I SAGGI DI LEXIA 14 · 1. Oltre il testualismo e la teoria del lettore modello L’obiettivo delle...

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I SAGGI DI LEXIA

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I SAGGI DI LEXIA

Direttori

Ugo VUniversità degli Studi di Torino

Guido FUniversità degli Studi di Torino

Massimo LUniversità degli Studi di Torino

I SAGGI DI LEXIA

Aprire una collana di libri specializzata in una disciplina che si vuolescientifica, soprattutto se essa appartiene a quella zona intermediadella nostra enciclopedia dei saperi — non radicata in teoremi o espe-rimenti, ma neppure costruita per opinioni soggettive — che sonole scienze umane, è un gesto ambizioso. Vi potrebbe corrispondereil debito di una definizione della disciplina, del suo oggetto, dei suoimetodi. Ciò in particolar modo per una disciplina come la nostra:essa infatti, fin dal suo nome (semiotica o semiologia) è stata intesa inmodi assai diversi se non contrapposti nel secolo della sua esistenzamoderna: più vicina alla linguistica o alla filosofia, alla critica culturaleo alle diverse scienze sociali (sociologia, antropologia, psicologia). C’èchi, come Greimas sulla traccia di Hjelmslev, ha preteso di definirnein maniera rigorosa e perfino assiomatica (interdefinita) principi econcetti, seguendo requisiti riservati normalmente solo alle disciplinelogico–matematiche; chi, come in fondo lo stesso Saussure, ne haintuito la vocazione alla ricerca empirica sulle leggi di funzionamentodei diversi fenomeni di comunicazione e significazione nella vita socia-le; chi, come l’ultimo Eco sulla traccia di Peirce, l’ha pensata piuttostocome una ricerca filosofica sul senso e le sue condizioni di possibilità;altri, da Barthes in poi, ne hanno valutato la possibilità di smaschera-mento dell’ideologia e delle strutture di potere. . . Noi rifiutiamo unpasso così ambizioso. Ci riferiremo piuttosto a un concetto espresso daUmberto Eco all’inizio del suo lavoro di ricerca: il “campo semiotico”,cioè quel vastissimo ambito culturale, insieme di testi e discorsi, diattività interpretative e di pratiche codificate, di linguaggi e di generi,di fenomeni comunicativi e di effetti di senso, di tecniche espressivee inventari di contenuti, di messaggi, riscritture e deformazioni cheinsieme costituiscono il mondo sensato (e dunque sempre socialeanche quando è naturale) in cui viviamo, o per dirla nei termini diLotman, la nostra semiosfera. La semiotica costituisce il tentativo pa-radossale (perché autoriferito) e sempre parziale, di ritrovare l’ordine(o gli ordini) che rendono leggibile, sensato, facile, quasi “naturale”per chi ci vive dentro, questo coacervo di azioni e oggetti. Di fatto,quando conversiamo, leggiamo un libro, agiamo politicamente, ci

divertiamo a uno spettacolo, noi siamo perfettamente in grado nonsolo di decodificare quel che accade, ma anche di connetterlo a valori,significati, gusti, altre forme espressive. Insomma siamo competenti esiamo anche capaci di confrontare la nostra competenza con quella al-trui, interagendo in modo opportuno. È questa competenza condivisao confrontabile l’oggetto della semiotica.

I suoi metodi sono di fatto diversi, certamente non riducibili oggi auna sterile assiomatica, ma in parte anche sviluppati grazie ai tentatividi formalizzazione dell’École de Paris. Essi funzionano un po’ secondola metafora wittgensteiniana della cassetta degli attrezzi: è bene che cisiano cacciavite, martello, forbici ecc.: sta alla competenza pragmaticadel ricercatore selezionare caso per caso lo strumento opportuno perl’operazione da compiere.

Questa collana presenterà soprattutto ricerche empiriche, analisidi casi, lascerà volentieri spazio al nuovo, sia nelle persone degli au-tori che degli argomenti di studio. Questo è sempre una condizionedello sviluppo scientifico, che ha come prerequisito il cambiamentoe il rinnovamento. Lo è a maggior ragione per una collana legata almondo universitario, irrigidito da troppo tempo nel nostro Paese daun blocco sostanziale che non dà luogo ai giovani di emergere e diprendere il posto che meritano.

Ugo Volli

Antonio Santangelo

Sociosemiotica dell’audiovisivo

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I edizione: ottobre

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Indice

9 Introduzione. Dalla Semiotica alla Sociosemiotica del testo

audiovisivo 27 I principi fondamentali della Sociosemiotica del testo 53 Titaniche rivoluzioni e amori quotidiani. Il significato di “Re-

volutionary Road” 109 Il valore del consumo postmoderno. Il paradigma sociosemio-

tico e il pensiero di Giampaolo Fabris 135 La rappresentazione della scienza in televisione. Considera-

zioni sull’offerta di Discovery Science 169 Il problema del linguaggio della videoarte 197 Bibliografia

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Introduzione

Dalla Semiotica alla Sociosemiotica del testo audiovisivo

1. Oltre il testualismo e la teoria del lettore modello

L’obiettivo delle riflessioni e degli studi semiotici è sempre stato quello di descrivere come diamo senso a tutto ciò di cui facciamo e-sperienza: gli oggetti, i luoghi, le persone, ma anche le azioni, i pen-sieri, le parole. Se qualcosa ha un significato, è perché attiva nella no-stra mente un processo di semiosi, in qualche modo ricostruibile, nei suoi passaggi fondamentali, attraverso metodi e modelli di indagine precisi. A questo proposito, nelle prossime pagine ci si concentrerà sui meccanismi di significazione legati ai testi audiovisivi. In quest’ottica, si tenterà di dimostrare l’interesse di un cambiamento di paradigma, epistemologico e metodologico, che conduca la cosiddetta Semiotica del testo — sia quella immanentista e strutturalista, che fa capo alla scuola di Algirdas J. Greimas, sia quella interpretativa, legata agli in-segnamenti di Umberto Eco — verso gli orientamenti, teorici e opera-tivi, di quella che potremmo definire come una Sociosemiotica del te-sto. In un secondo momento, si cercherà di ragionare sulle particolari caratteristiche che quest’ultima disciplina deve acquisire, per potersi occupare, nello specifico, del tema dell’audiovisivo.

Quanto alla prima delle due operazioni, essa non è semplice. Infat-ti, mentre i lavori di Eco e Greimas sono un corpus abbastanza coeren-te, che ha prodotto delle pratiche di analisi ormai codificate e ben ri-conoscibili, la Sociosemiotica è ancora un cantiere aperto, che solo adesso comincia ad annoverare qualche tentativo di sistematizzazio-

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ne1. Chi se n’è occupato, ha cercato di fornire delle risposte ad alcuni importanti quesiti che, in passato, erano stati trascurati dalla comunità scientifica2. I termini generali del problema si manifestano già di fron-te agli studenti, nei corsi di Semiotica di base, dove ci si sente spesso porre una domanda: se, come sostiene Greimas, il significato di un te-sto si trova tutto nel modo in cui quest’ultimo articola una serie di op-posizioni di valori, ruoli attanziali, schemi narrativo patemici, temi e figure interni ad esso, facilmente rinvenibili tra gli elementi che lo compongono, come mai si ha l’impressione che le analisi di questi meccanismi semantici lascino sempre da parte alcune interpretazioni che chiunque sarebbe portato a concepire? Per esempio, quelle legate al rapporto del testo con le opere del suo tempo che esso non cita di-rettamente, o con i lavori pregressi del suo autore. Oppure, ancora, quelle che paragonano i contenuti del testo stesso con una serie di di-scorsi che, nella società, circolano o hanno circolato, a proposito dei temi che esso tratta.

La perplessità di chi si accosta al pensiero di Greimas — che ha in-fluenzato in maniera determinante gli studi semiotici degli ultimi qua-rant’anni — consiste nella difficoltà di accettare la celebre massima dello studioso lituano, riportata da uno dei suoi allievi più prestigiosi (J. M. Floch 1990, tr. it. 1997, p. 43), e cioè che «fuori dal testo non c’è salvezza». Questa convinzione, infatti, è anche una rigorosa indi-cazione di metodo, un invito a ricercare il senso esclusivamente all’interno dell'opera che si analizza, perché quest’ultima contiene in sé tutti gli elementi che contribuiscono a determinare il suo significa-to. Un’idea del genere, se da una parte consente di mettere a fuoco la struttura di un testo, trattando quest'ultimo come se fosse una specie di macchina, tra i cui ingranaggi è possibile individuare dei veri e propri percorsi di generazione del senso, dall’altra trascura alcuni procedi-menti semiotici di cui è facile sperimentare l’importanza: per esempio il confronto, a cui abbiamo fatto riferimento, dei contenuti del testo stesso con un contesto più ampio — culturale, storico, mediatico, di genere o di qualunque altra matrice — e, soprattutto, il lavoro dell’interprete nello stabilire cosa sia davvero significativo di ciò che egli si trova davanti. Se, infatti, tutti gli elementi per determinare il senso di film, programmi televisivi o romanzi fossero all’interno di

1 Cfr. G. Ferraro 2012. 2 Cfr. E. Landowski 1989, G. Marrone 2001, F. Marsciani 2007, A. Semprini 1989.

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questi ultimi, visibili da chiunque, non si capirebbe come mai persone diverse possano assegnare loro significati differenti. Le uniche spiega-zioni sarebbero la disattenzione, l’incapacità di cogliere riferimenti importanti, la malafede, oppure il rifiuto di portare avanti le corrette attività interpretative richieste dagli autori per essere compresi.

La consapevolezza della centralità del ruolo dell'interprete nei pro-cessi di significazione è alla base del modello di Semiotica del testo proposto da Umberto Eco (1979). Dalla metafora immanentista dei te-sti come oggetti che contengono il loro significato, Eco sposta l’attenzione sui soggetti e sulle loro dinamiche di attribuzione di sen-so. Secondo questa impostazione teorica, quando un individuo si con-fronta con un’opera a cui deve attribuire un significato, egli mette in gioco sempre due tipi differenti di attività mentali, che sembrano fun-zionare in parallelo. La prima, che Eco definisce intensiva (ivi, p. 72) — perché somiglia a un ragionamento per sottrazione — consiste nell’individuare tutti gli elementi più significativi, gli stessi che Grei-mas ritiene pertinenti per ricostruire la struttura del testo stesso. La se-conda, invece, è un’operazione estensiva, che funziona per addizione e consiste nel richiamare una serie di informazioni che non sono conte-nute nell’opera, ma che si rendono necessarie per assegnarle un senso compiuto. In questo caso, Eco fa riferimento a concetti come quelli di enciclopedia e sceneggiatura, conoscenze pregresse di matrice cultu-rale, di cui ci serviamo per svariate ragioni. Esse ci permettono di con-testualizzare ciò che abbiamo davanti, inserendolo, per esempio, all’interno di un genere narrativo e attivando così un gioco di aspetta-tive che può essere funzionale sia alla nostra comprensione del testo, sia al godimento che traiamo dalla capacità di quest’ultimo di sor-prenderci. D’altra parte, nessuno di noi arriva completamente vergine all’incontro con un oggetto da interpretare e questi meccanismi semio-tici rendono conto proprio dell’importanza di tutto ciò che, dall’esterno, influisce sul significato che assegniamo a determinati contenuti.

Eco sembra dunque ammettere, al contrario di Greimas, che la “salvezza”, per la Semiotica del testo, possa essere cercata anche al di fuori di quest’ultimo: tutto dipenderebbe dalla scelta del bagaglio di conoscenze di cui l'interprete ritiene opportuno servirsi per assegnare un significato a ciò che si trova di fronte. Nonostante questo tipo di apertura, però, lo stesso Eco introduce nel suo sistema il concetto di lettore modello, un insieme di istruzioni lasciate tra le righe

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dall’autore, per essere certo di venire compreso. In questo modo, egli si ancora, a sua volta, a ciò che si trova dentro al testo, sostenendo che certi contenuti legittimano solo alcune interpretazioni, mentre ne ta-gliano fuori altre, che devono essere definite aberranti, oppure usi i-diosincratici del testo stesso. Le opere letterarie, televisive o cinema-tografiche, quindi, sarebbero costruite apposta per permettere ai loro destinatari di realizzare la cosiddetta felicità di un atto di comunica-zione, cioè la corrispondenza tra il senso attribuito loro da chi le ha create e da chi, in pratica, le deve comprendere.

Sebbene queste posizioni teoriche mettano in luce alcuni fonda-mentali processi di significazione attivati dai testi, accade spesso che esse sollevino qualche perplessità. Ancora una volta, i corsi di Semio-tica di base offrono degli spunti interessanti. Non è raro, infatti, che alcuni studenti non accettino di veder etichettare la propria interpreta-zione come aberrante. Essi sostengono, al contrario, che la loro posi-zione, condivisa il più delle volte da altri colleghi, è almeno altrettanto solida e interessante quanto la lettura che l’autore stesso fa del proprio lavoro, oppure di quella portata avanti dal docente. Di fronte a questo genere di obiezioni, il filologo greimasiano e il seguace ortodosso di Eco, pur partendo da punti di vista piuttosto distanti, sembrano giun-gere alle medesime conclusioni: se la generazione del senso funziona secondo le modalità descritte dai loro modi di concepire la Semiotica, allora il significato di un'opera non può che essere quello individuato con la corretta applicazione dei loro strumenti d'analisi, capaci di met-tere in luce gli elementi della stessa opera che risultano, per l’appunto, significativi.

Il problema, dunque, si configura come un confronto tra diverse in-terpretazioni, ognuna sostanziata da prove concrete e rimandi puntuali ai testi. La posta in gioco, naturalmente, è molto alta. Si tratta infatti di stabilire se un certo modello teorico sia in grado di raggiungere o me-no il suo scopo. Il fatto che le interpretazioni di un docente di Semio-tica e di uno studente possano differire è un campanello d’allarme che può essere sottovalutato, giustificandolo con la diversa preparazione dei due soggetti, che condurrebbe il primo a decodificare correttamen-te il suo oggetto d’analisi e il secondo a sbagliare. Ma quando ci si rende conto che anche certe posizioni alternative, meno condizionate da una precisa impostazione teorica, possono essere fondate, allora non si può che ragionare sul fatto che una buona teoria della significa-zione dovrebbe includere, e non escludere, queste interpretazioni, per

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arrivare a un modello della Semiotica del testo ancora più completo ed esaustivo.

Come anticipato, questo modello può essere individuato in quello della Sociosemiotica, una disciplina che, d'altra parte, si pone proprio l'obiettivo di comprendere il significato socialmente condiviso dei propri oggetti d’indagine. In questa prospettiva, le molteplici interpre-tazioni che, giocoforza, cominciano a circolare in un contesto sociale, una volta che i testi incontrano i propri fruitori, non possono che esse-re riconosciute come il frutto dei meccanismi di significazione legit-timamente attivati dai contenuti di questi ultimi. È difficile, altrimenti, che qualcuno possa sostenere una posizione comune a molti altri, a proposito di ciò che un testo “dice”. Se questa polisemia deriva dal collegamento tra i testi stessi e altri testi, oppure tra i testi e una serie di discorsi sociali particolarmente significativi, tutto questo deve esse-re studiato e non tralasciato dai ricercatori.

Questo, naturalmente, non significa che ci si debba disfare del tutto degli strumenti più tradizionali della Semiotica del testo. Autori come Eco e Greimas, d’altra parte, si sono a lungo interrogati sulla natura di scienza sociale della disciplina che, con le loro teorie, andavano co-struendo3 e nessuna analisi sociosemiotica può prescindere dai loro modelli. È vero, infatti, che un insieme di persone, accomunate dai medesimi modelli interpretativi, possono riconoscere in un’opera la stessa struttura che può essere descritta, a grandi linee, con il metodo greimasiano. Ed è altrettanto vero che chiunque, come suggerisce Eco, opera interpretazioni estensive e intensive, quando incontra un testo, basandosi su competenze e logiche di lettura condivise. Vedremo dunque, nelle pagine che seguono, i collegamenti e le integrazioni tra la tradizione degli studi semiotici degli anni settanta e ottanta, e gli o-rientamenti teorici e metodologici che utilizzeremo per condurre le nostre ricerche. Al momento, però, può essere utile anticipare alcuni dei concetti fondamentali del paradigma sociosemiotico a cui qui si fa-rà riferimento, per consentire al lettore di comprendere fin da subito che tipo di risposte si tenterà di fornire alle domande degli studenti “e-retici” dei corsi di Semiotica:

- il significato dei testi non è da ricercare solo nei testi, ma nell’interazione tra la struttura dei testi stessi e lo sguardo di chi li interpreta, rendendoli, per l’appunto, significativi;

3 Cfr. A.J. Greimas 1976 e U. Eco 1968 e 1975.