I SALMI: DIO EDUCA IL SUO POPOLO NELLA PREGHIERA · Salmi, lo deduciamo dal fatto che a più...

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I SALMI: DIO EDUCA IL SUO POPOLO NELLA PREGHIERA Ab. Donato Ogliari osb Il rapporto tra Dio e l‟umanità celebrato dall‟alleanza stretta con il popolo ebraico e per noi cristiani culminato nella “nuova” o “seconda” alleanza stipulata nel sangue di Cristo, trova singolare espressione nel libro della Sacra Scrittura che raccoglie i 150 “SALMI”. Tale denominazione, dal greco “psalmoi” 1 , poi passato al latino ecclesiastico (“psalmi”) e in molte lingue moderne, indica delle composizioni poetiche destinate al canto e accompagnate da uno strumento a corde, il psalterion appunto, da cui il nome con cui il libro dei Salmi è anche chiamato, Salterio 2 . 1. I SALMI: DIALOGO TRA DIO E L’UOMO Premesso che “dare uno sguardo complessivo al libro dei Salmi è cosa straordinariamente difficile” 3 , ci limiteremo ad offrire qualche informazione generale. Così come è giunto a noi, il “Libro dei Salmi” è il risultato dell‟unione di cinque libri minori, unione operata dalla tradizione sinagogale che ha mantenuto questa suddivisione interna: 1. 1-41; 2. 42-72; 3. 73-89; 4. 90-106; 5. 107-150 4 . L‟interesse di tale suddivisione sta nel fatto che essa si richiama alla “torah” contenuta nei primi cinque libri della Bibbia, il cosiddetto Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio. In tal modo “al Pentateuco della Torah, i libri più sacri della Bibbia, espressione somma della Parola e dell‟azione di Dio (...) si accosta il Pentateuco dei Salmi, la più alta risposta del fedele al suo Signore” 5 . Di fronte alla Torah, nella quale è Dio che parla, “il salterio ha proprio il carattere di una risposta alle azioni e alle 1 Denominazione introdotta nel II sec. a. C. dai traduttori greci dell‟Antico Testamento. 2 Originariamente, presso gli Ebrei, l‟insieme della raccolta dei Salmi era indicata come “Libro di inni”, o semplicemente “Inni” (=Tehillim). Questo “titolo”, tuttavia, conviene solo a un certo numero di Salmi, detti appunto “Inni”. Esplicitamente, il titolo è dato solo al Salmo 145. Il titolo più frequente dato ai Salmi è appunto quello di “mizmor”, che presuppone appunto un accompagnamento musicale. Non entriamo nel merito della numerazione, della titolazione e della paternità di questi poemi/inni che la tradizione aveva attribuito in blocco al re Davide, definito da Dante “il cantor de lo Spirito santo” ( Paradiso XX,38). Per queste e altre informazioni rimandiamo alle molte introduzioni al libro dei Salmi. Si veda, per esempio: C. WESTERMANN, Primo approccio all’Antico Testamento, Casale Monferrato 1977; A. DEISSLER, I Salmi, esegesi e spiritualità, Roma 1986, pp. 8ss; L. ALONSO SCHÖKEL, I Salmi, Vol. I, Roma 1992, pp. 90ss; G. RAVASI, Il libro dei Salmi. Contenuto e attualizzazione, Vol. I (1-50), Bologna 1986, pp. 14ss; La Bibbia di Gerusalemme, Bologna 2009, pp. 1202s. 3 C. WESTERMANN, op. cit., p. 135. 4 Ciascuno di questi cinque libri termina con una breve dossologia del tipo: “Sia benedetto il Signore, Dio d‟Israele, da sempre e per sempre. Amen, amen” (Sal 41,14); o: “E benede tto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen” (Sal 72,19-20), e simili. 5 G. RAVASI, I Salmi, Milano 1989, 5ª ed., p. 10.

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I SALMI: DIO EDUCA IL SUO POPOLO NELLA PREGHIERA Ab. Donato Ogliari osb

Il rapporto tra Dio e l‟umanità celebrato dall‟alleanza stretta con il popolo ebraico e

– per noi cristiani – culminato nella “nuova” o “seconda” alleanza stipulata nel sangue

di Cristo, trova singolare espressione nel libro della Sacra Scrittura che raccoglie i 150

“SALMI”.

Tale denominazione, dal greco “psalmoi”1, poi passato al latino ecclesiastico

(“psalmi”) e in molte lingue moderne, indica delle composizioni poetiche destinate al

canto e accompagnate da uno strumento a corde, il psalterion appunto, da cui il nome

con cui il libro dei Salmi è anche chiamato, Salterio2.

1. I SALMI: DIALOGO TRA DIO E L’UOMO

Premesso che “dare uno sguardo complessivo al libro dei Salmi è cosa

straordinariamente difficile”3, ci limiteremo ad offrire qualche informazione generale.

Così come è giunto a noi, il “Libro dei Salmi” è il risultato dell‟unione di cinque libri

minori, unione operata dalla tradizione sinagogale che ha mantenuto questa

suddivisione interna: 1. 1-41; 2. 42-72; 3. 73-89; 4. 90-106; 5. 107-1504. L‟interesse di

tale suddivisione sta nel fatto che essa si richiama alla “torah” contenuta nei primi

cinque libri della Bibbia, il cosiddetto Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri,

Deuteronomio. In tal modo “al Pentateuco della Torah, i libri più sacri della Bibbia,

espressione somma della Parola e dell‟azione di Dio (...) si accosta il Pentateuco dei

Salmi, la più alta risposta del fedele al suo Signore”5. Di fronte alla Torah, nella quale

è Dio che parla, “il salterio ha proprio il carattere di una risposta alle azioni e alle

1 Denominazione introdotta nel II sec. a. C. dai traduttori greci dell‟Antico Testamento.

2 Originariamente, presso gli Ebrei, l‟insieme della raccolta dei Salmi era indicata come “Libro di inni”, o

semplicemente “Inni” (=Tehillim). Questo “titolo”, tuttavia, conviene solo a un certo numero di Salmi, detti

appunto “Inni”. Esplicitamente, il titolo è dato solo al Salmo 145. Il titolo più frequente dato ai Salmi è appunto

quello di “mizmor”, che presuppone appunto un accompagnamento musicale.

Non entriamo nel merito della numerazione, della titolazione e della paternità di questi poemi/inni che la

tradizione aveva attribuito in blocco al re Davide, definito da Dante “il cantor de lo Spirito santo” (Paradiso

XX,38). Per queste e altre informazioni rimandiamo alle molte introduzioni al libro dei Salmi. Si veda, per

esempio: C. WESTERMANN, Primo approccio all’Antico Testamento, Casale Monferrato 1977; A. DEISSLER, I

Salmi, esegesi e spiritualità, Roma 1986, pp. 8ss; L. ALONSO SCHÖKEL, I Salmi, Vol. I, Roma 1992, pp. 90ss; G.

RAVASI, Il libro dei Salmi. Contenuto e attualizzazione, Vol. I (1-50), Bologna 1986, pp. 14ss; La Bibbia di

Gerusalemme, Bologna 2009, pp. 1202s.

3 C. WESTERMANN, op. cit., p. 135.

4 Ciascuno di questi cinque libri termina con una breve dossologia del tipo: “Sia benedetto il Signore, Dio

d‟Israele, da sempre e per sempre. Amen, amen” (Sal 41,14); o: “E benedetto il suo nome glorioso per sempre:

della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen” (Sal 72,19-20), e simili.

5 G. RAVASI, I Salmi, Milano 1989, 5ª ed., p. 10.

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parole di Dio”6, anche se, come vedremo più avanti, l‟uomo non risponde

semplicemente con le sue parole.

Le risposte che, sotto forma di preghiera, il credente rivolge a Dio esprimono

l‟ampia gamma di sentimenti che di volta sono esperite nella vita quotidiana:

dall‟intimo anelito alla comunione con Dio all‟allontanamento dalla sua volontà, dalla

gioia al dolore, dall‟esultanza al senso di sofferenza e di abbandono, dalla percezione

viva e fiduciosa della sua presenza all‟esperienza della desolazione e dell‟angoscia,

dalla gratitudine al lamento, dalla generosa ed entusiasmante consegna di sé alla

constatazione della propria indegnità, della propria miseria e del proprio peccato, dal

bisogno di salvezza e dal desiderio di una vita piena alla paura della morte.

La preghiera dei Salmi, insomma, è come “uno specchio dei problemi, dei drammi e

delle gioie di tutto un popolo. (...) vibrano di emozioni, di passioni, di attese ancorate

all‟esistenza quotidiana”7. È una preghiera che racchiude, come in un microcosmo,

tutto lo spettro delle reazioni umane di fronte alla Parola di Dio, tal punto che i Salmi

possono essere considerati una sorta di “compendio dell‟AT”. Scrive san Tommaso

d‟Aquino:

“La ragione per cui [il Salterio] è il libro più usato nella Chiesa è perché esso

contiene in sé tutta la Scrittura. (...) La sua caratteristica è quella di ridire, sotto

forma di lode e di preghiera, tutto ciò che gli altri libri espongono secondo i modi

della narrazione, dell‟esortazione e della discussione. (...) Il suo scopo è quello di

far pregare, di elevare l‟anima fino a Dio attraverso la contemplazione della sua

maestà infinita, attraverso la meditazione dell‟eccellenza dell‟eterna beatitudine,

attraverso la comunione alla santità di Dio e l‟imitazione effettiva della sua

perfezione”8.

1. I SALMI “SCUOLA DI PREGHIERA”

1.1. I SALMI CI INSEGNANO A PREGARE DIO CON LE PAROLE DI DIO

In questi “mirabili tesori di preghiere”9, che sono i Salmi, come li definisce la Dei

Verbum, l‟esistenza umana in tutta la sua complessità è dunque ricondotta a Dio e al

6 C. WESTERMANN, op. cit., p. 135.

7 G. RAVASI, op. cit., p. 12.

8 SAN TOMMASO D‟AQUINO, In psalmos Davidis Expositio, in Opera omnia S. Thomae, ed. Vivès, Vol.

XVIII, pp. 228-229. Anche Lutero, nella Prefazione al Salterio (1531) scriveva: “Ogni cristiano che voglia

pregare e raccogliersi dovrebbe servirsi del salterio. Sarebbe bene che ne acquistasse una tale familiarità da

conoscerlo a memoria, parola per parola, e fosse in grado per ogni circostanza di citarne un passo appropriato.

Perché, veramente, tutto quello che un animo pio desidera esprimere con la preghiera lo trova formulato nei

salmi in maniera così perfetta e così commovente che nessuno potrebbe esprimerlo meglio. Il salterio ci

ammaestra e ci fortifica proprio con la preghiera. Essa si accorda con il “Padre nostro” e il “padre nostro” si

ritrova in esso in maniera così perfetta che uno serve a comprendere l‟altro e tutti e due danno un identico

suono”.

9 “Mirabiles precum thesauri” (CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei

Verbum, n. 15).

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suo sguardo, a quel Dio al quale l‟orante – come diceva A. Gide – dà del “Tu”.

I Salmi “sono preghiera” proprio perché nelle situazioni più disparate della vita

all‟orizzonte c‟è sempre Dio. Egli è il punto di riferimento che mai viene meno,

l‟interlocutore continuo.

E in tal senso, i Salmi continuano ad essere un‟impareggiabile scuola e una guida

preziosa per ogni uomo che desidera eleggere il Signore a compagno del proprio

cammino.

« Per ciascuno di noi – e anche per la comunità credente che si ritrova in loro –

riprendere i salmi è entrare in una forma eminente di preghiera continua e

universale, nella quale tutto ciò che può sperimentare un essere umano in seno alla

famiglia umana viene offerto a Dio»10.

E la particolare bellezza delle preghiere dei Salmi sta proprio nel fatto che con essi

noi possiamo pregare Dio con parole ispirate da Dio stesso. In un‟udienza del giugno

2011 sui Salmi, Benedetto XVI ricordava proprio questo:

“Poiché sono Parola di Dio, chi prega i Salmi parla a Dio con le parole stesse

che Dio ci ha donato, si rivolge a Lui con le parole che Egli stesso ci dona. (...)

Qualcosa di analogo avviene quando il bambino inizia a parlare, impara cioè ad

esprimere le proprie sensazioni, emozioni, necessità con parole che non gli

appartengono in modo innato, ma che egli apprende dai suoi genitori e da coloro

che vivono intorno a lui. Ciò che il bambino vuole esprimere è il suo proprio

vissuto, ma il mezzo espressivo è di altri; ed egli piano piano se ne appropria, le

parole ricevute dai genitori diventano le sue parole e attraverso quelle parole

impara anche un modo di pensare e di sentire, accede ad un intero mondo di

concetti, e in esso cresce, si relaziona con la realtà, con gli uomini e con Dio. La

lingua dei suoi genitori è infine diventata la sua lingua, egli parla con parole

ricevute da altri che sono ormai divenute le sue parole. (...) E, attraverso quelle

parole, sarà possibile anche conoscere ed accogliere i criteri del suo agire,

avvicinarsi al mistero dei suoi pensieri e delle sue vie (cf. Is 55,8-9), così da

crescere sempre più nella fede e nell‟amore. Come le nostre parole non sono solo

parole, ma ci insegnano un mondo reale e concettuale, così anche queste preghiere

ci insegnano il cuore di Dio, per cui non solo possiamo parlare con Dio, ma

possiamo imparare chi è Dio e, imparando come parlare con Lui, impariamo

l‟essere uomo, l‟essere noi stessi” 11.

Però, affinché le Parole di Dio nei Salmi diventino la nostra preghiera, occorre che

assimiliamo il loro contenuto in modo assiduo e costante. Occorre cioè che si verifichi

in noi che li preghiamo quello che si è inizialmente verificato nei loro autori. Scrive A.

Louf:

10 R. LE GALL, La dinamica dei Salmi nella preghiera della Chiesa, in J. NIEUVIARTS–J.-P. PRÉVOST (a cura di),

I Salmi. Lettura e preghiera, Bologna 2010, p. 258.

11 BENEDETTO XVI, Udienza generale, Piazza San Pietro, Mercoledì 22 giugno 2011, L'uomo in preghiera

(7), Il popolo di Dio che prega: i Salmi.

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“La parola di Dio s‟impadronisce del cuore dell‟uomo affinché questi possa a

sua volta impadronirsi della Parola. Essa viene a dimorare nel cuore, affinché il

cuore finisca per dimorare nella Parola. (...) Da questa lenta assimilazione, da

questa reciproca compenetrazione del cuore e della Parola, un giorno sono nati i

salmi. Da un cuore che a forza di ascoltarla e di lasciarsi attraversare da essa, era

stato potremmo dire identificato alla Parola al punto da diventare Parola a sua

volta. Sono nati [i Salmi] da un cuore fecondato dalla Parola, che ha partorito a

sua volta, irresistibilmente, una nuova Parola, Parola che è stata nel contempo la

propria e quella di Dio”12.

Tutto questo si è verificato in modo eminente in Gesù, ed è a Lui che dobbiamo

guardare.

1.2. I SALMI CI INSEGNANO A PREGARE “COME” CRISTO E “A”

CRISTO

Come avviene per ogni preghiera che il cristiano eleva al Signore, anche i Salmi

sono d lui pregati alla luce di Cristo, e questo in un duplice senso:

– “come” Cristo, perché Cristo stesso ha pregato abitualmente i Salmi;

– “a” Cristo, perché, nell‟ottica cristiana, Cristo è anche il destinatario della

preghiera salmica, assieme al Padre suo, nella forza e nella luce dello Spirito13.

I Salmi, dunque, ci educano a pregare “come” Cristo, il quale, come ogni pio e buon

ebreo, si era formato alla scuola dei Salmi. E che Gesù abbia avuto familiarità con i

Salmi, lo deduciamo dal fatto che a più riprese egli cita l‟uno o l‟altro salmo.

Ricordiamo ad esempio, che, sulla croce, Gesù ha intonato il Sal 21, profezia della sua

passione, ma anche della sua vittoria regale e della portata universale della redenzione da Lui

operata (cf. Mt 27,46). Prima di spirare, poi – secondo l‟evangelista Luca – cita il Sal 30,6:

“Padre, nelle tue mani io consegno il mio spirito” (Lc 23,46)14.

Gesù ha dunque praticato e pregato la salmodia fino all‟ultimo istante della sua vita

I Salmi sono stati la sua preghiera abituale, quella che ha scandito i momenti

quotidiani, più ordinari, e quelli più importanti e nodali della sua esistenza di Figlio di

Dio fatto uomo.

E il fatto che Gesù abbia pregato i Salmi e sia ricorso ad essi per illustrare i suoi

insegnamenti e le sue azioni significa che Egli ha operato una trasposizione del loro 12 A. LOUF, La vita spirituale, Magnano 2001, pp. 73-74.

13 «Quando parliamo a Dio e preghiamo – scrive sant‟Agostino –, non dobbiamo separare da lui il Figlio»

(SANT‟AGOSTINO, Esposizione sui Salmi 85,1).

14 Altri esempi sono i seguenti: in occasione della parabola dei vignaioli omicidi, che uccidono il figlio

del padrone della vigna, Gesù riprende il Sal 117 (vv. 22-23) per trarne la lezione (cf. Mt 21,42-44). Nel

giorno delle Palme, la folla osannato a Gesù applicandogli le parole del Salmo 117,25-26: “Osanna al

figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli” (cf. Mt

21,9). E quando i farisei si infuriano nel sentire la folla osannare a Gesù, quest‟ultimo cita loro il Sal 8,3:

“Non avete mai letto: Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode?” (cf. Mt 21,16).

Gesù, poi, riferisce a se stesso le parole del Salmo 109,1: “Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia

destra finché io ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può

essere suo figlio?” (cf. Mt 22,43-45).

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contenuto applicandolo a se stesso. Del resto i cristiani credono che in Lui, Gesù, i

Salmi “trovano il loro definitivo compimento e svelano il loro senso più pieno e

profondo. Le preghiere del Salterio, con cui si parla a Dio, ci parlano di Lui, ci

parlano del Figlio, immagine del Dio invisibile (Col 1,15), che ci rivela

compiutamente il Volto del Padre”15.

I Salmi ci educano, dunque, a una preghiera “cristica”, cioè fatta in Cristo e con

Cristo. In Lui i Salmi brillano di una luce nuova che ha nel mistero pasquale la sua

ultima chiave interpretativa. In quanto vero uomo, oltre che vero Dio, Cristo Gesù è

colui che nei Salmi si affida totalmente al Padre, che ribadisce la propria innocenza o

sopporta il dolore, che invoca il giudizio di Dio attendendolo con pazienza e fiducia.

Infine, non va dimenticato che, nei Salmi, la nostra preghiera è diretta anche “a”

Cristo. Così scrive sant‟Agostino:

«Quando prega il corpo del Figlio, esso non ha da considerarsi staccato dal suo

capo; per cui la stessa persona, l‟unico salvatore del corpo mistico, il Signore

nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è colui che prega per noi, che prega in noi e che

è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote; prega in noi come nostro

capo; è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo dunque in lui la nostra

voce, e in noi la sua voce»16.

1.3. I SALMI CI INSEGNANO A PREGARE “CORPORATIVAMENTE”,

NELLA E CON LA CHIESA

La citazione di sant‟Agostino appena riportata ci aiuta a riscoprire l‟aspetto

corporativo della preghiera salmica.

Come i Salmi erano usati nella liturgia ebraica – alla quale partecipavano sia Gesù

che i suoi apostoli quando frequentavano il tempio e la sinagoga – così sono diventati

anche la preghiera della liturgia cristiana, alimentando la preghiera della Chiesa. Ad

essa il Cristo continua a consegnare il Salterio quale sua preghiera liturgica,

“preghiera che Cristo con il suo Corpo rivolge al Padre” (SC, 84)»17.

Ne consegue che anche il posto rilevante dato ai Salmi nella preghiera cristiana – e

più specificamente nella preghiera liturgica della Chiesa, la “Liturgia delle Ore”, si

15 BENEDETTO XVI, Udienza generale, cit.

16 SANT‟AGOSTINO, Esposizione sui Salmi 85,1.

17 PAOLO VI, costituzione Apostolica con la quale si promulga l’ufficio divino rinnovato a norma del Concilio

Ecumenico Vaticano II, n. 8. Se con l‟Incarnazione «Cristo (...) unisce a sé tutta l‟umanità (cf. SC 83), in modo

tale da stabilire un rapporto intimo tra la sua preghiera e la preghiera di tutto il genere umano. (...) tuttavia un

vincolo speciale e strettissimo intercorre tra Cristo e quegli uomini che egli per mezzo del sacramento della

rigenerazione unisce a sé come membra del suo Corpo, che è la Chiesa. Così effettivamente dal Capo si

diffondono all‟intero Corpo tutti i beni che sono del Figlio: cioè la comunicazione dello Spirito, la verità, la vita

e la partecipazione alla sua filiazione divina, che si manifestava in ogni sua preghiera quando dimorava presso di

noi» (Principi e Norme per la Liturgia delle Ore [=PNLO], nn. 6-7).

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fonda sull‟intimo legame esistente tra tra i singoli credenti che compongono la Chiesa-

Corpo di Cristo, e il suo Capo, Cristo18.

Siamo qui ricondotti all‟aspetto “corporativo” della preghiera cristiana. Anche

quando il cristiano prega da solo la sua preghiera è, in qualche modo, sempre “corale”

perché egli prega sempre inserito nel “corpo di Cristo” che è la Chiesa. E per

quell‟indissolubile solidarietà spirituale che vi è al suo interno, il cristiano – anche

quando prega da solo – prega sempre a nome della Chiesa e mai solamente a nome

suo. Questo ci ricorda che anche il termine della formazione cristiana alla vita di fede

“non è semplicemente lo sviluppo o il perfezionamento del singolo, è la

maturità dell‟intera collettività. (...) Dio è educatore di ciascuno di noi, di ogni

uomo e donna che vengono in questo mondo, ma sempre nel quadro di un

cammino di popolo, di una comunità di credenti; Dio educa un popolo nel suo

insieme, con attenzione privilegiata verso il cammino di ciascuno.

La ragione penultima di ciò è la natura comunitaria della persona: nessuno

diviene uomo nel senso pieno del termine, nessuno giunge all‟esercizio storico

autentico della sua libertà senza una comunità a cominciare da quella della

famiglia. Una persona che si sviluppa senza comunità è di fatto impensabile”19.

1.3.1. Soggettività e oggettività

È all‟interno di questa dialettica tra persona e comunità che va armonicamente

vissuto il rapporto tra “oggettività” e “soggettività” nella preghiera dei Salmi.

Prestando la nostra voce alla preghiera di Cristo-Capo e della Chiesa suo corpo, noi

riconosciamo che – sia che preghiamo singolarmente sia che preghiamo

comunitariamente – i veri protagonisti della preghiera salmica non siamo noi. La

nostra voce, infatti, si fonde con quella di Cristo e con quella della Chiesa-Sposa che

fa sue le parole un tempo fatte proprie da Gesù-Sposo.

Bisogna riconoscere che non è sempre facile raggiungere un accordo armonico tra i

ritmi e le esigenze della nostra preghiera personale e ciò che la Chiesa ci offre nella

preghiera liturgica con la preghiera dei Salmi in qualche modo già “codificata” e

strutturata. Ecco perché anche la salmodia – soprattutto quando è pregata

comunitariamente – si configura come un‟educazione, benché non sempre facile,

all‟umile rinuncia delle proprie preferenze.

Al riguardo i Principi e norme per la Liturgia delle Ore ci offrono dei suggerimenti

preziosi:

«Chi recita i salmi nella Liturgia delle Ore, li recita non tanto a nome proprio

quanto a nome di tutto il Corpo di Cristo, anzi nella persona di Cristo stesso. Se

ciascuno tiene presente questa dottrina, svaniscono le difficoltà, che chi salmeggia

potrebbe avvertire per la differenza del suo stato d‟animo da quello espresso nel

salmo, come accade quando chi è triste e nell‟angoscia incontra un salmo di

giubilo, o, al contrario, è felice e si trova di fronte a un canto di lamentazione.

Nella preghiera puramente privata si può evitare questa dissonanza, perché vi è

18 PNLO, n. 7.

19 C. M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, Lettera Pastorale 1987-88, n. 8.

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modo di scegliere il salmo più adatto al proprio stato d‟animo. Nell‟Ufficio divino

[che è la “preghiera della Chiesa”], invece, si ha un determinato ciclo di salmi

valevole per tutta la comunità ed eseguito non a titolo personale, ma a nome di

tutta la Chiesa, anche quando si tratta di un orante che celebra qualche Ora da

solo. Chi salmeggia a nome della Chiesa può sempre trovare un motivo di gioia o

tristezza, perché anche in questo fatto conserva il suo significato l‟espressione

dell‟Apostolo: «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli

che sono nel pianto» (Rm 12, 15) e così la fragilità umana, ferita dall‟amor

proprio, viene risanata nella misura di quella carità per la quale la mente concorda

con la voce che salmeggia»20.

“Ciò non significa che la nostra soggettività sia esclusa. Essa viene

semplicemente orientata verso una pienezza che la comprende e le conferisce la

sua vera dimensione: immergendosi umilmente in una preghiera oggettiva, essa

riceve progressivamente la forma perfetta del suo slancio verso Dio»21.

Questo esercizio di “umile rinuncia” e nello stesso tempo di “armonizzazione” col

pensiero di Dio e della Chiesa, dovrebbe condurci a comprendere come quello che

avviene al cuore della Liturgia delle Ore è anche quello che siamo chiamati a vivere al

cuore della nostra vita cristiana. Lo sforzo che la salmodia ci richiede, nell‟adeguare la

nostra interiorità e il nostro vissuto immediato alle parole che vengono da Dio e che la

Chiesa ci fa recitare o cantare, è un richiamo ad esercitarci in un aspetto difficile del

nostro cammino di credenti: l‟umile rinuncia alla nostra volontà.

Anche lì, infatti, ci è continuamente richiesto di vivere in maniera equilibrata la

nostra soggettività adattandola a un contesto oggettivo (quello nel quale si svolge la

nostra vita), che ci sprona a superare ogni forma di individualismo dando alla nostra

soggettività la sua vera dimensione, quella di un‟apertura ad una rete di relazioni

molto più grande di noi e alla quale siamo chiamati ad aderire con il dono di noi stessi.

Questo è un segno di come preghiera e vita debbano alimentarsi e sostenersi a vicenda.

Certo, le difficoltà che incontriamo nell‟operare questa sorta di unificazione tra

soggettività e oggettività potrebbero scoraggiarci. Il cammino può rivelarsi lungo e

talora sofferto, soprattutto quando sperimentiamo l‟aggiunta di distrazioni e

fantasticherie. Ci vuole pazienza e perseveranza per giungere ad un‟assimilazione

fiduciosa e amorosa del contenuto dei Salmi che vengono pregati22.

20 PNLO, n. 108. Il senso profondo della raccomandazione di Benedetto qui citata è proprio quello di accordare

lo spirito di chi salmeggia alle parole che vengono pregate o cantate. Nella LdO, “I nostri sentimenti più

profondi, quelli della nostra anima, vengono invitati a concordare con quelli che esprime la nostra voce: essa non

canta attingendo al suo fondo, ma riprende un dato oggettivo, un testo, che siamo invitati a fare nostro. Al di là

di ogni ritorno su noi stessi, l‟atto della salmodia ci colloca insieme nella realtà oggettiva del corpo di Cristo, che

è il vero soggetto della preghiera ecclesiale” (R. LE GALL, art. cit., pp. 266-267).

21 Ibidem, pp. 267.

22 «Come non si può sfuggire ai lunghi e faticosi esercizi per padroneggiare la tecnica di una o più tastiere, o di

un violino, così bisogna maneggiare con pazienza le parole dei salmi perché ci penetrino e impregnino tutto il

nostro essere (voce, sensibilità, intelligenza): si tratta di un‟impressione nel senso tipografico del termine, per la

quale il foglio della nostra anima deve rendersi duttile e vergine, come i fogli morbidi delle edizioni riservate ai

bibliofili.

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1.4. I SALMI CI INSEGNANO A MODULARE LA PREGHIERA IN

ACCORDO CON LA VITA

Il processo di interiorizzazione dei Salmi – per cui essi rinascono e per così dire

scaturiscono dall‟interno, diventando i “nostri” salmi, la nostra preghiera, sia essa

compiuta comunitariamente o individualmente – non è solo legato all‟impegno a

rileggere la propria vita alla luce dei Salmi, ma anche a tradurre in essa il loro

contenuto.

Si tratta di un lavoro di “personalizzazione” che permette alla preghiera dei Salmi di

diventare carne della nostra carne e vita della nostra vita. Grazie a questa opera di

assimilazione personale, da “decacorde” (cf. Sal 92,4)23 la preghiera salmodica diventa

“monocorde”, trovando ospitalità ed espressione nella vita dell‟orante con il quale

diviene un tutt‟uno.

Detto chiesto, chiediamoci: Quali sono i moduli di preghiera presenti nei Salmi?

Quali sono i timbri dell‟esistenza umana che essi richiamano e declinano?

Fondamentalmente

“i salmi si distinguono in due grandi gruppi soltanto, caratterizzati dalle due

intenzioni fondamentali dell‟uomo quando si rivolge a Dio, la lode e

l‟invocazione. Infatti, il ringraziamento è in ebraico anche sempre lode, e

l‟invocazione si esprime costantemente come lamento e impetrazione, più o meno

accompagnati da espressioni di fiducia. Ma nella ricerca su i vari generi si sono

venute delineando alcune stabili categorie e denominazioni”24.

Pur consci che in molti casi una netta demarcazione risulta impossibile, possiamo

affermare che i moduli attraverso i quali la preghiera salmica ha trovato espressione

sono tanti quanti sono i “generi letterari”. Infatti, “i testi offrono da se stessi criteri di

classificazione e di interpretazione attraverso la loro forma, il loro contenuto e la

situazione concreta entro cui sono stati composti”25. Qui ci rifacciamo alla

suddivisione proposta da G. Ravasi:

1. Inni (al Creatore, del regno di Dio, di Sion);

2. Suppliche personali ed ecclesiali;

3. Fiducia in Dio (personale ed ecclesiale);

Chi è fedele a lasciare che i versetti trascrivano nel suo cuore le lettere che traccia il dito di Dio, che è il suo

Spirito, che pratica questa “santa ruminazione” delle parole di Dio, grazie a un‟attenzione dolce e risoluta (...) a

un certo momento vedrà scintillare le parole; parole che passavano da anni senza lasciare traccia d‟un tratto si

illuminano, come se cominciassero a vivere o a danzare, lasciando nel nostro cuore un sapore duraturo. (...)

Riprendendo queste parole, che hanno riacquistato luce e sapore, noi le rivolgiamo a Dio con diletto: sono per lui

delle “carezze di parole” (Beauchamp) e ci rimangono a lungo su quel “palato del cuore” di cui parla Gregorio

Magno come una dolcezza divina» (Ibidem, pp. 268-269).

23 “2È bello rendere grazie al Signore / e cantare al tuo nome, o Altissimo, /

3annunciare al mattino il tuo amore,

/ la tua fedeltà lungo la notte, / 4sulle dieci corde e sull‟arpa, / con arie sulla cetra” (Sal 92 [91],2-4).

24 A. DEISSLER, op. cit., p. 13.

25 G. RAVASI, I Salmi, cit., p. 12.

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4. Ringraziamento (personale ed ecclesiale);

5. Salmi regali

6. Le catechesi (Salmi storici e sapienziali);

7. Le liturgie.

1.4.1. Gli “Inni”

Gli “Inni” (=Tehillim, da “hallel”, da cui “Alleluia” = Lodate il Signore!)

rappresentano, per così dire, una preghiera allo stato puro. Sono inni di lode attraverso

i quali il salmista esprime la sua professione di fede nell‟esistenza e nella grandezza di

Dio, manifestate nella creazione e nella storia degli uomini, in particolare attraverso

l‟elezione del popolo di Israele. Il tono è gioioso e generalmente corale.

* Inni al Creatore

In essi la lode sale grata a Dio non per l‟uno o per l‟altro evento umano, ma

semplicemente come riconoscimento che Dio esiste e fa sempre sentire la sua presenza

provvida e amorosa. Pensiamo, ad esempio, al Salmo 8 (inno al Creatore):

1Al maestro del coro. Su «I torchi». Salmo. Di Davide.

2O Signore, Signore nostro,

quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! (…) 4Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,

la luna e le stelle che tu hai fissato, 5che cosa è mai l‟uomo perché di lui ti ricordi,

il figlio dell‟uomo, perché te ne curi? 6Davvero l‟hai fatto poco meno di un dio,

di gloria e di onore lo hai coronato. 7Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,

tutto hai posto sotto i suoi piedi: (…) 10

O Signore, Signore nostro,

quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

Di fronte all‟infinità del cosmo, l‟uomo si riconosce piccolo e fragile, ma anche

destinatario delle cure e del ricordo di Dio il quale, affidando tutto alla responsabilità

delle sue mani, gli riconosce un ruolo centrale nel piano della creazione.

Questo salmo/inno ci invita a mantenere Dio all‟orizzonte della nostra vita, a

collaborare con Lui all‟opera della creazione salvaguardando il creato e la natura

attraverso uno sfruttamento armonico ed equilibrato e non sfregiandoli spietatamente

per mera sete di profitto.

La presenza provvida e amorosa di Dio creatore è presente anche nel salmo che

incomincia con l‟Alleluia, il Salmo 113 (112): 1Alleluia.

Lodate, servi del Signore,

lodate il nome del Signore. 2Sia benedetto il nome del Signore,

da ora e per sempre. (...)

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5Chi è come il Signore, nostro Dio,

che siede nell‟alto

La grandezza di Dio non consiste solamente nel suo essere “in alto”, ma nell‟essere

capace di scendere, questa è una nozione centrale del Salmo e della rivelazione

biblica: noi abbiamo un Dio solidale, che scende, appunto, e che prende su di sé la

causa del povero e del debole: questa è la nostra fede. In Dio c‟è la benevolenza di

scendere:

6e si china a guardare

sui cieli e sulla terra? 7Solleva dalla polvere il debole,

dall‟immondizia rialza il povero.

In qualche modo è qui anticipato il movimento della prima pagina di san Giovanni:

nell‟alto, all‟inizio c‟era il Verbo, ma il Verbo è disceso, si è chinato, è venuto nella

carne e ha abitato in mezzo a noi. Niente è così vicino al mistero dell‟incarnazione

come questo salmo, perché qui si rivela ciò che Dio è in se stesso. Arriva fino

all‟indigente, al povero che giace nell‟immondizia.

– Per quanto riguarda gli “Inni del Regno di Dio” (in cui Dio viene, appunto,

celebrato come Re) ci basti riascoltare i primi versetti del Salmo 99 (98):

1Il Signore regna: tremino i popoli.

Siede in trono sui cherubini: si scuota la terra. 2Grande è il Signore in Sion,

eccelso sopra tutti i popoli. 3Lodino il tuo nome grande e terribile.

Egli è santo! 4Forza del re è amare il diritto.

Tu hai stabilito ciò che è retto;

diritto e giustizia hai operato in Giacobbe. 5Esaltate il Signore, nostro Dio,

prostratevi allo sgabello dei suoi piedi.

Egli è santo!

Vi sono poi alcuni inni denominati “Inni di Sion”, in riferimento al colle sul quale è

adagiata Gerusalemme e sul quale si innalza il tempio. Esso è cantato come la meta

sospirata, il polo di attrazione verso il cuore di ogni pio ebreo si sente irresistibilmente

sospinto. Si veda, come esempio, il Salmo 122 (121):

1Canto delle salite. Di Davide

Quale gioia, quando mi dissero:

«Andremo alla casa del Signore!». 2Già sono fermi i nostri piedi

alle tue porte, Gerusalemme! (…) 4È là che salgono le tribù,

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le tribù del Signore,

secondo la legge d‟Israele,

per lodare il nome del Signore. 5Là sono posti i troni del giudizio,

i troni della casa di Davide.

Nella trasposizione cristiana dei Salmi “Sion” prefigura la Chiesa. Perciò il cristiano

che recita o canta questi inni si sente sospinto a riconoscere la Chiesa come il luogo

nel quale si perpetua, nel tempo e nella storia, la presenza viva del Cristo,

glorificazione del Padre (cf. Gv 17,1.4).

1.4.2. Le “suppliche”

Rappresentano il maggior numero dei Salmi. Si tratta, soprattutto, di preghiere

personali (anche se non mancano quelle comunitarie) connotate da sentimenti di

commiserazione e di dolore. Tuttavia, nonostante che a prevalere siano il lamento e il

pianto di un animo prostrato, sono preghiere pervase di fiducia. La causa

dell‟afflizione può essere – nel caso di suppliche individuali – una malattia o una

sventura personale, oppure – nel caso di suppliche comunitarie – una tragedia

nazionale o una catastrofe naturale.

Si parla spesso di nemici, anche se non necessariamente in carne e ossa, in quanto il

più delle volte si tratta di una personalizzazione delle sventure che si sono abbattute

sul singolo o sul popolo. Di frequente, poi, di fronte ai risvolti tragici del presente –

resi magari ancora più acuti dal ricordo di un passato felice – sorgono gli interrogativi

antichi e sempre nuovi: “Perché?”, “Fino a quando?” (cf. Sal 6,4; 13,2-3; 35,17,

42,10, ecc.), interrogativi che, comunque, si risolvono in una supplica fiduciosa al

Signore affinché intervenga con un atto liberatorio. Anche il lamento, dunque, non

scade mai a lamentela vuota e infruttuosa, ma è sempre animato da uno sguardo di

speranza aperto su un futuro che si prospetta luminoso. Ecco perché i salmi di supplica

si concludono generalmente con voti di lode e di ringraziamento.

Tra le “suppliche individuali”, si annoverano, ad esempio, i seguenti salmi:

Salmo 6 3Pietà di me, Signore, sono sfinito;

guariscimi, Signore: tremano le mie ossa. 4Trema tutta l‟anima mia.

Ma tu, Signore, fino a quando? 5Ritorna, Signore, libera la mia vita,

salvami per la tua misericordia. (…) 7Sono stremato dai miei lamenti,

ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio,

bagno di lacrime il mio letto. 8I miei occhi nel dolore si consumano,

invecchiano fra tante mie afflizioni. 9Via da me, voi tutti che fate il male:

il Signore ascolta la voce del mio pianto. 10

Il Signore ascolta la mia supplica,

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il Signore accoglie la mia preghiera.

Salmo 42 (41) 1Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core.

2Come la cerva anela

ai corsi d‟acqua,

così l‟anima mia anela

a te, o Dio. 3L‟anima mia ha sete di Dio,

del Dio vivente:

quando verrò e vedrò

il volto di Dio? 4Le lacrime sono il mio pane

giorno e notte,

mentre mi dicono sempre:

«Dov‟è il tuo Dio?». (…) 6Perché ti rattristi, anima mia,

perché ti agiti in me?

Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,

lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

Salmo 51 (50) 1Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2Quando il profeta Natan andò da lui, che era

andato con Betsabea. 3Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;

nella tua grande misericordia

cancella la mia iniquità. 4Lavami tutto dalla mia colpa,

dal mio peccato rendimi puro. 5Sì, le mie iniquità io le riconosco,

il mio peccato mi sta sempre dinanzi. 6Contro di te, contro te solo ho peccato,

quello che è male ai tuoi occhi, io l‟ho fatto: (…)

Il contenuto del Salmo 51, una preghiera di supplica personale, ben si adatta

all‟uomo di tutti i tempi e di tutte le latitudini allorché sperimenta la sua responsabilità

nel peccato. Qui, infatti, il “nemico” è palesemente identificato con l‟iniquità, il

peccato appunto, inteso come ribellione, frattura della comunione con Dio e

allontanamento dalla sua amicizia. E non solo la radice del peccato è personale, ma

la realtà dell‟uomo è fin dagli esordi tutta segnata dal peccato: “Ecco, nella colpa io

sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (v. 7). Tuttavia il Signore

desidera che il peccatore si rivolga a Lui per essere perdonato (“Ma tu gradisci la

sincerità nel mio intimo”: v. 8a), e il riconoscimento accompagnato dalla confessione

del proprio stato porta il peccatore al desiderio di una vita rinnovata: “Crea in me, o

Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo” (v. 12). In questa apertura al

pentimento il peccatore già pregusta il perdono e la gioia della salvezza (“Rendimi la

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gioia della tua salvezza”: v. 14a) accompagnata dal sostegno del proviene dal Signore

(“sostienimi con uno spirito generoso”: v. 14b).

Tra le “suppliche comunitarie” possiamo ricordare il Salmo 44 (43):

“(...) 23

Per te ogni giorno siamo messi a morte,

stimati come pecore da macello. 24

Svegliati! Perché dormi, Signore?

Destati, non respingerci per sempre! 25

Perché nascondi il tuo volto,

dimentichi la nostra miseria e oppressione? 26

La nostra gola è immersa nella polvere,

il nostro ventre è incollato al suolo. 27

Alzati, vieni in nostro aiuto!

Salvaci per la tua misericordia!”.

I salmi di supplica, siano essi individuali o collettivi (o aperti ad una lettura sia

personale che comunitari), ci educano alla resistenza interiore illuminata dalla

presenza misericordiosa e salvifica del Signore. Ci esortano, in altre parole, a non

soccombere allo scoraggiamento, quando ci si trova esposti alle nostre fragilità o alle

prove della vita, ma a rimanere aperti alla speranza e a guardare al futuro con gli occhi

di Dio, sorretti dalla certezza che la salvezza proviene da Lui e che – per noi cristiani –

ha assunto una forma definitiva in Cristo Gesù.

1.4.3. I Salmi di “fiducia in Dio”

Il sentimento di fiducia presente nei salmi di supplica attraversa, in realtà, tutto il

Salterio. E non potrebbe che essere così, visto che la fiducia è parte integrante della

preghiera, anche quando i tratti di quest‟ultima sono venati di dolore e di sofferenza.

Non si pregherebbe, infatti, se non si sperasse di essere esauditi. Tuttavia, in alcuni

salmi la “fiducia” costituisce il tema centrale, il sentimento predominante.

È innanzitutto, la fiducia solida e serena che si contrappone alla visione fatalistica

della vita e diventa espressione di un solido radicamento in Dio del credente, il quale,

contro la logica del mondo, sa sperare contro ogni speranza (cf. Rm 4,18).

I Salmi propriamente detti “di fiducia” – siano essi individuali o collettivi – sono

dunque “la definizione perfetta del rapporto del credente col suo Dio, (…) precisano

ciò che il Signore deve realmente significare per chi lo invoca come “Tu”, cioè come

persona a cui si è profondamente legati”26. Lo stato d‟animo che emerge da questi

salmi di fiducia può essere egregiamente sintetizzato dalla formula: “Solo in Dio

riposa l’anima mia” (Sal 62). Alcuni esempi di salmi di fiducia:

– Fiducia individuale

Cf. Salmo 23 (22) 1Salmo. Di Davide.

Il Signore è il mio pastore:

26 Ibidem, p. 116.

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non manco di nulla. 2Su pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce. 3Rinfranca l‟anima mia,

mi guida per il giusto cammino

a motivo del suo nome. 4Anche se vado per una valle oscura,

non temo alcun male, perché tu sei con me.

Il tuo bastone e il tuo vincastro

mi danno sicurezza. (…)

Il Signore è il nostro costante compagno di viaggio, non è un mercenario avido al

quale non importa nulla delle pecore, al contrario, la vita e la sorte di queste ultime (i

loro pericoli, la loro fatica, la loro sete, ecc) sono anche quelli del pastore che le

accompagna. Perciò, possiamo stare sicuri nelle sue mani: cf. Gv 10, parabola del

Buon Pastore, e Lc 15, parabola della pecorella smarrita.

Salmo 27 (26)

1Di Davide.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:

di chi avrò timore?

Il Signore è difesa della mia vita:

di chi avrò paura? (…) 3Se contro di me si accampa un esercito,

il mio cuore non teme;

se contro di me si scatena una guerra,

anche allora ho fiducia. (…) 9Non nascondermi il tuo volto,

non respingere con ira il tuo servo.

Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,

non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

Salmo 121 (120) 1Canto delle salite

Alzo gli occhi verso i monti:

da dove mi verrà l‟aiuto? 2Il mio aiuto viene dal Signore:

egli ha fatto cielo e terra. 3Non lascerà vacillare il tuo piede,

non si addormenterà il tuo custode. (…) 5Il Signore è il tuo custode,

il Signore è la tua ombra

e sta alla tua destra. (…) 7Il Signore ti custodirà da ogni male:

egli custodirà la tua vita. 8Il Signore ti custodirà

quando esci e quando entri,

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da ora e per sempre.

Non solo il Signore sta alla nostra destra per proteggerci, ma ha anche riversato il

suo amore “nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm

5,5), quello stesso Spirito che all‟occasione, soprattutto nei pericoli e nelle difficoltà

della vita, parla in noi e per noi (cf. Mt 10,20).

– Fiducia collettiva/ecclesiale Cf. Salmo 125 (124)

1Canto delle salite

Chi confida nel Signore è come il monte Sion:

non vacilla, è stabile per sempre. 2I monti circondano Gerusalemme:

il Signore circonda il suo popolo,

da ora e per sempre. (…) 4Sii buono, Signore,

con i buoni e con i retti di cuore. (…)

Pace su Israele!

1.4.4. I Salmi di “ringraziamento”

Ritroviamo il ringraziamento o la gratitudine, al suo stato puro, negli “Inni di lode”,

dove Dio è celebrato per se stesso e non in conseguenza di un beneficio che il credente

ha ricevuto da Lui27.

Tuttavia, anche i cosiddetti “Salmi di ringraziamento” – la cui forma potrebbe

apparire interessata – esprimono il desiderio di rendere gloria a Dio attraverso il

beneficio da Lui concesso, segno della sua potenza e del suo amore misericordioso .

– Ringraziamento individuale

Cf. Salmo 34 (33) 1

Di Davide. Quando si finse pazzo in presenza di Abimèlec, tanto che questi lo scacciò

ed egli se ne andò.

Alef 2Benedirò il Signore in ogni tempo,

sulla mia bocca sempre la sua lode.

Bet 3Io mi glorio nel Signore:

i poveri ascoltino e si rallegrino.

Ghimel 4Magnificate con me il Signore,

esaltiamo insieme il suo nome.

Dalet 5Ho cercato il Signore: mi ha risposto

e da ogni mia paura mi ha liberato.

He 6Guardate a lui e sarete raggianti,

i vostri volti non dovranno arrossire.

Zain 7Questo povero grida e il Signore lo ascolta,

lo salva da tutte le sue angosce.

27 Alcuni esegeti negano l‟esistenza di questo genere di salmi di ringraziamento affermando che essi vanno

identificati con gli “inni” (Cf. L. ALONSO SCHÖKEL, op. cit., p. 105).

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Anche nel Nuovo Testamento si possono trovare preghiere di ringraziamento: si

pensi al Magnificat (cf. Lc 1,46ss) e alla preghiera di ringraziamento che Gesù rivolge

al Padre: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto

queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli ” (Mt 11,25).

– Ringraziamento collettivo/ecclesiale Cf. Salmo 124 (123)

1Canto delle salite. Di Davide

Se il Signore non fosse stato per noi

– lo dica Israele –, 2se il Signore non fosse stato per noi,

quando eravamo assaliti, 3allora ci avrebbero inghiottiti vivi,

quando divampò contro di noi la loro collera. 4Allora le acque ci avrebbero travolti,

un torrente ci avrebbe sommersi; 5allora ci avrebbero sommersi

acque impetuose. 6Sia benedetto il Signore,

che non ci ha consegnati in preda ai loro denti. 7Siamo stati liberati come un passero

dal laccio dei cacciatori:

il laccio si è spezzato e noi siamo scampati. 8Il nostro aiuto è nel nome del Signore:

egli ha fatto cielo e terra.

Il Vangelo, che pure insiste sul fatto che il Signore non tarda a soccorrere coloro

che gridano a Lui giorno e notte (cf. Lc 18,7), ci rammenta anche che, una volta

ottenutolo, l‟uomo può facilmente dimenticarsi del beneficio richiesto e non si cura più

di mostrare un segno di gratitudine: si veda il racconto dei 10 lebbrosi (cf. Lc 17,15-

16).

1.4.5. I Salmi “regali”

Si tratta di salmi redatti sullo sfondo della profezia rivolta da Natan a Davide (cf.

2Sam 7). Al tempio che Davide voleva costruirgli (quasi potesse contenerlo!) Dio

sostituisce la casa di pietre vive che Egli promette a Davide, ossia una discendenza (cf.

2Sam 7,9ss). Al “tempio” Dio preferisce il “tempo” della storia nella quale Egli farà

sentire la sua presenza. Questi salmi sono dunque detti “regali per il tema o perché è il

re a pronunciarli. Per noi rivestono un‟importanza particolare, perché della serie fanno

parte i cosiddetti salmi messianici”28.

Cf., ad es., Salmo 2 7Voglio annunciare il decreto del Signore.

Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio,

28 Ibidem, p. 112.

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io oggi ti ho generato. 8Chiedimi e ti darò in eredità le genti

e in tuo dominio le terre più lontane. 9Le spezzerai con scettro di ferro,

come vaso di argilla le frantumerai».

In questa preghiera messianica, attraverso il tema della “figliolanza” – ossia del re

discendente di Davide – il salmista intravede il Messia futuro, il re perfetto che

instaurerà la pace e la giustizia definitive.

Salmo 110 (109) 1Di Davide. Salmo.

Oracolo del Signore al mio signore:

«Siedi alla mia destra

finché io ponga i tuoi nemici

a sgabello dei tuoi piedi». 2Lo scettro del tuo potere

stende il Signore da Sion:

domina in mezzo ai tuoi nemici! 3A te il principato

nel giorno della tua potenza

tra santi splendori;

dal seno dell‟aurora,

come rugiada, io ti ho generato. 4Il Signore ha giurato e non si pente:

«Tu sei sacerdote per sempre

al modo di Melchisedek».

Il testo di questo salmo è molto importante perché, da sempre, la Chiesa vi ha

intravisto e pregato il Cristo, re e sommo sacerdote. Si veda Ef 1,22-23: “Tutto infatti

egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa

è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose”.

Cristo, infatti, assoggetterà ogni nemico, fino all‟annientamento della stessa morte (cf.

1Cor 15,25-26).

1.4.5. I Salmi-catechesi Questi salmi “si distinguono per la loro tematica sapienziale o per il loro tono meditativo,

di riflessione, a volte didattico”29. Possono essere suddivisi in “Salmi storici” e “Salmi

sapienziali”.

Nei Salmi storici Israele medita sulla propria storia per riconoscervi e ricordare le

“mirabilia Dei”, e non solo perché la storia è maestra di vita, ma anche e soprattutto per

“ricordare”, nel senso forte di “far memoria” (il “memoriale”) di ciò che il Signore ha fatto e

che ancora si rende presente, ritraducendosi nell‟oggi30.

29 Ibidem, p. 114.

30 Cf. il “memoriale della Pasqua”: “Mosè disse al popolo: «Ricordati di questo giorno, nel quale siete usciti

dall‟Egitto, dalla dimora di schiavitù, perché con la potenza del suo braccio il Signore vi ha fatto uscire di là: non

si mangi nulla di lievitato. (…) Per sette giorni mangerai azzimi. Nel settimo giorno vi sarà una festa in onore

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Cf. Salmo 78 (77) (...)

3Ciò che abbiamo udito e conosciuto

e i nostri padri ci hanno raccontato 4non lo terremo nascosto ai nostri figli,

raccontando alla generazione futura

le azioni gloriose e potenti del Signore

e le meraviglie che egli ha compiuto. 5Ha stabilito un insegnamento in Giacobbe,

ha posto una legge in Israele…

Scrive il card. Martini:

“È una meditazione sul passato di Israele, in cui si richiamano i benefici

fatti da Dio al suo popolo e vengono espresse le diverse vicende del

processo educativo attraverso le quali Israele è passato (…).

Queste vicende non sono unicamente positive: sono anche vicende

negative. Accanto al bene della ubbidienza alla guida paterna, sta anche la

disubbidienza (“Non osservarono l‟alleanza di Dio, rifiutando di seguire la

sua legge” [v. 10]). Accanto alle indicazioni positive sta anche il castigo

(“All‟udirli il Signore fu adirato; un fuoco divampò contro Giacobbe” [v.

21]).

Tutto il cammino di Israele è ritmato da questa perenne conflittualità. Il

cammino educativo non ha mai uno svolgimento tranquillo: è segnato dalla

resistenza e dalla ribellione. Si leggano ancora i Salmi: 88 (89); 105 (106);

106 (107), ecc. (...) Appare chiaro che questa azione [di Dio] non si è svolta

in situazioni facili e con esiti sempre favorevoli, ma è stata coinvolta nella

giungla delle vicende storiche più avverse, ed è stata continuamente

insidiata e minacciata dalla fragilità umana.

L‟azione educatrice di Dio verso il suo popolo assume così un realismo

impressionante. La sentiamo vicina a tutti i nostri scacchi educativi, a tutte

le nostre lamentele di educatori. Il meditarla ci dà coraggio, in un tempo in

cui educare sembra diventato più difficile”31.

Il Salmo 105 (104), tra gli altri, tratteggia la meravigliosa storia d‟Israele da

Abramo fino a Mosè.

I Salmi sapienziali toccano in senso integrale tutti i temi sociali, etici, filosofici e

religiosi con i quali si confronta la vita dell‟uomo:

Cf. Salmo 1 1Beato l‟uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,

non resta nella via dei peccatori

del Signore. Nei sette giorni si mangeranno azzimi e non compaia presso di te niente di lievitato; non ci sia

presso di te lievito entro tutti i tuoi confini. In quel giorno tu spiegherai a tuo figlio: “È a causa di quanto ha fatto

il Signore per me, quando sono uscito dall‟Egitto” (Es 13,3.6-8).

31 C. M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, cit., n. 11.

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e non siede in compagnia degli arroganti, 2ma nella legge del Signore trova la sua gioia,

la sua legge medita giorno e notte. 3È come albero piantato lungo corsi d‟acqua,

che dà frutto a suo tempo:

le sue foglie non appassiscono

e tutto quello che fa, riesce bene. 4Non così, non così i malvagi,

ma come pula che il vento disperde; 5perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio

né i peccatori nell‟assemblea dei giusti, 6poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,

mentre la via dei malvagi va in rovina.

Salmo 119 (118) – Salmo alfabetico

Alef 1Beato chi è integro nella sua via

e cammina nella legge del Signore. 2 Beato chi custodisce i suoi insegnamenti

e lo cerca con tutto il cuore. 3Non commette certo ingiustizie

e cammina nelle sue vie.

Commenta il card. Martini:

“È libero e felice chi percorre i sentieri della legge di Dio (...) chi non è

dominato dall‟orgoglio, chi non è posseduto dalla ricchezza e

dall‟ossessione del consumo, chi non ha bisogno di sudditi per sentirsi

importante, chi non teme di assumersi le proprie responsabilità (...). Il

contrario è paura della libertà, rinuncia alla libertà: anzi fuga dalla libertà.

Dio educatore conduce alla libertà vera”32.

Salmo 127 (126)

1Canto delle salite. Di Salomone.

Se il Signore non costruisce la casa,

invano si affaticano i costruttori.

Se il Signore non vigila sulla città,

invano veglia la sentinella. 2Invano vi alzate di buon mattino

e tardi andate a riposare,

voi che mangiate un pane di fatica:

al suo prediletto egli lo darà nel sonno. “È dunque Dio l‟attore principale del

processo educativo. Ma ciò non esclude, anzi esige il lavoro dei costruttori e degli

agricoltori”33.

32 Ibid., n. 15.

33 Ibidem, n. 17. “Chi sono coloro che lavorano per costruire?”, si domanda sant‟Agostino nel suo commento al

Salmo 126. E risponde: “Tutti coloro che nella Chiesa predicano la parola di Dio, i ministri dei sacramenti di

Dio. Tutti corriamo, tutti ci affatichiamo, tutti ora costruiamo. E prima di noi altri hanno corso, faticato,

costruito. Ma „se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori‟”.

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1.4.7. I Salmi liturgici o liturgie

Come indica il termine, i Salmi cosiddetti “liturgici” sono legati al culto del tempio

e rispecchiano qualche momento rituale. Che siano molto pochi non ci deve affatto

meravigliare, sia perché frammenti di origine cultuale sono presenti in altri salmi, e sia

perché tutto il Salterio – come abbiamo già visto – è divenuto il fondamento della

liturgia ebraica, così come in seguito lo diventerà anche di quella cristiana.

Quello che appare con evidenza in questi salmi liturgici è l‟intimo rapporto esistente

tra culto e società, tra preghiera e vita. Non vi è scollamento tra le due realtà e il culto

non può, troppo comodamente o falsamente, sopperire alle mancanze di una vita

religiosa incoerente o addirittura malvagia. Esigenza, questa, particolarmente presente

nella letteratura profetica (cf., ad esempio, Am 5,21-22; Mi 6,8) e ovviamente nel

cristianesimo: “Se dunque tu presenti la tua offerta all‟altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha

qualche cosa contro di te, 24

lascia lì il tuo dono davanti all‟altare, va‟ prima a

riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24);

“Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani

e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo” (Gc

1,27);

“Infatti, non quelli che ascoltano la Legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli

che mettono in pratica la Legge saranno giustificati” (Rm 2,13).

Cf. Salmo 24 (23)

3Chi potrà salire il monte del Signore?

Chi potrà stare nel suo luogo santo? 4Chi ha mani innocenti e cuore puro,

chi non si rivolge agli idoli,

chi non giura con inganno. (…)

Salmo 95 (94) 1Venite, cantiamo al Signore,

acclamiamo la roccia della nostra salvezza. 2Accostiamoci a lui per rendergli grazie,

a lui acclamiamo con canti di gioia. (…) 6Entrate: prostrati, adoriamo,

in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. 7È lui il nostro Dio

e noi il popolo del suo pascolo,

il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce! 8«Non indurite il cuore come a Meriba,

come nel giorno di Massa nel deserto, 9dove mi tentarono i vostri padri:

Dio svolge la parte essenziale, quella che riguarda il divenire dell‟uomo in quanto tale, la sua crescita e la sua

maturazione nello spirito e nella libertà. In questa azione educativa egli si mostra anzitutto Padre. Padre nel dono

della vita, nella preveggenza educativa, nella pazienza, nella capacità di programmare e dosare gli interventi,

nella forza con cui corregge e guida” (Loc. cit.).

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mi misero alla prova

pur avendo visto le mie opere. 1Per quarant‟anni mi disgustò quella generazione

e dissi: “Sono un popolo dal cuore traviato,

non conoscono le mie vie”. 11

Perciò ho giurato nella mia ira:

“Non entreranno nel luogo del mio riposo”».

1.5. I SALMI CI EDUCANO ALLA BELLEZZA

Non bisogna dimenticare che i Salmi sono anzitutto delle “poesie” sotto forma di

preghiera, e – come abbiamo visto – sono ancorati

“non solo nel Sitz im Leben delle forme letterarie, ma anche nel Sitz im

Mensch, cioè nell stessa umanità, nelle sue strutture simboliche,

immaginifiche, poetiche. Le liriche dei salmi sano anche un canto radicale

dell‟uomo e dello spirito, col loro esuberante repertorio simbolico, vero e

proprio “giardino dell‟immaginazione” (Th. Eliot)”34.

L‟aspetto poetico-musicale che contraddistingue i Salmi ci aiuta, infatti, a

comprendere come la Parola di Dio non si indirizzi unicamente alla nostra

intelligenza35.

E se l‟intellectus fidei, ossia la ricerca razionale e cosciente atta a farci comprendere

il contenuto della fede, è un aspetto ineludibile della nostra vita cristiana, i Salmi – con

la loro immediatezza poetica – ci ricordano che la fede è soprattutto un‟adesione

incondizionata del cuore (cf. Rm 10,9.10). Se abbiamo bisogno dell‟aiuto e della luce

della ragione è per evitare che la fede scada in creduloneria, in un atto quasi magico,

ma diventi invece una scelta responsabile e vitale.

Attraverso i Salmi, dunque, la Parola di Dio ci raggiunge e ci coinvolge nella

totalità del nostro essere, e dunque anche in quelle parti di noi non facilmente

tematizzabili o inconscie.

Del resto, è proprio della poesia infondere alla parola una verità e una forza

evocatrice così intense che il linguaggio razionale – spesso così freddo anche se utile

alla necessaria chiarezza espositiva – non è in grado di trasmettere. La poesia,

“come l‟amore, restituisce alla parola tutte le sue armoniche. La parola

poetica investe colui che l‟ascolta a tutti i livelli del suo essere. Essa non è

più soltanto concetto, ma anche luce, calore, musica, colore, ebbrezza,

nostalgia, sentimento ineffabile dell‟umiltà delle cose, degli esseri e

dell‟infinito, che essi tentano di raggiungere. Ogni parola in essa è carica di

34 G. RAVASI, Il libro dei Salmi, cit., p. 30.

35 La Parola di Dio “non comunica soltanto una verità, ma ci mette di fronte alla Bellezza assoluta. Una parola

così vicina allo splendore di Dio, così grande di Spirito, non poteva che fare ricorso alla poesia. Come farà anche

la preghiera” (LOUF, La vita spirituale, cit., p. 75).

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una vita intensa, di una pienezza di senso e di sentimento”36.

Attraverso l‟uso di immagini, suoni e ritmi il salmista si rivela un vero “poeta”, nel

senso forte del termine: poietés, facitore/creatore. Come la Parola di Dio (=dabar)

creava e realizzava quello che diceva, così, allo luce dello Spirito Santo, il salmista

collabora con la parola fatta preghiera a rivelare il senso nascosto del mondo, l‟anima

delle cose, il cuore dell‟uomo che anela al senso profondo della vita che solo la

rivelazione di Dio ci offre.

“Siccome ogni parola d‟uomo ha qualcosa a che fare con la parola creatrice,

ogni poesia è vicina alla preghiera. Ogni parola è così chiamata a divenire

preghiera. (...) L‟ultimo frutto, il frutto più maturo di una parola, ben al di là di

ogni poesia, è una preghiera”37.

I Salmi sono dunque anche un invito a riscoprire, nel senso forte del termine,

l‟aspetto “poetico” della nostra vita cristiana, non solo nel senso di un‟educazione

dello spirito ad una sensibilità religiosa delicata e profonda, ma soprattutto come

spinta a ricercare i segni della bellezza divina dischiusa nelle pieghe del tempo e della

storia, nella nostra vita personale, ecclesiale e civile. E tutto questo alla luce della vera

Bellezza, quella che Dio ha fatto rifulgere in maniera sovraeminente nel Figlio suo,

Cristo Gesù, e che è tuttora offerta allo sguardo dei credenti.

Pregare i Salmi è avere un assaggio di quella bellezza che lo Spirito mostra, come

attraverso una fessura, a quanti la desiderano: la bellezza del Cristo. Così scriveva

sant‟Agostino, commentando il Salmo 44:

“È bello dunque in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle braccia dei

genitori: bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell'invitare alla vita, bello nel

non curarsi della morte, bello nell'abbandonare la vita e bello nel riprenderla;

bello nella croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo. Ascoltate il cantico con

intelligenza, e la debolezza della carne non distolga i vostri occhi dallo splendore

della sua bellezza. Suprema e vera bellezza è la giustizia; non lo vedrai bello, se lo

considererai ingiusto; se ovunque è giusto ovunque è bello. Venga a noi per farsi

contemplare dagli occhi dello spirito descritto da questo suo profeta che lo

loda”38.

Vi è, infine, una bellezza insita nel canto stesso e a sua volta dischiusa tramite

la melodia che sostiene il salmo. Il canto ha, infatti, il potere di consolare e

incoraggiare il cuore dell‟uomo e di sostenere il suo cammino, rendendolo

“bello” nella forza luminosa del Signore, anche quando si è appesantiti dalla

prove della vita. È ancora Agostino a venirci incontro:

“Alleluia significa „lodate il Signore‟. Lodiamo il Signore, fratelli, con la

36 Ibidem, p. 76.

37 ID., Lo Spirito prega in noi [Tit. originale: Signore, insegnaci a pregare], Magnano/VC 1995, p. 65.

38 SANT‟AGOSTINO, Esposizione sui salmi 44,2.

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vita e con le labbra, col cuore e la bocca, con la voce e la condotta. Dio

vuole che noi cantiamo l‟alleluia, senza che ci siano stonature in colui che

canta. Facciamo sì che la nostra vita e le nostre labbra, la nostra voce e la

nostra condotta siano all‟unisono. Lo ripeto: il nostro bel canto non

condanni la nostra cattiva condotta. Cantiamo l‟alleluia pur in mezzo alle

preoccupazioni, perché possiamo cantarlo un giorno nella pace totale.

Cantiamo l‟alleluia in mezzo ai pericoli e alle tentazioni, tutti insieme. Su

questa terra il cantore deve morire, in cielo vivrà per sempre. Quaggiù canta

la speranza, lassù il possesso. Quaggiù è l‟alleluia del cammino, lassù quello

della patria. Canta come fa il viandante, canta, ma cammina. Canta per

sostenere la fatica, non lasciarti prendere dall‟indolenza. Canta e cammina.

Che significa: cammina? Avanza, avanza nel bene. Avanza in rettitudine di

fede, in purezza di vita. Canta e cammina”39.

U.I.O.G.D.40

39 ID., Sermone 256.

40 “Ut In Omnibus Glorificetur Deus – Perché in tutto Dio sia glorificato” (1Pt 4,11).