I Segreti Della Guida in Pista

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I segreti della guida in pista. Introduzione Al giorno d’oggi è facile trovare un tracciato, raggiungerlo, acquistare dei turni di prove libere e dar sfogo alla propria voglia di velocità. Già, la velocità, quella che scatena l’adrenalina e vi fa accapponare la pelle mentre impostate una curva... Ma siamo sicuri di sapere come fare? La velocità, se non è tenuta a bada da un’adeguata tecnica di guida, è solo un problema, l’ennesima variabile da tenere sotto controllo per evitare che la situazione sfugga di mano. Farò un’affermazione che probabilmente non piacerà a molte persone: tanti, tantissimi, troppi motociclisti che pensano di saper andare in moto, in realtà si fanno portare a spasso dalla propria moto. È proprio così: andare in moto è un’operazione tutto sommato facile, mentre saper guidare è tutta un’altra storia. Probabilmente vi chiederete se esista un nesso tra guida in pista e su strada: sì, esiste. Saper guidare correttamente la moto in circuito significa fare molte cose, farle nella giusta sequenza, con consapevolezza e in tempi ridottissimi. In pratica, si impara a reagire più velocemente a qualsiasi eventualità, anche quella imprevista, cosa che è possibile sfruttare anche tra i marciapiedi di una città o lungo una strada provinciale. Un libro non sostituisce l’esperienza e neppure un buon corso di pilotaggio. Ma dovete sapere una cosa: neppure un corso di pilotaggio può sostituire un buon libro. Negli anni in cui mi sono dedicato all’insegnamento, presso diverse strutture e circuiti, ho imparato che le persone spesso sono troppo sotto pressione per assimilare tutto ciò che l’istruttore di guida spiega. Si concentrano su poche cose, tralasciandone altre ugualmente importanti, con il risultato che non assimilano concetti molto importanti e che dimenticano in tempi più o meno rapidi le istruzioni appena imparate. Ecco perché un tsto che contenga tutti i concetti che normalmente vengono spiegati in un corso di pilotaggio può essere utile. Le parole sono supportate da immagini, disegni, esempi e anche esercizi, tutto mirato a farvi comprendere davvero ciò che serve per migliorare le vostre capacità di guida. Spero che questo mio lavoro possa tornare utile a tanti motociclisti. Di modi per scoprirlo ne esistono tanti e il primo è sicuramente scrivendomi. Potete inviarmi un’email all’indirizzo [email protected] Parte prima Studiamo le traiettorie La guida della moto, tralasciando momentaneamente ciò che bisogna fare in sella, è fatta essenzialmente di linee. Non esiste un solo modo per affrontare una curva, ma neppure infiniti, perlomeno se il vostro scopo ultimo è quello di migliorare i tempi sul giro. Provate a osservare con spirito critico una gara di piloti professionisti; noterete che, sebbene vadano molto forte, non tutti seguono la stessa linea (o traiettoria), segno che non esiste uno e un solo modo per seguire una curva. Latraiettoria ideale è qualcosa di personale: varia in base al tipo di guida, al tipo di moto, alle condizioni climatiche, anche in base all’intraprendenza o meno di un pilota. Quelle che seguono sono delle semplici indicazioni di massima: vi spiego come “leggere” una o più curve, come affrontarle e raccordarle, ma voglio che siate voi a far maturare i frutti, fino a comporre il vostro personale stile di guida.

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Una raccolta di consigli sulla guida in pista di moto

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I segreti della guida in pista. Introduzione

Al giorno d’oggi è facile trovare un tracciato, raggiungerlo, acquistare dei turni di prove libere e dar sfogo alla propria voglia di velocità. Già, la velocità, quella che scatena l’adrenalina e vi fa accapponare la pelle mentre impostate una curva... Ma siamo sicuri di sapere come fare? La velocità, se non è tenuta a bada da un’adeguata tecnica di guida, è solo un problema, l’ennesima variabile da tenere sotto controllo per evitare che la situazione sfugga di mano. Farò un’affermazione che probabilmente non piacerà a molte persone: tanti, tantissimi, troppi motociclisti che pensano di saper andare in moto, in realtà si fanno portare a spasso dalla propria moto. È proprio così: andare in moto è un’operazione tutto sommato facile, mentre saper guidare è tutta un’altra storia. Probabilmente vi chiederete se esista un nesso tra guida in pista e su strada: sì, esiste. Saper guidare correttamente la moto in circuito significa fare molte cose, farle nella giusta sequenza, con consapevolezza e in tempi ridottissimi. In pratica, si impara a reagire più velocemente a qualsiasi eventualità, anche quella imprevista, cosa che è possibile sfruttare anche tra i marciapiedi di una città o lungo una strada provinciale. Un libro non sostituisce l’esperienza e neppure un buon corso di pilotaggio. Ma dovete sapere una cosa: neppure un corso di pilotaggio può sostituire un buon libro. Negli anni in cui mi sono dedicato all’insegnamento, presso diverse strutture e circuiti, ho imparato che le persone spesso sono troppo sotto pressione per assimilare tutto ciò che l’istruttore di guida spiega. Si concentrano su poche cose, tralasciandone altre ugualmente importanti, con il risultato che non assimilano concetti molto importanti e che dimenticano in tempi più o meno rapidi le istruzioni appena imparate. Ecco perché un tsto che contenga tutti i concetti che normalmente vengono spiegati in un corso di pilotaggio può essere utile. Le parole sono supportate da immagini, disegni, esempi e anche esercizi, tutto mirato a farvi comprendere davvero ciò che serve per migliorare le vostre capacità di guida. Spero che questo mio lavoro possa tornare utile a tanti motociclisti. Di modi per scoprirlo ne esistono tanti e il primo è sicuramente scrivendomi. Potete inviarmi un’email all’indirizzo [email protected]

Parte prima Studiamo le traiettorie La guida della moto, tralasciando momentaneamente ciò che bisogna fare in sella, è fatta essenzialmente di linee. Non esiste un solo modo per affrontare una curva, ma neppure infiniti, perlomeno se il vostro scopo ultimo è quello di migliorare i tempi sul giro. Provate a osservare con spirito critico una gara di piloti professionisti; noterete che, sebbene vadano molto forte, non tutti seguono la stessa linea (o traiettoria), segno che non esiste uno e un solo modo per seguire una curva. Latraiettoria ideale è qualcosa di personale: varia in base al tipo di guida, al tipo di moto, alle condizioni climatiche, anche in base all’intraprendenza o meno di un pilota. Quelle che seguono sono delle semplici indicazioni di massima: vi spiego come “leggere” una o più curve, come affrontarle e raccordarle, ma voglio che siate voi a far maturare i frutti, fino a comporre il vostro personale stile di guida.

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Ricordatevi sempre che parliamo di guida su circuito, quindi non fatevi venire in mente di applicare queste regole su strade aperte al pubblico: il rischio è di invadere la corsia opposta.

Gli elementi di una curva

Prima di iniziare ad affrontare le traiettorie vere e proprie, voglio far chiarezza su alcune

terminologie che vengono usate spesso nel mondo del motociclismo. Comprendere certi

concetti è fondamentale per saper prendere una decisione mentre si guida, quindi studiamo

brevemente come si compone una curva, pur senza sconfinare nella topogragfia.

Figura 1 – Una curva a 90°: notate la rappresentazione del raggio.

La larghezza della pista

È un concetto elementare e si riferisce alla larghezza della sede stradale che può ospitare il

transito dei mezzi (che siano auto o moto). È importante sapere quanto misura la larghezza

della pista e se in alcuni punti questa diminuisca o aumenti.

Raggio della curva

Per definizione una curva è l’elemento che unisce due tratti rettilinei. Immaginate una curva

come un arco di circonferenza, i cui estremi sono tangenti all’arco stesso e costituiscono i tratti

rettilinei. La curva più semplice è minore o uguale ai 90°, come mostrato in figura 1: potete

notare i due tratti rettilinei, la curva (in questo caso pari a 90°) e il raggio che la determina.

Figura 2 – Una curva con due diversi raggi di curvatura

Curve di raggio diverso

Le curve però non hanno tutte un solo raggio (e per fortuna diremmo...), bensì possono

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averne diversi. In questo caso la tecnica di guida deve obbligatoriamente cambiare, così da

poter seguire una traiettoria più proficua. Nella figura 2 potete vedere la rappresentazione di

una curva con due raggi di curvatura. Che possono crescenti o decrescenti.

Via di fuga

Non tutte le ciambelle riescono col buco e non tutte le curve riescono bene. Può capitare che

valutiate male gli spazi di frenata e che non riusciate a fare la curva: poco male, la pista è più

sicura della strada anche per questo, infatti non troverete un guard-rail ad attendervi, ma una

via di fuga. Quest'ultima è uno spazio progettato in modo da consentire il rallentamento delle

moto, solitamente realizzato in sabbia e ghiaia fine (o in asfalto). È una parte della pista che è

meglio conoscere il meno possibile, ma è sempre meglio che un ostacolo fisso.

Figura 3 – Osservate il cordolo dietro alle spalle della moto: notate l’irregolarità della superficie, che vi dice “state alla larga”

Il cordolo

Il cordolo è un altro elemento che dovete imparare a conoscere, anche se la sua colorazione

spesso rende le cose molto facili. È una sorta di delimitatore della sede stradale, posizionato

con diversi fini, e caratterizzato da forme e altezze variabili. Balza rapidamente all’occhio

perché ha una colorazione alternata: spesso è bianco e rosso, ma non mancano quelli di

colore bianco e giallo e altre varianti. Normalmente è scalinato, pertanto non è molto comodo

affrontarlo in moto. Per voi deve essere territorio off-limits, almeno per ora. Considerate che i

cordoli, in ogni caso, non offrono lo stesso grip dell’asfalto, ma anzi provocano scompensi

della ciclistica (figura 3), mentre in condizioni di umido equivalgono a salire su una rampa di

lancio. Spesso vengono usati proprio per evitare di allargare eccessivamente le traiettorie,

come nel caso della Variante Ascari del Circuito di Monza, dove il salto sul cordolo, sebbene

possibile, vi obbliga a controllare gli scuotimenti del manubrio.

Il punto di corda

Il punto di corda di una curva, o semplicemente “la corda”, è il punto che voi e la vostra moto

raggiungete quando siete più vicini al centro della circonferenza che “disegna” la curva. È

molto importante imparare a scegliere correttamente la corda di una curva, perché da essa

dipende il resto delle vostre traiettorie. Nelle figure i punti di corda sono rappresentati da un

“pallino” colorato.

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Figura 4 – Una curva di 90° con la rappresentazione del raggio di curvatura, che in questo caso è unico e costante

La curva standard

È una curva semplice, che non prevede un raggio variabile, né una variazione del profilo

altimetrico. Immaginate una curva che non sia superiore ai 90°. Anzi, non limitatevi a

immaginarla, guardatela in figura 4: dalla rappresentazione potete notare, oltre al cordolo e

alla linea di mezzeria (che non troverete in pista), anche l’indicazione del raggio sul quale la

curva stessa è costruita. In tutte le curve che affronterete nella vostra vita, anche le più

complesse, sarà possibile definire uno o più raggi di curvatura: più tale raggio è ampio e più la

curva può essere affrontata velocemente (a parità di condizioni di fondo e atmosferiche).

Figura 5 – La curva rappresentata ha due diversi raggi di curvatura

La curva a doppio raggio

Le curve, dicevamo, non sono però tutte uguali e non parlo solo del raggio di curvatura; ce ne

sono alcune (che si incontrano anche su strade pubbliche) che sono generate da più archi di

circonferenza, vale a dire che hanno più raggi di curvatura. La figura 5 ne è un esempio.

Ipotizzando di percorrerla da sinistra a destra, in senso orari quindi, occorre fare molta

attenzione: nella prima parte, caratterizzata dal raggio più ampio, è possibile mantenere una

determinata velocità, ma in prossimità del secondo raggio di curvatura è necessario rallentare,

poiché la curva chiude all’improvviso.

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Figura 6 – La traiettoria blu identifica la traiettoria “normale”, vale a dire largo-stretto-largo, mentre quella rossa mostra il tipico errore dovuto a un ingresso troppo stretto

La traiettoria

Visto che dobbiamo affrontare l’argomento delle traiettorie, iniziamo proprio dalla curva

standard. Normalmente una curva va affrontata con una configurazione largo-stretto-largo,

riferita al modo in cui si approccia la svolta: appena prima della curva resto largo (traiettoria

blu di figura 6), quindi passo stretto sul cordolo in prossimità del punto di corda per tornare

largo in uscita di curva.

La traiettoria rossa rappresentata in figura è chiaramente sbagliata. Analizziamo il perché: il

pilota si avvicina alla curva senza restare “largo”, ossia vicino al cordolo esterno, cosa che lo

costringe ad anticipare il punto di corda, allargando la traiettoria per finire piuttosto largo in

uscita, dove non può sfruttare lo spazio residuo per cercare la massima accelerazione.

Figura 7 – Una buona traiettoria vi permette di approfittare di un raggio di curvatura ben più ampio, che potrete percorrere più velocemente

Nella Figura 7, invece, potete notare che nonostante il raggio della curva (rappresentato in

colore arancio) sia piuttosto contenuto, la traiettoria scelta ci permette di ridefinire un nuovo

raggio di curvatura (di colore azzurro), ben più ampio del precedente, che ci permette quindi

una velocità maggiore..

La curva a raggio variabile

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Probabilmente vi sarà capitato, anche in auto: effettuate l’inserimento in una curva e, a un

tratto, dovete ridurre la velocità, perché la curva “chiude” improvvisamente. Benvenuti in una

curva a raggio variabile! A differenza di quella descritta in precedenza, questo tipo di curva ha

due o più raggi che la determinano, obbligandovi a una variazione della velocità per evitare di

uscire di strada.

Già, ma che cosa viene dopo?

È la regola aurea della guida in pista, quindi non dimenticatela: dovete sempre guidare in

funzione di ciò che viene dopo, vale a dire della curva che si presenta subito dopo quella che

state affrontando. Se in uscita da una curva vi vien voglia di aprire il gas per uscire in piena

accelerazione e lambire il cordolo esterno, buon per voi, a patto che la curva successiva non

sia vicina e nel senso opposto. Un esempio è dato dalla curva del Correntaio, al Mugello.

Figura 8 – Se la curva “chiude” dovete resistere alla tentazione di entrare molto veloci

La figura 8 mostra due esempi di traiettoria: quella blu è corretta, in quanto in essa il pilota

ignora il punto di corda della prima “mezza curva” per puntare alla seconda, che è più lenta. In

questo modo può sfruttare la prima parte della curva per ritardare la frenata, chiudendo quindi

la corda della seconda.

La traiettoria rossa invece rappresenta un tipico errore: il pilota, vedendo il cordolo, decide di

aggredire la corda della prima curva, con il risultato di trovarsi troppo veloce e completamente

fuori linea per affrontare la parte più lenta. In questo caso dovrà raddrizzare la moto per

rallentare e forzare molto la curva, perdendo tempo prezioso. Provate ora a osservare la

Figura 8 invertendo il senso di marcia dei piloti: una curva con più raggi di curvatura, infatti,

può anche essere ad aprire, vale a dire con il raggio più veloce in fase di uscita. La sostanza

non cambia: dovete guidare in funzione del raggio di curvatura più piccolo, quindi la traiettoria

blu rappresenta ancora il miglior compromesso!

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Le curve in successione

Figura 1 – Una doppia curva da raccordare. Pensate sempre a ciò che viene dopo...

Riprendiamo il discorso da dove eravamo rimasti. E approfondiamolo. Quando due curve sono

estremamente vicine e hanno lo stesso verso (entrambe a destra o a sinistra), è possibile

raccordarle, così da percorrere una sola curva. Nel caso di due svolte a 90°, come mostrato

in Figura 1, la traiettoria mostra chiaramente che è possibile identificare due punti di corda: il

pilota arriva in prossimità del primo punto di corda e resiste alla tentazione di allargare la

traiettoria. Parzializzando il gas può restare abbastanza vicino al cordolo interno, così da

rimanere in linea ideale, identificare il secondo punto di corda e sfruttare tutta la pista in fase di

accelerazione (Figura 2). La traiettoria rossa vi mostra invece il tipico errore di chi, per troppa

foga, accelera non appena lambisce il primo punto di corda, compromettendo il resto della

percorrenza. Notate che il punto di corda è il medesimo della traiettoria blu, segno che

l’inserimento in curva è avvenuto nello stesso modo e con gli stessi tempi. È solo

l’acceleratore a fare la differenza...

Nel caso di doppia curva con raggio variabile, basta unire queste considerazioni a quelle già

esposte nel caso rappresentato in Figura 3, poiché l’unico elemento variabile è la velocità di

percorrenza.

Le varianti o chicane

Le chicane rappresentano un caso a parte poiché, sebbene si tratti formalmente di due curve

in successione, vanno affrontate con delletraiettorie diverse. Per prima cosa, diversamente

al caso analizzato in precedenza, le due curve che formano la chicane sono opposte, nel

senso che una è a destra e l’altra a sinistra, o viceversa. La seconda differenza è che nelle

chicane è necessario affrontare un cambio di direzione, per passare da una curva all’altra:

questo fatto, che sulle prime potrebbe apparire semplice, va eseguito in velocità, cosa che

costringe a lavorare molto sulla posizione del corpo (lo vedremo nelle prossime uscite) e che

potrebbe far perdere facilmente la traiettoria ideale, innescando una serie di errori difficile

da correggere. La fregatura sta tutta qui: nelle curve in successione e in particolar modo per le

chicane, un errore nella prima fase viene mantenuto (e spesso amplificato) fino all’uscita dalla

seconda curva, compromettendo i tempi e laqualità della guida. La Figura 4 mostra la

struttura di una chicane tipo, con le traiettorie colorate: quella blu è corretta, quella rossa,

invece, mostra cosa accade quando si cerca di affrontare la chicane come se fosse una curva

“normale”.

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Figura 4 – Le chicane vanno studiate, poiché la traiettoria ideale è molto differente rispetto a una classica curva.

Ciò che appare evidente dalla traiettoria blu è che la fase di inserimento in curva viene

eseguitacon un certo ritardo. Ciò permette al pilota di trovare un punto di corda ritardato e

quindi di uscire più “stretto”, cosa molto utile se si considera che è necessario eseguire un

cambio di direzione e inserirsi nella seconda curva. Il momento del cambio di direzione è

piuttosto complicato: la moto infatti in quei pochi metri necessari alla manovra non curverà,

quindi occorre tenerne conto nella scelta della linea. La traiettoria blu prosegue; il pilota a

questo punto affronta la seconda curva secondo le regole che ho già trattato, quindi identifica

il punto di corda e lo aggredisce, cercando la massima accelerazione.

La traiettoria rossa differisce dalla blu sostanzialmente per la fase iniziale: il pilota cerca un

punto di corda standard, ma nella percorrenza finisce largo(adotta un approccio largo-stretto-

largo), compromettendo la traiettoria ideale per la seconda curva. In questi casi si hanno due

possibilità: la prima èfinire fuori pista, poiché il cambio di direzione porta la moto oltre il

cordolo. La seconda è rallentare con decisione, sacrificando la velocità solo per restare in

pista. Entrambi i risultati sono pessimi. Per le chicane è fondamentale introdurre un

ragionamento che vi seguirà per tutto il resto della vostra carriera di motociclisti: la traiettoria

deve essere scelta in funzione del tipo di curva che segue.

Figura 5 – La traiettoria ideale in una chicane vi permette di sfruttare al meglio l’accelerazione in uscita.

Nella chicane mostrata in Figura 4 è evidente che il pilota che traccia la linea blu sacrifica

leggermente la velocità di inserimento nella prima curva, concedendosi quindi spazio e

tempo necessari per affrontare il cambio di direzione e, in pratica, raddrizzando il più possibile

la curva. Il beneficio, mostrato in Figura 5 sotto forma di frecce colorate, è evidente: con

questo stratagemma è possibile sfruttare un’ampia parte del tracciato per cercare la

massima accelerazione, che compenserà abbondantemente l’ingresso ritardato. Le frecce

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contrapposte rappresentano il punto in cui il pilota esegue il cambio di direzione: dopo pochi

metri potrà quindi accelerare e puntare il cordolo di uscita. Sacrificando la velocità di

ingresso in curva, il pilota che traccia la traiettoria blu avrà quindi molti più metri a disposizione

per accelerare, oltretutto su un arco di circonferenza il cui raggio è molto più ampio (freccia

bordata di giallo). Il pilota rosso, invece, arriva troppo forte nella prima curva, è costretto a

rallentare, ritardando il cambio di direzione e a uscire più lento dalla curva.

Va da sé che le traiettorie mostrate dipendono dalla curva che seguirà, come già detto altre

volte. Se per esempio nella Figura 5 la curva successiva fosse verso destra, le traiettorie

mostrate sarebbero sbagliate: in questo caso sarebbe bene sacrificare anche parte della

seconda curva, così da evitare di uscire larghi. La condizione ideale sarebbe il trovarsi

abbastanza vicini al cordolo esterno (a sinistra), così da poter affrontare la terza curva con

l’approccio largo-stretto-largo.

Le variazioni di pendenza

Un paragrafo a parte meritano le curve che incorporano una variazione di pendenza. Presto o

tardi le incontrerete, quindi è bene darvi qualche dritta per evitare di sbagliare traiettoria.

Come imparerete meglio nelle uscite successive, la moto si guida con i movimenti del

corpo, vale a dire con la disposizione e gli spostamenti del peso. Una variazione di pendenza

all’interno di una curva ha l’effetto di caricare in più o in meno gli ammortizzatori, cosa che

inevitabilmente si riflette sulla vostra traiettoria.

In linea di massima tenete a mente che se incontrate una discesa durante la curva, gli

ammortizzatori subiranno un minor carico, portandovi ad allargare un po’ la traiettoria che

avete scelto. La situazione è opposta nel caso di una salita: gli ammortizzatori si

comprimeranno, portandovi a forzare molto di più sugli pneumatici e a chiudere leggermente

la traiettoria. Un esempio di quest’ultimo caso (anche se parziale) è una curva parabolica.

Considerate, infine, che le stesse sollecitazioni le subirà anche il vostro corpo: per evitare di

trovarvi letteralmente in volo con le gambe, o di schiacciarvi fino a sbattere il casco sul

cupolino (rispettivamente in discesa o in salita), controllate sempre bene la vostra posizione in

sella.

Conclusioni

Le traiettorie sono fondamentali nella guida in pista. Anche su strada poteteinterpretare le

curve in modi diversi, ma con parecchi elementi esterni in più, come la linea di mezzeria,

tombini, buche e altri disturbi. In pista saper scegliere la linea migliore è una vera e propria

arte, quindi non smettete di sperimentare. Anche i piloti professionisti spesso guidano in

scia ai più veloci, per scoprire quali traiettorie permettono di sacrificare meno velocità e

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ottenere una guida più fluida. Non abbiate quindi timore di sperimentare linee diverse, ma

sempre con un occhio alla sicurezza!

La posizione di guida

Ho un bellissimo ricordo d’infanzia che credo mi seguirà per sempre: mio padre che mi insegna ad andare in bicicletta,aiutandomi e tenendomi dalla parte posteriore della sella. Ricordo molto bene cosa accadde dopo, quando mio padre mi lasciò libero di pedalare in autonomia: alla prima curva scoprii che l’asfalto è compatto. Molto compatto. E scoprii che per guidare qualcosa che abbia due ruote è fondamentale usare il corpo. Detto così potrebbe non essere molto chiaro, ma si tratta di una sacrosanta verità e, se ci pensate attentamente, ve ne convincerete anche voi. Quando vi accomodate sul sedile di un’auto, regolate il sedile e allacciate la cintura di sicurezza, siete pronti per partire: non serve una particolare postura del corpo, se non per quanto concerne il semplice comfort. In moto è tutto diverso. La moto è in equilibrio su due punti d’appoggio, non quattro, pertanto un cambiamento della vostra postura, anche piccolo, ha un determinato riflesso sulla guida. E se da un lato questi riflessi possono essere positivi, perché aiutano nella guida, dall’altro possono anche mettere in pericolo il pilota. Capire come sfruttare al meglio il proprio corpo, sia dal punto di vista della distribuzione dei pesi, sia nella postura vera e propria, è fondamentale ai fini della guida veloce su circuito.

Un gioco di equilibri

Prima di affrontare l’argomento della posizione di guida, è bene fare chiarezza su alcuni concetti e tecnicismi che gravitano attorno al mondo della moto. Alcuni di voi saranno già pratici di inclinazioni del cannotto di sterzo,avancorsa e così via, mentre altri saranno probabilmente vittime delle famigerate “chiacchiere da bar”. Scopriamo insieme queste verità fumose...

Figura 1 – Le quote ciclistiche principali della moto

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Innanzitutto è bene chiarire che sotto la voce “quote ciclistiche” compaiono tutte le misure più

importanti inerenti le geometrie di una moto. Tra le principali ricordiamo l’interasse, l’altezza

da terra, larghezza e lunghezza, l’inclinazione del cannotto di sterzo, l’offset delle piastre,

l’avancorsa e altri dati importanti.

Tra queste misure, tutte importanti, ce ne sono alcune che sono fondamentali e influenzano

direttamente il comportamento dinamico della moto: l’inclinazione del cannotto di sterzo,

l’offset e l’avancorsa.

La Figura 1 mostra la rappresentazione delle quote ciclistiche principali di una moto. Risulta

piuttosto evidente capire che cosa sia l’inclinazione del cannotto di sterzo, vale a dire la

misura dell’angolo tra la verticale e l’inclinazione dell’asse di sterzo. L’offset è lo spostamento

longitudinale dal perno ruota alla linea tracciata dall’inclinazione dell’asse di sterzo.

Entrambe queste quote geometriche contribuiscono (anche se non da sole) a

determinare l’avancorsa, vale a dire la proiezione a terra tra la perpendicolare del mozzo

ruota e l’asse di rotazione della forcella. La Figura 2 mostra chiaramente l’avancorsa e il

motivo per cui nelle moto moderne si applica un offset alla forcella: per aumentare l’avancorsa

senza dover aumentare l’inclinazione del cannotto di sterzo.

Figura 2 – Il dettaglio dell’avancorsa. Il punto P1 mostra l’avancorsa che si otterrebbe se non ci fosse offset nelle piastre della forcella, vale a dire una misura inferiore, a parità di inclinazione del cannotto di sterzo

Questo libro non rappresenta la sede più adatta per una disamina completa delle geometrie

della moto, ma può essere utile sapere che l’avancorsa può essere modificata agendo per

esempio sull’altezza della spalla dello pneumatico. Le moto più “corsaiole”, infine, dispongono

di un sistema di regolazione dell’inclinazione del cannotto, così da ottenere l’avancorsa

desiderata.

Il motivo di tutto ciò è semplice: un’avancorsa ridotta significa minor attrito durante il

rotolamento della gomma durante la curva, cosa che si traduce in una maggiore reattività

della moto nei cambi di direzione e negli inserimenti in curva. Di contro, tale

reattività penalizza la stabilità della moto nelle percorrenze veloci. Ecco perché prima di

intervenire su una moto acquistando delle belle piastre di sterzo in alluminio anodizzato, è

meglio informarsi se queste abbiano gli stessi valori di offset (Figura 3) dell’originale.

Il vostro corpo è uno strumento

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Provate a osservare una gara di moto, anche in TV, e cercate di concentrarvi sulla posizione che i piloti assumono quando danzano tra una curva e l’altra. Noterete subito che ci sono grandi differenze tra uno e l’altro, così come diverse sono le traiettorie che seguono. Lo stile di guida di un pilota ècondizionato da molti fattori, ma per ora concentriamoci su quelli che ci riguardano direttamente. La moto accelera, frena e curva, ma non lo fa da sola: serve il vostro corpo. Durante la guida dovrete contrastare la forza di inerzia in frenata, che cerca di “spingervi” davanti alla moto, quella in accelerazione, che vi “allunga” le braccia, oltre alla forza centrifuga in curva. È evidente che per resistere a tali sollecitazioni non basta starsene seduti in sella come capita, ma ci vuole un metodo. Considerate che il peso del vostro corpo, sommato a tutta l’attrezzatura che indossate, di norma costituisce un buon 50% del peso della moto, ragion per cui quando vi muovete in sella il veicolo è anch’esso sottoposto a sollecitazioni forti. I vantaggi di uno stile di guida corretto sono molteplici. Da un lato è possibile guidare con una minor tensione muscolare, preservando le energie. Dall’altro si carica la moto in modo corretto e nei tempi giusti, massimizzando l’efficacia di un mezzo che è stato progettato per avere in sella un pilota e non uno scimpanzé che si agita a casaccio.

Figura 3 – Un dettaglio dell’offset delle piastre di sterzo

È vero che la moto ha il proprio baricentro, così come voi ne avete uno, ma quando salite in

sella, è come se si creasse una sorta di nuovo baricentro, che è la risultante dei due citati.

Se il corpo è importante, quindi, lo è anche restare con i piedi per terra: come istruttore di

guida ho sentito diverse volte affermare che “si guida solo col corpo”. Il concetto di per sé è

corretto, ma l’estremizzazione di tali concetti porta solo a dei guai. Fate pure le vostre prove

e verificate se riuscite col solo uso del corpo a far cambiare direzione alla moto in una chicane

veloce...

Sacchi di patate astenersi

Sarà forse una reminiscenza dell’uso della bicicletta, ma la sella di una moto è diversa, sia come forma, sia come utilizzo. In bici ci si siede comodamente, anche perché bisogna spingere sui pedali e per farlo al meglio bisogna pur avere un minimo di comodità. In moto è tutto diverso e tra gli errori più comuni c’è proprio il sedersi in sella come dei sacchi di patate, con tutto il peso del corpo che grava sul “cuscino”, come se si trattasse di una poltrona. Come mi spiegò il Campione del Mondo Marco Lucchinelli, la sella in pista è un accessorio inutile e la posizione di guida deve essere scomoda. I muscoli delle gambe devono essere

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costantemente in tensione e la sella non va toccata neppure in rettilineo. Come abbiamo visto prima, i piloti usano questa tecnica per guadagnare qualche chilometro orario di velocità, ma è utile anche per assorbire meglio le asperità dell’asfalto e le variazioni di livello senza interferire sulla ciclistica e migliorando la stabilità. In pratica è come se le vostre gambe funzionassero come due ammortizzatori supplementari, che smorzano i movimenti del vostro corpo. Dato che la moto risente molto delle forze applicate, occorre fare una precisazione anche per il loro punto di applicazione. Se state seduti in sella, il punto di applicazione della forza peso sarà piuttosto alto (la sella, appunto), mentre se vi sostenete sulle pedane, il punto di applicazione sarà molto più vicino al suolo e al baricentro della moto,migliorando ancora di più la stabilità. Il fatto di non sedersi come sacchi di patate in sella è fondamentale anche in curva: in caso di una perdita di aderenza improvvisa, se siete troppo seduti non riuscirete a recuperare e verrete sbalzati di sella, in quello che viene chiamato high side.

La piega, questa sconosciuta

Vi siete mai chiesti perché quando affrontano una curva i piloti si protendono verso l’interno? Insomma, perché si piega, portando il ginocchio a terra? Ci sono diverse spiegazioni di questo comportamento, tutte legate in qualche modo alla fisica, ma dato che non si tratta di un testo scolastico di fisica, cercherò di semplificare il più possibile le cose. L’esempio è bizzarro, lo so, ma spero possa tornarvi utile per comprendere il perché di questa tecnica. Siete mai saliti sui trampoli? Da ragazzi in molti lo hanno fatto; salendo sui trampoli, quando si è ancora vicini al terreno, si riesce a mantenere abbastanza agevolmente l’equilibrio. A mano a mano che si sale e ci si allontana da terra, l’equilibrio diventa sempre più precario, al punto che il minimo movimento provoca una grande variazione della stabilità. Con la moto non è molto diverso, anche se si tratta di un sistema in movimento: più restate in alto e più sarete instabili e poiché, oltre alle forze normali che determinano l’equilibrio, c’è anche la forza centrifuga (che tende a farvi “partire” per la tangente in esterno curva), controbilanciate il sistema di forze portandovi all’interno. Il fatto di toccare l’asfalto con il ginocchio (o meglio con lo slider) non è di per sé indicativo, dato che serve solo come riferimento di quanto il binomio moto-pilota è inclinato rispetto all’asse normale. Non commettete il classico errore del principiante: essere convinto che toccare con il ginocchio significhi andar forte. Si tratta infatti solo di una conseguenza della guidaveloce, non di un traguardo.

Figura 4 – Il confronto tra uno pneumatico normale e uno slick; notate la grande differenza del profilo. Per non parlare delle mescole

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L’altro motivo per cui si piega in curva è per massimizzare l’improntaa terra dello

pneumatico. A differenza degli pneumatici per auto, che hanno un profilo piatto, quelli per le

moto, in particolare le supersportive, hanno profili curvi e più o meno appuntiti. All’aumentare

dell’inclinazione della moto in curva, la superficie di contatto tra gomma e asfalto si riduce

sempre di più e la conferma di questo fatto è che a grandi inclinazioninon è possibile

accelerare più di tanto, a meno desiderare ardentemente di volare per aria, in quello che gli

addetti ai lavori chiamano high-side. Sporgendosi dalla moto, però, il pilota riesce

a raddrizzare un po’ di più la moto rispetto a una guida “normale”, facendo sì che la

superficie di contatto tra gomma e asfalto sia maggiore; ciò si traduce nella possibilità di aprire

prima (e di più) il gas, per affrontare la fase di uscita dalla curva e l’accelerazione. I profili degli

pneumatici moderni sono cambiati molto nel corso degli ultimi anni e ora offrono una “spalla”

(la parte più esterna del battistrada) molto consistente. Il profilo complessivo è quindi molto

appuntito e questa conformazione ha il pregio di offrire una superficie di contatto migliorata

anche a forti inclinazioni. Provate a osservare uno pneumatico stradale comune e una gomma

in mescola (meglio ancora se slick): noterete subito l’enorme differenza del profilo. La Figura

4 evidenzia proprio questo tipo di differenza; a parità di larghezza del pneumatico, lo slick sulla

destra è molto più appuntito, cosa che, se da un lato lo rende meno stabile in rettilineo e

frenata, dall’altro offre una superficie più rettilinea in corrispondenza della spalla.

Giù in piega

All'inizio della terza parte del nostro corso ricorderete che ho fatto riferimento a un episodio che

mi ha visto protagonista (credo e spero che sia applicabile anche a tutti voi...) in sella a una

bicicletta, quindi ho deciso di avvalermi proprio di questo mezzo di trasporto per chiarirvi le

idee.

Figura 1 – A sinistra: il ragazzino procede in senso rettilineo. A destra: se il “pilota” si sposta lateralmente, il mezzo compenserà tale spostamento sul lato opposto (viaggiando sempre in senso rettilineo).

Immaginate di pedalare in senso rettilineo, in sella alla vostra bici; il vostro asse di simmetria

coincide con quello della bicicletta. Immaginate ora di spostarvi lateralmente sulla sella, ma di

continuare a marciare in senso rettilineo. Cosa accade? La bicicletta “compensa” il vostro

spostamento, inclinandosi dalla parte opposta. In Figura 1 potete vedere una bozza di quanto

appena detto: nella prima figura il ragazzino in bicicletta viaggia in senso rettilineo, ma nella

Page 15: I Segreti Della Guida in Pista

seconda sposta l’equilibrio sul suo lato sinistro, pertanto la bici si inclina dalla parte opposta,

ovvero verso destra. In entrambi gli esempi il moto rimane rettilineo. Se non avete capito,

prendete la vostra bicicletta e percorrete qualche metro sperimentando questo fenomeno

fisico, poi tornate qui a leggere.

È evidente che nel secondo caso l’asse di simmetria del corpo del ragazzino non corrisponde

più a quello della bicicletta.

Ora provate ad analizzare entrambi gli scenari, ma trasponendoli in una curva. La Figura 2

mostra lo stesso ragazzino in una curva. Nel primo caso, l’asse di simmetria del suo corpo

corrisponde ancora a quello della bicicletta. Nel secondo caso, invece, è evidente che i due

assi di simmetria non coincidono (esattamente come il secondo esempio della Figura 1),

proprio per via del diverso assetto in sella.

Figura 2 – A parità di raggio di curvatura, spostare il corpo all’interno della curva permette di inclinare meno la bicicletta. E anche la moto.

Ora osservate attentamente l’asse di inclinazione del corpo del ragazzino: che ci crediate o

no, ha la stessa inclinazione in entrambe le rappresentazioni, ma nel secondo caso

l’inclinazione della bicicletta è molto meno accentuata. Cosa significa tutto ciò?

Semplicissimo: che l’impronta a terra dello pneumatico sarà maggiore! In questo stesso

paragrafo, infatti, ho spiegato che con l’aumentare dell’inclinazione della moto, l’impronta a

terra della gomma diminuisce, quindi una minore inclinazione si traduce in più aderenza, che a

sua volta consente di percorrere più velocemente la curva, di farlo con un grado si sicurezza

maggiore e di riaprire prima il gas. Sfortunatamente la bicicletta (e quindi le vostre gambe) non

“spinge” come un bicilindrico o un quattro cilindri moderno, pertanto lo stress delle gomme è

interessato anche da altre variabili, che comunque analizzeremo in seguito.

La posizione giusta in accelerazione

Il rettilineo e in genere la fase di accelerazione, sono momenti importantissimi per la guida veloce su circuito, perché è in questa fase che si toccano le punte più alte di velocità. Parlare

Page 16: I Segreti Della Guida in Pista

di rettilineo significa quindi parlare diaerodinamica, un fattore determinante per il tempo sul giro. La domanda credo nasca spontanea: l’aerodinamica è definita dal produttore della moto, mediante complessi calcoli, pertanto che influenza può avere il pilota? Il cosiddetto coefficiente di resistenza aerodinamica, vale a dire il misterioso “Cx” (o anche Cd) di cui spesso si parla, è il valore adimensionale che esprime il grado di resistenza di un corpo durante il moto in un fluido. L’aria in cui ci spostiamo è infatti un fluido e, se volete, possiamo parlare di Cx anche in termini di capacità di penetrazione più o meno agevole in tale fluido. È da molti anni che i produttori di moto prestano molta attenzione alla definizione di un profilo delle carene che permetta di offrire la minor resistenza all’avanzamento, ricorrendo anche a tecniche che prima erano prerogativa delle sole auto sportive (o da competizione), come la galleria del vento. Le forme più o meno sinuose, affilate e “nervose” sono soprattutto funzionali, oltre che piacevoli da un punto di vista estetico, e sono tese proprio al miglioramento del Cx. Un esempio: il posizionamento dello scarico, da sempre in configurazione laterale, è stato spostato sotto al codone proprio per questioni di bilanciamento e di miglioramento del coefficiente di penetrazione aerodinamica. Da qualche anno stiamo assistendo a un nuovo riposizionamento: lo scarico sta infatti abbandonando i codoni per via del posizionamento delle masse non ottimale (più in basso sono e meglio è, ai fini della definizione del baricentro), ma sono in pochi a ricorrere nuovamente alla configurazione laterale, preferendo quella sotto la carena, più bassa e vicina al baricentro.

Spalmati sul serbatoio

Le moto che guidiamo in pista, quindi, sono il risultato di studi lunghi e complessi, ma è un peccato rovinare tutto con una posizione in sella sbagliatae se avete pensato anche solo per un momento che il pilota non influisca sul rendimento aerodinamico, avete sbagliato.

Figura 3 – La posizione corretta in rettilineo. Notate come il busto è aderente al serbatoio, il casco è nel cupolino e i gomiti sono bassi. In gergo si dice “entrare in carena”.

Pensate anche solo per un istante alle auto: il pilota è chiuso in un abitacolo e non è

sottoposto ai flussi d’aria (e esclusione delle vetture a ruote scoperte). In moto è tutto diverso:

il pilota è oggetto di forti pressioni d’aria e, tra l’altro, non può neppure usufruire delle

appendici aerodinamiche che le auto sfruttano. Il fenomeno della portanza in una moto,

infatti, è minimo per via delle superfici più piccole dello scarso sviluppo laterale della moto

stessa. Pensate a una moto come a un missile, che devefendere l’aria il più possibile,

anziché contare su un alettone per aumentare l’aderenza a terra.

Page 17: I Segreti Della Guida in Pista

Ecco, pensatevi a cavallo di un missile; in questa situazione come vi posizionereste? Quale

sarebbe la vostra posizione “in sella”? Scommetto che sareste protesi in avanti, cercando di

rimanere il più possibile attaccati alla superficie del vostro... mezzo di trasporto. Allora per

quale motivo nelle varie uscite in pista si trovano sempre tante persone che hanno il busto

quasi eretto?

Figura 4 – Busto rialzato, gomiti larghi, così come gambe e piedi. È una pessima posizione, non solo per il rettilineo...

Prima regola: è fondamentaleschiacciarsi sul serbatoio, facendo rientrare il casco nella

sagoma del cupolino. Restare con il busto eretto (o parzialmente eretto) vi espone a forti

pressioni d’aria, che finiscono per rallentarvi e peggiorare il Cx complessivo moto-pilota, ma

può accadere anche di peggio. Poiché l’aria che preme sulla testa e sul petto agisce come

una trazione all’indietro su tutto il corpo, il pilota potrebbe pensare di esercitare una trazione

sui semi-manubri per controbilanciare le forze, alleggerendo la ruota anteriore (e modificando

quindi le geometrie) erendendo instabile la moto. Non dimenticate infatti che la fase di

accelerazione di per sé porta già a un alleggerimento del carico sull’anteriore, che si sposta al

retrotreno. Le Figure 3 e 4 ostrano la posizione corretta e quella sbagliata. In Figura 5, invece,

è rappresentata la posizione corretta in sella a una nuda.

Figura 5 – Con una naked il discorso non cambia: gambe strette, gomiti bassi e busto proteso in avanti per fendere l’aria.

Al fine di migliorare ulteriormente il profilo aerodinamico, è bene stringere la moto con le

gambe, facendole aderire il più possibile al telaio, cosa che permette di limitare al minimo

gli spostamenti longitudinali dovuti alla propulsione. La stessa cosa è valida per le braccia, che

devono essere aderenti al serbatoio, con i gomiti il più possibile bassi. Ciò permette da un lato

Page 18: I Segreti Della Guida in Pista

di conferire più solidità all’avantreno, permettendo di gestire meglio i fenomeni di

“sbacchettamento” e dall’altro diabbassare il profilo delle spalle, offrendo una minore

resistenza all’avanzamento (provate a pensare a quale spinta all’indietro potreste ricevere

andando a circa 300 km/h. Ci vorrebbe Hulk per resistere con le sole braccia). Ricordatevi

sempre che ogni movimento in sella determina una variazione delle geometrie della moto.

Per agevolare la corretta posizione di guida in rettilineo, i piloti spesso tendono a spostarsi

molto indietro sulla sella, così da rientrare meglio nella protezione del cupolino. Questa

manovra, tra l’altro, migliora anche l’aerodinamica complessiva, al punto che i piloti arrivano a

sedersi sulla prima parte del codone, abbandonando la sella. Se restate seduti troppo indietro

in fase di accelerazione, specie con moto potenti e di grossa cilindrata, aumenterete la

tendenza all’impennata, cosa che vi costringerebbe a parzializzare o chiudere il gas, per

evitare il ribaltamento. Cercate quindi dispingere con le gambe verso l’avantreno, ma

evitate accuratamente di aggrapparvi al manubrio e tirare, perché così facendo innescate una

serie di scompensi della ciclistica. Cercate invece di sostenere tutte le forze in gioco con le

sole gambe.

La postura giusta in frenata e in curva

Alla fine di un rettilineo di solito si trova una curva, a meno che non vi piacciano le sparate in

un aeroporto. Posto che non potete inforcare una curva con la stessa velocità con la quale

percorrete il rettilineo, tranne rarissimi casi, bisogna capire come usare il corpo per rendere

l’intera manovra fluida e sicura.

Esistono molte insidie in questa fase e la prima regola per non esporsi a pericoli inutili è

adottare una posizione in sella efficace e corretta.

Figura 1 - In frenata è necessario contrastare le forze di decelerazione, quindi gambe serrate, busto eretto e braccia ben puntate sui manubri

La posizione giusta in frenata

La frenata è una questione di tempismo: sollevate il busto troppo presto e vi affaticherete

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inutilmente, sollevatelo troppo tardi e finirete col fare un giretto nella ghiaia della via di fuga. In questo paragrafo spiegherò solo la corretta postura, rimandando la tecnica di frenata al capitolo dedicato alle fasi della guida. Poiché durante la frenata le forze in gioco sono opposte a quelle affrontate in rettilineo, è necessario portare il busto in posizione eretta, così da distendere le braccia e contrastare in maniera efficace la forza di decelerazione. Pur se minimo, questa posizione in sella aggiunge anche un effetto “vela” che vi aiuta nel rallentare la corsa della moto (vedi Figura 1). Quando parlo di braccia tese, però, non intendo di marmo: è necessario mantenere la capacità di operare su leve e comandi in ogni momento, per modificare frenata e traiettoria. Forse state pensando che in questa fase ci si può appoggiare sulla sella per riprendere fiato: sbagliato. Il corpo deve essere mantenuto arretrato sulla sella, per evitare di caricare eccessivamente l’avantreno, ma il grosso del lavoro è fatto dalle gambe. Queste devono serrare il serbatoio, sia per impedirvi di scivolare in avanti, sia per abbassare il puntodi applicazione della forza, cosa che analizzeremo meglio in un’altra lezione. Uno degli errori più comuni in questo caso, è iniziare a spostarsi sulla sella per preparare la curva . Se ciò accade, state confondendo due fasi ben distinte della guida, vale a dire frenata e ingresso in curva. Spostarsi troppo presto sulla sella significa compromettere l’equilibrio della moto, che è già sottoposta a una forte sollecitazione (la forcella è molto carica), compromettendo l’efficacia della frenata in rapporto allo spazio a disposizione (Figura 2, vedi la gallery fotografica). Meglio concentrarsi sulla frenata e solo dopo, quando la velocità è ideale, inserire la moto in curva.

La posizione corretta in curva

La posizione corretta da tenere in curva è senza dubbio la più difficile, perché è il frutto della ripetizione di un metodo e dell’esperienza. Tutti quanti sappiamo benissimo che è fondamentale spostarsi trasversalmente sulla sella, ma basta fare un giro in una pista qualunque, anche come semplice spettatore, per rendersi conto di quante persone sono vittima dell’immobilità assoluta in sella. Di norma, specialmente per i principianti, c’è la diffusa convinzione di spostarsi sulla sella, a volte anche tanto, ma la realtà dei fatti è ben diversa. La complicazione, in questo caso, è data dal fatto che non bisogna affrontare un unico movimento, quanto piuttosto una precisa sequenza, mentre ovviamente bisogna monitorare costantemente velocità, traiettoria, punti di corda e di uscita e... gli altri piloti. Tanto per aumentare il coefficiente di difficoltà della manovra, poi, bisogna fare tutto insieme, così da evitare scompensi nella ciclistica. Facile, vero? Ciò che suggerisco durante i corsi di guida è prendersi qualche minuto per sperimentare la tecnica di movimento in sella, sia per il rettilineo, per la frenata e anche per la curva. Con la moto sul cavalletto (intendo quello professionale, che sorregge la moto dal forcellone) potete mettere in pratica tutti i gesti che poi ripeterete in pista, provando a spostare rapidamente il piede sulla pedana a trasferire il peso sul lato della moto e spostando anche il busto. È necessaria una buona dose di pratica perché tutto fili liscio. Se vi siete chiesti il perché delle parole “anche il busto”, è perché anche questo deve seguire lo spostamento del corpo. Andiamo con ordine, e quindi prima spendiamo alcune righe su un altro argomento: ma i piedi dove li metto?

Page 20: I Segreti Della Guida in Pista

Figura 9 - Poca mobilità per il piede con questa posizione sulla pedana

La domanda, così com’è posta, meriterebbe un calcio negli stinchi. Eppure la risposta non è

così scontata! Voi cosa dite? Stiamo andando in moto, quindi l’unico posto dove mettere i

piedi, sono le pedane. Fin qui tutto bene, il ragionamento non fa una piega (passatemi il gioco

di parole). Il punto è che i piedi possono essere poggiati sulle pedane in molti modi, che a

mio avviso sono tutti sbagliati, tranne uno. Mi spiego meglio: appoggiare il piede con il primo

terzo anteriore sulla pedana, vicino al telaio e al para tacco (Figura 9), vi offre un buon comfort

di marcia, ma vi impedisce il movimento di rotazione del piede per l’inserimento in curva, come

mostrato nella prima figura. Lo stivale toccherà subito la protezione in corrispondenza del

tallone, impedendovi di allargare la gamba nel modo corretto, cosa che vi obbligherà a

trasformare tutta la posizione in sella, con effetti negativi.

La Figura 10 mostra invece il posizionamento ideale dello stivale sulla pedana. A livello

longitudinale non cambia molto, ma è il senso trasversale che a noi interessa: poggiando la

suola sul perno della pedana, il piede è libero di ruotare, senza pregiudicare la stabilità

e consentendo tutti i movimenti utili per le fasi successive della guida. Non è un caso se gli

stivali dei piloti professionisti arrivano al punto di presentare quasi dei buchi nella suola, in

corrispondenza del punto di appoggio con la pedana.

Figura 3 – L’asse longitudinale della moto coincide con quello del pilota in rettilineo, ma anche in curva!

Riprendiamo quindi il discorso da dove eramo rimasti due paragrafi fa, a quando eravamo

fermi sul cavalletto. Con i piedi appoggiati sulla pedana nel modo corretto e le gambe in

tensione (non comodamente seduti...), ruotate un piede sul “perno” della pedana, allargate

leggermente il ginocchio e spostate lateralmente il sedere sulla sella, così che un solo gluteo

la sfiori. Dove si trova la vostra colonna vertebrale? È orientata nello stesso senso dell’asse

longitudinale della moto? Se non lo è, sappiate che dovrebbe esserlo (Figura 3). In pratica,

Page 21: I Segreti Della Guida in Pista

insieme al sedere dovete spostare anche le spalle e la testa; in via del tutto teorica (ma è

un’operazione comunque possibile), potreste stare nella corretta posizione anche senza

l’ausilio delle mani. Fate delle prove con la moto sul cavalletto. Potete usare il cupolino della

moto come riferimento per lo spostamento della testa: se siete in posizione corretta, il

vostro sguardo dovrebbe cadere oltre questo elemento della carena.

La posizione corretta in curva prevede che l’asse della colonna vertebrale sia parallelo a

quello longitudinale della moto. Fate caso anche agli assi delle spalle e del bacino (Figura 4).

Lo ripeto: fate pratica con questi spostamenti in sella e non buttatevi immediatamente in

pista, dove avrete a che fare con molte altre variabili per le quali non siete ancora pronti. La

fretta è una cattiva consigliera. È assolutamente sconsigliabile uscire dalla sella con il sedere,

restando centrali con le spalle, perché significherebbe che siete in torsione con il busto e che

state spingendo sul semi-manubrio interno (e tirando sull’altro), cosa che provoca

un allineamento sbagliato tra gomma e asfalto (Figura 5).

Figura 6 – Non importa se guidate una naked, la posizione in sella deve seguire gli stessi principi

Se mentre fate pratica con questa posizione trovate difficile e innaturale aprire il ginocchio

verso l’interno curva, assicuratevi di ruotare il piede in modo corretto sulla pedana,

puntandolo verso l’inizio della curva. Questo tipo di approccio rimane valido, ovviamente,

anche per le moto naked (Figura 6).

Mano a mano che inanellerete giri su giri in pista, noterete che tutto vi verrà più naturale. È

un buon segno, perché significa che state migliorando la vostra tecnica, ma è anche uno dei

momenti più delicati. Con la presenza di altre moto in circuito, avrete la tendenza a

“dimenticare” la tecnica corretta per battagliare con gli altri piloti, cosa che vi porterà di fatto a

dare un colpo di spugna a quanto di buono fatto finora. Resistete e applicatevi nello studio

della posizione migliore in sella, anche quando avrete la tentazione di fare di testa vostra

(Figura 7).

E le mani?

Abbiamo analizzato le posizioni fondamentali del corpo e dei piedi, quindi non poteva mancare anche qualche suggerimento sulle mani e sui modo migliore di tenerle sui semi-manubri. Tanto per cominciare le manopole vanno strette, ma facendo in modo che le braccia siano rilassate; concentrate quindi il controllo sulla mano e non sul braccio, cosa che

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pregiudicherebbe la fluidità della guida. Durante la fase di accelerazione le dita della mano destra possono anche abbandonare la leva del freno anteriore, per cercare il massimo affondo, ma quando si inizia a intravedere il riferimento per la frenata è bene cominciare a portare almeno due dita sulla leva. Sarebbe meglio evitare di utilizzare tutte e quattro le dita per il controllo del freno, poiché perdereste parte del controllo del semi-manubrio destro.

Figura 8 – Abituatevi a mantenere un controllo sui comandi in ogni situazione.

Meglio optare per due o tre dita (due dita di norma sono sufficienti per i moderni impianti

frenanti).

La mano sinistra manterrà quasi sempre la medesima configurazione, vale a dire con due o

tre dita sulla leva della frizione, sia per consentire cambi marcia e scalate rapide, sia per

intervenire e controllare saltellamenti del posteriore o altri rischi dei quali parleremo più avanti.

Di fatto la configurazione delle vostre mani dovrebbe restare tale in ogni momento, così da

aver sempre a portata di dito i comandi presenti al manubrio: se afferraste la manopola con

tutte le dita, in caso di necessità ci vorrebbe troppo tempo per raggiungere la leva del freno o

della frizione. La Figura 8 mostra la posizione corretta da tenere anche in curva, con almeno

un dito sulla leva del freno.

Conclusioni

Come abbiamo visto in questa puntata, la guida di una moto è molto diversa da quella di

un’auto; su due ruote, infatti, sapersi muovere efficacemente in sella può fare la differenza,

anche solo in termini di sicurezza nella guida. Non dimenticate che lo scopo di questo libro è

insegnarvi la guida in pista, ma senza mai perdere di vista la sicurezza vostra e di chi avete

attorno. Affrontare in modo corretto la fase di frenata, per esempio, vi permette di arrivare alla

curva con la moto stabile, equilibrata, e quindi con minor rischio. Meglio ancora, molti di

questi suggerimenti (anche se non tutti) possono essere adattati alla guida su strada: se in

prossimità di un incrocio avete necessità di aggrapparvi ai freni, perché magari un

automobilista ha “dimenticato” di darvi la precedenza, potete sfruttare la posizione in sella per

la frenata descritta in precedenza.

La verità è che guidare una moto non è facile, perché si tratta di operazioni meno istintive

rispetto a un’auto, che quindi richiedono allenamento e ripetizione, sacrificio e ancora

allenamento. Non sottovalutate l’importanza diripetere i movimenti in sella con la moto sul

cavalletto: non migliorerete i tempi sul giro, ma imparerete come spostarvi in sella senza

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creare scompensi alla ciclistica! Frequentando i circuiti capita spesso di vedere piloti con

discrete posizioni in sella, che però in una chicane si sollevano sulla sella per sedersi di colpo

nuovamente al cambio di direzione. Alcuni dicono che serva per “aiutare” la moto a chiudere la

nuova traiettoria, ma la verità è che questo comportamento provoca una compressione

improvvisa delle sospensioni, che viene trasmessa poi alle gomme e che richiede un nuovo

adattamento di moto e pilota, il tutto proprio nel momento in cui servirebbe invece un assetto

stabile. La guida non è improvvisazione, soprattutto quando si cerca di andar forte. Non

dimenticatelo.