I Piani di Risanamento attestati ex art. 67 comma III lett. d) L.F.

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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare: profili normativi I Piani di Risanamento attestati ex art. 67 comma III lett. d) L.F. - Ivrea, 12 ottobre 2011 -

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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:

profili normativi

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Non sono soggetti all’azione revocatoria ( = strumento attraverso il quale è possibile recuperare dalla struttura patrimoniale del debitore fallito quelle attività che fossero eventualmente uscite anteriormente a dette procedure o per rendere inefficaci eventuali garanzie concesse):

Gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purchè posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa ed ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall’art. 28, lettera a) e b) ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile

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Presupposti soggettivi

Il piano attestato di risanamento può essere predisposto da qualsiasi imprenditorenon piccolo, ai sensi del novellato art. 1 L. Fall. , ovvero qualunque debitoreassoggettabile al fallimento.

Tali soggetti sono tutti gli imprenditori che superino anche uno solo dei tre seguentiparametri:

a) totale dell’attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo (rif. Art. 2424 c.c.) superiore ad € 300.000, negli ultimi tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;b) totale dei ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo superiore ad € 200.000, negli ultimi tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;c) totale dei debiti complessivi non scaduti superiori ad € 500.000.

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Presupposti oggettivi

Crisi d’impresa da intendersi di natura squisitamente finanziaria, tale da indurre l’organo amministrativo dell’impresa ad eseguire una serie di atti ritenuti idonei al risanamento ed al rilancio delle prospettive reddituali dell’impresa (si parla di squilibrio finanziario nel quale l’insolvenza irreversibile non si è ancora manifestata).

Ad ogni modo, sia lo stato di crisi che lo stato di insolvenza possono essere presupposto per la pianificazione della ristrutturazione prevista dal piano di risanamento attestato.

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Obiettivi del piano attestato

Gli obiettivi che esso deve perseguire consistono:- nel risanamento dell’esposizione debitoria;- nella realizzazione dell’equilibrio finanziario per avviare e consolidare un processo di ritorno al valore dell’impresa (turnaround).

Il primo aspetto rimanda ad interventi non solamente interni all’impresa- che attengono alla gestione, e che possono esemplificarsi anche in una razionalizzazione dei costi- quanto a sostegni esterni, che possono consistere in rinegoziazioni dell’indebitamento, dilazioni, moratorie, conversione dei debiti scaduti e a scadere.

Il secondo aspetto, realizzazione dell’equilibrio finanziario, deve seguire un miglioramento del rapporto tra flussi finanziari in uscita e in entrata dell’impresa nel breve e medio periodo, verificabili secondo il criterio aziendalistico degli indici di bilancio e del rendiconto dei flussi di cassa.

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a) Requisiti del piano attestato

Il nuovo art. 67 lett. d) L.F. precisa che il piano deve possedere dei requisiti tassativi:

- consentire il risanamento dell’esposizione debitoria e il ritorno all’equilibrio finanziario dell’impresa;

- possedere l’attestazione di ragionevolezza di un professionista iscritto nel registro dei Revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall’art. 28, lett a) e b) ai sensi dell’art. 2501-bis, co. 4 c.c.

L’opera del professionista attestatore deve rimanere del tutto estranea all’impresa, affinchè lo stesso possa procedere ad una valutazione obiettiva, imparziale ed indipendente: ciò a maggior ragione in quanto detto professionista attestatore è nominato dallo stesso soggetto «controllato» (si esclude che esso possa essere esercitato dal sindaco di società di capitali ovvero del soggetto incaricato del controllo contabile del bilancio d’esercizio ex art. 2409 bis cc.)

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Requisiti del piano attestato

-non deve per forza coinvolgere tutti i creditori, ma solo quelli indispensabili per il risanamento/riequilibrio;

-non necessariamente struttura contrattuale unitaria, ma accordi differenti «fascio di plurimi accordi»

-può avere come base un accordo contrattuale, ma iniziativa libera (proposte) dall’impresa ai creditori che prestano acquiescenza senza esercitare azioni cautelari ( assenza di un procedimento di convocazione e formazione ai creditori).

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Elementi critici da privilegiare

Nella predisposizione del piano occorre tenere presente i fattori critici, che possono determinare l’insuccesso o meno del risanamento:

1) non esiste un modello standard di risanamento: non esiste un piano vincente a priori;2) occorre un’ adeguata struttura finanziaria: fondamentale l’analisi critica del cash flow;3) sostegno del sistema finanziario/creditizio a supporto del capitale circolante dell’impresa;4) durata commisurata al ciclo economico ordinario della produzione ed al grado di coinvolgimento dei creditori: non oltre i 3 o 5 anni;5) le conclusioni del piano devono risultare chiare e precise, e sempre collegate ai fattori di rischio del piano;6) il piano dovrebbe contenere la previsione di strategie alternative e multiorientate, affinchè il risanamento possa raggiungere il suo scopo anche in presenza di variabili esterne, che possono condizionare l’attuabilità del piano stesso.

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Professionista-attestatore

L’art. 67, co. 3, lett. d), L. fall. prevede che «la ragionevolezza (del piano) sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori e che abbia i requisiti previsti dall’art. 28, lett. a) e b) ai sensi dell’art. 2501-bis, co. 4 c.c.»; di conseguenza si evidenzia la necessità del concorso sia dell’iscrizione al registro dei revisori contabili che a quello degli avvocati, o dei dottori commercialisti e degli esperti contabili

Il professionista dovrà rendere una dichiarazione di scienza, nel senso di attestare – sulla base degli elementi dedotti, allegati e/o richiesti all’impresa – che gli obiettivi perseguiti appaiano verosimilmente destinati a realizzarsi, stanti le condizioni economiche e finanziarie dell’impresa.

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Il piano così attestato, quindi, renderà esentati, dalla revoca gli atti previsti dalla disposizione in esame, eseguiti a partire proprio dalla data dell’attestazione.

Il professionista chiamato ad attestare il piano, viene nominato esclusivamente dall’imprenditore (non dall’autorità giudiziaria), infatti, il richiamo operato dall’art. 67, co. 3, lett.d), L fall all’art. 2501-bis c.c. è esclusivamente riferito all’utilizzo di criteri di attestazione.

Solo per le società quotate è il Presidente del Tribunale a dover effettuare la nomina (dottrina prevalente)

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Requisito dell’indipendenza

Quanto ai profili soggettivi di tipicità (ed indipendenza) del professionista, l’attestatore deve essere un professionista indipendente, un soggetto terzo rispetto all’impresa e all’interesse di questa al risanamento.

La legge non impedisce che il soggetto che predispone il piano possa essere anche il professionista consulente dell’imprenditore. Tuttavia, ragioni di imparzialità e di tutela dei creditori, fanno propendere per la soluzione di scegliere il professionista tra «soggetti indipendenti», che non abbiano già prestato consulenza all’impresa in crisi.

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Attestazione

Con l’attestazione ex art. 67, L fall. del piano di risanamento, il professionista è chiamato ad esprimere un giudizio sulla ragionevolezza e, quindi, sulla possibilità (astratta idoneità) che il piano possa essere attuato con successo.

Il professionista in parola, nell’attestare la ragionevolezza, garantisce indirettamente anche l’attendibilità del piano, e quindi, la sua idoneità a perseguire il riequilibrio dell’esposizione debitoria.

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L’esperto, inoltre, deve ottenere dall’impresa in crisi, prove appropriate sulle cd.

assumpitions (affermazioni) su cui si basano le informazioni e i dati prospettici e

verificare che non siano irragionevoli, quindi:

predisposte in modo appropriato e coerente; che le informazioni e i dati prospettici siano presenti in modo comprensibile con

adeguate informazioni su tutte le affermazioni significative; analizzare che le variabili del piano non abbiano un elevato tasso di modificabilità; sino ad arrivare all’attestazione finale formulata in termini di giudizio prognostico:

- negativo «non sono emersi elementi atti a far ritenere che le ipotesi prospettate dal debitore non siano ragionevoli»- positivo in relazione ai dati storici oggettivamente verificabili che l’esperto ha controllato «i dati prospettici sono coerenti rispetto alle ipotesi del piano e i criteri contabili utilizzati sono omogenei con quelli adottati dall’impresa, anche in relazione dei suoi bilanci»

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Responsabilità del professionista

Pertanto, operate le debite «attenuazioni», il regime della responsabilità del professionista

attestatore dovrebbe essere il seguente:

sotto il profilo civilistico:

-extracontrattuale nei confronti dei soci, dei terzi e dei creditori danneggiati da un giudizio considerato irragionevole ed inadeguato;-contrattuale nei confronti della società (imprenditore) che lo ha nominato.

Tale regime dovrà poi essere coordinato con la disciplina sulla responsabilità del revisore, dovendosi pertanto applicare i canoni della diligenza e della professionalità richiesti dalla natura dell’incarico previsti dall’art. 2407 c.c. per i soggetti ai quali è affidato il controllo contabile.

Sotto il profilo penalistico, l’ambito di responsabilità dovrebbe essere quello dei delitti di falsità in atti ex artt. 453 e segg. c.p. e della truffa ex art. 640 c.p.

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