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Teresianum 58 (2007) 271-295 I più significativi contributi di P. Jesus Castellano alla teologia e alla spiritualità liturgica E dmondo A. Caruana , O.C arm La Chiesa del Signore Risorto è stata costituita con il dono e l’ef- fusione dello Spirito Santo come una comunità di santificazione e di culto nel Signore. Essa è una comunità nella quale Cristo è presente, lo Spirito agisce e la storia della salvezza diventa una realtà quotidia- na. Nell’assemblea liturgica si rende presente la salvezza e sale al Padre l’inno di lode e di benedizione, di supplica e di intercessione per Cristo e lo Spirito Santo. La liturgia della santificazione e della lode costituisce il suo respiro vitale, la radice della sua comunione e lo slancio della sua missione. I contributi di P. Jesús alla teologia e spiritualità liturgica sono stati tanti sia nei suoi libri1come anche nei suoi corsi al Teresianum e all’estero, nelle diverse conferenze, negli esercizi spirituali dati alle tante comunità religiose e nelle sue consulenze ai dicasteri vaticani. Con un linguaggio semplice e schietto e con una visione dell'univer- salità della Chiesa che comprende l'Oriente e l’Occidente, egli ha pre- sentato la teologia, la pastorale e la spiritualità della liturgia ecclesia- le. Sempre sulla linea della Costituzione liturgica conciliare Sacro- sanctum Concilium, del Catechismo della Chiesa Cattolica e di altri documenti del Magistero, ha cercato di mettere in evidenza le linee portanti della liturgia della Chiesa. Questo studio intende offrire una visione di alcuni contributi essenziali che P. Jesús ha avuto il merito di indicare riguardo alla teologia e alla spiritualità liturgica che aiu- tano a comprendere un’autentica partecipazione liturgica. 1Vedi la bibliografìa riportatala in Archivum Bibliographicum Carmeli Tere- siani, Roma 2007, 115-258.

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Teresianum 58 (2007) 271-295

I più significativi contributi di P. Jesus Castellano alla teologia e alla spiritualità liturgica

E dmondo A. Caruana , O.Carm

La Chiesa del Signore Risorto è stata costituita con il dono e l’ef­fusione dello Spirito Santo come una comunità di santificazione e di culto nel Signore. Essa è una comunità nella quale Cristo è presente, lo Spirito agisce e la storia della salvezza diventa una realtà quotidia­na. Nell’assemblea liturgica si rende presente la salvezza e sale al Padre l’inno di lode e di benedizione, di supplica e di intercessione per Cristo e lo Spirito Santo. La liturgia della santificazione e della lode costituisce il suo respiro vitale, la radice della sua comunione e lo slancio della sua missione.

I contributi di P. Jesús alla teologia e spiritualità liturgica sono stati tanti sia nei suoi libri1 come anche nei suoi corsi al Teresianum e all’estero, nelle diverse conferenze, negli esercizi spirituali dati alle tante comunità religiose e nelle sue consulenze ai dicasteri vaticani. Con un linguaggio semplice e schietto e con una visione dell'univer­salità della Chiesa che comprende l'Oriente e l’Occidente, egli ha pre­sentato la teologia, la pastorale e la spiritualità della liturgia ecclesia­le. Sempre sulla linea della Costituzione liturgica conciliare Sacro- sanctum Concilium, del Catechismo della Chiesa Cattolica e di altri documenti del Magistero, ha cercato di mettere in evidenza le linee portanti della liturgia della Chiesa. Questo studio intende offrire una visione di alcuni contributi essenziali che P. Jesús ha avuto il merito di indicare riguardo alla teologia e alla spiritualità liturgica che aiu­tano a comprendere un’autentica partecipazione liturgica.

1 Vedi la bibliografìa riportatala in Archivum Bibliographicum Carmeli Tere- siani, Roma 2007, 115-258.

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Liturgia: celebrazione della nostra salvezza

Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega il significato della liturgia con queste parole: «Nella tradizione cristiana vuole significa­re che il Popolo di Dio partecipa all’"opera di Dio". Attraverso la litur­gia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra redenzione» (n. 1069). In realtà, come nota P. Jesús,2 la liturgia da una parte è un momento cultuale ben determinato, come la celebrazione dell’euca- ristia o dei sacramenti o della preghiera, e dall’altra esprime la conti­nuità di quest’atto di culto in tutte le conseguenze per la vita cristia­na, come la carità, il servizio, l’annuncio del Vangelo. Proprio come la vita di Gesù, che è insieme culto del Padre nella preghiera e nella sua testimonianza di amore. La fede celebrata nella liturgia diventa una fede vissuta nella concretezza della quotidianità. La liturgia è legata al concetto di servizio divino, all’opera di Cristo Salvatore e offre alla vita cristiana una bella sintesi del senso compiuto del pre­gare e del vivere.

Questi aspetti fondamentali mettono in luce che la liturgia è l’azione di mediazione di Cristo per noi presso il Padre e nello Spiri­to Santo, a partire dalla sua realtà che oggi ha nella sua gloria. Que­sta mediazione celeste si realizza qui in terra mediante i segni sacra­mentali che significano e realizzano la duplice mediazione sacerdo­tale di Cristo: verso il suo corpo mistico con la santificazione, verso il Padre con il culto. Mediante Cristo e nello Spirito Santo giunge a noi dal Padre la santificazione.

Nello Spirito e per Cristo, sale al Padre, mediante segni sensibili e simboli (parole, azioni, gesti...) il nostro culto spirituale che consi­ste nella preghiera e nell’oblazione della nostra vita. Questa azione Cristo la compie sempre mediante la Chiesa, che diventa comunità di salvezza.

Con il Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica, P. Jesús si addentra nei suoi scritti nella considerazione della liturgia come opera della Chiesa.3 La Chiesa si realizza e si manifesta nella celebra­zione liturgica e diventa segno visibile della comunione con Dio e degli uomini. La liturgia è un dialogo di amore, di parole e di opere, fra Dio e il suo popolo. La celebrazione liturgica è vitale ed impegna i fedeli a prendervi parte con una piena partecipazione ed un auten­

2 Cf. J. Ca ste llan o C er ve ra , L’Anno liturgico. Memoriale di Cristo e Mistago- gia della Chiesa con Maria Madre di Cristo, Centro di Cultura Mariana “Madre del­la Chiesa”, Roma 1991, 10-11.

3 Cf. I d ., Liturgia, in Dizionario enciclopedico di Spiritualità, 2, a cura di E. A n c il l i, Città Nuova, Roma 1992, 1450-1468.

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tico impegno di vita teologale che produca frutti abbondanti. In altre parole è come afferma il Concilio Vaticano II in Sacrosanctum Conci- lium (SC 10): culmine, verso cui tende la vita cristiana, e fonte da dove emana la sua forza. Il flusso vitale della liturgia fa della celebra­zione un momento di arrivo e di partenza. I termini “arrivo” e “par­tenza” indicano il senso impegnativo di ogni celebrazione liturgica, che esige una adeguata preparazione in modo che i fedeli possano partecipare con piena consapevolezza a ciò che si celebra. Inoltre questo senso impegnativo della celebrazione liturgica deve scorrere verso l'esistenza quotidiana con il triplice impegno della vita spiri­tuale, della missione evangelizzatrice e caritativa, dell’impegno per l’unità di tutti in Cristo.

La spiritualità cristiana è essenzialmente battesimale e liturgica

L'affermazione centrale di SC 10 indica che la liturgia è “fonte e culmine” della vita spirituale. Nei suoi studi, P. Jesús afferma che la spiritualità deve essere necessariamente liturgica nel suo nascere, nel suo maturarsi, nella sua consumazione. Propone quindi alcuni prin­cipi teologici ed essenziali per una migliore esposizione dei rapporti esistenti tra liturgia e vita spirituale:

La prospettiva liturgica della vita spirituale

Prima del Concilio Vaticano II, la vita spirituale è stata ridotta ad alcuni aspetti preponderanti come per esempio l’ascesi, la perfezione della carità, la contemplazione, l’esperienza mistica, senza indicare la visione di essa in relazione alla storia della salvezza., la visione del­la vita spirituale in prospettiva di "storia della salvezza" individuale e comunitaria, che riproduce l’itinerario della chiamata di Dio, la giu­stificazione, la santificazione e la glorificazione in Cristo e nello Spi­rito. In altre parole quanto nella vita spirituale è opera gratuita di Dio e quanto viene affidato alla libera risposta dell’uomo che porta, sotto l'azione dello Spirito, a compimento il disegno di salvezza. Que­sta realizzazione personale della storia della salvezza non è altro che la vita spirituale (o meglio il cammino della santità) che si attua nel­la Chiesa, sacramento di salvezza, e si esprime nella liturgia. La litur­gia, mediante la proclamazione della Parola e la partecipazione ai sacramenti, è la "storia della salvezza in atto”. Ogni vita spirituale cristiana nasce dall’ascolto della Parola che chiama alla conversione e porta al battesimo e alla cresima, si nutre con la eucaristia, si restaura con la penitenza. La vita cristiana nello Spirito, data iniziai-

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mente nei sacramenti dell'iniziazione cristiana, cresce e matura a contatto con le sorgenti della santità, la comunione con Cristo e il suo Spirito, che vengono comunicati all’assemblea liturgica nella celebrazione dei sacramenti. La liturgia è la prima sorgente della vita spirituale non solo come punto di partenza ma è anche la realtà costantemente presente nella vita di ogni battezzato.

Culmine della vita spirituale: la liturgia

La liturgia è la sorgente primaria del dono di Dio ai suoi figli e questo esige una risposta specifica cristiana: fede, speranza, amore, concreto impegno e ringraziamento. Naturalmente, tutta la vita cri­stiana deve essere la risposta alla grazia e alla sua attuazione esisten­ziale, ma è nella liturgia che la risposta alla grazia viene espressa come "culto” in unione con la Chiesa, per, con, e in Cristo, nella lode e glorificazione che il Corpo mistico realizza nello Spirito al Padre per Cristo mediatore. Ovviamente la risposta al dono di Dio di cui è intrecciata la vita spirituale di ogni credente può essere attuata fuori della liturgia in altri momenti (offerta della propria vita, atti di cari­tà, ecc.). Ma nella liturgia questi momenti trovano la loro celebrazio­ne sacramentale come espressione di culto di tutto il Corpo mistico di Cristo. Perciò nella liturgia troviamo la sorgente e il culmine della vita spirituale poiché in essa si trova la pienezza degli aspetti della storia della salvezza nella celebrazione del mistero pasquale di Cri­sto, il carattere ecclesiale della santità alla quale tutti sono chiamati.

La Liturgia: scuola della vita spirituale della Chiesa

Il giorno della promulgazione della Costituzione Sacrosanctum Concilium (4 dicembre 1963) Paolo VI sottolineò il primato della liturgia e del suo ruolo pedagogico nella Chiesa per il suo contenuto e per la sua forma dicendo: "La liturgia è ‘la prima scuola della nostra vita spirituale’". In un articolo sulla liturgia P. Jesús commentando la frase del Papa scrive: «Nessuna altra dottrina, movimento, scuola di spiritualità può vantarsi di essere allo stesso titolo e con la stessa dignità la 'pedagogia spirituale’ della Chiesa. La liturgia infatti attra­verso la parola, la catechesi, i molteplici segni e sacramenti, la pre­ghiere, il canto, i gesti, dispiega un’efficace educazione della fede e della vita del popolo di Dio»4. La partecipazione piena e consapevole

4 Ibid, 1459.

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alla liturgia porta alla crescita della vita spirituale dei fedeli. Infatti quando manca un profondo e costante contatto con la liturgia della Chiesa la vita spirituale dei fedeli impoverisce. Paolo cerca di spiega­re che la vita cristiana è leiturgia quando parla del culto cristiano: «Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; é questo il vostro culto spiri­tuale» (Rm 12,1). Alcune scuole di spiritualità possono offrire appro­fondimenti su qualche tema o aspetto della liturgia, in particolare quelle che comportano una certa esperienza dinamica nell’individuo o nelle comunità, ma non possono prendere il posto della liturgia come prima e fondamentale scuola della vita del popolo di Dio. Si deve tenere conto che nellambito delle diverse scuole e tradizioni spirituali, è la liturgia che riconduce ogni spiritualità alle sue sorgen­ti bibliche e sacramentali.

La Liturgia: esperienza dei misteri e celebrazione della vita spirituale

Questa affermazione segue da tutto quello che è stato detto sopra. P. Jesús elabora il pensiero della liturgia come scuola della vita spirituale della Chiesa e afferma che la liturgia è anche "mistagogia”: iniziazione e esperienza del mistero. La liturgia non è pura predica­zione dei misteri o meditazione sul mistero ma celebrazione del mistero di Cristo e dell’esistenza cristiana radicata in esso. Odo Casel (t 1948) ha esposto con sorprendente sicurezza tutta la realtà di Cri­sto in un’unica visione unitaria, in un concetto che sottolinea l'essen­ziale e abbraccia nello stesso tempo tutti i particolari. Tale concetto centrale è quello di mystérion-sacramentum, che significa: il mistero anteriore al tempo dell'etema volontà salvifica di Dio, adempiuto provvisoriamente nel mistero della storia salvifica d’Israele, realizza­to in verità nel mistero pasquale di Gesù Cristo, ora ripresentato nel mistero della Chiesa e nei misteri del suo culto, nella speranza del suo adempimento escatologico: tale mistero nella sua totalità è la norma oggettiva della costruzione individuale della vita spirituale di ogni cristiano, in modo tale che mysterium paschale vivendo exprima- tur5. La liturgia diventa esperienza della vita in Cristo e allo stesso tempo immersione in Lui e nella sua Chiesa.

L’esperienza dei misteri porta a vedere la liturgia come la cele­brazione della vita spirituale. Ogni assemblea liturgica è sempre una festa nel senso di una celebrazione gioiosa del mistero di Cristo e

5 Cf. T h . F ilth au t , Die Controverse über die Mysterienlehre, Warendorf 1947, 100. (= La Théologie des Mystères. Exposé de la controversé, Parigi 1954, 103; O. Ca s e l , Il mistero del Culto cristiano, Torino, 120-147.

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quindi della nostra vita come mistero inserito nel suo. Per la presen­za del Signore Risorto in mezzo ai fedeli e per la perpetuazione del Mistero Pasquale, ogni assemblea è una festa. Nella liturgia si cele­bra la vita spirituale in Cristo di coloro che partecipano alla celebra­zione liturgica e allo stesso tempo risplende la gratuità del dono di Dio e la sovrabbondanza della sua grazia. P. Jesùs esprime tutta que­sta realtà con queste parole: «In ogni azione di Cristo, in ogni parola troviamo un gesto salvifico; in ogni suo mistero celebriamo una spe­ciale manifestazione di amore santificante. Siamo chiamati ad “apprezzare" il " caro prezzo” di ogni gesto salvifico, ad accogliere questa grazia nella sua specificità in un per noi che la liturgia rende vicino, attuale, concreto a Natale, Pasqua, Pentecoste. La santifica­zione calata nella liturgia è chiamata a diventare storia nella espe­rienza quotidiana».6

Quanto abbiamo esposto fino adesso mostra come per P. Jesús la spiritualità debba essere necessariamente liturgica nel suo nascere, nel suo maturarsi, nella sua consumazione.

Alcuni concetti di spiritualità liturgica elaborati da P. Jesùs

Nei suoi scritti sulla spiritualità liturgica P. Jesús cerca di mostrare che la spiritualità è liturgica, altrimenti non è affatto spiri­tualità cristiana. Per lui la spiritualità liturgica è pertanto quell’atteg­giamento cristiano complessivo col quale si riconosce la realtà emi­nente della liturgia e si vede in essa la fonte e il vertice della vita cri­stiana lungo il pellegrinaggio verso il compimento nel regno eterno di Dio. Perciò si può parlare in senso ampio di “spiritualità liturgica" nella vita di ogni cristiano quando questa é in conformità (stile e rit­mo) con la liturgia della Chiesa.

Alcuni autori hanno studiato in modo particolare questa questio­ne per descrivere la spiritualità liturgica. Tra questi è da menzionare B. Neunheuser quando definisce la spiritualità liturgica come «l’eser­cizio autentico della vita cristiana come vita in Cristo, che ha la sua radice nei sacramenti dell’iniziazione, si esercita nelle azioni liturgi­che, specialmente nella partecipazione attiva all’Eucaristia; da esse proviene la testimonianza in mezzo al mondo e in esse ha il suo cul­mine; nella speranza della definitiva realizzazione escatologica».7 C. Vagaggini afferma che l’insieme della liturgia venne valutato sempre

6 J. C a s te lla n o C e rv e ra , L'anno liturgico, o.c., 26.7 B. N eu n h eu ser, Spiritualità Liturgica in Liturgia, a cura di D. S a r to r e , A.

M. T riacca , C. C ibien, Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001, 1995 ss.

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più fortemente come capace di contribuire a un rinnovamento conti­nuo della vita spirituale: «La spiritualità liturgica è quella spiritualità nella quale la concretizzazione specifica e il relativo ordinamento sin­tetico proprio dei diversi elementi comuni ad ogni spiritualità cattoli­ca, come mezzi verso la perfezione, sono determinati dalla stessa liturgia».8

Secondo i concetti che abbiamo espresso finora è evidente che ogni spiritualità è sempre liturgica e che la liturgia caratterizza con alcune note proprie la vita spirituale della Chiesa. Enumeriamone alcune che troviamo negli studi e articoli di P. Jesús sulla spiritualità liturgica:

1) La spiritualità liturgica nella sua dimensione trinitaria è teocen­trica. La liturgia celebra e perciò da il massimo rilievo all’azione di Dio e alla sua iniziativa gratuita di salvezza. Tutta la celebrazione riferisce a lui, in atteggiamenti dove prevalgono la lode, la riconoscenza e il rin­graziamento. Due soprattutto sono le realtà fondamentali della litur­gia: la Parola di Dio e la sacramentalità del segno. La Parola di Dio, parola pronunciata dal Padre «nei tempi antichi molte volte per mezzo dei profeti... ultimamente per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2), che è dive­nuto carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi per rivelarci la sua gloria (Gv 1, 14), è «viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4, 12). Prestando ascolto a questa Parola la fede cresce (cfr. Rm 10,17) e chi crede ha la vita eterna (Gv 6,40). Il Concilio Vaticano II afferma l’importanza della Parola di Dio nella Costituzione sulla divina rivelazione: «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprat­tutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane della vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli... Nei libri sacri, infatti, il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli e discorre con essi, nella Parola di Dio poi è insita tanta efficacia e potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell'anima, sorgente pura e perenne di vita spirituale» (DV 21).

La costituzione SC 6 sottolinea che gli apostoli non solo “annun­ziano” l’opera salvifica di Cristo ma anche la "attuano”: «non solo affinché... annunziassero che il Figlio di Dio... ci ha liberati..., ma anche perché attuassero, per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, sui quali s’ impernia tutta la vita liturgica, l’opera della salvezza che annunziavano». Questa asserzione del Concilio indica che la realtà ed efficacia della Parola di Dio vengono ulteriormente elevate e por­

8 C. Va g a g g in i, Il senso teologico della liturgia, Edizioni Paoline, Roma 1965, 611 ss.

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tate a compimento tramite l'attuazione della Parola di Dio stessa nei santi segni, nei simboli, nei “sacramenti” delle azione liturgiche. Il santo segno addita l’azione salvifica divina e segnala l’unica azione salvifica nella sua unità in quanto “passata-presente-futura”. La Parola di Dio, illustrativa e appunto ri-presentativa, si aggiunge al semplice segno, e si costituisce il sacramentum, nel senso vero e pro­prio del termine, nel quale il Signore ha promesso la sua presenza, la forza efficace del suo santo Spirito. La stessa costituzione afferma che: «In quest’opera così grande... Cristo associa sempre a sé la chie­sa... Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la chiesa, è azione sacra per eccellen­za» (SC 7). 9

2) La Spiritualità liturgica è cristocentrica. Essa mette al centro della propria esperienza Cristo nel suo mistero pasquale. In tutte le celebrazioni liturgiche (in modo particolare la celebrazione dell’Eu­caristia e la sua estensione nei giorni festivi e nei tempi festivi del­l’anno), si tratta sempre della celebrazione dellunico e medesimo mistero di Cristo, che in fondo culmina e si riassume nel mistero pasquale della beata passione e risurrezione dai morti. Ma in tale celebrazione del mistero di Cristo e nella sua multiforme articola­zione si attualizza tutta la storia della salvezza, storia che fu prepa­rata in ordine a Cristo ed è giunta a compimento in lui. La liturgia attualizza l’evento salvifico di Cristo: proprio «per realizzare un'ope­ra così grande, Cristo è... presente nella sua Chiesa» (SC 7). Nella celebrazione genuina della liturgia viene offerto l’alto grado di real­tà spirituale. La spiritualità liturgica vede nei sacramenti e special- mente nell’Eucaristia una presenza attiva e reale di Cristo che comunica la sua grazia nella multiforme ricchezza sacramentale, e porta i fedeli ad una comunione di vita con lui morto e risorto. Il Concilio Vaticano II afferma: «Dalla liturgia, dunque, e particolar­mente dall’eucaristia, deriva in noi, come sorgente, la grazia, e si ottiene, con massima efficacia, quella santificazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della chiesa» (SC 10). P. Jesús scrisse: «Il cri- stocentrismo della preghiera liturgia è evidente. Oltre ad essere il maestro ed il modello, Cristo è il mediatore, il soggetto e l’oggetto della preghiera. Come mediatore prega per noi, come soggetto è l’orante che unisce a sé la chiesa rendendosi presente in coloro che sono riuniti nel suo amore».10

9 Cf. J. C a s te lla n o C e rv e ra , Preghiera e liturgia in D. S a r to re -A .M . T riacca - C. Cibien, a cura di, Liturgia, Cinisello Balsamo (M I ) 2001, 1492-1511.

i° Ibid., 1499.

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Nella sua dimensione ecclesiale, la spiritualità liturgica è comu­nitaria e sacramentale. Nell'assemblea liturgica la Chiesa trova la sua forma concreta di localizzazione, per cui i fedeli riuniti in assemblea prendono coscienza e si realizzano come Chiesa che esiste in un dato luogo e che in questo ha il compito della testimonianza e della mis­sione. La liturgia sottolinea la dimensione comunitaria dell’esperien- za cristiana col frequente riferimento a una molteplicità di immagi­ni: popolo, gregge, ecc. La spiritualità liturgica è comunitaria perché sottolinea l’aspetto sociale del piano salvifico di Dio, l'unione e la solidarietà di tutti nel peccato e nella salvezza, l’unità del popolo di Dio, la comunione nel Corpo mistico, la necessaria comunione con tutte le altre Chiese nel mondo. Questo aspetto comunitario riaffer­ma l'esigenza dell’amore reciproco in Cristo e l’interdipendenza di tutti nella crescita comune verso la santità.

La dimensione ecclesiologica della liturgia diventa evidente in particolare nella celebrazione dei sacramenti, di cui la Chiesa è mini­stro e soggetto. Infatti i sacramenti della Chiesa, che costituiscono la liturgia, sono mezzi di partecipazione diretta ed efficace agli atti redentori del Cristo, particolarmente alla sua morte e risurrezione. Il mistero che si celebra nella fede deve essere testimoniato nella vita. Per questo motivo la spiritualità liturgica diventa continuo stimolo per vivere nella vita quello che si celebra nella liturgia. L'incontro oggettivo ed efficace di salvezza con Cristo, tramite il sacramento, trasforma e rinnova il credente. Il sacramento non è soltanto un mez­zo per realizzare un contatto con la persona di Cristo ma è un punto di inserimento che è, allo stesso tempo, comunicazione del mistero e ragione di assimilazione a Cristo proprio nella prospettiva del miste­ro comunicato.

Alla luce di quanto espresso sopra, possiamo tracciare un punto così chiaro negli scritti di P. Jesús: la dimensione mistica della spiri­tualità liturgica. Per lui la liturgia non è l’occasione per offrire un esempio moraleggiante da imitare, ma è il momento adatto per entrare in contatto col mistero salvifico di Dio, il mistero di Cristo, chiamato a trasformare la vita dei partecipanti. In questo senso si dice che la liturgia è mistagogia. Tutte le celebrazioni liturgiche durante l'arco dell’anno liturgico hanno come scopo di far vivere sempre più pienamente il mistero di Cristo reso attuale dai sacra­menti. Di qui la dimensione mistica della spiritualità liturgica nel vero senso della parola: in quanto cioè attualizzazione del mistero celebrato nella vita dei partecipanti. Il mistero celebrato nella litur­gia non è altro che il dono della vita, nascosto in Dio nei secoli, che egli ha voluto manifestare e comunicare agli uomini nel Figlio suo, morto e risorto, con l’effusione dello Spirito. P. Jesús scrisse: «La liturgia è iniziazione ai misteri e comunicazione ed esperienza di

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misteri. Quello che la Parola annunzia e la teologia spiega, la liturgia lo offre alla esperienza della fede, in una comunione-comunicazione alla quale l'assemblea è invitata a partecipare. Nell’anno liturgico, in una maniera particolare, si rende evidente questo ruolo della litur­gia.... La Liturgia è, quindi, la mistagogia della Chiesa, la sua espe­rienza oggettiva e fondamentale, unica e necessaria, che deve essere riportata alla vita quotidiana nella sintesi di vivere il mistero di Cri­sto (o vivere in Cristo) attraverso le azioni liturgiche, per vivere come Cristo nella concretezza evangelica della propria esperienza. Nella armonica congiunzione di liturgia e vita alla quale rimanda sempre la spiritualità liturgica... abbiamo la sintesi di un ministero ecclesia­le da compiere, di una esperienza cristiana da vivere, capace di nutri­re la preghiera e la vita, al ritmo stesso dei misteri che vengono cele­brati».11

L’Anno liturgico nel pensiero di P. Jesús

Per le sue trattazioni generali e monografiche sull’Anno liturgi­co, dal punto di vista storico, liturgico, teologico e pastorale P. Jesús merita un particolare ricordo. Con la sua opera intitolata: L’Anno liturgico. Memoriale di Cristo e Mistagogia della Chiesa con Maria Madre di Gesù12 offre ai sacerdoti, ai religiosi e religiose e ai laici «una articolata esposizione della spiritualità dell’Anno liturgico sulla base di una sintesi di teologia liturgica e di una metodologia per stu­diare, celebrare e vivere ciascuno dei momenti dell’Anno liturgico».13 L'opera, frutto dalla sua esperienza celebrativa e dall'insegnamento, è uno strumento valido e utile per lo studio, la partecipazione consape­vole all’azione liturgica, l’impegno pastorale e per la vita spirituale. Nella sua presentazione al libro P. Jesús esprime che il materiale offerto mira «a scoprire la spiritualità dell’Anno liturgico, cioè quella vita in Cristo, nello Spirito e nella Chiesa che ci viene offerta attraver­so la liturgia per portarci personalmente e comunitariamente alla pienezza e alla maturità di Cristo».14 Esaminiamo alcuni suoi contri­buti per capire come la spiritualità dell’Anno liturgico deve essere capace di rimanere come il fulcro di una celebrazione del vissuto del­la comunità, l’occasione per tradurre in impegni di vita quanto viene celebrato nella liturgia.

11J. C a s te lla n o C e rv e ra , L'Anno liturgico, o.c., 9.12 Cf. nota n. 2.13 J. C a s te lla n o C e rv e ra , L'Anno liturgico, o.c., 12.14 Ibid , 6.

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L’Anno liturgico in prospettiva teologica

L’Anno liturgico è da considerarsi vera liturgia, cioè l'insieme dei momenti salvifici, celebrati ritualmente dalla Chiesa soprattutto mediante l’eucaristia, come memoriale degli eventi con cui si è com­piuto nella storia il mistero della salvezza. Bisogna, come P. Jesús indica, fare dell’anno liturgico una lettura anzitutto teologica: «La nostra scelta per offrire qui alcune linee teologiche si basa sulla defi­nizione di liturgia espressa nella SC 7 alla luce dei nn. 5 e 6, là dove la liturgia viene proposta come Historia salutis, paschale sacramen- tum, esercizio del sacerdozio di Cristo». 15 L’Anno liturgico è la cele­brazione-attuazione del mistero di Cristo nel tempo. Per tale motivo esso non può essere ridotto a un semplice calendario di giorni e di mesi cui sono legate delle celebrazioni religiose. L’Anno liturgico è la presenza in modo sacramentale-rituale del mistero di Cristo nello spazio di un anno.

La liturgia è la continuazione dell’intervento di Dio che salva, prolunga e attua nel tempo, mediante la celebrazione, le ricchezze salvifiche del Signore. Perciò l’Anno liturgico non è una serie di idee o una successione di feste, ma è una Persona, Gesù Cristo. Come insegna la SC n. 5, la salvezza è stata realizzata da lui «specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezio­ne da morte e gloriosa ascensione». Questa salvezza viene offerta e comunicata nelle diverse azioni sacramentali che caratterizzano il dinamismo del calendario cristiano. Questa storia della salvezza, l’ele­mento portante dell’anno liturgico, è stata progettata da Dio come una economia di salvezza che, iniziata nel passato, tocca il suo apice in Cristo e opera nel tempo presente in attesa del compimento. Quin­di l’Anno liturgico nelle sue feste celebra solo e sempre il mistero di Cristo come centro della storia salvifica. P. Jesús afferma che «è merito della SC aver messo in rilievo che la liturgia è la storia della salvezza in atto, in colui che ne è il cardine e la contiene in sé: Gesù Cristo, lo stesso ieri, oggi sempre. Ugualmente, è merito dell’imposta­zione generale della Costituzione liturgica aver messo l’accento sul paschale sacramentum come realtà eternamente presente che si comunica in tutte le azioni liturgiche».16 In realtà, lui voleva afferma­re che: «Non si celebrano i misteri di Cristo né gli avvenimenti della storia della salvezza come se non ci fosse il mistero pasquale, ma pro­prio perché c’è il mistero di Cristo ed in esso sono contenuti tutti i misteri da celebrare».17 In altre parole P. Jesús sottolinea che la

is Ibid., 22.16 Ibid., 22.17 Ibid., 23.

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vicenda storica di Gesù va considerata nella sua unità e nella sua dimensione oikonomica, cioè nella sua tensione verso l’evento pasquale e in ordine alla nostra salvezza. Gli avvenimenti della vita di Gesù vanno visti come momenti salvifici nell’unità di un unico miste­ro, intimamente e profondamente legati tra di loro - anche se con un proprio valore salvifico - e finalizzati verso un compimento: la Pasqua di morte-risurrezione. Anzi, è da questo centro, l’evento pasquale, che va considerata e interpretata la persona e la missione di Gesù.18 Gli atti della vita di Gesù, infatti, ricevono tutta la loro effi­cacia dal mistero pasquale, questo però dipende dai precedenti misteri. Non ci sarebbe stata la morte-risurrezione senza l’incarna­zione, la vita nascosta ecc.; ma tutto ciò riceve pienezza di luce e significato nell’evento pasquale. Difatti in ogni celebrazione, appa­rentemente parziale, viene sempre celebrata l’eucaristia in cui avvie­ne il tutto e quindi il mistero è sempre completo, il tutto è sempre in ogni frammento. 19

Tra le caratteristiche essenziali dell’Anno liturgico indicate da P. Jesús,20 si trova l’aspetto ecclesiale o meglio l’ecclesialità; il tempo salvifico dell’Anno liturgico ha un essenziale riferimento alla Chiesa, è per la Chiesa. La pluralità delle celebrazioni non è a scapito di una fondamentale unità che configura il complesso delle celebrazioni come accoglienza nella fede dell’unico mistero di salvezza. Infatti il ritorno delle celebrazioni dei misteri di Cristo durante l'Anno litur­gico non deve essere interpretato come un cerchio chiuso, come una ripetizione ciclica secondo la visione pagana del mito dell’eterno ritorno. La Storia della salvezza, attuata per noi soprattutto nelle azioni liturgiche, è un compiersi in noi, è un movimento aperto e ascensionale verso la pienezza del mistero di Cristo «finché arrivia­mo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturi­tà di Cristo» (E f 4,13). P. Jesús fa notare21 che la presenza del miste­ro di Cristo nell’Anno liturgico non è una presenza statica, ma dina­mica di comunione-comunicazione che attende dall’assemblea ecclesiale l’accoglienza del mistero oggettivo nella soggettività della vita teologale. In altre parole, la Chiesa celebra ogni anno tutto il mistero di Cristo dall’incarnazione e dalla Natività fino all’ascensio­ne e al giorno di Pentecoste non per ripetere ma per crescere, perché

18 Cf. L. Sa r to r i, Il mistero pasquale e il mistero totale di Cristo, in Studia Patavina 13 (1966) 2, 280.

19 S. Tommaso d’Aquino afferma che "in questo sacramento è racchiuso tut­to il mistero della nostra salvezza”. Cf. Summa theol., Ili, q.83, a.40, ad 3.

20 Cf. J. Ca ste llan o C er ve ra , L’Anno liturgico, o.e., 15-16.21 Cf. Ibid., 16.

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Cristo compia sempre più nel suo corpo, che è la chiesa, in ogni uomo, in tutto il mondo la sua salvezza, nell’attesa della beata spe­ranza e della sua venuta gloriosa. Il tempo salvifico dell’Anno litur­gico è per la Chiesa e lo stesso mistero di Cristo celebrato diventa la vita della Chiesa e la Chiesa, a sua volta, prolunga e completa il mistero di Cristo.

La spiritualità dell’Anno liturgico

Nel pensiero di P. Jesús, parlare della spiritualità dell’Anno liturgico in particolare, significa impostare il cammino della perfe­zione cristiana vivendo la grazia propria di ogni aspetto del mistero di Cristo presente e operante nelle diverse feste e nei diversi tempi liturgici. Nella conclusione del suo libro P. Jesús scrive: «Per questo, ogni anno, nel ritorno di un nuovo ciclo liturgico per celebrare in pienezza il mistero del Signore nello spazio inedito di storia della salvezza che è ogni anno che noi chiamiamo “di grazia”, le pagine del Messale e della liturgia delle ore diventano come le pagine di un diario spirituale nelle quali si scrive la storia personale e comunita­ria della Chiesa, in una vita che nasce dalla Parola, dall’Eucaristia e dalla preghiera ed assume tutta l'esperienza dei fedeli».22 L’ultimo invito fatto dall’autore è quello «di lasciarci modellare dalla grazia delle celebrazioni dell’Anno liturgico, permettere allo Spirito Santo di plasmare la Chiesa secondo il modello dei misteri celebrati, svuo­tando nello stampo vivo della liturgia la vita e la esperienza di ogni giorno, finché giunga alla sua pienezza il mistero di Cristo nella vita della Chiesa».23

Nel suo lavoro sulla spiritualità dell’Anno liturgico, P. Jesús basa tutto il suo discorso sull’insegnamento del Concilio Vaticano II. La liturgia, come afferma lo stesso Concilio «è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristia­no» (SC 14). Con la celebrazione dell’Anno liturgico la Chiesa, facen­do memoria dei misteri della redenzione, apre ai fedeli la ricchezza delle azioni salvifiche del suo Signore, le rende in qualche modo pre­senti a tutti affinché i fedeli ne prendano contatto e siano ripieni del­la grazia della salvezza (cf SC 102). L’Anno liturgico, essendo l’attua­zione e il prolungamento temporale e spaziale della stessa azione sal­vifica di Cristo, iniziata sulla terra, ora continuata presso il Padre e resa efficace nella Chiesa, per mezzo della Chiesa, costituisce la pre-

22 Ibid., 248.23 Ibid., 248.

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sa di contatto con i misteri di Cristo per riceverne la grazia propria e viverla nella vita. Tramite i sacramenti, in modo particolare l’Eucari­stia «in cui è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua» (PO 5), i fedeli vengono sempre più configurati al loro Signore e imparano a vivere nella carità «gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). Quindi questa spiritualità del­l’Anno liturgico porta a tenere continuamente presente la fondamen­tale verità dell’iniziativa di Dio e della Liturgia che, prima ancora di essere azione della Chiesa in preghiera insieme al suo Signore e nel­lo Spirito al Padre, è grazia divina.

P. Jesús conferma tutto quanto si è detto sopra con queste paro­le: «La varietà delle parole, dei riti e degli aspetti sviluppati lungo i tempi liturgici permettono di cogliere la multiforme grazia del miste­ro di Cristo in giochi infiniti di luce e di vita, di impegni, di armonie spirituali. È questa la spiritualità della Chiesa, alla quale prestano anche il valido aiuto le forme di spiritualità ecclesiale che nella litur­gia trovano armonia ed equilibro. È qui che si plasma quella spiritua­lità inedita che è quella che ciascuno dei cristiani e delle singole comunità vivono giorno dopo giorno.... anno dopo anno, nellunico mistero di Cristo che pur celebrato sempre ha il suo ‘oggi’ inedito nel­la Parola di Dio e nella vita della Chiesa».24

Celebrare il Mistero di Cristo con la Liturgia delle Ore: teologia e spiritualità liturgica

La spiritualità dell’Anno liturgico non si limita a celebrare i diversi misteri di Cristo soltanto nell’Eucaristia, ma li celebra anche nella lode con la Liturgia delle Ore. Senza dubbio l'Eucaristia è l’eser­cizio più eminente della dignità sacerdotale della Chiesa, i sacramen­ti sono l'attuazione principe dell’aspetto sacramentale della Chiesa, ma la Liturgia delle Ore, rispetto a queste azioni liturgiche, certo superiori per quanto riguarda la loro essenzialità, ha di proprio che è l’esercizio e l’attuazione più alta della missione orante affidata da Cristo alla sua Chiesa (cf. SC 83). Lo scopo principale della Liturgia delle Ore è la santificazione del tempo, attraverso la recita delle Ore secondo i diversi momenti della giornata (cf. SC 84). In uno dei suoi scritti P. Jesús commenta: «Un tipico momento di preghiera e di cul­to è la la liturgia delle ore, che dà ampio spazio alla meditazione della Parola, alla preghiera dei salmi, al ringraziamento e all'intercessio­ne; essa è emblematicamente "la liturgia della preghiera” nella chie-

24 Ibid., 248.

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sa».25 Questo commento indica l’importanza della Parola in modo particolare i salmi, di cui in gran parte è formata la Liturgia delle Ore: «Il riferimento specifico ai Salmi è doveroso, dato che essi, insieme ai cantici dell’Antico Testamento, del Vangelo, e ora anche dei cantici del Nuovo Testamento, tratti dalle lettere apostoliche e dall’Apocalisse, sono la struttura portante dell'Ufficio Divino. Si trat­ta di conoscere i Salmi, di capire il perché della loro collocazione nel­le singole ore, il modo di recitarli alla luce di Cristo con l’aiuto delle antifone, dei titoli e delle sentenze salmiche che si trovano nel libro della Liturgia delle Ore».26 Soprattutto attraverso i salmi viene cele­brato il mistero di Cristo. Infatti il salterio esprime tutta la rivelazio­ne e riguarda tutti i tempi dell’attuazione del piano salvifico di Dio. Ogni pagina della Scrittura trova la sua eco nei salmi perché essi hanno come scandito l’intera storia della salvezza e da sempre sono serviti a riviverne nella preghiera le esperienze fondamentali. Il libro dei salmi, dice sant’Atanasio, esprime melodicamente tutto quanto è contenuto negli altri libri della Scrittura come un giardino che porta in se stesso quanto vi è in questi libri, e in più presenta ciò che gli è proprio.27

Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica una breve trattazione alla Liturgia delle Ore che è la preghiera comunitaria della Chiesa, scandita nel tempo. Secondo P. Jesús si doveva dare più spazio nella trattazione: «È breve pensare aH’importanza che riveste nell'insieme della liturgia della Chiesa. Basti ricordare che l’Anno liturgico non viene celebrato solo con la proclamazione della Parola e l’Eucaristia, ma anche con tutta la ricchezza della preghiera della Chiesa. Non si può pensare alla spiritualità di un tempo liturgico come l’Avvento... senza riferirsi alla preghiera della Chiesa:, agli inni, ai salmi...».28

Nel suo lavoro P. Jesús studia questa breve trattazione e cerca di dare una spiegazione teologico-liturgica della Liturgia delle Ore. Nel n. 1174 il Catechesimo indica: «Il mistero di Cristo, la sua Incarna­zione e la sua Pasqua, che celebriamo nell’Eucaristia, soprattutto nell’assemblea domenicale, penetra e trasfigura il tempo di ogni gior-

25 J. C a s te lla n o C ervera , Preghiera e liturgia, o.c., 1504. Cf. anche: AA.W. La liturgia delle Ore. Documenti ufficiali e studi, Torino 1972; AA.W:, Esperienza cri­stiana della preghiera. Per celebrare la liturgia delle ore, Roma 1978; A. Cuva, La liturgia delle Ore. Note teologiche e spirituali, Roma 1974.

26 J. C a s te lla n o C e rv e ra , Teologia e spiritualità liturgica nel Catechismo del­la Chiesa Cattolica, (manoscritto).Roma - Teresianum 2004, 42.

27 Cf. S an t’Atanasio, Ad Marcellinum, in PG 27, 11-46.28 j . C a s te lla n o C e rv e ra , Teologia e Spiritualità liturgica, o.c., 40.

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no attraverso la celebrazione della Liturgia delle Ore, "l'Ufficio Divi­no”». Per P. Jesús questo numero del Catechesimo tratta un principio di grande valore che indica la continuità della lode, del ringrazia­mento, dell’ascolto della Parola. Se il centro della celebrazione della Chiesa è l’Eucaristia, la preghiera giornaliera, in sintonia con quanto è stato celebrato nel sacramento eucaristico, accoglie la grazia, la fa diventare meditazione e contemplazione, preghiera di lode e di inter­cessione lungo tutta la giornata, secondo i tempi e le feste dell’Anno liturgico. Nella riforma postconciliare questa preghiera ecclesiale si chiama ora con una terminologia che spiega il suo significato. La "Liturgia delle Ore” è "liturgia”. P. Jesús spiega: «Essa, infatti, è "liturgia”, partecipa di quanto finora abbiamo illustrato circa la Liturgia della Chiesa: la dimensione trinitaria, il culto e la santifica­zione, la partecipazione del cielo e della terra, le forme tipiche della celebrazione con parole, gesti, preghiere, immagini».29 Nella sua spiegazione sottolinea l’espressione “delle Ore” ed indica la sua spe­cificità di essere una celebrazione che scandisce la giornata, dal mat­tino alla sera, e per alcune comunità anche la notte. Questo aspetto fondamentale non va dimenticato perché la Liturgia delle Ore, con i salmi, prolunga la lode e il rendimento di grazie della celebrazione eucaristica. Di conseguenza, la spiritualità vive una dimensione essenziale della Liturgia, quella dossologica, cioè la proclamazione della lode permanente del Padre mediante il Cristo nello Spirito. Con Cristo tutta la Chiesa partecipa in quella lode che viene eternamente cantata nelle sedi celesti (cf. SC 83).

La Liturgia delle Ore: La preghiera della Chiesa nel tempo

Dall’azione salvifica di Cristo e in modo particolare dal suo mistero pasquale è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa (cf SC 5). La Costituzione liturgica afferma l’idea dell'intima unione esistente tra Gesù Cristo e la Chiesa nella Liturgia: «In quest’opera così grande... Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua Sposa amatis­sima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all’Eterno Padre» (SC 7). Possiamo dire che la lode di Dio, fine del culto che l'uomo rende a Dio, in tanto ha pieno valore in quanto è collegata a Cristo e alla Chiesa. La liturgia della lode che la Chiesa esprime attraverso la Liturgia delle Ore copre idealmente con il man­to della preghiera della Chiesa per il mondo, il tempo di Dio e dell’uo­mo, tutto il corso del giorno e della notte. Per P. Jesús l’aspetto eccle-

29 Ibid., 40.

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siale della Liturgia delle Ore è essenziale per capire l’elemento cul­tuale che in essa predomina: «(La Liturgia delle Ore) è preghiera ecclesiale, della Chiesa e con la Chiesa, che offre i propri testi e ne cura la verità e la bellezza. È preghiera di chi nella Chiesa ha un com­pito particolare di lode e di intercessione (vescovi, presbiteri, diaco­ni, monaci, religiosi e religiose, persone consacrate); ma è in se pre­ghiera di tutti i fedeli, in forza del sacerdozio regale e la destinazione di tutti i battezzati al culto del Signore».30 Questa citazione afferma che, oltre alla celebrazione eucaristica, è specialmente con la Litur­gia delle Ore che la Chiesa loda e intercede. Dobbiamo ricordare qual è il preciso posto che compete alla Liturgia delle Ore nella liturgia. Mentre la celebrazione eucaristica (Messa) tende direttamente al cul­to di Dio e alla santificazione delle anime, i sacramenti tendono direttamente alla santificazione delle anime e indirettamente al culto di Dio. La liturgia delle Ore tende direttamente al culto di Dio e indi­rettamente alla santificazione delle anime. Essa è l’azione liturgica nella quale, oltre alla Celebrazione Eucaristica, per quanto in stretto riferimento ad essa, si tende direttamente al culto di Dio. Essendo la lode di Dio l'apice di tutto il culto che gli si rende, la Liturgia delle Ore, a causa dell’elemento cultuale che in essa predomina, è chiama­ta per antonomasia "Liturgia della lode”. Più volte la SC parla di que­sto carattere di lode, proprio della Liturgia delle Ore. ( Cf. SC nn. 84, 85,99).

Secondo la tradizione eccelesiale e l’attuale dottrina del Magiste­ro,31 la Liturgia delle Ore «tra le altre azioni liturgiche ha come sua caratteristica per antica tradizione cristiana di santificare tutto il corso del giorno e della notte» (PNLO 10). In uno dei suoi studi sulla dimensione della Liturgia delle Ore come consacrazione e santifica­zione del tempo, P. Jesús nota e precisa che: «Tale consacrazione non deve essere intesa in maniera dicotomica, quasi che gli altri momen­ti della vita del cristiano e della comunità non fossero offerti a Dio, ma piuttosto in maniera integrativa, in quanto la preghiera in deter­minati momenti della giornata dà a tutta l’esperienza del cristiano il senso di un autentico "culto spirituale”; infatti la santificazione del giorno e di tutta l’attività umana rientra nelle finalità della liturgia

™Ibid„ 41.31 La riforma liturgica del Vaticano II ha dato nuovo slancio e vigore a que­

sta preghiera della Chiesa con un profondo rinnovamento di strutture, di testi e di libri. Le direttive del Vaticano II contenute nella SC nn. 83-101, sono state egregiamente eseguite con la riforma dei libri liturgici corrispondenti, promulga­ta con la costituzione apostolica Laudis canticum di Paolo VI, del 1° novembre 1970, ampiamente documentata con le Premesse che portano il titolo di Principi e norme per la liturgia delle ore (PNLO).

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delle ore (PNLO, 11)».32 P. Jesus continua la sua spiegazione indican­do che nello stesso cursus quotidiano le diverse ore della preghiera uniscono due aspetti di consacrazione del tempo: «l’aspetto cosmico che risponde al tempo umano, l’aspetto salvifico che ricorda eventi della salvezza accaduti in quelle stesse ore».33

La Pastorale: L’Anno liturgico

La pastorale è vera ed autentica quando aiuta i fedeli ad "entra­re” nel mistero e ad avere il massimo contatto con il Signore nell’as­semblea dei battezzati per fare di tutta la vita un sacrifico spirituale gradito a Dio. Un immenso contributo ha saputo dare P. Jesús nelle sue opere e nei suoi studi alla Pastorale. Prendiamo come esempio l’Anno liturgico. Nella spiegazione dei misteri di Cristo celebrati durante l’Anno liturgico troviamo sempre una parte dedicata alla Pastorale che indica orientamenti e suggerimenti pastorali. Egli afferma che: «Vivere l’Anno liturgico significa impegnare le migliori energie per far partecipare tutta l’assemblea in maniera gioiosa ed impegnata».34

Il Concilio Vaticano afferma nel n.10 di SC quanto segue: «La liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della chiesa e, insieme, la fonte da cui scaturisce tutta la sua forza. Pertanto le pratiche aposto­liche sono ordinate a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella chiesa, partecipino al Sacrificio e mangino la Cena del Signore... Dalla litur­gia dunque, particolarmente dall’Eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santi­ficazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo, verso la qua­le convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa”. La pastorale in genere e la pastorale liturgica non possono raggiunge­re questo altissimo obiettivo senza la collaborazione con l’iniziativa di Dio sul piano educativo. La pastorale deve avere come fine non di “organizzare” e di “gestire” cose da fare, ma di educare e formare. L’importanza primaria deve essere data alle persone da condurre a Cristo e poi ai mezzi da usare per raggiungere il fine. P. Jesús afferma che per vivere l’Anno liturgico serve specialmente « la preparazione

32 J. C a s te lla n o C e rv e ra , Ufficio Divino in Dizionario enciclopedico di Spiri­tualità, III, a cura di E. Ancilli, Roma 1992, 2562.

33 Ibid., 2562. P. Jesús elabora il concetto di 0 . Casel riguarda i due concetti di consacrazione del tempo. Cf. O. C ase l, I l mistero del culto cristiano, o.c., 120, 147.

34 J. C a s te lla n o C e rv e ra , L'anno liturgico, o.c., 32.

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catechistica per sensibilizzare con la adeguata spiegazione e pro­grammazione delle celebrazioni».35

L’Anno liturgico, luogo di formazione della comunità cristiana

L’Anno liturgico nella sua struttura non è un assoluto: è una creazione della Chiesa, ma il suo contenuto costituisce l’essenza del­la stessa fede della Chiesa, il mistero di Cristo. Il contenuto deve esse­re presentato nella sua integrità e autenticità con una previa cateche­si che introduce al linguaggio biblico tenendo conto del linguaggio dell’uomo; celebrato con le conseguenti implicazioni della vita aiuta i partecipanti ad incontrarsi col Dio della storia «che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16). Pio XII nel suo decreto Maxima redemptionis nostrae mysteria del 1955 afferma: «L’Anno liturgico possiede una speciale forza ed efficacia sacramen­tale per nutrire la vita cristiana».36 Questa finalità si può raggiungere con una previa educazione alla fede e alla fede che è generata dalla Parola di Dio che fa rivivere gli eventi salvifici nella vita della Chiesa e dei fedeli.37 Così l’Anno liturgico diventa il luogo di un’autorevole catechesi ecclesiale e la via maestra della formazione permanente del popolo di Dio e dell’approfondimento del mistero di Cristo. Ogni anno, la comunità dei credenti viene chiamata a continuare il suo cammino di continua fede-conversione e di sequela di Cristo in base alla celebrazione sacramentale dell’intero mistero della salvezza.

Per P. Jesús, per esempio, la pastorale liturgica dell’Anno liturgi­co, esige anche « la celebrazione stessa, vissuta come momento culmi­nante ed atteso di tutta la comunità ecclesiale nella mistagogia dei riti, dei canti, della predicazione, con una accurata ed impegnata partecipazione di tutti».38 L’Anno liturgico, come è stato presentato e studiato nel suo libro, è dire Cristo in tutta l’ampiezza del suo miste­ro attraverso l’annuncio della Parola di Dio, la celebrazione rituale­sacramentale in determinati giorni e tempi festivi.

35 Ibid., 32.36 AAS 47 (1955), 839.37 Per un ulteriore approfondimento di come, durante l’Anno liturgico, le

celebrazioni diventino momenti espressivi intensi dell’attualità della salvezza, cf. L. D e l la T o r r e , Anno liturgico, in Dizionario di pastorale della comunità cristiana, Cittadella, Assisi 1980, pp. 66-69; R. Cantalam essa, La Pasqua nella Chiesa antica, Sei, Torino 1978.

38 J. C a s te lla n o C e rv e ra , L’Anno liturgico, o.c., 32.

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Catechismo della Chiesa Cattolica: teologia e apiritualità liturgica

Il Catechismo della Chiesa (pubblicato nel 1992, con la sua editio typica nel 1997), frutto del Sinodo del 1985, ha cercato di presentare con un linguaggio semplice e schietto la teologia, la pastorale e la spi­ritualità della liturgia ecclesiale. Sempre sulla linea della Costituzio­ne liturgica conciliare SC, ma cercando di colmare lacune e di pro­porre, sia pure in una doverosa sintesi, le linee portanti della liturgia della Chiesa. Dai suoi diversi commenti, apparsi sulla rivista II mes­saggio del Cuore di Gesù, P. Jesús ha fatto una raccolta per una futura pubblicazione con il titolo: Teologia e spiritualità liturgica. Nel Cate­chismo della Chiesa Cattolica.39 L’opera, divisa in 13 brevi capitoli, contiene un semplice commento ai testi del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla liturgia, «in modo da offrire una visione completa, anche nella sua semplicità, di quanto il cristiano può e deve conosce­re circa il mistero della santificazione e del culto».40 L’opera merita un’attenzione particolare perché mostra come il P. Jesús ha saputo presentare in una sintesi bella, completa, suggestiva quanto di essen­ziale si possa dire sul mistero liturgico. Indichiamo brevemente alcu­ni punti dei suoi commenti.

Preghiera e liturgia

Il catechismo dedica un breve cenno al rapporto fra liturgia e preghiera. P. Jesús commenta:

«In realtà ogni celebrazione liturgica è preghiera; partecipa, infatti, alla preghiera incessante di Cristo "rivolta al Padre nello Spirito Santo". È anche preghiera della Chiesa, anzi in essa trova ogni preghiera cristiana la sua sorgente, il suo termine. Preghiamo, infatti, a partire dalla parola che ci viene annunziata e ogni nostra preghiera converge nella grande preghiera della Chiesa, in modo speciale nella preghiera eucaristica».41

Il n. 1073 del Catechismo mette, secondo il commento del P. Jesús, l'accento sulla forza interiore della preghiera cristiana che è sempre comunione trinitaria. La si riceve nella comunione di vita che la liturgia ci trasmette. Ma «la si vive in ogni momento della nostra esistenza che come una liturgia perenne, un culto spirituale costante di parole, di sentimenti e di atti di amore per Dio e per il

39 Cf. nota 26.40 J. Ca ste llan o C er ve ra , Teologia e spiritualità liturgica, o.c., 2.41 Ibid., 5.

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prossimo diventa "una meraviglia di Dio” nel senso biblico delle grandi opere del Signore».42 i

Nessuna opposizione, nessuna dicotomia. La liturgia è preghie­ra, la preghiera attinge alla liturgia la sua forza, la sua ispirazione, porta la grazia della liturgia ad una continuità nella vita, ad una litur­gia perenne dell’esistenza tutta rivolta verso Dio.

Catechesi e liturgia

Nel dinamismo della liturgia che è fonte e culmine della vita del­la Chiesa, si colloca anche il rapporto con la catechesi. Per una migliore comprensione della liturgia, delle parole, dei segni, dei sacramenti, degli impegni, è essenziale la catechesi. Per esempio, si può parlare della catechesi sistematica come necessaria preparazio­ne ai sacramenti dell’iniziazione cristiana come anche per gli altri sacramenti.

P. Jesús spiega: «Ma la Chiesa fa catechesi, cioè fa risuonare, approfondisce il messaggio evangelico mediante la liturgia che è catechesi in atto, con la proclamazione della parola e la sua spiega­zione, con i segni sacramentali, con la ricchezza d’aspetti del mistero di Cristo che presenta ad esempio l'anno liturgico. Possiamo dire che Cristo ci offre la sua catechesi nelle celebrazioni liturgiche. Egli è il Maestro, è il Salvatore. Insegna, spiega, agisce, perdona, santifica e introduce sempre più profondamente la Chiesa nel suo mistero».43 Il Catechismo afferma che: «La catechesi liturgica mira a introdurre nel Mistero di Cristo (essa è infatti “mistagogia”), in quanto procede dal visibile all'invisibile, dal significato a ciò che è significato, dai "sacramenti” ai "misteri”» (n. 1075).

La presenza e l ’azione di Cristo nella Liturgia della Chiesa

Uno dei principi fondamentali della teologia liturgica del Vatica­no II è la presenza e l’azione di Cristo nella liturgia della Chiesa. Cele­briamo lui, il Signore Risorto nella ricchezza del suo mistero pasqua­le e di tutti i misteri della sua vita. Egli celebra con noi e in noi come sacerdote e mediatore. P. Jesús afferma: «Uno dei meriti della Costi­tuzione liturgica SC nel proporre la teologia liturgica è stata la forte accentuazione del cristianesimo liturgico. Lo si vede subito nei nn. 5-

*Ubid., 5.43 Ibid., 5.

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7 che presentano in ordine logico i momenti fondamentali della rive­lazione e donazione del mistero di Cristo».44 Egli studia il tema del­l'opera di Cristo nella liturgia dalla SC al Catechismo della Chiesa Cat­tolica. Indica che il Catechismo ha trovato già elaborata la dottrina sulla presenza e l’azione di Cristo nel culto della Chiesa. Il Catechi­smo si limita a citare il Concilio, ma aggiunge qualche concetto «di grandissimo valore che è un’esplicitazione teologica della bellezza ed efficacia del mistero pasquale, vale a dire di quel mistero unitario che è costituito dall’indissolubile sintesi della passione-morte-risur- rezione del Signore, con la sua esaltazione alla destra del Padre e l'ef­fusione dello Spirito che tale mistero rende presente ed operante».45

Il Catechismo ha aggiunto un numero molto bello, originale, profondo, che è una spiegazione teologica del perché nella liturgia c’è la presenza perenne del Signore nel suo mistero pasquale (n.1085). La lettura di questo numero non è facile, ma la sua dottrina merita, secondo P. Jesús, di essere colta.

Scrive il Catechismo: «Nella Liturgia della Chiesa, Cristo signifi­ca e realizza principalmente il suo mistero pasquale». P. Jesús ritiene che il principio di questo numero sia «la convinzione della Chiesa che nella liturgia, in ogni celebrazione liturgica, Cristo si rende pre­sente a noi come è ora in cielo, Crocifisso e risorto, come se la sua carne, la sua umanità, il suo corpo trafitto e glorioso fossero la memoria vivente di quanto egli ha fatto per noi, ma tutto è stato finalmente concentrato, conservato e glorificato, reso eterno nell'ul­timo e supremo atto della sua vita che è la sua morte e la sua risurre­zione. Cristo è il mistero pasquale della nostra salvezza, egli ha in sé, nella sua umanità glorificata tutti gli atti della nostra redenzione, attraverso il supremo atto, definitivo, con il quale egli ha chiuso la sua esistenza terrena per aprirla all'esistenza celeste» 46

Il numero continua dicendo che, «durante la sua vita terrena, Gesù annunziava con il suo insegnamento e anticipava con le sue azioni il suo Mistero pasquale. Venuta la sua Ora, egli vive l’unico avvenimento della storia che non passa: Gesù muore, è sepolto, riu­scita dai morti e siede alla destra del Padre “una volta per tutte” (Rm 6,10; Eb 7,29; 9,12). È un evento reale, accaduto nella nostra storia, ma è unico: tutti gli eventi della storia accadono una volta, poi passa­no, inghiottiti nel passato...». Questa parte vuole spiegare l’impor­tanza dell’ultimo momento della vita temporale di Gesù che sfocia nell’etemità. Tutto si concentra e si ricapitola nell’ultimo momento

44 Ibid., 9.Ibid., 9.

46 Ibid., 12.

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della storia di Gesù, la sua passione e morte gloriosa. P. Jesús spiega che: «Il Padre ha glorificato e reso eterno questo momento finale, ricapitolatore della vita del Figlio, in modo che questo atto prezioso, il massimo dell’amore per Lui e per l’umanità, è rimasto per sempre, "eternizzato”, reso permanente, giacché il Cristo glorioso, è il Croci­fisso Risorto che nella sua umanità è sacramento di tutta la sua esi­stenza, nelle sue piaghe gloriose è memoriale eterno della sua passio­ne, nella sua carne risuscitata ha fatto crollare il muro della morte e ha introdotto il tempo nell'eternità, come prima, con la sua incarna­zione aveva introdotto la sua esistenza eterna nel nostro tempo».47

L’ultima parte del numero spiega la natura di questa permanen­za della storia di Cristo nell’eternità per rendersi presente dovunque e per tutti, nel tempo e nello spazio, come accade nella liturgia: «Il Mistero pasquale di Cristo, invece, non può rimanere soltanto nel passato dal momento che con la sua morte egli ha distrutto la morte, e tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell'eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi ed in essi è reso presente. L’evento della croce e della Risurre­zione rimane e attira tutto verso la vita».

R Jesús vede in questo numero una splendida e importante cate­chesi: «sul mistero pasquale che rimane, sulla liturgia come presenza non solo di Cristo Risorto ma in lui della sua morte e risurrezione come eventi di salvezza, che rimangono vivi in cielo e si rendono vivi sulla terra. Il passato storico di Gesù non è inghiottito nel nulla, ma è stato assunto e ricapitolato nell’evento finale della sua vittoria pasquale. E rimane come rimarrà la nostra storia, purificata, illumi­nata e resa gloriosa da Cristo nella patria celeste».48

Conclusione

Questo studio di alcuni contributi essenziali riguardo alla teolo­gia e alla spiritualità liturgica ci aiuta ad una migliore comprensione come nella liturgia «si compie l’opera della nostra redenzione» (SC 2) «e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine, operate nel popolo dell’Antico Testamento ed è stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del miste­ro pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e glorio­sa ascensione» (SC 5,7). Per questo la «Liturgia costituisce la prima e per di più necessaria sorgente dalla quale i fedeli possono attingere

47 Ibid., 12.48 Ibid., 12.

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uno spinto veramente spirituale» (SC 14). L’attenzione pastorale è giustamente molto concentrata sui sacramenti e particolarmente sul­l’Eucaristia; sembra esserlo di meno sull’Anno liturgico. Di qui la necessità di scoprire e di valorizzarne la grande ricchezza per la vita della Chiesa. Di conseguenza, come attesta lo studio, l'Anno liturgico è considerato Liturgia, cioè l’insieme dei momenti salvifici, celebrati ritualmente dalla Chiesa soprattutto mediante l’Eucaristia, come “memoriale” di tutta l’opera della salvezza culminata nella Pasqua.

I contributi dati dal nostro studio sulla relazione tra liturgia e spiritualità indicano l’importanza della parola di Dio, in modo parti­colare, nella celebrazione eucaristica. Dalle due mense della parola di Dio e del corpo di Cristo la Chiesa riceve e offre ai fedeli il pane di vita, particolarmente nella liturgia. La Parola di Dio, come tutto il mistero eucaristico, non è accessibile se non nella fede. Per tale moti­vo deve essere dato il giusto peso alla Liturgia della Parola nella cele­brazione dei sacramenti soprattutto nella celebrazione eucaristica. Esiste un legame intrinseco tra la parola di Dio e l’eucaristia. Nell’eu­caristia il Verbo fatto carne si dà a noi come cibo spirituale. Ascoltan­do la parola di Dio nasce la fede (cf. Rm 10, 17).

Tutti i contributi segnalati nello studio mostrano il dinamismo della teologia liturgica. Esso suppone prima di tutto una conoscenza nella fede del senso delle azioni liturgiche; segue una celebrazione consapevole ed impegnata delle stesse azioni liturgiche e sacramen­tali, per approdare finalmente ad una esperienza che dalla celebra­zione passa alla vita concreta, alla vita rinnovata in Cristo e nello Spi­rito, aperta alla vocazione universale alla santità e alla stessa espe­rienza contemplativa e mistica dei santi misteri.

Lo studio è una semplice esposizione di alcuni contributi tra i tanti che P. Jesús, uomo dotato di molte ed eccezionali qualità intel­lettuali e umane, ha lasciato all’ordine del Carmelo teresiano e alla Chiesa. L’immensa bibliografia di innumerevoli articoli su molte rivi­ste ed opere di teologia liturgica, spirituale e teresiana testimonia che la sua vita era dedicata alla studio, allo scrivere, all’insegnamento, alla formazione degli altri. L’ambito che ha assorbito più di qualun­que altro l’attenzione del P. Jesús è senza dubbio quello relativo all’azione pastorale e catechetica accostata come luogo di confronto, animazione e attualizzazione di metodologie per aiutare i fedeli nel loro incontro con il Dio della vita attraverso le più diverse espressio­ni cultuali.

Un secondo ambito può essere individuato nell’approfondimen­to della preghiera accostata nelle sue varie dimensioni; uno studio realizzato come base per comprendere e vivere in pienezza ogni for­ma di culto in Spirito e verità. I suoi vari contributi o sulla preghiera in generale o sulla Liturgia delle Ore attirano l’attenzione del lettore

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su quella dimensione “quotidiana" e su quelle forme “ordinarie” di dialogo con Dio. Un dialogo che poi raggiunge il suo apice nei sacra­menti e in particolare nell'eucaristia.

Questa raccolta di alcuni dei contributi di P. Jesús mostra il desi­derio di contribuire ad una migliore comprensione della dottrina del­la Chiesa, Madre e Maestra del popolo cristiano, in modo che conti­nui ad essere vera nella esperienza quotidiana l’affermazione di Pao­lo VI nel giorno della promulgazione della Costituzione liturgica Sacrosanctum Concìlium: «La liturgia prima fonte della vita divina a noi comunicata, prima scuola della nostra vita spirituale, primo dono che noi possiamo fare al popolo cristiano, con noi credente ed orante, e primo invito al mondo perché sciolga in preghiera beata e vera la muta sua lingua e senta l’ineffabile potenza rigeneratrice del cantare con noi le lodi divine e le speranze umane, per Cristo Signo­re e nello Spirito».49

49 P a o lo V I, Discorso di Paolo VI a chiusura del secondo perìodo del Concilio in Enchiridion Vaticanum, I, a cura di E. L o ra , Bologna 1988, 127, 129.