I Pilastri dell'anno. Il significato occulto del calendario, articolo su Fenix dell'autore Maurizio...

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• 62 Le origini e il significato occulto del Calendario, antico strumento che pone in relazione l’essere umano con lo spazio e il tempo del cosmo di Maurizio Ponticello In apertura, calcolatore astrologico. Nella pagina seguente, a sinistra La scala d’oro, di Edward Burne-Jones, che simbo- leggia l’incessante scorrere del tempo; a destra il dio Crono. I Pilastri dell’Anno ANTICHE CONOSCENZE 62 - 68 I pilastri dell'anno_40 - 46 Pietre di Ica 17/12/13 13:28 Pagina 62

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I Pilastri dell'anno. Il significato occulto del Calendario (Edizioni Mediterranee/Arkeios) sulla rivista Fenix (gennaio 2014).«Com-prendere le radici del calendario equivale a inoltrarsi in un labirinto cosmico e analogico e scorgere, forse, un bandolo della matassa. La qual cosa vorrebbe anche dire recuperare un equilibrio e una armonia, ritrovarsi in sincronia con il mutamento del tempo e intra-prendere un excursus nei misteri non sempre così insondabili dell’anima.»È noto che, nelle sue varie fasi, lo scorrere del tempo del calendario ha palesi effetti sulla Natura che progressivamente si trasforma. È meno conosciuto, invece, il fatto che, ai corsi stagionali, corrispondono anche quattro differenti stati dell’anima i quali compongono un unico percorso di crescita spirituale. In che maniera il ritmo circolare del tempo incide sulla manifestazione e sugli stati d’animo dell’uomo? È veramente possibile che il mondo esteriore influisca su quello interiore? E in quale modo l’essere umano si può armonizzare con i respiri del cosmo?Anticamente tutte le date del calendario erano dedicate a una entità o a un evento celeste, e non c’era differenza tra giorni sacri e profani perché ogni dì aveva una sua sacralità intrinseca. Non è un caso che la Chiesa faccia riferimento al Martyrologium Romanum e abbia voluto che ogni giornata dell’anno liturgico fosse una ricorrenza intitolata a un santo. Ma quali sono in realtà i significati originari delle feste? Ed è possibile rileggere il calendario sub specie interioritatis e comprenderne i messaggi animici ancestrali? Qual è, allora, il significato occulto del calendario? Inoltre, per quale motivo l’anno nasce e muore in sintonia reale e simbolica con eventi, celebrazioni, santi e feste antiche riadattate, quando non seppellite o fagocitate dal Cristianesimo? Quali sono le connessioni più nascoste tra il folclore e l’arte culinaria della tradizione, tra le festività della luce, quelle dei defunti e quelle che inneggiano al Kàos rifondante? È possibile recuperare le vere origini di culti e tradizioni ancora vive, da Ognissanti all’Avvento, dal Natale alla Befana, dalla Candelora al Carnevale, dalla Pasqua al Calendimaggio, dalla Notte di Valpurga al Ferragosto, e riscriverne la storia?Una coinvolgente e suggestiva analisi che non soltanto ripercorre le radici degli eventi più noti e più importanti comparando diverse memorie europee, ma analizza i loro contenuti mitici e simbolici, le leggende a cui sono collegati nonché la “corrispondenza perfetta” tra macrocosmo e microcosmo: la proiezione introspettiva e meditativa che le tappe stagionali dell’anello del tempo propongono all’uomo che vibra in sintonia con l’Universo. Una riflessione su una delle cose che diamo maggiormente per scontate: il tempo.INDICE:Il breviario dell’universo1) Il calendario, i santi, la festa, il segno di ourobòros e l’eterno ritorno1. Siamo tutti figli di un Martirologio?2. La conquista dell’Europa3. I confessori della fede4. Il tempo della festa5. Il ciclo dell’uomo e il ciclo del cosmo6. Il calendario sub specie interioritatis2) L’Autunno 1. La nascita di Mithra, le celebrazioni a Dioniso e a san Michele2. Halloween/Samhain e la Commemorazione dei defunti3. A san Martino va l’aspro odor del vino4. Santa Lucia, le feste della luce e l’Avvento3) L’Inverno1. La vera storia di Santa Claus. Dal ceppo alle 12 notti2. Il Rex Saturno, la nascita del Sole e i simboli di Capodanno3. I fuochi di sant’Antonio, quelli di Imbolc e Candelora4. Il ritorno del Kàos, Carnevale4) La Primavera1. La resurrezione di Attis e Pasqua2. L’uovo cosmico. Calendimaggio e l’albero fiorito3. I fuochi di Beltaine e la notte delle streghe di Valpurga5) L’Estate1. La festa di san Giovanni, quando il Sole inizia a morire2. Lugh, il raccolto e i Fuochi di Ferragosto6) Proemio

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Le origini e il significato occulto del Calendario, antico strumento chepone in relazione l’essere umano con lo spazio e il tempo del cosmo

di Maurizio Ponticello

In apertura,calcolatore astrologico. Nella pagina seguente,a sinistra La scala d’oro, diEdward Burne-Jones, che simbo-leggia l’incessante scorrere deltempo; a destra il dio Crono.

I Pilastri dell’Anno

ANTICHE CONOSCENZE

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A una prima scorsa, si presenta come una lun-ga lista di numeri inventariati in dodici pa-gine. Una rubrica che cataloga date in fila oin colonna, un’agenda murale sulla quale

appuntare incombenze e programmare riunioni, ram-mentare compleanni e ricorrenze. Eppure, dietro l’a-spetto formale e burocratico, il calendario pare na-scondere qualcosa di più impalpabile di un album digiorni, settimane e mesi: è, difatti, un breviario del-l’universo, è lo specchio dei ritmi cosmici tradotti inaccadimenti planetari, dalla maggior parte dei quali –avendone smarrito traccia e consapevolezza – siamoormai scollegati. In quanto proiezione sul futuro, ilcalendario sembra che trotti sempre avanti e che siain fuga e irraggiungibile, come la tartaruga inseguitada Achille piè veloce. Le sequenze progressive che vi

sono riportate sono identiche e senza fine, si ha lanetta sensazione che si ripetano in eterno e nondi-meno che siano sostanzialmente diverse. È una ov-vietà, ma è bene ricordarlo: ogni giorno è differenteda quello che lo precede e da quello che lo segue,non diversamente dalle stagioni che scorrono o dalfiume in cui ci si immerge, il quale non potrà mai es-sere uguale a se stesso, sebbene sia composto pursempre di acqua. «Non si può far risalire l’acqua chepassò, né richiamare l’ora che è trascorsa», scrivevaOvidio parafrasando in versi Eraclito: è su questo in-trigante benché infido e liquido terreno che da sem-pre si scontrano le varie teorie e ideologie sull’inter-pretazione del tempo.

Le origini Tenendo fuori le ipotesi secondo cui il tempo nonesiste essendo una illusione “ostinatamente persisten-te”, per dirla alla Einstein, nel tentativo di ricompor-re in tronconi tali variegate dottrine, possiamo ricon-durle a due capostipiti, la maxicategoria lineare equella circolare. Non è cosa da poco poiché, da que-sto paio di ceppi, si sono ramificate visioni del mon-do che riferiscono di varie filosofie della storia e con-cezioni ontologiche e, oltre a ciò, evidenziano il di-sorientamento incapacitante nel comprendere se ci sitrovi nel presente, nel futuro o nell’istante appena pre-cedente che, nel momento stesso in cui se ne prendecognizione, è già passato. Poi, a cascata: un turbine dipensieri e riflessioni sul divenire, sul-l’essere, sulla caducità, sullamorte e sull’eternità. In ge-nere, però, a partire dalXVIII secolo, ha preval-so un concetto piùquantitativo che qua-litativo. Dalle affer-mazioni perentoriedei primi secoli dellastoria convalidata(per esempio, Parme-nide: «L’essere è l’È»;oppure: «L’essere nonera né sarà, giacché essoè ora, tutto insieme, uno econtinuo»), si è passati a dub-bi che oggi definiremmo amletici,logoranti e paralizzanti sull’esistenza e sull’immorta-lità, per i quali è sembrato che l’unico sbocco plausi-bile fosse l’accettazione del dogma e la fede. Perquanto sia molto più antico – risale al IV secolo – ec-co un passo di Sant’Agostino che esprime esatta-mente quel che stiamo asserendo: «E ti confesso Si-gnore che ancora non lo so, cosa sia il tempo, e an-cora ti confesso, Signore, che so di fare questo di-scorso nel tempo e che da molto ormai sto parlandodel tempo e che questo molto non è molto se nonperché dura nel tempo. E come lo so allora, se nonso che cos’è il tempo?». Preferiamo soffermarci suquella che è la natura qualitativa e simbolica dell’al-manacco e del tempo cosmico. Il calendario ha già

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In alto,Festa di Ca-lendimaggioin Campido-glio (1611).

In basso,carta celeste

con le costellazioni.

un quadrante di per sé perfetto cuifare riferimento: la carta celeste. Èlì, difatti, nell’immensa calotta stel-lata e nell’analogia evidente con lospirito umano che pensiamo discorgere alcune risposte. Così han-no fatto le culture arcaiche pren-dendola a modello per determina-re – e mai fissare – in modo con-sequenziale la corsa del tempo e leazioni che riguardano gli indivi-dui, la memoria di ciò che è tra-scorso e di ciò che ha da venire,per contemperare, insomma, le va-rie necessità pubbliche e private e,fondamentalmente, per trovareuna concordanza tra le primarieesigenze di culto e quelle della po-litica. È soltanto con l’applicazio-ne del metodo tradizionale e conquesto tipo di analisi effettuata percategorie mitiche, storiche e sim-boliche che, per esempio, è possi-bile rintracciare il senso stesso del-le feste, tappe capitali del calenda-rio antico, tanto da far pensare chel’annuario sia stato effettivamenteconcepito per tratteggiare i lorocontorni, accerchiandole con altredate meno eloquenti. A chiunquevoglia studiarlo, inizialmente il ca-lendario moderno appare comeuna scatola-contenitore del tempoaddomesticato. E, anche se il tem-po non è per niente ammaestrabi-le, va preso atto che è proprio que-sto il modo più diffuso di rappre-sentarlo, dato che si tenta sempredi racchiuderlo in una etichettache gli sta assai stretta o, viceversa,si raffigura l’uomo intrappolato tra

le inflessibili sbarre del divenire.Non spetta a noi dire se tutto ciòsia riconducibile a una fobia delconfronto con l’eterno, a uno sfor-zo teso a disinnescare quel chesfugge a ogni controllo, o se inve-ce derivi da una specie di titani-smo, ma di sicuro la onnivoramentalità moderna cerca di fagoci-tare sia spazio che tempo e di ri-condurre il tutto a un principiopiù confortevole di utilitarismoeconomico. La deminutio operatadalle leggi dell’economia è unasorta di virus dilagante che toccaogni aspetto dell’esistenza. Peresempio, il voler far risalire a ognicosto “calendario” a un termine la-tino utilizzato per identificare ilregistro con il quale si censivanogli interessi debitori maturati alprimo del mese, la dice lunga sulconcetto quantitativo di cui rife-

riamo, secondo l’assunto che iltempo è – in entrata o in uscita –moneta. A cominciare dalla stessaorigine del calendario, d’altronde,è possibile evincere un aspetto pernulla monetizzato, in quanto è pa-lesemente cultuale, poiché associail ritmo degli uomini a quello co-smico. Già il termine “tempo” –dal greco tèmnô – suggerisce indi-zi per la strada da percorrere: si-gnifica l’atto con cui qualcosa è di-viso secondo ordine e misura.Non si può dimenticare, però,che la parola “tempio”, oltre chel’assonanza fonetica in comunecon “tempo”, ha la medesima ori-gine con la quale etimologica-mente s’intende luogo o recintosacro. Entrambi i vocaboli hannoil suffisso theòs – Dio – che legal’uno all’altro. In tale ottica, è an-cora più interessante indagare di-rettamente il sostantivo “calenda-rio”: proviene dal latino kalare chevuol dire chiamare a raccolta o an-nunziare, però dal greco kalàô de-riva il senso di “aprire” e, in questocaso, significa trasferire ciò che èsul piano astrale su quello terre-stre. Fin dall’epoca romana arcaica,le kalendae – sconosciute ai Greci,da cui il detto “alle calende greche”con l’ironico senso di “mai” – sa-cre a Giunone e a Giano, costitui-vano il primo giorno di noviluniocon il quale aveva inizio il mese:dopo aver celebrato un rito con ilRex Sacrorum, il Pontefice Mino-re dal Campidoglio annunciavaquanti giorni mancavano al primoquarto di Luna, data dalla quale

AI PILASTRI DELL’ANNO

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venivano comunicate tutte le festività da osservare du-rante il periodo in corso. Successivamente, la paroladiede il nome a un almanacco che riportava le noti-zie astronomiche e quelle agrarie, le feste da celebra-re, la lunghezza diurna e notturna dei giorni, l’alba eil tramonto del Sole e della Luna e, principalmente,le divinità da celebrare a protezione dei singoli spazidi tempo. Soltanto molto dopo divenne sinonimodel registro delle scadenze che i debitori chiamaronotristes kalendae.

Astronomia megaliticaPrima di elaborare sistemi coercitivi per imprigionar-le in codici, in tutti gli evi antichi che la storia cono-sce l’uomo ha cercato di conformarsi alle leggi delcielo, da sempre un enigma per sovrani e religiosi an-cor prima che per matematici e astronomi, i quali so-no stati fin dal principio al loro fianco nel suggestivocompito dell’interpretazione dei segni stellari proiet-tati sul suolo del mondo. La cultura megalitica ne èun esempio lampante. I circoli di menhir dissemina-ti dal Nord più estremo delle isole Shetland al Balti-co, dalla penisola iberica alla maggior parte delle co-ste atlantiche e finanche nel meridione italiano, con-fermano che ben oltre cinque millenni or sono esi-stevano comunità essenzialmente agricole, in posses-so di una conoscenza matematica particolarmenteavanzata che lascia perplessi i modernisti a oltranza.Quelle enormi pietre sono sia osservatori astronomi-ci che luoghi di culto, santuari open space, centri dipotere spirituale e/o camere sepolcrali dove, in deter-minati periodi dell’anno, con precisione millimetricai raggi solari tuttora entrano illuminando interamen-te la lunga linea dei corridoi fino a rischiarare a gior-no la tomba centrale. La cosiddetta geometria mega-litica – triangoli di ogni tipo, rettangoli, poliedri e fi-

gure ad arco – è alla base dell’articolata ingegneriaastronomica che associa pure le implicazioni dei dif-ferenti corsi del Sole e della Luna e la mappa stella-re. La complessità dei siti di Carnac e Stonehenge,per dire soltanto i più famosi, ha sorpreso gli stessi ar-cheologi, i quali in un primo momento li hanno de-finiti laboratori sperimentali di osservazione del mo-vimento celeste. Poi, le figure incise sulle pietre e ul-teriori rinvenimenti hanno fatto intuire come si trat-tasse anche di altro: non solo quei giganti di pietrasono stati trascinati per tortuosi e faticosi tragitti nonsi sa bene in che modo; non solo sono stati elevati –e nemmeno in questo caso si conoscono esattamen-te le modalità – nei punti esatti ove dovevano esseresistemati (anche un leggero spostamento avrebbe si-gnificato rendere nulle le molteplici esplorazioni pos-sibili), ma si è addivenuti a risultati ancora più incre-dibili e inconcepibili per l’attuale forma mentis di va-lutare “rozzo” l’uomo primitivo. Infatti, quando alcu-ni ricercatori hanno tracciato delle linee (leys) su unamappa topografica militare in grande scala, sonoemersi vari e perfetti triangoli equilateri dai quali,prolungando ancora le direttive, si collegano i varicentri megalitici conosciuti tanto da far saltar fuoriaddirittura intricate ragnatele, al cui interno ogni fila-mento porta “razionalmente” ad altro e ogni filo con-duce “irrazionalmente” a una particolare forma dimagnetismo. Ancora nel XII secolo, cantando di Sto-nehenge, un cronista anonimo ne rammentava inuna ballata le capacità taumaturgiche: «Le pietre so-no grandi e han magico potere. Gli uomini amma-

lati a quella pietra vanno; e bagnan quella pietra e la-vano il loro male». Continua a suscitare meraviglia lascoperta che tra i boschi, le colline, la brughiera e icampi a Sud di Glastonbury è inequivocabilmentetracciato lo zodiaco, minuziosamente riprodotto e inscala su quello celeste. E ancor di più constatare chequeste leys a un certo punto precipitano assiemealle scogliere e s’inabissano, attraversano lo strettodella Manica da St. Michael’s Mount in Cornova-glia e riaffiorano a Mont Saint Michel in bassaNormandia arrivando in continente, dove seguita-no a disegnare misteriosi schemi.

Dominare il tempoIl calendario, nato come vademecum per identificarei tempi sacri dell’universo, quindi, solo in seguito di-

ANTICHE CONOSCENZE

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In alto,la dea Giunone.In basso,il monumentomegalitico diStonehenge.

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I PILASTRI DELL’ANNO

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A sinistra,Saturno,

di Rubens.A destra,

calendariosolare messi-cano (1792).

venne un almanacco di appunti econsultazioni: all’origine non rap-presentava il tentativo di dare ri-sposte adeguate alla necessità distabilire i giorni di semina e di rac-colto – in quanto il mondo conta-dino ha nel proprio DNA tale co-noscenza – o una formula per de-cidere i termini di retribuzioneper il lavoro effettuato, oppurequelli entro i quali si dovevano pa-gare le tasse, quanto piuttosto lapercezione della relazione con ladivinità di turno, che rispecchiavauna sensibilità interiore secondola concezione che la Terra e il Cie-lo sono uno: macro e microcosmosono legati fra loro tramite un uni-co filo d’oro. Tra le varie sintesi diquesto modo di sentire, espressogià distintamente dalla concezionearcaica e dalla Tavola Smaragdina,nel bel mentre l’Europa si arro-ventava a causa dei roghi contro gli“eretici” e le streghe, c’è quella diun eccentrico e geniale personag-gio, Philippus Aureolus Theoph-rastus Bombastus vonHohenheim, detto Paracelso dagliamici e Lutherus medicorum dainemici, che riprendeva idee assaipiù antiche e le rilanciava scriven-

do, appunto, che il mondo è il ma-crocosmo e l’uomo il microcosmoe gli elementi di tutto ciò che esi-ste nel primo esistono nel secon-do. Tutte le influenze che derivanodal Sole, dai pianeti e dalle stelle,agiscono invisibilmente sull’uomo.Questa analogia tra l’universo ma-croantropico e l’uomo microco-smico, ricorre in tutte le fasi del-l’anno. Il calendario moderno ècostituito fondamentalmente daquattro elementi: i dodici mesi di-visi in quattro stagioni; le date chescandiscono il ritmo quotidiano;le feste, suggerite o comandate; inomi, che appartengono tutti asanti. Per quanto sia una materiache scotta a vista, su cui quasi mainessuno – se non con lo scopo diuna laude – ha scritto, non si puòfare a meno di parlare anche diquesti ultimi. Il culto dei venerabi-li, intrinsecamente collegato aquello dei morti e a quello dellereliquie, non soltanto ha fondatol’ossatura stessa della Chiesa, maha dettato le leggi dell’onomasticae della toponomastica. Le pratichedella venerazione e dell’imposizio-ne del nome hanno tratto le lororegole ferree direttamente dai mar-

tirologi e quindi dal calendario,che a essi si è ispirato. Le azioni li-turgiche ecclesiastiche hanno loscopo di santificare lo scorrere deltempo, di batterlo con il rintoccodi una campana che convoca i fe-deli alla comunione con Dio. L’in-tero annuario cattolico è un osan-na. Non era da meno in epocheantecedenti, seppure con principie motivazioni alquanto dissimili.Se è vero che il Cristianesimo po-ne i mattoni per edificare il tempouniversale, il Cattolicesimo au-menta la puntata inseguendo l’at-tuazione dell’universalizzazionedel tempo. Non c’è storia piùcomplessa e affascinante di quelladel calendario. È più avvincente diqualsiasi romanzo. Innanzituttorappresenta il massimo sforzo peril peggiore risultato. «Il temponon ha bisogno di chi lo domini»,avrebbero sentenziato i Latini: daun certo momento in poi, però,tutti i popoli hanno misurato lapropria ragione e le proprie arti discienza, sfidando i cieli nel tentati-vo d’imbrigliare le stagioni e inca-sellarle in un manuale adatto aogni esigenza. Ma il tempo liqui-do sfugge dalle mani e da ogni ten-

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tativo di segregazione, per cui l’esito è stato sempre unclamoroso fallimento. L’incostanza dei cicli astrono-mici, la variabilità e lo slittamento irregolare della pre-cessione equinoziale non cedono alla cella stretta e ir-reggimentata che si vorrebbe. Nel secondo decenniodel XXI secolo della nuova era, siamo in grado di lan-ciare navicelle sul pianeta Giove e di compiere altremeraviglie della tecnica, ma siamo inetti a formularecalcoli tali da risolvere questo enigma che ci insegueda sempre, o quasi: il calendario perfetto non esiste.Questo spiega le varie manovre correttive, le virate ababordo, i ritocchi, le riforme, eccetera. A molti sem-brerà una bestemmia, ma gli unici calendari rispon-denti al “vero” di lassù erano proprio quelli arcaici eproprio per il motivo che si adeguavano al tempo in-vece di affannarsi nello sforzo di imbavagliarlo (si pen-si a quello romano arcaico e a quello Veda della tra-dizione indiana). Le ore quantitativamente uguali disessanta minuti, per dirne una, non erano conosciu-te, poiché il giorno dal nascere al calare del Sole eradiviso in dodici frazioni e la notte in quattro vigiliae,tutte di durata variabile a seconda del periodo stagio-nale. Al tempo mobile corrispondeva una sua regola-zione altrettanto mobile.

Orientamento e rinascitaCi fu un’epoca in cui tutto era consapevolmente cor-relato in una sorta, come direbbero oggi i fisici quan-tistici, di entanglement. Anche i mestieri riprodusse-ro le cosmogonie – per accedervi era necessario esse-re iniziati ai loro segreti (la tessitura, per esempio, lafusione dei metalli, l’arte muratoria) – e i giochi nonfurono da meno, sia quelli pubblici che quelli priva-ti (dadi, scacchi, aliossi, domino) con i quali la vita ela vittoria erano contese su tavole che simulano l’uni-verso. Le fondazioni delle città furono determinate daispirazioni divine e dalla geometria sacra perché fos-sero funzionali ai fini contemplativi, cultuali e stellari.L’Augure romano, impugnato il lituo – la verga sacer-dotale con il manico ricurvo a spirale, da cui ha trat-to ispirazione il pastorale dei vescovi – ripartiva la Ter-

ra e il Cielo in regioni, os-servava i segni, li interpre-tava riconoscendone lequalità e quella fetta di mi-crocosmo diveniva un tem-pio o un centro abitato,ovvero la rappresentazionedella mappa celeste sullasuperficie terrestre. I Ro-mani e i Greci, quandopasseggiavano per le stradeurbane, sapevano che in-camminandosi per il car-do stavano percorrendol’asse solare e che, mentreprocedevano invece per ildecumano, seguivano ilcorso dell’astro luminosoche aveva tracciato la via.

Oggi non sappiamo mai dove siamo, ci confondiamotalvolta tra immensi palazzi costruiti alla rinfusa e ciaffidiamo a navigatori satellitari per orientarci inquanto, oltre a tutto il resto, abbiamo perso pure labussola. Ancora in alcuni centri storici di quelle chefurono polis pitagoriche, si possono riconoscere gliimpianti cultuali su cui si sono innalzati templi e suc-cessivamente disegnate strade, edificati terme e merca-ti fino alla costituzione della città come la conoscia-mo. Una volta erano città/zodiaco, città viventi, cittàoroscopo, centimetro per centimetro città sacre uniteda una corda spirituale che collegava il centro delmondo terreno all’universo, il microcosmo al macro-cosmo. In epoca contemporanea, troppo spesso – senon altro da questo punto di vista – sono città morte.La saggezza antica amava ripetere che il tempo è nelmezzo dei quattro punti cardinali, oppure – come di-cevano gli Egizi – corrisponde alla distanza tra la se-mina e il raccolto. Oltre a esserne il metronomo, il ca-

ANTICHE CONOSCENZE

In alto,La danza delle ore, diGaetano Previati.In basso,antico zodiaco.

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A sinistra,Allegoria delle

Quattro Stagioni, di Bartolomeo

Manfredi(1610).

A destra,La Natività, diWilliam Blake.

lendario è una trasposizione deltempo, con due gnomoni e duemediani – quelli che indichiamocome i pilastri dell’anno – segna ilimiti di un percorso autoconclu-sivo e autogenerante. L’almanaccos’inoltra nei mesi freddi, si apre unvarco nel tepore della Primavera,tocca il solleone che poi inizia adaffievolirsi, fino a tornare sempre aun punto tra morte e rinascita eciò al di là delle varie teorie fra ci-clico e lineare che, con i millenni,si sono mescolate portando babe-

le e incoerenze perfino sulle lineedi principio. Uno sfasamento diordine ideologico al limite dellaincongruenza, lo si può identifica-re nel ritmo liturgico del calenda-rio cristiano, che è basato sull’ideadel continuo fluire da un inizio auna fine: commemora alcune tap-pe consecutive e progressive, chepretende storicizzate e che vannoda una nascita a una morte; suc-cessivamente ricorda una resurre-zione divina – che non riguardatuttavia gli uomini – mentre il ci-clo, con una nuova nascita, iniziaa ripetersi molti mesi dopo – sen-za però che vi sia una nuova mor-te – a Natale.Il tempo muore epoi nasce, si riprodu-ce dalle sue stesse ce-neri. Così è per l’uo-mo sincronico cheinteragisce conforme-mente a ciò che gli èintorno, l’organismovivente che gli orficichiamavano il “cor-po di Zeus”. La rige-nerazione del corsodel tempo può avve-nire unicamente sec’è reale – intima – corrisponden-za e collaborazione fra l’ordine co-smico e, sub specie interioritatis,l’ordine umano, cioè un euritmi-co allineamento dinamico tra si-mili nature. Il calendario, infatti,non vi è dubbio che al principiofosse un codice rituale, in quantoprima di ogni altra congettura rap-presentava il tentativo degli uomi-ni di individuare i punti di colle-

gamento tra i fenomeni celesti e laloro risonanza nell’esperienza ani-mica. Le tappe cosmiche coinci-dono analogicamente con quelleinteriori, la misura dell’uni-versoin eterno e ciclico movimento è lamedesima di quella spirituale.Purché lo si avverta, cioè a pattoche gli eventi astronomici e il lorosignificato simbolico – più che laloro fissazione scientifica, che èsempre variabile – non restinoconfinati in un altro mondo, ben-sì vengano calati nella realtà quoti-diana con tutta la sacralità che licontraddistingue. Comprendere leradici del calendario equivale a

inoltrarsi in un labi-rinto cosmico e ana-logico e scorgere,forse, un bandolodella matassa. Laqual cosa vorrebbeanche dire recupera-re un equilibrio euna armonia, ritro-varsi in sincroniacon il mutamentodel tempo e intra-prendere un excur-sus nei misteri nonsempre così inson-

dabili dell’anima.

Tratto dall’Introduzione del-l’autore al libro I pilastri del-l’anno. Il significato occulto delcalendario (Edizioni Mediterra-nee - Arkeios). Il saggio è ordina-bile al nostro booxtore.it oppuretelefonando o faxando un ordineallo 06.9065049, oppure alla [email protected]

I PILASTRI DELL’ANNO

Chi è MaurizioPonticelloGiornalista e scrittore, studioso di tra-dizioni italiche ed europee, è statocorrispondente di testate radiofonichee televisive, redattore di vari quotidia-ni e cronista de Il Mattino. È autoredi diversi libri, tra i quali Napoli, lacittà velata e I misteri di Piedigrotta(entrambi Controcorrente Edizioni),e il best seller scritto a quattro manicon Agnese Palumbo Misteri, segretie storie insolite di Napoli (Newton

Compton, 2012). Ha avutovari riconoscimenti, tra cui ipremi Domenico Rea, Ma-saniello ed Emily Dickin-son. Nel 2013 ha pubblica-to il thriller a sfondo esote-rico La nona ora (Bietti Edi-zioni). È vicepresidente del-l’associazione Napolinoir. Il suo sito è www.maurizioponticello.it

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