Gestione ru ss

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LA GESTIONE E MOTIVAZIONE DEI COLLABORATORI Maria Cristina Rocco Gennaio 2015

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LA GESTIONE E MOTIVAZIONE DEI COLLABORATORI

Maria Cristina Rocco

Gennaio 2015

Il capo deve

•  avere visione (costruire e comunicare senso, individuare ed esplicitare chiaramente gli obiettivi),

•  dare l’esempio (essere credibile e coerente),

•  guidare e dare feedback costruttivi,

•  delegare e responsabilizzare,

•  sollecitare le persone (motivandole e rinunciando a colpevolizzare l’errore),

•  condividere metodi ed informazioni,

•  curare i rapporti con le persone e il clima generale,

•  valorizzare e far crescere i collaboratori,

•  …

2  

Il ruolo del capo

Maria  Cris(na  Rocco  

Il leader fa le cose giuste

Leader è chi:

§  ha una visione ampia

§  si occupa del “cosa” e del “perché”

§  muove verso la visione

§  pensa in termini di innovazione e sviluppo futuri e affronta il cambiamento

Bennis, 1989

Il manager fa le cose nel modo giusto

Manager è chi:

§  ha una visione focalizzata

§  si occupa del “come”

§  punta al controllo

§  gestisce la stabilità ed il presente

§  affronta la complessità

Leader o manager?

3  Maria  Cris(na  Rocco  

(Basso) Orientamento al compito (Alto)

(Bas

so)

O

rien

tam

ento

alle

rel

azio

ni

(Alt

o) Stile partecipativo

Il capo facilita e sostiene gli sforzi dei collaboratori nello strutturare il proprio lavoro sulla base di linee guida e li

incoraggia a risolvere problemi e prendere

decisioni

Stile persuasivo

Il capo decide dopo aver coinvolto i collaboratori, spiega il perché delle sue decisioni e incoraggia i

collaboratori riconoscendone meriti e

progressi

Stile direttivo

Il capo pianifica ed organizza tutto il lavoro, fornisce

istruzioni specifiche e controlla in modo puntuale le fasi di esecuzione

Stile delegante

Il capo stabilisce gli obiettivi da raggiungere e consente ai collaboratori di strutturare in modo autonomo le attività e

di prendere decisioni all’interno del quadro di

riferimento stabilito

Gli stili manageriali

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Grid manageriale di Blake e Mouton

Maria  Cris(na  Rocco  

competenza tecnica ed esperienza

alta

bassa

motivazione ed assunzione di responsabilità

alta bassa

Esiste un’altra variabile importante su cui basare lo stile manageriale…

I collaboratori! Essi possono essere “catalogati”, secondo Hersey e Blanchard, rispetto a due variabili:

•  competenza tecnica ed esperienza (cd. “maturità lavorativa”)

•  motivazione ed assunzione di responsabilità (cd. “maturità psicologica”)

La leadership situazionale di Hersey e Blanchard

Indipendentemente dallo stile che gli viene più “naturale”, il capo dovrà adottare lo stile di gestione più adeguato al

contesto e alle persone che si trova a coordinare. Sarà

quindi importante procedere ad una “mappatura” delle

risorse a disposizione Principiante

Indipendente Partner

Volenteroso

5  

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competenza tecnica ed esperienza

alta

bassa

motivazione ed assunzione di responsabilità

alta bassa

Stile partecipativo

PARTNER Maturità:

lavorativa alta, psicologica bassa

Gli stili di gestione: le combinazioni “ottimali”

Stile delegante

INDIPENDENTE Maturità:

lavorativa e psicologica alta

Stile persuasivo

VOLENTEROSO Maturità:

lavorativa bassa, psicologica alta

Stile direttivo

PRINCIPIANTE Maturità:

lavorativa e psicologica bassa

Maria  Cris(na  Rocco  

Maria  Cris(na  Rocco   7  

Ogni collaboratore attraversa, nel suo percorso professionale, stadi diversi di maturità lavorativa e psicologica.

Inoltre in uno stesso momento può essere principiante, volenteroso, partner o indipendente rispetto ad un determinato ambito di competenza, e quindi richiedere al capo comportamenti e stili manageriali diversi.

Il capo dovrà comunque tendere, adottando comportamenti manageriali che vanno dallo stile direttivo a quello delegante, a portare i collaboratori ad un livello di indipendenza (perlomeno in alcune aree di attività).

La gestione in ottica di sviluppo

I comportamenti efficaci 1/2

•  Scomporre le attività complesse in compiti specifici e delimitati

•  Stabilire obiettivi semplici e a breve termine

•  Definire procedure e schemi standard

•  Chiarire il compito nel dettaglio, affiancare e monitorare con feedback continui

•  Decidere, guidare, pianificare, risolvere i problemi

•  Insegnare e rassicurare

•  Ascoltare e dedicare attenzione alle idee ed opinioni dei collaboratori

•  Decidere, spiegando le ragioni delle scelte

•  Aggiornare e coinvolgere nelle questioni importanti

•  Supportare i collaboratori nella risoluzione dei problemi

•  Incoraggiare e riconoscere i meriti ed i progressi

•  Insegnare e alimentare la motivazione

Con il PRINCIPIANTE Collaboratore con

maturità lavorativa e

psicologica bassa

Con il VOLENTEROSO Collaboratore con

maturità lavorativa bassa e

psicologica alta

8  Maria  Cris(na  Rocco  

I comportamenti efficaci 2/2

Con il PARTNER Collaboratore con

maturità lavorativa alta e psicologica bassa

Con l’INDIPENDENTE Collaboratore con

maturità lavorativa e

psicologica alta

•  Lasciar decidere i collaboratori, nell’ambito delle linee guida prestabilite, condividendo le scelte di fondo

•  Fornire il quadro strategico (dati di sistema, evoluzione del contesto) •  Dare fiducia e rassicurare i collaboratori, incoraggiandoli e

sostenendoli, soprattutto nella fase realizzativa •  Riconoscere e dare significato al ruolo •  Mantenere il clima di gruppo e gestire i conflitti •  Dare responsabilità su obiettivi semplici e condivisi

•  Delegare attività e responsabilità, definendo le linee guida generali, i vincoli e le sfere di competenza

•  Garantire l’integrazione/coordinamento tra i collaboratori al fine di sviluppare sinergie di gruppo

•  Agevolare la condivisione di know-how fra i collaboratori per creare patrimonio informativo comune

•  Garantire il supporto in casi eccezionali (solo su richiesta)

•  Fornire supervisione e controllo sui risultati, non sul processo

9  Maria  Cris(na  Rocco  

(Basso) Orientamento al compito (Alto)

(Bas

so)

Ori

enta

men

to a

lle r

elaz

ioni

(

Alt

o)

Stile partecipativo Stile persuasivo

Stile direttivo Stile delegante

Maturità: lavorativa alta,

psicologica bassa

Maturità: lavorativa bassa, psicologica alta

Maturità: lavorativa e psicologica alta

Maturità: lavorativa e psicologica bassa

La “campana” di Hersey e Blanchard, ovvero lo sviluppo delle risorse

“VISIONE HR” è

vedere nelle persone quel che possono diventare e avviarle allo

sviluppo

10  Maria  Cris(na  Rocco  

Teoria X ed Y di Mc Gregor

§  TEORIA Y

§  Impegnarsi sul lavoro è nella natura umana, esattamente come riposarsi

§  Il lavoro può essere fonte di soddisfazione o di pena

§  Le persone si autocontrollano per raggiungere gli obiettivi verso cui si sono impegnati

§  Le persone, in condizioni adatte, cercano le responsabilità

§  Le persone hanno generalmente un potenziale non adeguatamente utilizzato in azienda, anche in termini di creatività e problem solving

EFFETTO PIGMALIONE La convinzione del capo fa la differenza, in quanto induce il collaboratore a comportarsi

in modo da rispettare l'immagine che ha di lui.

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TEORIA X

§  Le persone hanno un’avversione innata per il lavoro e fanno di tutto per evitarlo

§  Sono quindi necessari controlli e punizioni per ottenere l’adempimento dei compiti

§  Le persone non amano le responsabilità e cercano solo sicurezza

Maria  Cris(na  Rocco  

Evoluzione dei modelli di leadership

Tre persone erano al lavoro in un cantiere edile. Avevano il

medesimo compito, ma quando fu loro chiesto quale fosse il loro

lavoro, le risposte furono diverse.

"Spacco pietre" rispose il primo.

"Mi guadagno da vivere“ rispose il secondo.

"Partecipo alla costruzione di una cattedrale" disse il terzo.

(Peter Schultz)

12  Maria  Cris(na  Rocco  

La visionary leadership è “Saper creare un mondo a cui le persone desiderino appartenere” (Gilles Pajou)

La relazione capo-collaboratore

Presupposti essenziali per una efficace gestione della relazione con i collaboratori è che il capo padroneggi:

•  la capacità di ascolto •  la capacità di dialogo

•  la capacità di dare e ricevere feedback

13  Maria  Cris(na  Rocco  

“Se la gente si ascoltasse di più, parlerebbe di meno” Regola di Courtois

Sappiamo ascoltare? L’ascolto attivo è una tecnica di comunicazione. In quanto tecnica, non ha nulla a che vedere con la cortesia, l’educazione o l’essere gentili. L’ascolto “vero”, spesso definito “attivo”, richiede grande impegno e concentrazione (non ci viene così naturale…).

L’ascolto attivo

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L’ascolto attivo ci consente di: Ø  cogliere tutta una serie di informazioni sul

modello mentale dell’interlocutore (ovvero il modo in cui interpreta i fatti, le sue aspettative e motivazioni), per poi rimodulare il messaggio in funzione del destinatario;

Ø  mantenere/rafforzare la sintonia con l’interlocutore, in quanto favoriamo nell’altro l’approfondimento cognitivo e la produzione di pensiero.

Maria  Cris(na  Rocco  

Gli errori tipici di ascolto

Diversamente dalle strategie di NON ASCOLTO, gli errori di ascolto vengono compiuti in modo spesso inconsapevole. In tal modo la persona non si accorge del messaggio di MANCATO ASCOLTO che viene ricevuto dall’interlocutore.

Gli errori tipici sono:

Generalizzazione e riporto al sé

Incongruenza tra linguaggio verbale e linguaggio corporeo

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Offerta soluzione preconfezionata

Maria  Cris(na  Rocco  

Le tecniche per l’ascolto

Ø  Sospendere i giudizi di valore e l'urgenza classificatoria

Ø  Osservare ed ascoltare, ricordando che il silenzio aiuta a capire e che il vero ascolto è sempre nuovo, non è mai definito in anticipo in quanto rinuncia ad un sapere già acquisito

Ø  Mettersi nei panni dell'altro - dimostrare empatia, cercando di assumere il punto di vista del proprio interlocutore

Ø  Verificare la comprensione, sia a livello dei contenuti che della relazione, riservandosi la possibilità di fare domande aperte

Ø  Curare la logistica, ovvero il contesto fisico-spaziale dell'ambiente, per favorire la comunicazione

Marianella Sclavi

16  Maria  Cris(na  Rocco  

La capacità di dialogo

Il dialogo è una forma di conversazione che consente ai partecipanti di rilassarsi quanto basta per cominciare a esaminare gli assunti che stanno alla base dei

loro processi di pensiero (Edgar Schein).

Invece di cercare di risolvere il problema velocemente, il processo dialogico cerca di rallentare la conversazione per permettere alle persone di riflettere su cosa esce dalle loro labbra e di ascoltare quanto esce dalle labbra altrui.

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La chiave per iniziare una conversazione dialogica è la creazione di un ambiente in cui le persone si sentano sicuri, così che l’esigenza di vincere la discussione sia sospesa, così come lo sia la necessità di chiarire ogni cosa che viene detta o di mettersi reciprocamente alla prova ogni volta che si è in disaccordo.

Maria  Cris(na  Rocco  

ü  sul contenuto (attese/risultato)

Il feedback

Incide sulla modifica dei comportamenti/azioni

Incide sullo sviluppo della motivazione e della self-efficacy

§  Ogni capo fornisce feedback continui ai propri collaboratori, attraverso la propria comunicazione verbale e non verbale (anche senza rendersene conto!)

§  Ogni feedback dà due tipi di informazioni:

ü sulla relazione

Il feedback risulta maggiormente efficace e costruttivo quando:

§  è basato su dati, informazioni, fatti e comportamenti specifici

§  è ancorato ad obiettivi ed attese concrete precedentemente esplicitati

§  viene espresso in forma soggettiva (con chiara responsabilità personale)

§  è chiaro (ovvero l’emittente ne ha verificato la comprensione da parte del ricevente)

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FEEDBACK

Maria  Cris(na  Rocco  

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Anche il capo può chiedere utili feedback ai propri collaboratori,

chiedendo loro: “Cosa potrei fare di diverso/meglio per aiutarti/venirti

incontro?”

ai collaboratori

Maria  Cris(na  Rocco  

Perché la gestione per obiettivi?

La   ges1one   per   obie8vi   (MBO   –   Management   by   Objec1ves)   è   una   metodologia   di  organizzazione   aziendale,   in   par1colare   di   ges1one   delle   risorse   umane,   di   sovente   u1lizzata  anche  nella  valutazione  della  performance  e  collegata  ad  un  sistema  di  incen1vi.    Essa   consiste   in   un   processo   aOraverso   il   quale   l'alta   direzione   ed   il   management   intermedio  stabiliscono  congiuntamente  gli  obie8vi  comuni,  definendo   le  proprie   responsabilità   in  base  ai  risulta1  da  raggiungere  ed  u1lizzando  ques1  ul1mi  come  riferimento  nella  ges1one  delle  singole  unità  e  nella  valutazione  dei  singoli  individui.  L'MBO   si   caraOerizza   per   la   sistema1ca   aOenzione   rivolta   al   potenziale   contributo   dei   singoli  manager,  indipendentemente  dal  loro  livello  gerarchico.  

La GESTIONE PER OBIETTIVI ha la finalità di migliorare i

risultati dell’organizzazione nel suo complesso e di

valorizzare le risorse umane, attraverso l’esplicitazione

delle attese di performance richieste dall’organizzazione

alle singole persone, in stretta coerenza con il ruolo e le

responsabilità assegnate.

20  Maria  Cris(na  Rocco  

Locke, Latham

Obiettivo GOAL

Compito TASK

Meta da raggiungere

Discrezionalità

Sviluppo/motivazione

Valutazione/feedback

Attività da svolgere

Prescrittività

Rischio di demotivazione

SI/NO

Maria  Cris(na  Rocco   21 21

L’obiettivo definisce in modo chiaro e tangibile il RISULTATO che si vuole ottenere (DOVE devo arrivare).

L’obiettivo è “ciò che un individuo sta tentando di realizzare: l’oggetto o scopo di un’azione”. L’obiettivo prefissato, se accettato, funziona da motivatore (Edwin Locke).

L’obiettivo è ciò che dà senso all’azione, è la finalità ultima dell’attivazione

Cos’è un obiettivo?

La definizione degli obiettivi

Gli obiettivi influenzano positivamente la prestazione lavorativa quando: •  sono chiari e sono stati ben compresi dal collaboratore

•  sono coerenti tra loro e con l’orientamento strategico aziendale

•  sono motivanti, ovvero il collaboratore ha il desiderio di impegnarsi per il loro raggiungimento

•  il collaboratore ha idea del percorso per raggiungerli.

Nella definizione di un obiettivo, quanto più ampia è

la sfera di discrezionalità del collaboratore, quanto

più egli avrà la possibilità di valorizzare le proprie

attitudini e competenze

22  Maria  Cris(na  Rocco  

Gli obiettivi devono essere commisurati alle effettive caratteristiche delle persone o essere in grado di farle emergere. OBIETTIVI DIFFICILI conducono a prestazioni migliori. Le persone adattano lo sforzo alle difficoltà della meta da raggiungere e mostrano una perseveranza maggiore rispetto a compiti e obiettivi semplici.

DA EVITARE!!! “Fai del tuo

meglio” “Sai cosa devi

fare” ….

Si dà per scontato che c’è “DA FARE” e ci si focalizza sull’operatività, mentre si potrebbero attivare energie e comportamenti grazie al ragionamento su come raggiungere obiettivi più sfidanti e prestazioni migliori.

In caso di obiettivi difficili il feedback è molto più efficace e ricco (in termini di valore aggiunto per capo e collaboratore).

Come devono essere gli obiettivi?

Maria  Cris(na  Rocco   23  

SPECIFICI (concreti, ben definiti, rappresentabili in termini sensoriali)

MISURABILI (raggiungimento verificabile)

ATTUABILI (realizzabili e nella sfera di influenza della persona)

OBIETTIVI

REMUNERATIVI (dotati di senso e conseguenze positive)

TEMPIFICATI

La corretta definizione degli obiettivi: il test SMART

Se non sai dove stai andando, potresti andare a finire altrove

Yogi Berra … ed ESPLICITATI IN POSITIVO!

24  Maria  Cris(na  Rocco  

Gli obiettivi (goal) invece attivano, dirigono e sostengono la condotta canal izzando attenzione e sforzi in modo più specifico, fornendo quindi maggiori informazioni sulla meta che la persona si prefigura e consentendo una previsione più accurata dei possibili comportamenti per la riuscita.

Una meta non è solo un qualcosa che attira per compensare una mancanza (bisogno) o il riflesso di una preferenza prioritaria (valore), ma rappresenta uno scopo che nasce dall’interazione e dall’influenza reciproca tra la capacità della mente di proiettarsi nel futuro, di pianificare attivamente le azioni per raggiungere ciò che la persona desidera e le caratteristiche del mondo esterno che ne modulano la realizzazione. Caprara

I valori sono ciò che la persona ritiene importante. Rappresentano l’essenza della motivazione individuale e guidano le scelte che orientano i suoi obiettivi personali e le azioni future (e quindi le priorità). Ci consentono di comprendere perché una persona sceglie o preferisce un dato obiettivo o perché è disposta ad impegnarsi nel suo raggiungimento.

I bisogni sono il punto di partenza della spinta motivazionale: sono spinte ad agire per appagare carenze o disequilibri interni alla persona che perdono rilevanza e centralità non appena soddisfatti. Sono un i ve r sa l i . C i danno i n fo rmaz ion i sull’energia che sostiene ed influenza la scelta di un obiettivo.

La motivazione è ciò che spinge l’individuo ad iniziare, dirigere e sostenere la propria azione (Mc Clelland).

La motivazione e la teoria del goal setting

Maria  Cris(na  Rocco   25  

Gli obiettivi facilitano la prestazione attraverso i seguenti meccanismi:

§  focalizzano l’attenzione (percezione selettiva)

§  regolano lo sforzo (ottimizzano il consumo di energia, attraverso l’adeguamento proporzionale alla difficoltà)

§  aumentano la persistenza (nel lungo termine gli ostacoli diventano sfide, e si autoalimenta la voglia di continuare ad andare avanti)

§  incentivano piani di azione e strategie

§  creano l'opportunità per un nuovo apprendimento e miglioramento;

§  aiutano ad acquisire responsabilità e rispondere agli eventi controllando le proprie azioni.

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Locke

Perché il goal si traduce in prestazione?

Maria  Cris(na  Rocco  

La relazione tra obiettivo e prestazione è modulata da una serie di fattori che possono aumentarne o diminuirne la forza:

•  Impegno nell’obiettivo (goal commitment): è l’adesione profonda allo scopo, l’identificazione della persona nell’obiettivo in grado di sostenere la determinazione a raggiungere la meta; ciò avviene se il goal è desiderabile e accessibile;

•  Autoefficacia: convinzione di possedere la capacità di riuscire a raggiungere l’obiettivo e di riuscire ad utilizzare le proprie abilità efficacemente anche in situazioni difficili o critiche;

•  Abilità rispetto alle attività necessarie al raggiungimento dell’obiettivo (valutazione oggettiva delle capacità, che però risente dell’autoefficacia percepita)

•  Feedback che permette il monitoraggio dei risultati; sono informazioni di ritorno sulla prestazione nel durante verso il raggiungimento dell’obiettivo

•  Vincoli situazionali legati al contesto lavorativo (cultura organizzativa prevalente)

I moderatori della relazione tra goal e prestazione

27  Maria  Cris(na  Rocco  

Dipende dalle inclinazioni motivazionali del collaboratore (realizzazione, potere, affiliazione, sicurezza, varietà, ecc) ma anche dalla relazione tra capo e collaboratore (ad es., da come il capo “tratta” il fallimento)

Il goal committment viene influenzato dalla desiderabilità dell’obiettivo e dalla sua accessibilità:

Desiderabilità - VOGLIO FARLO •  Autorità = capo •  Influenza del gruppo dei pari •  Intensità del goal (entità dello sforzo cognitivo necessario) •  Inclinazioni motivazionali

Accessibilità – POSSO FARLO •  Autorità = capo •  Influenza del gruppo dei pari •  Intensità del goal (entità dello sforzo cognitivo necessario) •  Difficoltà del compito in sé •  Autoefficacia percepita

Il goal committment

28  Maria  Cris(na  Rocco  

La cultura è l’insieme di valori, modelli di comportamento, standard auspicati e norme da seguire.

Ci dice che cosa è giusto e conviene fare, in un’organizzazione.

La metodologia del goal setting funziona se ci sono alcuni presupposti, organizzativi e culturali:

•  Fiducia nei capi e loro credibilità

•  Responsabilizzazione del collaboratore (e delega del capo: ciò presuppone contesto non rigidamente prescritto e burocratico in cui siano possibili le autonomie)

•  Impegno personale nella riuscita (e non mero adempimento)

•  Comunicazione a due vie tra capo e collaboratore (confronto costruttivo)

•  Equità nel trattamento differenziato delle persone

•  Opportunità di crescita e sviluppo per chi si impegna e raggiunge gli obiettivi

I vincoli culturali

Maria  Cris(na  Rocco   29  

I vantaggi per il collaboratore

I vantaggi per l’organizzazione I vantaggi per il capo

I vantaggi della gestione per obiettivi: sintesi

Persone più responsabilizzate e inclini a gestire ostacoli ed emergenze sopravvenute

Migliore organizzazione, grazie ad una chiarezza dei ruoli e delle responsabilità

Facilità di modificare in tempi ristretti la direzione strategica dell’azienda

Coerenza tra mission e comportamenti, attraverso la disarticolazione verso il basso degli obiettivi Possibile legame al sistema incentivante

Attiva le capacità di problem solving, alla ricerca della miglior alternativa di azione e organizzazione

Garantisce una chiara esplicitazione delle attese del capo e dell’organizzazione

Permette di raggiungere il risultato utilizzando con maggiore discrezionalità le proprie competenze

Consente di capire se e come poter raggiungere il risultato, e di programmare un piano di azione

Dà senso al lavoro, motiva nel progresso verso l’obiettivo, dà modo di verificare il raggiungimento

Chiarezza delle attese e quindi facilità di valutazione e feedback

Consente di differenziare i gradi di autonomia e performance tra i diversi collaboratori

Fa crescere e motiva i collaboratori alzando via via l’asticella

Consente di programmare meglio l’attività dell’ufficio

Consente di attivare competenze dei collaboratori anche non note

30  Maria  Cris(na  Rocco  

La delega

Se vuoi veramente far crescere qualcuno,

non pescare tu il pesce

ma insegnagli a pescare…

Maria  Cris(na  Rocco   31 31

Potere autoritario: il capo impone le

decisioni

L’evoluzione del potere: l’empowerment G

rado

di

empo

wer

men

t

Condivisione dell’influenza: il

capo, nel prendere le decisioni, si consulta con i collaboratori

Condivisione del potere: il capo e i

collaboratori prendono le

decisioni

Distribuzione del potere: i collaboratori

hanno l’autorità di prendere le decisioni

Dominio Consultazione Partecipazione Delega

Riconoscimento e distribuzione del potere all’interno

dell’organizzazione, spostando il processo decisionale verso i

livelli più bassi

Valorizzazione delle conoscenze, esperienze e

motivazione interna dei collaboratori

Maria  Cris(na  Rocco   32  

I vantaggi per i collaboratori

I vantaggi per l’organizzazione I vantaggi per il capo

I vantaggi della delega

Maria  Cris(na  Rocco   33  

•  Rappresenta un’espressione di riconoscimento e fiducia da parte del capo

•  Dà loro la possibilità di accrescere le competenze ed esperienze

•  Permette loro di sentirsi più coinvolti nell’azienda

•  Favorisce la motivazione intrinseca sul lavoro

•  Permette loro di essere valutati su basi più ampie

•  Ci sono meno “colli di bottiglia” e “orticelli”

•  Si possono svolgere più processi in parallelo nello stesso periodo di tempo

•  Le risorse dei manager sono meglio distribuite verso i processi superiori “strategici”

•  Si beneficia di più competenze e punti di vista sui diversi processi aziendali

•  Le persone sono più responsabilizzate rispetto agli obiettivi da raggiungere

•  Riduce il carico operativo e libera tempo da dedicare ad attività più importanti

•  Aumenta la concentrazione su attività di programmazione, organizzazione, sviluppo delle persone, ecc

•  Responsabilizza e motiva i collaboratori

•  Consente di individuare i collaboratori che possono crescere

•  Consente di usufruire delle competenze dei collaboratori (anche dell’innovazione)

Perché non si delega?

•  Perché meglio di me non lo fa nessuno

•  Perché mi piace troppo

•  Perché mi consente di allentare un po’ la fatica

•  Perché poi magari perdo il controllo

•  Perché se lo faccio io faccio prima

•  Perché non c’è nessun altro all’altezza

•  Perché non ho certo il tempo di mettermi lì ad insegnare

•  Perché sono già tutti oberati di lavoro

•  Perché non posso correre rischi

•  Perché ho il timore di rompere certi equilibri…

•  Perché tanto nessuno la vuole, la delega, qui!

•  …

34  Maria  Cris(na  Rocco  

Riflessione per il capo…

Ciò che DEVO delegare

• Tutto ciò che mi piace tanto ma che non è strategico

•  Le attività semplici ma che magari richiedono molto tempo e/o concentrazione

Ciò che DOVREI delegare

•  I lavori di routine (rispetto ai quali diventa conveniente investire nella formazione)

Ciò che POTREI delegare

• Tutto ciò in cui qualcun altro potrebbe diventare più bravo di me

• Tutto ciò che è propedeutico ad un percorso di sviluppo di un collaboratore

Ciò che NON POSSO delegare

• Le responsabilità fondamentali di ruolo (gestione e sviluppo dei collaboratori, decisioni “strategiche”, …)

COSA si delega?

E comunque ricordiamoci che… La responsabilità di render conto verso l’alto

non si può delegare!

Maria  Cris(na  Rocco   35  

Maria  Cris(na  Rocco   36  

COME si delega?

La delega avviene con una comunicazione.

C’è quindi sempre un aspetto di contenuto ed uno di relazione. Entrambi sono importanti per evitare fraintendimenti.

Dal punto di vista del contenuto, il capo deve chiarire che sta assegnando un obiettivo e quindi affidando una delega da cui si aspetta un risultato. La delega non può essere comunicata come fosse un consiglio o una preghiera.

Occorre definire:

•  la finalità ultima, il contesto, il “senso” della delega

•  l’obiettivo in termini SMART

•  il parametro o check di verifica

•  le risorse disponibili

•  i vincoli predefiniti

•  i tempi (ovvero le scadenze)

•  le modalità di controllo.

Maria  Cris(na  Rocco   37  

COME si delega?

Se il collaboratore RIFIUTA la delega, ricercare i motivi. Potrebbe trattarsi di: •  Insufficiente competenza tecnica o esperienza •  Percezione di risorse inadeguate per far fronte

all’impegno •  Scarsa motivazione •  Scarso senso di autoefficacia •  Relazione di fiducia incrinata (con il capo o l’azienda) •  Obiettivi o priorità poco chiare •  Percezione di inutilità •  Percezione che il risultato non verrà riconosciuto •  …

Il capo può comunque sempre imporre l’obiettivo, ricorrendo allo stile direttivo: in tal caso deve attuare supporto e controlli puntuali.

Dal punto di vista della relazione, occorre accertarsi che la delega sia stata accettata, nel senso che il collaboratore si sia assunto l’impegno. Solo così il capo potrà contare sulla capacità di “autodirezione e autocontrollo verso il risultato” del collaboratore.

I livelli di delega

Responsabilità +

discrezionalità

•  Autonomia decisionale

Autorità •  Riconoscimento all’esterno

Risorse •  Autonomia di

mezzi e persone

38  Maria  Cris(na  Rocco  

L’ampiezza della delega dipende dal grado di “maturità” del collaboratore.

La delega è resa più o meno ampia a seconda di come vengono definiti:

L’ampiezza della delega

i tempi (breve, medio o lungo),

le linee guida (di dettaglio oppure generali),

le opzioni a disposizione (predefinite oppure non

definite)

le modalità di verifica (puntuali o a campione)

Maria  Cris(na  Rocco   39  

Destinatari della delega

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Vale sempre il principio generale, secondo cui il capo “eccellente” si cura di definire adeguati percorsi di sviluppo per tutti i suoi collaboratori e non attua la “delega random” generando il “collaboratore jolly”. A chi potrebbe delegare? Può scegliere tra CHI: •  ha entusiasmo •  si sta demotivando o “staccando” dal lavoro •  ha tempo libero •  ha attitudini particolari •  ha esperienze pregresse utili •  fa da troppo tempo le stesse cose, nello stesso modo •  potrebbe diventare la sua “panchina” •  potrebbe eliminare un “collo di bottiglia” •  …

Maria  Cris(na  Rocco  

Il monitoraggio

* Riconoscere i meriti

Riconoscere i progressi

Riorientare verso gli obiettivi

Maria  Cris(na  Rocco   41  

Assegnazione obiettivo

Scadenza ultima

Scadenza assegnata

Tempo per recupero

Check di verifica

Feedback

Check di verifica

Feedback

Check di verifica SI/NO

Check di verifica

Feedback

Attività rigidamente prescritta

A seconda della maturità del collaboratore, allungherò i tempi tra un check e l’altro

aumentando la discrezionalità e l’ambito di responsabilità.

Varieranno di conseguenza le modalità di feedback.

Le regole d’oro nella delega

•  Delegate gli obiettivi, non i compiti specifici o le procedure (assicuratevi che ci sia discrezionalità nel COME arrivare all’obiettivo)

•  Assicuratevi che il collaboratore sia realisticamente in grado di gestire la delega (abbia la competenza e l’esperienza necessarie)

•  Fornite istruzioni chiare e precise, assicurandovi che siano state realmente comprese

•  Definite con precisione i vincoli e le risorse disponibili

•  Accordatevi sui tempi (inizio, durante e fine) e richiedete un impegno esplicito

•  Date – e dimostrate - fiducia e supporto a chi delegate

•  Definite o concordate dei parametri e dei criteri per la valutazione dei risultati attesi (quantitativi e qualitativi)

•  Definite (o concordate) i momenti e le modalità di verifica, differenziando a seconda della “maturità” del collaboratore

•  Monitorate lo stato di avanzamento tramite feedback costruttivi

•  Dimenticatevi del problema e focalizzatevi sui risultati!

Maria  Cris(na  Rocco   42  

La delega: le cose da NON fare

•  NON delegate ciò che non è utile o importante

•  NON delegate sempre e solo ciò che non vi interessa

•  NON abbandonate la persona a se stessa

•  NON intromettetevi nel durante dell’operatività, neanche con consigli (se non richiesti!)

•  NON punite automaticamente gli errori, ma fate che essi diventino occasione di apprendimento

43  Maria  Cris(na  Rocco  

Piano di azione sulla delega

•  Utilizzando la griglia delle attività delegabili, individuare attività e collaboratore a cui delegare

•  Eventualmente scomporre le macroattività strategiche in microattività delegabili

•  Fare piano di azione per ogni collaboratore

•  Prevedere formazione, training on the job, azioni di motivazione, percorso di crescita

•  Valutare il tempo liberato e sostituire con attività a maggior valore aggiunto manageriale

•  Individuare modalità di monitoraggio adeguate

44  Maria  Cris(na  Rocco  

La motivazione

L’ottava regola di Covey

Eccitazione creativa

Impegno sincero

Cooperazione vivace

Accondiscendenza compiacente

Obbedienza malevola

Ribellione o licenziamento

Le persone hanno scelta. Consciamente o inconsciamente decidono quanto di loro stesse dedicheranno al lavoro, a seconda delle opportunità che vengono loro offerte di:

•  usare le proprie intelligenze (secondo Covey);

•  soddisfare i propri bisogni (secondo Maslow, McClelland, Herzberg, Robbins).

45  Maria  Cris(na  Rocco  

La motivazione è il processo mediante il quale il comportamento diretto a uno scopo è avviato e sostenuto dalle aspettative e dai risultati delle proprie azioni, dal senso di autoefficacia personale percepita nel realizzare queste azioni e dall’autovalutazione dei progressi che si stanno facendo

durante il percorso che porta al raggiungimento dell’obiettivo.

La teoria cognitivista di Bandura

Credenze della persona Meritevole di responsabilità

ME LO FANNO FARE Capace

POSSO FARLO

Idoneo ed ecologico E’ LA COSA GIUSTA

DA FARE Possibile

SI PUO’ FARE

Desiderabile VOGLIO FARLO

Azioni del capo

Fornire nuove mappe cognitive ed esperienze

di riferimento per formare il piano

Fornire supporto relazionale e strumenti adeguati per definire il

percorso verso il risultato

Dare fiducia Dare il senso Dare feedback

piano PERSONA COMPORTAMENTO RISULTATO percorso

Maria Cristina Rocco 46

BASARSI SULLE ESPERIENZE PASSATE…"“Non sono mai riuscito a farlo” "

ERGO "“Inutile provare”"

BASARSI SULLE CONVINZIONI DEGLI ALTRI…"“Tutti mi dicono che è inutile/impossibile”"

ERGO"“Inutile provare”"

Le convinzioni limitanti

E il locus of control?!

!Maria  Cris(na  Rocco   47  

La piramide dei bisogni di Maslow

Bisogni di autorealizzazione (crescita, successo, distinzione e

leadership)

Bisogni di stima (rispetto, considerazione,

ammirazione, forma fisica

Bisogni di appartenenza (amore, amicizia, convivenza,

compagnia)

Bisogni di sicurezza

(abitazione, protezione fisica, difesa personale)

Bisogni fisiologici (fame, sete, ripararsi)

La soddisfazione di tali bisogni garantisce:

La sopravvivenza

Protezione e tranquillità

Accettazione e integrazione

Realizzazione identità/aspettative e posizione

sociale

Rispetto, approvazione, sentirsi competenti ed

utili

Secondo Maslow, il bisogno del livello più

basso determina la motivazione

Non appena tale bisogno sarà soddisfatto, verrà sostituito da un bisogno

di ordine superiore

Le modalità di soddisfazione di un

bisogno sono del tutto soggettive

isti

nto

puls

ione

Maria  Cris(na  Rocco   48  

La soddisfazione dei bisogni di Robbins

SICUREZZA

Sicurezza fisica, continuità, stabilità

VARIETA’

Novità, sfida, divertimento

RELAZIONE

Socialità, amicizia,

unione

IMPORTANZA

Riconoscimento, apprezzamento, stima degli altri

Dobbiamo garantire un EQUILIBRIO fra le 4 zone di soddisfazione dei bisogni,

altrimenti subentrano

l’INSICUREZZA e lo STRESS.

Raggiungere l’equilibrio significa assicurarsi la tranquillità

(ZONA COMODA).

CRESCITA

Personale, professionale,

economica

CONTRIBUTO

Supportare gli altri, insegnare, far crescere le

persone

Nel lungo periodo però non è sufficiente, occorre aggiungere un SENSO, una DIREZIONE, una

sensazione di MOVIMENTO e CRESCITA

Maria  Cris(na  Rocco   49  

La teoria bifattoriale di Herzberg

•  Relazioni interpersonali povere con i superiori

•  Relazioni interpersonali povere con i colleghi

•  Inadeguata supervisione tecnica

•  Regole ed amministrazione aziendali povere

•  Precarie condizioni di lavoro

•  Problemi personali dei lavoratori

Fattori di insoddisfazione

– igienici - esterni al lavoro

Fattori di soddisfazione

-motivazionali-interni al lavoro

•  Il successo

•  Il riconoscimento

•  Il lavoro in sé

•  La responsabilità

•  La promozione

Maria  Cris(na  Rocco   50  

Progettazione/riorganizzazione del lavoro di Herzberg e Argyris Tale approccio considera il lavoro in sé come l’elemento centrale che influenza la motivazione delle persone. Il capo può modificare singoli compiti o sistemi di compiti interdipendenti al fine di migliorare la qualità del lavoro del collaboratore e quindi la sua produttività.

Gli approcci motivazionali all’organizzazione del lavoro mirano ad incrementare la soddisfazione ed il coinvolgimento emotivo dei lavoratori limitando al contempo l’assenteismo, l’elevato turnover, le scarse prestazioni e l’aumento degli errori.

Esistono 3 strategie per riprogettare le attività lavorative assegnate alla persona:

ü  il job enlargement

ü  la job rotation

ü  il job enrichment

Le azioni motivazionali

implica la rotazione dei lavoratori da una postazione specializzata all’altra, con grandi benefici in termini di: •  flessibilità delle persone (interscambiabilità) •  comprensione delle esigenze del collega (integrazione interfunzionale) •  crescita e sviluppo delle competenze individuali

consiste nello sviluppo orizzontale del lavoro, ovvero nell’ampliamento delle mansioni, in modo da dare più varietà al lavoro. In particolare, vengono combinate mansioni specializzate di complessità simile.

Maria  Cris(na  Rocco   51  

Job enrichment: lo sviluppo verticale del lavoro

Consiste nella modifica dell’organizzazione del lavoro in modo da dare la possibilità al lavoratore che lo svolge di realizzarsi e sperimentare riconoscimento, esecuzione di un compito stimolante, responsabilità e avanzamento di carriera.

I principi da seguire per lo sviluppo verticale di un lavoro sono, secondo Herzberg:

1.  Ridurre parte dei controlli, pur mantenendo la responsabilità

2.  Aumentare la responsabilità dell’individuo sul proprio lavoro

3.  Affidare ad una persona la responsabilità di un’intera unità organizzativa

4.  Dare al collaboratore, nel suo ambito di competenza, maggiore libertà e autorità

5.  Produrre report periodici sull’attività e metterli a disposizione del collaboratore

6.  Introdurre compiti ed attività nuovi e complessi

7.  Affidare alle persone attività molto specialistiche, che consentono loro di crescere e diventare esperti in campi specifici

Maria  Cris(na  Rocco   52  

Secondo Hackman e Oldham la motivazione è legata ad alcuni fattori intrinseci del lavoro stesso:

ü  il significato del lavoro (la persona deve percepire come importante il proprio lavoro)

ü  la responsabilità (la persona deve essere certa di rispondere personalmente dei risultati ottenuti)

ü  la conoscenza dei risultati (la persona deve sapere se gli esiti del lavoro sono soddisfacenti oppure no)

Modello delle caratteristiche del lavoro

Nell’assegnare/organizzare le attività ai propri collaboratori sarà quindi opportuno:

•  combinare le attività, accorpando i compiti più elementari

•  organizzare unità di lavoro “naturali”, evitando di frammentare attività che possiedono al loro interno un senso compiuto

•  favorire la relazione con i clienti, interni e/o esterni, al fine di far percepire alle persone il senso di utilità della loro attività e di avere un feedback sulla prestazione

•  attribuire responsabilità individuali, in modo da far sentire le persone direttamente responsabili dei risultati del proprio lavoro

•  incrementare la discrezionalità, attribuendo potere decisionale e possibilità di gestione/controllo delle risorse

•  aprire canali diversi di feedback: sia intrinseco al compito, sia fornito da altri soggetti, in modo diretto o indiretto 53  

L’equità Secondo la teoria dell’equità di Adams, la motivazione dipende dal modo in cui le persone si percepiscono in relazione agli altri e la disponibilità a investire energie nel lavoro dipende dal confronto con l’impegno degli altri.

Uno stato di equità si determina in un soggetto quando la sua percezione del rapporto tra ciò che fornisce nello scambio (cultura, formazione, competenze, livello di prestazione) e ciò che riceve (retribuzione, riconoscimenti, ecc.) coincide con la percezione di un analogo rapporto con un’altra persona, in termini di rapporto tra risultati conseguiti e apporti individuali.

Equità e partecipazione

La partecipazione

Secondo altre teorie, leva fondamentale a sostegno della motivazione è la partecipazione, in quanto – intesa come accordo su obiettivi comuni - accresce il potere di autodeterminazione delle persone.

Ci sono molte aree di attività in cui è possibile realizzare un livello più elevato di partecipazione: ü  trasformazione di obiettivi più generali in obiettivi specifici ü  presa di decisione ü  condivisione delle informazioni (visibilità sui processi e sulle strategie/finalità generali) ü  individuazione, analisi e soluzione dei problemi

ü  definizione di valori e politiche

ü  attuazione e monitoraggio degli interventi di cambiamento

ü  controllo delle risorse

Maria  Cris(na  Rocco   54  

Modello del flusso di Csíkszentmihályi

Difficoltà

Abilità

FLUSSO sfida

(eustress)

Ansia (distress)

Disinteresse (noia)

Generalmente ogni individuo è in grado di decidere su cosa vuole

concentrare la propria attenzione. Tuttavia, quando si è

in stato di flusso si è completamente assorbiti

nell'azione e, senza prendere coscientemente una decisione, si perde la consapevolezza di tutte le altre cose: tempo, persone, distrazioni e persino esigenze

fisiologiche. Ciò si verifica perché tutta l'attenzione è

occupata da quella particolare azione e non ne resta per le altre

attività, pur necessarie.

Maria  Cris(na  Rocco   55  

E’ la risposta emotiva di una persona nei confronti dei diversi aspetti del lavoro . Dipende da molte variabili, tra cui:

•  Tipologia del lavoro •  Riconoscimenti •  Retribuzione •  Carriera •  Rapporti con capi e colleghi •  ecc

Soddisfazione lavorativa

Impegno verso l’organizzazione

Coinvolgimento nel lavoro

Azioni di rinforzo

Riflette quanto la persona si identifica con l’organizzazione per cui lavora e si impegna per raggiungerne gli obiettivi

Misura quanto una persona è assorbita, occupata e preoccupata dal proprio lavoro

•  Soddisfazione dei bisogni •  Riduzione delle discrepanza tra

aspettative e realtà •  Realizzazione di valori

personali •  Equità percepita

•  Esempio del capo •  Valori aziendali condivisi •  Politiche di valorizzazione RU

Aumentare la motivazione intrinseca, agendo su: •  discrezionalità del lavoro •  competenza tecnica •  obiettivi “ben formati” •  riconoscimento dei progressi

Atteggiamenti nei confronti del lavoro

Maria  Cris(na  Rocco   56  

Esiste una correlazione positiva di reciproco rinforzo fra i tre atteggiamenti, e tutti contribuiscono

direttamente al miglioramento della performance.

Secondo la scuola della Social Identity Theory quanto più un individuo si identifica con la propria organizzazione e, quindi, quanto più si sente parte di essa, tanto maggiormente si adopera per l’organizzazione e tende ad assumere atteggiamenti imprenditoriali e proattivi.

L’identificazione dipende dalla presenza di condizioni gestionali quali:

•  la conoscenza del sistema organizzativo, delle strategie, del significato del lavoro di ciascuno;

•  l’informazione relativa ai processi produttivi, alla qualità� attesa/realizzata, agli atteggiamenti/comportamenti dei clienti, ai risultati di business, agli eventi interni/esterni;

•  il potere come discrezionalità� e autonomia di agire, prendere decisioni, organizzare le proprie attività� in ogni loro aspetto;

•  la ricompensa in termini di ritorno di risultato di business, crescita nelle proprie capacità, orgoglio per il contributo al funzionamento dell’organizzazione.

L’identificazione con l’azienda

Maria  Cris(na  Rocco   57  

Le tipologie di bisogni individuali di Mc Clelland

Realizzazione Affiliazione Potere

Incentivo che lo attiva

Caratteristiche personali

Conseguenze sociali

Fare qualcosa di meglio, mostrare cosa si sa fare

Prestigio, esercizio dell’influenza sugli altri

Piacere di interazione, avere o curare una relazione affettiva

positiva, lavorare con amici

Realiste, realizzative, personalmente

responsabili, più attive rispetto alla media,

attente al feedback sulla propria prestazione per

migliorarsi

Alla ricerca di una posizione di leadership,

orientate alla competizione per

prevalere

Orientate al dialogo, cooperative,

conformiste, che evitano il conflitto, la

competizione e le critiche

Perseguimento del successo professionale, non per carriera ma per il piacere di mettersi alla

prova

Raggiungimento di posizioni manageriali, professioni influenti e

prestigiose, riconoscimento in piccoli

gruppi

Assunzione di un ruolo gregario o di facilitatore

Secondo Mc Clelland, ciascuno di noi ha 3 tipi di bisogni, ma uno è predominante e richiede di essere soddisfatto in via prioritaria

58  

Spinta  al  raggiungimento  di  obie1vi  individuali  

Successo  e  miglioramento  con5nuo  

Realizzazione  

Affiliazione  

Potere  

LEVE  MOTIVAZIONALI  

§  Obie8vi  sfidan1  §  Feedback  con1nui  §  Sforzo  personale  §  Formazione  professionale  §  Delega,  autonomia  

Spinta  a  esercitare  influenza,  controllo  e  guida  sugli  altri.  

Pres5gio  

Spinta  a  sviluppare  relazioni  durature,  posi5ve  ed  

importan5  

§  Collaboratori  §  Visibilità  §  Compe1zione  §  Responsabilità  di  risorse  §  Coinvolgimento  nelle  decisioni  

§  Apprezzamen1  §  Lavoro  di  gruppo  §  Partecipazione  ad  un  progeOo  §  Re1  sociali  §  Buon  clima  aziendale  

Le azioni motivazionali

Maria  Cris(na  Rocco   59  

La motivazione intrinseca di Thomas

Significato del lavoro

Possibilità di scelta

Oltre alle ricompense esterne, le persone traggono la propria motivazione dalle ricompense intrinseche ottenute dal lavoro (in termini di percezione personale). Per molti individui, esse costituiscono il fattore motivazionale più rilevante.

Sensazione di competenza

Senso di miglioramento

Opportunità di perseguire obiettivi che

valgano il tempo e l’energia loro dedicati

CONTENUTI DEL LAVORO

SCOPI DEL LAVORO

Realizzazione di un lavoro complesso e di qualità in cui si utilizzino le proprie

abilità

Opportunità di selezionare attività e modalità utilizzando il proprio senso critico

Realizzazione provata nel fare via via

progressi e raggiungere gli obiettivi

Maria  Cris(na  Rocco   60

Formare ed affiancare

Responsabilizzare e delegare

COSA PUO’ FARE ALLORA IL CAPO?

Monitorare e riconoscere i

meriti Ispirare e

dare l’esempio

Azioni del capo per favorire la motivazione intrinseca

Kenneth Thomas

ispirando i propri collaboratori e modellando i comportamenti desiderati

ü  Ambiente non cinico ü  Passioni chiaramente identificate ü  Missione aziendale credibile e stimolante ü  Obiettivi delle attività coerenti tra loro ü  Attività “complete”

responsabilizzando i propri collaboratori e delegando loro mansioni e compiti importanti

ü Delega ü  Fiducia nei collaboratori ü Non perseguimento di errori privi di

intenzione ü Obiettivi chiari ü  Informazione

sostenendo ed affiancando i propri collaboratori ü Formazione e addestramento ü Feedback positivi specifici ü  Riconoscimento delle capacità ü  Sfide ü  Standard elevati

monitorando e riconoscendo i meriti dei propri collaboratori

ü  Clima collaborativo ü  Enfasi sui risultati raggiunti ü  Celebrazioni dei successi ü  Accesso ai clienti (interni/esterni) ü  Misurazione dei miglioramenti

Migliorare il significato del lavoro

Aumentare le possibilità di scelta

Accrescere la sensazione di competenza

Aumentare il senso di miglioramento

Rispetto a tale modello, il compito dei capi è quello di creare le condizioni favorevoli affinché le ricompense intrinseche si sviluppino. A tal scopo essi devono attivarsi per:

61  Maria  Cris(na  Rocco  

Riepilogando: Come motivare le persone?

•  Attraverso l’esempio ed il «contagio motivazionale»

•  Assegnando obiettivi sfidanti

•  Arricchendo il contenuto del lavoro (varietà e/o specializzazione)

•  Dando feedback specifici

•  Riconoscendo i meriti ed i progressi

•  Aumentando la competenza specialistica delle persone

•  Delegando (con sempre maggiore discrezionalità)

•  Dando visibilità

•  Coinvolgendo nelle decisioni

•  Chiedendo pareri e proposte

•  Mantenendo un clima piacevole di reciproca disponibilità

•  Creando momenti/lavori di gruppo

•  Assicurando l’accesso al «pubblico»

•  …

Ricordiamoci però che ognuno di noi è motivato

da leve diverse!!!

Maria  Cris(na  Rocco   62  

Maria  Cris(na  Rocco   63  

I bisogni dei collaboratori

Economici Retribuzione

Status Benefit

Sicurezza Stabilità, regole

Autonomia Discrezionalità

Sociali Clima positivo

Gerarchia Capo autorevole

Crescita Formazione, sviluppo

Novità Sfide, cambiamento

Stima Apprezzamenti

Libertà Flessibilità

Potere Grado gerarchico

Quali sono i bisogni prevalenti dei vostri collaboratori?

E quindi le possibili azioni motivazionali?

I must

Per chi vuole approfondire…

§  Essere leader, di D. Goleman, R.E. Boyatzis, A. McKee, Ed. BUR, 2004

§  L'ottava regola, di S. R. Covey, Ed. Franco Angeli, 2005

§  Il grid della leadership, di R. Blake e A. Adams Mc Canse, Ed. Franco Angeli, 1996

§  Leadership situazionale: come valutare e migliorare le capacità di gestione e di guida degli uomini, di P. Hersey e K. Blanchard, Ed. Sperling & Kupfer, 1989

§  Gli stili di direzione, di Blake R. e Mouton J., Ed. Etas Kompass, 1969

§  La leadership risonante, di R. Boyatzis e A. McKee, Ed. Etas, 2006

§  La leadership trasformazionale: come migliorare l'efficacia organizzativa, di Bernard M. Bass, Bruce J. Avolio, Ed. Guerini, 1996

§  Leadership e visione creativa, di R. B. Dilts, Guerini e Associati, 1998

§  La perfetta arte di motivare, di M. Aguilar, 2010, Lupetti Editore

§  La direzione assertiva, di M. Burley-Allen, 2014, Ed. Franco Angeli

Bibliografia essenziale

Maria  Cris(na  Rocco   64  

Maria  Cris(na  Rocco   65