Gestione ru ss
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Leadership & Management
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Transcript of Gestione ru ss
Il capo deve
• avere visione (costruire e comunicare senso, individuare ed esplicitare chiaramente gli obiettivi),
• dare l’esempio (essere credibile e coerente),
• guidare e dare feedback costruttivi,
• delegare e responsabilizzare,
• sollecitare le persone (motivandole e rinunciando a colpevolizzare l’errore),
• condividere metodi ed informazioni,
• curare i rapporti con le persone e il clima generale,
• valorizzare e far crescere i collaboratori,
• …
2
Il ruolo del capo
Maria Cris(na Rocco
Il leader fa le cose giuste
Leader è chi:
§ ha una visione ampia
§ si occupa del “cosa” e del “perché”
§ muove verso la visione
§ pensa in termini di innovazione e sviluppo futuri e affronta il cambiamento
Bennis, 1989
Il manager fa le cose nel modo giusto
Manager è chi:
§ ha una visione focalizzata
§ si occupa del “come”
§ punta al controllo
§ gestisce la stabilità ed il presente
§ affronta la complessità
Leader o manager?
3 Maria Cris(na Rocco
(Basso) Orientamento al compito (Alto)
(Bas
so)
O
rien
tam
ento
alle
rel
azio
ni
(Alt
o) Stile partecipativo
Il capo facilita e sostiene gli sforzi dei collaboratori nello strutturare il proprio lavoro sulla base di linee guida e li
incoraggia a risolvere problemi e prendere
decisioni
Stile persuasivo
Il capo decide dopo aver coinvolto i collaboratori, spiega il perché delle sue decisioni e incoraggia i
collaboratori riconoscendone meriti e
progressi
Stile direttivo
Il capo pianifica ed organizza tutto il lavoro, fornisce
istruzioni specifiche e controlla in modo puntuale le fasi di esecuzione
Stile delegante
Il capo stabilisce gli obiettivi da raggiungere e consente ai collaboratori di strutturare in modo autonomo le attività e
di prendere decisioni all’interno del quadro di
riferimento stabilito
Gli stili manageriali
4
Grid manageriale di Blake e Mouton
Maria Cris(na Rocco
competenza tecnica ed esperienza
alta
bassa
motivazione ed assunzione di responsabilità
alta bassa
Esiste un’altra variabile importante su cui basare lo stile manageriale…
I collaboratori! Essi possono essere “catalogati”, secondo Hersey e Blanchard, rispetto a due variabili:
• competenza tecnica ed esperienza (cd. “maturità lavorativa”)
• motivazione ed assunzione di responsabilità (cd. “maturità psicologica”)
La leadership situazionale di Hersey e Blanchard
Indipendentemente dallo stile che gli viene più “naturale”, il capo dovrà adottare lo stile di gestione più adeguato al
contesto e alle persone che si trova a coordinare. Sarà
quindi importante procedere ad una “mappatura” delle
risorse a disposizione Principiante
Indipendente Partner
Volenteroso
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6
competenza tecnica ed esperienza
alta
bassa
motivazione ed assunzione di responsabilità
alta bassa
Stile partecipativo
PARTNER Maturità:
lavorativa alta, psicologica bassa
Gli stili di gestione: le combinazioni “ottimali”
Stile delegante
INDIPENDENTE Maturità:
lavorativa e psicologica alta
Stile persuasivo
VOLENTEROSO Maturità:
lavorativa bassa, psicologica alta
Stile direttivo
PRINCIPIANTE Maturità:
lavorativa e psicologica bassa
Maria Cris(na Rocco
Maria Cris(na Rocco 7
Ogni collaboratore attraversa, nel suo percorso professionale, stadi diversi di maturità lavorativa e psicologica.
Inoltre in uno stesso momento può essere principiante, volenteroso, partner o indipendente rispetto ad un determinato ambito di competenza, e quindi richiedere al capo comportamenti e stili manageriali diversi.
Il capo dovrà comunque tendere, adottando comportamenti manageriali che vanno dallo stile direttivo a quello delegante, a portare i collaboratori ad un livello di indipendenza (perlomeno in alcune aree di attività).
La gestione in ottica di sviluppo
I comportamenti efficaci 1/2
• Scomporre le attività complesse in compiti specifici e delimitati
• Stabilire obiettivi semplici e a breve termine
• Definire procedure e schemi standard
• Chiarire il compito nel dettaglio, affiancare e monitorare con feedback continui
• Decidere, guidare, pianificare, risolvere i problemi
• Insegnare e rassicurare
• Ascoltare e dedicare attenzione alle idee ed opinioni dei collaboratori
• Decidere, spiegando le ragioni delle scelte
• Aggiornare e coinvolgere nelle questioni importanti
• Supportare i collaboratori nella risoluzione dei problemi
• Incoraggiare e riconoscere i meriti ed i progressi
• Insegnare e alimentare la motivazione
Con il PRINCIPIANTE Collaboratore con
maturità lavorativa e
psicologica bassa
Con il VOLENTEROSO Collaboratore con
maturità lavorativa bassa e
psicologica alta
8 Maria Cris(na Rocco
I comportamenti efficaci 2/2
Con il PARTNER Collaboratore con
maturità lavorativa alta e psicologica bassa
Con l’INDIPENDENTE Collaboratore con
maturità lavorativa e
psicologica alta
• Lasciar decidere i collaboratori, nell’ambito delle linee guida prestabilite, condividendo le scelte di fondo
• Fornire il quadro strategico (dati di sistema, evoluzione del contesto) • Dare fiducia e rassicurare i collaboratori, incoraggiandoli e
sostenendoli, soprattutto nella fase realizzativa • Riconoscere e dare significato al ruolo • Mantenere il clima di gruppo e gestire i conflitti • Dare responsabilità su obiettivi semplici e condivisi
• Delegare attività e responsabilità, definendo le linee guida generali, i vincoli e le sfere di competenza
• Garantire l’integrazione/coordinamento tra i collaboratori al fine di sviluppare sinergie di gruppo
• Agevolare la condivisione di know-how fra i collaboratori per creare patrimonio informativo comune
• Garantire il supporto in casi eccezionali (solo su richiesta)
• Fornire supervisione e controllo sui risultati, non sul processo
9 Maria Cris(na Rocco
(Basso) Orientamento al compito (Alto)
(Bas
so)
Ori
enta
men
to a
lle r
elaz
ioni
(
Alt
o)
Stile partecipativo Stile persuasivo
Stile direttivo Stile delegante
Maturità: lavorativa alta,
psicologica bassa
Maturità: lavorativa bassa, psicologica alta
Maturità: lavorativa e psicologica alta
Maturità: lavorativa e psicologica bassa
La “campana” di Hersey e Blanchard, ovvero lo sviluppo delle risorse
“VISIONE HR” è
vedere nelle persone quel che possono diventare e avviarle allo
sviluppo
10 Maria Cris(na Rocco
Teoria X ed Y di Mc Gregor
§ TEORIA Y
§ Impegnarsi sul lavoro è nella natura umana, esattamente come riposarsi
§ Il lavoro può essere fonte di soddisfazione o di pena
§ Le persone si autocontrollano per raggiungere gli obiettivi verso cui si sono impegnati
§ Le persone, in condizioni adatte, cercano le responsabilità
§ Le persone hanno generalmente un potenziale non adeguatamente utilizzato in azienda, anche in termini di creatività e problem solving
EFFETTO PIGMALIONE La convinzione del capo fa la differenza, in quanto induce il collaboratore a comportarsi
in modo da rispettare l'immagine che ha di lui.
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TEORIA X
§ Le persone hanno un’avversione innata per il lavoro e fanno di tutto per evitarlo
§ Sono quindi necessari controlli e punizioni per ottenere l’adempimento dei compiti
§ Le persone non amano le responsabilità e cercano solo sicurezza
Maria Cris(na Rocco
Evoluzione dei modelli di leadership
Tre persone erano al lavoro in un cantiere edile. Avevano il
medesimo compito, ma quando fu loro chiesto quale fosse il loro
lavoro, le risposte furono diverse.
"Spacco pietre" rispose il primo.
"Mi guadagno da vivere“ rispose il secondo.
"Partecipo alla costruzione di una cattedrale" disse il terzo.
(Peter Schultz)
12 Maria Cris(na Rocco
La visionary leadership è “Saper creare un mondo a cui le persone desiderino appartenere” (Gilles Pajou)
La relazione capo-collaboratore
Presupposti essenziali per una efficace gestione della relazione con i collaboratori è che il capo padroneggi:
• la capacità di ascolto • la capacità di dialogo
• la capacità di dare e ricevere feedback
13 Maria Cris(na Rocco
“Se la gente si ascoltasse di più, parlerebbe di meno” Regola di Courtois
Sappiamo ascoltare? L’ascolto attivo è una tecnica di comunicazione. In quanto tecnica, non ha nulla a che vedere con la cortesia, l’educazione o l’essere gentili. L’ascolto “vero”, spesso definito “attivo”, richiede grande impegno e concentrazione (non ci viene così naturale…).
L’ascolto attivo
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L’ascolto attivo ci consente di: Ø cogliere tutta una serie di informazioni sul
modello mentale dell’interlocutore (ovvero il modo in cui interpreta i fatti, le sue aspettative e motivazioni), per poi rimodulare il messaggio in funzione del destinatario;
Ø mantenere/rafforzare la sintonia con l’interlocutore, in quanto favoriamo nell’altro l’approfondimento cognitivo e la produzione di pensiero.
Maria Cris(na Rocco
Gli errori tipici di ascolto
Diversamente dalle strategie di NON ASCOLTO, gli errori di ascolto vengono compiuti in modo spesso inconsapevole. In tal modo la persona non si accorge del messaggio di MANCATO ASCOLTO che viene ricevuto dall’interlocutore.
Gli errori tipici sono:
Generalizzazione e riporto al sé
Incongruenza tra linguaggio verbale e linguaggio corporeo
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Offerta soluzione preconfezionata
Maria Cris(na Rocco
Le tecniche per l’ascolto
Ø Sospendere i giudizi di valore e l'urgenza classificatoria
Ø Osservare ed ascoltare, ricordando che il silenzio aiuta a capire e che il vero ascolto è sempre nuovo, non è mai definito in anticipo in quanto rinuncia ad un sapere già acquisito
Ø Mettersi nei panni dell'altro - dimostrare empatia, cercando di assumere il punto di vista del proprio interlocutore
Ø Verificare la comprensione, sia a livello dei contenuti che della relazione, riservandosi la possibilità di fare domande aperte
Ø Curare la logistica, ovvero il contesto fisico-spaziale dell'ambiente, per favorire la comunicazione
Marianella Sclavi
16 Maria Cris(na Rocco
La capacità di dialogo
Il dialogo è una forma di conversazione che consente ai partecipanti di rilassarsi quanto basta per cominciare a esaminare gli assunti che stanno alla base dei
loro processi di pensiero (Edgar Schein).
Invece di cercare di risolvere il problema velocemente, il processo dialogico cerca di rallentare la conversazione per permettere alle persone di riflettere su cosa esce dalle loro labbra e di ascoltare quanto esce dalle labbra altrui.
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La chiave per iniziare una conversazione dialogica è la creazione di un ambiente in cui le persone si sentano sicuri, così che l’esigenza di vincere la discussione sia sospesa, così come lo sia la necessità di chiarire ogni cosa che viene detta o di mettersi reciprocamente alla prova ogni volta che si è in disaccordo.
Maria Cris(na Rocco
ü sul contenuto (attese/risultato)
Il feedback
Incide sulla modifica dei comportamenti/azioni
Incide sullo sviluppo della motivazione e della self-efficacy
§ Ogni capo fornisce feedback continui ai propri collaboratori, attraverso la propria comunicazione verbale e non verbale (anche senza rendersene conto!)
§ Ogni feedback dà due tipi di informazioni:
ü sulla relazione
Il feedback risulta maggiormente efficace e costruttivo quando:
§ è basato su dati, informazioni, fatti e comportamenti specifici
§ è ancorato ad obiettivi ed attese concrete precedentemente esplicitati
§ viene espresso in forma soggettiva (con chiara responsabilità personale)
§ è chiaro (ovvero l’emittente ne ha verificato la comprensione da parte del ricevente)
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FEEDBACK
Maria Cris(na Rocco
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Anche il capo può chiedere utili feedback ai propri collaboratori,
chiedendo loro: “Cosa potrei fare di diverso/meglio per aiutarti/venirti
incontro?”
ai collaboratori
Maria Cris(na Rocco
Perché la gestione per obiettivi?
La ges1one per obie8vi (MBO – Management by Objec1ves) è una metodologia di organizzazione aziendale, in par1colare di ges1one delle risorse umane, di sovente u1lizzata anche nella valutazione della performance e collegata ad un sistema di incen1vi. Essa consiste in un processo aOraverso il quale l'alta direzione ed il management intermedio stabiliscono congiuntamente gli obie8vi comuni, definendo le proprie responsabilità in base ai risulta1 da raggiungere ed u1lizzando ques1 ul1mi come riferimento nella ges1one delle singole unità e nella valutazione dei singoli individui. L'MBO si caraOerizza per la sistema1ca aOenzione rivolta al potenziale contributo dei singoli manager, indipendentemente dal loro livello gerarchico.
La GESTIONE PER OBIETTIVI ha la finalità di migliorare i
risultati dell’organizzazione nel suo complesso e di
valorizzare le risorse umane, attraverso l’esplicitazione
delle attese di performance richieste dall’organizzazione
alle singole persone, in stretta coerenza con il ruolo e le
responsabilità assegnate.
20 Maria Cris(na Rocco
Locke, Latham
Obiettivo GOAL
Compito TASK
Meta da raggiungere
Discrezionalità
Sviluppo/motivazione
Valutazione/feedback
Attività da svolgere
Prescrittività
Rischio di demotivazione
SI/NO
Maria Cris(na Rocco 21 21
L’obiettivo definisce in modo chiaro e tangibile il RISULTATO che si vuole ottenere (DOVE devo arrivare).
L’obiettivo è “ciò che un individuo sta tentando di realizzare: l’oggetto o scopo di un’azione”. L’obiettivo prefissato, se accettato, funziona da motivatore (Edwin Locke).
L’obiettivo è ciò che dà senso all’azione, è la finalità ultima dell’attivazione
Cos’è un obiettivo?
La definizione degli obiettivi
Gli obiettivi influenzano positivamente la prestazione lavorativa quando: • sono chiari e sono stati ben compresi dal collaboratore
• sono coerenti tra loro e con l’orientamento strategico aziendale
• sono motivanti, ovvero il collaboratore ha il desiderio di impegnarsi per il loro raggiungimento
• il collaboratore ha idea del percorso per raggiungerli.
Nella definizione di un obiettivo, quanto più ampia è
la sfera di discrezionalità del collaboratore, quanto
più egli avrà la possibilità di valorizzare le proprie
attitudini e competenze
22 Maria Cris(na Rocco
Gli obiettivi devono essere commisurati alle effettive caratteristiche delle persone o essere in grado di farle emergere. OBIETTIVI DIFFICILI conducono a prestazioni migliori. Le persone adattano lo sforzo alle difficoltà della meta da raggiungere e mostrano una perseveranza maggiore rispetto a compiti e obiettivi semplici.
DA EVITARE!!! “Fai del tuo
meglio” “Sai cosa devi
fare” ….
Si dà per scontato che c’è “DA FARE” e ci si focalizza sull’operatività, mentre si potrebbero attivare energie e comportamenti grazie al ragionamento su come raggiungere obiettivi più sfidanti e prestazioni migliori.
In caso di obiettivi difficili il feedback è molto più efficace e ricco (in termini di valore aggiunto per capo e collaboratore).
Come devono essere gli obiettivi?
Maria Cris(na Rocco 23
SPECIFICI (concreti, ben definiti, rappresentabili in termini sensoriali)
MISURABILI (raggiungimento verificabile)
ATTUABILI (realizzabili e nella sfera di influenza della persona)
OBIETTIVI
REMUNERATIVI (dotati di senso e conseguenze positive)
TEMPIFICATI
La corretta definizione degli obiettivi: il test SMART
Se non sai dove stai andando, potresti andare a finire altrove
Yogi Berra … ed ESPLICITATI IN POSITIVO!
24 Maria Cris(na Rocco
Gli obiettivi (goal) invece attivano, dirigono e sostengono la condotta canal izzando attenzione e sforzi in modo più specifico, fornendo quindi maggiori informazioni sulla meta che la persona si prefigura e consentendo una previsione più accurata dei possibili comportamenti per la riuscita.
Una meta non è solo un qualcosa che attira per compensare una mancanza (bisogno) o il riflesso di una preferenza prioritaria (valore), ma rappresenta uno scopo che nasce dall’interazione e dall’influenza reciproca tra la capacità della mente di proiettarsi nel futuro, di pianificare attivamente le azioni per raggiungere ciò che la persona desidera e le caratteristiche del mondo esterno che ne modulano la realizzazione. Caprara
I valori sono ciò che la persona ritiene importante. Rappresentano l’essenza della motivazione individuale e guidano le scelte che orientano i suoi obiettivi personali e le azioni future (e quindi le priorità). Ci consentono di comprendere perché una persona sceglie o preferisce un dato obiettivo o perché è disposta ad impegnarsi nel suo raggiungimento.
I bisogni sono il punto di partenza della spinta motivazionale: sono spinte ad agire per appagare carenze o disequilibri interni alla persona che perdono rilevanza e centralità non appena soddisfatti. Sono un i ve r sa l i . C i danno i n fo rmaz ion i sull’energia che sostiene ed influenza la scelta di un obiettivo.
La motivazione è ciò che spinge l’individuo ad iniziare, dirigere e sostenere la propria azione (Mc Clelland).
La motivazione e la teoria del goal setting
Maria Cris(na Rocco 25
Gli obiettivi facilitano la prestazione attraverso i seguenti meccanismi:
§ focalizzano l’attenzione (percezione selettiva)
§ regolano lo sforzo (ottimizzano il consumo di energia, attraverso l’adeguamento proporzionale alla difficoltà)
§ aumentano la persistenza (nel lungo termine gli ostacoli diventano sfide, e si autoalimenta la voglia di continuare ad andare avanti)
§ incentivano piani di azione e strategie
§ creano l'opportunità per un nuovo apprendimento e miglioramento;
§ aiutano ad acquisire responsabilità e rispondere agli eventi controllando le proprie azioni.
26
Locke
Perché il goal si traduce in prestazione?
Maria Cris(na Rocco
La relazione tra obiettivo e prestazione è modulata da una serie di fattori che possono aumentarne o diminuirne la forza:
• Impegno nell’obiettivo (goal commitment): è l’adesione profonda allo scopo, l’identificazione della persona nell’obiettivo in grado di sostenere la determinazione a raggiungere la meta; ciò avviene se il goal è desiderabile e accessibile;
• Autoefficacia: convinzione di possedere la capacità di riuscire a raggiungere l’obiettivo e di riuscire ad utilizzare le proprie abilità efficacemente anche in situazioni difficili o critiche;
• Abilità rispetto alle attività necessarie al raggiungimento dell’obiettivo (valutazione oggettiva delle capacità, che però risente dell’autoefficacia percepita)
• Feedback che permette il monitoraggio dei risultati; sono informazioni di ritorno sulla prestazione nel durante verso il raggiungimento dell’obiettivo
• Vincoli situazionali legati al contesto lavorativo (cultura organizzativa prevalente)
I moderatori della relazione tra goal e prestazione
27 Maria Cris(na Rocco
Dipende dalle inclinazioni motivazionali del collaboratore (realizzazione, potere, affiliazione, sicurezza, varietà, ecc) ma anche dalla relazione tra capo e collaboratore (ad es., da come il capo “tratta” il fallimento)
Il goal committment viene influenzato dalla desiderabilità dell’obiettivo e dalla sua accessibilità:
Desiderabilità - VOGLIO FARLO • Autorità = capo • Influenza del gruppo dei pari • Intensità del goal (entità dello sforzo cognitivo necessario) • Inclinazioni motivazionali
Accessibilità – POSSO FARLO • Autorità = capo • Influenza del gruppo dei pari • Intensità del goal (entità dello sforzo cognitivo necessario) • Difficoltà del compito in sé • Autoefficacia percepita
Il goal committment
28 Maria Cris(na Rocco
La cultura è l’insieme di valori, modelli di comportamento, standard auspicati e norme da seguire.
Ci dice che cosa è giusto e conviene fare, in un’organizzazione.
La metodologia del goal setting funziona se ci sono alcuni presupposti, organizzativi e culturali:
• Fiducia nei capi e loro credibilità
• Responsabilizzazione del collaboratore (e delega del capo: ciò presuppone contesto non rigidamente prescritto e burocratico in cui siano possibili le autonomie)
• Impegno personale nella riuscita (e non mero adempimento)
• Comunicazione a due vie tra capo e collaboratore (confronto costruttivo)
• Equità nel trattamento differenziato delle persone
• Opportunità di crescita e sviluppo per chi si impegna e raggiunge gli obiettivi
I vincoli culturali
Maria Cris(na Rocco 29
I vantaggi per il collaboratore
I vantaggi per l’organizzazione I vantaggi per il capo
I vantaggi della gestione per obiettivi: sintesi
Persone più responsabilizzate e inclini a gestire ostacoli ed emergenze sopravvenute
Migliore organizzazione, grazie ad una chiarezza dei ruoli e delle responsabilità
Facilità di modificare in tempi ristretti la direzione strategica dell’azienda
Coerenza tra mission e comportamenti, attraverso la disarticolazione verso il basso degli obiettivi Possibile legame al sistema incentivante
Attiva le capacità di problem solving, alla ricerca della miglior alternativa di azione e organizzazione
Garantisce una chiara esplicitazione delle attese del capo e dell’organizzazione
Permette di raggiungere il risultato utilizzando con maggiore discrezionalità le proprie competenze
Consente di capire se e come poter raggiungere il risultato, e di programmare un piano di azione
Dà senso al lavoro, motiva nel progresso verso l’obiettivo, dà modo di verificare il raggiungimento
Chiarezza delle attese e quindi facilità di valutazione e feedback
Consente di differenziare i gradi di autonomia e performance tra i diversi collaboratori
Fa crescere e motiva i collaboratori alzando via via l’asticella
Consente di programmare meglio l’attività dell’ufficio
Consente di attivare competenze dei collaboratori anche non note
30 Maria Cris(na Rocco
La delega
Se vuoi veramente far crescere qualcuno,
non pescare tu il pesce
ma insegnagli a pescare…
Maria Cris(na Rocco 31 31
Potere autoritario: il capo impone le
decisioni
L’evoluzione del potere: l’empowerment G
rado
di
empo
wer
men
t
Condivisione dell’influenza: il
capo, nel prendere le decisioni, si consulta con i collaboratori
Condivisione del potere: il capo e i
collaboratori prendono le
decisioni
Distribuzione del potere: i collaboratori
hanno l’autorità di prendere le decisioni
Dominio Consultazione Partecipazione Delega
Riconoscimento e distribuzione del potere all’interno
dell’organizzazione, spostando il processo decisionale verso i
livelli più bassi
Valorizzazione delle conoscenze, esperienze e
motivazione interna dei collaboratori
Maria Cris(na Rocco 32
I vantaggi per i collaboratori
I vantaggi per l’organizzazione I vantaggi per il capo
I vantaggi della delega
Maria Cris(na Rocco 33
• Rappresenta un’espressione di riconoscimento e fiducia da parte del capo
• Dà loro la possibilità di accrescere le competenze ed esperienze
• Permette loro di sentirsi più coinvolti nell’azienda
• Favorisce la motivazione intrinseca sul lavoro
• Permette loro di essere valutati su basi più ampie
• Ci sono meno “colli di bottiglia” e “orticelli”
• Si possono svolgere più processi in parallelo nello stesso periodo di tempo
• Le risorse dei manager sono meglio distribuite verso i processi superiori “strategici”
• Si beneficia di più competenze e punti di vista sui diversi processi aziendali
• Le persone sono più responsabilizzate rispetto agli obiettivi da raggiungere
• Riduce il carico operativo e libera tempo da dedicare ad attività più importanti
• Aumenta la concentrazione su attività di programmazione, organizzazione, sviluppo delle persone, ecc
• Responsabilizza e motiva i collaboratori
• Consente di individuare i collaboratori che possono crescere
• Consente di usufruire delle competenze dei collaboratori (anche dell’innovazione)
Perché non si delega?
• Perché meglio di me non lo fa nessuno
• Perché mi piace troppo
• Perché mi consente di allentare un po’ la fatica
• Perché poi magari perdo il controllo
• Perché se lo faccio io faccio prima
• Perché non c’è nessun altro all’altezza
• Perché non ho certo il tempo di mettermi lì ad insegnare
• Perché sono già tutti oberati di lavoro
• Perché non posso correre rischi
• Perché ho il timore di rompere certi equilibri…
• Perché tanto nessuno la vuole, la delega, qui!
• …
34 Maria Cris(na Rocco
Riflessione per il capo…
Ciò che DEVO delegare
• Tutto ciò che mi piace tanto ma che non è strategico
• Le attività semplici ma che magari richiedono molto tempo e/o concentrazione
Ciò che DOVREI delegare
• I lavori di routine (rispetto ai quali diventa conveniente investire nella formazione)
Ciò che POTREI delegare
• Tutto ciò in cui qualcun altro potrebbe diventare più bravo di me
• Tutto ciò che è propedeutico ad un percorso di sviluppo di un collaboratore
Ciò che NON POSSO delegare
• Le responsabilità fondamentali di ruolo (gestione e sviluppo dei collaboratori, decisioni “strategiche”, …)
COSA si delega?
E comunque ricordiamoci che… La responsabilità di render conto verso l’alto
non si può delegare!
Maria Cris(na Rocco 35
Maria Cris(na Rocco 36
COME si delega?
La delega avviene con una comunicazione.
C’è quindi sempre un aspetto di contenuto ed uno di relazione. Entrambi sono importanti per evitare fraintendimenti.
Dal punto di vista del contenuto, il capo deve chiarire che sta assegnando un obiettivo e quindi affidando una delega da cui si aspetta un risultato. La delega non può essere comunicata come fosse un consiglio o una preghiera.
Occorre definire:
• la finalità ultima, il contesto, il “senso” della delega
• l’obiettivo in termini SMART
• il parametro o check di verifica
• le risorse disponibili
• i vincoli predefiniti
• i tempi (ovvero le scadenze)
• le modalità di controllo.
Maria Cris(na Rocco 37
COME si delega?
Se il collaboratore RIFIUTA la delega, ricercare i motivi. Potrebbe trattarsi di: • Insufficiente competenza tecnica o esperienza • Percezione di risorse inadeguate per far fronte
all’impegno • Scarsa motivazione • Scarso senso di autoefficacia • Relazione di fiducia incrinata (con il capo o l’azienda) • Obiettivi o priorità poco chiare • Percezione di inutilità • Percezione che il risultato non verrà riconosciuto • …
Il capo può comunque sempre imporre l’obiettivo, ricorrendo allo stile direttivo: in tal caso deve attuare supporto e controlli puntuali.
Dal punto di vista della relazione, occorre accertarsi che la delega sia stata accettata, nel senso che il collaboratore si sia assunto l’impegno. Solo così il capo potrà contare sulla capacità di “autodirezione e autocontrollo verso il risultato” del collaboratore.
I livelli di delega
Responsabilità +
discrezionalità
• Autonomia decisionale
Autorità • Riconoscimento all’esterno
Risorse • Autonomia di
mezzi e persone
38 Maria Cris(na Rocco
L’ampiezza della delega dipende dal grado di “maturità” del collaboratore.
La delega è resa più o meno ampia a seconda di come vengono definiti:
L’ampiezza della delega
i tempi (breve, medio o lungo),
le linee guida (di dettaglio oppure generali),
le opzioni a disposizione (predefinite oppure non
definite)
le modalità di verifica (puntuali o a campione)
Maria Cris(na Rocco 39
Destinatari della delega
40
Vale sempre il principio generale, secondo cui il capo “eccellente” si cura di definire adeguati percorsi di sviluppo per tutti i suoi collaboratori e non attua la “delega random” generando il “collaboratore jolly”. A chi potrebbe delegare? Può scegliere tra CHI: • ha entusiasmo • si sta demotivando o “staccando” dal lavoro • ha tempo libero • ha attitudini particolari • ha esperienze pregresse utili • fa da troppo tempo le stesse cose, nello stesso modo • potrebbe diventare la sua “panchina” • potrebbe eliminare un “collo di bottiglia” • …
Maria Cris(na Rocco
Il monitoraggio
* Riconoscere i meriti
Riconoscere i progressi
Riorientare verso gli obiettivi
…
Maria Cris(na Rocco 41
Assegnazione obiettivo
Scadenza ultima
Scadenza assegnata
Tempo per recupero
Check di verifica
Feedback
Check di verifica
Feedback
Check di verifica SI/NO
Check di verifica
Feedback
Attività rigidamente prescritta
A seconda della maturità del collaboratore, allungherò i tempi tra un check e l’altro
aumentando la discrezionalità e l’ambito di responsabilità.
Varieranno di conseguenza le modalità di feedback.
Le regole d’oro nella delega
• Delegate gli obiettivi, non i compiti specifici o le procedure (assicuratevi che ci sia discrezionalità nel COME arrivare all’obiettivo)
• Assicuratevi che il collaboratore sia realisticamente in grado di gestire la delega (abbia la competenza e l’esperienza necessarie)
• Fornite istruzioni chiare e precise, assicurandovi che siano state realmente comprese
• Definite con precisione i vincoli e le risorse disponibili
• Accordatevi sui tempi (inizio, durante e fine) e richiedete un impegno esplicito
• Date – e dimostrate - fiducia e supporto a chi delegate
• Definite o concordate dei parametri e dei criteri per la valutazione dei risultati attesi (quantitativi e qualitativi)
• Definite (o concordate) i momenti e le modalità di verifica, differenziando a seconda della “maturità” del collaboratore
• Monitorate lo stato di avanzamento tramite feedback costruttivi
• Dimenticatevi del problema e focalizzatevi sui risultati!
Maria Cris(na Rocco 42
La delega: le cose da NON fare
• NON delegate ciò che non è utile o importante
• NON delegate sempre e solo ciò che non vi interessa
• NON abbandonate la persona a se stessa
• NON intromettetevi nel durante dell’operatività, neanche con consigli (se non richiesti!)
• NON punite automaticamente gli errori, ma fate che essi diventino occasione di apprendimento
43 Maria Cris(na Rocco
Piano di azione sulla delega
• Utilizzando la griglia delle attività delegabili, individuare attività e collaboratore a cui delegare
• Eventualmente scomporre le macroattività strategiche in microattività delegabili
• Fare piano di azione per ogni collaboratore
• Prevedere formazione, training on the job, azioni di motivazione, percorso di crescita
• Valutare il tempo liberato e sostituire con attività a maggior valore aggiunto manageriale
• Individuare modalità di monitoraggio adeguate
44 Maria Cris(na Rocco
La motivazione
L’ottava regola di Covey
Eccitazione creativa
Impegno sincero
Cooperazione vivace
Accondiscendenza compiacente
Obbedienza malevola
Ribellione o licenziamento
Le persone hanno scelta. Consciamente o inconsciamente decidono quanto di loro stesse dedicheranno al lavoro, a seconda delle opportunità che vengono loro offerte di:
• usare le proprie intelligenze (secondo Covey);
• soddisfare i propri bisogni (secondo Maslow, McClelland, Herzberg, Robbins).
45 Maria Cris(na Rocco
La motivazione è il processo mediante il quale il comportamento diretto a uno scopo è avviato e sostenuto dalle aspettative e dai risultati delle proprie azioni, dal senso di autoefficacia personale percepita nel realizzare queste azioni e dall’autovalutazione dei progressi che si stanno facendo
durante il percorso che porta al raggiungimento dell’obiettivo.
La teoria cognitivista di Bandura
Credenze della persona Meritevole di responsabilità
ME LO FANNO FARE Capace
POSSO FARLO
Idoneo ed ecologico E’ LA COSA GIUSTA
DA FARE Possibile
SI PUO’ FARE
Desiderabile VOGLIO FARLO
Azioni del capo
Fornire nuove mappe cognitive ed esperienze
di riferimento per formare il piano
Fornire supporto relazionale e strumenti adeguati per definire il
percorso verso il risultato
Dare fiducia Dare il senso Dare feedback
piano PERSONA COMPORTAMENTO RISULTATO percorso
Maria Cristina Rocco 46
BASARSI SULLE ESPERIENZE PASSATE…"“Non sono mai riuscito a farlo” "
ERGO "“Inutile provare”"
BASARSI SULLE CONVINZIONI DEGLI ALTRI…"“Tutti mi dicono che è inutile/impossibile”"
ERGO"“Inutile provare”"
Le convinzioni limitanti
E il locus of control?!
!Maria Cris(na Rocco 47
La piramide dei bisogni di Maslow
Bisogni di autorealizzazione (crescita, successo, distinzione e
leadership)
Bisogni di stima (rispetto, considerazione,
ammirazione, forma fisica
Bisogni di appartenenza (amore, amicizia, convivenza,
compagnia)
Bisogni di sicurezza
(abitazione, protezione fisica, difesa personale)
Bisogni fisiologici (fame, sete, ripararsi)
La soddisfazione di tali bisogni garantisce:
La sopravvivenza
Protezione e tranquillità
Accettazione e integrazione
Realizzazione identità/aspettative e posizione
sociale
Rispetto, approvazione, sentirsi competenti ed
utili
Secondo Maslow, il bisogno del livello più
basso determina la motivazione
Non appena tale bisogno sarà soddisfatto, verrà sostituito da un bisogno
di ordine superiore
Le modalità di soddisfazione di un
bisogno sono del tutto soggettive
isti
nto
puls
ione
Maria Cris(na Rocco 48
La soddisfazione dei bisogni di Robbins
SICUREZZA
Sicurezza fisica, continuità, stabilità
VARIETA’
Novità, sfida, divertimento
RELAZIONE
Socialità, amicizia,
unione
IMPORTANZA
Riconoscimento, apprezzamento, stima degli altri
Dobbiamo garantire un EQUILIBRIO fra le 4 zone di soddisfazione dei bisogni,
altrimenti subentrano
l’INSICUREZZA e lo STRESS.
Raggiungere l’equilibrio significa assicurarsi la tranquillità
(ZONA COMODA).
CRESCITA
Personale, professionale,
economica
CONTRIBUTO
Supportare gli altri, insegnare, far crescere le
persone
Nel lungo periodo però non è sufficiente, occorre aggiungere un SENSO, una DIREZIONE, una
sensazione di MOVIMENTO e CRESCITA
Maria Cris(na Rocco 49
La teoria bifattoriale di Herzberg
• Relazioni interpersonali povere con i superiori
• Relazioni interpersonali povere con i colleghi
• Inadeguata supervisione tecnica
• Regole ed amministrazione aziendali povere
• Precarie condizioni di lavoro
• Problemi personali dei lavoratori
Fattori di insoddisfazione
– igienici - esterni al lavoro
Fattori di soddisfazione
-motivazionali-interni al lavoro
• Il successo
• Il riconoscimento
• Il lavoro in sé
• La responsabilità
• La promozione
Maria Cris(na Rocco 50
Progettazione/riorganizzazione del lavoro di Herzberg e Argyris Tale approccio considera il lavoro in sé come l’elemento centrale che influenza la motivazione delle persone. Il capo può modificare singoli compiti o sistemi di compiti interdipendenti al fine di migliorare la qualità del lavoro del collaboratore e quindi la sua produttività.
Gli approcci motivazionali all’organizzazione del lavoro mirano ad incrementare la soddisfazione ed il coinvolgimento emotivo dei lavoratori limitando al contempo l’assenteismo, l’elevato turnover, le scarse prestazioni e l’aumento degli errori.
Esistono 3 strategie per riprogettare le attività lavorative assegnate alla persona:
ü il job enlargement
ü la job rotation
ü il job enrichment
Le azioni motivazionali
implica la rotazione dei lavoratori da una postazione specializzata all’altra, con grandi benefici in termini di: • flessibilità delle persone (interscambiabilità) • comprensione delle esigenze del collega (integrazione interfunzionale) • crescita e sviluppo delle competenze individuali
consiste nello sviluppo orizzontale del lavoro, ovvero nell’ampliamento delle mansioni, in modo da dare più varietà al lavoro. In particolare, vengono combinate mansioni specializzate di complessità simile.
Maria Cris(na Rocco 51
Job enrichment: lo sviluppo verticale del lavoro
Consiste nella modifica dell’organizzazione del lavoro in modo da dare la possibilità al lavoratore che lo svolge di realizzarsi e sperimentare riconoscimento, esecuzione di un compito stimolante, responsabilità e avanzamento di carriera.
I principi da seguire per lo sviluppo verticale di un lavoro sono, secondo Herzberg:
1. Ridurre parte dei controlli, pur mantenendo la responsabilità
2. Aumentare la responsabilità dell’individuo sul proprio lavoro
3. Affidare ad una persona la responsabilità di un’intera unità organizzativa
4. Dare al collaboratore, nel suo ambito di competenza, maggiore libertà e autorità
5. Produrre report periodici sull’attività e metterli a disposizione del collaboratore
6. Introdurre compiti ed attività nuovi e complessi
7. Affidare alle persone attività molto specialistiche, che consentono loro di crescere e diventare esperti in campi specifici
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Secondo Hackman e Oldham la motivazione è legata ad alcuni fattori intrinseci del lavoro stesso:
ü il significato del lavoro (la persona deve percepire come importante il proprio lavoro)
ü la responsabilità (la persona deve essere certa di rispondere personalmente dei risultati ottenuti)
ü la conoscenza dei risultati (la persona deve sapere se gli esiti del lavoro sono soddisfacenti oppure no)
Modello delle caratteristiche del lavoro
Nell’assegnare/organizzare le attività ai propri collaboratori sarà quindi opportuno:
• combinare le attività, accorpando i compiti più elementari
• organizzare unità di lavoro “naturali”, evitando di frammentare attività che possiedono al loro interno un senso compiuto
• favorire la relazione con i clienti, interni e/o esterni, al fine di far percepire alle persone il senso di utilità della loro attività e di avere un feedback sulla prestazione
• attribuire responsabilità individuali, in modo da far sentire le persone direttamente responsabili dei risultati del proprio lavoro
• incrementare la discrezionalità, attribuendo potere decisionale e possibilità di gestione/controllo delle risorse
• aprire canali diversi di feedback: sia intrinseco al compito, sia fornito da altri soggetti, in modo diretto o indiretto 53
L’equità Secondo la teoria dell’equità di Adams, la motivazione dipende dal modo in cui le persone si percepiscono in relazione agli altri e la disponibilità a investire energie nel lavoro dipende dal confronto con l’impegno degli altri.
Uno stato di equità si determina in un soggetto quando la sua percezione del rapporto tra ciò che fornisce nello scambio (cultura, formazione, competenze, livello di prestazione) e ciò che riceve (retribuzione, riconoscimenti, ecc.) coincide con la percezione di un analogo rapporto con un’altra persona, in termini di rapporto tra risultati conseguiti e apporti individuali.
Equità e partecipazione
La partecipazione
Secondo altre teorie, leva fondamentale a sostegno della motivazione è la partecipazione, in quanto – intesa come accordo su obiettivi comuni - accresce il potere di autodeterminazione delle persone.
Ci sono molte aree di attività in cui è possibile realizzare un livello più elevato di partecipazione: ü trasformazione di obiettivi più generali in obiettivi specifici ü presa di decisione ü condivisione delle informazioni (visibilità sui processi e sulle strategie/finalità generali) ü individuazione, analisi e soluzione dei problemi
ü definizione di valori e politiche
ü attuazione e monitoraggio degli interventi di cambiamento
ü controllo delle risorse
Maria Cris(na Rocco 54
Modello del flusso di Csíkszentmihályi
Difficoltà
Abilità
FLUSSO sfida
(eustress)
Ansia (distress)
Disinteresse (noia)
Generalmente ogni individuo è in grado di decidere su cosa vuole
concentrare la propria attenzione. Tuttavia, quando si è
in stato di flusso si è completamente assorbiti
nell'azione e, senza prendere coscientemente una decisione, si perde la consapevolezza di tutte le altre cose: tempo, persone, distrazioni e persino esigenze
fisiologiche. Ciò si verifica perché tutta l'attenzione è
occupata da quella particolare azione e non ne resta per le altre
attività, pur necessarie.
Maria Cris(na Rocco 55
E’ la risposta emotiva di una persona nei confronti dei diversi aspetti del lavoro . Dipende da molte variabili, tra cui:
• Tipologia del lavoro • Riconoscimenti • Retribuzione • Carriera • Rapporti con capi e colleghi • ecc
Soddisfazione lavorativa
Impegno verso l’organizzazione
Coinvolgimento nel lavoro
Azioni di rinforzo
Riflette quanto la persona si identifica con l’organizzazione per cui lavora e si impegna per raggiungerne gli obiettivi
Misura quanto una persona è assorbita, occupata e preoccupata dal proprio lavoro
• Soddisfazione dei bisogni • Riduzione delle discrepanza tra
aspettative e realtà • Realizzazione di valori
personali • Equità percepita
• Esempio del capo • Valori aziendali condivisi • Politiche di valorizzazione RU
Aumentare la motivazione intrinseca, agendo su: • discrezionalità del lavoro • competenza tecnica • obiettivi “ben formati” • riconoscimento dei progressi
Atteggiamenti nei confronti del lavoro
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Esiste una correlazione positiva di reciproco rinforzo fra i tre atteggiamenti, e tutti contribuiscono
direttamente al miglioramento della performance.
Secondo la scuola della Social Identity Theory quanto più un individuo si identifica con la propria organizzazione e, quindi, quanto più si sente parte di essa, tanto maggiormente si adopera per l’organizzazione e tende ad assumere atteggiamenti imprenditoriali e proattivi.
L’identificazione dipende dalla presenza di condizioni gestionali quali:
• la conoscenza del sistema organizzativo, delle strategie, del significato del lavoro di ciascuno;
• l’informazione relativa ai processi produttivi, alla qualità� attesa/realizzata, agli atteggiamenti/comportamenti dei clienti, ai risultati di business, agli eventi interni/esterni;
• il potere come discrezionalità� e autonomia di agire, prendere decisioni, organizzare le proprie attività� in ogni loro aspetto;
• la ricompensa in termini di ritorno di risultato di business, crescita nelle proprie capacità, orgoglio per il contributo al funzionamento dell’organizzazione.
L’identificazione con l’azienda
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Le tipologie di bisogni individuali di Mc Clelland
Realizzazione Affiliazione Potere
Incentivo che lo attiva
Caratteristiche personali
Conseguenze sociali
Fare qualcosa di meglio, mostrare cosa si sa fare
Prestigio, esercizio dell’influenza sugli altri
Piacere di interazione, avere o curare una relazione affettiva
positiva, lavorare con amici
Realiste, realizzative, personalmente
responsabili, più attive rispetto alla media,
attente al feedback sulla propria prestazione per
migliorarsi
Alla ricerca di una posizione di leadership,
orientate alla competizione per
prevalere
Orientate al dialogo, cooperative,
conformiste, che evitano il conflitto, la
competizione e le critiche
Perseguimento del successo professionale, non per carriera ma per il piacere di mettersi alla
prova
Raggiungimento di posizioni manageriali, professioni influenti e
prestigiose, riconoscimento in piccoli
gruppi
Assunzione di un ruolo gregario o di facilitatore
Secondo Mc Clelland, ciascuno di noi ha 3 tipi di bisogni, ma uno è predominante e richiede di essere soddisfatto in via prioritaria
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Spinta al raggiungimento di obie1vi individuali
Successo e miglioramento con5nuo
Realizzazione
Affiliazione
Potere
LEVE MOTIVAZIONALI
§ Obie8vi sfidan1 § Feedback con1nui § Sforzo personale § Formazione professionale § Delega, autonomia
Spinta a esercitare influenza, controllo e guida sugli altri.
Pres5gio
Spinta a sviluppare relazioni durature, posi5ve ed
importan5
§ Collaboratori § Visibilità § Compe1zione § Responsabilità di risorse § Coinvolgimento nelle decisioni
§ Apprezzamen1 § Lavoro di gruppo § Partecipazione ad un progeOo § Re1 sociali § Buon clima aziendale
Le azioni motivazionali
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La motivazione intrinseca di Thomas
Significato del lavoro
Possibilità di scelta
Oltre alle ricompense esterne, le persone traggono la propria motivazione dalle ricompense intrinseche ottenute dal lavoro (in termini di percezione personale). Per molti individui, esse costituiscono il fattore motivazionale più rilevante.
Sensazione di competenza
Senso di miglioramento
Opportunità di perseguire obiettivi che
valgano il tempo e l’energia loro dedicati
CONTENUTI DEL LAVORO
SCOPI DEL LAVORO
Realizzazione di un lavoro complesso e di qualità in cui si utilizzino le proprie
abilità
Opportunità di selezionare attività e modalità utilizzando il proprio senso critico
Realizzazione provata nel fare via via
progressi e raggiungere gli obiettivi
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Formare ed affiancare
Responsabilizzare e delegare
COSA PUO’ FARE ALLORA IL CAPO?
Monitorare e riconoscere i
meriti Ispirare e
dare l’esempio
Azioni del capo per favorire la motivazione intrinseca
Kenneth Thomas
ispirando i propri collaboratori e modellando i comportamenti desiderati
ü Ambiente non cinico ü Passioni chiaramente identificate ü Missione aziendale credibile e stimolante ü Obiettivi delle attività coerenti tra loro ü Attività “complete”
responsabilizzando i propri collaboratori e delegando loro mansioni e compiti importanti
ü Delega ü Fiducia nei collaboratori ü Non perseguimento di errori privi di
intenzione ü Obiettivi chiari ü Informazione
sostenendo ed affiancando i propri collaboratori ü Formazione e addestramento ü Feedback positivi specifici ü Riconoscimento delle capacità ü Sfide ü Standard elevati
monitorando e riconoscendo i meriti dei propri collaboratori
ü Clima collaborativo ü Enfasi sui risultati raggiunti ü Celebrazioni dei successi ü Accesso ai clienti (interni/esterni) ü Misurazione dei miglioramenti
Migliorare il significato del lavoro
Aumentare le possibilità di scelta
Accrescere la sensazione di competenza
Aumentare il senso di miglioramento
Rispetto a tale modello, il compito dei capi è quello di creare le condizioni favorevoli affinché le ricompense intrinseche si sviluppino. A tal scopo essi devono attivarsi per:
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Riepilogando: Come motivare le persone?
• Attraverso l’esempio ed il «contagio motivazionale»
• Assegnando obiettivi sfidanti
• Arricchendo il contenuto del lavoro (varietà e/o specializzazione)
• Dando feedback specifici
• Riconoscendo i meriti ed i progressi
• Aumentando la competenza specialistica delle persone
• Delegando (con sempre maggiore discrezionalità)
• Dando visibilità
• Coinvolgendo nelle decisioni
• Chiedendo pareri e proposte
• Mantenendo un clima piacevole di reciproca disponibilità
• Creando momenti/lavori di gruppo
• Assicurando l’accesso al «pubblico»
• …
Ricordiamoci però che ognuno di noi è motivato
da leve diverse!!!
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I bisogni dei collaboratori
Economici Retribuzione
Status Benefit
Sicurezza Stabilità, regole
Autonomia Discrezionalità
Sociali Clima positivo
Gerarchia Capo autorevole
Crescita Formazione, sviluppo
Novità Sfide, cambiamento
Stima Apprezzamenti
Libertà Flessibilità
Potere Grado gerarchico
Quali sono i bisogni prevalenti dei vostri collaboratori?
E quindi le possibili azioni motivazionali?
I must
Per chi vuole approfondire…
§ Essere leader, di D. Goleman, R.E. Boyatzis, A. McKee, Ed. BUR, 2004
§ L'ottava regola, di S. R. Covey, Ed. Franco Angeli, 2005
§ Il grid della leadership, di R. Blake e A. Adams Mc Canse, Ed. Franco Angeli, 1996
§ Leadership situazionale: come valutare e migliorare le capacità di gestione e di guida degli uomini, di P. Hersey e K. Blanchard, Ed. Sperling & Kupfer, 1989
§ Gli stili di direzione, di Blake R. e Mouton J., Ed. Etas Kompass, 1969
§ La leadership risonante, di R. Boyatzis e A. McKee, Ed. Etas, 2006
§ La leadership trasformazionale: come migliorare l'efficacia organizzativa, di Bernard M. Bass, Bruce J. Avolio, Ed. Guerini, 1996
§ Leadership e visione creativa, di R. B. Dilts, Guerini e Associati, 1998
§ La perfetta arte di motivare, di M. Aguilar, 2010, Lupetti Editore
§ La direzione assertiva, di M. Burley-Allen, 2014, Ed. Franco Angeli
Bibliografia essenziale
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