I ru viddrani

25
I ru viddrani di Francesco Toscano

description

Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

Transcript of I ru viddrani

  • I ru viddrani di Francesco Toscano

  • Prima Edizione Revisione del 27 giugno 2015

  • Questo libro unopera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dellimmaginazione dellautore o sono usati in maniera fittizia. Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone reali, viventi o defunte, sono del tutto casuali.

  • Diritti esclusivi di sfruttamento economico nel diritto dautore e diritti connessi. Tutti i diritti letterari della presente opera sono di esclusiva propriet dellautore, Francesco Toscano,

    cos come previsto dalla legge 22 maggio 2004, n. 128 sulla diffusione telematica abusiva delle opere dell'ingegno, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43 contenente disposizioni per l'universit e la ricerca, dal DLGV 13 febbraio 2006, n. 118, dal DLGV 16 marzo 2006, n. 140 e dal DDL S861 approvato dal Parlamento il 21 dicembre 2007 che consente la libera pubblicazione attraverso la rete dimmagini o musiche a bassa risoluzione o degradate. Il diritto di pubblicazione (Art. 12) il primo tra tutti i diritti esclusivi di sfruttamento economico e spetta allautore o agli autori. E anche un diritto morale. L'autore

    ha il diritto esclusivo di pubblicare l'opera. E' considerata come prima pubblicazione la prima forma di esercizio del diritto di utilizzazione. Lautore ha altres il diritto esclusivo di utilizzare economicamente

    l'opera in ogni forma e modo, originale o derivato, nei limiti fissati dalla legge, e in particolare con l'esercizio dei diritti esclusivi indicati in seguito. L'autore ha altres il diritto esclusivo di pubblicare le sue opere in raccolta (Art. 18). Lautore lunico che ha il diritto esclusivo di introdurre nell'opera qualsiasi modificazione (Art. 18). Per diritti di sfruttamento economico (Artt.12 e 19) sintendono una serie di diritti di seguito elencati. Tutti questi diritti esclusivi previsti dalla legge (Art. 19) sono fra loro indipendenti. L'esercizio di uno di essi non esclude l'esercizio esclusivo di ciascuno degli altri diritti. Essi hanno per oggetto l'opera nel suo insieme e in ciascuno delle sue parti. I diritti di utilizzazione economica dell'opera durano tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte (Art. 25). Nel caso di morte spettano agli eredi. Il trasferimento o la cessione di tali diritti, si attua attraverso un contratto di cessione e ha una durata limitata nel tempo (il massimo previsto per legge comunque fissato in venti anni, vedi precedente Art. 122 contratto di edizione). Diritti concernenti edizioni critiche e scientifiche di opere di pubblico dominio (Art. 85-quater). Senza pregiudizio dei diritti morali dell'autore, a colui il quale pubblica, in qualunque modo o con qualsiasi mezzo, edizioni critiche e scientifiche di opere di pubblico dominio spettano i diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera, qual dall'attivit di controllo critica e scientifica (comma 1). Fermi restando i rapporti contrattuali con il titolare dei diritti di utilizzazione economica di cui al comma 1, spetta al curatore delledizione critica e scientifica il diritto allindicazione del nome (comma 2). La durata dei diritti esclusivi di cui al comma 1 di venti anni a partire dalla prima lecita pubblicazione, in qualunque modo o con qualsiasi mezzo effettuato (comma 3). Il diritto esclusivo di trascrivere (Art. 14) ha per oggetto l'uso dei mezzi atti a trasformare l'opera orale in opera scritta o riprodotta con uno dei mezzi indicati nell'articolo precedente. Il diritto esclusivo di riprodurre (Art. 13) ha per oggetto la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l'incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia e ogni altro procedimento di riproduzione. Il diritto esclusivo di eseguire, rappresentare o recitare in pubblico (Art. 15) ha per oggetto, lesecuzione, la rappresentazione o la recitazione, comunque eseguite, sia gratuitamente sia a

    pagamento, dell'opera musicale, dell'opera drammatica, dell'opera cinematografica, di qualsiasi altra opera di pubblico spettacolo e dell'opera orale. Il diritto esclusivo di distribuzione (Art. 17) ha per oggetto la messa in commercio o in circolazione, o comunque a disposizione, del pubblico, con qualsiasi mezzo e a qualsiasi titolo, dell'originale dell'opera o dei suoi esemplari e comprende, altres, il diritto esclusivo di introdurre nel territorio degli Stati della Comunit Europea, a fini di distribuzione, le riproduzioni fatte negli Stati extracomunitari. Il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico su filo o senza filo dell'opera (Art. 16) ha per oggetto l'impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione e altri mezzi analoghi, e comprende la comunicazione al pubblico via satellite e la ritrasmissione via cavo, e quella codificata con condizioni di accesso particolari; comprende altres la messa disposizione del pubblico dell'opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Il diritto esclusivo di tradurre (Art. 18) ha per oggetto la traduzione dell'opera in altra lingua o dialetto. Il diritto esclusivo di elaborare (Art. 18) comprende tutte le forme di modificazione, di elaborazione e di trasformazione dell'opera previste nell'art. 4. Il diritto esclusivo di noleggiare (Art. 18-bis, comma 1) ha per oggetto la cessione in uso degli originali, di copie o di supporti di opere, tutelate dal diritto d'autore, fatta per un

  • periodo limitato di tempo e ai fini del conseguimento di un beneficio economico o commerciale diretto o indiretto. L'autore ha il potere esclusivo di autorizzare il noleggio da parte di terzi. Il diritto esclusivo di dare in prestito (Art. 18-bis, comma 2) ha per oggetto la cessione in uso degli originali, di copie o di supporti di opere, tutelate dal diritto d'autore, fatta da istituzioni aperte al pubblico, per un periodo limitato, a fini diversi dal noleggio. Lautore ha il potere esclusivo di autorizzare il prestito da parte di terzi. Alla Legge 633/1941 si affianca anche il Codice Civile, libro V titolo nono, capo I, articoli da 2575 a 2583.

  • 2014, Francesco TOSCANO. Sito web e blog dell'autore: http://www.siciliaterradelsole.com/ http://www.anticoastronauta.blogspot.it/ Pagina Facebook dell'autore: https://www.facebook.com/francescotoscano1969 Twitter dell'autore: http://twitter.com/ftoscano1969 E-mail dell'autore: [email protected]

  • Uno.

    Il sole a quellora del giorno si stagliava alto nel cielo terso del paese natio della zia Pina Modica e dello zio Peppino Fiorenza, oramai avanti negli anni, splendendo fulgidamente come non mai. La nostra stella era giunta, avevano notato i due anziani consorti mentre erano seduti davanti alluscio della porta della loro modesta abitazione, intenti a contare quanti cristiani passassero di l, quasi allo Zenit. Si faceva fatica a camminare per le vie del centro abitato, tanto che era necessario proteggersi gli occhi; gli abitanti del posto erano avvezzi a proteggersi gli occhi, accecati dai raggi del sole di mezzogiorno, con il dorso della mano, possibilmente la mancina, in modo tale da avere sempre la mano destra libera per prendere qualcosa o per afferrare qualcuno. Questa era la loro filosofia di vita: stai sempre in guardia se non vuoi soccombere. Nessun viddrano, cos comerano soliti chiamare i loro mesti compaesani Pina e Peppino, si aggirava in quel momento per le vie del piccolo centro agricolo dellagrigentino, un pugno di case in un territorio brullo, forse per paura di procurarsi delle ustioni, preferendo oziare allombra di qualche olmo ombroso o di qualche pensilina che sporgeva dai muri poco intonacati delle case che davano su Corso Italia o su altre vie. Laria era afosa, come spesso accade in Sicilia nei mesi estivi, e si faceva fatica ad alzare le gambe da terra: si boccheggiava. Una vita di stenti quella vissuta dai Fiorenza; entrambi agricoltori, da qualche anno pensionati, non avevano avuto figli, bench, se fosse stato per loro, avrebbero voluto adottare tutti gli addrevi ru paisi.. Il buon Dio, sostenevano i due anziani coniugi, aveva deciso di non dover dare a lei la gioia della maternit e a lui lonore e lonere di crescere un figlio cui, un giorno, avrebbe lasciato quanto nel corso dei suoi settantacinque anni era riuscito a racimolare. Per Peppino era tanta roba: una casa; tre appezzamenti di terreno, uno dei quali dato in gabella, e da cui ricavava la met del raccolto durante lanno solare; una somma di denaro superiore ai trentamila euro, depositata in un conto corrente bancario, acceso pochi anni prima. I due coniugi non erano avvezzi a sperperare i loro averi, preferendo spendere il necessario per la loro sopravvivenza. Mai un acquisto fuori luogo o avventato, mai una cena con amici, mai niente che potesse essere ritenuto superfluo. I due vecchi compravano solo quello che fosse veramente necessario per il loro fabbisogno giornaliero. Parlavano poco fra loro Pina e Peppino, prediligendo assaporare le parole prima che fossero proferite dalla loro bocca, ponderando, di volta in volta, le frasi che il loro cervello ideava, componeva, e infine consegnava alla lingua e alle corde vocali per essere vocalizzate. I ru viddrani si conoscevano cos bene che ogni parola era superflua. La loro vita quotidiana si svolgeva con tempi cadenzati, quasi le ore fossero regolate da un orologio svizzero di ottima manifattura, che un buontempone di orologiaio sera impegnato a realizzare per loro. Ogni ingranaggio di quel meccanismo multiforme, che

  • regolava il loro tempo biologico, scorreva sereno e senza alcun intoppo. Oramai gli anni bui, quelli fatti di stenti e di sofferenze, erano passati e i due anziani si auspicavano che non ne dovessero vivere pi. Lo avevano avuto un figlio da crescere i due consorti, pur tuttavia, ma non era stato il loro bambino, solo il figlio della sorella di lui: il pi grande dei suoi tre nipoti. Questo fanciullo, oggi cinquantenne, cui suo padre aveva imposto il nome di battesimo Carmelo, i due anziani coniugi lo avevano cresciuto e gli avevano voluto bene davvero tanto, cos dedicandogli gran parte dei loro primi anni di matrimonio e dei loro averi. Lo avevano allevato come e meglio di un figlio, facendolo studiare e viziandolo senza alcun riserbo. Carmelo, per tutta risposta, dopo la laurea, si era dimenticato dei suoi due benefattori, prediligendo vantarsi con gli amici e con i colleghi di lavoro che erano stati i suoi genitori, e non gli zii, a dargli gli strumenti necessari per imporsi nella societ del suo tempo, divenendo, a soli trentadue anni, un affermato avvocato, e riuscendo, con i soldi che gli zii ru paisi ru suligli facevano recapitare con vaglia mensile, ad avviare uno studio legale in un piccolo centro limitrofo a quello in cui la zia Pina e lo zio Peppino vivevano. Tal a mugghieri, pigghiami a sarsa ca c dd! Supra u stipettu.. disse lo zio Peppino alla sua amata consorte, di lui pi giovane di due anni. Ma c a fari? disse la zia Pina, sorpresa per quella domanda formulatale da suo marito. Vogghi nca sta jurnata mha cuociri a pasta cui maccheroni, salsa fresca e basilic. Comu scassi i cabbasisi tu, nuddu o munnu! concluse Pina. La salsa era davvero fresca. Lavevano fatta loro due, con le loro mani, cos comerano soliti fare in paese nei mesi estivi tutti i loro compaesani, allorquando in pentoloni dacqua calda si lasciano bollire chili di pomodori rossi, da poco raccolti, maturi e profumati, i quali poi saranno passati, versati in bottiglie lavate con cura che saranno a suo tempo tappate, e infine messe in una bacinella di plastica, a testa in gi, su cui una mano sicura far calare un canovaccio. Il calore prodotto dal canovaccio poggiato sulla bacinella di plastica, nonch il tempo di posa delle bottiglie in vetro al suo interno, avrebbe consentito alla salsa liquida contenuta allinterno delle bottiglie di pastorizzarsi, divenendo dopo qualche mese di conservazione, allombra della dispensa ricavata ad hoc per loccasione, un prodotto gastronomico per palati sopraffini. Lorologio a pendolo affisso alla parete laterale destra della cucina suon mezzogiorno. Svegli dalle cinque del mattino, come ogni giorno daltronde, i due anziani si erano lasciati cullare dalla brezza mattutina, che entrava dallanta di destra della finestra della stanza da letto sovente semichiusa, sino alle ore sei. Ammuttami tu nca tammuttu iu.. alla fine si erano alzati, pronti ad affrontare le insidie del nuovo giorno. Lui si era lavato, rasato e profumato; era poi uscito dalla sua abitazione; aveva raggiunto gli amici alla casa del lavoratore, restando a scambiare due chiacchiere con alcuni di loro, che come lui avevano superato la settantina danni, sino alle dieci e mezzo. Peppino, poi, prima di rientrare a casa, aveva comprato il pane dal fornaio di fiducia, tale Don Giovanni u luongo, il cui panificio si trovava allangolo fra il Corso Italia e la via Manzoni, e due fettine di carne dallunico macellaio di cui si fidava, tale Don Gino u curtu, che aveva bottega da circa venti anni in Corso Italia. Peppino aveva pensato di cucinare la carne, che aveva da poco acquistato, in padella, cos comera solito fare, ma

  • solo dopo averla impanata e bagnata nellalbume e nel tuorlo di un uovo fresco che una delle due galline ovaiole che possedeva, che erano rinchiuse allinterno di un nido collettivo posto sul retro di casa sua, aveva fatto nelle prime ore del giorno. Pina, quel giorno, dopo la pulizia personale mattutina, si era dedicata ad annaffiare le piante, arse dallaria resa infuocata dal sole rovente, ed era rimasta in casa a sbrigare le faccende domestiche in attesa che rientrasse il suo amato Peppino. Peppino era da poco rientrato a casa, quando qualcuno buss alla porta dingresso della loro umile dimora. P! P! Va rapi a puorta e viri cu ! disse Peppino alla moglie. Ma che stamatina? Pepp cu pu essiri? Viri nca u postino. Sicuramenti nn puirt o a bulletta ra luci o chidda ri lacqua. Peppino, da galantuomo qual era, si decise ad andare ad aprire lui la porta, lasciando che sua moglie continuasse a disbrigare le faccende domestiche; apr lanta di destra della porta dingresso e, sulluscio della porta di casa, scorse nella penombra la sagoma di cumpari Mim, suo coetaneo. Ma quali postino e postino, Mim! Trasiti, trasiti Don Mim chi ci faciti ca? Pozzu trasiri? Non nca risturbu? Stati manciannu? Disse Don Mim mparpagliatu, e quasi spaventato di quello che gli potesse succedere, giacch consapevole che la sua presenza l, e soprattutto quello che avrebbe detto loro da l a pochi minuti, erano forieri di sventura che si stava per abbattere come una palla di cannone su quellumile casa.

  • Due.

    Che Domenico Sinatra, per gli amici Mim, fosse uno da tenere alla larga, Peppino e Pina lo sapevano fin troppo bene. Non fossaltro che lo sciagurato, da quasi ventanni, e dopo la morte della moglie dinfarto, era additato dagli altri viddrani, come un ambasciatore di sventura. Era stato un belluomo, Mim, e le donne avevano fatto a botte fra loro per maritarselo. Tanta grazia, SantAntonio, gli aveva ben presto fulminato le ultime sinapsi rimastegli nel cervello; la morte della moglie, poi, era stata per lui un colpo di grazia. Da allora a oggi il mondo per lui era solo un simposio di disgrazie, cui bisognava calare la testa cos come il bove fa sotto il suo giogo. Gli occhi azzurro cielo, le ottime proporzioni facciali fra il naso, la bocca, gli zigomi, gli occhi, e laltezza corporea superiore alla media, gli avevano permesso di vincere, nei primi anni Cinquanta del Novecento, un concorso di bellezza che, ricordava Mim, si era svolto mPaliermu, la citt in cui conobbe la sua defunta moglie. Quando Peppino apr la porta a Mim per consentirgli di entrare in casa, dicendogli di accomodarsi, facendogli segno con ampi gesti, cos lasciandogli malauguratamente varcare luscio della porta dingresso della sua abitazione, anzich inventarsi una scusa e cacciarlo via al pi presto da quel focolare domestico, comerano soliti fare gli altri suoi compaesani, gli si erano aggruvigghiati i vuredda nt stuomaco. Chi mali ficimu io e me mugghieri? Pens il povero Peppino, incredulo che tanta sventura potesse succedere proprio a loro due, umili servi di Dio, che non si curavano di nessuno, non spettegolavano nessuno, non sinvischiavano in fatti che non li riguardassero. Facendo questa considerazione, Peppino volt lo sguardo verso sua moglie; colse allora nello sguardo di lei un sentimento di sgomento, terrore, panico. Le loro menti, in uninspiegabile sintonia telepatica, avevano pensato: E siddu fussi vieru chiddu ca rici a genti? Si stu Mim ca sapprisint ravanzi a nuostra faccia fussi viramenti ngradu rattirarisi tutti i negativit ru munnu ca u circunna? Loro due erano superiori a queste superstizioni. Lasciarono, pertanto, che Mim proferisse parola e raccontasse loro quello che era accaduto e che ciascun atomo del suo corpo lasciava trapelare a miglia di distanza. Tanto, a quel punto, pensarono Pina e Peppino, il dado era tratto. Nessuno poteva allontanare dalla loro umile dimora il male che si era impossessato di Mim. Parrati Mim, ch succiessi? Disse Peppino. Qualche secondo di silenzio rese laria nella stanza quasi irrespirabile. A un tratto, quasi inaspettatamente, un velo era caduto sugli occhi di Peppino e di Pina. Che cosa, di cos grave, era successo in paese che Mim non riusciva a parlare, a raccontare loro? Chi fu Mim? Parrati! Disse Pina. Mim esord dicendo: Bah..bah..un vulissima Ma chi cosa? Chi c, pi larmuzza ri tutti i santi ru paradisu? Parrati! Disse Pina. Mim raccont loro che la sua badante, Ingrid, di nazionalit rumena, arrivata in Italia cinque anni addietro, e che da due si prendeva cura di lui e della sua casa, se ne era andata, lasciandolo come un trunzu ri vruocculu.., fuggendo con un suo connazionale e

  • portandosi al seguito tutto loro e largento che Mim era riuscito a stipare dentro il mobilio di casa sua. Per Mim era impossibile denunciarla, atteso che in questo caso si sarebbe buscato una bella denuncia da parte dei Carabinieri del luogo per favoreggiamento dellimmigrazione clandestina, essendo che la Romania non era ancora uno stato membro dellUnione Europea. Peppino e Pina, educatamente, solo dopo aver tirato un sospiro di sollievo, e ringraziato tutti i Santi del Paradiso per la grazia ricevuta che la sventura non si fosse abbattuta sulla loro casa, ma sulla casa di altri, in questo caso del malcapitato Mim, dopo aver rincuorato il Sinatra di non preoccuparsi e che tutto si sarebbe risolto per il verso giusto, lo salutarono dicendogli: Nun vi scantati Mim! Namicu, nu mienzu parienti, bravu assai, arriniscir a farivi riaviri narrieri tuttu luoru e largentu. Rurmiti tranquillu, Mim, ca rumani matina i cosi saggiustanu! La soluzione al problema, proposta da Pina e Peppino a Don Mim, aveva lasciato questultimo quasi basito. Egli, infatti, a loro dire, si sarebbe potuto rivolgere ad un esponente di spicco della mafia locale; in particolare, avrebbe potuto chiedere udienza a Don Ciccio pastranu, capo famiglia della locale consorteria mafiosa, che avrebbe, sempre a loro dire, preso a cuore la sua vicenda facendogli riavere il maltolto.

  • Tre.

    Francesco Vassallo, di anni sessantacinque, corporatura robusta, poco pi alto del muro di cinta che delimitava il suo feudo in localit Punta Aguglia, che era solo un metro e sessanta, era divenuto capo famiglia a soli quarantanni e solo dopo aver collezionato una sfilza di precedenti penali per delitti contro il patrimonio e la persona che avevano tanto fatto preoccupare il maresciallo Comandante della Stazione Carabinieri del luogo. Il maresciallo, pertanto, fra la fine degli anni Ottanta e linizio degli anni Novanta del Novecento, come estrema ratio, al solo fine di frenare la capacit delinquenziale del Vassallo, era stato costretto a segnalarlo alla Questura di Agrigento affinch adottasse tutte quelle misure di competenza che potessero sortire leffetto sperato e in specie limitarne la libert dazione. Nel 1993, Francesco Vassallo, dopo che qualche anno prima era stato avvisato oralmente dal Questore della Provincia di Agrigento a non commettere pi delitti, venne sottoposto alla Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza di anni tre, con obbligo di dimora nel comune di residenza. Il Vassallo era anche conosciuto nellambiente criminale come pastranu in quanto avvezzo ad indossare nu cappuottu luongu ca' arriva 'nde pieri come chiddu ca usavunu l'antichi quannu si truavunu supra u scieccu o sopra lu mulu. Don Ciccio, pertanto, sulla scorta della misura di prevenzione erogata a suo carico, se ne stava rintanato tutto il giorno, anche al fine di poter agire liberamente e continuare a dettare legge, lontano da occhi ed orecchie indiscrete, allinterno del suo feudo, uno sterminato appezzamento di terreno, di quasi trenta tummini, ossia duecentoquindici tumuli circa, che per intenderci sono circa duecentotrentaquattromila e settecento metri quadrati, allinterno del quale, alla fine dellOttocento, il suo bisnonno aveva fatto edificare una villa sfarzosa con tutti i confort di quel tempo. Lungo il muro di cinta che delimitava il feudo di Punta Aguglia, alcuni campieri, che portavano al seguito la lupara, fungevano da sentinelle. Sembrava che fosse una fortezza inespugnabile la residenza di Don Ciccio pastranu; tale fu limpressione che ebbe Mim allorquando si accinse ad entrare allinterno della suddetta propriet. Mim venne allora bloccato da due campieri che gli chiesero chi fosse, che cosa cercasse l, e se portasse al seguito armi o oggetti atti ad offendere, perquisendolo sommariamente, tanto che, ad un tratto, a Mim gli si era chiusa la bocca dello stomaco per lo spavento. Sabbenerica! Disse Mim ai presenti. Sabbenerica a vossia! Risposero i due campieri. A cu circati? A Don Ciccio. Cavissi a parrari, si mi po arriciviri. E possibili? Concluse Mim. Nca ciertu! Nu minutu cuntatu, u timpu ca jamu e turnamu. Assittativi ca, nt stu pitruni. Ora turnamu. Cos dicendo i due uomini armati si allontanarono addentrandosi in una fitta boscaglia, lasciando il Mim da solo intento a ragionare su quello che avrebbe dovuto dire a Don Ciccio, di come si sarebbe dovuto comportare, ed in particolare se gli avesse dovuto fare linchino, il baciamani.. La sua mente era confusa. Sudava freddo. Gli faceva male lo stomaco. Le gambe

  • avevano cominciato a tremargli. Trascorsero pi di due ore da quando Mim era giunto allinterno del feudo, ma nessuno gli aveva fatto sapere qualcosa. Dei due campieri, e soprattutto di Don Ciccio, nessuna traccia. Aspett, aspett a lungo. Infine, quando erano da poco trascorse quattro ore dal momento in cui si era seduto su quel masso, che gli aveva ridotto il sedere in un colabrodo, vide in lontananza due uomini che si avvicinavano al luogo in cui egli si trovava, in sella a due giumente.

  • Quattro.

    U zu Peppino e za Pina, dopo aver chiuso la porta di casa e lasciato per strada Domenico Sinatra, immerso nei suoi pensieri e nei suoi farraginosi ragionamenti su come dovesse fare per rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, quasi tre chili dargento e ottocento grammi doro, si accomodarono in soggiorno, locale attiguo alla cucina, e allunica stanza da letto della loro modesta residenza. Cominciarono, solo allora, a dissertare sul perch quelluomo, che sovente trascorreva la sua quotidianit in solitudine, lontano anni luci dalla vita di paese e dagli altri viddrani, avesse deciso di raccontare loro la sua triste vicenda umana. Fortunatamente per loro, la sventura o la iattura che Mim si portava al seguito, non aveva intaccato la loro serenit familiare. Pina chiese a suo marito come avessero potuto aiutare Mim a riprendersi tutto quelloro e tutto quellargento, asportatogli subdolamente dalla sua badante rumena che, ricordavano, Mim amava in maniera viscerale, anche se quellamore era pi il frutto di un sentimento paterno che la sommatoria di desideri lascivi. Si rammentarono, nel frattempo, di come Mim fosse cambiato dopo la morte di sua moglie; i due si abbracciarono teneramente, ringraziando Iddio di averli lasciati vivere insieme per tutti quegli anni. U zu Peppino e a za Pina si erano sposati il 18 maggio dellanno 1942, durante la Seconda Guerra Mondiale. Lui, soldato di fanteria di stanza a Messina, aveva richiesto e ottenuto un giorno di permesso dal suo Comando per contrarre matrimonio con la sua amata Pina, a suo dire bella come una rosa rossa, come il sole a mezzogiorno, dopo circa sette anni di fidanzamento, cinque dei quali vissuti lontano da lei per via della guerra. Lei aveva atteso il suo ritorno dal fronte con tanta pazienza e amore; negli anni Trenta del Novecento, durante il ventennio fascista, si erano giurati amore eterno. Alto circa un metro e sessantacinque, corporatura esile, occhi neri, testa rasata, per via di quella peluria biancastra che gli era rimasta nel corso degli anni, che quando cresceva lo faceva apparire orribile agli occhi della sua donna, pelle bruciata dal sole, e con qualche incisivo rimastogli ancora in bocca, Peppino aveva da poco festeggiato i suoi settantacinque anni det. Per loccasione, lui e sua moglie, avevano deciso di recarsi in Francia, ed esattamente a Parigi, luogo in cui, per tutta una vita, avevano desiderato andare. Quella era stata lunica volta in cui Pina e Peppino non avevano pensato ai loro averi, ai risparmi di una vita fatta di stenti e di sacrifici continui, ritenendo che fosse pi che giusto uscire dal comune di nascita prima di passare a miglior vita. Si recarono cos in un paese estero di cui avevano sempre sentito parlare tanto bene, in modo tale da potersi recare in quella citt incantata, romantica, qual Parigi, da loro tanto agognata; ovvero la capitale di Stato fra i vicoli e i sobborghi della quale lamore trionfa su tutto e tutti. Pina aveva festeggiato il suo settantatreesimo compleanno durante il mese di marzo di quellanno. La sua vita, interamente dedicata alla campagna, sovente a raccogliere ortaggi e agrumi, le aveva ben presto reso la schiena curva, facendola apparire agli occhi degli altri ancora pi vecchia rispetto alla sua reale et anagrafica. In giovent a za Pina era stata una bella ragazza, almeno cos dicevano gli altri suoi

  • coetanei. Occhi celesti, carnagione chiara, corporatura normale, un seno prosperoso, gambe dritte e forti, e un corpo sinuoso, avevano fatto girare la testa a parecchi uomini; lei, tuttavia, aveva scelto Peppino, non perch fosse pi bello degli altri, ma perch era stato sin da subito luomo che la sapeva capire allistante, a un batter di ciglia. Ora, a quellet, la bellezza di un tempo era scomparsa. Nessuno, a parte coloro i quali lavevano conosciuta da giovane, avrebbe scommesso una lira sulla sua belt giovanile. Mentre i due anziani coniugi erano seduti sul divano del soggiorno, intenti a sentire alla radio le ultime notizie di cronaca, Pina disse al marito di chiamare Don Ciccio pastranu, loro compare danelli, per raccomandargli di ricevere quanto prima Don Mim, di ascoltare le sue suppliche e di esaudire al pi presto le sue preghiere, a costo di andare a cercare quella puttana di Ingrid e quello stronzo del suo uomo, sin sulla Luna. Peppino non se lo fece dire due volte. Prese il telefono e cominci a comporre il numero della villa di Punta Aguglia. La voce di un uomo, rauca e gutturale, rispose al terzo squillo. Era quella di Fof, il servo fedele di Don Ciccio. Fof disse allo zio Peppino che Don Ciccio in quel momento non era in casa, ma che se avesse voluto poteva riferire direttamente a lui. Peppino gli raccont quello che era accaduto a Mim, pregandolo di intercedere presso Don Ciccio affinch la vicenda venisse risolta tempestivamente. Fof gli disse di non preoccuparsi e di considerare la cosa come gi fatta, specificandogli di considerare come gi restituito alla persona offesa tutto loro e largento asportatogli da quella peripatetica di Ingrid. Pur tuttavia, sarebbero passati alcuni anni da quel giorno prima che qualcuno glielavesse fatta pagare ad Ingrid, cos rendendo giustizia a Don Mim.

  • Cinque.

    pastranu, dopo aver fatto una ricca colazione, con un uovo e pancetta, succo di frutta dananas, caff nero bollente, e aver fumato una delle prime sigarette della giornata, prelev con cura il quotidiano che si trovava poggiato sulla credenza della stanza da pranzo, cominciandolo a sfogliare e a leggerlo con attenzione. A Don Ciccio, in particolare, interessavano tutti i fatti di cronaca che avessero avuto attinenza con le vicende ra s famigghia.

    Nellarticolo di spalla della prima pagina, tale Nuccio De Giorgis, un cronista locale, cos scriveva: Palermo, 10 marzo 2014. stata accoltellata ieri pomeriggio in pieno centro a Palermo, in via Dante, a due passi dal Teatro Politeama, Ingrid Doroteea Romanescu, badante romena di trentacinque anni. A ucciderla sarebbe stato, nel corso dellennesima lite, il marito - anche lui cittadino romeno - con cinque coltellate alladdome. I due non vivevano pi sotto lo stesso tetto da un po di tempo, ma luomo, quarantuno anni, non aveva mai accettato di essere stato lasciato e non era la prima volta che pedinava e malmenava la moglie. Nonostante fossero gi state avviate le pratiche per la separazione, il marito continuava a perseguitare la 35enne intimandole di lasciare il lavoro. Fino al triste epilogo di ieri. Secondo quanto raccontato da alcuni testimoni oculari lomicida, dopo aver estratto il coltello da una tasca, ha colpito la donna e lha lasciata in una pozza di sangue prima di scappare a piedi. Una telefonata anonima ha poi avvisato il 113. Quando arrivata lambulanza, Ingrid Doroteea Romanescu era ancora viva, ma deceduta pochi minuti dopo il suo arrivo in ospedale. Il marito, ricercato con laccusa di omicidio volontario, ancora irreperibile.

    Fof? Fof? Fofooo! Grid Don Ciccio nellintento di far accorrere con urgenza il suo fidato servitore allinterno della stanza in cui si trovava.

    Chi succiessi? Chi succiessi Don Ciccio? Fof arriv di corsa. Dopo essersi sincerato che nulla di grave fosse accaduto al suo amato padrino, che spesso avrebbe voluto emulare, non avendone tuttavia il coraggio, gli chiese: Mavi a cumannari?

    Don Ciccio rispose: Da buttana ri Ingrid, ti ricuordi chidda ca ngann a Mim Sinatra, no 2006, arrubannugli tuttu

    loru e largentu, muriu. Ricuordati, Fof, ca chista a fini chi fannu i buttani e i trarituri. Nun tu scurdari!

    Fof, a quellesternazione di Don Ciccio, chin il capo in segno di rispetto e, dopo essersi avvicinato al suo padrone, gli baci il dorso della mano destra, in segno di devozione.

    Dopo aver rassicurato Don Ciccio che mai e poi mai lo avrebbe potuto tradire, piuttosto Dio lo avrebbe dovuto fare morire schiacciato da un Tir in corsa, Fof chiese licenza di potersi allontanare per riprendere le sue faccende quotidiane, consistenti nel dar da mangiare ai cani da caccia che si rincorrevano guaendo per i viali della villa, strigliare e dar da mangiare al purosangue che si trovava nella stalla attigua alla cantina della villa e, infine, ma non meno importante, prendersi cura dellorto di villa Vassallo.

    Don Ciccio, dopo essersi sincerato che il suo devoto Fof non lo avrebbe mai e poi mai tradito, gli disse che poteva andare; prima, per, gli ordin di portargli le pillole della pressione che, oramai da circa cinque anni, era costretto a ingurgitare.

    Ingrid Doroteea Romanescu, era nata a Born, in Romania, alla fine del 1979, da padre e madre contadini, scriveva Nuccio De Giorgis nellarticolo della terza pagina del quotidiano che Don Ciccio, con tanta bramosia, stava leggendo.

  • Seconda di cinque fratelli, continuava nel suo articolo il De Giorgis, alla fine del 2001 era riuscita a entrare in Italia con un visto turistico, rimanendovi a vivere da clandestina (la Romania, infatti, era entrata a far parte dellU.E. l1 gennaio 2007), e occupandosi negli ultimi anni della sua breve vita di assistere, in qualit di badante, alcuni anziani residenti nella provincia di Agrigento.

    Di bella presenza, occhi neri, capelli corvini, fisico atletico, e un paio di gambe che quando gli uomini le guardavano perdevano il fiato, Ingrid era ben presto entrata nelle grazie di molti compaesani di Don Ciccio, riuscendo, il pi delle volte subdolamente, con raggiri raffinatissimi, degni di una mente criminale brillante, a impossessarsi prima della loro morte di tutti i loro averi.

    Cos facendo, andando di casa in casa, come solito fare un predatore famelico, dopo la morte dei vecchietti di cui si era presa cura, era riuscita a intrufolarsi nella vita di Domenico Sinatra.

    Questa era stata la sua sventura che lavrebbe, nel giro di pochi anni, portata alla morte.

    Ingrid era riuscita, cos facendo, a racimolare una buona somma di denaro, circa cinquantamila euro, che ben presto le sarebbero serviti per rientrare in patria e l condurre una vita agiata, come una gran signora.

    Signora, con la S maiuscola, Ingrid non lo era mai stata. Giunta in Italia, infatti, non riuscendo da subito a trovare lavoro e dovendo

    mangiare per sopravvivere, si era rivolta ad alcuni suoi connazionali che, approfittando di lei e del suo stato di bisogno, sotto minaccia di rispedirla a raccogliere il letame degli animali della fattoria rumena da cui proveniva, dopo averla stuprata, lavevano costretta a prostituirsi.

    Ridotta ben presto in schiavit, cos come altre donnine sue connazionali, la poveretta, dopo qualche anno che era stata costretta a vendere il suo corpo per denaro, era riuscita a estinguere il suo debito da clandestina, togliendosi definitivamente dalla vita di strada e dal malaffare.

    Dedicatasi agli anziani in qualit di badante, un errore Ingrid lo aveva fatto durante la sua permanenza in Sicilia: lessersi scontrata, e schierata apertamente, contro Don Ciccio pastranu e contro i suoi accoliti.

    Alla fine del mese di gennaio del 2006, infatti, Fof Macchiarella, uomo di fiducia di Don Ciccio, era riuscito a mettersi sulle sue tracce e su quelle del suo amante, Paul Dominescu, nellintento di venire in possesso di tutto loro e largento che i due giovani amanti avevano asportato a don Mim Sinatra.

    Nei primi giorni del mese di febbraio del 2006, nel quartiere San Siro di Milano, dopo che Fof e Marco Guarraggiano, inteso bombetta, per via di alcuni fetidi rumori che fuoruscivano dal suo deretano, erano riusciti a rintracciare Ingrid e il suo uomo, avevano richiesto loro di riconsegnare tutto loro e largento che avevano asportato al Mim durante la loro permanenza in Sicilia; Ingrid, nelloccorso, aveva avuto il barbaro coraggio di rispondere a Fof: ..digli al tuo padrone di farsi fottere!

    Un tale affronto non poteva essere tollerato da Don Ciccio. Fof e Marco dissero ai due giovani amanti che avrebbero riferito dellaccaduto a

    Don Ciccio e che sarebbe stato meglio per loro che fossero spariti dalla faccia della Terra. Riscesi durgenza in Sicilia, a bordo di un aereo di linea Alitalia, il Fof e Marco

  • raccontarono dellaccaduto a Don Ciccio; questi, appreso i fatti, aveva ordinato loro: Pigghiati d buttana e tagghiatici a tiesta!

    Non pass molto tempo prima che quel desiderio di Don Ciccio venisse esaudito. La punizione di Ingrid, a dir di Don Ciccio, non poteva che essere la pena capitale;

    non era possibile, infatti, che una donna, e soprattutto una puttana, sfidasse un capo mafia dal pedigree di Don Ciccio in tal guisa.

    Ma commettere un omicidio non sarebbe stato cos facile; di ci Don Ciccio e i suoi uomini erano pienamente convinti.

    La Commissione Provinciale, formata dai capi dei mandamenti mafiosi dellagrigentino, non avrebbe autorizzato un omicidio di una donna, bench fosse una puttana che si era permessa il lusso di offendere lonore ru pastranu.

    Don Ciccio, vuatri u sapiti quantu vi stimu, ma nomicidiu, ri na fimmina, puoi, unn cuosa ri pocu cuntu Disse Fof a Don Ciccio, che in un momento di maggior lucidit mentale annu a quella osservazione proferita dal suo fedele servitore.

    Naviti a rari nu puocu ri tiempu, ca sta facenna a sistimamu nuautri, in maniera pulita, pulita, senza fari troppu scrusciu! Continu Fof, sempre pi amareggiato di doversi schierare apertamente contro il volere dellanziano capo mafia.

    Don Ciccio riflett qualche minuto e, alle contestazioni mossegli dal Fof, disse: Fof, pigghiati tuttu u tiempu ca ti sierbi, mammazza ru viermi ri Ingrid.. a costu ri finiri npriciuni. Lammazzari!

    Fof non replic; se ne rimase in silenzio. Baci le mani di Don Ciccio e, cos comera entrato in quella stanza, se ne and, senza mai voltarsi.

  • Sei.

    Aveva piovuto sin dalle prime ore del giorno. Alle sei del mattino, quando Patrizio Finazzo si dest, dopo aver spento la sveglia che continuava a suonare imperterrita, che per poco non cadde a terra tanto fu la foga con la quale Patrizio la disattiv, il cielo, visto dalla finestra della sua camera da letto, era plumbeo.

    La temperatura era scesa sin sotto i 14 Celsius, segno che linverno non voleva proprio saperne di cedere il passo alla primavera.

    Dopo essersi recato in bagno, e l lavatosi, rasatosi, pettinatosi, ed infine impiastricciatosi con quel profumo che sua moglie tanto amava, sembrava che Patrizio fosse pronto per avvicinarsi allaltare maggiore della Chiesa del paese in cui viveva, per ricevere la sua Prima Comunione, anzich preparato per recarsi in ufficio ed intraprendere, cos come faceva da circa ventanni, la sua ordinaria attivit lavorativa.

    Mentre Finazzo stava per indossare i pantaloni, il telefonino che era poggiato sul comodino di destra della camera da letto squill.

    Patrizio si diresse verso il telefonino che continuava a squillare, nellintento di capire chi fosse a quellora del mattino e successivamente rispondere. Mentre, di corsa, stava superando la pedata del letto matrimoniale, al fine di evitare che il cellulare con quella stupida suoneria gli continuasse a martellare il cervello, cos guastandogli la giornata, non essendosi accorto che sul pavimento cerano le scarpe da ginnastica che si era tolto la sera precedente, inciamp, andando ad urtare rovinosamente contro il baule posto a ridosso dellarmadio che sua moglie, in quel momento allestero per motivi di lavoro, aveva deciso di acquistare qualche anno addietro per l custodirvi la biancheria ed il corredo che sua nonna materna le aveva regalato prima di sposarsi.

    Buttana ra miseria, bastarda! Bastardo ru non continu la frase, rendendosi conto che stava per bestemmiare, cosa che lui, cristiano devoto qual era, non poteva permettersi, pena la dannazione perpetua della sua anima.

    Pronto? Ispettore, buongiorno, la Centrale.. sono il Sovrintendente Capo Francesco Catafano. Buongiorno Catafano, mi dica! Mi dispiace disturbarla a questora, ma il Commissario Impastato mi ha ordinato di chiamarla di

    buon ora, affinch in giornata, dalle ore 09.00 in poi, lei si possa recare allobitorio presso lIstituto di Medicina Legale, del Policlinico Universitario di Palermo, in quanto stata fissata per oggi lautopsia sul cadavere della badante rumena uccisa il 10 marzo scorso.

    Ma non cera pi nessunaltro Ispettore che potesse presenziare? Guardi Ispettore, non saprei cosa dirle; cos mi stato riferito. La sto chiamando al fine di

    comunicarle questo nuovo servizio che lei dovr svolgere stamani; presenzier allesame autoptico unitamente allAgente Scelto Salvatore Cinquanta, il quale, per quanto a mia conoscenza, si gi messo in viaggio e la raggiunger presso la sua abitazione fra qualche minuto. Buongiorno!

    Vabb! Ok, buongiorno. Non fece in tempo ad agganciare la chiamata giunta sul suo cellulare che qualcuno

    suon al citofono. Chi ? Ispettore, buongiorno, sono Cinquanta. Laspetto gi! Va bene Salvatore, dammi cinque minuti che scendo.

  • Va bene, laspetto gi, cos mi fumo una sigaretta. Passarono cinque minuti contati e Patrizio, cos come daccordo, scese gi nel cortile

    di casa. Si diresse in seguito sulla strada ove lo attendeva Cinquanta allinterno della Fiat Punto, di colore grigio, in dotazione al loro Reparto.

    Ciao Tot, buongiorno! Disse il Finazzo. Buongiorno. Rispose Cinquanta. Hai fatto colazione? Chiese il Finazzo al suo giovane collega. No. Allora andiamoci a prendere qualcosa al bar, da Giovanni, e poi ci organizziamo. Cos fecero. Era prestissimo. Lorologio dellabitacolo della Punto indicava che erano

    le ore 07.30. Patrizio e Salvatore avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per andare in ufficio,

    leggere parte del fascicolo relativo allomicidio della Romanescu, capire quali fossero le priorit della delega dindagine emessa dal Pubblico Ministero titolare delle indagini, prendere la valigetta per criminalistica, ove vi erano contenuti svariati kit, fra cui il kit per il prelievo del materiale sub-ungueale, da utilizzare nel corso dellautopsia, nonch la borsa con la macchina fotografica, dotata di macro, grandangolare, e qualche altro obiettivo, ed infine dirigersi presso lobitorio.

    La Fiat Punto in dotazione al Commissariato di P.S. di Palermo Centro, da cui Patrizio e Salvatore dipendevano, aveva percorso circa 100.000 km.

    E giunto il momento di cambiarla!, pens Patrizio; ma lamministrazione da cui dipendeva, in quel periodo di spending review, non aveva neanche i soldi per acquistare il carburante per garantire alle pattuglie di eseguire i servizi esterni di perlustrazione.

    Patrizio e Salvatore salutarono gli avventori presenti in prossimit del bancone del bar, ordinando a Giovanni di preparare loro il solito: due cornetti e due caff.

    Dopo aver pagato alla cassa, Giovanni, il barista che da circa dieci anni preparava a Patrizio e ai suoi colleghi la colazione la mattina, disse loro che il lavoro di poliziotto era il pi bello del mondo, a differenza di quel lavoro di merda che suo padre gli aveva imposto di fare, al fine di garantire la sopravvivenza del bar di famiglia.

    Patrizio e Salvatore arrivarono allobitorio in tempo utile per assistere allesame autoptico.

    Il medico legale osserv inizialmente gli indumenti, nonch la presenza di lacerazioni dei tessuti o di imbrattamenti, rilevando ogni altro dato relativo ad essi. Una volta spogliato il cadavere gli indumenti furono osservati e studiati singolarmente.

    Il medico legale, era un quarantenne originario della provincia di Caltanissetta, che Patrizio aveva conosciuto qualche anno addietro, e che ricordava chiamarsi dottor Picarella o Piccarella, non ne era certo, chiese allagente scelto Cinquanta di documentare fotograficamente tutti i vari momenti dellesame autoptico.

    Picarella o Piccarella, maledetta memoria, pens Patrizio, procedette, dopodich, ad ispezionare il cadavere, al fine di verificare quale lesioni esterne mostrasse, oltre a quelle cinque coltellate inferte dallassassino, presenti fra lo sterno e lo stomaco della giovane donna, che ne avevano causato il decesso.

    La salma giaceva nuda sul tavolo settorio. Patrizio ebbe piet di quella poveretta. Era stata proprio una bella donna, pens.

    Chiss quanti uomini, si chiese, avevano perso la testa per lei?

  • Dopo aver raccolto i dati inerenti le caratteristiche somatiche generali, agli imbrattamenti sul corpo del cadavere, a tutti gli elementi utili all'identificazione, in seguito il patologo rilev i fenomeni cadaverici, registrando i risultati dell'esame esterno, ed elencando tutte le caratteristiche fisiche.

    Procedette, poi, ad eseguire il primo taglio, a forma di Y. La coda della Y si estendeva dallo sterno fino l'osso pubico, deviando tipicamente

    per evitare l'ombelico. Tutti gli organi rimossi furono pesati individualmente e studiati. Furono prelevati campioni microscopici della maggior parte degli organi per

    un'ulteriore analisi. Infine, per concludere, tutti i vasi sanguigni importanti vennero aperti ed esaminati longitudinalmente.

    Gli organi vennero ridisposti nel corpo, che venne poi riempito da un materiale riempitore. L'incisione di Y venne ricucita, e l'autopsia venne completata.

    Ispettore Finazzo, far avere la mia relazione medico-legale al P.M. nei tempi previsti. Intanto, se vuole, il suo ufficio pu predisporre il fascicolo dei rilievi fotografici eseguiti durante lesame e trasmetterlo al P.M. titolare delle indagini, affinch possa avere un quadro generale delle lesioni patite dalla Romanescu. Concluse il medico legale.

    Finazzo e Cinquanta salutarono il dottor Picarella, e si allontanarono da quel luogo tetro.

    Nelle loro menti si erano scolpiti alcuni frame dellautopsia a cui avevano da poco assistito.

    Quellautopsia, pensarono i due sbirri, non lavrebbero dimenticata nel breve periodo.

    Non era stato un bel vedere, dissero i due poliziotti allunisono. Eppure, inspiegabilmente, il loro lavoro, e lesperienza maturata in tutti quegli anni, li

    avrebbe dovuti preparare ad assistere ad un tale orribile spettacolo. Finazzo e Cinquanta pensarono, ancora sotto shock per la macabra visione di quel

    corpo martoriato, prima di varcare luscio della porta che consentiva laccesso e luscita dallobitorio, che la malvagit umana non ha limiti e confini. Quale mente umana, infatti, era in grado di pensare ed eseguire un omicidio del genere, se non una mente perversa e criminale?

    Quale uomo era in grado di arrecare la morte ad una giovane donna, colpendola pi e pi volte con un coltello dalla lama superiore a venticinque centimetri?

    Patrizio e Salvatore si auspicavano che le tracce biologiche prelevate dalle unghie del cadavere della povera badante rumena potessero essere utili alle indagini, al fine di addivenire allidentificazione certa dellautore del delitto, cos portando in dibattimento una prova inconfutabile.

  • Sette.

    A distanza di un mese dallautopsia eseguita dal professore Picarella sul cadavere della badante rumena Ingrid Romanescu, le indagini condotte dallIspettore di Pubblica Sicurezza Patrizio Finazzo e dagli agenti della Squadra Investigativa del Commissario Impastato, erano giunti ad un vicolo cieco. Ben presto, infatti, le indagini serrate condotte dagli agenti di quel Commissariato subito dopo lomicidio, ed in particolare i primi accertamenti eseguiti sulla scena del delitto, le attivit tecniche di intercettazione telefonica dellutenza in uso al presunto assassino, il rinvenimento dellarma del delitto in via Roma, nei pressi della Stazione Ferroviaria, giacente allinterno di un cestino della spazzatura, e lattenta visione dei filmati registrati da alcune telecamere installate in prossimit del luogo del delitto, avevano reso poco credibili le dichiarazioni rese dai potenziali testimoni escussi in merito allomicidio della Romanescu, che indicavano in Paul Dominescu lassassino della povera Ingrid. Era evidente, infatti, che l omicida non potesse essere il Dominescu, che era stato rintracciato, dopo circa quarantotto ore dallomicidio, in un albergo del centro storico di Palermo. Paul Dominescu, peraltro, interrogato in merito agli ultimi istanti di vita della vittima, richiestogli dove si trovasse in quel preciso istante in cui si consumava lomicidio della sua giovane moglie, aveva fornito agli inquirenti un alibi di ferro: come da certificato medico acquisito agli atti, risultava che questi si fosse recato venti minuti prima del delitto presso lOspedale Civico di Palermo, per l essere sottoposto ad un intervento chirurgico, che sarebbe stato eseguito in Day Hospital. Chi era stato, allora, ad uccidere quella giovane donna? Perch lomicida era stato scambiato in un primo momento per il marito di Ingrid? Queste e tante altre domande rimasero senza risposta negli uffici del Commissariato di P.S. di Palermo Centro. Patrizio e gli altri suoi colleghi avevano lavorato al caso Romanescu senza tregua, per quasi dieci ore al giorno, sino a quella data del 10 maggio 2014. Le intercettazioni telefoniche ed ambientali eseguite dopo poche ore dallevento delittuoso, sia in capo al marito della donna uccisa, che sul conto di altri potenziali assassini, individuati in alcuni connazionali della vittima, non avevano consentito allIspettore Finazzo e ai suoi esimi colleghi di raccogliere utili elementi di prova per assicurare alle patrie galere lomicida. Le immagini delle videoriprese del sistema di videoregistrazione a distanza installato lungo le vie del centro cittadino, collegato con le FF.PP. del capoluogo siciliano, poi, avevano in ultima analisi smontato definitivamente le gi labili prove che erano state inizialmente raccolte sul conto di Paul Dominescu. Questi, sottoposto a fermo di indiziato di delitto in data 13 marzo 2014, era stato rimesso in libert, dal Tribunale della Libert, in data 20 marzo 2014, per insufficienza delle prove raccolte dalla polizia giudiziaria a suo carico. Il Dominescu, aveva sentenziato il Tribunale della Libert, non poteva essere lassassino della badante rumena, sua giovane moglie, bench in passato fra loro vi fossero stati degli alterchi, sfociati in denunce e querele varie. Una delle prove principe acquisite con il carisma delle investigazioni scientifiche, ossia lesame del D.N.A. dei residui biologici rinvenuti sotto le unghie della vittima, raccolte

  • dagli investigatori nel corso dellesame autoptico, le impronte dattiloscopiche sullarma del delitto, nonch le tracce biologiche lasciate dallassassino sul coltello prima e dopo il delitto, avevano dimostrato in maniera inconfutabile che non potessero essere comparate con il D.N.A. estrapolato da un campione biologico prelevato al presunto assassino. Quel 10 maggio 2014 Patrizio era arrivato in ufficio di buonora. Erano circa le 07.00 del mattino quando lagente di servizio alla porta carraia gli disse che era arrivata, a mezzo posta, una busta da lettera che gli avrebbe dovuto consegnare, in quellistante giacente fra il resto dellaltra corrispondenza arrivata in Commissariato il giorno precedente. Incuriosito della strana forma della busta da lettera, e soprattutto dallodore di formaggio di pecora che essa emanava, lIspettore Finazzo si decise, infine, di aprirla ed esaminarne il contenuto. Allinterno della busta vi era un foglio di carta, formato A4, sul quale era manoscritto con penna a biro di colore nero, con una calligrafia stentata, un messaggio a lui diretto, del tutto sgrammaticato, che diceva: NUN CIRCARI ISPETTURI PROVI RUNNI NSUNNU. E URA RI CIRCARI I VERI RESPONSABILI RI STU OMICIDIU ROMANESCU FUORI PROVINCA. LASSASSINU SAMMUCCIA NTA PROVINCA RAGRIGENTU. NAMICU. Ma chi poteva essere questamico che si era degnato di dare questimbeccata inaspettata al Finazzo e agli altri uomini della sua squadra? La Polizia Scientifica, chiamata ad esaminare il reperto, non trov impronte digitali sul manoscritto. Una cosa per era certa: dopo mesi dindagine questa era la pista giusta da seguire per arrivare ai responsabili di quellomicidio, pens Finazzo.

  • (OMISSIS)

    CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE "LA NOSTRA TERRA 2015"

    INDETTO E ORGANIZZATO DALLA CASA EDITRICE GIAMBRA EDITORI DI TERME VIGLIATORE (ME).

    11 maggio 2015. Il romanzo true crime "I ru viddrani" di Francesco Toscano, si classificato 3 nella sezione narrativa del Concorso Letterario Nazionale "LA NOSTRA TERRA 2015" indetto e organizzato dalla casa editrice Giambra Editori di Terme Vigliatore (Me). Dal sito Internet della casa editrice, raggiungibile allindirizzo http://www.termegrafica.it/giambraeditori/, ripubblico l'esito del concorso letterario in argomento: "La Giuria del II Concorso Letterario Nazionale LA NOSTRA TERRA 2015 esprimendo vivo apprezzamento per lelevata qualit di tutti i lavori presentati, ha individuato i seguenti vincitori: 1 Classificato Spadino il monello dello Stretto di Sebastiano Plutino; 2 Classificato Iu era nicu di Carmelo Di Stefano; 3 Classificato Cespugli e sepolcri di Salvatore Gaglio. La Giuria ha altres ritenuto di segnalare i Signori Ottavio Taranto, Francesco Toscano, Domenico Sergi, Manuela Magi, Franca Cavallo, Anna La Rosa, che riceveranno un attestato di merito (dal 4 al 9 Classificato). Vincitori della Sezione B: narrativa 1) Spadino il monello dello Stretto di Sebastiano Plutino; 2) Sette femmine a cena di Ottavio Taranto; 3) I ru viddrani di Francesco Toscano. Vincitori della Sezione C: poesia in lingua italiana 1) Cespugli e sepolcri di Salvatore Gaglio; 2) Le voci dellanima di Domenico Sergi; 3) A piedi nudi sulla tua terra di Manuela Magi.

  • Vincitori della Sezione D: poesia dialettale siciliana 1) Iu era nicu di Carmelo Di Stefano; 2) Essiri cava di Franca Cavallo; 3) Vinu meli e mustu di Anna La Rosa Terme Vigliatore, 7 maggio 2015 Il Responsabile del Concorso Il Presidente della Giuria f.to Antonella Caliri f.to prof. Gino Trapani Giurati: prof. Gino Trapani (storico delle tradizioni popolari, scrittore), Pierangelo Giambra (direttore editoriale Giambra Editori), Carmelo Catania (giornalista). Per quanto riguarda la Sezione A: lavoro inedito di saggistica e storia locale siamo spiacenti di comunicare che abbiamo annullato la premiazione della Sezione. Infatti gli elaborati presentati o non erano in linea con il Bando o erano totalmente inadatti, e solo alcuni hanno rispettato il Regolamento ma non in numero sufficiente da poter in fede formare una classifica adeguata. La premiazione si svolta il giorno 14 giugno 2015 presso il ristorante Helios Garden di Terme Vigliatore alle ore 11,00."

    Ti piaciuto questo Libro? S? Compralo su lulu.com, al prezzo di 10,00, al seguente url: http://www.lulu.com/shop/francesco-toscano/i-ru-viddrani/paperback/product-21775443.html?showPreview=true. Oppure compralo in versione eBook, al prezzo di 2,99, al seguente url: http://www.lulu.com/shop/francesco-toscano/i-ru-viddrani/ebook/product-22303789.html.