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OTTOBRE 2011 – N. 5

I sotterranei di Santa Maria in Via Lata e la ricognizione del pozzoL’indagine subacquea ha rivelato l’esistenza di un cunicolo sconosciuto di Silvio Valenti(indagine subacquea, contributi grafici e fotografici a cura di Angelo Mele e Massimo Trippini)

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Rifugi e bunker antiaerei di Roma Un patrimonio storico da recuperare e valorizzare

di Lorenzo Grassi

La basilica di San Nicola in Carcere Uno scrigno nascosto nel cuore di Roma antica

di Davide Comunale

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Santa Maria in Via LataPrime analisi dei materiali ceramici

di Giulia Doronzo15

CONFERENZE e CONVEGNI pag. 37

SOMMARIO

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5ARCHEOLOGIA SOTTERRANEAn. 5 | ottobre | 2011

di Silvio Valenti

I sotterranei diSanta Maria in via Lata

e la ricognizione del pozzoL’indagine ha rivelato l’esistenza di un cunicolo sconosciuto

SUMMARY. The hypogeum of Santa Maria in Via Lata and its ancient well. There is an ancient diaconia under the church of Santa Maria in Via Lata, modern Via del Corso (Rome). In the Middle Ages the Church created diaconias for charity and help to the poor. The underground oratory consists of seven rooms whose walls were built between the pillars of a first century AD hypostyle porticus that ran parallel to the ancient Via Flaminia. The rooms preserve a symmetrical aspect and shape in which a few pillars in travertine are still visible in the corners of the rooms. At the beginning of 2010 CRSA – Centro Ricerche Speleo Archeologiche – was commissioned to carry out a reconnaissance of a very ancient well that according to legend contains water used by Saint Paul to baptize the faithful. The well is cylindrical in shape, slightly wider at the bottom than at the top. The water level from the surface to the bottom of the well is higher than 1,5 metres. The walls are made in two types of masonry. The top part consists of bricks and cement, the lower part consists of irregularly shaped blocks. Moreover underwater research has revealed a horizontal channel at the bottom of the well with a diameter of about 70 centimetres that is running towards the east and is blocked by muddy debris that has prevented exploration.

Sopra l’ingresso settentrionale dei sotterranei della chiesa di Santa Maria in via Lata, odier-na via del Corso a Roma, si trova l’iscrizione marmorea latina che celebra i restauri effet-

tuati negli ambienti sottostanti “Un tempo affossa-ti ed inaccessibili per cumuli di terra”, terminati per volere del Pontefice Papa Alessandro VII nell’anno del Signore 1661.

Prima di allora ciò che si trovava al di sotto della chiesa versava in condizioni di tale abbandono che fu persino ipotizzato di demolire una volta per sem-pre ciò che rimaneva dell’antica Diaconia e di tutte la altre strutture ad essa annesse, come peraltro av-

veniva assai di frequente ai tempi delle costruzioni dei palazzi della nobiltà romana durante l’epoca rinascimentale. Così non fu e, al contrario, Alessan-dro VII decise di conservare la memoria di questo “Luogo sacro e nobile per antica venerazione ove si tramanda già dai primissimi tempi che S. Paolo Apostolo abbia a lungo dimorato”, e di lasciare che i fedeli vi entrassero.

Dopo molti secoli, oggi è ancora possibile esplo-rare un luogo che conserva un fascino molto parti-colare e che getta uno sguardo sulla cristianità più antica di Roma, nei periodi più lontani del Medioe-vo in Campo Marzio.

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La cripta paleocristiana

L’antica Diaconia di Santa Maria in via Lata è com-posta da sette vani (oggi sotterranei) le cui pareti fu-rono innalzate tra i pilastri di un portico su colonne (ipostilo) che correva parallelamente all’antica via Fla-minia costruito intorno al I sec. d.C. Le stanze infatti conservano un aspetto ed una forma simmetrica in cui si possono ancora vedere alcuni dei pilastri in traverti-no posizionati agli angoli dei vani. (Fig. 1)

Fino a tutto il secolo XIX si ritenne, a torto, che questo porticato fosse ciò che rimaneva di una parte dei Saepta Iulia, ovvero gli antichi luoghi di riunione (comitia) per le assemblee elettorali istituite da Augu-sto. Studi successivi stabilirono che i Saepta Iulia do-vevano invece trovarsi più a Ovest in corrispondenza dell’area del Pantheon1.

In una successiva fase edilizia risalente al III-IV sec d.C. il sito fu trasformato ad uso commerciale ricavan-do dei magazzini (horrea). A questo periodo farebbe riferimento anche la costruzione di un soppalco o di un piano rialzato al suo interno e di un tetto a volta. L’intero complesso (porticato e magazzini) doveva es-

sere di un altezza pari a circa 8 metri dal suolo (Fig. 2). Questa trasformazione di luoghi un tempo adibiti a usi rappresentativi e celebrativi del popolo di Roma e delle sue famiglie più potenti a zone commerciali se-gna un cambiamento molto importante nella vita della città in epoca tardo-antica, dimostrando una notevole intensificazione delle attività economiche e dei traffici commerciali con l’utilizzo di spazi un tempo di domi-nio pubblico.

Il lento e graduale periodo di transizione tra la fine dell’Impero e l’inizio dell’epoca medievale, per quan-to riguarda soprattutto la città di Roma, si svolse in continuità con le antiche usanze e tradizioni cittadine. Le attività di distribuzione dei beni di prima necessità, come la frumentatio, ovvero la distribuzione gratui-ta del pane al popolo, avvenivano negli spazi predi-sposti dalla Cura Annonae. A partire dal VII sec. d.C., all’interno di molti di questi centri di distribuzione la Chiesa istituì le Diaconie che erano dedite alla carità e all’assistenza dei poveri favorendo l’unità del tessuto cittadino con un’azione improntata all’amore verso il prossimo.

1. G. Gatti Bull.Comm.Archeol. Com., LXII 1934 pagg. 123-133.

Fig.1. Vano VII, Parete Ovest. I pilastri angolari dell’antica Porticus.

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É in questo contesto che dobbiamo collocare la na-scita dell’Oratorio e della Diaconia di Santa Maria in via Lata. Intorno all’anno Mille a Roma vi erano ben sedici Diaconie, tutte dislocate in punti nevralgici della città, come ad esempio la Diaconia di San Nicola in Carcere al Foro Olitorio, di Santa Maria in Cosmedin al Foro Boario, di Sant’Angelo in Pescheria al Foro Piscario.

Una volta caduti in disuso, gli horrea situati lungo l’antica via Lata subirono delle trasformazioni; i muri in laterizio che dividevano le celle furono abbattuti per ottenere degli ambienti allungati a galleria nei quali fu poi istituita la diaconia. Le fonti ecclesiastiche fanno risalire tale istituzione al papato di Sergio I (687-701)2 anche se la datazione è ancora incerta. La frequenta-zione dell’oratorio è, invece, attestabile almeno fino al XII secolo.

La basilica medievale

L’edificazione della Basilica medievale sui resti del-la diaconia risalirebbe, secondo i documenti riportati da Gavazzi3, all’anno 1049 sotto il pontificato di Leo-ne IX. L’edificio venne realizzato con la facciata rivolta verso l’odierna piazza del Collegio Romano e l’absi-de addossata all’Arcus Novus4. All’epoca, accanto alla chiesa esisteva l’antico monastero di S. Ciriaco, molto più grande ed esteso, situato in prossimità dell’odier-no Palazzo Doria Pamphili. Il monastero fu dismesso nel 1461 per decreto papale ed alcuni dei numerosi possedimenti e rendite passarono alla chiesa di Santa Maria in via Lata.

Molto verosimilmente l’edificazione della basili-ca sugli ambienti dell’oratorio fu decisa per via delle

2. R. Pardi; La Diaconia di Santa Maria in Via Lata. Ist. Pol. Z. St. Roma, 2006.3. L.Gavazzi: La Diaconia di Santa Maria in via Lata e il monastero di S.Ciriaco, Roma 1908, pag. 80. Il documento è andato perduto come riportato

dall’autore.4. Arco Trionfale nei pressi della basilica di Santa Maria; eretto nel 303-304 da Diocleziano e Massimiano per celebrare la riconquista della Britannia

nel 303 d.C.

Fig.2. Pianta schematica del Porticato Romano.

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frequenti inondazioni del Tevere in quella zona del Campo Marzio. Le cronache dell’epoca, infatti, rac-colte nella monografia di Monsignor Luigi Gavazzi riportano che il livello dell’acqua arrivò, negli episodi più disastrosi, al disopra dell’entrata dell’oratorio.

Nel 1491, sotto il papato di Urbano VIII, a causa delle cattive condizioni della basilica medievale, si de-cise l’edificazione di una nuova chiesa facendo ruo-tare la facciata di 180 gradi (orientata con la facciata come la vediamo oggi, su via del Corso) che comportò anche una parziale trasformazione degli ambienti sot-terranei, di cui soltanto una parte fu utilizzata come cripta della chiesa superiore. Vi si accedeva attraverso una porta arcuata che si apriva nel vano I. Una volta entrati nel sotterraneo, solo i primi due vani erano accessibili. La vecchia abside fu murata con mattoni e cemento per consolidare la facciata.

Le notizie di cronaca riportano che i lavori di riedi-ficazione della nuova chiesa si protrassero per ben 15 anni perché “disturbati” dalle frequenti inondazioni del Tevere (specialmente quella del 1496). I resoconti dell’epoca descrivono inoltre, in toni poco lusinghieri, che i lavori furono eseguiti con scarsa attenzione tan-to che al termine erano evidenti diverse asimmetrie tra le navate.

I lavori si conclusero nel 1506 ma continuarono in-terventi correttivi e di aggiustamento fino a che verso la fine del XVI secolo la chiesa quattrocentesca venne demolita e ricostruita come oggi la vediamo.

Nel corso dei secoli, l’antica Diaconia deve aver su-bito prolungati periodi di abbandono dovuti sia alle frequenti inondazioni del Tevere che all’innalzamento del livello stradale di questa zona del Campo Marzio. E’ probabile che si sia tentato di coprire gli ambienti della diaconia con del terreno di riporto fino ad un certo livello senza però ottenere risultati soddisfacen-ti. Nel 1594 per ripristinare l’antico oratorio fu dato incarico al muratore Agostino Gasoli di sopraelevare di circa 1 metro il pavimento della Diaconia e l’imboc-co di un pozzo che si trova nel sotterraneo.5 Furono ripristinati gli ambienti V e VI dove furono sistema-ti rispettivamente l’altare col bassorilievo marmoreo e l’altare cosmatesco (Fig.3) e aggiunta un’ulteriore scala di accesso al sotterraneo. La cripta della chiesa di Santa Maria in via Lata fu inaugurata nel 1661, un anno prima del completamento della facciata ad ope-ra di Pietro da Cortona.

5. L.Cavazzi : La Diaconia di Santa Maria in via Lata e il monastero di S.Ciriaco, Roma 1908, pag. 378.

Fig.3. Vano VI, Altare romano con decorazioni in stile Cosmatesco.

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6. L’ipotesi più accreditata è che si tratti di una copia del XII sec.

I reperti e gli affreschi

Entrando nei sotterranei dall’ingresso situato a via del Corso 306 si accede al vano I. (Fig. 4) Addossata al muro si trova un’antica colonna in granito con capitel-lo corinzio, sormontata da un vaso marmoreo, forse un’antica urna funeraria con il cristogramma costanti-niano. Sulla colonna sono incise in senso diagonale le parole latine “Verbum Dei non est alligatum” (La paro-la di Dio non è incatenata), sono inoltre visibili le tracce ferruginose degli anelli della catena che un tempo era avvolta intorno ad essa.

Una leggenda narra che in questo sito, poi trasfor-mato in diaconia, vi fosse una stazione apostolica dove dimorarono i SS. Luca Evangelista e Paolo Apostolo e che la colonna venne usata per incatenare San Paolo

durante la sua presunta prigionia in attesa del proces-so. Qui il principe degli Apostoli scrisse numerose let-tere ai fedeli. Si narra, inoltre, che San Luca Evangelista abbia dipinto il ritratto della Vergine Maria ora situa-to sull’altare della Basilica superiore6. In questo stesso vano si trova il pozzo di cui si è detto, il quale attinge direttamente alla falda acquifera. (Fig. 5)

Gli ambienti II e V corrispondono alla navata cen-trale dell’antica diaconia che, come si è detto, aveva un orientamento diametralmente opposto rispetto alla Basilica attuale. Il pavimento dei vani II e IV è ribassato rispetto all’originale essendo il livello rag-giunto dagli scavi che Gavazzi eseguì nel 1905 ed è costituito da frammenti di lastre di marmo. Nel vano II, sul muro a ovest si trova l’abside affrescata tampo-

Fig.4. Planimetria dei sotterranei di Santa Maria in via Lata con vista delle differenti Fasi Edilize,(da Krautheimer 1973).

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Fig.5. Il pozzo sacro.

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nata da una muratura eseguita durante la costruzione della facciata superiore.

Sia l’abside che le pareti laterali presentano resti di antichi affreschi eseguiti a tinte vivaci databili al X sec. circa. Addossato al muro settentrionale del vano II si trova un antico altare paleocristiano in muratura con intonaci affrescati. Al di sopra dell’altare i resti di un affresco raffigurante il Cristo Crocifisso.

Il vano V è rialzato e vi si accede tramite una scala. Sulla parete è presente un altare sormontato dal basso-rilievo eseguito da Cosimo Fancelli (metà del XVII sec.) con figure dei Santi Pietro, Paolo, Luca e Marziale. Tra i vani e IV e V, durante gli scavi del 1905, fu scoperto un antico passaggio a volta sui cui stipiti furono rinvenuti i ritratti dei martiri Giovanni e Paolo venerati nella basi-lica loro intitolata al Celio, databili alla fine dell’VIII sec. Sulla parete nord del vano IV fu scoperto un palinsesto di affreschi disposti uno sull’altro. Sullo strato inferiore, più antico, sono dipinte delle scene tratte dall’episodio dei Sette dormienti di Efeso mentre nel superiore (che copriva parzialmente il primo) ci sono episodi del mar-tirio di S. Erasmo. Negli anni ‘60 del XX secolo il Con-siglio Superiore delle Antichità e delle Belle Arti for-mulò un piano di intervento per salvaguardare queste opere già minacciate seriamente dal degrado (dovuto all’umidità e alle termiti) che portò alla rimozione de-gli affreschi. Durante le operazioni di strappo furono scoperti ulteriori dipinti che proseguono la narra-zione dei Sette dormienti di Efeso. Si tratta della più antica e articolata raffigu-razione di questa leggen-da che mostra oltretutto notevoli analogie con le fonti greche più antiche. Le datazioni di questi af-freschi devono collocarsi secondo gli studiosi, per il ciclo più antico al VII sec., quello più recente all’VIII7. All’interno del vano III, scoperto dal Gavazzi, fu rinvenuto l’affresco che ritrae “L’orazione di Gesù nell’orto del Getsemani”, coevo ai dipinti più antichi. Gli affreschi, restaurati, sono oggi esposti al Museo Nazionale Romano Crypta Balbi.

Un intervento straordinario: l’ispezio-ne del pozzo

All’inizio del 2010 i canonici della Basilica hanno incaricato il CRSA – Centro Ricerche Speleo Archeo-logiche – di effettuare una ricognizione del pozzo di cui si è detto, per verificare la tenuta generale delle strutture.

Si tratta di un manufatto molto antico, la cui ac-qua, secondo le fonti agiografiche, sarebbe stata utilizzata da Paolo per battezzare i fedeli. Per lungo tempo le messe cantate, celebrate soprattutto du-rante la ricorrenza dei Santi Pietro e Paolo, hanno mantenuta viva questa memoria e l’acqua del pozzo, ritenuta miracolosa, veniva bevuta dai cristiani che vi partecipavano. Per noi rappresenta un’importante testimonianza storica sull’utilizzo dei pozzi a Roma durante il lungo periodo medievale in cui la città si trovò senza approvvigionamenti idrici a causa del ta-glio degli acquedotti a seguito delle guerre gotiche perciò possiamo ritenere, verosimilmente, che questo fosse ben noto agli abitanti della zona e molto fre-quentato.

Il livello della falda idrica visibile nel pozzo si tro-va a circa 5,30 m sotto il livello stradale. (Fig. 6) Sin dai tempi antichi le fonti latine parlano dell’esistenza nel Campo Marzio di uno stagno, non lontano dall’antica Diaconia, noto come “Palus Caprae”, alimentato da

due rivi, l’amnis Petro-nia e l’amnis Sallustiana (citato da Rodolfo Lan-ciani come “Palude dalle malsane esalazioni”) che testimonia gli antichi usi di sacrificare qui le capre fin dagli inizi della civiltà laziale8. La presenza di acquiferi nella zona del Campo Marzio quindi è ben nota sin dall’antichi-tà. Fu Giulio Cesare per primo ad avviare la bo-nifica di quest’area ma, fu Agrippa a portarla a termine su commissione di Augusto alla fine del I sec. a.C.

Nel corso dei secoli la falda dell’acqua ha subito delle variazioni di livello attraverso il concorso di tre fattori: la lenta e progressiva urbanizzazione, gli ac-

7. R. Pardi; La Diaconia di Santa Maria in Via Lata. Ist. Pol. Z. St. Roma, 2006, pagg.68-69.8. Cf ad es. F.Coarelli, Il Campo Marzio, dalle origini alla fine della repubblica, 1997, pag. 18; Ed. Quasar; La casa Romana: nella storia della città

dalle origini all’ottocento. Di Luciana Basciali Et Al. V.1, Alinea Ed. 2000.

Fig.6. La falda acquifera visibile nel pozzo.

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cumuli derivati dalle frequenti inondazioni del Tevere e la costruzione dei suoi muraglioni verso la fine del XIX secolo, che hanno causato, soprattutto negli ulti-mi tempi, la totale sommersione di antichi ipogei su-perstiti del Campo Marzio. Un celebre esempio è il se-polcro sommerso di Aulo Irzio situato sotto il Palazzo della Cancelleria nelle adiacenze di Campo de’ Fiori.

Per la ricognizione del pozzo, che è stato ispezio-nato in immersione totale, si è reso necessario l’utiliz-zo di attrezzature speciali impiegate nella speleologia subacquea (bombole d’ossigeno e respiratori).

La prima rilevazione ha evidenziato detriti di ori-gine varia (frammenti di vecchi utensili, porzioni in-complete di murature, schegge di intonaco, ecc.), che potevano nascondere eventuali difetti strutturali alla base e ai lati del pozzo, per cui si è proceduto ad una parziale rimozione di una parte dei rifiuti ponendo una particolare attenzione a tutti quegli elementi che potessero fornire informazioni utili alla comprensione delle origini del deposito.

Nel lento e laborioso processo di pulitura sono emersi numerosi materiali rimasti custoditi nell’acqua da lungo tempo che posseggono l’intrinseco fascino delle storie mai raccontate.

Sono riemersi frammenti ceramici di vasellame, di argenteria, vari calici, chiavi e chiavistelli risalenti a di-versi periodi; inoltre una catena di ferro che un tem-po potrebbe essere stata avvolta attorno alla colonna. Queste testimonianze sono state esposte in una vetri-na all’interno dell’oratorio. I primi risultati sullo studio dei reperti vengono illustrati più approfonditamente nell’articolo che segue di Giulia Doronzo. Il pozzo è di forma cilindrica, più larga alla base che va restringen-

dosi lievemente verso l’alto. Il livello dell’acqua dal-la superficie al fondo attualmente percepibile del pozzo è superiore al metro e mezzo

Le pareti del manufatto sono realizzate con due diverse tipologie di murature. La parte superiore fu restaurata nel 1594 dal muratore A. Gasoli. Con questa opera il pavimento dell’oratorio e l’imboc-catura del pozzo furono sopraelevati entrambi di circa 1 metro. Il lavoro fu realizzato con mattoni e cemento. La parte inferiore del pozzo, invece ri-sulta di fattura più rozza, costruita con blocchi di forma irregolare, oggetto dell’indagine da parte del CRSA. L’indagine subacquea ha consentito inol-tre di rilevare un particolare difficilmente visibile da chi osserva dall’esterno: la presenza -alla base del pozzo- di un canale sommerso ad andamento orizzontale, del diametro di circa 70 cm, che si inol-tra in direzione est. Il cunicolo era quasi del tutto ostruito da detriti fangosi che ne hanno impedito l’esplorazione.

Alla luce di questa novità che nessuna fonte storico-archeologica cita, si è proceduto ad una se-conda ispezione che è stata effettuata tramite una videocamera subacquea per la difficoltà di poter ac-cedere in sicurezza.

Le immagini consegnate dal filmato mostrano un cunicolo colmato quasi completamente dal fan-go, dovuto presumibilmente a cause naturali ma forse anche antropiche, perciò il condotto potrebbe anche essere stato ostruito volutamente.

La volta dell’apertura sotterranea, che vediamo inoltrarsi per circa un metro e mezzo, sembra essere ad arco acuto almeno nella parte iniziale. (Fig. 7)

9. Cfr. Gavazzi op. cit. pag. 98.

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Fig.7. Pozzo di Santa Maria in Via Lata: Schema delle murature e illustrazione fotografica del sito e dei reperti.

La lastra che incornicial’imboccatura del pozzo.

I detriti presenti sul fondo del pozzoprima di iniziare l’intervento.

La catena recuperata tra i detritidurante il secondo intervento.

L’interno del pozzo.

Particolare dell’imboccaturadel pozzo.

L’esterno del pozzo.

L’accenno di cunicolo al terminedella prima giornata di lavoro.

0,80 x 0,60 mt.0,40 x 0,40 mt.

La lastra come architravesul lato Sud.

Il rivestimento internoAngolo WNW.

Il rivestimento interno lato Est.

Alcuni dei reperti ceramici recuperati tra i detriti durante il terzo intervento.

Il cunicolo ormai certo dopo il secondo giorno di lavoro.

PRIMA INDAGINE

SECONDA INDAGINE

3.00 mt

0.80 mt

0.80 mt

0.40 mt

1.20 mt

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Considerazioni

La presenza di cunicoli nei sotterranei della dia-conia non è mai stata documentata in modo certo. Le fonti medievali, soprattutto quelle provenienti dagli archivi capitolari consultati dal canonico Ga-vazzi, risalenti all’XI sec., riportano notizie in cui si parla di “grotte”, utilizzate come passaggi sotter-ranei tra l’antica Diaconia ed il vicino monastero di San Ciriaco; passaggi che furono definitivamente chiusi a seguito di imprecisate controversie.9 Questa informazione, purtroppo, non aiuta a spiegare che cosa effettivamente si trovasse al di sotto della Dia-conia; tuttavia fa ipotizzare che in questi ambienti ci fosse qualche struttura sotterranea forse più antica ancora in uso a quei tempi. Per cogliere il dato ar-cheologico che le fonti scritte medievali potrebbero contenere è necessario valutare attentamente la po-sizione stratigrafica del cunicolo individuato in fon-do al pozzo e metterla in relazione con le strutture adiacenti di epoca romana di cui si è a conoscenza. In questo caso abbiamo la fortuna di avere delle no-tizie che potrebbero fornire alcune risposte.

I resoconti pubblicati nelle Notizie degli Scavi del 1925 riportano le osservazioni fatte dall’Assistente della Regia Soprintendenza alle Antichità Cav. Pie-tro Mottini, il quale -in veste di osservatore arche-ologo- seguì gran parte dei lavori di canalizzazione delle condutture nel centro di Roma. In quella occa-sione, in piazza del Collegio Romano, in corrispon-denza dell’odierna via Lata, emersero alcuni tratti basolati di un’antica strada romana che si trova a una profondità di 5,30 m sotto l’attuale livello stra-

dale10. Se questa quota dovesse corrispondere al li-vello stradale romano che si trova nelle immediate vicinanze della Diaconia si potrebbe mettere in rap-porto stratigrafico con il suddetto cunicolo.

Dalle rilevazioni effettuate dal CRSA risulta che la volta del cunicolo scoperto in fondo al pozzo si trova a una profondità di 6 m circa sotto il livello stradale odierno11. Si potrebbe perciò ipotizzare che il pozzo e la sua funzione originale siano ricondu-cibili ad epoca romana (addirittura precedente alla prima fase edilizia, quella cioè del portico ipostilo) e che sia stato utilizzato ininterrottamente fino all’e-tà medievale, per poi essere definitivamente ostru-ito in seguito ai lavori di ricostruzione della chiesa superiore in concomitanza dell’innalzamento del suolo.

La possibilità di effettuare un rilievo più accura-to del cunicolo sommerso potrà fornire infine mol-te informazioni che potrebbero rivelarsi esplicative. In primis, se il cunicolo risultasse effettivamente scavato andrebbero riviste le stime di misurazione dell’altezza dei portici romani, che ora non sem-brano coincidere. Inoltre si potrebbe verificare se il condotto sia una struttura idraulica (considerando che qui doveva esistere l’emissario della Palus Ca-prae, mai individuato), oppure più semplicemente si tratti di un passaggio sotterraneo medievale. Capire e spiegare l’origine e la funzione di strutture come questa presente al di sotto di Santa Maria in via Lata è di indubbio interesse ma richiede sicuramente ul-teriori indagini che il CRSA - Centro Ricerche Speleo Archeologiche auspica di poter proseguire.

10. Not. Sc. 1925, pag. 235, in Sjoqvist, Studi intorno a Piazza del Collegio Romano, Opuscula Archaeologica 1946 V. 4.11. Non è possibile ad oggi stabilire la quota effettiva della base del cunicolo in quanto è quasi completamente riempita di detriti fangosi e materiale

antropico.

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di Giulia Doronzo

Santa Maria in via LataPrime analisi dei materiali ceramici

SUMMARY. Santa Maria in Via Lata, first analysis of pottery. The reconnaissance of a well under Santa Maria in Via Lata has allowed retrieving a lot of material of diverse nature such as pottery, metal, and glass. Preliminary analysis of these objects, in particular of the pottery shapes, indicates that this is only the beginning of a more in-depth study of all the found material that can provide useful information about the time period and context in which it was inserted and about the life and use of the well that, at a certain moment, after it had lost its primary function of place of drinking water supply, might have been used as a “dump” as the extracted material (chains, keys, coins and bits of plaster) seems to prove.

Lindagine ricognitiva all’interno del pozzo situa-to nei sotterranei di Santa Maria in via Lata, ha permesso di recuperare molti materiali di diver-sa natura, quali ceramica, metalli e vetri. L’anali-

si preliminare di tali oggetti, più particolarmente delle forme ceramiche, si propone di essere soltanto l’inizio di uno studio più approfondito di tutto il materiale rinvenuto che potrebbe fornire utili informazioni e datazioni sul contesto in cui era inserito e sulla vita e sull’utilizzo del pozzo che, ad un certo punto, dopo aver perso la sua funzione primaria di luogo per l’ap-provvigionamento d’acqua potabile, potrebbe essere

stato utilizzato come “butto” come sembrano dimo-strare i materiali estratti: catene, chiavi, monete e pez-zi di intonaco.

Un primo dato facilmente evidenziabile è che tut-te le forme ceramiche rinvenute sono riconducibili all’acqua, nel senso che si tratta di oggetti utilizzati per tirare su l’acqua dal pozzo oppure per contenerla o ancora impiegati sulla tavola, come suppellettili per bere (forme potorie).

Tra gli oggetti adoperati per il sollevamento dell’acqua sono stati rinvenuti diversi contenitori a collo stretto (orcioli) in ceramica acroma, di cui uno

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parzialmente integro (Fig.1), inquadrabili cronologica-mente al XVII secolo anche grazie alle fonti iconografi-che (Fig.2). Sono stati trovati anche svariati frammenti della stessa forma (Fig.3), il cui studio completo dopo la loro ricomposizione, porterà alla comprensione di quale fosse il numero effettivo degli orcioli rinvenuti.

Tra le ceramiche di fattura pregiata e finemente decorate abbiamo quelle da tavola, che servivano per mescere vino o acqua, come brocche e crateri, o per bere: bicchieri e tazze.

Questi oggetti sono indizio della ricchezza delle tavole sulle quali venivano apparecchiati e trovano riscontro in altri contesti romani come quello della Crypta Balbi, soprattutto nel monastero, poi diventato convitto, che si impostò nell’area del teatro di Balbo sull’odierna via delle Botteghe Oscure. La vicinanza ur-banistica –entrambi in Campo Marzio– e cronologica tra i due edifici è indicativa, sia ai fini della datazione della ceramica trovata nel pozzo sia perché potrebbe portarci all’individuazione di produzioni comuni e alla comprensione delle dinamiche economiche che muo-vevano le organizzazioni ecclesiastiche.

Tra i reperti trovati nella Crypta Balbi, ci sono an-che tazze in terraglia datate al XVIII secolo di cui una,

la n.6951, appare molto simile come tipologia ad un’al-tra recuperata in Santa Maria in via Lata. (Fig. 4 e 4bis)

Un ulteriore riscontro con la ceramica della Cryp-ta Balbi ce lo fornisce il cratere (Fig. 5 e 5bis) emerso dal pozzo. Questo tipo di ceramica, di cui la suddetta Crypta ci ha restituito pochi esemplari, viene deno-minata “marmorizzata” per via della particolare de-corazione dovuta all’unione di rivestimenti argillosi (ingobbi) di varie colorazioni ed è riconosciuta come proveniente dall’area pisana. È databile a tutto il XVI secolo anche se molti dei frammenti studiati variano per morfologia e decorazione suggerendo perciò una produzione incerta e soprattutto più tarda, collocata al XVIII secolo2.

Tale datazione sembra essere coerente con il cra-tere di Santa Maria in via Lata, che proviene appunto

1. Pinna 1985, p.444.2. Palazzo 1985, p.300.

Fig.1. Contenitore a collo stretto in ceramica acroma (orciolo).

Fig.2. L’orciolo usato dalle donne per trasportarel’acqua (XVII secolo).

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dagli strati più recenti accumulatisi nel pozzo come materiale di scarto.

Tra le altre classi ceramiche attestate nella basilica troviamo una brocchetta (Fig.6 e 6bis) e svariati fram-

menti in maiolica di età rinascimentale e moderna3 in corso di studio, probabilmente inquadrabili nella fase finale della produzione (XVII-XVIII secolo). (Fig.7)

Il materiale quindi, ad un primo e grossolano spo-

3. Ricci 1985, pp.303-424.

Fig.3. Frammenti diorcioli rinvenuti nel pozzo.

Fig.4. Tazze in terraglia datate al XVIII secolo(stessa tipologia di ceramica recuperatanella vicina Crypta Balbi).

Fig.4bis. Ricostruzione grafica.

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4. Aloisi 1995, pp.44-45.

glio, risulta inquadrabile cronologicamente tra il XVI e il XVIII secolo. Sono attestate produzioni in ceramica acroma, terraglia, ceramica marmorizzata e maiolica di età rinascimentale e moderna. Si tratta sempre di suppellettili inerenti all’acqua per la maggior parte in-tegre o poco fratturate, il che può indicare una loro caduta accidentale nel pozzo o anche la precisa volon-

tà di sbarazzarsi di materiale rovinato, non riutilizza-bile e quindi inservibile.

L’arco cronologico suggerito dalla ceramica si col-loca in un periodo importante per la vita della chiesa di Santa Maria in via Lata e cioè tra la fine del XVI secolo e la metà del XVII secolo quando vengono pro-mossi importanti lavori di ristrutturazione, restauro e abbellimento della chiesa superiore che, con Pietro da Cortona, tra il 1658 e il 1663, interessano anche la chiesa inferiore4. E’ quindi probabile che il materiale rinvenuto abbia terminato la sua fase di “vita” proprio in questo periodo, nell’ambito delle grandi ristruttu-razioni.

Il materiale in metallo invece, composto da secchi, chiavi, catene e monete, tuttora in fase di studio, sem-brerebbe essere ancora più recente rispetto a quello ceramico e attesterebbe un utilizzo del pozzo che si protrae fino alla fine del XIX secolo.

Fig.5. Cratere marmorizzato proveniente dall’area pisana (XVI e XVIII secolo).

Fig.5.bis. Ricostruzione grafica.

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Fig.6. Brocchetta dipinta con disegni floreali (XVII-XVIII secolo).

Fig.6.bis. Ricostruzione grafica. Fig.7. Frammenti di maiolica di epoca rinascimentalee moderna (XVII-XVIII secolo).

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Bibliografi a

Pinna A. 1985, Terraglia in AA.VV., Ar-cheologia urbana a Roma: il progetto della Crypta Balbi 3, tomo 2. Il giardino del conservatorio di S.Caterina della Rosa, Firenze, pp.439-455.

Palazzo P. 1985, Ceramica Marmorizzata in AA.VV., Archeologia urbana a Roma: il progetto della Crypta Balbi 3, tomo 2. Il giardino del conservatorio di S.Caterina della Rosa, Firenze, pp.297-301.

Ricci M. 1985, Maiolica di età rinascimen-tale e moderna in AA.VV., Archeologia urbana a Roma: il progetto della Crypta Balbi 3, tomo 2. Il giardino del conser-vatorio di S.Caterina della Rosa, Firenze, pp.303-424.

Aloisi F. 1995, Santa Maria in via Lata, in Soprintendenza per i beni artistici e storici di Roma, Roma Sacra: guida alle chiese della città eterna, 2° itinerario, Napoli, pp.43-51.

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di Lorenzo Grassi

Rifugi e bunkerantiaerei di Roma

Un patrimonio storico da recuperare e valorizzare

SUMMARY. Air raid shelters and bunkers in Rome. Between the end of the ‘30s and the beginning of the ‘40s of the last century, armoured defensive structures were built in Rome with a view to possible air raid attacks with the dreaded use of chemical weapons: not only shelters for the general population, like those created in the basements of apartment blocks throughout many cities, but true shelters for the élite, planned to guarantee the safety of the political-military institutional top. Added to this was Mussolini’s predilection, wanting to emulate Hitler, for underground defensive structures. Lastly, the presence in the capital of the Royal House of Savoy should be recalled.Currently ten air-raid shelters and bunkers have been documented in the capital, almost all built by Mussolini. Three are located in Villa Torlonia; the other seven in Palazzo Venezia, Villa Camilluccia, Palazzo Valentini, Complesso del Vittoriano, Palazzo Esercito, Palazzo degli Uffici and Villa Ada.In this article a first unpublished overview is presented of what is known and of that which represents an extraordinary historical and architectonic patrimony that has been left in the dark till now, but that one intends to recover and valorize through the creation of a network.

Le strutture fortificate sotterranee risalenti all’ultimo periodo bellico sono state al cen-tro negli ultimi tempi di molteplici interventi innovativi di riutilizzo, messi in campo in di-

versi Paesi europei. Una riscoperta che ha dato vita ad un vero e proprio segmento turistico dedicato. In questo settore, la capitale d’Italia può vantare un patrimonio di straordinario valore storico e ar-chitettonico, sino ad oggi sottovalutato e rimasto misconosciuto. Azioni mirate di recupero – con la “messa in rete” delle strutture, per la loro valoriz-zazione nell’ambito di un sistema unitario – posso-no far nascere a Roma un circuito di divulgazione

dei rifugi e dei bunker in ambito urbano (e del con-testo in cui sono maturate queste particolari infra-strutture) di sicuro rilievo internazionale.

Caratteristiche della capitale

Tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’40 del secolo scorso – per la presenza dei “palazzi del potere” – Roma è stata sede naturale della realiz-zazione di opere difensive blindate in previsione di possibili attacchi aerei, con il temuto impiego di armi chimiche: non solo ricoveri di fortuna per la popolazione, come quelli di caseggiato ricavati ne-

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gli scantinati di molte città (e imposti ai fabbricati residenziali di nuova costruzione dal Regio decreto legge n.2121 del 1936), ma veri e propri rifugi d’éli-te, progettati per garantire la sicurezza dei vertici istituzionali politico-militari. A ciò si somma la pre-dilezione sempre mostrata da Mussolini, anche per spirito di emulazione nei confronti di Hitler, verso le opere blindate sotterranee; infine va ricordata la presenza nella Capitale della famiglia reale Savoia.

Il sistema dei rifugi e dei bunker

A Roma sono documentati attualmente dieci tra rifugi e bunker antiaerei realizzati durante la seconda guerra mondiale, quasi tutti per volere di Benito Mussolini (vedi mappa). Tre sono localizzati a Villa Torlonia; i restanti sette a Palazzo Venezia, Villa Camilluccia, Palazzo Valentini, Complesso del Vittoriano, Palazzo Esercito, Palazzo degli Uffici e Villa Ada. Solo in tre casi (la struttura più moderna

di Villa Torlonia, quella di Palazzo Valentini e quel-la dell’Eur) si tratta di bunker propriamente detti, ovvero realizzati con progetti specifici, soluzioni ingegneristiche tecnologicamente avanzate (come i sistemi per mantenere la sovrappresione interna per impedire l’ingresso dei gas) e canoni costrutti-vi a regola d’arte. Negli altri casi, invece, siamo in presenza di rifugi sorti da adattamenti e blindatu-re di locali preesistenti, che sono stati adattati allo scopo.

Allo stato attuale, inoltre, solo quattro (il secon-do e il terzo rifugio di Villa Torlonia, quello dell’Eur e quello di Palazzo Valentini) hanno visto interventi per un recupero alla fruizione pubblica; quello di Villa Ada, seppure in condizioni di degrado, presen-ta una struttura abbastanza integra. Ancora intel-ligibile quello del Vittoriano, mentre restano labili tracce di quelli di Palazzo Venezia e Palazzo Eserci-to; infine quello di Villa Camilluccia è andato com-pletamente distrutto.

Mappa dei rifugi e dei bunker antiaerei di Roma.

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Descrizione dei siti

1. Villa Torlonia (primo rifugio)Il sito più interessante è quello di Villa Torlonia,

con il grande parco sulla via Nomentana, nel cui Ca-sino Nobile Mussolini soggiornò dal 1925 al 1943 (Fig. 1). Con l’entrata in guerra dell’Italia, nel giu-gno del 1940, Mussolini ordinò la realizzazione di un primo rifugio antiaereo, che venne ricavato da una grotta-cantina per il vino, da tempo in disuso, al di sotto di un laghetto artificiale nei pressi del teatro. Il piccolo locale sotterraneo fu dotato di una seconda uscita e attrezzato con porte in acciaio e un sistema di areazione e filtraggio (con un venti-latore centrifugo manuale azionato da un addetto che faceva ruotare una manovella). Erano presenti

anche un telefono con una linea diretta riservata, reti e materassi. Ma il rifugio era distante dal pa-lazzo e gli esperti lo giudicarono una “trappola”: la copertura ridotta di solo terreno tufaceo era assolu-tamente insufficiente. Lo stesso Mussolini, quando vi si recava a piedi durante gli allarmi notturni, pre-feriva restare davanti all’ingresso senza scendere i gradini per i locali sotterranei.

2. Villa Torlonia (secondo rifugio)I difetti e le scomodità di quel ricovero improv-

visato convinsero presto la famiglia Mussolini della necessità di far attrezzare un secondo rifugio, di-rettamente nei seminterrati del Casino Nobile. Qui venne infatti realizzato al posto delle vecchie cuci-ne, rafforzando i muri con uno strato in cemento

Fig.1. Primo rifugio di Villa Torlonia.Veduta del pozzo per il condotto di areazione, realizzato in verticale sulla cantina e protetto in superficie da una piramide di cemento.

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armato spesso 120 centimetri (Fig. 2).

3. Villa Torlonia (bunker)Dopo i bombardamenti di Torino, Milano e Ge-

nova dell’ottobre 1942 si decise che occorreva un vero bunker, in grado di resistere anche alle bombe più pesanti e ad eventuali attacchi con l’uso di armi chimiche. Della realizzazione furono incaricati i vigili del fuoco, sotto la guida del maggiore ing. Barisella. Il preventivo era di 240 mila lire, la durata dei lavori prevista di tre mesi (con inizio a dicembre 1942). Du-rante gli scavi vennero alla luce anfore romane, resti di scheletri e frammenti di marmo, fra cui una lapide funeraria. Il bunker – formato da più bracci disposti a croce e posizionato ad una profondità di 6,5 metri - aveva accesso da una ripida scalinata nel lato orien-tale del seminterrato del Casino Nobile. C’erano poi due uscite d’emergenza: la prima verso un vialone in-terno del parco e la seconda con una scala in un pozzo all’angolo del palazzo.

La struttura era a protezione antigas (come testi-moniano anche le targhette sulle porte realizzate dal-la società Bergomi di Milano con brevetto 356750) e di forma cilindrica per ottimizzare la distribuzione delle sollecitazioni (Fig. 3), in più vi era una muratura in cemento armato spessa quattro metri, che nella parte superiore cresceva a sei, garantendo una protezione anche per bombe di sei tonnellate. Il bunker non ven-ne mai utilizzato, in quanto non ancora completato – oltre alle rifiniture mancava la calotta in cemento a copertura dell’uscita d’emergenza – nel luglio del 1943, quando Mussolini venne arrestato e salì al po-tere il Governo Badoglio. Nel sotterraneo trovarono scampo in seguito gli abitanti del quartiere durante il periodo dell’occupazione tedesca. I ritardi nei lavori furono dovuti alle difficoltà incontrate nello scavo: il terreno vicino al palazzo si rivelò di scarsa consistenza e ciò comportò la necessità di realizzare le fondazioni ad una profondità doppia rispetto al previsto.

“È curioso che, mano a mano che i lavori si avvia-vano al compimento, la mia antipatia per il rifugio aumentava – ha lasciato scritto lo stesso Mussolini nei suoi diari - e non soltanto per la spesa, oramai raddoppiata, ma per qualche cosa di oscuro che sen-tivo in me. Sentivo, cioè, che una volta finito, quel rifugio sarebbe stato completamente inutile. Che non l’avremmo mai utilizzato. Infatti! Bisogna ascoltare la voce del sub-cosciente!”. Dal 2006, dopo un restauro dei sotterranei che ha portato alla scoperta e al re-cupero anche della finta Tomba Etrusca, il rifugio e il bunker del Casino Nobile sono stati aperti alle visite. Negli ultimi anni, però, l’accesso è stato interdetto in conseguenza di una preoccupante concentrazione di gas Radon nei sotterranei. Dopo alcuni interventi per migliorare l’areazione dei locali, a fine estate 2011 si è conclusa una campagna di monitoraggio del Radon che - in caso di responso positivo – darà nuovamente il via libera alle visite per piccoli gruppi.

4. Palazzo VeneziaNel 1939 venne attuato un intervento per garan-

tire la protezione antincendio e antiaerea di Palazzo Venezia, che dal 1929 era sede ufficiale del Governo. Il rifugio – più che altro una blindatura di spazi esi-stenti – non sarebbe però da mettere in relazione di-retta solo con la presenza nello stesso palazzo dello studio personale di Mussolini, essendo situato nella parte opposta rispetto alle Sale del Governo. L’area è attualmente interessata da lavori di restauro condotti dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Lazio.

Fig.2. Secondo rifugio di Villa Torlonia.L’antico “quadro comandi” del sistemaelettrico posizionato nei seminterrati delCasino Nobile e restaurato di recente.

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5. Villa CamillucciaVerso la fine del 1939, quando la famiglia Petacci si

trasferì dalla residenza di via Spallanzani a Villa Camil-luccia -nella omonima via-, Mussolini dispose la blinda-tura di un alloggio di servizio al piano interrato, come rifugio antiaereo a stretta portata della vicina “alcova” dove si recava ad incontrare Claretta nell’ala destra del piano terra. L’originale Villa Camilluccia, progetta-ta dagli architetti Vincenzo Monaco e Ugo Luccichenti secondo lo stile razionalista allora in voga, è stata com-pletamente demolita nel dopoguerra per far posto ad un complesso di edifici che oggi ospita la sedi delle am-basciate dell’Iraq presso l’Italia e il Vaticano. Del rifugio è rimasto solo il ricordo.

6. Palazzo ValentiniTra la fine del 1939 e l’inizio del 1940 l’Ammi-

nistrazione provinciale di Roma fece realizzare un bunker antiaereo con protezione antigas nel primo livello del piano interrato di Palazzo Valentini (via IV Novembre), a servizio dei propri dipendenti e di quelli della vicina Prefettura (Fig. 4). Il bunker ven-

Fig.3. Bunker di Villa Torlonia.L’immagine evidenzia la forma cilindrica dellastruttura pensata per ottimizzare al meglio ladistribuzione delle sollecitazioni.

Fig.4. Palazzo Valentini.La porta blindata del bunker, dotata di spion-cino, messa a chiusura della via di fuga d’emer-genza in direzione del Foro Traiano.

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ne scavato d’urgenza – con scarsa attenzione alle preesistenze archeologiche - in corrispondenza del cortile e in posizione baricentrica rispetto al corpo di fabbrica. Era in cemento armato a struttura sca-tolare, con una intercapedine esterna di un metro e murature e solai dello spessore di 20 e 40 cen-

timetri (in grado di resistere all’impatto di bombe da una tonnellata e all’eventuale crollo del palazzo soprastante). Due gallerie lo mettevano in comuni-cazione con le rispettive scale della Provincia e del-la Prefettura, mentre un terzo cunicolo garantiva un’uscita di sicurezza sul Foro Traiano. La struttura era formata da due grandi ambienti – due “camera-te” comunicanti anche con finestrelle – e altri am-bienti più piccoli di servizio (gabinetti, infermeria e magazzino). Tutti gli spazi erano a compartimenti stagni, chiusi da portelloni in acciaio con spioncino e guarnizioni antigas (Fig. 5).

Nel sito sono ancora presenti le targhette: “So-cietà italiana costruzioni antigas Torino-Roma; Co-struita dalla Società italiana casseforti e affini - Bre-vetti Fichet Torino”. Nei locali sono conservati sei portelloni originari (di cui cinque perfettamente restaurati), mentre non è rimasta traccia del siste-ma di filtraggio dell’aria, né della pompa elettrica che ne garantiva il ricambio ed era alimentata per mezzo di due biciclette fissate a terra che azionava-no un volano accoppiato ad una dinamo. È andata persa anche la cabina elettrica e radiotelefonica. Il bunker è attualmente visitabile “di passaggio” nell’ambito del percorso archeologico dedicato alle Domus romane scoperte nei sotterranei di Palazzo Valentini durante la campagna di scavo avviata dal-la Provincia di Roma nel 2007. Sono in corso i lavori per il ripristino e la musealizzazione del percorso sotterraneo fino all’area della Colonna Traiana, ov-vero la via di fuga del bunker.

7. Complesso del VittorianoSempre nella zona di piazza Venezia, fu attrez-

zato un rifugio ad uso collettivo nei sotterranei del Complesso del Vittoriano: era probabilmente tra i più capienti e organizzati tra quelli presenti a Roma. Si sviluppava in direzione Nord-Sud nella parte in cui il monumento si appoggia al profilo col-linare del Campidoglio. Il rifugio disponeva di un “posto di soccorso” e di una serie di latrine a disper-sione (Fig. 6). È ancora visibile un cartello che indica come uscita di sicurezza “Via dell’Impero”. Nel corso degli studi effettuati nel 2002 dagli speleologi della sezione romana del Club Alpino Italiano, sono state individuate alcune cassapanche originali e diversi oggetti d’uso comune (come pettinini di osso e un termometro).

Sui muri dei locali del rifugio sono presenti di-verse epigrafi lasciate in particolare da cittadini

Fig.5. Palazzo Valentini.Una delle porte blindate esterne, non restau-rata, affissa al divisorio in cemento fra le due camerate; in secondo piano una delle finestre oggi murate.

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che abitavano nelle vicinanze e si erano riparati nei sotterranei. Colpiscono le scritte “Fame da lupo” e quella di non meglio identificati vigili del fuoco che si firmano “Gatti neri”. Un’epigrafe particolarmen-te significativa è quella lasciata da una persona che ha vergato sulle pareti il giorno (19 luglio 1943) e l’ora (11,10) del terribile bombardamento anglo-americano sul quartiere di San Lorenzo. Una scrit-ta che fa respirare ancora oggi l’inquietudine e la disperazione vissuta in quei tragici momenti dagli ospiti del rifugio.

8. Palazzo EsercitoQuello realizzato a protezione dei vertici dell’al-

lora Ministero della Guerra, negli scantinati dell’at-tuale Palazzo Esercito (via XX Settembre), era consi-derato il rifugio “più sicuro” realizzato a Roma. Qui si recarono subito dopo l’8 settembre del 1943 Ba-doglio e i membri della famiglia reale in arrivo dal Quirinale per sfuggire al caos seguito all’armistizio. Del rifugio restano solo alcuni locali disadorni e una porta blindata con la targhetta della storica ditta “Fratelli Conforti – Verona” (Fig. 7). Le cronache

Fig.6. Complesso del Vittoriano.Le latrine a dispersione realizzate a servizio dei numerosi ospiti del rifugio collettivo.

Fig.7. Palazzo Esercito. Questa porta blindata della ditta Conforti di Verona è tutto ciò che resta del rifugio pre-disposto nei sotterranei dell’allora Ministero della Guerra.

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narrano che “il sovrano, accompagnato dalla regi-na, arrivò in via XX Settembre al calar della sera. I due si rifugiarono nel brutto appartamento de-stinato ad alloggio del Ministro della Guerra. Il re, brontolando contro l’orribile mobilia, si raggomito-lò su una poltrona e la regina sedette su un brac-ciuolo. Così, al buio, attesero gli eventi”. All’alba del 9 settembre 1943 un corteo di auto abbandonò precipitosamente Roma verso Pescara.

9. Palazzo degli UfficiIl bunker in migliore stato di conservazione è

quello con protezione antigas realizzato tra il 1937 e il 1939 al livello del secondo piano interrato del Palazzo degli Uffici, progettato da Gaetano Minnuc-ci all’Eur (piazza Adenauer). La struttura fu pensata a protezione dei funzionari e degli impiegati che seguivano i lavori in vista dell’Esposizione Univer-sale di Roma del 1942 (evento che diede il nome al quartiere e che poi non si tenne per lo scoppio della guerra). Il bunker era provvisto dei servizi necessari per una lunga permanenza (si stimavano sino a 300 persone per quattro mesi), con una infermeria e un sistema di ventilazione e illuminazione alimentato da una doppia dinamo azionata da due biciclette tandem, restaurate e ancora presenti nel rifugio. Il ricovero venne posizionato in maniera baricentrica rispetto all’edificio, da cui è completamente indi-pendente. Si estende su una superficie di 475 metri quadrati ed è in cemento armato, con due portello-ni antigas con targhette delle “Officine aeromecca-niche Gambarotta – Torino”. I muri sono spessi 20 centimetri e lungo il perimetro della struttura corre una intercapedine di 125 centimetri che isola com-pletamente il bunker dal palazzo.

Nei locali sono rimasti appesi i cartelli che sud-dividevano per gruppi e indirizzavano il personale; ci sono poi altre indicazioni di servizio con le scritte: “Calma”, “Silenzio” e “Vietato fumare”. Nei giorni immediatamente seguenti l’armistizio dell’8 settem-bre 1943, la struttura venne utilizzata dai Granatieri di Sardegna come sede del comando dei capisaldi 5 e 6 del I Reggimento per tentare la difesa di Roma (per questo motivo è noto anche come “Bunker dei Gra-natieri”). Nel 2007 i locali – per anni utilizzati come magazzino – sono stati restaurati dalla Eur SpA e ri-convertiti a spazio artistico-espositivo. Il bunker viene aperto periodicamente in occasione di eventi, mostre o visite guidate su prenotazione.

10. Villa AdaBen conservato

è anche il rifugio co-struito nel parco di Villa Ada, destinato alla famiglia Savoia e in particolare al re Vittorio Emanuele III, alla regina Elena e alla principessa Mafalda (che abitava nella vi-cina Villa Polissena). In un primo tempo, allo scoppio della guerra, erano stati utilizza-ti come ricovero di fortuna i sotterranei della Palazzina Rea-le (nota anche come Villa Savoia e oggi sede dell’Ambasciata d’Egitto), accessibili

attraverso botole e arredati a salottino. Fra il 1941 e il 1942, su impulso di Mussolini, venne invece rea-lizzato un rifugio antiaereo blindato, definito “più resistente e confortevole, ma che necessitava di un breve tratto in auto per essere raggiunto”.

Con ogni probabilità vennero sfruttate cavità preesistenti sulle pendici di uno dei colli del parco. La soluzione costruttiva adottata – invece della rea-lizzazione di un bunker ex novo - fu dunque quella di rinforzare i sotterranei con un rivestimento interno in mattoncini (Fig. 8). A causa della scarsa altezza dei locali, insufficiente per una blindatura a regola d’ar-te, si preferì sovrapporre in superficie una imponente piastra in cemento mimetizzata e sostenuta da pila-strini poggiati sul terreno, in modo da costituire un “cuscinetto” per ammortizzare l’urto delle bombe. I locali del rifugio, relativamente ampi (tanto da poter ospitare anche automezzi), avevano due sistemi di fil-traggio dell’aria e un’entrata con sistema di protezione da attacchi chimici (cerniera stagna e sovrappressione interna per impedire l’ingresso dei gas): una dotazione tecnologica a livello di bunker. Vi erano poi due bagni e un’uscita d’emergenza verticale con scala a chioccio-la. Alcuni cunicoli di collegamento e disimpegno po-trebbero essere stati murati dopo la guerra.

L’area dove sarebbe sorto il rifugio potrebbe essere stata visionata da Hitler in una passeggiata nel parco

Fig.8. Villa Ada.La galleria interna del rifugio con il rivestimento in mattoncini, la por-ta blindata carrabi-le e il condotto del sistema di areazio-ne sulla parete di destra.

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dopo una colazione a Villa Polissena durante la sua visita in Italia nel maggio del 1938. Nel 2010 la parte iniziale è stata liberata da detriti e rifiuti ad opera del Circolo Legambiente “Sherwood” e del Collettivo di arte urbana Trai nell’ambito dell’iniziativa “Puliamo il Buio”. In seguito la zona è stata recintata dal Servizio Giardini con una rete parzialmente già divelta.

Altri siti di interesse

Per completare la panoramica, va ricordato il mi-sterioso “tunnel del potere”, citato in una interroga-zione parlamentare basata su articoli di quotidiani e presentata dal deputato Marco Zacchera il 31 ottobre 1997, rimasta senza risposta. Si tratterebbe di una gal-leria sotterranea segreta costruita prima del 1941 per collegare Quirinale, Palazzo Chigi, Camera dei Depu-tati, Viminale, Ministero della Marina, Policlinico Ge-melli e i Forti Boccea, Braschi e Trionfale. Da ricordare anche la segnalazione di una grande galleria circolare, rimasta incompleta, sotto le fondamenta dei palazzo-ni dell’Eur: il condotto, secondo alcune fonti giornali-stiche, avrebbe avuto una larghezza di circa sei metri, tale da permetterne la percorrenza anche da parte di mezzi cingolati.

Un breve cenno meritano poi i bunker realizzati nei dintorni di Roma: a partire da quello del Monte Soratte, già sede del quartiere generale del Feld-ma-resciallo Kesserling (comandante in capo di tutte le forze tedesche in Italia) e poi avviato dalle forze Nato all’adattamento – mai completato – per la protezio-ne anti-atomica. Attualmente la struttura è visitabile su prenotazione rivolgendosi all’associazione “Bunker Soratte”, oppure durante le due aperture straordina-rie semestrali nei mesi di settembre e maggio. Nell’a-rea di Monte Cavo sui Castelli Romani voci non confer-mate – che hanno preso spunto dalla presenza di una stazione Nato per le telecomunicazioni e del Comando operativo dello Stato Maggiore Aeronautica, poi de-classato a Distaccamento Aeronautico - hanno riferito in passato di strutture sotterranee a protezione anti-atomica, per le alte cariche dello Stato presenti nella Capitale. Verso il Litorale, infine, sono presenti diverse strutture trincerate in previsione di attacchi dal mare (come il bunker recuperato nel 2010 dalla Lipu alla foce del Tevere).

Proposta di intervento

Il Centro Ricerche Speleo Archeologiche ha in itinere una collaborazione con la Soprintendenza ai Beni culturali di Roma Capitale per lo studio del rifugio di Villa Ada, in vista di un possibile recupero della struttura. Con l’occasione è stata elaborata la proposta di una “Rete dei rifugi e dei bunker an-tiaerei di Roma”, che potrebbe scaturire dalla col-laborazione fra i diversi enti gestori delle strutture già aperte al pubblico – Roma Capitale, Provincia di Roma, Sovrintendenza ed Eur SpA - per dare vita ad una divulgazione e ad una fruizione coordinate che possono prevedere: la realizzazione di una mostra condivisa, la promozione di eventi concomitanti, la produzione di dépliant e pubblicazioni mirate, l’at-tivazione di un sito web, giungendo sino all’ipotesi di un tour unico di visite guidate. L’obiettivo è quel-lo di riscoprire questa grande potenzialità culturale di Roma, sino ad oggi rimasta inespressa.

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Link utili

Appassionati di storia delle fortificazioniwww.bunkerarcheo.it

Associazione “Bunker Soratte”www.bunkersoratte.it

Regio Decreto Legge n. 2121http://it.wikisource.org/wiki/R.D.L._24_settembre_1936,_n._2121

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di Davide Comunale

La basilica diSan Nicola in Carcere

SUMMARY. A hidden gem in the heart of Rome. The Basilica of San Nicola in Carcere, located in the centre of Rome close to the Capitoline Hill, hides the bases of three temples erected in the Forum Holitorium, the vegetable market of Ancient Rome. Entering the underground space through a door in the left side chapel of the crypt, one finds oneself immediately outside of time, one step away from the capital Rome and at the same time fully immersed in the historical and monumental context of the Roman Republic of which period it preserves the remains.Three temples built around the middle of the third century BC leave their testimony here. They form the clear proof of intensification of the use of this area for commercial purposes and consequently of contemporary monumentalization. This monumentalization is also seen in neighbouring areas: the temples of Fortuna Primigenia and Mater Matuta in the area of Sant’Omobono, the Ara Maxima of Hercules under the basilica of S. Maria in Cosmedin, and the temples dedicated to Portunus and to Hercules Victor in Piazza Bocca della Verità.

La Basilica di San Nicola in Carcere si trova alle spalle del Colle Capitolino, ad un passo dall’antico Portico d’Ottavia e dal Ghetto, ed è strettamente connessa, architettonicamen-

te e storicamente, con il complesso archeologico di Sant’Omobono, all’Anagrafe, e sorvegliata dai ba-stioni ottocenteschi del Tevere.

Il cuore culturale e turistico di Roma pulsa a po-chi passi da lei. Qui le anse del Tevere formavano la palude del Velabro dove la cesta con i gemelli fon-

datori si incaglia nel fico ruminale, l’albero selvatico caro al mito di fondazione della Città Eterna; qui le imbarcazioni dei mercanti greci e fenici trovano ap-prodo nel vicino porto fluviale, collocato nei pressi dell’odierno Tempio di Portuno1, dio protettore del porto; qui la storia delle conquiste e dell’ambizione romana trova spazio, come vedremo, in un progetto architettonico messo a punto dai consoli romani vit-toriosi tra il 260 e il 194 ca. a.C. per celebrare famosi eventi come la battaglia di Mylae (odierna Milazzo),

Uno scrigno nascosto nel cuore di Roma antica

1. Noto come Tempio della Fortuna Virile, Coarelli lo identifi ca con certezza con il tempio di Portunus, eretto negli immediati paraggi del Ponte Emilio. “Pseudoperiptero ionico tetrastilo con i lati maggiori costituiti da due colonne e da cinque semicolonne sui muri della cella”. Coarelli 2008, p. 414-415.

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vinta dal console Caio Duilio nel 260 a.C. nelle acque sicule contro le navi puniche, durante la prima guerra che potremmo definire “mondiale” dell’antichità.

L’aspetto dell’antico prevale di gran lunga per in-teresse e curiosità sul moderno. Gli sventramenti d’e-tà fascista del 1920-23, purtroppo, hanno distrutto un contesto storico artistico ben definito che vedeva nel quartiere Montanara un raro esempio di stratificazio-ne dei reperti che andavano dall’età romana all’Otto-cento passando per il Medioevo e l’Età rinascimentale. Secondo le fonti, l’osteria dove Goethe scriveva i suoi appunti a fine giornata e dove sperimentava la bellez-za e i colori tenui della ormai decadente Roma si tro-vava proprio in questa zona dove anche Gregorovius, noto storico dell’Ottocento, si fermava ad acquistare le provviste al ritorno dai suoi viaggi d’esplorazione e dalle ricerche nelle biblioteche dell’Urbe. Qui Belli tra-eva ispirazione per comporre i suoi sonetti e immorta-lare gli scrivani che stazionavano presso l’antica piazza Montanara, ormai scomparsa.

L’antico e glorioso Foro Olitorio (Olus-eris, verdura e legume in genere), il mercato della frutta e verdura della Roma repubblicana riprendeva vita tra le grida e le voci dei mercanti di piazza e delle botteghe addos-sate ai resti del Teatro di Marcello.

La nostalgia delle memorie perdute, tuttavia, non deve illudere che non ci sia più nulla di interessante da ammirare. Si ritiene che tra il IX e il X secolo ven-ne costruita una chiesa, presto divenuta Basilica, poi ricostruita e riconsacrata nel 1127 sotto il pontificato di Onorio II. L’edificio fu più volte restaurato dalla mu-nificenza di cardinali, primo tra tutti l’Aldobrandini che commissionò la facciata a Gian Giacomo Della Porta (1599), e papi come Pio IX (1846-1878) che fece restau-rare il soffitto, un bel cassettonato ligneo con intarsi in oro e cobalto.

La chiesa fu interamente dipinta e fu dotata di pa-vimento mosaicato, amboni marmorei, schola canto-rum, candelabro per il cero pasquale e sedia episcopale marmorea. La cripta, attraverso la quale si scende ai sotterranei, un tempo appariva monumentalizzata e decorata da un ciclo di affreschi raffiguranti figure ani-mali e vegetali e, come ci ricorda il Magnani nella sua relazione2, adornata con cinque tondi ad affresco sui quali sono raffigurati i profeti dell’Antico Testamento, Osea, Mosè, Geremia e Aggeo; e un Battesimo di Cristo che oggi conserviamo -insieme con 19 frammenti- nelle sale della Pinacoteca Vaticana e dei palazzi pontifici3.

La parte più interessante però sono i sotterranei cui si accede da una porta in corrispondenza della cappella laterale della cripta. Si entra subito in un am-biente particolare, fuori dal tempo, ad un passo dalla Roma Capitale ma inserito appieno nel contesto sto-rico e monumentale della Roma repubblicana di cui conserva le vestigia.

Tre templi edificati intorno alla metà del III secolo a.C. lasciano la loro testimonianza nel sottosuolo del-la Basilica e sono il segno evidente dell’intensificarsi dell’utilizzo di quest’area a fini commerciali e, di con-seguenza, di una coeva monumentalizzazione che vede la realizzazione di questa e di altre aree sacre limitrofe, i templi della Fortuna Primigenia e della Mater Matuta (area di Sant’Omobono) e l’Ara mas-sima di Ercole (sotto S. Maria in Cosmedin), il tempio del dio Portuno e di Ercole Vincitore (Piazza Bocca del-la Verità).

I resti visibili nell’area sacra del Foro Olitorio ci consentono di ricostruire, almeno con l’immaginazio-ne, l’organizzazione del commercio al minuto che si svolgeva in questa zona dell’Urbe, a ridosso del Cam-pidoglio e prossima al Palatino. L’antica sede mercan-tile infatti era collocata in prossimità di uno snodo im-portante per l’assetto urbano della Roma della prima repubblica: il Foro Olitorio era separato dal limitrofo Foro Boario dalla prima cinta muraria di Roma, det-ta serviana e costruita all’indomani del sacco dei Galli del 390 a.C. In meno di un chilometro si raggruppava-no i Fora Venalia, i fori commerciali, secondari al più grande Foro civile, dove trovavano spazio le botteghe artigiane e i banchi dei venditori. Il Foro Olitorio, il Foro Boario e successivamente il Foro Piscario erano il centro del commercio della zona.

In questo contesto si collocano le costruzioni tem-plari, dedicate a divinità italiche e ancestrali come Giano bifronte, Spes e Iuno Sospita secondo le attribu-zioni che gli studiosi danno con relativa certezza ai tre templi le cui evidenze andiamo ad analizzare.

Una testimonianza letteraria tramandata dallo storico e naturalista romano Plinio il Vecchio ci illustra un mito rimasto legato a questa zona di Roma. Egli scrive (N.H., VII,121) che una puerpera di umile fami-glia si recava ogni giorno a fare visita al proprio padre, rinchiuso in un carcere situato nella zona del Foro Oli-torio. Perquisita costantemente dai carcerieri, affinché non portasse cibo o viveri al condannato a morte per stenti, veniva sorpresa un giorno a nutrire il padre col

2. Magnani, 1932.3. Presso la Pinacoteca Vaticana in Roma è possibile osservare solo parzialmente il patrimonio un tempo posto a decoro della Cripta di San Nicola

in Carcere: i tondi raffiguranti il Battesimo di Cristo, il profeta Aggeo e Mosè sono custoditi presso i magazzini della Pinacoteca, mentre risulta esposto un solo tondo, il profeta Amos. Nelle stanze private vaticane inoltre fa bella mostra di sé il tondo del profeta Geremia.

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latte del proprio seno. La dimostrazione straordina-ria di pietà filiale aveva commosso i carcerieri a tal punto che, graziando la coppia, la liberavano e, de-molito il carcere, edificavano un tempio alla Pietas.

Questa leggenda affonda le sue origini in area asiatica e giunge a Roma con diverse varianti che conducono tutte alla zona del Foro Olitorio, sede della Colonna Lactaria, posta al centro del foro dove venivano deposti i bambini abbandonati e allattati dalle matrone romane, secondo la tradizione4.

Il tempio della Pietas, costruito tra il 191 e il 181 a.C. da Manio Acilio Glabrione, distrutto poco tem-po dopo per far posto al grande e monumentale Teatro di Marcello, ci riporta ai tre templi edificati nelle sue prossimità. I primi resti appaiono evidenti sin da uno sguardo rapido della struttura esterna della chiesa: il podio, il basamento della scalina-ta ed i colonnati sono inglobati nelle pareti stesse dell’edificio.

Il primo tempio che incontriamo venendo dal Foro Boario (a sud), è attribuito al culto della Spes: è un edificio periptero, esastilo, dorico, con undici colonne sui lati lunghi di travertino grezzo, stucca-te per dare effetto di marmo più pregiato, sei del-le quali, insieme con una porzione dell’architrave, sono ancora inglobate nella parete laterale sinistra della Basilica. Le dimensioni (25 x 11 m) ci fanno ca-pire che era il più piccolo dei tre e ne fanno identi-ficare i resti con il tempio edificato dal console Aulo Atilio Calatino durante la prima guerra punica, forse tra il 258 e il 254 a.C.5 e restaurato una prima volta dopo il disastroso incendio del 213 a.C. che distrus-se anche i templi dell’area sacra di Sant’Omobono, Mater Matuta e Fortuna Primigenia, testimonianza concreta, questi ultimi, di culti ancestrali italici nella zona di colonizzazione greco-italica, nella sella tra il Palatino e l’Aventino. Di questo tempio conoscia-mo un successivo restauro sotto Germanico nel 17 d.C. 6 ed un terzo restauro di Adriano testimoniato da un’iscrizione scoperta in prossimità dei templi (CIL VI, 978).

All’estremità opposta del complesso dei tre tem-pli, l’edificio più a nord sembra poter trovare iden-tificazione nel tempio di Giano, del quale si diceva

fosse edificato “iuxta Theatrum Marcelli”, anch’esso fondato durante la prima guerra punica dal console Caio Duilio7. E’ un periptero (26 x 15 m) sine postico, senza cioè le colonne sul lato posteriore, secondo la tecnica italica, (Fig.1) con due file di sei colonne io-niche in peperino sul fronte e otto colonne sui lati, sette delle quali, sul lato meridionale, con relativo architrave sono inglobate nella parete laterale de-stra della chiesa e due del lato settentrionale sono

4. Nibby 1838-1841. Queste le parole dello storico, archeologo e studioso di topografia antica nell’opera descrittiva dei beni archeologici rinvenuti nella zona dei Fora Venalia: “Nell’area del Foro Olitorio, forse dirimpetto al tempio della Pietà fu una colonna dove esponevanosi i bambini nati furtivamente, onde essere allattati, e perciò Columna Lactaria viene detta da Rufo e da Vittore, il quale così la designa: Forum Olitorium in eo Colunma est Lactaria, ad quam infantes lacte alendos deferunt.”

5. Lo attestano Cicerone, De leg.,II, 11. 28:«Quoniamque expectatione rerum bonarum erigitur animus, recte etiam Spes a Calatino consecrata est» e Tacito, Ann.,II, 49:«hanc [Spei aedem] A. Atilius voverat eodem bello».

6. Coarelli, 2008, p.413-sgg.7. Fondato secondo quanto dice Tacito ( Ann.,II, 49 ) apud forum holitorium e secondo Festo ( Fest. 358 L ), all’esterno della porta Carmentale, intorno

al 260 a.C. dopo la vittoria romana nella battaglia di Milazzo.

Fig.1. Colonna d’angolo quadrata del tempio diGiano, stile etrusco-italico.

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ancora in piedi.Il suo podio, perfettamente visibile dai sotter-

ranei della chiesa stessa, ci appare ben conservato, in opera cementizia, ricoperto di lastre di traverti-no, con regolari aperture che in alcuni tratti sono parzialmente chiuse con muri di mattoni da lavori del II sec. d.C. e di cui non si ha ancora spiegazio-ne. (Fig.2) Anche per questo tempio ricordiamo un restauro del 17 d.C. eseguito sotto l’imperatore Ti-berio8.

Il tempio intermedio invece, costruito tra il 197 e il 194 a.C. da C. Cornelio Cetego9, è con certezza po-steriore al tempio di Spes, poiché non venne coin-volto nell’incendio sopra citato che distrusse l’area di Sant’Omobono e le strutture portuali del portus Tiberinus, edificate alle spalle dei tre templi. Gli si attribuisce il culto di Iuno Sospita, divinità venerata con un santuario monumentale a Lanuvio10, civitas

della Lega Latina che dal 338 a.C. passa sotto il con-trollo romano, che ne ingloba i culti e la venerazio-ne della divinità.

Il tempio (34 x 15 m, con la scalinata) è di ordine ionico, (Fig.3) periptero, esastilo, con tre file di co-lonne sul fronte, due sul retro e undici colonne sui lati lunghi. Una grande scalinata in travertino intro-duceva al pronao del tempio, tuttora visibile all’e-sterno della chiesa; all’interno invece sono visibili i resti del podio in calcestruzzo e delle pareti che lo delimitavano, del muraglione che separa il pronao dalla cella (naos), in blocchi di peperino attribuibili ad un restauro di età cesariana. (Fig.4)

La visita ai sotterranei della Basilica di San Nico-la in Carcere suggerisce al visitatore un’immagine della Roma repubblicana più vitale, con i templi ad-dossati alle aree mercantili, un fitto viavai di gente, mercanti, romani, forestieri, soldati, senatori che si

8. Coarelli 2008, p. 411.9. Votato durante la guerra con i Galli Insubri dal console Gaio Cornelio Cetego nel 197 a.C e testimoniato da alcuni passi di Livio, Liv. XXXII, 30,

10 ; Liv. XXXIV, 53, 3.10. Sin dal 2006, nel sito archeologico di Lanuvio si sono susseguite campagne di scavo annuali presso il Tempio di Giunone Sospita sotto la direzione

scientifica della Dott.ssa Giuseppina Ghini della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e del Prof. Fausto Zevi professore ordinario di Archeologia e storia dell’arte greco romana alla Sapienza. Gli scavi, effettuati dagli studenti della scuola di specializzazione in archeologia dell’Università La Sapienza di Roma, sono coordinati dal Dott. Luca Attenni, direttore del Museo Civico Lanuvino e dal dott. Fabrizio Santi.

Fig.2. Vicus tra il tempio di Giano e il tempio di Iuno Sospita, fondazioni e basamento templare.

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affrettano ad espletare i riti propiziatori o che semplicemente cambia-no moneta nelle piccole e ben celate “botteghe-casseforti” ricavate negli interstizi laterali del tem-pio di Giunone Sospita, il centrale. In un primo mo-mento si ritenne che que-sti piccoli ambienti fosse-ro delle celle carcerarie. Dalle emergenze arche-ologiche, tuttavia, è ri-sultato che essi potevano essere chiusi saldamente dall’interno, per tale motivo si è pensato appunto ad una destinazione d’uso legata all’attività bancaria o di cambiavalute, vista la loro ubicazione in un centro commerciale e portuale molto frequentato.

E’ questa la magia dell’antica Roma che sempre

ci stupisce e che nella basilica di San Nicola in Carcere rivive anche gra-zie al lavoro paziente dei ricercatori del C.R.S.A. – Centro Ricerche Speleo Archeologiche - che ac-compagnano i visitatori e li introducono, con un salto nel tempo, nella Roma Repubblicana. Il lento scorrere dei seco-li stratifica i livelli e ag-giunge storia e racconti ad un luogo che da solo potrebbe narrarci le ori-

gini dell’Urbe, lo spirito cosmopolita e unificatore (si-necismo) dei primi coloni greci di Evandro che incon-trano, nel mito di fondazione, i pastori romani pronti a gettare le basi per una nuova polis una nuova urbs un nuovo impero, il nuovo mondo di Roma.

Fig.3. Fondazioni del tempio di Iuno Sospita, colonnette di fondazione della navata centrale della Basilica,sullo sfondo muro del pronao.

Fig.4. Muro di fondazione del pronao del tempio diIuno Sospita, in evidenza lo stipite del portaled’ingresso al tempio.

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Andaloro M. – S. Romano, La pittura me-dievale a Roma - 1050/1198, Università degli studi della Tuscia-Viterbo, Milano 2006.

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mercoledì 12 ottobre 2011, ore 9.00Convegno Internazionale: “Cooperazione interna-zionale per il patrimonio archeologico. Scoperte e conservazione”Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, Sala Altoviti, Via del Plebiscito, 118

mercoledì 12 ottobre 2011, ore 17.00Conferenza: “Archivi pubblici e archivi privati nelle fonti ebraiche e nella documentazione papirologica del periodo romano”Relatrice: Daniela PiattelliRoma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Dio-cleziano, Via E. De Nicola, 79

venerdì 14 – domenica 16 ottobre 2011Convegno: “Memoria Romana: Memory in Rome and Rome in Memory”Roma, American Academy in Rome, Via Angelo Masi-na, 5

mercoledì 19 ottobre 2011, ore 17.00Conferenza: “‘Magia’ agonistica a Roma dalla colle-zione del Museo Nazionale Romano”Relatrice: Gabriella BevilacquaRoma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Dio-cleziano, Via E. De Nicola, 79

giovedì 20 ottobre 2011, ore 9.30“Giornata di Studi in onore di Claudia Barsanti”Roma, Sala dell’Ecole Française, Piazza Navona, 62

lunedì 24 ottobre 2011, ore 17.00Incontro AIAC: “L’archeologia a Roma nel Novecento”Roma, Istituto Archeologico Germanico, Via Curtato-ne, 4 D

sabato 29 ottobre, ore 18.00Conferenza: “Le antiche carceri romane e il potere temporale”Relatore: Antonio ParenteSanta Severa, Castello di Santa Severa – Museo del Mare e della Navigazione Antica

sabato 5 novembre, ore 10.00Convegno: “Volontari per l’Archeologia. L’Associa-zionismo archeologico: un impegno civile italiano ed europeo (1963-2011)” (convegno in ricordo di Ludovi-co Magrini a venti anni dalla sua scomparsa)Roma, Palazzo Valentini – Sede della Provincia di Roma, Via IV Novembre, 119a

mercoledì 9 novembreII Giornata di Studio: “SITAR (Sistema Informativo Territoriale Archeologico di Roma). Potenziale arche-ologico, pianificazione territoriale e rappresentazione pubblica dei dati”Roma, Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo, Largo di Villa Peretti, 1

mercoledì 9 novembre, ore 17.00Conferenza: “Cospirazioni e pratica di governo in età augustea: la disgrazia politica di Gaio Cornelio Gallo, primo prefetto d’Egitto”Relatrici: Francesca Rohr ed Emanuele CiampiniRoma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Dio-cleziano, Via E. De Nicola, 79

mercoledì 9 novembre, ore 18.00Conferenza: “Il posizionamento dello stoccaggio nel sistema commerciale romano” Relatrice: Catherine Virlouvet – École française de RomeRoma, British School at Rome, Via A. Gramsci, 61

sabato 12 novembre, ore 18.00Conferenza: “Lungo il Tevere da S. Giovanni dei Fio-rentini a Ponte Sisto”Relatore: Renato TibertiSanta Severa, Castello di Santa Severa – Museo del Mare e della Navigazione Antica

lunedì 14 novembre, ore 9.00Convegno: “Il simposio greco e la sua recezione nella cultura etrusca in memoriam Horst Blanck”Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Piaz-zale di Villa Giulia, 9

CONFERENZE eCONVEGNI

Conferenze, convegni, workshop

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CONFERENZE eCONVEGNI

lunedì 21 novembre, ore 17.00Incontro AIAC: “Arte, archeologia e testo negli studi di spazio architettonico romano”Roma, Istituto Svedese a Roma, Via Omero, 14

mercoledì 23 novembre, ore 17.00Conferenza: “La sequenza architettonica delle fasi ittite di Malatya-Melid”Relatore: Corrado AlvaroRoma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocle-ziano, Via E. De Nicola, 79

sabato 26 novembre, ore 18.00Conferenza: “Storia e simbologia dei colori: dall’antichi-tà all’epoca moderna”Relatrice: Nicoletta ReticoSanta Severa, Castello di Santa Severa – Museo del Mare e della Navigazione Antica

lunedì 28 – mercoledì 30 novembreConvegno: “Questioni di rito. Rituali come fonte di conoscenza delle religioni e delle concezioni del mondo nelle culture antiche”Roma, Escuela Española de Historia y Arqueologia, Via di Torre Argentina, 8

giovedì 1 – sabato 3 dicembreConvegno: “Attraverso l’epigrafia. Ricordando Luigi Moretti”Roma, “Sapienza” – Università di Roma. Edificio Facoltà di Filosofia, Umanistica, Lettere, Scienze Umanistiche, Studi Orientali (Aula XXII e Aula Odeion), Piazza Aldo Moro, 5

sabato 3 dicembre, ore 10.00Convegno: “Tecniche costruttive del Tardo Ellenismo nel Lazio e in Campania”Segni (RM) – Sala Pio XI della Cattedrale di S. Maria Assunta

martedì 6 – mercoledì 7 dicembreConvegno: “Giuseppe Tomassetti a cento anni dalla mor-te e la sua opera sulla Campagna Romana”Roma, Campidoglio – Sala Pietro da Cortona; Istituto Na-zionale di Studi Romani – Piazza dei Cavalieri di Malta, 2

mercoledì 7 dicembre, ore 17.00Conferenza: “Targhe di servizio e organizzazione del servizio postale nel mondo romano”Relatore: Giovanni MennellaRoma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocle-ziano, Via E. De Nicola, 79

sabato 10 dicembre, ore 18.00Conferenza: “Riti e culti funerari nella Roma sotterranea cristiana”Relatrice: Alessandra SquagliaSanta Severa, Castello di Santa Severa – Museo del Mare e della Navigazione Antica

lunedì 12 dicembre, ore 17.00Incontri AIAC: “Memoria e luoghi nella Tarda Antichità”Roma, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana – Via Napoleone III, 1

martedì 13 dicembre, ore 10.00Convegno: “Archeologia in Provincia”Roma, Complesso del Vittoriano – Ala Brasini (Sala Ver-di), Via San Pietro

mercoledì 14 dicembre, ore 17.00Conferenza: “Alle origini della metallurgia: tra Vicino Oriente ed Europa”Relatore: Gian Maria Di Nocera

mercoledì 14 dicembre, ore 18.00Conferenza: “Patriottismo e ideologia civica a Ostia romana: un esercizio di epigrafia”Relatore: Prof. Christer Bruun – Università di TorontoRoma, Villa Lante al Gianicolo – Passeggiata del Gianico-lo, 10

venerdì 16 e sabato 17 dicembre, ore 9.00Convegno: “Incontro Internazionale di Studi in memoria di Marion Elizabeth Blake”Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo, Largo di Villa Peretti, 1

sabato 17 dicembre, ore 16.00Convegno ed inaugurazione mostra: “Tesori ritrovati. L’alta valle dell’Aniene in mostra”Trevi nel Lazio (FR) – Castello Caetani

Conferenze, convegni, workshop

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39ARCHEOLOGIA SOTTERRANEAn. 5 | ottobre | 2011

fino al 23 ottobre 2011 (prorogata)“Ritratti. Le tante facce del potere”Roma, Musei Capitolini, Via del Campidoglio, 1

fino al 26 ottobre 2011”La Fanciulla di Vagli. Il sepolcreto ligure-apuano della Murata a Vagli di Sopra”Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi, Via della Quar-quonia

fino al 30 ottobre 2011“I vasi della vita”. Serzela: storia di un villaggio scompar-so attraverso la documentazione ceramica”Gonnostramatza (OR), Museo Turcus e Morus, Piazza San Michele

fino al 31 ottobre 2011“Memorie dal sottosuolo. Scoperte archeologiche nella Sardegna centro-settentrionale”Sassari, Museo Nazionale G.A. Sanna – Padiglione Cle-mente, Via Roma, 64

fino al 6 novembre 2011“Acquedotti romani”Roma, Cinecittàdue Arte Contemporanea, Centro Com-merciale Cinecittàdue, Viale Palmiro Togliatti, 2

fino al 6 novembre 2011“Villa Adriana. Dialoghi con l’antico”Tivoli, Villa Adriana

fino al 13 novembre 2011“Le grandi vie della civiltà. Relazioni e scambi fra il Medi-terraneo e il centro Europa dalla Preistoria alla Romani-tà”Trento, Castello del Buonconsiglio

fino al 16 novembre 2011“Lo spreco necessario. Il lusso nelle tombe di Ascoli Satriano”Ascoli Satriano, Polo Museale di Ascoli Satriano

fino al 20 novembre 2011“La vigna di Dioniso. Vite, vino e culti in Magna Grecia”Bari, Palazzo Simi, Strada Lamberti

fino all’11 dicembre 2011Mostra fotografica: “La Via Appia. Laboratorio di mondi possibili tra ferite ancora aperte”Roma, Capo di Bove – Via Appia Antica, 222

fino al 30 dicembre 2011“La pietra e gli eroi. Le sculture restaurate di Mont’e Prama”Sassari, Centro di conservazione e restauro dei beni culturali, Loc. Li Punti

fino al 31 dicembre 2011“Abitavano fuori porta. Gente della Piacenza roma-na”Piacenza, Museo Archeologico – Musei Civici di Palaz-zo Farnese, Piazza Cittadella

fino al 31 dicembre 2011“Nutrire il corpo e lo spirito. Il significato simbolico del cibo nel mondo antico”Milano, Museo Archeologico, Corso Magenta, 15

fino al 31 dicembre 2011“La Tomba di Monte dell’oro: lusso e importazione a Cerveteri nel VII sec. a.C.”Cerveteri, Museo Nazionale Cerite, Piazza Santa Ma-ria

fino al 7 gennaio 2012“Parco Novi Sad – Archeologia di uno spazio urbano”Modena, Lapidario Romano dei Musei Civici, Palazzo dei Musei, Viale Vittorio Veneto, 5

fino all’8 gennaio 2012“Duemila anni di produzioni ceramiche a Falerii”Civita Castellana, Forte Sangallo, Via del Forte, 86

fino all’8 gennaio 2012“Virgilio. Volti e immagini del poeta”Mantova, Ala Napoleonica di Palazzo Te, Viale Te, 19

fino al 15 gennaio 2012“Ἀποξυόμενος. L’atleta del Kimbell Art Museum”Roma, Musei Capitolini, Appartamento dei Conserva-tori - Sala degli Arazzi, Piazza del Campidoglio, 1

Mostre

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40 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA

CONFERENZE eCONVEGNI

fino al 15 gennaio 2012“La vigna di Dioniso. Vite, vino e culti in Magna Gre-cia”Bari, Palazzo Simi, Strada Lamberti

fino al 15 gennaio 2012“Politica e leader nel Lazio ai tempi di Enea”Roma, Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Lui-gi Pigorini”, Piazza G. Marconi, 14

fino al 15 gennaio 2012 (prorogata)“Nerone”Roma, area espositiva al II ordine del Colosseo, nella Curia Iulia e nel Tempio di Romolo al Foro romano, nel Criptoportico neroniano e nel Museo sul Palatino

fino al 22 gennaio 2012“Venezia e l’Egitto”Venezia, Palazzo Ducale, San Marco

fino al 5 febbraio 2012“A Oriente. Città, uomini e Dei sulle Vie della Seta”Roma, Museo Nazionale Romano, sede Terme di Dio-cleziano, Viale Enrico De Nicola, 79

fino al 28 febbraio 2012“Dopo lo tsunami: Salerno antica”Salerno, Complesso Monumentale di Santa Sofi, Lar-go Abate Conforti

fino al 9 aprile 2012“Tesori ritrovati. L’alta valle dell’Aniene in mostra”Trevi nel Lazio (FR) – Castello Caetani

fino al 18 maggio 2012“Ashby e l’Abruzzo”Teramo, Museo Civico Archeologico ‘F.Savini’, Via Delfico

fino al 15 giugno 2012“Museo Nazionale Etrusco di Chiusi + 110”Chiusi, Museo Nazionale Etrusco di Chiusi, Via Porsen-na, 93

Mostre

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