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I SOTTOPRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE ALLA LUCE DEL NUOVO REGOLAMENTO (CE) N. 1069/2009 Dott.ssa Adriana Lo Giudice Definizione di sottoprodotti di origine animale I sottoprodotti di origine animale conosciuti semplicemente con l’acronimo SOA – sono gli scarti delle lavorazioni di prodotti di origine animale, le parti di animali giudicate non idonee per il consumo umano ed inoltre, tutto ciò che deve essere distrutto poiché non utilizzabile né per l’industria zootecnica, né come fertilizzante, né per la produzione di biogas o compostaggio. Evoluzione del quadro normativo Fino al 1990, il settore della trasformazione dei SOA è stato regolato da un Decreto di polizia veterinaria risalente al 1954. Tuttavia, a seguito delle crisi sanitarie e dei casi di contaminazione dei mangimi (ricordiamo in particolar modo la BSE l’encefalopatia spongiforme bovina - volgarmente conosciuta come morbo della “mucca pazza”) è stato adottato il Decreto Legislativo 508/92, che ha stabilito le norme sanitarie per l’eliminazione, la trasformazione e l’immissione sul mercato di rifiuti di origine animale. Per cui ancora all’epoca gli scarti di origine animale venivano trattati come rifiuti e non come SOA. Ciò avvenne fino all’emanazione del Regolamento (CE) 1774/2002 che ha disciplinato norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano. I principi ispiratori sono stati gli stessi enunciati nel Regolamento (CE) n. 178/2008 e nel Libro Bianco della Commissione sulla sicurezza alimentare, ovvero: l’approccio di filiera (dai campi alla tavola), la rintracciabilità e l’analisi del rischio. Lo scopo cardine del Regolamento 1774/2002 è stato, dunque, quello di fornire un quadro giuridico unitario che permettesse di superare le numerose norme in materia, di garantire una maggiore protezione della salute umana ed animale, e nello stesso tempo di porre fine alle numerose diatribe tra il Ministero della Salute e quello dell’Ambiente, circa l’assoggettabilità degli scarti di origine animale al Decreto Ronchi. Tuttavia, l’Unione Europea ha recentemente riorganizzato l’intera normativa con l’emana zione del Regolamento 1069/2009, attuale caposaldo normativo in materia di sottoprodotti di o. a. che ha abrogato, a partire dal 4 marzo 2011, il precedente Regolamento. Perché un nuovo Regolamento in materia di SOA? La necessità da parte dell’UE di emanare un nuovo testo normativo che disciplinasse i SOA è sorta a seguito di problematiche emerse nel corso dell’applicazione del Regolamento 1774/2002.

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I SOTTOPRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE ALLA LUCE DEL NUOVO

REGOLAMENTO (CE) N. 1069/2009

Dott.ssa Adriana Lo Giudice

Definizione di sottoprodotti di origine animale

I sottoprodotti di origine animale – conosciuti semplicemente con l’acronimo SOA – sono gli scarti

delle lavorazioni di prodotti di origine animale, le parti di animali giudicate non idonee per il

consumo umano ed inoltre, tutto ciò che deve essere distrutto poiché non utilizzabile né per

l’industria zootecnica, né come fertilizzante, né per la produzione di biogas o compostaggio.

Evoluzione del quadro normativo

Fino al 1990, il settore della trasformazione dei SOA è stato regolato da un Decreto di polizia

veterinaria risalente al 1954.

Tuttavia, a seguito delle crisi sanitarie e dei casi di contaminazione dei mangimi (ricordiamo in

particolar modo la BSE l’encefalopatia spongiforme bovina - volgarmente conosciuta come

morbo della “mucca pazza”) è stato adottato il Decreto Legislativo 508/92, che ha stabilito le

norme sanitarie per l’eliminazione, la trasformazione e l’immissione sul mercato di rifiuti di

origine animale. Per cui ancora all’epoca gli scarti di origine animale venivano trattati come

rifiuti e non come SOA.

Ciò avvenne fino all’emanazione del Regolamento (CE) 1774/2002 che ha disciplinato norme

sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano. I principi

ispiratori sono stati gli stessi enunciati nel Regolamento (CE) n. 178/2008 e nel Libro Bianco

della Commissione sulla sicurezza alimentare, ovvero: l’approccio di filiera (dai campi alla

tavola), la rintracciabilità e l’analisi del rischio. Lo scopo cardine del Regolamento 1774/2002 è

stato, dunque, quello di fornire un quadro giuridico unitario che permettesse di superare le

numerose norme in materia, di garantire una maggiore protezione della salute umana ed

animale, e nello stesso tempo di porre fine alle numerose diatribe tra il Ministero della Salute e

quello dell’Ambiente, circa l’assoggettabilità degli scarti di origine animale al Decreto Ronchi.

Tuttavia, l’Unione Europea ha recentemente riorganizzato l’intera normativa con l’emanazione

del Regolamento 1069/2009, attuale caposaldo normativo in materia di sottoprodotti di o. a. che

ha abrogato, a partire dal 4 marzo 2011, il precedente Regolamento.

Perché un nuovo Regolamento in materia di SOA?

La necessità da parte dell’UE di emanare un nuovo testo normativo che disciplinasse i SOA è sorta

a seguito di problematiche emerse nel corso dell’applicazione del Regolamento 1774/2002.

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Innanzitutto gli Stati membri e gli operatori economici (come prescritto dall’art. 35 del Reg.

1774/2002) hanno indicato alla Commissione Europea alcune tematiche del Regolamento a cui

dover apportare delle modifiche.

Sulla base sia di tali informazioni che dei risultati di una serie di sopralluoghi di accertamento

effettuati in 25 Stati, nel 2004 e nel 2005, dall’Ufficio Alimentare e Veterinario della Commissione

(UAV), il 21 ottobre 2005, la Commissione ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio una

relazione che ha sottolineato la necessità di:

mantenere in vigore i principi fondamentali del Regolamento 1774/02;

risolvere i problemi legati:

1. alla mancanza di certezze in merito al campo d’applicazione del Regolamento (in

particolare non era chiaro a partire da quale punto della filiera i prodotti non fossero

più considerati SOA e quindi soggetti alle prescrizioni della norma);

2. scarsa applicazione dell’autocontrollo da parte degli operatori;

3. all’interazione spesso non chiara tra le norme sui SOA e altre normative comunitarie;

4. alla carente rintracciabilità del flusso dei SOA;

5. ed infine, problemi riguardanti all’efficacia e all’armonizzazione dei controlli

ufficiali.

Per i suddetti motivi, la revisione normativa si è conclusa con l’emanazione del Reg. 1069/2009.

Regolamento 1069/2009

Dal 4 marzo 2011 è applicabile in tutti gli Stati membri dell’UE fissando le norme sanitarie relative

ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano.

Esso si pone in linea di continuità con la precedente norma, di cui conferma i principi fondamentali

come richiesto dalla Commissione Europea. In particolar modo quello secondo cui:

i sottoprodotti di origine animale derivati da animali dichiarati non idonei al consumo

umano, in seguito al controllo veterinario, non devono entrare nella catena dei mangimi;

Il Regolamento 1069/2009 classifica i SOA in 3 categorie specifiche (agli artt. 8, 9 e 10) che

riflettono il loro livello di rischio per la salute pubblica e degli animali:

CATEGORIA 1 rischio sanitario più elevato sottoprodotti nocivi per la salute;

CATEGORIA 2 rischio intermedio sottoprodotti non adatti per il consumo umano;

CATEGORIA 3 basso rischio igienico-sanitario sottoprodotti che possono essere

impiegati nell’alimentazione animale, se soddisfino determinate condizioni.

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Materiale specifico a rischio (MRS)

Per materiale specifico a rischio si intende il cranio, compresi il cervello e gli occhi, le tonsille, la

colonna vertebrale, ma includendo il midollo spinale dei bovini di età superiore a dodici mesi,

nonché gli intestini dal duodeno al retto; il cranio, compresi il cervello e gli occhi, le tonsille e il

midollo spinale di ovini e caprini di età superiore a dodici mesi nonché milza di ovini e caprini di

tutte le età.

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Panoramica generale sulle principali novità introdotte dal nuovo Regolamento

Le principali novità riguardano:

la disciplina della lavorazione, del trattamento e della trasformazione dei Prodotti Derivati (PD),

ovvero quei prodotti ottenuti attraverso uno o più trattamenti, trasformazioni o fasi di

lavorazione di sottoprodotti di origine animale (art. 3, 2° paragrafo, del Reg. 1069).

l’introduzione di due concetti innovativi: “starting point” e “end point”;

la definizione delle responsabilità per gli operatori in tema di:

o riconoscimento/registrazione degli stabilimenti e degli impianti;

o tracciabilità/rintracciabilità del flusso dei SOA;

o autocontrollo, basato sui principi dell’HACCP (Analisi dei Pericoli e Punti Critici di

Controllo);

Starting point ed end point

Lo “starting point” (o punto di partenza) rappresenta il momento in cui il SOA viene generato e,

pertanto, entra nel campo di applicazione del Regolamento. Una volta che un prodotto è diventato

un sottoprodotto di origine animale, esso non deve più rientrare nella catena alimentare.

Il termine “end point”, invece, indica il punto finale della fabbricazione dei SOA, oltre il quale i

prodotti derivati non sono più soggetti alle prescrizioni del suddetto Regolamento.

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I prodotti che hanno raggiunto tale punto sono esenti dalla tracciabilità e dai controlli ufficiali,

possono essere immessi sul mercato senza restrizioni ed essere manipolati e trasportati da operatori

che non sono stati riconosciuti o registrati conformemente al vigente testo normativo.

Nello specifico, l’end point si applica:

ai prodotti disciplinati da altra legislazione comunitaria:

o prodotti cosmetici;

o dispositivi medici;

o medicinali veterinari e per l’uomo;

ai prodotti che non presentano più alcun rischio grave per la salute umana ed animale:

materiale trasformato destinato al pet-food;

lana per l’industria tessile;

mangimi per animali da pelliccia;

pelli per la produzione di pellami;

prodotti a base di ossa per la fabbricazione di colle.

Bisogna aggiungere che il Regolamento (UE) n. 142/2011 (questo Reg. stabilisce le misure di

attuazione per le norme sanitarie e di polizia sanitaria relative ai sottoprodotti di origine animale e ai

prodotti da essi derivati di cui al Reg. n. 1069/2009 ), dopo l’end point, prevede esenzioni analoghe

per i seguenti prodotti:

biodiesel;

articoli da masticare;

pelli di ungulati e pellicce, peli e piume;

olio di pesce per la produzione di prodotti medicinali;

ed infine benzina e combustibili.

Riconoscimento di stabilimenti ed impianti

Gli stabilimenti o gli impianti in cui si svolgono operazioni relative ai SOA, che presentano un

livello di rischio considerevole per la salute pubblica e per gli animali, sono soggetti al preventivo

riconoscimento da parte dell’autorità competente.

Nello specifico, sono soggetti a riconoscimento gli stabilimenti e gli impianti che svolgono una o

più delle seguenti attività:

trasformazione, attraverso i metodi di trasformazione standard o i metodi alternativi;

combustione di sottoprodotti e PD;

produzione di alimenti per animali da compagnia;

produzione di fertilizzanti organici ed ammendanti;

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incenerimento e coincenerimento, diversi da quelli riconosciuti ai sensi delle direttiva

2000/76/CE15;

comp manipolazione dei SOA a seguito della raccolta mediante le seguenti operazioni:

o – selezione;

o – taglio;

o – refrigerazione;

o – congelamento;

o – salatura;

o – asportazione delle pelli e del materiale specifico a rischio;

magazzinaggio dei SOA; ostaggio e biogas;

magazzinaggio di prodotti derivati se destinati ad essere:

o smaltiti in discarica o mediante incenerimento o coincenerimento;

o usati come combustibile;

o usati come mangimi;

o usati come fertilizzanti organici o ammendanti (farine tal quali), escluso il

magazzinaggio in un luogo di diretta applicazione.

Procedura di riconoscimento

Al fine di ottenere il riconoscimento di un nuovo stabilimento o impianto, l’operatore presenta,

all’ASP di competenza secondo modalità definite dalle Regioni o Province Autonome (PA),

apposita istanza corredata dalla documentazione prevista.

L’autorità competente, a seguito di un’ispezione in loco effettuata prima dell’avvio dell’attività, può

concedere:

un riconoscimento condizionato, se lo stabilimento soddisfa tutti i requisiti relativi alle infrastrutture

e alle attrezzature;

un riconoscimento definitivo qualora da una nuova visita in loco, effettuata entro 3 mesi dalla

concessione del riconoscimento condizionato, risulti che lo stabilimento soddisfa i requisiti

mancanti.

Nel caso in cui, l’autorità competente riconosca che siano stati compiuti dei progressi notevoli, ma

che lo stabilimento o l’impianto non soddisfa ancora tutte le prescrizioni necessarie, il

riconoscimento condizionato può essere prorogato. Tuttavia, tale riconoscimento non può avere una

durata superiore a 180 giorni dalla data della sua concessione.

Qualora, invece, l’autorità competente riceva l’istanza completa di tutta la documentazione e il

parere favorevole del Servizio Veterinario, emette l’atto di riconoscimento e lo notifica

all’operatore.

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L’atto di riconoscimento deve riportare almeno:

l’attività;

la tipologia di prodotto generato;

la categoria di sottoprodotto manipolato, lavorato ed utilizzato;

il numero di riconoscimento.

Se il riconoscimento viene revocato o, in caso di riconoscimento condizionato, non viene prorogato

o non viene concesso il pieno riconoscimento, gli operatori devono procedere alla cessazione della

propria attività.

Registrazione di stabilimenti e di impianti

Gli stabilimenti, gli impianti di trasformazione o di manipolazione di determinati prodotti

trasformati che non presentano più rischi per la salute pubblica o degli animali non sono sottoposti a

riconoscimento bensì a registrazione, in modo da consentire e garantire il controllo ufficiale dei

flussi di materiale e garantirne la tracciabilità.

Per gli stabilimenti e gli impianti già riconosciuti o registrati ai sensi del Reg. 852/2004 o del Reg.

853/2004 non è necessario effettuare la registrazione ai sensi del Reg. 1069.

Procedura di registrazione

Ai fini della registrazione di una nuova attività, l’operatore notifica la Segnalazione Certificata di

Inizio Attività (SCIA) all’ASP o al Comune in cui ha sede l’attività o in cui l’operatore è residente

(nel caso si tratti di attività prive di stabilimento, quali, ad esempio, il trasporto), secondo modalità

definite dalle Regioni o PA.

L’operatore, al momento della presentazione della notifica, dichiara di rispettare i requisiti generali

e specifici richiesti dai Regolamenti 1069 del 2009 e 142 del 2011.

L’operatore può iniziare l’attività successivamente all’avvenuta notifica.

Elenchi degli stabilimenti o degli impianti registrati e riconosciuti

Ogni Stato membro ha l’obbligo di elaborare, per il proprio territorio, un elenco di stabilimenti,

impianti ed operatori riconosciuti o registrati e di assegnare a ciascun impianto un numero ufficiale

di identificazione connesso alla natura delle sue attività.

Al fine di supportare gli Stati membri nello stabilire tali elenchi, l’UE mette a disposizione una

pagina web (http://ec.europa.eu/food/food/biosafety/establishments/list_abp_en.htm) contenente un

link ai siti web nazionali dove è possibile visionare l’elenco master di tutti gli stabilimenti, impianti

e operatori riconosciuti o registrati sul proprio territorio.

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In Italia, ogni stabilimento riconosciuto o registrato è inserito, a cura della Regione o PA,

nell’elenco nazionale del Ministero della Salute. In questo elenco sono disponibili le liste degli

stabilimenti italiani autorizzati alla lavorazione e manipolazione dei sottoprodotti di origine

animale.

La tracciabilità e la rintracciabilità

La cosiddetta “tracciabilità” è uno strumento e un processo che permette alle aziende alimentari di

identificare i propri prodotti (alimenti, mangimi, animali destinati alla produzione alimentare,

sostanze atte a far parte di un alimento o di un mangime) seguendoli da monte a valle della filiera,

facendo in modo che ad ogni stadio venga lasciata una traccia, un’informazione.

Per rintracciabilità, invece, si intende il processo inverso, che deve essere in grado di raccogliere e

ricostruire tutte le informazioni precedentemente rilasciate e che ha un significato prettamente

sanitario.

Per quanto riguarda la filiera dei SOA, la tracciabilità si applica dallo starting point fino all’end

point della catena di fabbricazione.

Essa deve essere garantita non solo dagli operatori che generano, raccolgono o trasportano SOA, ma

anche dagli operatori che smaltiscono tali sottoprodotti mediante incenerimento, coincenerimento o

deposito in discarica.

Tutti i seguenti operatori garantiscono la tracciabilità mediante:

i documenti commerciali e/o certificati sanitari:

registro delle partite (se previsto).

Il documento commerciale, detto anche documento di trasporto (DDT), è una scheda che

accompagna le partite di SOA e di prodotti derivati durante il loro trasporto, anche sul territorio

nazionale, dal luogo di produzione fino all’impianto di destinazione finale.

Nei casi previsti dal Reg. 142/2011, al fine di garantire un alto livello di sorveglianza

epidemiologica nei riguardi delle TSE, il DDT può essere sostituito o accompagnato da un

certificato sanitario, il quale deve essere rilasciato e firmato dall’autorità competente e conservato

per almeno 2 anni.

Il documento commerciale deve contenere le seguenti informazioni:

la data in cui i sottoprodotti sono stati prelevati dallo stabilimento;

la descrizione dei materiali, indicando:

o la categoria dei SOA;

o le specie animali per i materiali di categoria 3 e i prodotti trasformati da essi derivati

destinati ai mangimi;

o eventualmente il numero del marchio auricolare dell’animale;

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la quantità del materiale, in volume, peso o numeri di pacchi;

il luogo di origine del materiale;

il nome e l’indirizzo del trasportatore;

il nome, l’indirizzo e il numero di riconoscimento o di registrazione del destinatario;

se del caso, il numero di riconoscimento o di registrazione dello stabilimento o impianto di

origine, nonché la natura e i metodi di trattamento;

la causale del trasporto:

o invio ad impianto di trasformazione;

o invio ad impianto di transito;

o invio ad inceneritore a norma ambientale come sottoprodotto;

o invio ad inceneritore riconosciuto ai sensi del Reg. CE/1774/2002;

o invio ad inceneritore o coinceneritore a norma ambientale come prodotto

trasformato.

Questo documento, specifico per ciascuna categoria di SOA o prodotti trasformati, deve essere

redatto in almeno tre esemplari (uno originale e due copie):

l’originale (compilata e firmata dal responsabile) accompagna la partita fino alla

destinazione finale e deve essere conservata dal destinatario;

una copia è trattenuta dal produttore;

l’altra copia dal trasportatore.

Nel caso in cui il trasporto è effettuato dal destinatario, questo dovrà conservare anche la copia del

DDT prevista per il trasportatore.

Il documento commerciale deve essere firmato sia dal produttore che dal trasportatore e le copie dei

documenti commerciali devono essere conservate per un periodo di almeno due anni, a disposizione

per eventuali controlli degli organi di vigilanza.

Registro delle partite

Gli operatori che spediscono, trasportano e ricevono SOA e prodotti derivati sono obbligati a tenere

aggiornato un registro di carico-scarico delle partite. Questo registro, numerato pagina per pagina,

deve essere vidimato dall’U.O. Veterinaria dell’ASP di competenza sul territorio.

Le informazioni che il registro deve riportare sono conformi a quanto previsto all’allegato VIII,

capo IV del Reg. 142/2011.

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Il Sistema di Autocontrollo

Oltre ad ottemperare all’obbligo della tracciabilità e rintracciabilità, gli operatori che effettuano la

lavorazione, la trasformazione in biogas e compost di sottoprodotti, la fabbricazione di alimenti per

animali da compagnia, la manipolazione e il magazzinaggio di più di una categoria di SOA o di PD

nello stesso stabilimento o impianto, devono predisporre, attuare e mantenere una o più procedure

basate sui principi dell’analisi di rischio e punti critici di controllo (HACCP - Hazard Analysis and

Critical Control Points).

La produzione dei SOA

La produzione dei SOA avviene soprattutto all’interno dei mattatoi a seguito del ciclo di

macellazione animale, in questo caso di capi bovini.

Ciclo di macellazione bovina

Fase pre-macellazione

Il ciclo di lavorazione della carne bovina comprende anche la fase di pre-macellazione.

Questa fase ha inizio dopo il trasferimento e l’arrivo degli animali agli stabilimenti di macellazione

e comprende:

l’identificazione,

l’ispezione ante-mortem,

la movimentazione dei bovini lungo il corridoio di accesso alla gabbia di stordimento e di

abbattimento.

Identificazione degli animali

L’identificazione degli animali, dopo il loro arrivo al macello, è eseguita dal veterinario ufficiale o

dal tecnico della prevenzione, allo scopo di verificare che tutte le informazioni contenute nel

documento di accompagnamento (modello 4) e della cedola identificativa (passaporto) siano

compilate correttamente e rispondenti alla verità.

La visita ante-mortem

La visita ante-mortem dei bovini viene effettuata, di norma, al momento dello scarico degli stessi,

oppure presso la stalla di sosta dello stabilimento entro le 24 ore dal loro arrivo. Durante la visita, il

veterinario dovrà verificare che l’animale sia pulito, sano, in condizioni soddisfacenti di benessere e

individuare eventuali segni riferibili a trattamenti fraudolenti.

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La movimentazione degli animali

Per quanto riguarda la movimentazione degli animali lungo il corridoio di accesso alla gabbia di

stordimento, il loro trasferimento deve avvenire velocemente ma nel modo più tranquillo possibile

per gli animali, evitando quindi ogni atteggiamento che possa provocare panico, stress o inutili

sofferenze. Solamente per i bovini adulti (per indurli a procedere) è possibile usare strumenti che

provocano scariche elettriche da applicare per non più di due secondi e soltanto ai muscoli

posteriori.

Una volta che il bovino ha raggiunto la gabbia di contenzione ha inizio il processo di macellazione,

il quale prevede le seguenti fasi fondamentali:

Stordimento

Dissanguamento

Scuoiamento

Eviscerazione

Divisione in mezzene o quarti

Visita veterinaria e bollatura

Stoccaggio in cella e refrigerazione

La fase di stordimento dei bovini, presso il macello di Villabate, viene eseguita attraverso

l’utilizzo di una pistola captiva, provvista di una punta di ferro di 6 cm, che penetrando nel cranio

dell’animale ne provoca un rapido stordimento, ma non l’uccisione.

L’animale, ormai stordito, viene agganciato per un arto posteriore (con apposita catena con gancio),

sollevato, appeso alla guidovia di dissanguamento, e trasportato a testa in giù fino alla linea di

dissanguamento, dove un operatore andrà a recidere i grandi vasi sanguigni del collo del bovino (la

carotide o la vena giugulare) così da provocare la morte dell’animale per anemia acuta.

Il sangue ricavato è raccolto in un’apposita vasca di dissanguamento, in acciaio inossidabile,

collegata ad una grossa cisterna che viene regolarmente svuotata dalla ditta convenzionata con il

macello per il trasporto ai centri di trasformazione o di smaltimento.

In questa fase si ha la produzione del primo SOA generato all’interno di un stabilimento di

macellazione, ovvero il sangue che è un sottoprodotto di categoria 3.

Una volta eseguito il dissanguamento, si procede all’asportazione della testa e delle zampe

anteriori e posteriori del bovino.

La testa viene appesa in una gancera e, attraverso una guidovia, viene trasportata e lavorata in

appositi locali di rasatura, scuoiatura e di sezionamento; in quest’ultimo locale, dopo visita

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sanitaria, viene asportata la lingua e viene disossata la testa che viene poi appesa per l’asciugatura.

Il cranio compresi gli occhi e le tonsille vanno eliminati come MSR.

La tranciatura delle zampe posteriori deve essere preceduta dallo scuoiamento della parte per

l’evidenziazione del tendine d’Achille (necessario per agganciare il bovino); durante questa fase è

pertanto necessario ricorrere a due coltelli. Una volta asportate le zampe vengono gettate in un

apposito contenitore e destinate al cosiddetto rendering.

Il termine rendering include tutti quei metodi di trasformazione standard ed alternativi che portano

alla produzione di grassi, farine e altri prodotti ad interesse industriale visualizzabili all’allegato

IV, capo III e capo IV del Regol. 142/2011.

NB: le zampe sono Soa di categoria 3.

La fase successiva è quella dello scuoiamento, attraverso cui si rimuove totalmente la pelle

dall’animale (Soa di categoria 3). Il macello di Villabate utilizza una scuoiatrice rapida a trazione o

a strappo: i lembi di pelle, leggermente distaccati durante il pre-scuoiamento, sono collegati con

catene e morsetti, ad un cilindro che, girando, arrotola la pelle che viene strappata dall’alto (coda) al

basso (spalla). Le pelli così ottenute vengono poi riposte in un apposito locale in attesa del trasporto

verso il luogo di lavorazione.

Dopo lo scuoiamento, la fase seguente è l’eviscerazione. L’operazione consiste nel taglio della

parte ventrale dell’animale e nella successiva asportazione degli organi interni (o visceri, o

interiora, o frattaglie) alcuni dei quali andranno a costituire la corata (polmone, cuore, diaframma,

trachea, laringe, esofago, fegato), mentre i restanti verranno allontanati dalla linea principale di

macellazione mediante nastri trasportatori verso la tripperia. In questo locale, gli stomaci e gli

intestini vengono svuotati, lavati e lavorati. Si avrà così produzione di: stallatico e di contenuto del

tubo digerente (Soa di cat. 2).

I visceri, essendo dei MSR, dopo essere stati gettati nell’apposito contenitore, vengono colorati con

il blu di metilene per evitarne la vendita fraudolenta.

Successivamente la carcassa viene tagliata a metà, longitudinalmente, con una sega lungo la spina

dorsale, ricavandone così due parti dette mezzene, che vengono ulteriormente divise in quarti.

Vicino all’operatore deve essere sempre presente un contenitore per MSR, per il deposito del

midollo spinale asportato.

In seguito dell’ispezione sanitaria che ha come obiettivo di rilevare eventuali malattie che possono

essere pericolose per la salute pubblica o casi di contaminazioni, le mezzene, le interiori (fegato) e

le teste (lingua, mandibola) sono sottoposte a bollatura sanitaria sotto il controllo del veterinario.

(APPUNTO La bollatura garantisce che le carni sono state giudicate idonee al consumo umano e

riporta il numero di riconoscimento dello stabilimento di produzione).

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La bollatura è seguita dalla docciatura delle mezzene e refrigerazione a 7 °C entro 24 ore, mentre le

frattaglie sono refrigerate a 3 °C.

In tutte le fasi della macellazione si ha la produzione di notevoli quantità di sangue, devono quindi

essere previste delle canalette di raccolta al fine di garantire buone condizioni igieniche degli

ambienti di lavoro.

Identificazione e stoccaggio temporaneo dei SOA

I sottoprodotti di origine animale, una volta generati durante il ciclo di macellazione, devono essere

temporaneamente stoccati in contenitori ermeticamente chiusi, resistenti alla corrosione, costruiti in

materiale facilmente lavabile e disinfettabile, identificati mediante apposizione di una striscia

inamovibile alta almeno 15 cm e di lunghezza tale da renderla evidente.

Tale striscia deve essere di diverso colore in relazione alla categoria di materiale trattato:

nero, per il materiale di categoria 1;

giallo, per il materiale di categoria 2;

verde, per il materiale di categoria 3.

I macelli sono, quindi, responsabili della corretta identificazione e raccolta dei sottoprodotti

generati, i quali devono essere consegnati senza indebiti ritardi ed esclusivamente in condizioni

idonee a prevenire i rischi per la salute pubblica e degli animali.

Qualora la raccolta dei SOA non venga effettuata giornalmente, nell’area del macello:

i contenitori devono essere conservati a temperatura di refrigerazione;

deve essere disponibile un luogo recintato per l’immagazzinamento temporaneo dei prodotti

del metabolismo (letame, contenuti del rumine, dello stomaco e dell’intestino).

Raccolta e trasporto

Dai siti di produzione, i SOA devono essere allontanati e trasportati esclusivamente mediante

automezzi o contenitori autorizzati dal Servizio Veterinario dell’ASP competente per territorio, nel

rispetto delle condizioni previste dal Regolamento (CE) 1069/2009.

Tali veicoli e contenitori devono essere identificati con targa inamovibile di metallo, o di altro

materiale idoneo, riportante l’indicazione della Regione, dell’ASP competente ed il numero

identificativo assegnato sulla base dell’ordine di registrazione. Inoltre, tutti i veicoli, recipienti, o

imballaggi devono, attraverso l’applicazione di un’etichetta, indicare chiaramente la categoria dei

SOA trasportati. Su questa etichetta devono inoltre figurare i colori e le diciture seguenti:

il colore nero e la scritta «destinato solo all’eliminazione o all’incenerimento» oppure

«destinato allo sfruttamento energetico e al successivo incenerimento» nel caso di SOA di

categoria 1;

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il colore giallo e la scritta «non destinato al consumo animale» nel caso di SOA di cat. 2;

il colore verde e la scritta «non destinato al consumo umano» nel caso di sottoprodotti di

origine animale di categoria 3.

L’etichetta apposta sui veicoli o sui contenitori scarrabili deve avere dimensione di cm 50x35 (per

piccoli contenitori cm 20x30) e l’altezza dei caratteri non devono essere inferiori a 5 cm.

Ulteriore precisazione i veicoli scarrabili impiegati dalle ditte che trasportano Soa di cat. 3

possono essere dotati di:

– apertura sulla superficie superiore, il cui funzionamento idraulico è azionabile da un operatore a

terra;

– cassone reclinabile;

– apertura della faccia posteriore.

Dopo la raccolta dei SOA, essi vengono trasportati direttamente presso l’impianto di destinazione

finale (per lo smaltimento o trasformazione) oppure giungono presso l’impianto di stoccaggio

temporaneo dove avverrà il trasferimento dei Soa dai veicoli scarrabili agli autoarticolati per il

successivo e tempestivo trasporto presso l’impianto di destinazione finale.

Successivamente, i contenitori e i veicoli (comprese le ruote) devono essere sottoposti a lavaggio e

disinfezione. Quest’area deve presentare pavimenti impermeabilizzati, costruiti in modo tale da

facilitare la canalizzazione dei liquidi verso la fognatura, e pareti lisce, di color bianco, anch’esse

facili da pulire e disinfettare. Le avvenute operazioni di sanificazione devono essere attestate dal

titolare dell’impianto, o dal suo delegato, e riportate sul documento di trasporto con l’indicazione di

data, ora e luogo.

Destino finale dei SOA

I SOA e PD dopo essere stati identificati e raccolti dai luoghi di produzione sono trasportati, in

modo temporaneo o definitivo, presso uno o più dei seguenti impianti:

– impianti di produzione di alimenti per animali da compagnia;

– impianti di incenerimento e coincenerimento;

– impianti di produzione di biogas e di compostaggio;

– impianti di trasformazione di categoria 1, 2 e 3.

(Requisiti degli impianti negli allegati del Reg. UE/142/2011)

Smaltimento o riutilizzo sicuro dei SOA?

In Italia, smaltire tutti i sottoprodotti di origine animale non è un’opzione realistica, in quanto

comporterebbe costi insostenibili e rischi rilevanti di carattere sanitario per la salute pubblica,

animale e per l’ambiente. Fortunatamente, lo smaltimento dei SOA in discarica autorizzata o

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attraverso inceneritori non è l’unica opzione ad oggi disponibile, poiché i SOA o i PD - grazie alle

nuove tecnologie - possono essere utilizzati in un ampio numero di settori produttivi, quali ad

esempio nelle industrie farmaceutiche, mangimistiche, del pellame, e per la produzione di energia.

Lavorazione di SOA di cat. 3 presso impianti di trasformazione.

Tutti gli stabilimenti che effettuano trasformazione di SOA devono disporre di una zona “pulita” e

di una zona “sporca”, adeguatamente separate. Inoltre, devono essere idoneamente riconosciuti

dall’ASP competente per territorio.

L’impianto da noi analizzato effettua la lavorazione del grasso bovino per l’ottenimento di:

grasso animale grezzo fuso;

cicciolo.

Per ottenere questi due prodotti, le fasi operative sono le seguenti:

innanzitutto, il grasso viene separato dalle ossa degli scarti animali e selezionato accuratamente

per evitare la presenza di residui;

dopo essere stato tagliato ad una dimensione di 2-4 cm, il grasso viene messo all’interno di

un’apposita caldaia dove avviene la cottura a 170°C ad una pressione di 2,5 bar;

terminata questa fase, l’operatore, aprendo la valvola presente nella parte inferiore di questo

“pentolone”, favorisce il trasferimento del grasso fuso all’interno di un pozzetto di raccolta;

Il grasso residuo, invece, viene estratto attraverso un’apposita schiumarola e messo all’interno

di una pressa, e torchiato.

Il grasso che fuoriesce dopo la pressatura, tramite un’apposita conduttura, viene inviato

all’interno del pozzetto di raccolta e poi mediante una pompa, viene trasferito all’interno di un

silos.

Dal residuo del grasso spremuto si ottiene il cicciolo, ingrediente di base per la produzione del

tipico prodotto alimentare palermitano denominato “frittola”.

Il secondo impianto da noi visionato a seguito della trasformazione degli scarti animali a basso

rischio produce:

farine proteiche, da impiegare come fertilizzanti organici e come alimenti per animali da

compagnia;

grassi animali colati grezzi, da utilizzare nell’industria dei saponi, dei detergenti e nel settore

farmaceutico.

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La trasformazione dei SOA avviene attraverso il seguente processo operativo:

Gli automezzi una volta giunti nello stabilimento vengono pesati e attraversando un

percorso obbligato raggiungono l’interno dell’impianto dove scaricano il materiale nelle 2

vasche di accumulo;

Il materiale dalle due vasche di accumulo è trasferito attraverso appositi trasportatori a vite

(coclee) al frangi-ossa dove viene frantumano e ridotto a dimensioni inferiori a 30 mm

(metodo di trasformazione n. 4);

Il prodotto così omogeneizzato, tramite coclee, viene avviato alla cottura; fase che avviene

ad una temperatura di 110°C per almeno 13 minuti, all’interno di due autoclavi discontinue;

Dalle autoclavi il materiale passa all’interno di 2 cuocitori da cui si ha la formazione di due

distinti prodotti:

o grasso colato;

o ciccioli.

Il grasso colato, viene canalizzato in una condotta adiacente alla coclea di trasporto dei

ciccioli e trasportato alle presse.

Dopo la spremitura, il grasso viene pompato in un decantatore e successivamente

centrifugato, filtrato e stoccato in appositi silos coibentati che mantengono una

temperatura idonea per evitare che il grasso condensi;

I ciccioli ricavati dal cuocitore vengono trasferiti, mediante coclee, in due presse continue,

per un’ulteriore estrazione del grasso.

Quando il materiale risulta essere privo di umidità passa all’interno di un mulino a martelli,

diventando così farina.

La farina una volta prodotta, tramite un elevatore a tazze viene stoccata all’interno dei silos

posti esternamente al capannone.

Attività di vigilanza

Al fine di garantire la coerenza della legislazione comunitaria, i controlli ufficiali - in materia di

SOA e PD - devono essere realizzati conformemente ai principi generali e nell’ambito dei Piani di

Controllo Pluriennali (PNI) stabiliti dal Regolamento (CE) n. 882/2004.

L’attività di vigilanza, esercitata dai Tecnici della Prevenzione e/o Veterinari Ufficiali, viene

effettuata lungo tutta la filiera di produzione dei SOA - dallo starting point fino all’end point -

conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, del Regolamento 1069/09.

I controlli svolti lungo la catena di produzione dei sottoprodotti hanno l’obiettivo di verificare la

corretta gestione dei SOA, nonché i requisiti igienico-sanitari, strutturali, gestionali e di

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autocontrollo di macelli, stabilimenti di sezionamento, macellerie, pescherie, caseifici, depositi

frigoriferi e così via.

Per cui, l’attività ispettiva deve riguardare:

– la verifica delle condizioni igieniche dei locali, attrezzature, personale;

– la verifica dell’esistenza, nel piano di autocontrollo, di una specifica procedura per la gestione

dei SOA;

– la corretta identificazione dei contenitori;

– le modalità di raccolta e di trasporto dei sottoprodotti;

– la loro corretta destinazione;

– il loro corretto smaltimento o recupero;

– il controllo dei documenti commerciali o dei certificati sanitari e del registro delle partite

(qualora sia previsto).