Mani di Patrick Leigh Fermor, un dandyinglese che dagli anni Quaranta vive a Kardamili(dove è seppellito Bruce Chatwin), all’ingressodella penisola del Mani, a sud del Peloponneso,uno dei luoghi più fascinosi e meno battuti dal turi-smo di massa e dai giovanotti che, come SilvioMuccino, continuano a chiedersi che ne sarà diloro. Un solo consiglio: non lasciatevi contagiaredal virus del nomadismo. Prima o poi vi toccheràtornare a casa.Il vero volto della Grecia che ogni turista, viaggiatoreo nomade della domenica vede è però quello chehanno saputo raccontare lungo tutto l’ultimo secolopoeti e scrittori, i cui libri troppo raramente hannoattraversato lo Ionio. Per averne un quadro anche

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A ciascuno la sua ItacaIl sogno del grande viaggio dall'Odissea a Kavafis conquista illustri scrittori ma anche anonimi turisti

A ciascuno la sua ItacaIl sogno del grande viaggio dall'Odissea a Kavafis conquista illustri scrittori ma anche anonimi turistidi Pietro Treccagnoli

il poetaGhiannis Ritsos

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visivo c’è la fotostoria della letteratura greca delNovecento che Maurizio De Rosa ha pubblicato,sotto il titolo Voci dall’agorà, per la Effigie conGiovanni Giovannetti. Un volume in cui scorrono,come in un film, i volti di pressoché tutti gli autori delnuovo Olimpo ellenico. Più che una storia letteraria èun archivio insostituibile per chi volesse stabilire unprimo contatto con la cultura della Grecia moderna.Procedendo a ritroso, e soffermandosi solo su auto-ri tradotti in italiano, c’è il Camilleri greco che rispon-de al nome di Petros Màrkaris: anche lui sceneggia-tore per il cinema e collaboratore di Anghelòpulos,scrive dei gialli ambientati in una Atene molto noir,nella quale deve cavarsela il suo eroe, il sofferentee ironico commissario Kostas Charitos, la cui letturapreferita sono i dizionari. I romanzi pubblicati in Italiada Bompiani sono tre: Ultime della notte, Difesazona e Si è suicidano il Che. Se avete un po’ più dipazienza, potete anche trovare L’età eroica di StratisHaviaràs, pubblicato dalla Feltrinelli qualche annofa, ma che riesce a raccontare come pochi il dram-ma della guerra civile. Ancora più difficile procurarsiPandora, l’ultima traversata di Vangelis Georgoudis(edita dalla defunta Marietti): ma è un incontro rarocon Skyros, tra le isole meno devastate e quindiancora frequentabile che la Grecia riesce a regala-re alle nostre estati.Vasilis Vasilikòs è ricordato quasi solo come l’au-tore di Z. L’orgia del potere (Bietti), dal qualeCosta-Gavras trasse il film omonimo sul colpo diStato dei colonnelli, con Trintigrant e Montand. Maval la pena leggere anche Una storia d’amore(Crocetti) e soprattutto La foglia (Sellerio), chedescrive un rapporto erotico-botanico, surreale eiperreale. Anche Nikos Kazantzakis è noto in Italiapiù per meriti cinematografici (altrui) che letterari(propri). Dal suo Zorba il Greco, nel 1964, MichaelCacoyannis tirò fuori il celebratissimo film conAnthony Quinn che balla il sirtaki di MikisTheodorakis, e nel 1988; Martin Scorsese trasseda L’ultima tentazione di Cristo l’omonimo film conWillem Dafoe. E il suo Gesù umano troppo umanofece più scandalo di quanto fosse necessario.

La compagnia più adatta ai pomeriggi di soleè quella della poesia. E nel Novecento laGrecia ne ha prodotto molta e di rara qualità.Tra tutti spiccano sicuramente i due Nobel,Ghiorgos Seferis e Odysseus Elitis, sempresospesi tra eredità classica e bizantina, politi-ca e contemplazione. Più impegnato di tutti fucertamente Yannis Ritsos che dalla sua pic-cola e ora turisticissima Monemvassia partìper vivere in prima persona le lotte di unsecolo martirizzato dai totalitarismi. La veravoce, apparentemente più sommessa, masicuramente la più forte è quella di

Konstantinos Kavafis, l’uomo che da Alessandriad’Egitto agli inizi del Novecento, rivoluzionò la poe-sia moderna, non solo del suo paese. Di sue anto-logie ce ne sono tante, edite da Einaudi,Mondadori, Passigli e Adelphi. E forse, per chi va asfidare le onde dell’Egeo non c’è miglior viatico deisuoi tre versi più famosi: “Itaca ti ha dato il bel viag-gio, / senza di lei mai ti saresti messo / in viaggio:che cos’altro ti aspetti?”

tratto dal quotidiano “Il Mattino”, 26 agosto 2005

Elitis e Mikis Theodorakis allametà degli anni ‘70

Konstantinos Kavafis

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Il convegno organizzato a Palermo,dedicato ai “Poeti Greci delNovecento” è stato l’occasione perl’incontro di noti cattedratici, italiani egreci, docenti di Letteratura Neogreca.Per due intere giornate, il 9 e 10novembre, professori, studiosi e poetihanno avuto la possibilità di presenta-re le loro ultime ricerche sulla poesianeogreca, di fornire nuovi approcci cri-tici, di leggere poemi.Il convegno, organizzato dalDipartimento di Studi Greci, Latini eMusicali “Aglaia” dell’Università diPalermo, dal Ministero Ellenico dellaCultura e dall’Associazione Nazionaledi Studi Neogreci, ha avuto trentatrepartecipanti. Tra loro, i titolari delle cat-tedre di Lingua e Letteratura Neogreca delleUniversità italiane, come Lucia Marcheselli (Trieste),Paola Maria Minucci (Roma), Massimo Peri(Padova), Renata Lavagnini (Palermo), AlkistisProiou (Roma), e i loro colleghi delle Università gre-che. Ma anche il presidente dell’AssociazioneNazionale di Studi Neogreci, Mario Vitti, il direttoredel Dipartimento “Aglaia” dell’Università di Palermo,Salvatore Nicosia, il direttore dell’Istituto Siciliano,Vincenzo Rotolo, i poeti Titos Patrikios, MichalisPierís e Charis Vlavianos, il direttore dell’IstitutoItaliano di Cultura ad Atene, Giulio Molisani, la con-sole generale di Grecia a Napoli, Eleni Livaditou, edal Ministero Ellenico della Cultura, AlkistisSoulogianni. Da parte dell’Ufficio Stampadell’Ambasciata di Grecia a Roma siamo statianche noi invitati a partecipare, avendo cosi la pos-sibilità di seguire i lavori e le loro conclusioni.Tanti i relatori e le discussioni che hanno animatoil convegno. Mario Vitti, nel suo intervento “Il tra-duttore incontra i poeti”, ha sottolineato che “non-ostante il grande piacere che possiamo trarre fre-quentando i poeti, è consigliabile non illuderci dipoter carpire i segreti della loro poesia ascoltandole loro spiegazioni. La poesia sa difendere la suafascinazione e per fortuna fa resistenza non solonei riguardi dei critici, bensi talvolta anche dei poetistessi”. “A che cosa serve frequentare i poeti?” si èinterrogato, dando lui stesso la risposta: “Dubitoche possa servire, e se capita che si stabilisca unrapporto di confidenza, probabilmente avvienecome in tutti i rapporti di amicizia, per una certaaffinità, per una certa attrazione o in virtù di ungenere di simpatia. Qual che per me è semprestato inconcepibile è invece un rapporto impari tra

due persone. Tipo io e Kazantzakis, io eSikelianos, io e Varnalis. C’era, a mio modo divedere, una assoluta incompattibilità. La miaincompattibilità con i personaggi degli anni 1910,come Kazantzakis etc., era dovuta indubbiamentead una distanza generazionale. Con i poeti deglianni 1930 era diverso. Si trattava di persone anco-ra giovani che scherzavano volentieri a spese dichi si atteggiava da poeta. Erano restii a parlaredella loro opera, cosi come si tacciono certi parti-colari della vita di coppia. Mai Nikos Gatsos mi haparlato della sua poesia. Rarissimamente, e a miarichiesta, Elitis mi ha parlato della sua poesia.Salvo nel caso in cui io ne avessi proprio bisognoper ragioni di lavoro, e soltanto ai miei esordi”.Con l’obiettivo di far risaltare “la profonda affinità chelega i tre poeti neoellenici, Elitis, Ritsos e Vrettakos”e superare “vecchie classificazioni di storia letterariache differenziano il caso di Elitis da quelli di Ritsos eVrettakos, Eratosthenis Kapsomenos ha evidenzia-to i codici culturali comuni dei tre poeti. Ha sostenu-to che “l’analisi profonda dell’opera dei tre poetimostra che essi hanno codici valutativi comuniriconducibili ad un modello culturale unitario. E alcu-ne caratteristiche che sono state considerate distin-tive del gruppo consacrato come “generazione deglianni 30”, come ad esempio l’accostamento tra avan-guardia e tradizione, costituiscono in realtà un feno-meno piu ampio che caratterizza generalmente ilperiodo tra le due guerre”.Paola Maria Minucci, parlando di “Elitis e l’artefigurativa”, ha indicato che “la pittura, come luce,colore, sintesi compositiva è una delle componen-ti essenziali della personalità artistica di Elitis, diun poeta che è anche pittore ma che, prima anco-ra di dipingere i suoi quadri, i suoi collages, è

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“I poeti greci del novecento”Il convegno svoltosi a Palermo in onore di Vincenzo Rotolo

di Maria Mondelou

Poeti e neogrecisti partecipano alla tavola rotonda

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riuscito a dipingereattraverso la suapoesia (“pittorica”per eccellenza), seè vero che l’alfabe-to base che usa èquello delle equiva-lenze, sopratutto incampo visivo... Ilsuo sguardo siposa su pittoricome Cezanne,Matisse, Paul Klee,Picasso, Lèger,Braque, Modigliani,De Chirico, maanche indietro neltempo, su Pierodella Francesca, edanche, con unosguardo affettuosoalla comune patriad’origine, Lesbo,sul grande pittore

Theofilos. Elitis è sempre pronto a cogliere queglielementi che sente familiari e che costituisconoanche il suo linguaggio interiore, la sua, come laloro, visione e filosofia del mondo...Sono questistessi valori che costituiscono il divisore comunetra Elitis, poeta e pittore, e Theofilos, Matisse,Picasso e il cubismo, Lèger, Braque etc. Dal 1948al 1951, Elitis è a Parigi dove conosce da vicinomolti letterati e artisti: Reverdy, Breton, Eluard,Tzarà, Jouve, Char, Mirò, Ungaretti, Picasso eancora, grazie a Tèriade, Lèger, Chagall,Giacometti e Matisse”.Nella sua analisi sulla presenza del mito nella poe-sia di Seferis e Ritsos, Lucia Marcheselli ha sotto-lineato che “la critica seferiana si è concentrata alungo e diffusamente sul mito in Seferis”, mentre“meno approfondita appare l’analisi critica del rap-porto di Ritsos con la mitologia”. Analizzando ipoemi Αργοναυ′ τες di Seferis e Το χρυσο′ µαλλοδε′ ρας di Ritsos, la Marcheselli indica che “il mito,che per Seferis è carne e sangue, tanto da costi-tuire una costellazione svincolata dai riferimentipuntuali a personaggi ed eventi – in cui gliArgonauti di ritorno dalla Colchide si confondonocon i reduci della guerra di Troia e Socrate si sosti-tuisce a Tiresia-, per Ritsos sembra diventato unpuro riferimento metaforico, tanto piu astrattoquanto piu attento ai riferimenti puntuali”. Si chiede“che cosa sia l’“aureo martirio” di cui l’argonauta silagna e si gloria” nel poema di Ritsos e mostra chel’interpretazione non può essere tutta politica. “Laspecificicità di Ritsos prigioniero, nel tempo e nelluogo dato, non è quella di essere un comunista.La sua specificità potrebbe essere, se mai, quelladi essere un poeta, molto noto nel suo ambiente emolto conscio della sua importanza”.Il declino e la sopravvivenza della poesia politica

sono state analizzate dal poeta Titos Patrikios, ilquale ha indicato come “la letteratura e la poesiapolitica o politicizzata intervengono nei processisociali per la formazione del futuro”. Sostenendoche la poesia politicizzata ha avuto un ruolo assairilevante in Grecia che ha patito la dittatura deicolonnelli, ha dimostrato che continua a sopravvi-vere a causa dei nuovi conflitti nel mondo sociale,politico e nel mondo psichico. Citando il caso diPasolini, di Anagnostakis, di Leivaditis, diVrettakos e altri, ha dimostrato la necessità dellapartecipazione dello scrittore nella vita politica esociale e l’influenza dei versi nel mondo politico,anche se “nessun verso oggi può rovesciare i regi-mi” come ha scritto lui stesso in un poema.In una intervista immaginaria di un editore a unaneogrecista sulla diffusione della poesia greca delNovecento, Caterina Carpinato ha sottolineato che“negli ultimi anni si sono moltiplicate le traduzioni diprosa e poesia neogreca, creando uno spiraglio tra-mite il quale filtra uno spiffero dell’altra Grecia. Lapoesia di Kavafis ha, da decenni ormai, un numerosempre crescente di lettori ed anche i nuovi narra-tori greci sembrano essere apprezzati dal pubblicoitaliano”. Ha spiegato che “la letteratura neogrecanon è comunque molto conosciuta in Italia, perchele traduzioni letterarie dal greco in italiano, non par-ticolarmente numerose, vengono spesso pubblicateda editori che non hanno la forza di lanciare sulmercato i loro prodotti, sia per gli alti costi della dis-tribuzione sia perchè non ricevono una particolareattenzione dalla stampa”. Ha identificato come pos-sibili lettori della letteratura neogreca “tutti coloroche hanno frequentato o frequentano i licei italiani,gli appassionati di letterature “esotiche”, chiunqueabbia un briciolo di curiosità intellettuale, i “sosteni-tori” delle vacanze in Grecia, e certamente i cultoridi poesia, perchè le 154 poesie riconosciute diKonstantinos Kavafis hanno un gruppo di fedelissi-mi lettori, perchè Ghiorgos Seferis ed OdisseasElitis sono stati insigniti del premio Nobel, perchèGhiannis Ritsos è anche un’icona politica, perchè ilgreco è una lingua geneticamente politica”.Soffermandosi sull’eccezionalità che il “casoGrecia” continua a rivestire a proposito del connu-bio fra musica e poesia, Gaia Zaccagni si è riferitaall’Επιτα′ ϕιος di Ghiannis Ritsos e di MikisTheodorakis, “che rappresenta una svolta al con-tempo poetica, musicale, politica e sociale”. Hamostrato che “l’esperimento “Epitafios” ha inaugu-rato il filone del cosidetto ε′ ντεχνο τραγου′ δι (lacanzone d’autore che segue nel solco della tradi-zione), aprendo cosi la strada ad una lunga seriedi cicli di canzoni, che sposano felicemente i versidei piu grandi poeti greci del passato e del pre-sente (Ritsos, Seferis ed Elitis, ma anche Kalvos,Solomos, Sikelianos, Vrettakos, Gatsos, e contem-poranei come Michalis Ganás), con le note ed iritmi della musica popolare greca”.Molto significativi gli interventi che hanno messo aconfronto poeti a coppie, come hanno fatto

Il libro di Paola Maria Minucci“Odisseas Elitis, la materia leggera”,Donzelli editore

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Michalis Pieris per Ritsos e Montis eCristina Stevanoni per Elitis eSeferis. La Stevanoni ha dimostratocome sia problematica l’attenzioneche Seferis rivolse al giovane poetaOdisseas Elitis, nel corso delle dueconferenze, tenute, rispettivamente,ad Alessandria d’Egitto (giugno1941), e al Cairo (febbraio 1944):benevola dapprima, ma non priva dirisvolti ambigui, alla fine sfocia addi-rittura in una sentenza drastica, chedichiara conclusa, nel periodosegnato dalla guerra in corso, l’espe-rienza della generazione cosidettadel ‘30.Il poeta Nikiforos Vrettakos è stato

presentato “a più voci”, tra cuiAntonia Sofikitou che ha evidenzia-to lo spirito religioso nella sua poe-sia, Eleftheria Giakoumaki, con un’analisi sulla sualingua e parola, e Gilda Tentorio che ha parlato del“ritorno negato nel primo Vrettakos”.Oltre che per la rilevanza scientifica, il convegno èstato anche l’occasione di rendere onore all’operadel professor Vincenzo Rotolo ed alla sua attività distudioso della letteratura neogreca. In particolareper quel che riguarda le questioni della lingua edella poesia neogreca. Titolare dal 1968 della cat-tedra di Lingua e Letteratura Neogreca presso laFacoltà di Lettere dell’Università di Palermo, haanche diretto per molti anni l’Istituto di FilologiaGreca dell’Università di Palermo, e dal 1992, inseguito alla scomparsa del fondatore dell’IstitutoSiciliano di Studi Bizantini e Neoellenici, Prof.Bruno Lavagnini, gli è stata affidata la presidenzadell’Istituto. Tra le tante onorificenze che gli sonostate assegnate, la laurea honoris causa dalleUniversità di Atene e di Cipro, la nomina a sociocorrispondente dell’Accademia di Atene edell’Accademia Pontaniana di Napoli.Un convegno fecondo da molti punti di vista. Per itemi proposti anche in maniera non prevedibilevent’anni fa, che hanno condotto i partecipanti adiscutere di poesia e di politica, sulla relazione deltraduttore con i poeti, sul ruolo della musica nellapoesia, sulla pittura nella poesia. Nella tavola roton-da La poesia greca degli anni Trenta oggi, i tre poetiPatrikios, Pieris e Vlavianos hanno discusso con iprofessori Rotolo, Vitti, Minucci e Peri sul contribu-to della generazione letteraria degli anni Trenta,indicando le sue differenze rispetto alle generazio-ni più giovani e parlando della loro conoscenza ecollaborazione con i poeti degli anni Trenta.Due le mostre fotografiche, inaugurate nell’ambitodel convegno. Quella intitolata “Poeti greci delNovecento nelle foto di Mario Vitti”, tratta dal suoarchivio personale, è stata una rara e inedita scel-ta di foto che ritraggono i protagonisti della vita let-teraria greca dal secondo dopoguerra in poi,come i poeti Seferis, Elitis, Vrettakos, e i critici

Katsimbalis, Dimaras, Savidis ed altri, da lui per-sonalmente conosciuti e frequentai in Grecia e nelresto d’Europa. Vitti ricorda: “nel 1949 cominciai aritrarre Seferis e altri poeti greci, e anche alcuniitaliani, Ungaretti, Quasimodo; o protagonisticome un principe delle lettere qual eraKatsimbalis, il mitico “Colosso di Marussi”, eroe diHenry Miller nell’omonimo libro. Le prime foto diElitis, a Parigi e poi a Roma (1951), furono scat-tate in un clima di grande allegria, in gioco sceni-co di scanzonata giovinezza. Di tutt’altro climasono quelle di Seferis nella Atene dei colonnelli,ottobre 1968; non certo allegre, ma oltremodo effi-caci perchè aprivano una parentesi di treguadurante una discussione imbarazzante e accesache riguardava il suo silenzio di fronte alla dittatu-ra. Servivano a sdrammatizzare. La discussioneera andata avanti pre tre lunghe mattinate, scan-dite da numerose fotografie”.La seconda mostra “Nikiforos Vrettakos, La Greciae l’esilio”, tratta dall’archivio del figlio KostasVrettakos, dedicata ad una delle voci più forti dellapoesia greca del Novecento. Le foto documentanoalcuni tra i momenti piu salienti della sua vita, dallapartecipazione alla seconda guerra mondiale sulfronte d’Albania ai viaggi e ai contatti con gli altripoeti e scrittori greci, al volontario esilio in Svizzerae poi a Palermo, dove soggiornò negli anni 1970-1974, durante il regime militare in Grecia. Vrettakosvenne a Palermo nella primavera del 1970, dovetenne una lezione per gli studenti del corso diLetterarura neogreca, invitato da Vincenzo Rotolo.Il clima, anche umano, e il paesaggio della Sicilia lofecereo sentire a casa. Fu cosi che Vrettakos si sta-bili a Palermo, dove abitò dal 1972-1974, collabo-rando alla redazione del Dizionario greco moderno-italiano.Il convegno ha altresi messo in evidenza per unavolta ancora, che l’Italia, insieme alla Spagna,offre l’esempio più alto per quel che riguarda glistudi greci al livello europeo.

Ghiorgos Seferis, foto di Mario Vitti 1967

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Una trasmissione che unisce le due sponde dell’Adriatico e dello Ionio e non solo. Levante, in onda ognisabato alle 11.30 su Rai Tre, presenta i tanti rapporti dell’Italia con i Balcani ed il Mediterraneo orientale. Sindalla sua nascita, nel 2003, il programma, realizzato dalla redazione della testata giornalistica regionale diBari, ha dedicato particolare attenzione alla Grecia, sia all’aspetto economico, che alle influenze culturali:dal griko parlato in Puglia fino alle zone montuose dell’Epiro ed alla via Egnazia. Un interesse sempre cre-scente, con la chiara intenzione di dare un’immagine lontana da stereotipi e meri itinerari turistici. Ne par-liamo con il caporedattore Giancarlo Spadoni, che insieme a Pino Bruno è curatore di “Levante”.

Levante: un filo comune di identità

Quali sono i punti di principale interesse dellavostra trasmissione e da quale angolazione guar-date alla Grecia?

Innanzitutto nasciamo come un programma chenon può prescindere dalla collocazione geograficadi Bari e dalla sua storia, non solo recente, comeautentico punto di approdo al mondo che stavadall’altra parte dell’Adriatico. Per guardare quindialle tematiche frutto della recente cooperazioneinternazionale ed europea, ma anche a quei lega-mi di carattere culturale, sociale, religioso, chehanno unito le due sponde. Diamo spazio a tuttequelle piccole e grandi comunità, che esistonoancora su tutte e due le sponde dell’Adriatico eche mantengono vivo, al di là degli interessi eco-nomici, questo filo comune di identità. Per quantoriguarda la Grecia, abbiamo cercato di affrontarenon solo i grandi eventi culturali, ma anche gliargomenti di reciproco interesse dei nostri duepaesi, per un percorso comune nella crescitaeuropea. Non abbiamo mancato di sottolineare i

grandi successi delle Olimpiadi, ci siamo soffer-mati sulla Scuola Archeologica Italiana di Atene,sui vari corridoi progettati o già realizzati, che rap-presentano un intreccio ovviamente economico,ma anche di carattere culturale. Ci siamo inoltreinteressati ai riti e le tradizioni del Natale e dellaPasqua ortodossa, ma anche alla superstradaionico-greca che propone delle vere meraviglie diingegneria. Quello che vogliamo, è proporre nondegli itinerari solo turistici, ma dei servizi che pre-sentino le tappe dei vari processi di sviluppo e dicooperazione. Più recentemente abbiamo parlatodello lo stilista greco Aslanis, e, sempre attenti aldialogo religioso, abbiamo dato spazio alla visitadel Patriarca Ecumenico Bartolomeo a Bologna. Cisono ancora molte cose da scoprire, poco note algrande pubblico. Per esempio la regione di Mani,nel Peloponneso, ancora sconosciuta al turismo dimassa, dove secondo la leggenda, si è consuma-to il primo atto della guerra di Troia. E da ultimoabbiamo esaminato anche la storia dell’isola diRodi, dove ci sono molte memorie e testimonianze

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La Grecia ...cosa dicono i giornalisti

A cura di Teodoro Andreadis Synghellakis

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della presenza degli italiani. Dopo l’8 settembre del1943, proprio nelle isole del Dodecanneso, ci fuuna sorta di Cefalonia dimenticata. Possiamo direquindi che il nostro non è stato un occhio distratto,su quello che rappresenta oggi la Grecia. Già daiprimi numeri della nostra rubrica, ci siamo soffer-mati anche sulla musica del rembetico, su tuttoquello che rappresenta un patrimonio condiviso econdivisibile per il futuro. Tenendo conto del fattoche anche gli scambi commerciali si basano sem-pre su un ancoraggio culturale, lontano negli anni.

Cosa si può fare per incrementare ancor di più laconoscenza reciproca tra l’Italia e i paesi delLevante?

Quando facemmo la nostra scommessa, con l’ap-poggio del direttore Angela Buttiglione, siamo par-titi un po’ come Riccardo Cuor di Leone,senza sapere che tipo di riscontro avremmotrovato. Poi il tempo ci ha dato ragione sullabontà dell’idea, poichè è cresciuto, non solol’interesse verso la trasmissione in sè, maverso i temi che affrontiamo, verso un mondoche è sempre più vicino, con tutte le barriereche vengono abbattute. Bisogna quindi pro-seguire su questa strada, con programmi chelanciano un ponte, che permettono a noi diguardare dall’altra parte, ma anche viceversa.Credo che lo spazio ancora da coprire, connuove iniziative, è davvero grandissimo.

A cosa è più legato tra tutte le realtà cheavete esplorato in Grecia?

È innanzitutto una questione di radici. Io sonosiciliano e sento che c’è tutto il mondo che ciunisce. Penso alla mia città, al Teatro Greco diTaormina, ma anche ad un certo modo di guar-dare alla vita. L’essere prigionieri, a volte, di unsogno, di una speranza, credo che ci accomu-ni davvero molto. Più che un posto in particola-

re, mi affascina questo cammino cheparte da basi comuni e che può svi-lupparsi sempre di più.

I vostri progetti per le prossime pun-tate?

Continueremo a muoverci sempretra la cronaca e l’approfondimento, ascandagliare tutto quello che è ilnostro bacino, e la Grecia costitui-sce, ovviamente, una terra d’elezio-ne. Anche perchè in questi anni, ilvostro paese è andato arricchendosidi un bene che non è facilmentequantificabile: il poter respirare un’a-ria di grandissima apertura culturalema anche economica, che è servitamolto anche agli altri paesi che siaffacciano su questo nostro mare. Èuna realtà, una caratteristica cheaiuta il comune sentire e l’avvicina-mentio reciproco. Non bisogna poi

dimenticare che siamo terre d’immigrazione esiamo di conseguenza più attrezzati per capire,comprendere, rispettare l’altro. Con una maggioresensibilità verso questa grande dinamica che èinscritta da sempre nelle regole del mondo.

Un’arrichimento a cui evidentemente può contri-buire anche la televisione....

Quello che stiamo riscontrando, in questi anni,quando andiamo dall’altra parte dell’Adriatico, e cipresentiamo come Levante, è che abbiamo inmano un biglietto da visita che non pensavamofosse così apprezzato e conosciuto. Vuol dire cheil messaggio arriva, che riusciamo a narrare quel-lo che sta succedendo e questo è il risultato chepiù ci riempie di soddisfazione.

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“Ho indubbiamente un vantaggio e uno svantag-gio. Conosco innanzitutto il vostro paese ancheattraverso un matrimonio, che mi ha aiutato a capi-re realtà sia sociali che comportamentali dei greci.Lo svantaggio è che non essendo corrispondente,ma inviato speciale, passo molto del mio tempofuori dalla Grecia, in Medio Oriente, in Turchia e inaltri paesi, dovendo seguire un’area abbastanzaestesa e complicata. Tuttavia, anche questo puòdiventare un vantaggio: il fatto di non essere conti-nuamente ad Atene, mi permette di assaporarequelle che sono le novità. E di novità in questi annice ne sono state tantissime, alcune davvero esal-tanti, altre sicuramente interessanti. In fondo,quando si torna, si trova sempre qualcosa dinuovo. Il connotato della Grecia, in questi anni, èstato il verificare che ad ogni ritorno aveva sempreda offrirmi qualcosa di nuovo.”

Quali sono gli esempi che ci potresti fare?

Innanzitutto c’è un aspetto estetico. L’ Atene che hoconosciuto quando sono arrivato quì per la primavolta, negli anni ’80, durante il governo Papandreou

e poi con il caso Koskotàs, era un paese molto vita-le, ma anche molto confuso e disordinato: penso altraffico, alla città che era meno “seducente” di quan-to non sia oggi. Quello che mi faceva arrabbiare èche tanti monumenti - un centesimo dei quali in unpaese come la Germania sarebbe stato esaltato inmodo magistrale - quì non veniva trattato con lanecessaria cura. Devo dire che tutto questo è cam-biato. Anzi, l’esaltazione del patrimonio culturale -visto che questa è stata la culla della democrazia -credo che abbia restituito ad Atene il suo valore,come faro della cultura nel mondo. Il secondoaspetto che mi ha molto colpito, è quello politico.Volevo rifarmi a ciò che scrive lo storico AntonisLiakos, su quello che è successo, appunto, dopo ladittatura, la quale, non scordiamocelo, ha congela-to lo sviluppo di questo paese per sette anni.Possiamo dire che ci sono stati almeno tre uominiche hanno rappresentato le svolte. Non ho cono-sciuto personalmente il presidente KostantinoKaramanlìs, ma ho avuto la possibilità di incontrar-lo,insieme ad altre persone. Ho potuto però cono-scere personalmente gli altri due protagonisti di

questi passaggi politici. Andreas Papandreoue Costas Simitis. Come diceva Liakos,Karamanlìs ha dato a questo paese la suapulsione europea, anzi, ha voluto questopaese in Europa, e la Grecia è potuta entrarenella Cee. Papandreou ha dato voce a quellaparte della società che voce non aveva, miriferisco a coloro che erano al di sottodell’“aristocrazia greca” che era stata, sino adallora, alla guida del paese. È nata quindi unasolida media-borghesia. Con Simitis, seguen-do Liakos, che mi trova perfettamente d’ac-cordo, dopo anni caratterizzati anche da unadose di demagogia, abbiamo avuto l’esattocontrario. Un uomo prudente, uno studioso,poco incline a cedimenti verso la cultura del-l’immagine, per ridare maggiore tranquillità alpaese, nel periodo dell’ingresso nella zonadell’Euro e della presidenza dell’Unione euro-

Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera per la Grecia ed il Medio Oriente, ha parteci-pato all’incontro-dibattito “Italia - Grecia, con lo sguardo dei giornalisti”, organizzato ad Atene, il 24novembre, dall’Associazione degli studenti greci laureati in università italiane, a cui hanno presoparte anche Fulvio Morroni,corrispondente dell’agenzia Ansa per la Grecia e Cipro, DimitriDeliolanes, corrispondente in Italia della televisione pubblica greca Net, e Nikos Roumeliotis, diRadio Città Futura. Abbiamo chiesto all’inviato del Corsera di parlarci delle sue tante esperienze per-sonali e professionali e di come vede il paese e la città dove ha scelto di vivere per la maggior partedell’anno.

Italia - Grecia...i “pivot” di un nuovo rilancio culturale

La Grecia ...cosa dicono i giornalisti

Antonio Ferrari

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pea. Dopo di che è arrivato l’attuale governo, conl’ascesa al potere di giovani, che non hanno nientea che fare con il passato, se non per ragioni fami-liari: intendo il primo ministro Kostas Karamanlìs,ma anche George Papandreou nel partito sociali-sta, seppur con delle difficoltà.

Hai avuto l’occasione di intervistare il primo mini-stro Karamanlìs. Cosa ci puoi dire?

Devo dire che ne ho avuto un’ottima impressione,soprattutto per due ragioni. È innanzitutto un uomodi cui non leggo l’arroganza, e questo direi che èuna dote naturale, è un uomo, direi, sereno. Durantel’intervista, abbiamo parlato del segnale che ha datola Grecia durante la campagna elettorale, con unclima sereno appunto, nonostante le accuse che ènormale si scambino i candidati. Anche nei confron-ti delle forze di sinistra più marcata comeSynaspismos ed il partito comunista, da parte diKaramanlìs c’è un atteggiamento attento, non cedeall’ insulto o al dileggio dell’avversario politico. Que-sto è un elemento di novità e si riallaccia al ringio-vanimento della classe politica, che credo sia vitaleper ogni paese. In questa fase, bisogna poi cercaredi mantenere per quanto possibile il Welfare State,procedendo però verso quelle riforme, che stannoavvenendo più o meno dappertutto. Il suo richiamoad Adenauer, mi sembra estremamente interessan-te, il richiamo, cioè, al “mercato sociale”. Mi sembraun riferimento coraggioso, fatto da un conservatore,in questo momento difficile, per tutti i paesi europei.Vorrei aggiungere un connotato umano, che locaratterizza per la sua simpatia: ricordo che dopo lavittoria della Grecia agli Europei di calcio, mi hadetto: “non le posso dire cosa è successo quandosono entrato nello spogliatoio”. Pare che anche lui sisia messo a cantare, con grande entusiasmo.Questo connotato spontaneo, coniugato ad unatteggiamento che trovo molto responsabile, ne faun personaggio assolutamente positivo.

E dal punto di vista strettamente umano, qual’è latua Grecia, come mai hai scelto di viverci?

Tanto per cominciare, perchè mi sono sposato conuna greca, che non è poco. E poi anche per il lavo-ro, visto che seguendo il Medio Oriente, è moltopiù comodo partire da Atene. Vorrei però fare altredue considerazioni: tra i nostri due paesi c’è statosempre uno stretto rapporto, migliaia di studentigreci hanno studiato e si sono laureati in Italia,anche se ora la loro presenza è calata, forse acausa delle riforme universitarie o di una nostramancanza di appeal. Voglio dire che dal punto divista culturale si può fare molto. Perchè nel rap-porto speciale che hanno questi due paesi, la cul-tura costituisce indubbiamente il punto di riferi-mento principale. Entrambi sono due musei e quin-di il terreno d’incontro è vastissimo, con la culturagreca che si è saldata a quella romana. Dal puntodi vista sociale ed economico, certo, auspichereianche degli altri piccoli miglioramenti: rafforzare

ancor di più le strutture del turismo, ed evitare chei prezzi di alcuni ristoranti e bar alla moda - noncerto le taverne- salgano eccessivamente. Matutto sommato, l’immagine finale, è quella di duepaesi fratelli, che non potevano che avere tra loroun rapporto privilegiato. È una caratteristica che siportano dentro tutti e due i nostri popoli.

Hai delle idee, delle proposte, su come conoscer-ci reciprocamente ancor più a fondo e per poterintensificare gli scambi culturali?

Voi spesso dite che non conosciamo abbastanza lanuova letteratura greca. Ed in effetti, a livello di edi-tori, a parte il nobile sforzo di Crocetti, non è statofatto molto, ci vorrebbe un maggiore impegno. Èanche vero però, che oggi in Italia c’è uno scrittoregreco conosciuto, con buone vendite: PetrosMarkaris, con i suoi romanzi polizieschi. Credosopratutto che negli scambi non ci debba esserenessun tipo di supponenza. Perché a volte i grecihanno l’impressione di venir trattati dagli italiani conun po’ di supponenza, e qualche volta, viceversa. Sequesto si potesse superare, io penso che lo scambiosarebbe ancora più esaltante. Riuscendo ad intensi-ficare gli incontri tra intellettuali, tra scrittori, maanche tra la gente, che non siano solo quelli fugge-voli di una vacanza in Grecia. Con conferenze suquestioni concrete, non per forza celebrative o auto-celebrative, per discutere insieme delle cose cheuniscono, ma anche delle cose che dividono.Nell’ambito mediterraneo, Italia e Grecia, potrebberoessere davvero i pivot di un nuovo rilancio culturale.Credo molto a questo tipo di dialogo, con Atene eRoma come battistrada.

Petros Márkaris ad Atene

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“Una grande occasione di conoscenza e di dialogocon il massimo esponente della spiritualità del cris-tianesimo orientale”. Con queste parole il rettoredell’Università di Bologna Pier Ugo Calzolari haintrodotto la spettacolare cerimonia in onore delPatriarca Ecumenico Bartolomeo, che si è tenuta il19 novembre a Ravenna. Con unanime decisionedel Senato accademico, al primate delle chieseortodosse è stata conferita la laurea honoris causain Scienze ambientali ed in Conservazione deibeni culturali.La cerimonia, accompagnata dai salmi del CoroBizantino di Lykourgos Anghelopoulos, si è tenutaa Ravenna (dove ha sede la relativa facoltà), in unluogo carico di significati: nella maestosa basilicadi San Vitale, proprio sotto lo sguardo severo del-l’imperatore Giustiniano e di Teodora, ritratti inmosaici splendidamente conservati, sopra ilsacrario dell’antica chiesa. Presenti, tra gli altri,l’Ambasciatore di Grecia in Italia S.E. AnastassisMitsialis, l’Ambasciatore di Grecia presso la SantaSede S.E. Stavros Likidis e l’Ambasciatore di

Cipro in Italia S.E. Stavros Epaminondas.Nella sua Lectio Magistralis, il Patriarca diCostantinopoli ha esposto i due “tesori” dell’arteche contraddistingue la cristianità orientale: la “ric-chezza innologica” e “l’Arte Bella dell’Iconografia”.Nella prima, Sua Santità ha insistito sull’approccioortodosso verso la musica ecclesiastica, special-mente nel corso della liturgia, secondo i canonidefiniti da un altro Patriarca di Costantinopoli, SanGiovanni Crisostomo: “Possiamo dire che l’usodella vocalità è fissato in maniera inamovibile nelculto della Chiesa Ortodossa e le esortazioni deiPadri riguardo al suo costume siano state accolte,in modo che sia generalmente accettato che lamusica ecclesiastica non sia fraseggiata con criteripuramente sentimentali”.Riguardo invece alle icone, l’insegnamentoprincipe - ha spiegato il Patriarca - viene dalla vit-toria degli ortodossi nel lungo e travagliato conflit-to dell’iconoclastia. “La tradizione bizantina, cheultimamente riprende nelle Chiese Ortodosse lospazio che nel corso dei due secoli precedenti

aveva mutuato - a sue spese - allo stilenaturalistico rinascimentale, cerca diesprimere il cambiamento che prova ilfedele dall’azione della Grazia ingener-ata di Dio su di lui. La luce è interiore enon esiste ombra”.È da segnalare che l’invito ad effettuarequesta prima visita mai compiuta da unPatriarca a Bologna, è giunto dalCentro La Voce, che da cinque annisvolge un importante lavoro di ricercasulla vocalità nelle varie culture musi-cali. Mentre lo stesso Bartolomeo,subito dopo il suo arrivo nel capoluogoemiliano, ha voluto sottolineare i legamitra Bologna ed i cristiani d’oriente, ren-dendo omaggio all’icona bizantina dellaBeata Vergine di San Luca, sul colleche domina la città.Sempre a Bologna, insieme con ilPresidente dell’Istituto Italiano diGeofisica e Vulcanologia Enzo Boschi ela professoressa di Oceanografia NadiaPinardi, il Patriarca ha tenuto nell’AulaMagna della più antica Università delmondo, una conferenza dedicata allasalvaguardia dell’ambiente.

Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo riceve la laurea honoris causa dell’Università di Bologna

Il momento della consegna della laurea honoris causain Scienze ambientali ed in Conservazione dei beni culturali al Patriarca Ecumenico Bartolomeo

Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo riceve la laurea honoris causa dell’Università di Bolognadi Dimitri Deliolanes

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Grande la commozione, ovviamente, nella nutritaComunità Ellenica di Bologna, che ha organizzatoin suo onore un pranzo di gala in un grande alber-go della città. Con l’occasione il Patriarca ha loda-to il Metropolita d’Italia Gennadio per il suo grandeimpegno organizzativo presso le parrocchie orto-dosse e per i rapporti di stretta collaborazione cheha instaurato con le autorità ecclesiali della ChiesaCattolica.L’Arcivescovo di Costantinopoli ha voluto ancheincontrare un bolognese d’eccezione, il professorRomano Prodi. All’ ex Presidente della Commissioneeuropea ha esposto la sua amarezza per le contin-ue provocazioni contro il Patriarcato promosse daiLupi Grigi turchi e per il fatto che le autorità di Ankaracontinuino a non permettere la riapertura dellafamosa Scuola di Teologia dell’isola di Halki, malgra-do siano già iniziate le trattative per l’ingresso dellaTurchia all’Unione euro-pea.Al centro però di questa“storica visita” (come l’hadefinita l’Arcivescovo diBologna Carlo Caffarra)è stato il dialogo ecu-menico, che ha senz’al-tro segnato un altropunto in suo favore. IlPatriarca ha celebrato iVespri nella cattedrale diSan Petronio, in presen-za di Mons. Caffarra. Allafine, il cardinale RogerEtchegaray, Presidenteemerito del PontificioConsiglio Giustizia ePace, ha letto il salutodel Papa Benedetto XVI:“Attendo con gioia diincontrarLa personal-mente quando, a Dio pia-

cendo, potrò farLe visitanel Patriarcato Ecumenico.Con totale fiducia in Dio epiena docilità all’azionedella Sua Grazia, vorrei find’ora confermare il mioimpegno a dedicarmi, conogni energia, alla santacausa della promozione

dell’unità dei cristiani, che sta molto a cuore allaVostra Santità”.Com’è noto, il Pontefice aveva accolto l’invito delPatriarca a visitare il Phanar, la sede delPatriarcato di Costantinopoli, alla fine di novem-bre, in occasione della festa del patronoSant’Andrea.Il governo di Ankara, invece, ha ritenuto di rivol-gere al Papa Ratzinger un invito per l’anno 2006,quindi la visita è stata posticipata nel primotrimestre del prossimo anno. Per il Papa ha, infat-ti, un valore altamente simbolico iniziare i suoi pel-legrinaggi per il mondo proprio con una visita aCostantinopoli.La visita del Patriarca a Bologna è terminata lamattina di domenica 20 novembre, con la solenneliturgia alla chiesa greco ortodossa di SanDemetrio.

il Patriarca Bartolomeo con,alla sua sinistra, il metropolita ortodosso d’Italia Gennadios ed il presidente della Comunità ellenica dell’Emilia Romagna Joannis Arvanitis

Bartolomeo I e il Magnifico Rettore dell’Università di Bologna Pier Ugo Calzolari nella basilica di S. Vitale a Ravenna

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Il primo novembre, con una cerimonia che si èsvolta a Patrasso, è stato sottoscritto il“Memorandum d’intesa tra la Regione della GreciaOccidentale e il Consiglio Regionale dellaToscana”. L’accordo è stato siglato dalle rispettiveautorità competenti: Panagiotis Kavadas, presi-dente della Regione Grecia occidentale, eRiccardo Nencini, presidente del Consiglio regio-nale della Toscana. Alla cerimonia in terra grecaerano presenti, oltre a Nencini e Kavadas, variealtre personalità elleniche e italiane. In rappresen-tanza della Grecia Occidentale vi erano, fra gli altri,i responsabili delle prefetture di Acaia, Elide eEtolia-Acarnaia e i sindaci dei rispettivi capoluoghi,ovvero Patrasso, Pyrgos e Missolungi. Per l’Italiahanno presenziato: Gian Paolo Cavarai, amba-sciatore d’Italia ad Atene; l’addetto commercialedella rappresentanza diplomatica, FrancescoCapecchi, alcuni consiglieri regionali di maggio-ranza e opposizione.Nel testo del memorandum si afferma che le dueregioni hanno espresso la loro intenzione di svi-luppare interessi di carattere istituzionale e cultu-rale. Grecia Occidentale e Toscana hanno palesa-to la volontà di collaborare nell’ambito della pro-mozione turistica, settore cruciale per le rispettiveeconomie. Secondo quanto convenuto nel memo-randum d’intesa, tale accordo vuole essere labase per creare una collaborazione proficua e van-taggiosa per entrambi. Il protocollo sottoscritto aPatrasso, si legge nel testo, ha segnato l’iniziodella fase preparatoria per la conclusione di unautentico Accordo di Collaborazione. Quanto alladurata, viene stabilito che il Memorandum saràvalido per un periodo di due anni a partire dalladata in cui sarà ratificato dai rispettivi organi com-petenti.Il Memorandum dovrà adesso essere controfirma-to, con una cerimonia da tenersi a Firenze, conprocedura analoga a quella che si è svolta aPatrasso. Rivelano fonti della segreteria diRiccardo Nencini che la controfirma, che dovevasvolgersi a Firenze nel contesto della “Festa dellaToscana”, è saltata causa impegni sopravvenutidel presidente Kavadas.“L’appuntamento - precisano dallo staff del presi-dente del Consiglio Regionale della Toscana - èrinviato per l’inizio del 2006”.A prescindere da quando ufficialmente entrerà in

vigore il memorandum, non vi è dubbio che siamodi fronte a un evento significativo, in quanto è ilprimo accordo istituzionale mai siglato fra Greciae Toscana. Le dichiarazioni dei due presidenti,rilasciate alle agenzie di stampa, fanno trapelarepropositi molto seri da parte di entrambi. “Conquesta intesa – ha detto Riccardo Nencini –vogliamo approfondire una proficua collaborazio-ne reciproca per realizzare iniziative comuni,eventi culturali ed istituzionali nelle rispettiveregioni di appartenenza ma anche promuovereprogetti e scambi nel settore della promozioneturistica”. Panagiotis Kavadas, da parte sua, hapalesato il desiderio di costruire un legame solido,per una cooperazione che possa durare neltempo. “L’accordo – ha affermato il presidentedella Regione Grecia Occidentale – rappresentaun primo passo nell’ambito di una collaborazionepiù approfondita e dettagliata”. Kavadas ha preci-sato che, per cominciare, ci saranno “scambi trastudenti greci e toscani”.L’intesa sottoscritta fra le due regioni, interessandoil cruciale settore del turismo, potrebbe sortirebenefici sostanziali a breve termine per la GreciaOccidentale, che nel 2006 vivrà dei mesi partico-larmente importanti. Patrasso, la principale cittàdella regione, avrà il privilegio di essere “CapitaleEuropea della Cultura” per l’anno che sta per ini-ziare. Si tratta di una grande occasione perPatrasso, che con i suoi 160mila abitanti è la terzapiù popolata della Repubblica Ellenica, dopo

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Il suggello di un legame storico,tra Grecia e Toscana, radicato nei secolidi Rudy Caparrini

La cattedrale di Patrasso

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Atene e Salonicco. Più in generale, tale manifesta-zione rappresenta una grossa opportunità per losviluppo della Regione della Grecia Occidentale.Secondo dati ufficiali, la regione guidata daPanagiotis Kavadas ha ancora notevoli margini disviluppo. Una buona opera di promozione in mate-ria di turismo potrebbe portare migliaia di visitatoria Patrasso, soprattutto italiani, dal momento che lacittà è il principale porto per i movimenti via maredi merci e persone in direzione dell’Italia e delleIsole Ionie.Il memorandum siglato da Nencini e Kavadaspotrebbe essere una base per le iniziative checaratterizzeranno la partecipazione della Toscanaal programma di “Patrasso, capitale della cultura2006”. Secondo quanto affermato in una nota del-l’ufficio stampa del Consiglio Regionale toscano,Firenze e la Regione Toscana intendono parteci-pare alla manifestazione organizzando mostre,concerti, spettacoli, esposizioni, convegni, degu-stazioni enogastronomiche. La presenza dellaToscana a Patrasso 2006 è stata sponsorizzataanche dallo stesso governo di Atene. Prima dellafirma del memorandum a Patrasso, infatti, vi erastato in un incontro, nel mese di giugno a Firenze,fra Riccardo Nencini e Mario Sklivaniotis, consi-gliere del ministero per il turismo greco con com-petenza per le iniziative relative a Patrasso 2006.L’accordo sottoscritto aPatrasso può essere intesocome il suggello di un legamestorico, quello fra Grecia eToscana, radicato nei secoli.Basterebbe ricordare che l’ul-timo duca di Atene nel secoloXV, prima che l’intera peniso-la ellenica fosse occupata daiturchi, è stato il fiorentinoNeri Acciaioli. Dopo la cadutadi Costantinopoli, avvenutanel 1453, molti greci emigra-rono in Toscana, dove oggivivono circa 2.000 greci.Proprio un greco-toscano, ilpisano Nikos Miskos, è statodi recente eletto alla presi-denza della “FederazioneEllenica in Italia”. Grecia eToscana sono accomunatedal fatto che possiedono unpatrimonio artistico e cultura-le enorme, che trova pochi

eguali altrove. Anche irapporti d’affari stannocrescendo, tanto chenegli ultimi cinque annil’interscambio è più cheraddoppiato e si prospet-ta un ulteriore migliora-mento.Fra gli altri segnali, vi èun elemento in partico-lare che fa presagire un imminente aumento delvolume d’affari: ogni anno cresce il numero ditoscani che acquistano una casa in Grecia. Atutte queste considerazioni di natura generale, sipossono aggiungere considerazioni di carattereparticolare. In Toscana, esattamente a Lastra aSigna in provincia di Firenze, si trova la sede ita-liana di uno dei maggiori colossi alimentarigreci. Infine, senza niente togliere a tutti gli elle-nici d’Italia, possiamo dire che proprio in Toscanaha abitato fino a ieri il greco più celebre di tutto ilBel Paese: il calciatore Zisis Vryzas, campioned’Europa con la Grecia nel 2004. Tutte questeconsiderazioni consentono di sostenere cheToscana e Grecia sono destinate a rafforzare lacollaborazione reciproca. L’accordo siglato daKavadas e Nencini potrebbe essere solo il primodi una lunga serie.

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Patrasso 2006 Capitale della Cultura

Firenze, Ponte vecchio

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“E dai Greci andammo, e vedemmo dove officiava-no in onore del loro Dio, e non sapevamo se incielo ci trovavamo oppure in terra: non v’è sullaterra uno spettacolo di tale bellezza... Solo questosappiamo: che là Dio con l’uomo coesiste, e che ilrito loro è migliore di quello di tutti i pesi... Cosìanche noi non saremo più pagani”. Fu con questeparole, nell’anno 987 dell’era cristiana, che boiarie gli anziani della città di Kiev, inviati dal loro prin-cipe Volodimir (Vladimiro) presso i greci bizantini diCostantinopoli per “studiare la fede loro” e riferir-gliene, descrissero l’esperienza vissuta nella basi-lica di Santa Sofia. Una esperienza che porta laRussia all’accettazione della fede cristiana.Almeno, così, dice quel capolavoro antico russoche è il Racconto dei tempi passati. E dunque, unadelle svolte fondamentali per l’identità europea –l’ingresso del cristianesimo in Russia, con tutto ciòche ne è conseguito (da Rubleva a Dostoevskijall’idea di una Europa unita “dall’Atlantico agliUrali”) – si deve alla bellezza della liturgia bizantinaesaltata dalla e nella basilica di Santa Sofia, nonneutro contenitore ma un contenuto in sé: il più ele-vato e il più degno fra tutti, se infrangeva il confinetra cielo e terra (là Dio con l’uomo coesiste). Ancheal di là del Racconto dei tempi passati, la trasfor-mazione appare inscritta nel codice genetico diSanta Sofia, monumento così imponente e arditoche subito apparve una “ottava meraviglia delmondo”. Meraviglia codificata nella sua formaesemplare al tempo dell’imperatore Giustiziano(527-565), quando Bisanzio era l’unica superpo-tenza cristiana. Meraviglia che però ha serbato ben

È stata dedicata ad “Un miracolo dell’architettura bizantina, il disegno geometrico dell’Hagia Sofia”la mostra tenutasi all’Istituto di Cultura Svizzero di Roma, dal 26 novembre al 10 dicembre.L’esposizione, ha presentato i risultati delle ricerche di Volker Hoffmann, che, in collaborazionecon Nikolaos Theocharis, ha ricostruito la pianta rigorosamente geometrica eseguita dai costrut-tori di Santa Sofia. I due studiosi hanno analizzato le teorie e la pratica costruttiva dell’epoca, lemodifiche dell’edificio dopo il 558 ed i rapporti della matematica greca con la cosmologia.L’Ambasciatore di Grecia in Italia, S. E. Anastassis Mitsialis, intervenendo alla cerimonia di inau-gurazione, ha, tra l’altro, voluto sottolineare che “La Haghia Sofia, grazie alla sua ineguagliabilecomposizione architettonica, alla spiritualità dei disegni geometrici, al profondo simbolismo comemistagogia e contatto con Dio, rappresentava per l’Ortodossia la chiesa più perfetta per lo svolgi-mento dei Sacri Misteri, ed è in questo modo che gli architetti Antemio e Isidoro hanno voluto,attraverso la sua concezione e realizzazione, determinare, descrivere e celebrare il carattereEcumenico del Tempio, e, per estensione, il carattere Ecumenico e diacronico dell’Ortodossia”.

di Paolo Cesaretti

Santa Sofial’architettura della meraviglia

Pianta con edifici annessi e ricostruzione dell’apparatoliturgico della chiesa Disegno E.M. Antoniades, 1907

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poco di “originario”. Non è “originaria”neanche la sua forma giustinianea.Da sempre nel vortice del cambia-mento, Santa Sofia è un museo giàdal 1934, per volontà di MustafaKemal Ataturk, il laicizzatore dellaTurchia novecentesca. Prima, permezzo millennio - dopo che, il 29maggio 1453, il sultano ottomanoMaometto II vi aveva fatto irruzione estrage - era stata una moschea isla-mica. In tal modo aveva almeno ser-bato qualcosa della sua primaria fun-zione di luogo di culto. Completatanel 360 al tempo dell’imperatoreCostanzo (figlio di Costantino, primosovrano che fu romano e cristiano) la“originaria” chiesa di Santa Sofia fudistrutta da un incendio nel 404, poiricostruita e riconsacrata nel 415. Nelgennaio 532 venne arsa dal fuoco nel corso del Nika,l’insurrezione contro Giustiniano che fu la più violen-ta rivolta urbana del mondo tardo antico, e costò forsetrentamila morti.L’imperatore volle il nuovo edificio anche per cele-brare la sua vittoria, “con una pianta, delle dimensio-ni e una ricchezza fino ad allora mai viste”. Alla con-sacrazione (537) egli esclamò: “Salomone, io ti hosconfitto!”. La frase era ricca di implicazioni. La Sofia

cui la chiesa è consacrata è la Sapienza divina, il cuilibro biblico si riteneva opera di Salomone. Salomoneera anche il re d’Israele che aveva eretto il Tempio diGerusalemme, nonché il sapiente modello di tuttal’industriosa attività di Giustiniano. Nel “ti ho sconfit-to” (greco enikesa) risuona anche il Nika di quanto glisi erano ribellati ed erano stati sconfitti, ma soprat-tutto il senso di una epica mitatio-aemulatio con l’an-tico modello, tale da sfidare i millenni.

Santa Sofia, vista da nord-est

Sezione trasversale, in rosso le parti trasformate o aggiunte dopo il 558 (crollo della prima cupola)

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Prima del fatale 1453 l’opera di Giustinianoconobbe minacce strutturali e interne: nel 558crollò la cupola, sicché ne fu costruita una nuovae più alta (quella che ancora si ammira). Altreminacce furono esterne, dai terremoti alla“Crociata contro i cristiani” (1204) quando cavalie-ri occidentali e navigatori veneziani non si feceroscrupolo di spogliare Santa Sofia delle più prezio-se suppellettili, realizzate, raccolte e venerate inquasi sette secoli di culto e devozione cristiana. Ibizantini tornati nella loro capitale nel 1261 profu-sero da allora ogni sforzo per restituire alla basili-ca quella speciale bellezza, per cui Dio con l’uo-mo coesiste; poi tutto passò a Maometto II.Con tutti questi cambiamenti (e stratificazioni, eanche incomprensioni) Santa Sofia resta a sfidarel’occhio del turista e l’analisi degli eruditi. Se nes-sun rito è praticabile e l’originale pienezza deisignificati è perduta, resta la precisione dell’analisistorica, cui danno contributo anche studiosi italiani(recenti i volumi di Maria Luigia Fobelli, Un tempioper Giustiniano, edito da Viella, e di AlessandraGuiglia Guidobaldi – Claudia Barsanti, Santa Sofiadi Costantinopoli, edito da Piac- Città del Vaticano.Di Santa Sofia si è detto che “un’architettura straor-dinaria richiede un architetto straordinario”; la basi-lica ne ebbe due, Antemio di Tralle e Isidoro diMileto. Dei loro disegni, dei loro schizzi, dei loromodelli (sui quali si posò l’occhio di Giustiniano)nulla è rimasto. Ma il principio di base del loro lavo-ro (il pattern costruttivo) è stato recentemente iden-tificato da Volker Hoffmann, studioso dell’Universitàdi Berna. Con l’aiuto delle più moderne e sofistica-te tecniche bi - e tridimensionali oltreché con unricco armamentario interdisciplinare sulla culturadell’epoca egli lo restituisce sotto forma di analem-ma; sembra il gioco alterno di due quadrati intrec-ciati, è invece la chiave di un miracolo dell’architet-tura di tutti i tempi che è anche unforte simbolo identitario.La mostra sul lavoro di Hoffmannè un evento scientifico avallatoanche da autorità precedentemen-te conflittuali; per il monumentosembrano dischiudersi prospettivenuove, cambiamenti che si auspi-cano felici.

Da “Avvenire” del 26 novembre 2005

Sopra l’imperatore Giustiniano I offre allaVergine il modello della chiesa di Santa Sofia

L’esterno dell’architettura di Santa Sofia con in evidenza le

murature di sostegno dell’epoca ottomana

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Immani catastrofi colpirono il Mediterraneo orien-tale nella tarda antichità a cominciare dal sismadel 365, fino a innalzare di nove metri la costadella Creta occidentale, mentre si abbassava quel-la di levante: sulla spiaggia di Ierápetra, affacciataal mare Libico, operai che cavavano sabbia scopri-rono nel 1958 la statua in bronzo di un ragazzo allaprofondità di tre metri e mezzo, probabile livello diriva in epoca classica.L’intatto reperto fu assegnato al MuseoArcheologico di Iráklion, dove è stato oggetto distudio da parte di Eliáne Raftopoúlou. L’esatta let-tura che ne fu data dalla studiosa greca comeopera dell’estremo ellenismo dotata di ecceziona-le intensità emotiva, viene oggi integrata da un’os-servazione che porta all’insperato riconoscimentodel personaggio.Una statua acefala in marmo al Museo delle BelleArti di Budapest, caratterizzata dallo stesso racco-glimento e dal medesimo panneggio, venne alloracitata come un tipo virile di più antica data, al qualesi sarebbe ispirato il plasticatore per ridurlo al gio-vanile ritratto funerario. La novità è che possiamoidentificare presso il Museo Nazionale Romanouna copia eseguita in marmo di Luni e trovatanell’Urbe, che risponde per la taglia acerba nonsolo al bronzo, bensì al torso di Budapest riesami-nato per l’occasione. Constatando che anche que-st’ultimo viene da Roma, i due documenti secon-dari, nella recuperata coerenza tra loro e con l’ar-chetipo, escludono l’ipotesi di un precedente sog-getto adulto rappresentato in tale schema, mentrerivelano, quali pregevoli ed entrambe rigoroserepliche del primo periodo imperiale, la gloria diquella vita incompiuta che ci parlava dal mirabilebronzo.Col casuale scavo sulle sponde di Creta non si erachiarita l’entità di un contesto locale rispetto all’e-ventualità di un pezzo appartenuto al carico di una

nave naufragata: Alessandria sarebbe il centro pri-vilegiato per la fattura e l’imbarco del capolavoro.Nell’originale il protagonista portava sandali di fog-gia anteriore all’avvento di Augusto, mentre le ver-sioni marmoree lo raffigurano scalzo, come d’usotra i Quiriti per immagini eroizzate.Poiché le copie sono prive del capo, a identificareuna personalità tanto importante da averottenuto riscontri in Italia ci soccor-re direttamente il prototipo delMuseo di Iráklion, con la suasorprendente dipendenzafisionomica dal volto diGiulio Cesare: secondo leparole del biografoSvetonio, il figlio del ditta-tore e di Cleopatra VII,che gli Alessandrini ave-vano soprannominatoCesarione, era simile alpadre “nell’aspetto e nelportamento”.Assumendo a para-gone il busto diCesare ai Museidi Berlino, lavo-rato in Egittonello scistoverde di WadiHamamat coneffetto simile almetallo, ele-menti comuni

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Sopra: Testa di Cesarione, impressione su bollod’argilla. Da Néa Páphos. Páfos, Museo

Archeologico (Department of Antiquities, Cyprus)

Sotto: Testa della statua di Cesarione, basalto. DaKarnak. Il Cairo, Museo Egizio (foto Alain Lecler)

Il figlio di Cleopatra e di CesareUna sensazionale scopertadi Paolo Moreno

Da Alessandria a Cipro, a Creta e a Roma,l’immagine di una vittima della ragion distato nella clamorosa riscoperta realizzataattraverso disparati monumenti

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e inconfondibili sono la bocca larga, le pieghe scavate nelle guan-ce, gli zigomi alti, le grandi orecchie discoste dal cranio, la strettaapertura degli occhi ravvicinati, soprattutto il sistema di rughe sullafronte, inspiegabili nella freschezza dell’età se non come improntaereditaria volutamente approfondita dal plasticatore: due solchi ver-ticali sopra la radice del naso e un lungo tratto orizzontale. Di quiun’accigliata malinconia che aveva fatto pensare all’ombroso sde-gno per la precocità della morte in un’evocazione privata. Adessoche parliamo di ragion di stato, ravvisiamo una regale sprezzaturanell’inquietante messaggio dinastico, collocato all’adolescenza delprincipe nato in Egitto il 23 giugno del 47 a.C., e nominato a treanni di età correggente dalla madre quale Tolemeo XV Cesare.Numerosi i profili del pupillo sui bolli d’argilla affiorati dall’archiviopubblico di Néa Páphos a Cipro, impressi da gemme usate qualisigilli presso la corte alessandrina. I primi della serie riportano laparvenza infantile sormontata dall’astro (sidus Iulium) che avevaconfermato l’assunzione in cielo del padre: una cometa avvistatadurante i ludi in commemorazione di Cesare promossi daOttaviano, futuro Augusto, nel giugno 44.Imberbe anche il volto della statua rinvenuta a Karnak che rappre-senta Cesarione “re dei re”, col gonnellino egizio, il copricapo dettonemes e la corona (ora spezzata) del signore del Nilo: pur nello stileretrospettivo, corrisponde al realismo dell’interpretazione ellenisticaper le pieghe che vanno dalle estremità delle labbra alla larga basedel naso, il taglio allungato degli occhi, la fronte bassa, infine la fran-gia estranea al solenne ornamento, intesa a rendere il costumeromano. Rispetto alla preponderanza del marchio paterno nel bron-zo da Ierápetra, la scultura di basalto accentua la mandibola e lasporgenza del labbro inferiore, a rassicurare i sudditi sul prognatismoche legittimava la secolare discendenza dei Tolemei. L’inconvenienteanatomico risaliva al fondatore, il compagno di Alessandro, che loesibiva sulle monete: Cleopatra stessa non temeva di accoglierlonell’icona della propria bellezza.Alla maniera tradizionale il Cesarione esposto al Museo del Cairo èsostenuto da un pilastro posteriore, sul quale risulta abrasa la ritua-le iscrizione. Tale intervento accorda un tono tragico al simulacro,dove la memoria storica fu cancellata per ordine di Ottaviano, l’ago-sto del 30, dopo il suicidio della regina e in seguito all’eliminazionedi colui che addensava l’autorità dei faraoni, di Alessandro e diCesare. Ma qualcuno nell’Urbe, dove i gioielli di Cleopatra eranoesposti nella Curia del Senato e nei templi, coltivava la rimembran-

za dell’eletto al dominiouniversale, lasciandocile testimonianze chehanno consentito di farrivivere l’immagine dis-persa del suo dolorosodestino.

sopra: Ritratto di Cesare, scisto verde.Dall’Italia. Berlino, Staatliche Museen(Preussischer Kulturbesitz, Berlin)

sotto:Statua ammantata di Cesarione, marmodi Luni. Roma, Museo NazionaleRomano (foto Istituto ArcheologicoGermanico, Roma)

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a sinistra: Testa della statuadi Cesarione, bronzo.Da Ierápetra. Iráklion,Museo Archeologico

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Anastasia, una bambina greca di nove anni, è stata salvata da un trapianto difegato eseguito all’Ismett (Istituto mediterraneo trapianti e terapia ad alta spe-cializzazione), diretto dal professor Bruno Gridelli. La piccola paziente è affet-ta dalla sindrome di Wilson, malattia ereditaria che provoca un eccessiva con-centrazione di rame nell’organismo, che porta alla distruzione del fegato edad una insufficienza epatica fulminante. La bambina è arrivata a Palermo ildieci ottobre con un Fiat “C 130” dell’aeronautica militare greca, dove è stataaccolta, grazie ad un’accordo tra il Centro Trapianti italiano, l’OrganizzazioneGreca dei Trapianti e il Centro Sud Trapianti Ocst.Poche ore dopo il ricovero di Anastasia, dall’ospedale Le Molinette di Torinoè arrivata la disponibilità di un organo trapiantabile. I medici hanno deciso diutilizzare il metodo dello split liver, con la divisione del fegato in due parti ela conseguente esecuzione di due trapianti.Fondamentale, il sostegno fornito dalla Comunità Ellenica della Sicilia, “Trinacria”, che è stata vicino aigenitori durante tutto il loro soggiorno, con un aiuto dal punto di vista pratico e umano. I medici sicilia-ni, hanno stabilito con la Grecia, una reciprocità di scambi sanitari e recentemente, è stato trapiantatoun paziente siciliano, grazie ad un organo (fegato) giunto dalla Grecia.

Anastasia, la solidarietà senza confiniUna Bambina greca di nove anni salvata da un trapianto di fegato all’Ismett di Palermo

il prof. Bruno Gridelli

A sinistra l’Ismett di Palermo,sotto un disegno della piccola Anastasia

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“Le spose” di Pandelís Voulgaris è un film che hoapprezzato molto, e che ha immediatamente cat-turato la mia attenzione a partire dal contrasto tral’anima leggera ed avventurosa del regista e l’im-portante impianto produttivo a cui Voulgaris èstato capace di resistere conservando la linearitàdell’idea portante del racconto.Se chiudo gli occhi e ripenso al film, la primaimmagine che vedo è quella di lei, un viso assolu-to, intenso, a volte duro, ma di una durezza indi-spensabile pena la perdita di se.Un personaggio centrato a pieno, che accompa-gna lo spettatore lungo la storia, senza incertezzenarrative o espressive.A Niki si contrappone il personaggio di lui,Norman, ingenuo, curioso, libero, di una libertàche sottolinea la “condanna” delle spose, un cari-co umano silente e rassegnato condotto altroveverso un destino che Le Spose neppure osanoimmaginare.La libertà di lui contrapposta alla loro rassegna-zione.Alla base del racconto il tema dell’immigrazione,oggi al centro dell’attenzione di media e politica.Un dramma che noi italiani, come le protagonistedel film, abbiamo vissuto con dolore e che ora siripropone ribaltando i ruoli: noi siamo Norman.Stesso dolore, stesse speranze, stesso sfrutta-mento e stesse paure, a distanza di circa un seco-lo.Dunque un film intenso ed importante, con un’im-peccabile fotografia sostenuta dalle belle sceno-

grafie e dall’apporto artistico davvero notevole deicostumi, suggestivi ed evocativi.“Le Spose” appartiene ai film della grande tradi-zione del cinema greco, riuscendo ad essere poe-tico ed attuale nella narrazione di un tema forte ecomplesso come l’immigrazione. Certamente è unfilm che meriterebbe uno spazio distributivo inItalia.Ma qui si apre una difficile parentesi sulla presen-za nei circuiti distributivi italiani del cinema euro-peo e mediterraneo, troppo spesso penalizzatodalla schiacciante dominanza del cinema ameri-cano.Vecchio problema di cui tanto si parla, ma a cuinon si riesce a dare un contenimento, a dannodell’accrescimento culturale del nostro paese,accrescimento culturale che certamente passaattraverso il cinema di qualità, dote non sempreattribuibile alle pellicole d’oltre oceano.E dunque ben venga la possibilità di dare visibilitàal cinema euro-mediterraneo di qualità attraversofestival specializzati come il MedFilm che ne con-sentono la conoscenza e l’approfondimento.E dunque mi auguro di poter accogliere, nell’am-bito del MedFilm Festival 2006, il nuovo film diPandelís Voulgaris, a cui va il mio grazie per aver-ci donato un racconto che sa, nel tempo senzatempo del ricordo, rimanere vivo in chi ha avuto lapreziosa opportunità di vederlo.

Ginella Vocca

PRESIDENTE MEDFILM FESTIVAL

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Nell’ambito del medFilmFestival, svoltosi a Roma dal 7 al 20 novembre, è stato presentato al pubblico italia-no il film Le Spose (Οι Νυ′ ϕες) del regista greco Pandelís Voulgaris. Si tartta della produzione greca con mag-gior budget mai realizzata, con centocinquanta attori, settecento “spose”, cinquemila e cinquecento com-parse, undici settimane di riprese. È il settimo film del regista, con la sceneggiatura di Ioanna Karistiani,affermata scrittrice. Un transatlantico, porta queste ragazze verso il loro nuovo destino, in America, verso iloro matrimoni combinati a distanza. Un film sull’immigrazione, la realtà femminile, le angosce e le speran-ze di chi non poteva disporre liberamente della propria vita. Ne parliamo con il regista, pubblichiamo la pre-sentazione della storia a firma di Ioanna Karistiani, gli appunti dal set e la “critica” di Ginella Vocca,Presidente del MedFilm Festival

“Le Spose” di Pandelís Voulgaris

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La storia1922 - A Samotracia, Nike, una sartaventicinquenne orfana è costretta dallasua famiglia a sostituire, in un matrimoniocombinato con un sarto di Chicago, suasorella Eleni che non ha è riuscita a sop-portare l’emigrazione in America ed ètornata indietro.In Tracia, la ventenne Charò si veste dibianco, malgrado non sia consenziente,per andare in sposa ad un pasticciere diSamo che vive in Canada.In Russia, la sedicenne Olga si fidanza adistanza con un operaio sconosciuto,emigrato in America. Le tre ragazze, assie-me ad altre settecento “spose della foto-grafia”, donne che non hanno mai viaggia-to, che lasciano per sempre le loro casecon la foto di un uomo che non conosconoe un modesto abito da sposa, si incontre-ranno nella terza classe del transatlanticoKing Alexander per il viaggio della loro vitada Oriente verso Occidente.Verso l’America. Dove le aspettano i futurimariti, emigranti, partiti con le ondateprecedenti, sradicati anch’essi, costrettiad abbandonare i loro paesi sfiancati dallapovertà e dalle sofferenze.Norman Harris, un sensibile trentacinquenne, foto-reporter di guerra che perde il suo lavoro a causadei maneggi dei colleghi, abbandona definitiva-mente i campi di battaglia, gli scavi archeologici ei bazaar orientali e torna deluso al suo paese, conla stessa nave .La moltitudine femminile della terza classe lo com-muove.La sua attenzione è attratta dall’orgoglio-sa Nike, vestita di nero, che sbarca il luna-rio come sarta anche durante la traversa-ta. Riesce ad ottenere dal capitano grecoil permesso per poter fotografare le immi-grate in abito da sposa.La terza classe, cupa, si veste in bianco,come neve d’estate.Le vesti tradizionali, gli sguardi bassi, lelabbra serrate, compongono una bizzarracartina dell’Asia Minore, dell’Egeo e delMar Nero, di un mondo che porta con se'i suoi costumi e la sua morale, le sventu-re e le sue speranze, da un estremo delpianeta all’altro.La monotonia dei venti giorni di viaggio sirompe.Prendono forma vicende umane piccole egrandi e accadono cose che resterannoindimenticabili per i protagonisti.

Gli amori, le amicizie, le situazioni, i momentiteneri e drammatici che segnano il mondo delKing Alexander continueranno a viaggiare nelleanime dei passeggeri per tutta la vita.

Ioanna Karistiani

(Traduzione di Annika Chatzimichail)

La locandina del film in lingua originale

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A colloquio con Pandelís Voulgaris“il fenomeno dell’emigrazione è mondiale, continueràa crescere sempre più...”Un nuovo film con un forte riferimento alle vicendeumane, questa volta all’avventura dell’ emigrazio-ne. Cosa l’ha spinta a questa scelta?

Un profondo desiderio di comprendere cosa signifi-ca l’emigrazione. Nella mia famiglia e più in genera-le tra i parenti, non ci sono state persone costrette alasciare la Grecia. Viaggiando però all’estero con imiei film e incontrando i tanti conterranei che sonoemigrati per motivi economici, spinti dal bisogno, misono sempre posto la domanda: “ potrei vivere lon-tano dalla Grecia?”. Dato che la risposta era semprenegativa, a ogni ritorno a casa, si faceva sempremaggiore l’intenzione, il bisogno di fare un film cheparlasse di tutto ciò. L’ispirazione mi è venuta leg-gendo la prima pagina dei Times di New York, un’e-dizione del 1922, che ho visto incorniciata a EllisIsland, l’isola dove arrivavano gli immigrati e che oraè diventata un museo dedicato appunto all’emigra-zione. Nella breve descrizione di questo viaggio, hotrovato concentrati tutti i miei desideri ed il bisognodi iniziare l’avventura del film . Sappiamo tutti chequasi in ogni casa greca c’è una storia di emigra-zione, un tema molto forte. Anche questo, comeogni film, costituisce per me un banco di prova percomprendere e far comprendere quello che voglioarrivare ad esprimere.

Ed in questo caso qual’è stata la risposta?

Crediamo di trovarle, ma le risposte sfuggono sem-pre. Rimangono gli interrogativi, filtrati ed influenza-ti dalla realtà di oggi: non abbiamo più l’emigrazio-ne, ma riceviamo immigrati dai paesi vicini.Vivono elavorano accanto a noi, i loro bambini frequentanole scuole greche. Il fenomeno continua ad esistereed a crescere e non può che essere così. Inoltre, inquesto film, mi occupo di una doppia identità, quel-la della donna- emigrante, quindi l’analisi va ancheoltre. Guardando nuovamente all’oggi, sarebbe sba-gliato pensare che la condizione della donna siadefinitivamente mutata. Basti pensare ai guadagnidal racket della prostituzione, che superano di granlunga quelli dello spaccio della droga. Il problemadell’emigrazione continua ad essere vissuto inmodo traumatico, soprattutto dalle donne...

Alcuni avrebbero preferito un Happy End. Comemai lei e sua moglie Ioanna Faristiani, la sceneg-giatrice del film, avete seguito un’altra strada?

Per poter essere coerenti con quello che volevamoesprimere, con gli usi ed i bisogni di quel periodo.Un Happy End avrebbe sicuramente potuto richia-mare un numero ancora maggiore di spettatori,

offrendogli ancheuna liberazione fina-le. Noi però raccon-tiamo una storiacoerente, spero, dal-l’inizio alla fine.Queste ragazze vive-vano e si muovevanoin una data realtà e aquesta realtà siamovoluti rimanere fede-li. C’è una cosa chemi ha commosso,durante la ricercafatta con Ioanna: igreci che sono partiticon la prima grandeondata migratoria,erano al diciassette-simo posto tra le ven-tiquattro nazionalitàche hanno cercatolavoro nel NuovoMondo, per quantoriguarda il livello culturale. La seconda generazione,i figli di queste donne che sono arrivate in Americacon in mano la foto dell’uomo da sposare, sonoriusciti a passare dal diciassettesimo, al terzo posto.È una delle cose che mi danno coraggio e che mifanno sentire fiero di queste donne.

Come vive la collaborazione con sua moglie, cheoltre che sceneggiatrice è anche una affermatascrittrice?

Stiamo insieme da ventotto anni. Questo dimostrache abbiamo trovato dei codici per poter creare ecoesistere. Uno dei principali, è guardare a cosasmuove l’animo a Ioanna, per poter scrivere unlibro, o per poter girare un film, nel mio caso. Unofornisce ispirazione all’altro - senza influenzarlo - eanche se qualche influenza reciproca esiste, non èpoi negativo. È un qualcosa che è riuscito a reg-gere al passare del tempo. In fondo, la nostra col-laborazione è molto simile a quella con altre per-sone che lavorano con me sul set.

Molti dicono che il cinema greco non è esportabile.Tuttavia, sia con “Un tocco di zenzero” che con “LeSpose”, abbiamo visto il contrario. Possiamo quindi,a suo avviso, essere più ottimisti per il futuro?

Il mio modo di vivere e lavorare mi offre continua-mente esempi di storie ed esperienze vissute dalla

La sceneggiatura del filmedita da Kastaniotis

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Settembre 2002Villaggio Korestia di KastoriaÈ l’Alba. Oggi finalmente iniziamo a girare nelle piccolestrade del paese.Sistemo i pennarelli necessari e la sceneggiatura nellamia borsa.Il finestrino aperto per controllare il tempo.Ci serve la luce del sole.Ultimi tiri di sigaretta col caffé della mattina.Perché le spose?Perché da sei anni insisto con questo film?Sentivo da anni storie da emigranti?So che non esiste alcun luogo arido nel Gran Canyon,nella bianca gelida bianca Alaska, tra i fitti boschi delBrasile, nelle casupole dell’Etiopia in cui non si possatrovare un greco.Qualche singhiozzo di Kazantzidis, con al muro la fotodell’Olimpiakos, il manifesto di Eleftherios Venizelosconsumato dal tempo.Viaggi infiniti, il greco.Viaggi della necessità – viaggi dell’anima.

Maggio 2003Chaniá - CretaVecchia Dogana. L’abbiamo trasformata in un mercatocoperto d’Oriente.Cinquecento ragazze di Chania ma anche di Iraklionmettono i vestiti pesanti del 1922 dalle 4 di mattina.Prepariamo la grande sequenza della partenza delleragazze per il Nuovo Mondo.Costumisti, aiutanti e amici preparano in fretta la folla,per poter cominciare alle 9 di mattina e finire le ripreseprima del tramonto.Siamo riusciti a fare l’impossibile.Vedo la produttrice Barbara De Fina, consulente artisti-

ca dei film di Scorzese, è entusiasta.Ammette che una scena come questa, girata inAmerica, richiede il triplo del tempo ed una squadra ditecnici cinque volte più numerosa.

Luglio 2003Pireo Primo giorno di riprese sulla nave “Iasson”.I lavori in coperta sono appena terminati.Produttori e tecnici non hanno dormito per potercela fare.Tocco i bordi della coperta e penso alla scena che dovrògirare.Davanti a me, entra in porto una nave commerciale tintadi blu.Sul lato, porta il nome “Capitan Pandelís”.La seconda nave, subito dietro, si chiama “Felicità”.Ricevo i “messaggi” positivi che Dio ci ha mandato.Tutto andrà bene.

Agosto 2003Ultima ripresaAbbiamo resistito alle difficoltà.Abbiamo amato e ci hanno amato.Kastoria – Andros – Chaniá – Keratsini – Lavrio.Infinite ore di lavoro di giorno e di notte.Immigrati, anche noi, nel sogno del film.

Gli uomini sono i luoghi.Nella nuova geografia della mia anima molti I nomi.Nikos - Takis - Kostas - Ioanna - Varvára - Ghiorgos - Terry- Martin - Damianós - Eva - Dimitris - Viktoria - Demian -Evi - Christina - Irini - Evelina e altri da soli, altri doppi.Sei anni in giro con le spose.Sono tornato pieno di esperienze di vita.Ora cerco un pretesto per reimbarcarmi.

Pandelís Voulgaris(Traduzione di Annika Chatzimichail)

Ricordi sparsi... cronaca delle riprese

Grecia e dai suoi abitanti. Credo che se un perso-na è fortunata e si concentra su una buona storia,con il sostegno di validi collaboratori, il pubblicorisponde con generosità, riempiendo le sale pervedere cosa gli vuoi comunicare. Penso inoltre chepiù un film è “nazionale”, concentrato sui fenomenio i problemi di una data realtà, più interessa al pub-blico internazionale. Gli spettatori non mi pare desi-derino vedere una storia asettica, che si svolge, adesempio, nella strade di Londra. Credo siano piùinteressati a come passa l’inverno la gente delleisole, a cosa si porta dentro la nuova generazione,a qual’è il passato che ha alle spalle. Nessunoconosce la ricetta ottimale, ma il modo di arrivareanche al pubblico di un altro paese, lo si trova sem-pre. L’importante è lavorare sulla storia e sulla sce-neggiatura, non cedere a soluzioni troppo facili otroppo di parte, cercare di trattare ogni argomentocon la maggiore completezza possibile...

I suoi progetti per il futuro?

Non c’è ancora unastoria. Quello chedesidero, però, ormaida quasi da una deci-na d’anni, è concen-trarmi sul periododella guerra civile,subito dopo la finedella seconda guerramondiale. Si tratta diun periodo che hasegnato ed in parteancora influenza larealtà greca, unaguerra a mio avvisoingiusta, con un costo in vite umane, che ha fattotornare indietro di cinquant’anni il paese. Voglio par-lare di tutto ciò, e penso che lo farò nel mio prossi-mo film.

T.A.S.

Pandelís Voulgaris

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www.oreivatein.com www.snowreport.grwww.trekking.grwww.alternativegreece.grgogreece.about.com/od/extremesportswww.macedonian-heritage.gr www.pindostrek.net

Nelle montagne innevate della zona di Pindos, nellaparte nordoccidentale della Grecia, luoghi incantati, tracui il villaggio di Zagori, offrono un paesaggio ed unclima che ricorda quello delle vette alpine. Ponti in pie-tra, fitti boschi e cime sempre innevate completano que-sto panorama unico e suggestivo.

www.pelion.grwww.pelion.org

Il Pelion, vicino alla città di Volos, nella regione dellaTesasaglia: un luogo dove rilassarsi a stretto contattocon la natura. Unisce la magia della montagna con laforza magnetica del mare, offrendo, nei mesi invernali,grandi opportunità per gli appassionati dello sci.

Inoltre, per gli amanti del trekking, Creta è un vero para-diso. Il sole, splende sull’ isola per più di trecento gior-ni l’anno. Il villaggio di Paleochora, col suo clima tempe-

rato e le sue spiagge dorate, è pronto ad accogliere tutti gli appassionati di nuoto invernale.www.traklife.gr www.paleochora-holidays.com

Altri siti web di interesse turistico:Ente Nazionale per il Turismowww.gnto.gr

Metereologiawww.hnms.gr

Per viaggiare in Greciamenoumeelleda.ert.gr/en

Guida turistica della Greciawww.greektravel.com

Cucina tradizionalewww.kerasma.com

Eventi culturaliwww.culturguide.gr

Comunicazione e convegniwww.conferences.grwww.minpress.gr

Comune di Atenewww.cityofathens.gr

Alcuni tra i siti web più utili da visitare:

Il monte Olimpo innevato

Alcuni tra i siti web più utili da visitare:

La Grecia d’invernoLa Grecia d’invernoLa Grecia non è solo il paradiso delle vacanze estive. Potrete scoprire innumerevoli loca-lità montane, come il monte degli dei, l’Olimpo, o il monte Parnassos nella Beozia, cheoffrono un clima mite e temperato dalla primavera e l’autunno inoltrato, e piste da sci facil-mente raggiungibili nel periodo invernale. Inoltre, gli appassionati di arrampicate, kayak,trekking e mountain bike, potranno visitare angoli di natura incontaminata in Epiro,Macedonia, Tracia, ristorando il corpo e l’anima.