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I RISCHI PSICOSOCIALI:
dalla tutela alla consapevolezza
(seminari 9-16 novembre 2010)
Isabella Corradini
Docente di Psicologia Sociale
Università degli Studi di L’Aquila
Presidente Centro Ricerche Themis
www.themiscrime.com
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CAMBIAMENTI ORGANIZZATIVI
“I cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, in particolare le modalità più flessibili dell’orario di lavoro e una gestione delle risorse umane più individuale e maggiormente orientata al risultato hanno un’incidenza profonda su problemi legati alla salute e al benessere sul luogo di lavoro”.
Commissione Europea (Bruxelles, 11/03/2002)
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COSA SONO I RISCHI PSICO-SOCIALI
“quegli aspetti relativi alla progettazione, organizzazione e gestione del lavoro, nonché ai
rispettivi contesti ambientali e sociali che dispongono del potenziale per dar luogo a danni di tipo fisico,
sociale e psicologico.”
T. Cox, A.J. Griffiths, 1995
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EFFETTI
I rischi psicosociali possono determinareun danno alla salute fisica, psicologica esociale dei lavoratori attraverso“l’esperienza” di stress che le situazioni dilavoro comportano.
EFFETTI
STRESS MOBBING BURN OUT
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LO STRESS
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E’ tra le cause di malattia più comunemente riferite dai lavoratori (Fondazione Europea 2007) e colpisce più di 40 milioni di persone nell’Unione Europea.
I costi per la collettività sono altissimi in termini di giornate lavorative perse ogni anno (circa il 50-60%), pari a circa 20 miliardi di Euro.
Si prevede che il numero di persone che soffrono di stress legato all’attività lavorativa sia destinato ad aumentare.
http://osha.europa.eu/topics/stress
DIMENSIONI DEL PROBLEMA
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D. LGS 81/2008 – ART. 28
VALUTAZIONE DI TUTTI I RISCHI
“ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress
lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004”
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CHIARIRE ALCUNI ASPETTI DELLO STRESS
1. Lo stress non è una malattia ma una situazione diprolungata tensione può ridurre l’efficienza sul lavoro epuò determinare un cattivo stato di salute.
2. Lo stress che ha origine fuori dall’ambito di lavoropuò condurre a cambiamenti nel comportamento e aduna ridotta efficienza sul lavoro.
3. Non tutte le manifestazioni di stress sul lavoropossono essere considerate come stress lavoro-correlato.
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COS’E’ LO STRESS
“Lo stress è una risposta essenziale per la vita, la completa libertà dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto si possa pensare, non dobbiamo e non possiamo evitare lo stress, ma possiamo andargli incontro in modo efficace traendone vantaggio, imparando di più sui suoi meccanismi, e adattando ad esso la nostra filosofia dell’esistenza.”
Seyle, 1974
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FONTI DI STRESS SUL LAVORO
Ruolo nell’organizzazione Conflitti, ambiguità, responsabilità.
Carriera Insicurezza, incertezza, retribuzione inadeguata.
Autonomia decisionale/controllo Scarsa partecipazione al processo decisionale, mancanza di controllo sul proprio lavoro.
Rapporto interpersonali sul lavoro
Conflitti, scarso supporto, isolamento fisico o sociale, violenza su lavoro.
Funzione e cultura organizzativa Comunicazione carente, obiettivi non chiari.
Interfaccia casa/lavoro Inconciliabilità tra tempi/esigenze casa-lavoro.
CONTESTO LAVORATIVO
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FONTI DI STRESS SUL LAVORO
Ambiente e attrezzature di lavoro Caratteristiche fisiche di lavoro, attrezzature disponibili.
Progettazione dei compiti Monotonia, ripetitività, mancanza di feedback, scarse possibilità di apprendimento, sottoutilizzo delle capacità.
Carico/ritmo di lavoro Carico di lavoro troppo alto o troppo basso, controllo sui ritmi di lavoro, pressione lavoro-tempo.
Orario di lavoro Lavoro a turni, orari di lavoro lunghi (oltre 48 h a settimana), scarso controllo sugli orari di lavoro.
CONTENUTO DEL LAVORO
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FATTORI INDICATORI DI STRESS SECONDO L’ ACCORDO EUROPEO
l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro; la disciplina dell’orario di lavoro; il grado di autonomia; la corrispondenza tra le competenze dei lavoratori ed i requisiti professionali richiesti; i carichi di lavoro; le condizioni di lavoro e ambientali (esposizione a comportamenti illeciti, rumore, calore, sostanze pericolose, etc.);
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FATTORI INDICATORI DI STRESS SECONDO L’ ACCORDO EUROPEO
la comunicazione (incertezza in ordine alle prestazioni richieste, alle prospettive di impiego o ai possibili cambiamenti, etc.); i fattori soggettivi (tensioni emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alla situazione, percezione di mancanza di attenzione nei propri confronti, etc.)
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TUTTEindipendentemente dal ruolo ricoperto
nell’azienda.
QUALI LE PERSONE A RISCHIO?
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A livello comportamentale: abuso di alcol, tabacco, farmaci, comportamenti aggressivi, tendenza a correre rischi eccessivi.
A livello psicologico: ansia, suscettibilità, tristezza, irritabilità, incapacità a concentrarsi, inquietudine, problemi relazionali
anche in famiglia.
A livello fisico: emicrania, stanchezza, disturbi digestivi, aumento della pressione arteriosa, dolori cervicali, problemi
sessuali, ecc.
QUALI LE CONSEGUENZE?
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A livello di organizzazione: assenteismo, scarso controllo dei tempi di lavorazione, vessazioni, danno all’immagine
aziendale.
A livello di prestazioni individuali: riduzione della produttività, della qualità del prodotto o del servizio, errori, possibili
infortuni.
A livello economico: aumento dei costi per possibili indennizzi o spese mediche, reclutamento nuovo personale, formazione.
CONSEGUENZE PER LE ORGANIZZAZIONI
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BURN OUT
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SIGNIFICATO DEL TERMINE
Più comunemente conosciuto come “stress cronico”.
Metafora che designa una serie di fenomeni di affaticamento, logoramento, improduttività lavorativa, registrata nei professionisti del sociale che appaiono “bruciati” ed “esauriti”, tanto da alterarne gli aspetti psico-fisici e comportamentali.
Risposta individuale ad una situazione lavorativa percepita come stressante e nella quale l’individuo non dispone di risorse e strategie comportamentali o cognitive adeguate per fronteggiarla. [Cherniss]
Sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e di riduzione delle capacità professionali. [Maslach e Leiter]
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CATEGORIE A RISCHIO…
Helping profession
Professioni di aiuto “high-touch”: a CONTATTO CONTINUO con persone in difficoltà e implicano INVESTIMENTI FISICI ed EMOZIONALI, RISCHI E
RESPONSABILITA’.
( infermieri, educatori, assistenti sociali, psicologi,
poliziotti, ecc…)
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FASI DELLA SINDROME
ENTUSIASMO IDEALISTICO
STAGNAZIONE o INSODDISFAZIONE LAVORATIVA
ESAURIMENTO o FRUSTRAZIONE
CONCLUSIONE DIFENSIVA o ALIENAZIONE
MORTE PROFESSIONALE
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EFFETTI DEL BURN OUT
Sull’individuo “vittima” della sindrome e sulla sua vita familiare e relazionale;
Sull’utenza a contatto con gli operatori sociali in burn-out;
Sull’intera organizzazione in termini di scarsa forza-lavoro.
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IL MOBBING
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ORIGINE DEL TERMINE
Il termine mobbing è mutuato dall’etologia: Konrad Lorenzper primo infatti lo utilizzò per indicare una reazionecollettiva verso un predatore da parte di potenziali prede,che con l’assalto organizzato di gruppo lo confondono e neelidono l’attacco, ma anche, successivamente, per indicarei comportamenti aggressivi di un gruppo di animali neiconfronti di un singolo inter o intraspecifico.
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Il MOBBING SECONDO H. LEYMANN
Il mobbing implica un comportamento di comunicazione ostile e non etico, diretto sistematicamente verso un individuo che, in seguito al mobbing, viene a trovarsi in una posizione di impotenza, il che permette la ripetizione di attività di disturbo. Tali attività si riproducono in modo frequente (definizione statistica: almeno una volta alla settimana) e si producono per un lungo periodo di tempo (definizione statistica: almeno per sei mesi). A causa della durata e della frequenza dei comportamenti ostili, questo maltrattamento genera sofferenza psicologica, disturbi psicosomatici e disagio sociale”.
H. Leymann, “The content and development of mobbing at work”, 1996
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STRATEGIE NEL MOBBING25
LA COMUNICAZIONE Alla vittima viene impedito
di comunicare
I CONTATTI SOCIALI La vittima viene emarginata
socialmente
LA REPUTAZIONE
PERSONALE
L’individuo è vittima di
pettegolezzi
LA POSIZIONE OCCUPATA Si assegnano alla persona
compiti o mansioni
dequalificanti
LA SALUTE FISICA La vittima è attaccata
verbalmente o fisicamente
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COSA NON E’ MOBBING
Azioni singole come:
Un litigio/una discussione
Un insulto
Un pettegolezzo
Un trasferimento
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Fasi del mobbing
Leymann Ege
espulsione
dal mondo del lavoro
ufficializzazione
inizio del mobbing e
del terrore psicologico
il conflitto quotidiano
primi sintomi psicosomatici
inizio del mobbing
conflitto mirato
condizione zero
Errori ed abusi della
Amministrazione del Personale
serio aggravamento della salute
psico-fisica della vittima
esclusione dal mondo del lavoro
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CONSEGUENZE DEL MOBBING
Per il mobbizzato
Conseguenze psico-fisiche, variabili in funzione della persona vittima di mobbing.
Danni economici
Danni relazionali
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DIAGNOSI GENERALMENTE RISCONTRATA NELLA VITTIMA DI MOBBING
DDA (Disturbo dell’Adattamento)
evento stressante identificabile verificatosi entro tre mesi dall’esordio della sintomatologia
compromissione del rendimento lavorativo o delle attività sociali consuete o delle relazioni interpersonali
non deve trattarsi di una semplice riacutizzazione di un preesistente disturbo
una volta terminato l’evento stressante, la reazione disadattivanon deve persistere per più di sei mesi
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CONSEGUENZE PER LE ORGANIZZAZIONI
Il mobber invece di lavorare perde almeno il 15% del tempo a molestare la vittima
Il mobbing altera il “morale” dell’organizzazione
L’azienda rischia cause legali e spese
L’azienda dovrà provvedere alla sostituzione e al riassetto organizzativo
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CAUSE DEL MOBBING
Fattori soggettivi: stress, conflitti, caratteristiche di personalità
Fattori oggettivi: contesti culturali, trasformazioni tecnologiche, flessibilità del mercato del lavoro, competitività.
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Caratteristiche dei gruppi Pressioni operate dal gruppo
Stereotipi comportamentali
Formazione di sottogruppi
Regole di interazione Modalità di comunicazione
Accettazione delle regole di interazione
Differenze interpersonali Differenze di personalità
Differenze di genere ed età
Modalità di relazione con gli altri
Pregiudizi
Abuso di autorità
Manipolazioni e giochi di potere
Percezione delle situazioni Interpretazioni soggettive
Ambiguità ed equivoci
Razionalità e principi personali
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FATTORI CHE PREDISPONGONO AL CONFLITTO INTERPERSONALE
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LA PREVENZIONE
PREVENZIONE DI PRIMO LIVELLO:tende a modificare o a eliminare i fattori di rischio presenti
nell’organizzazione pericolosi per la salute psicologica del lavoratore.
PREVENZIONE DI SECONDO LIVELLO:si attua aiutando le persone ad apprendere abilità e modalità per
riconoscere e gestire le loro reazioni nei confronti di situazioni che generano tensioni.
PREVENZIONE DI TERZO LIVELLO:riguarda il trattamento, la riabilitazione, il processo di reinserimento
al lavoro, e al sostegno delle persone che soffrono o che hanno sofferto in conseguenza di problemi legati alla salute psicologica al lavoro.
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RISCHI PSICO-SOCIALI E BENESSERE ORGANIZZATIVO
Capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori per tutti i
livelli e i ruoli.
Le ricerche sul campo hanno evidenziato che le strutture più efficienti sono quelle caratterizzate da un “clima interno”
partecipativo e collaborativo.
Il che si traduce in soddisfazione del lavoratore e maggior rendimento.
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LA PREVENZIONE DEI RISCHI PSICO-SOCIALI
CONOSCENZA
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
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INTEGRAZIONE DELLE PROFESSIONALITA’
PSICOLOGO DEL LAVORO MEDICO DEL LAVORO
SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
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COME AFFRONTARE I RISCHI PSICO-SOCIALI NELLE ORGANIZZAZIONI
Costituzione di gruppi di lavoro
Datore di Lavoro, Responsabile delServizio di Prevenzione e Protezione (RSPP),
Rappresentante deiLavoratori per la Sicurezza (RLS), Responsabile Risorse
Umane, Medico Competente, Psicologo del Lavoro.
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MISURE INDIVIDUALI E COLLETTIVE
Misure di gestione e comunicazione (chiarire obiettivi aziendali, ruoli, responsabilità)Migliorare l’organizzazione, i processi, le condizioni e l’ambiente di lavoro Formazione dei dirigenti e dei lavoratori Informazione e consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti
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PREVENZIONE E FORMAZIONE
Formazione che coinvolga l’intera organizzazione, a partire dal top management
Informazione del personale
Diffusione della cultura del rispetto
Definizione di codici di comportamento (informazione e controllo della corretta applicazione)
Creazione di ambienti di lavoro “partecipativi”
Monitoraggio clima aziendale
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BIBLIOGRAFIA SLIDES
I. Corradini, P. Lambertucci, Lo stress nei luoghi di lavoro, Edizioni Themis, Roma 2010.I. Corradini, I mobbings, Edizioni Themis, Roma 2009.Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul lavoro, Ispesl, Ricerca sullo stress correlato al lavoro, 2002.Accordo europeo sullo stress, 8 ottobre 2004.Associazione Ambiente e Lavoro, Dossier Ambiente n.75 (III Trimestre 2006).
Modulo C - I rischi psicosociali
BIBLIOGRAFIA E APPROFONDIMENTI
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RIFERIMENTI DOCENTE
Rischi psico-sociali 42
Isabella Corradini
SITO WEB: www.themiscrime.com