I Secoli Del Medio Evo

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Antonio G. Benemia

I secoli del Medio Evotradizione e rinascenza

 

st’opera è distribuita in licenza Creative Commons CC BY-NC-ND: consente di scaricare e condividere i lavori originali a con

non vengano modificati né utilizzati a scopi commerciali, sempre attribuendo la paternità dell'opera all'autore. 2015. Giotto,  Il b

da (1304-06), Padova, Cappella degli Scrovegni

onio G. Benemia è critico e storico dell’arte; è curatore della rassegna itinerante nelle Marche di Contemporanea Arte; insegnia dell’Arte Sacra all’ Istituto Superiore di Scienze Religiose Lumen Gentium  associato alla Pontificia Università Lateranense

ma e ai Corsi estivi di Arte Sacra di Urbino. Premessa, I secoli del Medio Evo, tradizione e rinascenza, I protagonisti,

liografia. Per le immagini: www.web gallery of art. hu

emessa

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Prima di quello spartiacque cruciale rappresentato dall’anno Mille, gli anni dell’alto Medi

elli che vanno dal VI secolo circa - guerra gotica, inizio del dominio longobardo - alla fin

mo millennio dopo Cristo, non produssero solo pestilenze, invasioni, guerre ma anche un

me Gregorio Magno.

Nel VII secolo riuscì a mantenere salda la Chiesa, a incoraggiare la vita monastica e approv

gola di san Benedetto. Ciò portò alla costituzione di tutta una serie di conventi che nel giro di p

ni divennero centri religiosi e culturali di alto prestigio, promuovendo la cristianizzal’Europa del nord e resistendo alle pretese merovinge di sottomettere al proprio potere l’au

la Chiesa.

La riconciliazione con la monarchia francese avvenne dopo che furono sconfitti gli es

amici a Poitiers nel 732 e quasi contestualmente fu donato al papa un vasto territorio into

ma che costituì l’embrione del futuro Stato della Chiesa.

ecoli del Medio Evo, tradizione e rinascenza

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Sono stati anche i secoli dell’astrazione cosiddetta barbarica – parte dell’Italia vide l’inizi

minio longobardo che vi si insediarono 568, guidati da Alboino –, diversa da q

eocristiana e bizantina sia nel concetto sia nella rappresentazione, in quanto in questa pr

uttosto che un’astrazione simbolica una di stampo geometrico-decorativo, e dove compare la f

mana essa è trattata in maniera molto sommaria e sintetica. Anzi, l’arte di derivazione barbari

a sua peculiarità nella produzione di oggetti ornamentali in metallo: medaglioni, croci, fonzee. Manufatti, incisi o sbalzati, che mostrano in generale motivi “a intreccio animalis

omorfismo) con un gusto deciso per le linee di contorno mosse e variamente ripi

nearismo), che tendono ad annullare ogni residuo naturalistico nella bidimensionalità e

urazione delle superfici. La figurazione animalistica, inserita in un fitto impianto decorativ

sforma in un puro motivo geometrizzante dove il pieno domina sul vuoto (horror vacui), qu

ler esorcizzare l’ angoscia del nulla, come nelle spille e croci longobarde, in filigrana e la

oro, conservate nel Museo cristiano di Cividale del Friuli.Anche in opere plastiche di maggiori proporzioni valgono gli stessi princìpi stilistici, co

ò osservare nell’ Altare del duca Rachis, databile fra il 739, quando Rachis fu eletto duca, e i

no della sua incoronazione a re dei Longobardi. E’ formato da lastre marmoree co

ppresentazione di Cristo in maestà, sul lato principale, l’Adorazione dei Magi e la Visitaz

lati minori. Si distacca, in parte, da questo stile che appiattisce le immagini, una lamina, in

rato dedicata al trionfo del re Agilulfo (VII sec.).

Questi, è raffigurato in trono, attorniato da due guerrieri, da vittorie alate e da altri q

rsonaggi. Nonostante le figure centrali siano bloccate in una rigidità frontale, nella lavorazi

alzo l’esecutore è riuscito ad imprimere un senso di forza plastica e di vigore espressivo,

n tanto della mentalità barbarica – incurante della collocazione spazio-temporale -, quanto

cor viva tradizione antica.

Gli stilemi architettonici rimastici dei longobardi nella cosiddetta  Langobardia Major  che

nno subito rimaneggiati nei secoli successivi si condensano nel Tempietto di Santa Maria in

lle di Cividale del Friuli, rimasto in gran parte intatto, mentre degli edifici civili e religiosi d

pitale Paviaresta ben poco.

Il Tempietto, edificato verso la metà del VIII secolo, è strutturato da un’ aula quadrata, vol

ociera, chiusa da un presbiterio, diviso da coppie di colonne. Su una parete una decorazi

cchi con sei figure a rilievo di Sante, collegate stilisticamente a modelli classici assimilati

tura longobarda, con una fascia decorativa in stucco a rosette. Sopra il portale d’ingresso,

rte interna, una preziosa lunetta con stucchi di intrecci di vitigni con grappoli d’uva, e al c

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affresco, Cristo tra gli Arcangeli Michele e Gabriele . La datazione di questi rilievi in stu

uanto controversa e la si comprende nell’arco di più secoli, fra l’ VIII e il XI, proprio p

ficoltà di ascrivere ad un contesto “barbarico” un’opera così raffinata e di classica mem

pparente incongruenza può essere superata ipotizzando l’intervento di artisti orientali, ripar

lia per sfuggire alle lotte iconoclastiche.

Altre testimonianze dell’architettura longobarda si ritrovano, nella cosiddetta Langob

nor  (Ducato di Bnevento) nella chiesa di Santa Sofia, a Benevento, parte delle mura e la Ri Rettori; per il Ducato di Spoleto, oltre alla chiesa di San Salvatore  a Spoleto, il Temp

esso le fonti del Clitunno, un piccolo, armonioso sacello, a podio rialzato, con un prònao tetr

colonne corinzie che, nei fusti rosati ed azzurri, scanalati a spirale e a squame di p

erpretano le peculiari caratteristiche dell’ ordine classico secondo il tipico gusto colorist

ometrizzante dei committenti longobardi.

Un’ analoga difficoltà di datazione, la si riscontra anche per un’altra eccezionale opera, i

ive un antico spirito naturalistico e che costituisce un unicum, non solo nel panorama longobin quello di tutto il contesto alto-medievale. Sono gli affreschi della Pieve di Santa Ma

stelseprio, vicino a Varese, variamente datati fra il VII e il X secolo, ma probabilm

egnabili agli ultimi decenni dell’VIII e narrano le Storie dell’infanzia di Cristo, seco

ngeli Apocrifi, molto diffusi in oriente. Anche in questo caso, stando alla scelta tematica, potr

ttarsi di un artista di origine greco-orientale, ancora legato ai modi della tradizione illusioni

mana.

L’elemento formalistico e spiritualista bizantino appare, infatti, mirabilmente integrato e fusmpressionismo coloristico e la profondità espressiva latina. E ciò risulta per lo m

prendente, se non si tiene conto della diffusione e circolazione dei modelli orientali, che

o promuovono una visione trascendente, staticizzante e fortemente utilizzatrice, dall’altro,

ntengono, sebbene conflittualmente, legami con il mondo classico e tardo antico.

Alla diffusione di tali modelli contribuì anche la Chiesa, con una serie di papi greci e siriac

governarono dall’inizio del VII alla metà dell’ VIII secolo.

In questo lasso di tempo, Roma subì profondamente la suggestione dell’Oriente bizantin

ale si sentiva legata dalla comune coscienza dell’eredità romana e dalla esigenza di manten

estigio culturale, nelle forme di un linguaggio aulico, nobilmente raffinato e di elevata spiritu

documentano gli affreschi  di Santa Maria Antiqua che, lungo un arco di tre secoli, mos

vvicendarsi di orientamenti stilistici oscillanti fra intenzionalità narrativa e rigore formalist

rticolar modo in una Madonna in trono con il Bambino, dove appaiono alcuni car

pressionistici ed espressivo-naturalistici di stampo greco-ellenistico.

Nell’ambito dell’evangelizzazione delle aree conquistate dai barbari, importantissimo è st

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olo svolto dal monachesimo non solo in chiave religiosa, ma anche politica, sociale, econom

uralmente culturale. Nel caos prodotto dalle continue scorrerie barbariche, il programma

gola benedettina, che si divide fra preghiera e lavoro, il ruolo degli scriptoria  as

’importanza capitale per la conservazione e la trasmissione della cultura antica e p

lizzazione dei testi sacri. Pazienti monaci amanuensi illustrarono con figure dipinte, le cosid

iniature” – da minio, un colore rosso largamente usato per i contorni e le lettere iniziali –, b

vangeli con grande perizia artistica; un’arte stimolata da papa Gregorio Magno e successivaml’imperatore Carlo Magno, poi ancora da Ottone, che nell’ambito della renovatio Ro

perii, dettero avvio alla cosiddetta rinascenza carolingia, seguita da quella ottoniana.

I temi iconografici che ebbero maggior diffusione in ambito alto medievale, oltre a quello

ocifissione spesso abbinata al Giudizio Universale, è stato quello dell’Apocalisse di Giov

prattutto verso l’approssimarsi dell’anno Mille, e la conseguente paura della fine del mond

gine miniate dell’ Apocalisse di Saint-Sever (metà dell’XI sec.) della Bibliothèque Nationa

rigi, illustrano tutti i principali avvenimenti, con particolari anche mostruosi e drammatici, drla l’apostolo Giovanni quando ebbe una visione .

Le crocifissioni carolingie e ottoniane, con ai piedi della croce il serpente, simbolo

rdizione e della morte, o il teschio di Adamo, sono caratterizzate da immagini di sarcofagi c

rono e da cui escono i morti resuscitati.

Nell’ambito degli scriptoria della penisola italica, grande rilievo ebbe quello del monaste

ontecassino, non solo perché fondato da san Benedetto, ma perché contribuì alla fusion

menti stilistici bizantini con quelli paleocristiani. Il risultato è stato quello di aver dato

niature un’efficacia comunicativa d’indubbia valenza che trovò una sua originale espressione

oduzione di rotoli chiamati exultet , importanti per la liturgia pasquale. Si tratta di lunghe stri

rgamena, le più antiche delle quali risalgono al X secolo, dove le immagini miniate sono

pinte al contrario del testo scritto. I rotoli, letti sull’altare dal celebrante, erano svolti dava

deli perché questi potessero meglio capire, con l’aiuto delle figure, il senso delle frasi; un v

oprio film ante litteram che riprendeva il modello filmico del rilievo scultoreo narrativo con

mano. Uno degli exultet   più interessanti è quello di Bari (1000 ca.), conservato nell’Arc

pitolare, in cui accanto alle miniature con soggetti sacri, compaiono anche episodi legati all

rrente.

I benedettini si distinsero anche nella decorazione murale; negli affreschi della Chie

nt’Angelo in Formis (dalla seconda metà dell’XI sec.), anche se prevalgono stilemi biz

prattutto nel Pantocratore del catino absidale, dovuti a maestranze orientali chiamate dall’

eco Desiderio, è sulle pareti della navata centrale che il registro linguistico muta di ton

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tenza delle Storie di Cristo, giocate sulla dinamicità del segno e del colore, intenso e va

ezzano la bidimensionalità statica bizantina, per donarci episodi come quello di Cristo e l’ad

profonda e sentita realtà che affonda le radici nell’antico substrato culturale italico-latino.

Per le nuove architetture ecclesiastiche italiane, già dal VII secolo i maestri comacini fece

nte tra i modelli aulici imperiali paleo-ravennati e un nuova tipologia di chiesa a pianta basil

n esterni in mattoni, ritmati da lesene e archetti, interni semplici e spogli con coperture a cap

nee e absidi fortemente aggettanti. In seguito, lo spazio delle navate diventò più complessddizione di moduli costruttivi di base, appunto le campate, delimitate da pilastri compositi s

nnestano le volte a botte o a crociera. I mosaici furono sostituiti dalla scultura con tutta una

figurazioni che interessano i capitelli, i pulpiti e i portali, con intenti didattici e simbo

egrazione della stessa architettura, la cui tipologia poi s’innestò con quella importata in Ital

onaci dell’abbazia di Cluny  (dal X sec.). La soluzione planimetrica, fondata sulla somm

mpate quadrangolari, venne diffusa in Italia dai monaci cluniacensi attraverso le vie dei pelle

e dal nord scendevano in Puglia diretti ai porti d’imbarco per la Terra Santa.Gli esempi di questi modi costruttivi semplici e schietti sono nella Pieve di San Pietro in S

III sec.) a Bagnocavallo, nella Chiesa di San Pietro  (VIII-XI sec.) a Tuscania e in molte

hitetture memori delle articolazioni strutturali tardo-antiche, comunque prive di enfasi retor

mpiacimenti decorativi, con affreschi incentrati in un sermo rusticus attento a quelle compo

listiche di cui è già possibile identificare i germi di un volgare figurativo tutto italiano

Superato l’anno Mille, si assistette alla fioritura e alla maturazione in Italia e in gran

l’occidente europeo, in coincidenza con la formazione delle lingue e delle letterature neo-latmanze, dello stile chiamato romanico, con una generale ripresa dei modi e dei metodi costr

l’antichità romana.

Il medioevo romanico, fatto d’architetture semplici, realizzate in pietra o a mattoni, che parla

e e di fede genuina, con pochi e essenziali affreschi dove si superano i modi aulici raven

antini, fece posto a un linguaggio popolare, capace di farsi comprendere da tutti con una pitt

appunto è già possibile intravedere gli inizi di quella che sarà la grande pittura del Trec

liano; allora, realismo e naturalismo, associato a un evidente vigore plastico, entrarono a far

l’immaginario figurativo di questi anonimi artisti.

E il modello, almeno per le architetture sacre, è stato il Sant’Ambrogio (dall’IX sec.) di Mila

Questa chiesa, conserva al suo interno quel famoso Altare d’oro  (835 ca.) di Vuolvinius, un

mi nomi conosciuti di scultore medievale che in una formella si firma e si fa incoronare dal s

aendosi con forme naturalistiche, recuperando così in tutte le formelle in oro delle quattro

ustrate con scene della Vita di Cristo e di Sant’Ambrogio, il senso spaziale e il pittoric

l’antico rilievo narrativo romano.

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Nelle basiliche del nord d’Italia, da Pavia a Como, da Modena, con gli altorilievi delle S

lla Genesi (inizi XII sec. ca.) dal forte impatto plastico-espressivo di Wiligelmo a Parma, f

rona, si mantenne sostanzialmente l’impianto architettonico milanese, con varianti decorat

utturali autoctone, come ad esempio l’esclusione del quadriportico o l’inclusione di por

otiro, una specie di vestibolo d’ingresso con una volta che poggia su due colonne sostenute d

ni accucciati detti stilofori, ossia portatori di colonne; o come in San Zeno a Verona

dozione di un rosone di facciata, la grande finestra circolare a raggiera aperta sopra la ncipale.

Venezia è storia a parte.

L’influenza dell’Oriente si fece sentire in modo preponderante nella realizzazione della  Ba

San Marco  (dalla metà dell’XI sec.) dove, anche se venne ricalcato il massiccio modello

siliche giustinianee di Costantinopoli a croce greca e coperture a cupole, la leggerezza spaz

rantita dallo sfolgorio dei mosaici realizzati sulle pareti lungo l’arco di due secoli da maest

stantinopolitane che, con tutta probabilità, proseguirono poi nel loro itinerario itapegnandosi anche a Firenze, a Roma e in Sicilia.

I mosaici realizzati, anche se mancano d’unità stilistica, si attengono a un programma origi

e ruota attorno all’esaltazione della Chiesa di Cristo, con il Cristo Pantocratore dell’abside

vata centrale, circondato da figure di santi e apostoli, e che continua nelle cupole central

osaici che illustrano la Chiesa preannunciata dai profeti   e la Chiesa realizzata dagli apo

po la Pentecoste. Questi i tre temi centrali, a cui si raccorda il resto delle decorazioni incen

figure allegoriche, santi, profeti, storie della Genesi, della vita di Cristo, della Madonna, d

ovanni e di san Marco.

A Firenze, il romanico tenne conto dello strato culturale etrusco e tardo-romano, confermato

ntinuità temporale temporale-architettonica dell’edificio simbolo della città, il Battistero d

ovanni (XI sec.); un continuum che inizia dal V secolo con un ottagono a due ordini con cop

spicchi triangolari e decorazioni parietali a tarsie marmoree interne ed esterne che, ol

primere all’edificio un aspetto bicromatico di intensa suggestione, caratterizza non so

tistero, ma un po’ tutta l’architettura romanica fiorentina, compresa la facciata della Chiesa d

niato al Monte  (XI-XII sec.). La decorazione musiva del Battistero, iniziata nel 12

oseguita per tutto il secolo, è incentrata sulla cupola ottagonale con le Gerarchie angelic

udizio Universale, le Storie della Genesi, di Giuseppe, di Cristo  e di Giovanni; lo stile

rivazione bizantina, ma con apporti locali che tendono a un certo naturalismo.

Anche Pisa elaborò un linguaggio proprio espresso in Campo dei Miracoli con la Cattedrale

63), il Battistero (dal 1153), la Torre campanaria  (dal 1173) e il Camposanto (dal 1278) m

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ntrario delle architetture fiorentine, il colorismo di superficie è dato dai loggiati,

heggiature cieche e dal grande spiazzo verde dove sono collocati gli edifici.

rso l’Adriatico ci fu una sostanziale commistione d’apporti padani con quelli orientali; fu

timoniata ad Ancona dalla Cattedrale di San Ciriaco  (XI sec.), la cui cupola è all’innest

acci dell’impianto cruciforme e l’esterno è caratterizzato da un grande protiro, da arcate

ene che movimentano le superfici murarie.

Più a sud, Roma mantenne una continuità sostanziale con gli antichi modelli paleocristivennato-bizantini sia negli alzati sia nel rivestimento musivo, testimoniati dalla Basilica d

emente (dal 1080) e da quella di Santa Maria in Trastevere (dal 1150 ca.).

In Puglia, nelle architetture si accolse il modello padano con accenti locali caratterizzati d

te verticalismo negli spioventi. Nel Duomo di Trani   (fine XI sec.), dedicato a san N

legrino, lo slancio verticale è accentuato da una cripta emergente dal piano di calpestio

esa, che a sua volta si dispiega su una grande e suggestiva spianata lastricata in riva al

entre il San Nicola  (dal 1087) a Bari, la cui facciata a salienti (linee oblique della facciatfiniscono le altezze delle navate interne) è a imitazione di modelli lombardi. Fabbriche impo

e già prima di entrare invitavano i fedeli alla riflessione guardando i rilievi che adornano i po

me in quello di San Zeno a Verona, dove le vicende umane si legano alle Storie dell’Antico

ovo Testamento   o nelle porte bronzee che riflettono i temi della scultura, come nella Port

omo di Trani e in quella di San Ranieri del Duomo di Pisa.

In Sicilia, nel 1072 arrivarono i Normanni senza sostanzialmente intaccare la lunga tradi

ba e bizantina; in seguito le architetture si contaminarono anche d’elementi del romanico pugme nel Duomo di Cefalù (dal 1131) e in quello di Monreale (dal 1176). Il primo, dedicato

etro, con la facciata fiancheggiata da due torri di chiara derivazione nordica, conserva

corazione musiva d’impronta bizantina che culmina nel catino absidale dominato, nello sfol

gli ori e degli azzurri, dalla figura del Cristo Pantocratore. Sotto, due fasce orizzontal

adonna e angeli e i dodici apostoli, mentre sulle pareti laterali del presbiterio sono raffig

nti e personaggi del Vecchio Testamento; su tutto una volta piena di schiere di cherubini, sera

geli. Il secondo, strutturalmente simile a quello di Cefalù, conserva una vasta superficie a mo

ve anonimi artisti locali, influenzati dall’arte di Bisanzio, hanno rappresentato episodi

eazione, dell’ Insegnamento, della Passione di Gesù e la Predicazione di san Pietro e san P

minati dal grande Cristo Pantocratore.

In quegli stessi anni in Francia, nella regione dell’Île-de-France, l’abate Suger6 di Saint D

se in pratica il pensiero cristiano sulla metafisica della luce di Plotino, il quale considerava

me il mezzo per giungere alla vera luce, quella divina. Da qui gli ori, le gemme preziose, le g

rate dipinte, che iniziarono a impreziosire gli edifici religiosi del nord della Francia, caratter

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un accentuato verticalismo, metafora del desiderio di elevazione verso Dio.

Queste fabbriche, definite da Giorgio Vasari come quello stile inventato dai popoli dell’Eu

tentrionale e con un accento negativo gotiche, in quanto non appartenenti alla tradizione cla

liana, presentano caratteri nuovi e originali rispetto al romanico.

Primo. La luminosità degli interni, esaltati dalle ampie finestrature, l’uso diffuso dell’arco a

uto, della volta ogivale e, all’esterno, dall’introduzione dell’arco rampante e del contraffor

tegno alle pareti della navata centrale, ne fanno un contenitore aperto rispetto a quello chicolto romanico.

Secondo. Tutta una serie di soluzioni decorative, come l’introduzione di timpani acuti, gug

nnacoli, fece il resto, in direzione di una generale trasformazione in senso dinamico di tu

utture murarie.

Le super altezze sono testimoniate dalle tante cattedrali edificate nel nord Europa – Saint-D

al 1130), Notre-Dame  (dal 1175 ca.), Chartes  (XIII sec.), Strasburgo (dal 1235), Colonia

50 ca.) con le due torri campanarie che raggiungono i 157 metri, Canterbury (1198 ca.) ecc.,n portali decorati con rilievi e statue – e anche da qualche esempio italiano a iniziare dalla C

baziale di Fossanova (dal 1200 ca.) fino a quella di San Galgano (dal 1227), in rovina dal

lla Basilica di Sant’Antonio (dal 1232) a Padova, è presente una chiara commistione di elem

rogenei (romanici, gotici, bizantini), mentre il Duomo di Milano  (dal 1386) è senza omb

bbio la più gotica di tutto il panorama architettonico italiano.

Anche l’Italia centrale non restò esente dall’influsso dello stile gotico, sempre senza

lasciare la propria cultura, a cominciare dalla Basilica di San Francesco (dal 1228) ad A

mposta da due corpi sovrapposti, fino al Duomo di Siena (dal 1275 ca.) e a quello d’Orvieto

90), questi ultimi due caratterizzati dalla tradizionale visione geometrico-coloristica delle par

generale, le poche architetture italiane, a parte il caso di Milano, presentano adattamenti legat

opria area geografica, che le rendono diverse sia tra di loro sia nei confronti di quelle dell’E

Nord; anzi c’è da dire che queste ultime presentano sostanzialmente caratteri simili e omo

che se realizzate in regioni diverse.

Se da un lato il verticalismo delle architetture portò chiaramente verso una visione as

l’edificio, di contro la scultura, registrò una sempre maggiore riscoperta del valore dell’uo

la natura.

Già con i rilievi dei portali romanici – il tema dei Mesi è immancabile –, ebbe inizio c

ulture di Wiligelmo (l’iniziatore della plastica romanica) l’umanizzazione del sacro, ch

ciato sulla facciata del Duomo di Modena quattro lastre marmoree con le Storie della G

06 ca.), scolpite ad altorilievo e di indubbia potenza plastica. Ma, è stata soprattutto la scultu

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nedetto Antelami e di Nicola Pisano che impresse una forte accelerazione in senso classici

lista alla raffigurazione plastica romanica.

Il Cristo della Deposizione (1178) dell’Antelami – Duomo di Parma –, è un Cristo-uomo mo

oce per le sofferenze subite, un Cristo crocifisso e partecipe del dolore fisico del supplizio p

vezza dell’uomo.

E fu grazie alle tante croci dipinte nel XIII-XIV secolo, che il concetto di mimesi e di s

surabile lentamente riprese campo tra i pittori centro-italici, come Coppo di Marcovaldo, Gano, Pietro Cavallini e altri, che consentirono a Cimabue di intraprendere con gli affreschi

silica Superiore di San Francesco ad Assisi, un radicale cambiamento degli stanchi e stereo

emi tardo-bizantini.

Questo grande lavoro, con una complessa struttura iconografica – Storie della Vergine , S

ocalittiche, Storie apostoliche, due Crocifissioni –, eseguito probabilmente dal 1278 o dal

pare ancor oggi di difficile decifrazione, in quanto Cimabue usò sì la tecnica dell’affresco

ervenne su vaste aree con consistenti ritocchi a tempera che causarono, con il passare degli dute di colore, senza considerare l’uso eccessivo del bianco di piombo che ossidando ha vir

ro molte parti del dipinto.

La Crocifissione  del transetto di sinistra della Basilica assisiate non è oggi più leggibile

ste cromatica originale; tuttavia nonostante l’inversione coloristica, il pathos drammatico

za che irradia si sono mantenuti inalterati nel tempo e sono ancora pienamente percepibil

tenza di quest’opera è in mano alla monumentalità dell’impostazione compositiva e

aordinaria tensione lineare del disegno, che costruisce la forma con tratti spezzati e dinaicati di violenta energia drammatica che coinvolge chiunque, anche i non credenti.

Giotto completò poi l’opera iniziata dal suo maestro, tanto che Cennino Cennini scrisse che q

tore cambiò il modo di dipingere alla greca in forme moderne, e dunque, come non rico

mpressionante muto dialogo de Il bacio di Giuda o il dramma contenuto del dolore del Comp

Cristo morto, entrambi della Cappella degli Scrovegni a Padova, summa della conce

stico-spaziale della sua pittura?

Nel 1296, aveva affrescato i ventotto riquadri del registro inferiore delle pareti della Basili

n Francesco d’Assisi con le Storie di San Francesco.

Queste, si presentano con una concezione spaziale nuova e con una serie di scene d’intern

nfigurano uno spazio prospettico elevato a dignità umana, perché abitato e vissuto da uomini,

sono stati il santo e i suoi compagni. È l’uomo Francesco che agisce storicamente insieme a

guaci, imprimendo un sostanziale cambiamento di rotta alla spiritualità medievale che da p

cetica, diventò un agire concreto nella realtà quotidiana, in grado di arrivare al cuore degli uo

raverso le piccole cose del mondo.

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Giotto fece scuola, non solo tra i suoi diretti allievi toscani, ma anche nelle rielaborazioni m

atto dagli artisti riminesi e padani, i quali rinvigorirono il suo linguaggio, formando auton

cuole” locali, con pittori che impostarono le scene sacre alla Giotto, ovvero naturalisticam

cando di far vivere i personaggi divini di vita “vera”.

Di contro la “ scuola senese”, che aveva il suo campione in Duccio di Buoninsegna – com

ordare le qualità immateriali, la trasfigurazione dei personaggi sacri e lo sfolgorio degli ori

ande Maestà in trono con il Bambino (1308-’11) di Siena, circondata da angeli e santi e surso ha dipinto le Storie della Passione di Cristo  –, continua con Simone Martini che pro

che lui una grande Maestà (1315), stavolta ad affresco, tutta fondata su raffinati grafismi lin

i cromatismi, intesi a conferire senso immateriale e astratto ai personaggi raffigurati. Ci f

tò una mediazione tra il linguaggio di Giotto e quello di Simone – i due stili che dominava

ena toscana del tempo –, e i fratelli Lorenzetti, Pietro e Ambrogio, arrivarono a risultati c

visero tra un giottismo arricchito dal decorativismo di Simone Martini, e un martin

tanziato dal naturale di Giotto.Infine, il 1250, che secondo Giorgio Vasari, è stato un anno chiave per l’arte italia

uralmente per quella sacra; egli parla di rinascita, citando appunto Cimabue e Giotto com

efici del rinnovamento della pittura italiana. E in effetti, se si analizzano i fenomeni po

nascita della città in forma di Comune), sociali (incremento demografico), economici (ripres

mmerci e delle attività finanziarie), religiosi (massima apertura della Chiesa verso il nuo

e), si comprende bene come una tendenza culturale a pieno titolo equivalente al concet

ascita, inizi già con la poesia di Dante, Boccaccio e Petrarca. Una rinascenza cultu

timoniata non solo dalla nuova poesia, ma dagli stessi poeti che posero una particolare atten

a nuova pittura; Dante nel canto XI del Purgatorio scrive che “credette Cimabue

tura/tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,/sì che la fama di colui è scura”, e Bocca

la V novella del Decamerone, a proposito di Giotto, dice che “ha tornata in luce (l’arte) ch

polta”, artisti che realizzarono opere che non s’erano mai viste prima, così come Giorgio V

le Vite esprime un giudizio ormai storicamente condiviso scrivendo “di tutti quelli (artisti)

endo già spente (le arti) l’hann primieramente resuscitat e”.

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otagonisti

olfo di Cambio, scultore e architetto, nato a Colle Val d’Elsa, Siena, nel 1245 ca. e morto a Firenze tra il 1302 e il 1310; op

nze e Roma, realizzando numerose sculture tra le quali la statua di Bonifacio VIII   (1296-1302),conservata al Museo dell’Op

omo di Firenze. Progettò numerosi edifici tra i quali la Basilica di Santa Croce e Palazzo Vecchio a Firenze.

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estri comacini, costruttori e lapicidi attivi durante l’alto medioevo; cfr., Editto di Rotari (643); il loro nome deriva forse dalla

mo o perché lavoravano cum machinis.

olvinius o Vuolvino, orafo, attivo a Milano nel IX sec. Forse è stato l’architetto della Basilica di Sant’Ambrogio; nella parte del

scritta Vuolvinius magister faber .

igelmo, scultore, attivo dal 1099 al 1110 ca. a Modena. Sulla facciata del Duomo eseguì i grandi rilievi con Storie della Gen

nome compare su una lastra marmorea della facciata.

er o Sugerio, abate, storico e letterato francese, nato a Saint-Denis nel 1081 ca. e ivi morto nel 1151.Per le innovazioni architett

onografiche cfr., Liber de rebus in administratione sua gestis.

ino, filosofo greco, nato a Licopoli tra il 203 e il 206 d. C. e morto a Minturno, Campania, nel 270. Massimo espone

platonismo, la sua filosofia ruota attorno al concetto di realtà come emanazione dall’Uno; la prima emanazione è la mente –  N

econda l’anima – Psiche – e l’uomo appartiene in parte al regno dello spirito e in parte al mondo della materia; cfr.,  Enneadi.

edetto Antelami, scultore e architetto, nato nel 1150 ca. e morto probabilmente a Parma nel 1230. A Parma nel 1196 in

ruzione del Battistero e la decorazione plastica dello stesso.

ola Pisano, scultore di origine pugliese; nato tra il 1220 e il 1225 e morto fra il 1278 e il 1284. Eseguì insieme al figlio Gio

pito (terminato nel 1260) del Battistero di Pisa e la Fontana di Piazza (1277-’78) a Perugia.

po di Marcovaldo, pittore, nato a Firenze nel 1225 ca. e ivi morto nel 1280 ca. Oltre alla  Madonna del Bordone   (1261) d

ia dei Servi a Siena, ha eseguito alcuni mosaici nel Battistero di Firenze.

nta Pisano, pittore, notizie dal 1236 al 1254. Della sua produzione restano alcuni crocifissi di incerta datazione.

ro Cavallini, Pietro de’ Cerroni detto, pittore e mosaicista, sue notizie dal 1273 al 1308. Operò principalmente a Roma: m

dali, firmati e datati 1291 in Santa Maria in Trastevere.

mabue, Cenni di Pepo detto; pittore nato a Firenze nel 1240 ca. e morto a Pisa nel 1302. Importante la Maestà (1280-’90) d

ita e il San Giovanni (1301) a mosaico del Duomo di Pisa.

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tto di Bondone, pittore e architetto, nato a Vespignano, Firenze, nel 1267 ca. e morto nel 1337 a Firenze. Oltre agli affresch

ortanti sono quelli eseguiti nella Cappella Peruzzi in Santa Croce a Firenze, e le Storie di San  Francesco (1325-’28) della C

di, sempre in Santa Croce. Progettò il campanile (1334) del Duomo di Firenze.

nino Cennini, cfr. il Libro dell’arte, 1398 ca..

evi toscani: Taddeo Gaddi, pittore, nato a Firenze tra il 1295 e il 1300 e ivi morto nel 1366; cfr., Storie della Vergine   (132

nze, Santa Croce Cappella Baroncelli. Bernardo Daddi, pittore, nato a Firenze nel 1290 ca. e ivi morto nel 1348, cfr., Storie de

enzo e Stefano  (1330 ca.), Firenze, Santa Croce, Cappella Pulci. Maso di Banco, pittore, notizie dal 1341 al 1346; cfr., Storie

estro (1336-’37), Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

sti riminesi e padani: Giovanni da Rimini, pittore, notizie dal 1292 al 1314 ca.;cfr., Storie di Maria e il Giudizio Universal

Rimini, Sant’Agostino. Vitale da Bologna, Vitale degli Equi, detto; pittore, notizie dal 1330 al 1359. Importante la tavola con

rgio e   il drago  (1350 ca.) della Pinacoteca Nazionale di Bologna. Giovanni da Milano, Giovanni di Jacopo, detto; pittore, n

ssi di Como; notizie dal 1346 al 1369; cfr., Storie della Vergine e della Maddalena   (1365), Firenze, Santa Croce, C

uccini. Giusto de’ Menabuoi, pittore, nato a Firenze nel 1330 ca. e morto a Padova nel 1391; cfr., affreschi del Battistero di P

il Paradiso e Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento (1375-’76). Jacopo Avanzo o Avanzi, pittore, attivo nella second

XIV sec.;cfr., Storie di San Giacomo (1376 ca.), Padova, Basilica di Sant’Antonio, Cappella San Felice. Altichiero da Zevio,

a Verona; sue notizie dal 1369 al 1384; cfr.,decorazione   della Cappella San Felice nella Basilica del Santo a Padova,

taglia di Clavigo e una Crocifissione (1376-’79).

cio di Buoninsegna, pittore, nato a Siena nel 1255 ca. e ivi morto tra il 1318 e il ‘19. La sua opera più importante è la  M

08-’11) del Museo dell’Opera del Duomo di Siena.

one Martini, pittore, nato a Siena nel 1284 e morto ad Avignone nel 1344. Tra le numerose opere su tavola eseguite, importa

tico dell’ Annunciazione (1333) degli Uffizi.

brogio e Pietro Lorenzetti, fratelli pittori, il primo nato a Siena nel 1285, il secondo nato a Siena nel 1280/’85 ca. e morti di p

8. Insieme decorarono la Sala dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena con gli affreschi Del buono e del cattivo governo (1

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liografia

rgio Vasari, Vite de’ più eccellenti architetti, scultori e pittori, 1550, 1568